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1 Annalisa Micheloni PAGINE E PAROLE – vol. A Trevisini Editore SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI A RISPOSTA CHIUSA MOD. 1 - LE CARATTERISTICHE DEL TESTO NARRATIVO U.D.1 - La struttura di un testo narrativo pagg. 25-26 “Una storia Zen” PIANO DELLA STORIA 1. Un uomo cammina per un campo 2. L’incontro con una tigre 3. Inaspettato e aperto 4. Un uomo, una tigre, due topi 5. La tigre e i topi costituiscono dei pericoli per il protagonista 6. In un tempo e in un luogo indeterminati PIANO DEL DISCORSO 1. 2. La narrazione segue l’ordine di svolgimento dei fatti 3. Narrativa 4. Dinamico 5. “…Afferrandosi alla vite con una mano sola…” INTERPRETAZIONE Svolgimento libero. pag. 26 “Il bosco sull'autostrada” di I. Calvino PIANO DELLA STORIA 1. Per es.: “Un bosco in città” 2. SIT. INIZ.: dall’inizio fino a “…come lampi di genio che subito svaniscono…”; EV. MOD.: da “…Camminavano per la città…” a “…lo fecero a pezzi e lo portarono a casa…”; VIC.: da “…Marcovaldo tornava…” a “…E se ne riparte soddisfatto…”; SC.: “…Tutto è silenzio e gelo…” fino alla fine 3. La mancanza di legna in famiglia 4. Parzialmente prevedibile e aperto 5. Marcovaldo, Michelino, Astolfo 6. Protagonista è una famiglia, costituita da padre, madre e figli; ad essi si aggiunge un agente della polizia stradale 7. Era “un po’ corto di vista”, ma non portava occhiali per paura di essere licenziato: la sua miopia crea l’equivoco 8. La parte di una sera 9. In una città industriale non definita

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Annalisa Micheloni PAGINE E PAROLE – vol. A

Trevisini Editore

SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI A RISPOSTA CHIUSA MOD. 1 - LE CARATTERISTICHE DEL TESTO NARRATIVO U.D.1 - La struttura di un testo narrativo pagg. 25-26 “Una storia Zen” PIANO DELLA STORIA 1. Un uomo cammina per un campo 2. L’incontro con una tigre 3. Inaspettato e aperto 4. Un uomo, una tigre, due topi 5. La tigre e i topi costituiscono dei pericoli per il protagonista 6. In un tempo e in un luogo indeterminati PIANO DEL DISCORSO 1. Sì 2. La narrazione segue l’ordine di svolgimento dei fatti 3. Narrativa 4. Dinamico 5. “…Afferrandosi alla vite con una mano sola…” INTERPRETAZIONE Svolgimento libero. pag. 26 “Il bosco sull'autostrada” di I. Calvino PIANO DELLA STORIA 1. Per es.: “Un bosco in città” 2. SIT. INIZ.: dall’inizio fino a “…come lampi di genio che subito svaniscono…”; EV.

MOD.: da “…Camminavano per la città…” a “…lo fecero a pezzi e lo portarono a casa…”; VIC.: da “…Marcovaldo tornava…” a “…E se ne riparte soddisfatto…”; SC.: “…Tutto è silenzio e gelo…” fino alla fine

3. La mancanza di legna in famiglia 4. Parzialmente prevedibile e aperto 5. Marcovaldo, Michelino, Astolfo 6. Protagonista è una famiglia, costituita da padre, madre e figli; ad essi si aggiunge un

agente della polizia stradale 7. Era “un po’ corto di vista”, ma non portava occhiali per paura di essere licenziato: la

sua miopia crea l’equivoco 8. La parte di una sera 9. In una città industriale non definita

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PIANO DEL DISCORSO 1. Sì 2. Ordine narrativo e ordine naturale dei fatti coincidono 3. Lineare 4. Per es: S1 Una famiglia infreddolita senza legna per riscaldarsi; S2 Il padre esce a

cercare legna senza successo; S3 I figli escono per aiutare il babbo senza conoscere i boschi; S4 Ricerca infruttuosa di un bosco in città; S5 Scoperta del “bosco” di cartelli autostradali; S6 Abbattimento di un cartellone e alimentazione della stufa; S7 Marcovaldo imita la soluzione dei figli; S8 l'agente stradale Astolfo; S9 L'agente indaga sull'abbattimento dei cartelli; S10 L'agente non riconosce Marcovaldo all'opera su di un cartellone

5. Dinamico 6. S9, perché ci si aspetta una conclusione negativa 7. Lo scioglimento aperto può prevedere il ritorno ad analoga situazione di difficoltà della

famiglia INTERPRETAZIONE 1. Le difficoltà della vita in città 2. Evidenziare il difficile adattamento dei contadini trasformati in operai 3. Perché gli abitanti delle città hanno minori mezzi per resistere alla cattiva stagione 4. Perché è emblematica di tutte le città industriali 5. e 6. Svolgimento libero. pagg. 35-36 “Il lungo viaggio” di L. Sciascia PIANO DELLA STORIA 1. Sì, perché il viaggio è stato solo apparentemente lungo, i protagonisti sono stati

imbrogliati, hanno circumnavigato la Sicilia pensando di andare in America 2. L'esordio presenta i protagonisti, le loro motivazioni e il loro obiettivo. 3. Lo scioglimento è inaspettato, chiaro e aperto 4. La disperazione e le aspettative di chi emigra; gli imbrogli a cui sono soggetti gli

emigranti. 5. Svolgimento libero 6. Gli emigranti siciliani 7. Per es. a pag. 30: “…una specie di commesso…onesto nel volto…”; a pag. 31: “…e la

differenza tra un uomo e un fagotto…questi villani…” 8. Un anno imprecisato degli anni '60-'70 (lo si comprende dalle auto); undici giorni 9. Dai tempi verbali: per es. gli antefatti al trapassato prossimo “…erano arrivati

all’imbrunire…”, “…aveva detto l’uomo…”; da precisazioni del narratore: per es. “…Il viaggio durò meno del previsto: undici notti…”

10. Dalla Sicilia alla... Sicilia PIANO DEL DISCORSO 1. La partenza col suo carico di aspettative; il viaggio e la sua pena; il riconoscimento

dell'imbroglio 2. È necessario spiegare gli avvenimenti precedenti, per chiarire le aspettative e le

motivazioni dei protagonisti. Il seguito richiede un ordine naturale per preparare lo Spannung

3. Lineare 4. Nella parte conclusiva, per mettere in evidenza la sorpresa e l'equivoco 5. Dinamica

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6. Concitato, anche a causa della non coincidenza di fabula e intreccio 7. All'inizio della terza parte, la progressiva scoperta “dell'America” INTERPRETAZIONE 1. Descrivere la disperazione e le aspettative di chi emigra; gli imbrogli a cui sono

soggetti gli emigranti

2. Per attirare la sua attenzione sul tema 3. L'ignoto 4. e 5. Svolgimento libero. pagg. 39-40 “L'amante di Gramigna” di G. Verga PIANO DELLA STORIA 1. Il titolo è esplicito, collegato al tema. Per es.: “Un amore irresistibile” oppure

“…distruttivo” oppure “…senza fine”… 2. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…mula bianca…” - EV. MOD.: “…Ma Peppa un bel

giorno gli disse…non voglio maritarmi…” – VIC.: parte centrale, fuga di Peppa con Gramigna, arresto e carcerazione, Peppa davanti alle carceri – SC.: “…Rimase dov'era…”

3. Classico 4. L'innamoramento di Peppa per Gramigna 5. Quelle della donna al seguito del bandito 6. Inaspettato, aperto e chiaro 7. Per es.: “…una delle più belle ragazze di Licodia…”, è ostinata e decisa “…Peppa non

rispondeva neppure, colla testa bassa, la faccia dura, senza pietà per la mamma…”, passionale “…pensava sempre a lui, lo vedeva in sogno, la notte, e alla mattina si levava colle labbra arse assetata anch’essa come lui…”, innamorata fino al sacrificio “…E lo seguì per valli e per monti, affamata, seminuda, correndo spesso a cercargli un fiasco d’acqua…Se tornava con le mani vuote…il suo amante…la batteva…”

8. da REGINA a STROFINACCIO

“il corredo...come quello di una regina”; “orecchini che le arrivavano alle spalle e anelli d’oro per le dieci mani delle mani”

“ammanettata, come una ladra, lei che ci aveva dell’oro quanto santa Margherita!”; “povera, malata, svergognata”; “rincantucciata nella cucina come una bestia feroce”; “era sempre per la caserma, spazzando i camerini e lustrando gli stivali”

9. Per es.: un eroe negativo, un fuorilegge amato da molti, ammirato per il suo coraggio e il suo tenace fuggire. Per es. a pag. 36: “…un nome maledetto come l'erba…era solo ma valeva per dieci…non dormiva, combatteva sempre…coraggio, forza, lotta disperata…”

10. Alla fine dell'Ottocento. Sì, il fenomeno del brigantaggio è caratteristico dei primi decenni dopo l’unificazione italiana

11. In Sicilia PIANO DEL DISCORSO 1. Sì 2. Sia nell’esordio che nella conclusione si alternano le vicende di Gramigna a quelle di

Peppa, a rappresentare il loro destino (quello di Peppa deciso da lei stessa, a fronte della possibilità di svolgere una vita di tranquillo benessere

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3. Seconda macrosequenza: (da “…Peppa…” a “…l'inferno nella faccia…”) narrativa; si introduce l'evento modificante e le sue conseguenze immediate; titolo “L'innamoramento di Peppa per Gramigna”- terza macrosequenza: (da “…Finalmente si sentì a quanto Santa Margherita…”): narrativa con elementi descrittivi; vengono descritte le peripezie di Peppa al seguito del suo amante; titolo “Lo seguì per valli e per monti” - quarta macrosequenza: (da “…La povera madre di Peppa…” alla fine): descrittiva del triste destino della donna

4. Prevalentemente dinamiche 5. Concitato, tranne che nell’esordio 6. Quando Peppa se ne va dal paese, ci si potrebbe aspettare una sua redenzione, una

nuova vita, invece… INTERPRETAZIONE 1. Per es. a pag. 37: “…quello sì che era un uomo…” “…si levava con le labbra arse

assetata anch'essa come lui…”; a pag. 38: “…accennò col capo avidamente, sì. E lo seguì…la batteva…”

2. A pag. 38: “…ammanettata, come una ladra, lei che ci aveva dell’oro quanto santa Margherita!”

3. La sottomissione passiva della donna all'uomo 4. Peppa è attratta dalla forza 5. e 6. Svolgimento libero.

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U.D.2 - C’è chi ascolta e chi narra pagg. 62-63 “Il vendicatore” di A. Checov PIANO DELLA STORIA 1. Sì, in realtà i propositi di vendetta vengono a cadere 2. Classico 3. Il tradimento da parte della moglie 4. Inaspettato, aperto, chiaro 6.

PROPOSITO DEL VENDICATORE MOTIVO PER CUI VIENE ABBANDONATO

Uccidere la moglie, l'amante e se stesso Il commesso lo convince che è di cattivo gusto

Uccidere l'amante e se stesso Per il dispetto di non poter vedere le sofferenze della moglie

Uccidere l'amante, assistere ai funerali e in seguito, dopo il processo, uccidersi

Perché una sua condanna permetterebbe alla moglie di risposarsi

7. Per es.: “…fece finta di soffocare per l’entusiasmo…”; “…Uccidersi o uccidere la

moglie con una Le forche è oggi un segno di cattivo gusto. Il bon ton riconosce soltanto la Smith e Vesson…”; “…A noi non interessa a che scopo voi la compriate…”

8. Nel secondo Ottocento 9. Il tempo di permanenza nel negozio: qualche decina di minuti 10. In Russia 11. Tula e Sachalin: la prima è luogo di produzione di armi, nella seconda ha sede un

penitenziario PIANO DEL DISCORSO 1. Coincidenti 2. Presenza di sequenze dialogate 3. Per es. a pag. 58: “…Fedor Fedorovic Sigàev, subito dopo aver sorpreso la moglie in

flagrante adulterio, si trovava…” (sequenza narrativa); “…la sua immaginazione già gli figurava…” (sequenza riflessiva)

4. Dinamico 5. Narratore esterno, implicito 6. Per es. a pag. 59: “…Guardando il suo volto affascinato, si poteva pensare che

egli…”; a pag. 59: “…non ho bisogno né di uccidermi né di uccidere – mentì Sigàev…”; a pag. 61: “…Il marito offeso…”

7. 3a pers. per permettere la focalizzazione zero 8. Per es. a pag. 59: “...Guardando il suo volto affascinato, si poteva pensare che egli...”;

a pag. 59: “...non ho bisogno né di uccidermi né di uccidere – mentì Sigàev...”; a pag. 60: “...Andare a Sachalin per una sporcacciona qualunque, non è cosa ragionevole – riflettè Sicàev...”

INTERPRETAZIONE 1. Vendere la sua merce 2. E’ un uomo indeciso, imbelle, velleitario 3. La mentalità piccolo borghese 4. Evidenziarne la grettezza 5. Lettore passivo, che deve accettare la morale dell'Autore 6. Svolgimento libero.

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pag. 68 “Il cuore rivelatore” di E. A. Poe PIANO DELLA STORIA 1. Per es. “Batte un cuore sotto il pavimento” 2. Un uomo in preda alla pazzia uccide un vecchio amico, vicino di casa, senza un valido

motivo e ne nasconde il cadavere sotto il pavimento. All’arrivo della polizia, chiamata da qualcuno che aveva sentito gridare, egli non può resistere all’impressione di sentir battere ancora il cuore sotto il pavimento e infine confessa tutto

3. Preannuncia l’omicidio, ricercandone i motivi 4. Inaspettato 5. La sua malattia si manifesta con l’estremo nervosismo, gli sbalzi di umore, gli scatti

d’ira furibonda, la cinica freddezza con cui prepara per sette notti l’omicidio, la sua risata “per la gioia” subito dopo l’omicidio, l’apparente tranquillità del suo comportamento diventa rapidamente esagitato

6. Prevalentemente da locuzioni temporali (per es. “l’ottava notte” o “Ogni sera”) 7. No, non è dato sapere né la città, né il tipo di abitazione, né altra informazione di luogo PIANO DEL DISCORSO 1. Il lettore viene attratto dalla ricostruzione del fatto di sangue preannunciato nell’esordio 2. Soggettive: lo scopo è l’emozione del lettore 3. Dinamiche: si narra l’omicidio con enfasi che cresce progressivamente con l’attesa

dell’evento preannunciato 4. Sì, quando di fronte alla polizia, già convinta dalla sua apparente tranquillità, egli

comincia a sentire il battito sempre più forte del cuore sotto il pavimento. Infine (scioglimento) egli confessa

5. Per es. “…State dunque attenti…”; “…Voi credete che…”; “…Ma, dunque non siete persuasi? …”; “…Voi pensate che…” “…Mi seguite con attenzione?...”

6. Permette di raccontare il vissuto del l’io narrante, protagonista dell’omicidio 7. Per es. a pag. 64: “…Immagino che fosse il suo occhio…”: egli sembra non sapere il

motivo del suo gesto, nel narrarlo sembra volerlo ricercare; a pag. 66: “…Cosa potevo temere, ormai?...”: l’io narrante invece sa che poi l’io narrato confesserà, evidentemente vuole tener viva l’attenzione del lettore; a pag. 66 “…non so come, desiderai che se ne andassero…”: il narratore in realtà sa che l’agitazione crescente culminerà con la confessione dell’io narrato

8. Per es. come una cronaca giornalistica: UN OMICIDIO INSPIEGABILE - I motivi dell’omicidio scoperto nell’abitazione di via… resteranno, pensano gli inquirenti, sempre nascosti. Qualcuno ha ipotizzato la passione, ma…ecc.

INTERPRETAZIONE 1. Probabilmente per aumentare l’interesse del lettore, che si aspetta di conoscere a chi si

rivolge l’io narrante 2. I giudici del processo, o i suoi carcerieri, o i suoi compagni di prigione 3. Sì, perché costituiscono l’antagonista che si oppone all’omicida e fa crollare la sua

copertura 4. È un testo largamente enfatico, fatto per suscitare forti emozioni 5.

AUTORE REALE E.A. Poe (1809-1849) AUTORE IMPLICITO Appassionato di horror e di storie macabre e terrificanti NARRATORE Il protagonista NARRATARIO I giudici o le guardie o i compagni di cella LETTORE IMPLICITO Appassionati di racconti macabri LETTORE REALE Tutti coloro, compresi gli studenti, che da oltre un secolo leggono

i suoi racconti

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pagg. 73-74 “L’uomo sulla soglia” di J. L. Borges PIANO DELLA STORIA 1. L’autore presenta una storia narratagli da un amico. La storia ha un esordio classico,

introdotto rapidamente 2. Inaspettato e ambiguo 3. Il primo narratore, il suo amico Dewey (secondo narratore), uno sconosciuto (il terzo

narratore) 4. “…Un uomo vecchissimo…levigato come le acque fanno con una pietra…” , coperto

di stracci; un uomo di antica saggezza (“…non v’è generazione che non conti quattro uomini retti che segretamente sorreggono l’universo…” pag. 71), che critica la crisi del suo paese (sempre a pag. 71: “…Dio aveva permesso, nella sua collera, che la gente si corrompesse; piene di maledizione erano le bocche e d’inganni e di frode…”), ma che vede lucidamente le sopraffazioni dei dominatori coloniali (“…Giunse il cristiano e non tardò a prevaricare e ad opprimere, a coprire delitti abominevoli e a vendere decisioni…” pag. 71); egli è in grado di spiegare perché il giudizio sia affidato a un pazzo: “…affinché la sapienza di Dio parlasse attraverso la sua bocca e umiliasse le superbie umane…” (pag. 71)

5. Tra la prima e la seconda guerra mondiale 6. Una ventina di giorni (diciannove il processo) 7. In India PIANO DEL DISCORSO 1. Il governo inglese manda in India, per sedare dei disordini un uomo energico, che

svolge il ruolo di giudice in maniera ingiusta. Egli viene rapito e condannato dalla gente che aveva subito la sua ferocia, per mezzo di un giudice scelto nella persona di un pazzo. Egli viene infine ucciso e colui che ha raccolto la rivelazione incontra colui che ha eseguito la sentenza, rendendosi conto che essa è appena avvenuta

2. Un gruppo di amici, a cui viene presentato un pugnale orientale, viene a conoscenza di un fatto avvenuto in India tra le due guerre, raccontato da uno dei presenti. La vicenda viene poi presentata in ordine cronologico

3. Narrativa: per es. a pag. 70 “…Tre o quattro giorni più tardi…Sentii, quasi subito…”. Riflessiva: per es. a pag. 70 “…Un proverbio dice che l’India è più grande del mondo; Glencairn, forse onnipotente nella città che una firma in calce a un decreto gli aveva destinata, era appena una cifra nel meccanismo dell’amministrazione dell’Impero…”. Dialogica: per es. a pag. 72 “…chiesi quanti fossero stati i giorni del processo. «Almeno diciannove» rispose…”

4. Prevalentemente incalzante 5. Sì, quella conclusiva, in cui incontra un uomo nudo incoronato di fiori, con una spada

“lorda di sangue” 6. Essendoci tre narratori, narratari diventano i primi due: l’autore e Dewey 7. Per es. a pag. 69: “…un curioso pugnale…”, “…carattere esotico del racconto…”,

“…un antico e semplice sapore che sarebbe peccato perdesse…” 8. In maniera diretta: “…Tento di ricostruire quella che segue…” (pag. 69); “…Gli parlai

senza preamboli di David Alexander Glencairn…” (pag. 70) 9. Ciascuno dei tre narratori parlano secondo il loro, diverso, punto di vista INTERPRETAZIONE 1. Che le cose accadute nel passato sono conservate dalla mente 2. Che la storia si ripete, ciò che è accaduto ieri può accadere ancora 3. Nessuno può giudicare gli altri, ogni giudizio è arbitrario, dei fatti si possono avere

punti di vista diversi

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4. Forse per dare delle pause, o anche per contestualizzare la vicenda, ma più che altro per anticipare l’inatteso finale (quella che sembra una festa era in realtà un’esecuzione a morte)

5. A pag. 70 quando Dewey cerca notizie di Glencairn: “…Sentii, quasi subito, l’infinita presenza di una congiura…I più, interrogati, professavano un’illimitata ignoranza…Altri, al contrario l’avevano scorto…”. Il labirinto di informazioni rappresenta la labilità della verità

6. Svolgimento libero. pagg. 77-78 “Il figlio cambiato” di L. Pirandello PIANO DELLA STORIA 1. In medias res 2. La madre e le donne del paese pensano che certe streghe avevano rubato il figlio di tre

mesi a una donna lasciandogliene in cambio un altro, menomato. Chi racconta la storia pensa che si tratta di superstizioni, che forse il bambino aveva avuto una paralisi. Il padre del bambino pensa che il figlio sia morto e che la moglie abbia preso un trovatello.

3. È una strega anch’essa, o almeno è in contatto con gli spiriti (così pensa la gente), in realtà svolge una funzione “psicologica” sulle persone ignoranti: nella sua saggezza consiglia alla madre di trattare bene il figlio “sostituito” e la rassicura sulle sorti del suo: “… tanto aveva usato di crudeltà quanto di carità, punendo della sua superstizione quella madre…e non levandole poi del tutto la speranza…” (pag. 76). Che poi tutto ciò avvenga a pagamento, fa parte dell’ironia dell’autore: “…perché ci aveva il suo tornaconto con le visite della Longo, una al giorno, e per ognuna un tanto…” (pag. 76)

4. Spiriti della notte, streghe dell’aria. Fanno dispetti alle madri, come “…levare i bambini dalle culle e andare a deporli su una sedia in un’altra stanza; farli trovare dalla notte al giorno coi piedini sbiechi o con gli occhi strabi…” (pag. 75)

5. Inizialmente si dispera, prova ribrezzo per “quel mostriciattolo” e rifiuta di vedere e allattare il bambino, che crede non sia il suo; in seguito, dopo la visita a Vanna Scoma, segue i suoi consigli e si prende cura, sebbene non proprio amorevolmente, del bimbo menomato

6. In un tempo indeterminato, contemporaneo all’autore 7. Un anno circa, o poco più 8. In un paese del sud Italia, presumibilmente la Sicilia, dove viveva l’autore

PIANO DEL DISCORSO 1. Coincidono 2. Si odono delle urla strazianti nella notte – Le donne del vicinato spiegano cosa è

avvenuto (con intersezione riflessiva dell’autore) – La madre si reca da Vanna Scoma – Commento del narratore sul personaggio di Vanna Scoma – Breve ritorno a casa del marito – Scoperta da parte della madre di una nuova gravidanza – Rifiuto del padre della giustificazione della moglie, che poi lo convince a tenere il bambino menomato – Conclusione

3. Dinamico, veloce 4. Esterno: non crede alle superstizioni e dà giudizi espliciti 5. Osservazioni razionali: per es. “…Nessun dubbio per me che doveva essergli

sopravvenuto qualche male…” (pag. 75), “…Stimando inutile…convincere quelle donne della loro superstizione…” (pag. 75). Ironia: per es. “…di fronte a una prova così tangibile…” (pag. 75), “… (e si capisce) …” (pag. 75)

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6. Punto di vista delle donne: per es. a pag. 75 “…Uh, ne facevano tanti, di quei dispetti, alle povere mamme!...” Punto di vista di Vanna Scoma: per es. a pag. 76 “…Veduto. Non poteva dir dove. Ma stesse tranquilla perché il bambino…” Punto di vista dei genitori: per es. a pag. 77 “…La Longo si faceva alla porta col neonato in braccio…e volgeva uno sguardo pietoso a quel disgraziato…” e a pag. 76 “…non voleva in casa bastardi…”

7. Focalizzazione zero

INTERPRETAZIONE 1. Per lasciare spazio al punto di vista dei personaggi descritti. L’effetto è un ritmo veloce 2. Perché, pur non credendo all’interpretazione superstiziosa della madre, vedendo la

necessità che il bimbo non venga abbandonato, la asseconda per convincerla a fare del suo meglio nei confronti del bimbo menomato

3. Sì, è un giudizio negativo sulla superstiziosità, ma dimostra di apprezzare il buon senso della saggezza popolare

4. Rappresentare uno spaccato sul punto di vista popolare.

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U.D. 3 - Il sistema dei personaggi pag. 105 “Mammarolo” di A. Moravia PIANO DELLA STORIA 1. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…scendevo un pomeriggio…” - EV. MOD.: “…quando

notai una macchina…” - VIC.: il seguito dei suoi furtarelli coperti dalla madre, l'incontro con Gesuina, il fidanzamento e l'abbandono dell'attività di ladruncolo, la noia conseguente e la tentazione di tornare alla vecchia vita - SC.: un furto non commesso, ma seguito da una punizione esemplare, lo portano a cambiare vita, sposando Gesuina

2. Un narratore interno, il protagonista 3. Due proprietari di auto derubati 4. Un giovanotto trentenne di nome Gigi, disoccupato e senza grandi doti, che vive con

una madre vedova e protettiva, di basso ceto sociale. Ha un carattere debole, afferma che le sue azioni avvengano per caso; prova grande amore per la madre, che ritiene l'unica che lo comprenda e lo giustifichi, e quando s'innamora, è attratto da una ragazza storpia e bruttina che però lo ama come la madre, anche se lo convince a non rubare più.

5. Nell'immediato dopoguerra o nei primi anni '50 6. A Roma 7. L’Acqua Acetosa, viale Parioli, via Giulia, corso Vittorio, il lungotevere Flaminio,

Regina Coeli PIANO DEL DISCORSO 1. Per es. pag. 100: “…Ora dovevo nascondere la refurtiva…Abitavo dalle parti di via

Giulia…” 2. Pag. 103: “…e allora lui mi acchiappò per il bavero…” fino a “…a Regina Coeli…” 3. Si tratta in entrambi i casi di un tentativo di furto in un'auto, con esiti diversi 4. Narratore interno con focalizzazione interna 5. Per es. pag. 100: “…Detto questo, se ne andò in camera sua, che mi sembra ancora di

vederla come se fosse adesso: massiccia, bassa, lo sciallino nero sulle spalle…” 6. Indizi progressivi 7. Personaggio piatto 8. Idem c.s. 9. Discorso diretto, in cui si riferiscono le parole dei personaggi senza interferenze. Per

es. pag. 100: “…si limitò a dirmi con voce tranquilla «Tu, la roba è inutile che la nascondi»…” Discorso diretto libero, senza verbi dichiarativi. Per es. pag. 103: …«Ma quale spuntone?» «Lo spuntone, il ferro»… Discorso indiretto, in cui il narratore filtra attraverso di sé le parole dei personaggi. Per es. pag. 101: “…Quindi, mentre infilava l'ago, disse, calma, che mia madre non era poi…” Discorso indiretto libero. Frequentissimo per il tipo di focalizzazione scelta; per es. a pag. 102: “…tizio calvo e rosso in faccia...congestionato e sazio, proprio il signore che, dopo pranzo, va a prendere una boccata d'aria…” Soliloquio, in cui un personaggio parla a se stesso o a un interlocutore immaginario: non presente Monologo interiore, in cui i pensieri del personaggio sono riferiti così come si presentano alla sua mente. Per es. a pag. 101: “…Eh, se ne dicono tante sui figli e sulle madri…” Flusso di coscienza, in cui il narratore finge di entrare nella mente del personaggio, e registra i suoi pensieri: non presente

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INTERPRETAZIONE 1. Presentare un tipo umano 2. Indurre un giudizio 3. Perché è un tipo umano 4. Per es. il tipo di focalizzazione. pagg. 111-112 “La confessione del marchese” di L. Capuana PIANO DELLA STORIA 1. In medias res 2. Prevedibile, chiuso (ma aperto per il prosieguo del romanzo) 3. Il marchese e Don Silvio; Rocco e Agrippina 4. La sorella del sacerdote; la madre e la zia del marchese 5. Comprimari antitetici 6. Il marchese, ricco esponente dell'aristocrazia meridionale, è succube delle convenzioni

sociali, che lo portano ad una situazione complicata che scatena la sua gelosia e la sua colpa. È orgoglioso e abituato ad essere obbedito, la confessione dell'omicidio gli costa uno sforzo di umiltà a cui è indotto dal rimorso, alimentato dal temporale notturno

7. In Sicilia 8. Un’ora circa, il tempo della confessione PIANO DEL DISCORSO 1. Il marchese di Roccaverdina ha una relazione da lungo tempo con una popolana,

Agrippina – Per non suscitare scandali, poiché la famiglia è contraria al matrimonio (e lui stesso concorda che l'onore della famiglia vada mantenuto), fa sposare la donna al suo fattore, con l'obbligo di non consumare il matrimonio – I due non rispettano i patti e il marchese uccide il rivale – Dell'omicidio viene accusato un innocente - Preso dal rimorso, dopo molto tempo il marchese confessa il suo crimine ad un sacerdote

2. Le sequenze riflessive, in cui l’azione si ferma, per lasciare spazio ai pensieri del marchese. Per es. a pag. 107 da “…Ah! Perché il vento taceva in quel momento…Quel segreto, da cui era stato torturato tanti e tanti mesi, gli era finalmente sfuggito di bocca! Ed ora egli sentiva il bisogno…”

3. Incalzante, rallenta solo nelle sequenze riflessive 4. No, i fatti sono prevedibili, se mai è imprevista la mancanza di rimorso con cui si

chiude la confessione 5. Don Silvio 6. Narratore esterno per quanto riguarda il racconto, interno per quanto riguarda la

vicenda, che viene narrata dal protagonista 7. Focalizzazione interna ai due personaggi 8. Per es. tutto il dialogo di pag. 107 evidenzia la posizione dei due protagonisti rispetto

all'omicidio 9. Entrambe le modalità per quanto riguarda il sacerdote, di cui si descrive anche l'aspetto

fisico. La personalità del marchese viene progressivamente delineata dai fatti 10. Statiche, perché rappresentano i due giudizi antitetici sull'omicidio 11. Discorso diretto, per es. nel dialogo a pag. 107. Discorso indiretto libero, per es. nella

sequenza riflessiva a pag. 107 “…Ah! Perché il vento taceva in quel momento…”. 12. Pag. 106: Il marchese disse di volersi confessare soggiungendo di avere fretta. Il prete

rispose che sarebbe subito venuto – pag. 107: Il marchese soggiunse che meritava di essere ammazzato, ma il sacerdote gli obiettò che dunque, egli non era pentito. - pag. 108: Il prete disse che si era trattato di un grande sacrilegio poiché al concubinato

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aveva sostituito l'adulterio, ma il marchese spiegò che egli non poteva sposarla e che la voleva sempre sua

INTERPRETAZIONE 1. No, la posizione dei protagonisti non si modifica. La confessione ha forse tolto un peso

all'omicida 2. Per rendere l'atmosfera più cupa e per permettere delle pause al dialogo 3. Esprimono il pathos e le pause di riflessione dei pensieri 4. Il marchese è forte della sua posizione sociale, il dogma religioso non scalfisce il suo

punto di vista, anche se sente il bisogno di confessarsi non è pentito 5. Da sacerdote. Egli ricorda continuamente al marchese le leggi di Dio. pag. 117 “La tribù” di I. Svevo PIANO DELLA STORIA 1. La parte I e la parte II 2. In medias res 3. Un narratore esterno 4. Hussein 5. Dal narratore, da cui sappiamo che egli è vecchio e saggio. Nel prosieguo della

narrazione, egli si rivela anche abile e perspicace 6. In un tempo impreciso, ma certamente dell’era industriale, forse nel periodo stesso in

cui vive l’autore 7. Parecchi anni 8. Ai margini di un deserto, probabilmente africano PIANO DEL DISCORSO 1. Le diverse parti rappresentano una fase della storia della tribù 2. Dal nomadismo alla stanzialità – Problemi derivanti dalla proprietà privata – La

necessità delle leggi – La partenza di Achmed e la sua formazione in Europa – Il ritorno di Achmed e le sue richieste alla tribù – La risposta di Hussein – La decisione di Achmed di ingannare la tribù – Il discorso di Achmed – L’inganno – Il pagamento di quanto pattuito – Conclusione

3. Sì, le azioni si svolgono in ordine cronologico 4. Onnisciente e implicito 5. La terza persona singolare, dimostra la sua estraneità e ciò gli permette di dare un

giudizio, anche se implicito e simbolico 6. No, in nessuna parte 7. Focalizzazione zero: egli costruisce il racconto secondo una precisa conoscenza di cosa

avviene in seguito 8. Quelle relative al carattere 9. Idem c.s. 10. Per es. a pag. 112: “…Uno dei due diceva spettargli anche una parte del raccolto

dell’altro…”; a pag. 113: “…Gli anziani riconobbero la giustezza dell’osservazione…”; a pag. 114: “…cominciò dal dichiarare che la storia della tribù non era altro che la storia stessa dell’umanità…”

11. Pag. 112: Uno dei due proprietari disse: “Mi spetta anche una parte del suo raccolto”; pag. 113: Gli anziani osservarono: “Le tue osservazioni sono giuste”; pag. 114: Achmed iniziò il suo discorso così: “La storia della nostra tribù non è altro che quella…”

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INTERPRETAZIONE 1. È costruita come una favola morale, di valore simbolico, contenente osservazioni

critiche sulla società contemporanea e aperta alla possibilità di un cambiamento, che contempli un ritorno alle origini, ritenuto però impossibile

2. Alì rappresenta colui che non si adatta ai cambiamenti; Achmed è il prototipo di colui che viene deviato dai propri ideali, diventando egoista; Hussein è il personaggio positivo, coerente e integerrimo, capace di apprendere e di modificarsi attraverso l’esperienza: egli è un vero leader

3. Si riferisce forse alla lotta per la sopravvivenza, o alla visione pessimistica dell’autore, secondo il quale l’istinto di sopraffazione è insito nell’uomo.

pagg. 121-122 “L’infelice matrimonio di Emma” di G. Flaubert PIANO DELLA STORIA 1. Le progressive delusioni di Emma 2. Prevedibile e aperto: Emma si rende conto di essere delusa dal matrimonio e non si sa

se cercherà di modificare la sua vita 3. Tra Emma e Charles c’è una totale antiteticità, l’uno è l’opposto dell’altra sia nelle

aspirazioni che nei comportamenti. Charles ama la madre, che riteneva infallibile nel giudicare e cerca di convincere la moglie della correttezza delle sue osservazioni. La suocera è prevenuta nei confronti di Emma, la critica e ne è gelosa.

4. Emma è giovane graziosa, elegante e curata; ha aspirazioni piccolo-borghesi e vive di sogni. Si rende conto di aver sposato un uomo comune, che la fa vivere in un quieto benessere che tuttavia non ha confronto con le sue fantasie.

5. Appassionata, superficiale, velleitaria 6. Ordinario, tranquillo, privo di slanci 7. Nella campagna francese 8. Nella prima metà dell’Ottocento PIANO DEL DISCORSO 1. Prevalentemente coincidono. Solo in alcuni punti vengono riferiti episodi precedenti:

per es. a pag. 119 “…All’epoca della vedova Dubuc…” e a pag. 120 “…Un guardacaccia, curato da una flussione di petto, aveva donato alla moglie del medico una piccola levriera italiana…”

2. Prevalentemente soggettive: la maggior parte di esse si svolge dal punto di vista di Emma

3. No, è un narratore implicito 4. Focalizzazione interna, multipla: viene presentato anche il punto di vista di Charles 5. Presentazione mista. Il narratore ci presenta un uomo innamorato della moglie,

orgoglioso di lei ma incapace di capirla e di assecondarla. Emma lo vede come un uomo ordinario, senza passione, privo di curiosità, di idee comuni e dal comportamento noioso. La madre apprezza il suo senso del risparmio, ma critica la sua arrendevolezza verso la moglie

6. A pag. 118: “…se solo Charles avesse voluto, se appena avesse intuito qualcosa, se almeno una volta fosse venuto con gli occhi incontro al suo pensiero…Ma via via che aumentava l’intimità della loro esistenza, lei sentiva acuirsi il distacco, si sentiva sempre più lontana da lui…”

7. Secondo Emma un vero uomo “…avrebbe dovuto conoscer tutto, eccellere in ogni attività, essere in grado, insomma d’iniziare la propria donna alle violenze della passione…” (pag. 118). Charles, invece, non ha curiosità, si accontenta di una vita tranquilla, manca di slanci e di passione: “…Le espansioni del marito erano diventate

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regolari; la baciava a ore fisse. Un’abitudine come un’altra…” (pag. 120) 8. A tutto tondo e dinamico (nel corso del romanzo infatti muterà la sua vita) 9. Charles è un personaggio piatto 10. Rappresenta il tipo umano della suocera critica e gelosa INTERPRETAZIONE 1. L’autore utilizza prevalentemente il monologo interiore, anche i dialoghi dei

personaggi sono presentati solo mediante discorso indiretto 2. Rappresenta efficacemente la mentalità e i pensieri della protagonista 3. Emma è attenta alle forme mondane e all’aspetto esteriore dei piatti, che costruisce in

modo elaborato; Charles “…trangugiava gli avanzi…grattava la crosta del formaggio, addentava una mela…” (pag. 119). Quanto Charles è parsimonioso, Emma è spendacciona

4. No, sono antitetici 5. Emma non sa leggersi dentro in profondità, non sa ricercare le proprie aspirazioni

profonde; è una donna superficiale, succube delle mode esteriori e dei luoghi comuni piccolo-borghesi

6. Rappresenta il desiderio di evasione dalla monotonia e dalla tranquillità della vita di provincia, la sopravvalutazione delle passioni e l’asservimento velleitario alla suggestione dei luoghi mondani ed esotici.

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U.D. 4 - Il tempo pagg. 140-141 “Il colombre” di D. Buzzati PIANO DELLA STORIA 1. SIT. INIZ.: dall'inizio fino a “…E chiedeva di questo e di quello...gli davano tutte le

spiegazioni…”-EV. MOD.: “…il ragazzo si fermò, incuriosito, a osservare una cosa che…”- VIC.: lo sbarco e la vita successiva di Stefano, fino al momento in cui si sente morire “…Ciò detto, prese commiato…”- SC.: l'incontro con il colombre

2. L'avvistamento del colombre 3. PROTAG.: Stefano e il colombre; PERS. SECOND.: il padre, la madre, altri marinai 4. Stefano, 5. Dal narratore (esterno) 6. Per es.: ragazzo di buona volontà, avventuroso, coraggioso 7. In un passato indefinito 8. Continuo 9. In una indefinita città di mare PIANO DEL DISCORSO 1. Lineare 2. A pag. 138: “…Eccomi a te, finalmente...non hai capito niente…” 3. Esterno, con focalizzazione zero 4. Prevalentemente implicito, tranne che a pag. 137: “…Grandi sono le soddisfazioni di

una vita laboriosa…” 5. Per es. a pag. 137: “…Eppure egli sapeva che…”, oppure a pag. 138: “…Navigare,

navigare, era il suo unico pensiero…” 6. Con indizi sparsi nel testo, via via che la vita del personaggio si svolge 7. Prevalgono nettamente le descrizioni del carattere e dei sentimenti 8. Discorso diretto e d.d. libero 9. Per es.a pag. 138 “…- Non vedete niente da quella parte? - chiedeva…” e “…- No,

noi non vediamo proprio niente. Perché? …” 10. Per es. a pag. 137: “…appena fu uomo…” 11. Per es. a pag. 138: “…Navigava, navigava, e sulla scia del suo bastimento…” 12. Per es. l'incontro finale con il colombre, a pag. 138 da “…All'improvviso il muso

orribile…” a “…E sprofondò nelle acque nere per sempre…” 13. Tempi narrativi, legati alla presenza di un narratore esterno, e alla lunga durata

temporale del racconto INTERPRETAZIONE

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1. Crediamo di inseguire per tutta la vita una cosa reale e invece essa è diversa da quello che pensavamo, è un pregiudizio, e, come il colombre, forse non esiste

2. Per lasciare credere al lettore che l'idea di Stefano sia vera 3. Per es.: “giardinetto” “plancia” “poppa”. pagg. 147-148 “La luna come un fungo” di I. Calvino PIANO DELLA STORIA 1. La formazione della Luna raccontata in modo comico (“come un fungo”) 2. Presenta già la conclusione 3. Qfwfq è il protagonista; Bm Bn è l’antagonista; Flw e l’Ispettore Oo sono personaggi

secondari; i compagni di pesca sono comparse 4. L’antagonista, Bm Bn, rappresenta il male, mentre Qfwfq è orientato al bene; inoltre

cerca di ostacolare le azioni di salvataggio delle persone che Qfwfq mette in atto, e concupisce la stessa donna, Flw

5. Da se stesso in quanto narratore, ma il suo carattere e il suo sistema di valori si delineano nel corso degli eventi

6. Qfwfq è un “paziente” pescatore, che nell’emergenza del disastroso evento cerca di “…salvare un equilibrio più vasto, generale…” (pag. 143), di aiutare tutti quelli che ne vengono coinvolti. È, quindi, generoso e tendente al bene di tutti (“…Mi sarebbe piaciuto che l’onda di pietra trasportasse insieme il male del suo squallido emergere e il bene delle azioni in cui io mi prodigavo…” pag. 143). Le sue speranze, però, vengono deluse: non solo non riesce nelle sue intenzioni, ma si scontra da perdente con l’antagonista, Bm Bn (pag. 143: “…non sapevo come…trattenere Bm Bn dal commettere violenze e saccheggi…”). Anche la sua fiducia negli altri viene compromessa: l’Ispettore Oo si rivela egoista e opportunista (pag. 144: “…Io sono un tecnico. Se qui, come mi pare di aver capito, è il signore ad avere il comando…è alla sua attenzione che vorrei sottoporre i risultati dei miei calcoli…”) e la stessa fanciulla amata, Flw, si rivela sciocca e attenta solo alle esteriorità (pag. 146: “…s’avvolge morbida nella pelliccia di cincillà, sorride al flash dei fotografi…”). Qfwfq è, perciò, nel nuovo mondo che si è creato, un disadattato, utopista senza speranza, un severo critico dei comportamenti dei suoi simili

7. Nell’era dei dinosauri (a pag. 145: “…Già i primi iguanodonti, messaggeri del futuro, uscivano in avanscoperta…”)

8. Sì, l’autore utilizza termini scientifici precisi “granito”, “basalto”, “lava”, “iguanodonti”, “calcinosa”, “alisei”; anche il paesaggio di barche del periodo precedente è indicato da nomi tecnici delle imbarcazioni: “sandolino”, “chiatta”, “canoe”, “bucintori”; infine quando descrive il “paesaggio” urbano del futuro lo fa seguendo il percorso dell’evoluzione della civiltà nei suoi oggetti emblematici: “…le città dalle fondamenta di pietra…le strade percorse da cammelli e cavalli…e le piramidi, e le torri, e gli orologi, e i parafulmini, e i tramway, le gru, gli ascensori, i grattacieli…” (pag. 144)

PIANO DEL DISCORSO 1. Lineare 2. Esordio: il ricordo di Qfwfq della formazione della Luna – La formazione di una

protuberanza di granito – Anticipazione: qualcuno lo aveva previsto – La barca di Qfwfq viene trasportata dall’onda di pietra, che compie devastazione ovunque – Le azioni di Qfwfq per salvare persone e cose - Anticipazione: qualcuno avrebbe potuto

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approfittarsene – Il pirata Bm Bn sale sull’onda di terra e inizia a predare – Bm Bn rapisce Flw – Qfwfq decide di fuggire – Sale sull’onda l’Ispettore Oo, che si adegua al più forte – Qfwfq fugge portando con sé Flw – La massa si stacca dalla Terra andando a formare la Luna – Qfwfq e Flw si ritrovano sulla Terra che via via si va trasformando – Conclusione (commento)

3. Narrative, con elementi descrittivi 4. Prevalentemente oggettive, perché lo scopo dell’autore è anche scientifico, sebbene in

forma comica. Non mancano tuttavia osservazioni soggettive del narratore-protagonista 5. Egli è il protagonista e ha il compito di presentare la visione dell’autore: egli incarna il

giudizio di Calvino sul nostro modello di vita 6. Per es. a pag. 142: “…Ma chi poteva prendere sul serio queste apocalittiche

profezie?...”; a pag. 145: “…ma in me ormai queste profezie favolose non destavano più alcuna speranza, perché non significavano altro che il perpetuarsi del regno del mio nemico…”; a pag. 146: “…Alle volte alzo lo sguardo alla Luna e penso a tutto il deserto, il freddo, il vuoto che pesano sull’altro piatto della bilancia…”

7. A un lettore contemporaneo, disposto a riflettere, magari in forma comica, sulla vita di oggi

8. L’aspetto fisico è totalmente assente 9. Discorso narrato 10. Tempo commentativo, che esprime la visione dell’autore-protagonista: “…Flw, non c’è

dubbio, è contenta. Passa nella notte…” (pag. 145-146). Tempo narrativo, nettamente prevalente nel testo: “…La scena era dunque questa: la bolla di granito…” (pag. 142)

11. Per es. nella conclusione, a pag. 145: “…Così andarono le cose, come sapete, fino ad oggi. Flw, non c’è dubbio, è contenta…”

INTERPRETAZIONE 1. A inquadrare il racconto (di fantasia) in un quadro scientifico 2. La differenza è, innanzitutto, quantitativa: la teoria di Darwin viene spiegata in modo

sintetico. Il tipo di terminologia (per es. la parola “granito”) è, invece lo stesso. E così pure la frase conclusiva dell’introduzione (“…Senza la Luna l’evoluzione della vita sulla Terra…”) richiama la visione generale del racconto, e la frase conclusiva (“…Alle volte alzo lo sguardo alla Luna e penso a tutto il deserto, il freddo, il vuoto che pesano sull’altro piatto della bilancia…”. Naturalmente la “nuda” teoria non riesce a presentare il vissuto delle persone, i loro sentimenti, le loro azioni ed emozioni: questo è il compito della letteratura

3. Il fatto di essere vecchissimo (quanto la vita sulla Terra) e perciò di aver assistito a tutta la storia del mondo.

pagg. 152-153 “Eveline” di J. Joyce PIANO DELLA STORIA 1. Per es.: “Un impossibile cambiamento” 2. Prevedibile 3. Il padre, la madre, i fratelli, i vicini di casa, i ragazzi del quartiere 4. Compare già nell'esordio e via via si delinea il suo carattere 5. Viene presentata attraverso i suoi pensieri e i suoi dubbi (narratore esterno, ma

focalizzazione interna) 6. Una giovane ragazza, orfana di madre e con un padre duro e insensibile, che svolge il

lavoro di commessa e vive in una vecchia casa di uno misero quartiere di Belfast e che sogna di abbandonare quella vita per un futuro lontano da lì con il fidanzato marinaio

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7. Un ambiente di dignitosa povertà, di piccola borghesia decaduta 8. Viene presentato attraverso pochi ma incisivi cenni (per es. nell'esordio “…cretonne

polveroso…misere casupole nere come le loro…l'harmonium scordato…”) 9. Sì, l’ambiente è la città stessa in cui nacque e visse Joyce PIANO DEL DISCORSO 1. Una giovane ragazza di Belfast che sogna di abbandonare la sua vita squallida ma è

incerta e dubbiosa sul passo che ha deciso di compiere. Nel momento in cui sta per salire sulla nave che la porterà lontano, non ha il coraggio di andare.

2. È quello dei pensieri della protagonista, lento nella prima parte. Nella seconda il ritmo diviene concitato

3. Per approfondire l'analisi psicologica del personaggio 4. Prevale l'aspetto interiore, in accordo con il tema del racconto: il carattere impotente e

rinunciatario 5. Statica, immobile alla finestra, attanagliata dai suoi stessi dubbi 6. Per es. a pag. 148: “…Anche Tizzie Dunn era morto e i Water erano tornati in

Inghilterra. Come tutto cambia! Toccava a lei ora d'andarsene…” 7. Per es. a pag. 151: “…Sentì ch'egli l'afferrava per mano. “Vieni!” Tutti i mari del

mondo...”Eveline! Evy!... ” 8. Per es. a pag. 148: “…Un tempo c'era un campo…” INTERPRETAZIONE 1. Gli affetti famigliari, i ricordi. In realtà essa si sente soffocare da quegli stessi legami,

“ruvidi” e insensibili come il padre e il fratello e “polverosi” come la sua casa e il suo quartiere.

2. Subito, vedi a pag. 149: “…Ma era ragionevole da parte sua?...” 3. Ai ricordi, allo squallore della sua esistenza, al suo reddito modesto 4. Alla possibilità di fuggire 5. Che non regge al distacco. pagg. 160-161 “La tempesta di neve” di A. Puskin PIANO DELLA STORIA 1. SIT. INIZ.: Mar’ja Gavrílovna, innamorata di un povero alfiere dell’esercito, è

ostacolata dai genitori, ma decide di fuggire con il suo amato (dall’inizio fino a “…e i cavalli presero il volo…” a pag. 155). Intanto l’innamorato, Vladimir, organizza il matrimonio segreto (da “…Per tutto il giorno Vladimir…” fino a “…La strada gli era familiare, e non c’erano che venti minuti di cammino…” a pag. 155) EV. MOD.: la tempesta di neve disorienta Vladimir mentre sta andando all’appuntamento: egli arriva in ritardo alla chiesa, dove non trova più Mar’ja. (a pag. 155-156 da “…Ma appena Vladinir…” a “…Nella corte la sua troika non c’era…”) VIC.: La fanciulla è tornata a casa ed è gravemente ammalata, tanto che i genitori acconsentono al matrimonio con Vladimir, di cui ripete il nome nel delirio. Ma Vladimir, stranamente, rifiuta, raggiunge l’esercito e muore in battaglia. Muore anche il padre di Mar’ja, la quale si trasferisce con la madre in un’altra città, dove le si presentano inutilmente numerosi pretendenti. Infine, dopo tre anni, si innamora dell’ufficiale in licenza Burmín, il quale, al momento di dichiararsi, le rivela di essere già sposato, ma di non conoscere sua moglie. (a pag. 156-159 da “…I due vecchi si svegliarono e vennero in salotto…” a “…sono già tre anni che sono ammogliato, e non so chi sia mia moglie, e dove sia, e se mi sarà dato d’incontrarla mai…” SC.: Burmín rivela di aver trovato, quella notte di tempesta, nella chiesa, una fanciulla

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semisvenuta, e il prete, senza sapere di essere in errore, li aveva sposati. Al momento del bacio ella aveva gridato che non era lui il suo sposo ed era caduta priva di sensi. Egli era fuggito. Mar’ja gli rivela che era lei quella fanciulla. (da pag. 159 “…Al principio del 1812…” alla fine)

2. Giovanissima (diciassettenne), carina, sognatrice (“…educata sui romanzi francesi…”), indecisa (per es. riguardo alla fuga con Vladimir). Dopo tre anni, ella ha acquisito sicurezza di sé, rifiuta tutti i pretendenti, ma, quando si sente attratta da un uomo che si dice essere stato uno scapestrato, non esita a mettere in atto civettuoli comportamenti (“operazioni militari” le definisce l’autore) per incoraggiarlo

3. I genitori, ma soprattutto la tempesta di neve 4. Vladimir è un soldato di basso grado, dotato di scarsi mezzi economici, mentre Burmín

è un colonnello degli ussari decorato al valore. Vladimir è molto innamorato e si dimostra ardito nel proporre il matrimonio segreto e coraggioso nell’affrontare la tempesta; Burmín viene descritto come bello (dell’aspetto di Vladimir non si fa cenno), simpatico e intelligente “…di quella intelligenza che piace alle donne…”, semplice e disinvolto: è quindi un uomo decisamente più affascinante di Vladimir, inoltre la sua reticenza a rispondere alle civetterie di Mar’ja, malgrado i suoi sguardi appassionati, lo rende ancor più desiderabile. Vladimir è veramente disperato dopo il matrimonio per errore (si definisce “…uno sventurato per cui unica speranza rimaneva la morte…”); ma anche la dichiarazione d’amore di Burmín è piena di sincera infelicità a causa dell’impossibilità di realizzare il matrimonio: essi sono dunque entrambi fortemente legati alla fanciulla

5. La guerra tra Russia e Francia, tra il 1811 e il 1815 6. Si indicano date precise (1811, 1812), si parla della fine della guerra e si indica in “tre

anni” il periodo di tempo trascorso dal matrimonio segreto 7. Nenaràdovo, Žàdrino, un governatorato imprecisato (indicato con ***), Mosca e San

Pietroburgo, Vilna PIANO DEL DISCORSO 1.

FABULA INTRECCIO ESORDIO: indicazione temporale, descrizione di Mar’ja e del suo amore contrastato per Vladimir

ESORDIO: indicazione temporale, descrizione di Mar’ja e del suo amore contrastato per Vladimir

Decisione di fare il matrimonio segreto Decisione di fare il matrimonio segreto Preparativi per il matrimonio da parte di Mar’ja Preparativi per il matrimonio da parte di Mar’ja Organizzazione dello stesso da parte di Vladimir Intervento del narratore per seguire le azioni

contemporanee di Vladimir Partenza di Vladimir per la chiesa e suo smarrirsi nella tempesta

Organizzazione dello stesso da parte di Vladimir

Avvistamento di un’izba e richiesta di soccorso ad un contadino

Partenza di Vladimir per la chiesa e suo smarrirsi nella tempesta

Arrivo di Vladimir alla chiesa e scoperta dell’assenza di Mar’ja Matrimonio inconsapevole di Mar’ja, semisvenuta per la lunga attesa, con un ufficiale capitato lì per caso, Burmín, e suo sconvolgimento alla scoperta

Avvistamento di un’izba e richiesta di soccorso ad un contadino

Ritorno a casa di Mar’ja e sua grave malattia. Consenso dei genitori al matrimonio con Vladimir. Rifiuto di Vladimir, sua partenza e morte in battaglia

Arrivo di Vladimir alla chiesa e scoperta dell’assenza di Mar’ja

Morte del padre di Mar’ja e trasferimento in un’altra città. Suo rifiuto di vari corteggiatori

Anticipazione dell’autore sulla sorpresa che aspettava Vladimir (non precisata: si scoprirà solo alla fine) e ripresa del filo dell’azione il giorno successivo

Arrivo di Burmín e mancato riconoscimento d’identità da parte di entrambi; innamoramento da

Ritorno a casa di Mar’ja e sua grave malattia. Consenso dei genitori al matrimonio con

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parte di Mar’ja e incoraggiamento alla dichiarazione d’amore

Vladimir. Rifiuto di Vladimir, sua partenza e morte in battaglia

Dichiarazione d’amore da parte di Burmín ma anche dell’ impossibilità al matrimonio

Morte del padre di Mar’ja e trasferimento in un’altra città. Suo rifiuto di vari corteggiatori

Racconto di Burmín del matrimonio involontario Commento dell’autore sulla fine della guerra SCIOGLIMENTO: riconoscimento dei due Arrivo di Burmín e mancato riconoscimento

d’identità da parte di entrambi; innamoramento da parte di Mar’ja e incoraggiamento alla dichiarazione d’amore

Dichiarazione d’amore da parte di Burmín ma anche dell’ impossibilità al matrimonio

Racconto di Burmín del matrimonio involontario SCIOGLIMENTO: riconoscimento dei due

2. Narratore esterno 3. Sì, esplicitamente, con anticipazioni, retrospezioni, osservazioni e commenti. Per es. a

pag. 155: “…Affidata la signorina…volgiamoci al nostro giovane amante…”, oppure a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! Ma torniamo ai buoni proprietari…”, o anche a pag. 157-158 il lungo commento sulla guerra: “…Intanto la guerra era gloriosamente finita…Tempo indimenticabile! Tempo di gloria e di entusiasmo! Come batteva forte un cuore russo…”

4. Focalizzazione zero 5. Per es. a pag. 155: “…Affidata la signorina…volgiamoci al nostro giovane amante…”,

oppure a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! Ma torniamo ai buoni proprietari…”. L’intreccio, inoltre, non seguendo la fabula, rivela solo alla fine la causa del rifiuto di Vladimir al matrimonio

6. SOMMARIO: per es. a pag. 157 “…Intanto la guerra era gloriosamente finita…”, oppure a pag. 157 “…La giornata passò felicemente…”. ELLISSI: per es. a pag. 156 “…Cantavano i galli ed era già chiaro, quando raggiunsero Žàdrino…”, oppure a pag. 157 “…tutt’e due lasciarono Nenaràdovo, luogo di tristi ricordi, e andarono a stare nella tenuta di…”. ESTENSIONE: per es. a pag. 154 “…Ora le sembrava che nell’istante stesso in cui si sedeva nella slitta…”, oppure a pag. 157 “…Mar’ja Gavrílovna scoteva il capo e si faceva pensosa. Vladimir non c’era più; era morto a Mosca…”

7. Per es. a pag. 156: “…Che notizia lo attendeva! …” 8. Per es. a pag. 159: “…Al principio del 1812, - disse Burmín – mi affrettavo verso

Vilna…” INTERPRETAZIONE 1. La fuga nella tempesta, perché è l’elemento determinante della vicenda 2. È tipico degli scrittori realisti. Il narratore onnisciente ha una visione della realtà molto

chiara, che viene spiegata con principi di causa-effetto che gli permettono di “giocare” col filo della narrazione

3. L’amore romantico, diffuso – come si dice nel racconto – dalla narrativa francese del primo Ottocento. Lettori acculturati, intellettuali di tutta Europa e, novità del tempo, anche donne.

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U.D. 5 - Lo spazio pag. 178 “Due paesaggi al confronto” A. Manzoni - N. Tommaseo PRIMO PASSO 1. Tempi della vicenda: per es. pag. 175 “…Ai tempi in cui accaddero i fatti…”

Tempi del narratore: per es. pag. 176 “…Il luogo stesso di dove contemplate…” Tempi dell'autore: per es. pag. 175 “…un gran borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar città…”

2. Dalla biografia in appendice all'antologia si può rilevare che visse a Milano. Si può avviare una ricerca autonoma

3. Per es. pag. 176: “…Il luogo stesso di dove contemplate...il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge...ciò che v'era sembrato…”. Il lettore viene coinvolto nella visione del paesaggio per introdurlo al suo significato simbolico di percorso alla conoscenza di Dio

4. Esterno. Lo rivela la minuziosità dei dettagli che il lettore viene accompagnato ad osservare

5. La focalizzazione zero è indicata dall'onniscienza del narratore, che gestisce la descrizione come se avesse in mano una fotocamera, delle cui inquadrature decide il taglio

6. Per coinvolgere il lettore nel confronto tra l'epoca passata e suoi avvenimenti e la presente

7. Si dà prevalenza alla vista 8. Le catene montuose del Resegone e del San Martino (Dio) e le acque del lago e del

fiume Adda con la città di Lecco (le brutture dell'umanità) SECONDO PASSO 1. No 2. Narratore esterno, che crea un clima di attesa, prima delle rivelazioni del personaggio 3. L'ambiente viene descritto nelle notazioni che servono a descrivere i sentimenti dei due

personaggi. Per es. a pag. 176 “…Maria guardava alle nubi, all'acque dell'Odet, a Giovanni: egli sotto le nebbie di Bretagna pensava all'Italia…”

4. In particolare ai suoni e alle sensazioni, ma anche ai colori 5. Un'atmosfera di attesa: per es. a pag. 176 “…acque quiete…”, “…s'inerpicano

lenti…” e “…una modesta pace, una letizia raccolta spirava nell'aria, simile alla malinconia di timida giovinezza…”

6. Per mescolare la vicenda dei due personaggi e i loro sentimenti alla descrizione dell'ambiente

7. Dopo la descrizione del fiume si passa a indicare il flusso della marea che sale: l'arrivo dei due al mare è implicito.

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pag. 181 “La pensione di madame Vaquer” di H. de Balzac PIANO DELLA STORIA 1. A pag. 179: “…poltrone e sedie coperte di stoffa…tavolo rotondo con un piano di

marmo…vassoi di porcellana…impiantito malconcio…pareti…pannello tra le due finestre…caminetto di pietra…vasi pieni di fiori artificiali…una pendola…”

2. A pag. 179-180: “…credenze appiccicose...caraffe sbreccate, opache, dischi di metallo marezzato, pile di piatti…una cassetta a scomparti numerati…un barometro con il frate cappuccino…orribili stampe…un orologio a muro di tartaruga…una stufa verde…un lungo tavolo coperto di tela cerata…sedie zoppicanti, logori tappetini…miseri scaldapiedi…”

3. Lo squallore, il vecchiume, il pessimo gusto e l'atmosfera opprimente PIANO DEL DISCORSO 1. Dalla minuziosità dei dettagli, scelti accuratamente per suscitare l'impressione di

squallore 2. Sì, per es. a pag. 179: “…questi mediocri orrori…” 3. Sì, per es. a pag. 179: “…se paragonaste…” e “…Potreste vedere…” e a pag. 180:

“…i lettori frettolosi…” 4. La focalizzazione zero permette l'abbondanza dei dettagli 5. Mediocrità dell'ambiente, repulsione suscitata dagli oggetti, “miseria senza poesia” 6. La trasandatezza esterna corrisponde alla povertà morale della Signora Vaquer INTERPRETAZIONE

SPORCIZIA VECCHIAIA CATTIVO GUSTO PUZZA AMBIENTE In sala da

pranzo “credenze appiccicose”, “tovaglioli macchiati”, “tela cerata unta”...

Per es.: in salotto l'impiantito malconcio; due vasi di fiori artificiali “vecchi ed accartocciati”; la stanza da pranzo “era stata dipinta in passato di un colore oggi indistinto”, ecc...

Per es.: in salotto un vassoio di porcellana bianca profilata d'oro sbiadito “che oggi si trovano dappertutto”; “una pendola di marmo bluastro di pessimo gusto”; in sala da pranzo mobili “ovunque proscritti”

Il salotto “sa di rinchiuso, di ammuffito, di rancido...”

MADAME VAQUER

“faccia vecchiotta e paffuttella”

“figura rotonda da topo di chiesa” “corpetto troppo pieno e svolazzante”

“respira l'aria calda e fetida senza esserne nauseata”

pag. 185 “Macondo e i suoi dintorni” di G. G. Marquez PIANO DELLA STORIA 1. Viene “…travolto dalla febbre della calamita, dai calcoli astronomici, dai sogni di

trasmutazione e dalle ansie di conoscere il mondo…” che spingono il protagonista a partire per prendere “…contatto con le grandi invenzioni…” (pag. 182)

2. PERS.PR. José Arcadio Buendìa; PERS.SEC. il figlio Aureliano Buendìa; COMP. la moglie Ursula, gli zingari, gli uomini del villaggio

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3. Intraprendente, sia nella costruzione del villaggio, che nel desiderio successivo di conoscere il resto del mondo. Egli diventa ciondolone e trascurato nell’aspetto, dopo aver perso il suo spirito d’iniziativa, che ritrova nella spedizione nella foresta

4. Perifrasi temporali (per es. a pag. 182 “…Alla fine della prima settimana…”), sommari (per es. a pag. 182 “…Durante i primi giorni…”) ed ellissi (per es. a pag. 182 “…in poco tempo…” o a pag. 183 “…Molti anni dopo…”)

5. A pag. 182 si fa riferimento all’epoca di Sir Francis Drake e alla regina Isabella a cui probabilmente appartiene il galeone. Si intuisce che il protagonista vive molto tempo più tardi, in un’epoca di “…grandi invenzioni…”

6. Circa ventotto giorni il viaggio, un tempo indeterminato di mesi o di anni il periodo dalla fondazione della città alla partenza

7. In Colombia PIANO DEL DISCORSO 1. Dopo aver fondato nella foresta una città ideale e perfetta, di concordia e felicità, José

Arcadio Buendìa, preso dal desiderio di conoscere il resto del mondo, parte insieme ad alcuni uomini del villaggio in direzione di una civiltà più avanzata. Nel corso del viaggio trovano un antico galeone spagnolo e, infine il mare, che pone termine alla spedizione

2. L’anticipazione “…Molti anni dopo il colonnello Aureliano Buendìa, percorse di nuovo la regione…”

3. Narratore onnisciente, evidente dalla costruzione dell’intreccio, non coincidente con la fabula

4. Egli cambia numerose volte nel corso del brano: da leader organizzatore intelligente e saggio diventa trascurato e scontento, poi un uomo avventuroso e infine deluso

5. A tutto tondo 6. Attraverso la descrizione del narratore 7. No, fabula e intreccio non coincidono: vi sono anticipazioni, retrospezioni, estensioni 8. Per es. a pag. 181: “…Macondo fu un villaggio più ordinato e laborioso di quanti ne

avessero conosciuto…” e a pag. 182: “…dove in epoche remote – come gli aveva raccontato il primo Aureliano , suo nonno – Sir Francis Drake si dava allo sport…”, e “...Nella sua gioventù, lui e i suoi uomini…”

9. Per es. a pag. 182: “…sparì in poco tempo…” e “…dopo ventisei mesi avevano abbandonato l’impresa…”, oppure “…Gli zingari navigavano per sei mesi su quella rotta , prima di raggiungere…”

10. ELEMENTI REALI: per es. da ogni casa “…si poteva raggiungere il fiume e far rifornimento di acqua con uguale sforzo…”, la sierra è “impenetrabile”, la sponda del fiume è “pietrosa”, man mano che si addentrano nella foresta “…La terra diventò molle e umida…” ELEMENTI IRREALI: per es. “…nessuna casa riceveva più sole delle altre nell’ora della calura…”, a Macondo “…nessuno aveva più di trent’anni e dove non era morto nessuno…”; dopo la palude grande che “…non aveva confini…” nella distesa acquatica “…c’erano cetacei dalla pelle delicata con testa e busto di donna…”; nella foresta incontrano “…gigli sanguinosi e salamandre dorate…un soffocante odore di sangue…”, un galeone “…vietato ai vizi del tempo…”: essa è una “…regione incantata…”

11. Macondo rappresenta l’Eden, il Paradiso terrestre, dove non c’è malattia, fatica o morte. Lo spazio esterno è, al contrario, luogo di insicurezza, paura, mistero, il galeone stesso è avvolto in un’atmosfera rarefatta, come una visione del passato. Il mare, tanto cercato all’epoca della fondazione della città, una volta trovato si dimostra deludente “…color cenere e sudicio, che non meritava i rischi e i sacrifici della sua avventura…”: esso rappresenta l’errore di aver voluto entrare in contatto con il

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progresso e la civiltà, che li travolgeranno 12. L’uno è funzionale all’altra 13. Frequente l’uso del colore, soprattutto luce/buio (per es. a Macondo c’è il sole in ogni

casa, invece la foresta è un luogo triste, “…un universo di afflizione, appena illuminati dal tenue riverbero di insetti luminosi…”; quando ne escono rimangono “…stupefatti…nella luce del mattino…”; il mare si presenta “…color cenere…”. Prevalenti anche i suoni, in particolare quelli degli uccelli.

INTERPRETAZIONE 1. Per es. il galeone, un reale reperto archeologico, ma sospeso in un’aura quasi magica

“…uno spazio di solitudine e di dimenticanza, vietato ai vizi del tempo e alle abitudini degli uccelli…”: esso rappresenta il passato della regione, indica il contatto degli abitanti originari con gli Europei, ma contemporaneamente, anticipando la vicinanza del mare, anche la relazione con il progresso che travolgerà la felicità di Facondo

2. Forse che il peccato originale di Adamo ed Eva, il desiderio di conoscenza, porta infelicità e dolore; ma anche che la cosiddetta civiltà e il progresso cancellano la vita semplice e felice dello stato di natura.

pag. 187 “La casa di Cosima” di G. Deledda 1. Due camere per piano; l’ingresso diviso in mezzo da un parte: a destra la scala, a

sinistra i gradini che portano in cantina. La stanza a sinistra dell’ingresso era adibita a vari usi, con un letto, uno scrittoio, un armadio e delle sedie; la stanza a destra era la sala da pranzo, e vicino si accedeva in cucina, che si apriva con una porta verso il cortile e l’orto

2. Una stanza grande, alta, bene illuminata da una finestra e da una porta con uno sportello apribile. Era “…l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e d’intimità…”, tutto era “…semplice e antico…grande e solido…” (pag. 186)

3. Un camino e un focolare centrale, sopra il quale stava un graticcio con piccole forme di formaggio, e appesa ad esso una lucerna di ferro nero; un forno “monumentale” e tre fornelli, accanto ai quali in un braciere si conservava sempre un po’ di brace e vicino ad esso dei treppiedi di ferro per cucinare; un acquaio di pietra, sotto il quale si teneva il carbone. Una serie di masserizie: padelle di rame, sedie basse intorno al camino, panche, scansia per le stoviglie, mortaio di marmo, una tavola, una mensola con un recipiente di legno pieno di formaggio grattugiato e un canestro col pane; una scansia con una fila di lumi di ottone e l’oliera per riempirli, un orcio di olio per cucinare, caffettiere, tazze e piatti e il tagliere pastorale (un vassoio di legno con l’incavo per il sale). Un paiolo di rame pieno d’acqua sull’acquaio e un’anfora di creta con l’acqua potabile. Altri oggetti “paesani” completavano l’ambientazione: una stella attaccata a una parete, un sacco di tessuto grezzo di lana, che serviva da mantello e da coperta per il servo, la bisaccia e una stuoia di giunchi sulla quale egli dormiva.

4. La stanza all’ingresso, con lo scrittoio, fa pensare ad una specie di ufficio di controllo

delle consegne dei servi, alcuni dei quali, magari saltuariamente, vivevano in cucina. L’insieme dà l’idea di un benessere semplice, senza lussi, ma anche senza che manchi nulla

5. Perché, come in tutte le famiglie patriarcali e contadine, è l’ambiente più importante della casa: di esso si dice infatti che era “…l’ambiente più abitato, più tiepido di vita e d’intimità…” (pag. 186)

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6. Un cortile triangolare, da cui si accedeva nell’orto, fornito di un pozzo per l’acqua e con un alto muro di cinta “…con una catasta di legna da ardere, rifugio di numerosi gatti e delle galline…” in cui si apriva “…un grande portone…” che dava sulla strada e che serviva, più del portoncino della facciata, “…per il passaggio degli abitanti e degli amici di casa…”. Dall’orto si vedeva “…il grigio e l’azzurro dei monti…” (pag. 187)

7. Sì: l’odore delle forme di cacio pecorino poggiate sul graticcio del focolare centrale (pag. 186)

8. Sì: le sedie “…verniciate allegramente di azzurro…” nella stanza a sinistra dell’ingresso (pag. 186); le travi del soffitto della cucina “…annerite dal fumo…” (pag. 186); la lucerna “…di ferro nero…” (pag. 186); le antiche “…tazze rosse e gialle…” sulla scansia (pag. 186); il “…verde dell’orto; e fra questo verde il grigio e l’azzurro dei monti…” (pag. 187); il portone “…tinto di color marrone scuro…” che dava sulla strada (pag. 187)

9. Svolgimento libero.

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U.D. 6 - Le scelte stilistiche ed espressive pag. 209 “La notte brava di Tommaso e dei suoi amici” di P. P. Pasolini PIANO DELLA STORIA 1. In medias res 2. PERS. PRINC.:Tommaso e i suoi amici (Lello, il Matto, il Cagone, Ugo e Salvatore);

PERS. SEC.: il ricettatore; COMP.: due suonatori, i turisti stranieri, un guardiano 3. Dalle loro azioni si comprende che il gruppo è composto di giovani delinquentelli di

borgata, dediti al furto, al gusto per il rischio, senza scrupoli 4. Una nottata 5. A Roma 6. I luoghi PIANO DEL DISCORSO 1. Coincidenti 2. S1: la decisione di andare “a avventurà” - S2: il furto di un “millante TV” da parte di

Salvatore, Lello e il Cagone e il recupero degli altri amici - S3: il furto delle valigie a una famiglia di turisti - S4: la vendita delle valigie al ricettatore

3. Dinamiche 4. FOC. EST: per es. a pag. 204 “…«E allora », disse il Matto, «si te senti così forte,

annamose a avventurà!» «'Namo, 'namo, 'namo!» gridò Lello, «già me so' stufato de stà qua!» …”. In generale tutti i dialoghi sono costruiti con discorso diretto. FOC. ZERO: per es. a pag. 205 “…Salvatore, felice, con la sua faccia burina…” e “…che ormai parevano tanti melagrani, dopo il terzo tubo…”; a pag. 207 “…al neno venne la solita idea di cacciare la grana…”

5. Piatti 6. Tempi narrativi. Tempi commentativi nei dialoghi a discorso diretto 7. No, non coincidono, le azioni sono spesso riassunte in un solo verbo 8. Reale 9. Lessico basso, con uso del dialetto romanesco e di gergo della malavita.

TERMINI DIALETTALI: per es. ”'Namo, 'namo, 'namo!”; TERMINI VOLGARI: per es. “A stronzi!”; TERMINI GERGALI: per es. “cricche e campane”, “riboncia”

10. Per es. a pag. 207: “…No sì, sì no…” 11. Abbondanti e oggettivi, spesso espressi con il gergo dei personaggi stessi 12. A pag. 205 “…come un vecchio cane...” e “…come due sparagi di galera…”; a pag.

206 “…come un motoscafo…”; a pag. 207 “…come cadaveri di morti…” INTERPRETAZIONE 1. La tendenza all'ubriachezza e la voglia di rischio fine a se stesso; la mancanza di

scrupoli; l'abilità, evidentemente di vecchia data, nel rubare le auto; la frequentazione di ricettatori abituali...

2. Una criminalità di scarso rilievo (per es. il furto di valigie), fatta di episodi poco importanti: per questi giovani, infatti, più che un reato o una necessità è un’avventura, un gioco. A pag. 204 il gruppo parte dicendo: “…annamose a avventurà!...”.

pag. 213 “Il Commissario Ingravallo” di C. E. Gadda PIANO DELLA STORIA 1. Presenta il protagonista 2. Il brano traccia un ritratto complesso e completo del personaggio

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3. Giovane (trentacinquenne), di statura media e di corporatura tozza, con capelli neri e ricciuti che sembravano una parrucca “…lucida come pece e riccioluta come d’agnello d’Astrakan…” (pag. 210) su di una fronte con due bernoccoli “metafisici”. Labbra carnose e bianche, da cui pende un mozzicone di sigaretta spenta, lo sguardo sempre un po’ assonnato e un “…quasi-ghigno, tra amaro e scettico…” (pag. 211) nella metà inferiore della faccia

4. Dal Molise, probabilmente dalla campagna. Si dice che pareva vivere “…Nella sua saggezza e nella sua povertà molisana…” (pag. 210)

PIANO DEL DISCORSO 1. Per es. a pag. 210: “…Era, per lei, lo statale distintissimo lungamente sognato…”e

“…A prima vista, cioè al primo udirle, sembravano banalità. Non erano banalità…”; a pag. 211: “…Qualche collega un tantino invidioso delle sue trovate, qualche prete più edotto dei molti danni del secolo, alcuni subalterni, certi uscieri, i superiori, sostenevano che leggesse dei libri stran: da cui cavava tutte quelle parole che non vogliono dir nulla, o quasi nulla, ma servono come non altre ad accileccare gli sprovveduti…”

2. Multipla 3. Le informazioni su di lui sono amplissime, passano dall’aspetto fisico ai

comportamenti, alle abitudini, al suo modo di intendere il suo lavoro, alla sua visione della vita

4. Mediante discorso diretto, spesso libero, ma anche discorso indiretto e discorso indiretto libero. Si utilizza anche il soliloquio

5.

LESSICO ALTO

LINGUAGGIO BUROCRATICO

LINGUAGGI SETTORIALI

DERIVATI DA

LATINO E GRECO

CALCHI GERGALI DIALETTO

“affari tenebrosi” “crespati” “greve e dinoccolato” “impercettibili” “del di lui tempo” “evocato” “non ostante” “perentoria” “codesto” “enunciare” “crepitìo” “inopinate” “soleva atteggiare” “vieto” “edotto”

“onorario” “intimazione” “ammenda” “locazione”

“mobile” “bella assolata affittasi” “teoretica” “timpani” “incubatoio” “vortice” “depressione ciclonica” “causali” “movente”

“ubiquo” “pìceo” “erotia”

“accileccare” “filosoficherie”

“in parma de mano” “bon’anima” “e mo” “me butto” “gnommero” “quanno me chiammeno” “Sì me chiammeno a me” “nu guaio” “quacche gliuommero” “sberretà” “ch’i femmene se retroveno addo ni vuò truvà” “‘e femmene” “italiani” “sigheretta”

6. “arruffio”, “vortice”, “groviglio”, “garbuglio”, “gnommero”, “gomitolo”,

“gliuommero”, “una rosa di causali…a mulinello”, “s’avviluppano”, “storce” 7. Abbondanti e dipendenti dal punto di vista di chi descrive

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8. Per es. a pag. 210: “…E’ uno scandalo che prendano per affittacamere una signora come me, vedova del Commendator Antonimi, che era conosciuto da tutta Roma e rispettato da tutti…Piuttosto del disonore, preferisco suicidarmi buttandomi nel fiume…”

9. A pag. 210: “…come di persona che combatte…”, “…come pece…”, “…come d’agnello d’Astrakan…”; a pag. 211: “…come dopo un misterioso tempo…”, “…come un vortice…”, “…come i sedici venti…”, “…Come si torce il collo…”, “…come d’aver calunniato…”, “…come temendo…”, “…come non altre…”

INTERPRETAZIONE 1. Non ha una visione del mondo fatta di certezze assolute, la verità è per lui ingarbugliata

e insolubile 2. I capelli 3. Perché ciò rispecchia la sua visione della vita. pag. 217 “Di sera, un geranio” di L. Pirandello PIANO DELLA STORIA 1. In medias res 2. Inaspettato e aperto (non si può prevedere se ci saranno altri momenti simili a quello

del geranio) 3. Quasi immediatamente: la sua anima si libra sopra di lui dopo la morte e lo osserva 4. La vicenda in sé pochi minuti, ma il tempo è ampliato dai ricordi e dalle riflessioni,

oltre che dalle scoperte (per es. a pag. 214 “…Ma come, n’è già fuori? …” 5. Dai tempi verbali (passato/presente) 6. Ambienti (la camera) e luoghi (il giardino) hanno approssimativamente il medesimo

spazio PIANO DEL DISCORSO 1. L’anima di un uomo appena morto si libra sopra di lui e osserva il suo corpo e gli

oggetti nella stanza; poi ricorda gli ultimi giorni di vita e la scelta di non tentare un’inutile intervento chirurgico; poi l’anima inizia a distaccarsi dalla casa, aleggia osservando il giardino; rimpiange la possibilità di provare delle sensazioni, e, mentre si avvia “…nella tristezza infinita d’una così vana eternità…”, riesce a cogliere l’improvviso illuminarsi di un geranio rosso

2. Esterno 3. Focalizzazione interna, segnalata dal prevalere di sequenze riflessive 4. Prevale nettamente il monologo interiore 5. Tempi commentativi, che corrispondono al progressivo allontanarsi dell’anima dalle

cose terrene e che segnano le sue scoperte e riflessioni 6. No 7. A pag. 214: “…Come gli suonano strane, in quella camera, le ultime parole della

vita…” e a pag. 215: “…all’alba, lungo una proda, volle esser erba, lui, una volta…” 8. Soggettivamente 9. La focalizzazione interna permette di guardare lo spazio con occhi particolari, per es.

quando osserva la stanza da un altro punto di vista: “…il soffitto (come di qua pare polveroso) …” (pag. 214), oppure quando osserva la vasca in giardino: “…Il risucchio della bocca che s’ingorga è come un rimbrotto rauco a queste sciocche frettolose a cui par che sia tardi di sparire ingoiate, come se non fosse bello nuotar lievi e così bianche sul cupo verde vitreo dell’acqua. Ma se sono cadute! se sono così lievi! E se ci sei tu, bocca di morte, che fai la misura!...” (pag. 215)

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10. I colori (delle coperte, dell’uomo, del muro del giardino, dell’acqua…), che anticipano l’illuminarsi del geranio rosso della conclusione

11. Per es.: “riviene”, “alienato dai sensi”, “serba”, “smemorato spavento”, “inerte”, “vita ristretta”, “questo sgomento del suo disgregarsi e diffondersi”, “stille”…

12. Per es.: “…Dormiva, e non è più nel suo corpo; non si può dire che si sia svegliato; e in che cosa ora sia veramente, non sa…” (pag. 214); “…Lui, quello! Uno che non è più. Uno a cui quel corpo pesava già tanto…” (pag. 214); “…Il muro della villa. Ma come, n’è già fuori? La luna vi batte sopra; e giù è il giardino…” (pag. 214)

13. Per es.: “liberato”, “ombra galleggiante”, “peli quasi metallici”, “le cose che…gli s’agitavano dentro”, “la luna vi batte sopra”, “il muro tutto vestito di verde”, “un filo di vetro”, “la bocca del tubo di ferro dello scarico, che si berrebbe in silenzio” “queste sciocche frettolose”…

INTERPRETAZIONE 1. L’anima 2. Egli rappresenta ogni uomo. pag. 222 “Zazie e il metrò” di R. Queneau PIANO DELLA STORIA 1. SIT. INIZ: Dall’inizio a “…ecco spuntare una ragazzina…” (pag. 219) Gabriel attende

la nipote alla stazione - EV. MOD.: da “…«Sono Zazie…»” “ a “…«Ciao, Gaby…»…” (pag. 219) L’arrivo di Zazie e il suo affidamento da parte della madre - VIC.: Zazie e la sua pretesa di vedere il metrò; i goffi tentativi di descrivere alla ragazzina i monumenti più importanti di Parigi e le discussioni in merito tra lo zio Gabriel e il suo amico tassista - SC.: frase finale di Gabriel “…«La verità!…Come se tu sapessi cos’è…»…”

2. PERS. PRINC.: lo zio Gabriel e Zazie; PERS. SEC.: Charles, l’amico tassista e la madre di Zazie; COMP.: la coppia in attesa alla stazione

3. La pretesa di Zazie di prendere il metrò 4. Lo sciopero del metrò 5. In epoca più o meno contemporanea (tenendo presente che il romanzo è del 1959). Lo

si deduce dalla presenza dei taxi e dalla descrizione della città 6. A Parigi 7. La Gare d’Austerlitz, la Gare de Lyon, il Panteon, Les Invalides, la caserma di Reuilly PIANO DEL DISCORSO 1. Sì 2. Narratore esterno, che riferisce stati d’animo o descrive gli atteggiamenti dei

personaggi, che commenta le situazioni. Per es. a pag. 218: “…«Ma che è questo puzzo?» disse una tizia, a voce alta. Non pensava a se stessa,così dicendo. Non era egoista, voleva parlare del profumo emanato da quel signore…”; a pag. 219: “…Per fortuna, ecco il treno in arrivo, ottima distrazione…”; a pag. 221: “…Il tono beffardo diventa quasi offensivo per l’interlocutore…”

3. Prevalentemente focalizzazione interna, evidenziata dal lessico, che è quello del protagonista

4. A tutto tondo, è molto originale 5. Prevalgono il discorso diretto e il discorso diretto libero 6. Gli avvenimenti vengono narrati quasi come se avvenissero nel momento della lettura,

il che rende la vicenda vicina al lettore e molto immediata, anche per l’uso dominante del dialogo rispetto alla descrizione

7. Nella narrazione prevale l’immediatezza, tanto che fabula e intreccio coincidono. Le

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retrospezioni sono, quindi, solo dei cenni che inquadrano alcune situazioni. Per es. l’indole e il comportamento di Gabriel: a pag. 218 “…Gabriel sospirò. Dover ricorrere ancora alla violenza…”; il motivo dell’arrivo di Zazie: a pag. 219 “…«Hai voluto occupartene, e ora ce l’hai»…”; il carattere della madre di Zazie: a pag. 219 “…«Natürlich» dice Jeanne Lalochère, che era stata invasa…”; le particolarità di Charles: a pag. 220 “…Charles, effettivamente, aspettava, per l’intanto scorrendo su di un settimanale la rubrica dei cuori infranti…”

8. I riferimenti spaziali sono molto scarsi: si citano luoghi della città senza particolare descrizione

9. Agli elementi strutturali: per es. il metrò nella sua linea esterna è indicato come “…qualcosa in aria…” che poi “…esce dalla terra e poi ci ritorna…” (pag. 220). La stazione, invece, è descritta attraverso le tipologie umane che si incontrano: “…La folla odorosa dirige i suoi multipli sguardi verso i viaggiatori, che cominciano a sfilare. Sono in testa, a passo svelto, gli uomini d’affari; senz’altro bagaglio fuor che la loro borsa portacarte e l’aria di saper viaggiare meglio di chiunque altro…” (pag. 219), oltre che connotata dall’odore “di umanità” che apre il brano, descritta attraverso le riflessioni del protagonista sulle abitudini igieniche della gente

10. Il lessico dell’autore è un vero e proprio pastiche, che mescola scorrettezze sintattiche (per es. “…io ce l’ho detto di prenotarcelo…” a pag. 220) a terminologia “alta”, termini specialistici e neologismi a parole gergali o volgari:

LESSICO ALTO NEOLOGISMI PAROLE

GERGALI PAROLE

VOLGARI TERMINI

SPECIALISTICI “froge” “emanato” “costrizione” “forgiarsi” “purchessia” “finir per le terre” “multipli” “eminentemente” “cialtroni” “laconicamente” “notabili” “beffardo” “indulgenza” “candore”

“macchiffastapuzza” “arcistufo” “quelkaidettóra” “tàssi” “eurekazione”

“bambolina” “tardona” “forzuto” “gorilla” “scocciare” “menare” “ganzo” “svitata” “la spiega” “svitata” “cicciona” “pupa” “macinino” “un cavolo” “muggisce” “sgonfione” “carrette” “bidonata”

“me ne sbatto” “vacca potenziale” “natiche” “balle” “fessi” “coglionerie”

“pentasillabo monofasico” “endecasillabo”

11. La paratassi, che rende con immediatezza l’originale parlato dei protagonisti, dando

l’idea di una totale confusione di ruoli e certezze (si veda la battuta conclusiva) 12. Per es. “le froge” che ricorda la natura animalesca, oppure “il diritto di coprirla

legalmente” ingenerosa indicazione di marito; “l’impalcatura” e “armadio a specchiera” indicano la corporatura del protagonista paragonandolo all’altezza di un cantiere e alla larghezza della mobilia; “forgiarsi uno scudo verbale” dà l’idea della raffinata difesa dell’omuncolo, imparagonabile nella forza a Gabriel; “l’arnese” per indicare la ragazzina ne sottolinea ironicamente il suo essere di peso; “gli addetti alle pinze perforanti” fa riferimento agli operai che lavorano su strumenti pesanti; “cuori infranti” è una metafora molto usata per i dolori sentimentali, così come “quarantacinque ciliegie delle sue primavere” è un modo di dire assai comune per indicare l’età…ecc.

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INTERPRETAZIONE 1. Per rendere ancora maggiore l’immediatezza della situazione, in cui al lettore si sente

quasi presente 2. La battuta finale di Gabriel spiega che la verità non è chiara, tutto è un pastiche come il

suo lessico 3. Vedi risposta precedente.

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MOD. 2 - LE FORME DELLA NARRAZIONE U.D.1 - La narrazione di fantasia – Il mito pagg. 234-235 “Il diluvio” Mito tahitiano CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Da chi siamo nati? Come si è formata Tahiti? Perché ha quelle caratteristiche

geografiche? 2. C’è riferimento esplicito al dio Ta’aroa, unico fondamento del mondo 3. Un diluvio di proporzioni gigantesche, causato dallo scioglimento dei ghiacci creatisi

nell'ultima glaciazione che interessò in tempi antichissimi l’area mediorientale, l’Africa e le Americhe

4. La sopravvivenza di due sole persone, marito e moglie, da cui sarebbe rinata tutta l’umanità; la crescita istantanea e rapida dei nuovi nati e dei frutti delle nuove piante

STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Un uomo e una donna, semplici, capaci di sopravvivere col buon senso 3. Un tempo lontano e indefinito, che scorre rapidamente 4. Variare la narrazione, anche se con farsi brevi e semplici RIFLETTI SUL TESTO 1. Alla loro determinazione e alle loro capacità, ma anche al fatto che, al momento

opportuno, la vegetazione rinasce velocemente 2. Il cibo, la vegetazione, le abitazioni, le caratteristiche geografiche 3. Svolgimento libero. pagg. 237-238 “Filemone e Bauci” di Ovidio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. A celebrare il valore dell’ospitalità e a spiegare la presenza di un tiglio e una quercia

davanti al tempio della Frigia 2. Sì, ribadisce la sacralità di alcuni ideali 3. Perché spiega l’origine di un ideale condiviso dalla cultura greca 4. Per es. la distruzione di tutte le case tranne quella dei due protagonisti, e la sua

trasformazione in un grandioso tempio; e, ancora, la loro morte simultanea e la loro trasformazione in piante

STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Permette l’utilizzo di tempi narrativi, per collocare la vicenda in un tempo lontano e

indefinito 3. Essi sono poveri, ma sereni; semplici, ospitali e cordiali, mettono ogni loro povero

avere a disposizione degli ospiti; ubbidiscono senza chiedere il motivo delle richieste, si accontentano di ottenere in cambio solo la loro unione per sempre

4. A tutto tondo, anche se esemplari nel comportamento, per essere, appunto di esempio per tutti

5. Si svolge rapidamente

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RIFLETTI SUL TESTO 1. Mettono ogni loro povero avere a disposizione degli ospiti, dando tutto ciò che hanno 2. L’oca che viene inseguita per essere sacrificata si rifugia vicino agli dei, che si rivelano 3. Spuntarono loro delle fronde; le cime degli alberi cresciuti su di loro avvolsero i loro

volti; la corteccia infine li ricoprì interamente 4. La presenza di orti con i loro prodotti, come cicoria, radicchio e frutta (noci, fichi

secchi, datteri, prugne, mele e uva rossa); l’abitudine al consumo della carne di maiale affumicata e delle olive, di bacche autunnali, di miele (il favo candito) e di uova scottate nella cenere; l’uso del vino servito in boccali di legno.

pagg. 240-241 “La creazione” di Platone CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un mito d’origine 2. Sì, gli dei sono protagonisti di tale nascita 3. Sì, perché spiega la nascita delle varie specie viventi e soprattutto del genere umano, e

della società e religione 4. Al logos appartengono per es. le diverse caratteristiche delle specie, la scoperta del

fuoco, che dà all’umanità la capacità di sopravvivere, e le fasi dello sviluppo della civiltà umana. Al mito appartengono invece le spiegazioni riguardo al come l’umanità ottenne le sue facoltà, cioè per intervento di Prometeo e Epimeteo, Ermes e Zeus

STRUTTURA DEL TESTO 1. L’autore, Platone, come narratore esterno 2. Prometeo, saggio e previdente; Epimeteo, sciocco e imprudente; Atena ed Efesto,

provvisti delle capacità tecnico-pratiche e della guerra e del fuoco; Ermes, portatore di giustizia e rispetto; Zeus, dio di tutti gli dei e generatore di ogni cosa

3. Il tempo in cui non esistevano le stirpi viventi; l’intervento degli dei e la nascita di esse; la nascita dell’uomo; lo sviluppo della civiltà umana grazie all’acquisizione delle capacità tecniche; l’intervento di Zeus e l’acquisizione della “sapienza politica”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Il destino 2. Perché viene creato come tutte le altre stirpi viventi ma anche “…divenne partecipe di

sorte divina…” (pag. 239) 3. Evidenzia l’importanza del suo ruolo nella crescita delle facoltà umane, dice che

compie “furtivamente” un furto e sottolinea che “…subì la pena del suo furto…” (pag. 239), sembra perciò consapevole che Prometeo è colpevole, malgrado sia degno di gratitudine

4. Inizialmente l’uomo era “…ignudo, scalzo, scoperto e inerme…”, poi, per intervento di Prometeo riceve le “…risorse per la vita…”; la società umana per prima cosa crea la religione, in secondo luogo dà origine al linguaggio, poi alle abitazioni con gli arredi, agli abiti e alle calzature e infine all’agricoltura; si creano quindi le città, dove essi “…si facevano ingiustizie l’un l’altro, perché non possedevano l’arte politica…”; Zeus, perciò dona a tutti indistintamente (le basi della democrazia!) il rispetto e la giustizia.

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pag. 243 “Piramo e Tisbe” di Ovidio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché giustifica il colore rosso scuro delle more del gelso col colore del sangue dei

due amanti 2. L’amore come forza inarrestabile, che nessuno deve ostacolare 3. Semiramide, regina della città di Babilonia, vedova di Nino 4. No, non c’è intervento divino STRUTTURA DEL TESTO 1. L’autore, Ovidio, come narratore esterno con presenza esplicita, perché interviene

spesso con commenti 2. A pag. 241: “…Da nessuno notato nel lungo corso dei tempi, questo difetto voi per

primi, o amanti, vedeste…”. Il cambiamento stilistico introduce il commento sulla forza dell’amore: “…di che non s’accorge amore? …”

3. Ella accetta senza esitare la proposta di fuga; attende sotto l’albero, col “coraggio” ispirato dall’amore, il suo innamorato; sebbene “tremante” trova il rifugio dalla leonessa in una grotta; l’amore le dà la forza di seguire Piramo nel suicidio con lo stesso pugnale

4. Egli dimostra la stessa audacia nel perseguire la fuga, ma, dopo aver visto il velo insanguinato di Tisbe “…si coperse di pallore…” (pag. 242) e ritiene di essere colpevole della morte dell’amata: “…io ti ho uccisa, o mia poveretta, io ti ho imposto di venire, di notte, in luoghi pieni di paure, e qui non sono venuto io per primo…” (pag. 242). Invoca di morire tra le fauci dei leoni, ma poi ritiene che sia “…proprio di un uomo vile il desiderio di essere ucciso…” e quindi si dà la morte con il pugnale

5. A pag. 241: “nell’anima ardevano” e “il fuoco d’amore divampa”; a pag. 242 anche la ferita di Piramo suicida è chiamata “bruciante”

RIFLETTI SUL TESTO 1. L’oggetto del desiderio è la possibilità di unione dei due innamorati, a cui si

oppongono le famiglie di entrambi e il muro (metafora della contiguità dei due e della loro separazione, così come il pertugio da cui si parlano può essere considerato metafora della limitatezza dell’opposizione)

2. La vicenda di Romeo e Giulietta ha simile svolgimento. U.D.1 - La narrazione di fantasia – La leggenda pag. 250 “L’acqua di Curubusco” Leggenda messicana CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché è ambientata in un luogo reale (Città del Messico), che diventa teatro di un fatto

di fantasia 2. La fondazione della città sulle isole di un lago, la sapienza degli architetti aztechi nella

costruzione di canali per l’acqua, la presenza nella zona di periodi di siccità alternati a periodi molto piovosi

3. La vendetta del dio Belam sul monarca crudele, la spiegazione dell’alternanza di siccità/piovosità della zona come conseguenza dell’atto egoistico di Uizolt, la posizione sconosciuta del villaggio di Curubusco

4. Per la commistione tra fatti magici ed elementi reali

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Da un narratore esterno 2. Giudica i personaggi e le loro azioni, per es. attraverso l’aggettivazione (“il buon

Coyocan”, “il perfido Uizolt”) 3. Dei tipi: essi rappresentano il buono e il cattivo, non sono descritti in altre qualità o

caratteristiche, non modificano le loro azioni nel corso della vicenda 4. A pag. 247: “…la calura inghiottì…soffocò…gettò il suo imperio squallido…”, “…la

bocca luminosa…le polle luminose…”, “…praterie infuocate…alito rovente…”, “…il cantar festoso dell’acqua…”, “…vacue gole disperate…campi roventi…strade di fuoco…uomini e bestie ridotti a ombre…”; a pag. 248: “…viaggio duro…”, “…paradiso solitario…”, “…esplodendo in limpide polle…”, “…dal cuore nascosto del Bosco Azzurro…”, “…rianimò i giardini…fremette in piccole, carezzevoli onde…”; a pag. 249: “…l’acqua…saliva implacabile…”, “…emettendo stridi d’uccellaccio…”, “…le fontane estenuate, le cascatelle senza voce…”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Ha un ruolo importante, ma non è collegato direttamente alla religione messicana 2. La vicenda punisce il cattivo per la sua arroganza egoistica, esalta l’eroe positivo per le

sue qualità di saggezza, lealtà e obbedienza; i commenti impliciti del narratore orientano il giudizio dei lettori.

pag. 252 “San Marcello e il drago” di V. Fortunato CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché presenta una mescolanza di fatti reali e di una strana creatura: il drago o

serpente, che rappresenta simbolicamente il male (“ ...il serpente che l'aveva trascinata da viva nella colpa...” pag. 251); perché il santo viene presentato come un modello di comportamento da imitare (“...O uomo santissimo...” pag. 251)

2. L’ambientazione in Gallia, il comportamento e la morte della matrona, il vescovo Marcello e il papa Silvestro

3. Il drago, detto anche serpente, con il suo significato simbolico; l’intervento di San Marcello sul drago e il suo allontanarsi

4. Nel Medioevo 5. Veniva raccontata a scopo educativo, per ammaestramento religioso, dai monaci dei

conventi e dai sacerdoti e si diffuse in tutti gli ambienti legati alla religione cristiana per mezzo dei pellegrini

STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Interviene con commenti e giudizi, in particolare dopo la conclusione della vicenda,

con l’elogio esplicito dell’exemplum 3. Coraggioso (affronta da solo il drago), sicuro della forza della virtù (“...nel cui bastone

leggero si mostrò il peso della virtù...”) e del potere dell'autorevolezza più che della violenza fisica

4. “Incrudeliva” sul cadavere della donna; atterriva la gente mostrandosi e “...flagellando l'aria con la coda...”. Poi diviene subito mansueto (“...chinando supplichevolmente il capo, cominciò a invocare il perdono con le carezze della coda...”, e, obbediente, si fa guidare lontano dalla città, grazie all’autorevolezza di San Marcello e alle tre percosse sulla testa: il drago (o serpente) simbolo del male viene vinto dalla virtù

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RIFLETTI SUL TESTO 1. Per esaltare l'impresa del santo 2. Il rito simbolico del percuotere con il bastone, oggetto che richiama il bastone pastorale

dei capi religiosi (“...nel cui bastone leggero si mostrò il peso della virtù...”); combatte per il suo popolo, proponendosi come guida spirituale (“...il popolo ne fu rianimato...” pag. 251); viene chiamato esplicitamente “pontefice” (pag. 251), termine che originariamente significa solo “sacerdote”, ma assume via via il termine di “capo spirituale”; la parte terminale del testo consiste in un elogio esplicito dell'esempio da imitare (“...Ecco come la difesa della patria...” pag. 251).

pag. 255 “La bella annegata”- Leggenda lombarda CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Per la presenza di elementi fantastici e di spunti di saggezza popolare 2. I luoghi geografici, la vita dura dei contadini, il costume di cercare marito prima di

diventare “zitella”, il re di Francia 3. L’avverarsi della maledizione della madre; il lamento disperato che si sente “…di tanto

in tanto…da un punto imprecisato del Po…” 4. Alle leggende sovrannaturali, per la presenza di elementi magici 5. Perché il Romanticismo recupera il gusto per il fantastico ed il magico ed in questo

periodo nascono raccolte di leggende che hanno per oggetto la saggezza popolare STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Focalizzazione zero, evidenziata dalla conoscenza dei pensieri e delle emozioni dei

personaggi; egli inoltre non dimostra di credere totalmente alla spiegazione della leggenda (“…Fosse una maligna coincidenza, fosse qualsiasi altra cosa…” pag. 254; “…che lì alla Mortizza…sembra…” pag. 255)

3. È una bella ragazza, affascinante e civettuola, dal carattere realistico, che desidera prendere marito prima di diventare “zitella” e in ciò è ostacolata dalla madre, che non si accontenta di nessun pretendente. La giovane si ribella alla volontà materna, perché si scopre inebriata dall’amore

4. Il ragazzo è stato adottato dalle due donne e si dimostra affezionato e servizievole, cerca di aiutare la sorella nel suo desiderio

5. Il testo dice genericamente “molti secoli fa”, tuttavia si cita la guerra tra ilo re di Francia contro il Papa e gli Spagnoli, alludendo forse alla guerra di Luigi XII contro la Lega Santa

6. Sì, perché la leggenda serve a spiegare il nome Mortizza dato ad una precisa zona del Po

RIFLETTI SUL TESTO 1. Forse che – secondo la saggezza popolare - una contadina non deve aspirare a diventare

moglie di un re, non deve illudersi di poter cambiare radicalmente status 2. Al fratellino, portatore dei valori dell’affetto, che si prende “…l’impegno quotidiano di

portare in riva al fiume un mazzolino di fiori da gettare in quella crudele e immensa tomba liquida…”, ricordando a tutti l’avvenimento.

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U.D.1 - La narrazione di fantasia – La fiaba pag. 265 “Sindibad il marinaio” di Anonimo CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Popolare, perché non ha un autore preciso, essendo una raccolta di fiabe provenienti da

varie parti dell’Oriente 2. Le scimmie che assaltano la nave abbandonando i passeggeri in un’isola sconosciuta; le

orribili creature che abitano la prima isola e la seconda 3. Perdita di tutti i suoi averi; pericolo di perdere la vita per mano dell’uomo nero e del

serpente; morte per fame su un’isola deserta. Dimostra che ci si può salvare grazie all’intelligenza

4. Gli antagonisti, che Sindibad affronta e sconfigge, rappresentano il male che si può incontrare nel corso della vita: l’insegnamento che viene dalle azioni salvifiche dell’eroe è che ci si può liberare dal male per mezzo del coraggio e della razionalità, dandosi da fare per aiutare gli altri. Tale insegnamento è racchiuso, per es. nella frase a pag. 262: “…noi dobbiamo usare astuzia contro di lui e ucciderlo, ci libereremo così dall’affanno che ci dà e libereremo il genere umano da questo guaio…”

STRUTTURA DEL TESTO 1. Il protagonista; focalizzazione interna 2. È un tipico eroe: malgrado la paura, affronta i pericoli e supera le prove con la

razionalità; guida i suoi compagni e ottiene la giusta ricompensa (sotto forma di salvezza e di arricchimento)

3. L'uomo nero: orribile nel fisico (“...nero e alto come una gran palma...zanne uguali a quelle dei cinghiali...labbra simili a quelle del cammello...orecchie come due zatteroni...” pag. 262) e crudele nel comportamento. Scontata l'altezza, il colore; originali le orecchie e le labbra, soprattutto nelle similitudini. La donna: “...più grande e più brutta di lui...” (pag. 263), ovvia somiglianza, che il narratore non sviluppa nemmeno. Il serpente: “...dal corpo grosso e dal ventre vasto...” (pag. 263) come tutti i serpenti delle fiabe, che mangia i malcapitati marinai

4. Imprecisati 5. Indefinito, perché le vicende sono immaginate in luoghi fantastici RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 261 i numerosi riferimenti alla volontà di Dio: “…Iddio conosce meglio

di ogni altro…Iddio mi aveva fatto rifare di tutto…partimmo con la benedizione di Dio…”. Essi, non casualmente, sono ripetuti all’inizio della vicenda, ad indicare che nulla accade senza precisa volontà di Dio

2. L’avventura di Ulisse e il Ciclope. Nell’Odissea Polifemo, che ha numerose analogie con l’uomo nero di questa fiaba, è però connotato dall’unico occhio al centro della fronte; non è citata, inoltre, alcuna donna dalle stesse caratteristiche e neppure l’abitazione si presenta come un castello, è invece una caverna.

pag. 268 “Cappuccetto Rosso” di Anonimo CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. La fiaba è un tipo di narrazione ambientato in un mondo diverso da quello reale,

collocato in un tempo e in uno spazio lontani e indefiniti, che ha un intento educativo e contemporaneamente rassicurante, grazie al lieto fine. La vicenda di Cappuccetto

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Rosso è in tal senso esemplare: il divieto dato dalla mamma di non attraversare il bosco non va trasgredito, il mondo esterno contiene pericoli (il lupo), il salvataggio dell’eroina costituisce la rassicurazione

2. V. J. Propp sostiene che le fiabe vadano ricondotte ai rituali primitivi per l’iniziazione dei giovani all’età adulta, mediante il superamento di prove. Cappuccetto Rosso, in effetti, si allontana da casa, decidendo il percorso in autonomia rispetto alle indicazioni materne: il gesto rappresenta il tentativo di distaccarsi dalla famiglia. All’interno delle tipologie dei personaggi e delle azioni classificate da Propp, Cappuccetto Rosso è la tipica eroina-vittima di persecuzione, che compie l’azione di allontanamento e incorre in un tranello ordito da un antagonista (il lupo), con il rischio di un danneggiamento (essere divorata dal lupo insieme alla nonna), cui segue nel finale la punizione del colpevole, grazie ad un aiutante (il cacciatore)

3. È ambientata in un tempo lontano e generico (“C’era una volta…”) 4. È uno spazio genericamente identificato (un bosco) 5. È un punto del bosco ben preciso e rintracciabile; il numero tre ha di solito valore

simbolico e si ritrova frequentemente in questo tipo di narrazione STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente (focalizzazione zero) 2. Lo Spannung è costituito dal momento del dialogo tra Cappuccetto Rosso e il lupo

travestito da nonna: “…Oh, nonna, che orecchie grosse! – Per sentirti meglio. – Oh, nonna, che occhi grossi! – Per vederti meglio. – Oh, nonna, che grosse mani! – Per meglio afferrarti. – Ma, nonna, che bocca spaventosa! – Per meglio divorarti. – E subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso…” . Qualsiasi bambino a cui si racconta la fiaba spalanca progressivamente gli occhi aspettandosi il peggio…

3. È una ragazzina a cui tutti vogliono bene per il suo aspetto, i suoi buoni sentimenti e per la sua semplicità, che la fa essere anche ingenua e inconsapevole dei pericoli

4. Il lupo è il classico “cattivo”: ordisce un tranello per la bambina, mangia lei e la nonna, e non certo per fame

5. Cappuccetto Rosso è l’eroina, destinata a trionfare sull’antagonista, il lupo che le si oppone con un tranello

6. Perché il motivo centrale è l’inganno e la sostituzione del lupo con la nonna e il momento di Spannung ne è il culmine

RIFLETTI SUL TESTO Svolgimento libero. pagg. 271-272 “Lo stivale ingioiellato” di Anonimo CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. La fiaba manca di elementi fantastici veri e propri; presenta tuttavia alcune situazioni

abbastanza incredibili, per es. la carriera dell’eroe presso i più grandi re d’Europa; l’azione della vecchia che riesce a non essere scoperta; lo scioglimento all’ultimo momento, l’innamoramento e le nozze: tutto appare verosimile, ma ambientato in una realtà semplificata

2. Per es. dal commento finale “…Loro restarono felici e contenti / E noi siam qua che ci nettiamo i denti…” che pare alludere all’ascolto collettivo, davanti al focolare, di questo genere di narrazione orale; ma anche dall’ambientazione siciliana dei tempi passati, connotata culturalmente dalla riservatezza richiesta alle donne non sposate

3.

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4. Essa è ambientata in un passato lontano, che si direbbe medievale dalla esistenza dei mercanti, ma che è definito genericamente dalla presenza di non nominati Re di Spagna e Portogallo

5. Palermo e la corte di Spagna e di Portogallo sono luoghi precisi; tuttavia, soprattutto questi due ultimi, sono caratteristici topoi della fantasia popolare

6. Il tranello del malvagio viene scoperto e punito; i buoni ottengono il premio STRUTTURA DEL TESTO 1. La partenza di Don Giuseppe 2. Nella prima è Don Giuseppe, nella seconda sua sorella 3. L’onestà, la schiettezza, la bontà d’animo. La prima 4. Il Braciere, che è invidioso del successo dell’eroe e non ha timore di mentire 5. Il Re di Spagna 6. Aiutanti dell’eroe: i carcerieri; aiutante dell’antagonista: la vecchia 7. Allontanamento: esordio

Divieto: raccomandazioni alla sorella da parte di Don Giuseppe Tranello: la bugia del Braciere, che calunnia la sorella di Don Giuseppe Connivenza: l’azione della vecchia, che taglia i tre peli dalla spalla della fanciulla Danneggiamento: imprigionamento di Don Giuseppe e sua condanna a morte Trasferimento nello spazio: la sorella si reca alla corte di Spagna Lotta: la donna fa cadere in contraddizione il Braciere Vittoria: il malvagio cade nella trappola Rimozione Del Danno: liberazione di Don Giuseppe e sua riabilitazione a corte Punizione: condanna a morte del Braciere Nozze: lieto fine

8. I buoni trionfano sui cattivi: intento evidentemente rassicurante RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché “…sta ritirata…non è mai uscita di casa…” 2. Per l’assenza di elementi fantastici come streghe, orchi, fate, bacchette magiche ecc. U.D.1 - La narrazione di fantasia – La favola pagg. 277-278 “La volpe e il capro” di Esopo - J. La Fontaine CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Ne presentano le principali caratteristiche: sono brevi; hanno una struttura tripartita

(presentazione - svolgimento - morale); presentano come protagonisti degli animali; l’intento pedagogico è esplicito, dopo la conclusione della vicenda

2. Un narratore vissuto in Grecia nel VI sec. a.C. 3. Un narratore francese del XVII secolo STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno, che diventa esplicito alla fine, nella enunciazione della morale 2. Idem c.s. 3. Una volpe, astuta e convincente nel parlare; un capro, ottuso e credulone 4. Il capro “…non vedeva più in là del proprio naso…”; Capitan Volpone “…in fatto di

imbrogli era maestro patentato…” 5. Nella versione di La Fontaine è più accentuato l’egoismo della volpe, che tradisce un

amico, mentre Esopo non parla di una precedente amicizia tra i due, che s’incontrano per caso, evidenzia invece la prepotenza della volpe

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RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. “La volpe e l’uva” e “La volpe e il leone”, sempre di Esopo, rielaborate da J. La

Fontaine; “L’allodola terragna e la volpe” e “La volpe e la cicogna” di Fedro. La volpe è sempre indicata come astuta

2. Occorre aggiungere elementi fantastici (per es. l’intervento prodigioso di un personaggio stregato) e togliere l’enunciazione della morale finale.

pag. 279 “La favola del luccio” di G. Gozzi CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. SIT. IN.: la prima frase, fino a “…farvi le sue prede…” – SV.: fino a “…ne fece un

saporito boccone…” – MORALE: la frase finale 2. In conclusione della favola, dicendo, per es: “Anche tra gli esseri umani accade la

stessa cosa; infatti, se qualcuno si getta in nuove avventure, finisce male” 3. Perché spesso, come in questo caso, mettono in luce difetti del genere umano STRUTTURA DEL TESTO 1. Coincide quasi totalmente con l’intreccio, a parte l’anticipazione della conclusione

“…quello fu l’ultimo punto della sua vita…” (pag. 278) 2. Il desiderio di avventurarsi fuori dal proprio ambito abituale per trovare cose nuove 3. Sono generici e indefiniti, perché valgono sempre e per tutti 4. A pag. 278: “…quello fu l’ultimo punto della sua vita…”; forse per dare maggiore

immediatezza 5. Semplice e quotidiano RIFLETTI SUL TESTO 1. “Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che perde ma non sa quel che trova”;

“Chi di gallina nasce convien che razzoli”; “Nessuno faccia il passo più lungo della gamba”…

2. Svolgimento libero 3. Occorre aggiungere elementi fantastici e togliere l’enunciazione della morale finale. pag. 280 “La quaglia e i suoi pulcini” di L. Tolstoj CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Il fatto che gli animali parlino; la quaglia madre che si rivolge ai pulcini col termine

“bambini” 2. La falciatura del prato e la cattura delle quaglie 3. Per rendere chiaro e immediato il messaggio STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Presentazione del contesto e dei personaggi – Svolgimento della vicenda (manca

l’enunciazione della morale) 3. Segue la fabula, per dare semplicità ed efficacia al racconto 4. Attenta e materna coi suoi pulcini. Essi, invece, sono ingenui e sprovveduti. La loro

caratterizzazione ha il fine di preparare la tragica conclusione 5. In un tempo e in luogo indeterminati, ma realistici

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RIFLETTI SUL TESTO 1. L’inesperienza della giovinezza porta alla rovina 2. Forse perché risultava già evidente dalla conclusione, oppure perché, trattandosi di

favole di lettura per bambini, faceva parte dell’esercizio chiedere loro di trarre un insegnamento

3. Gli esseri umani compiono il loro mestiere senza farsi carico di altre conseguenze, soprattutto per gli animali. Rappresentano l’inevitabilità del procedere del mondo.

4. Essendo rivolta alla lettura infantile, fa una raccomandazione di obbedienza dei giovani agli adulti.

U.D.1 - La narrazione di fantasia – L’apologo pag. 284 “Apologo di Giotam contro Abimelec” CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Entrambi raccontano vicende di fantasia anche se verosimili, ambientate in tempi

lontani e indefiniti, hanno avuto diffusione soprattutto scritta, raccontano episodi con scopo educativo o moraleggiante

2. Si differenzia per lo stile, che può essere anche elaborato, per le dimensioni, che sono variabili (possono essere brevi o lunghe)

3. Insieme ai libri più antichi, come la Bibbia 4. Soprattutto scritta, perché il genere fu legato a libri importanti (come la Bibbia) o ad

autori molto conosciuti (come Esopo) STRUTTURA DEL TESTO 1. Da un narratore interno (Giotam) 2. Agli abitanti di Sichem, per impedire che eleggano un re (suo fratello Abimelec) che

egli giudica negativamente 3. L’ulivo, il fico e la vite si dimostrano altruisti, si preoccupano di dare i loro frutti

(“…posso io rinunziare ai miei ottimi frutti…”) senza farsi attrarre dalla prospettiva di avere egemonia sugli altri (“…per dondolarmi sopra gli altri alberi…”); il pruno ironizza sulla proposta che gli viene fatta, sottolineando l’assenza di qualità per regnare sugli altri (“…venite a riposarvi sotto la mia ombra…” mentre non può fare ombra perché è un rovo) e prospettando le conseguenze negative che ne conseguirebbero (“…esca dal pruno un fuoco che divori i cedri del Libano.”)

4. Entrambi indeterminati, perciò validi sempre e ovunque RIFLETTI SUL TESTO 1. Sì, gli alberi da frutto citati sono tipici di quella zona geografica 2. Per dimostrare agli altri il loro errore. U.D.1 - La narrazione di fantasia – Il racconto allegorico pag. 289 “L’apparizione della filosofia” di S. Boezio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un racconto che ha due significati: uno, letterale, riguarda le situazioni narrate,

l’altro, simbolico, ha natura mistico-religiosa e inizialmente soprannaturale (in seguito la caratteristica si è persa)

2. Per adattarsi al messaggio che contiene

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3. Nel Medioevo, quando era diffusa l’esigenza di interpretare in chiave religiosa tutti i testi scritti fino a quel momento, e in particolare quelli classici greco-latini che erano considerati molto significativi e necessitavano perciò di una rivalorizzazione nell’ottica culturale del tempo

4. Una comunicazione elaborata, adatta a trattare temi particolarmente complessi STRUTTURA DEL TESTO 1. L’io narrante coincide con l’autore 2. “…occhi sfolgoranti e penetranti oltre la comune capacità umana…”; “…inesausto

vigore – per quanto ella fosse così onusta di anni…”; “…dalla statura difficile da valutare. Infatti ora si riduceva alla normale misura degli uomini, ed ora sembrava toccare il cielo con la sommità del capo; quando poi lo sollevava ancora più in alto, penetrava anche lo stesso cielo…”; “…le sue vesti erano fatte…di sottilissimi fili d’indistruttibile materia…”

3. La metafora, per es. “…occhi sfolgoranti e penetranti…” e “…penetrava lo stesso cielo…”, che sconfina nell’iperbole: “…ora si riduceva alla normale misura degli uomini, ed ora sembrava toccare il cielo con la sommità del capo…”. Entrambe sono tipiche dell’enfasi retorica usata da questo genere di testo, che desidera suscitare meraviglia

4. Pochissima, perché l’importante è il contenuto RIFLETTI SUL TESTO La filosofia è una disciplina antichissima e proprio per questo merita massima considerazione e rispetto; essa permette scoperte di enorme importanza per l’umanità e la sua forza principale è lo spirito di ricerca. Il suo modo di ragionare è sottile e ricercato. Essa si occupa dei problemi degli uomini, sia quelli vicini alla loro vita terrestre che quelli che rimandano all’ultraterreno, passando per tutti i gradi intermedi. U.D.2 - La novella e il racconto pag. 301 “Chichibìo e la gru” di G. Boccaccio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un componimento narrativo di medie dimensioni, che presenta una vicenda ben

individuata e conclusa, di contenuto e ambientazione realistici o verosimili, molto vari. L’intento del narratore è soprattutto narrativo, il piacere del raccontare e di divertire il pubblico, ma in epoche più vicine a noi spesso vi è anche scopo di riflettere sulla vita e sull’umanità

2. Poiché ne fissò le caratteristiche fondamentali, divenendo un modello per molti secoli 3. Dal “Decamerone” 4. Si tratta di cento novelle, raccolte in una cornice che le racchiude: Boccaccio immagina

che un gruppo di giovani fiorentini sfuggano alla peste del 1348 rifugiandosi in una villa di campagna, dove per dieci giorni ognuno di essi, a turno, racconti agli una novella per ingannare il tempo

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Prima macrosequenza: “…Il quale con un suo falcone avendo un dì…” (pag. 298);

seconda macrosequenza: “…Essendo poi davanti a Currado…”(pag. 298); terza macrosequenza: “…Ma già vicini al fiume pervenuti, gli venner…” (pag. 299)

2. Un narratore esterno (in questo caso è una donna delle sette presenti nel gruppo) 3. Gli altri nove giovani presenti (in particolare la narratrice si rivolge alle altre ragazze);

essi sono esplicitati all’inizio: “…sì come ciascuna di voi e udito e veduto puote avere…”

4. Chichibìo viene definito uno sciocco (“…come nuovo bergolo era così pareva…” pag. 298), chiacchierone e bugiardo (per es. risponde prontamente al padrone con una frottola “…Signor mio, le gru non hanno se non una coscia e una gamba…” pag. 298); pavido, ma dotato di arguzia e di prontezza di spirito, si salva cogliendo l’occasione con l’istinto (“…ma voi non gridaste hohò! a quella d’iersera…” pag. 299). Currado è nobile d’animo e di nascita (“…nobile cittadino, liberale e magnifico…vita cavalleresca tenendo…”), ospite cortese (“…per amore de’ forestieri che seco avea, non volle dietro alle parole andare…”), ma collerico (“…ma ti giuro in sul corpo di Cristo che, se altrimenti sarà…”) e testardo (“…Tosto vedremo chi avrà iersera mentito…”); si rivela alla fine generoso e dotato di senso dell’umorismo (“…tutta la sua ira si convertì in festa e riso…”)

5. Le loro personalità sono delineate con molta attenzione 6. La novella è breve e narra sinteticamente i passaggi meno significativi ai fini della

vicenda: per es. la cottura della gru è riassunta sommariamente (“…La quale essendo già presso che cotta…”) per passare all’arrivo in cucina di Brunetta; subito dopo il breve dialogo tra i due il testo riassume “…E in breve le parole furon molte…” per venire subito al punto in cui Chichibìo ne stacca una coscia, provocando il danno. Le ellissi sono presenti con la stessa motivazione: per es. subito dopo l’episodio precedente si passa istantaneamente alla scena in cui i convitati e Currado si accorgono che la gru ha una coscia sola: “…gliela diede. Essendo poi davanti a Currado…” (pag. 298). E ancora: “…Finite quella sera le parole, la mattina seguente…” (pag. 299)

7. La novella è ambientata a Firenze, di cui Currado Gianfigliazzi è eminente cittadino (“…sempre della nostra città è stato nobile cittadino, liberale e magnifico…” pag. 298); si citano poi luoghi vicini come Peretola e un non nominato fiume (“…una fiumana alla riva della quale sempre soleva…” pag. 299). I due ambienti presenti sono la cucina e la sala da pranzo, ma di essi si fa cenno solo per l’uso che se ne fa, senza descriverli

8. Lessico popolare: “bergolo”, “feminetta de la contrada”, “Voi non l’avrì da mi”, “ronzino” - Lessico elegante: “liberale”, “magnifico”, “dilettato ”, “soleva”, “si convertì”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Currado sa che il cuoco mente, non lascia correre la cosa, ma si mostra vendicativo e

testardamente deciso a punire Chichibìo. Il suo atteggiamento cambia solo alla fine, quando dimostra di apprezzare la prontezza di spirito che ha ispirato la battuta al suo cuoco

2. L’autore è chiaramente prevenuto, mostrandone un esemplare sciocco e bugiardo 3. Con intento realistico, per caratterizzare i due personaggi, di diversa estrazione sociale.

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pagg. 305-306 “Landolfo Rufolo e la cassa che non volle” di G. Boccaccio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. “Cosa nuova”, “notizia” 2. Novella in cui il racconto dei fatti prevale sul ritratto dei personaggi 3. Quella in cui la vicenda è un pretesto per delineare un personaggio o il contesto in cui

vive 4. Geoffrey Chaucer STRUTTURA DEL TESTO 1. 1) a pag. 302 da “...com'è abitudine dei mercanti...” a “...cosa che quasi lo manda in

rovina...” 2) a pag. 302 da “…Provato dal tipico disagio...” a “...si mise ad appropriarsi della roba altrui, meglio se turca...” 3) a pag. 302 da “...ammonito dal primo dispiacere...” a “...si mise sulla rotta del ritorno...” 4) a pag. 302 da “...Era già arrivato nell'Egeo...” a “...in attesa di venti più favorevoli...” 5) a pag. 302 da “...Poco dopo pervennero...” a “...che una misera canottiera...” 6) a pag. 303 da “...Ma verso il tramonto si levò...” a “...e la notte seguente...” 7) a pag. 303 da “...Il giorno dopo, a Dio piacendo...” a “...Così fece...” 8) a pag. 304 da “...Lui, che non si ricordava...” a “...ritornò a Ravello...” 9) a pag. 304 da “...scoprì che aveva...” a “...visse in modo sopraffino fino alla fine”

2. Narratore esterno onnisciente 3.

Riflessioni Azioni Siccome la sua ricchezza non gli bastava mai e desiderava raddoppiarla...

...fatti bene i suoi conti, comperò...la stipò...e salpò...

Provato dal tipico disagio...non sapendo che fare e vedendosi dall'oggi al domani poverissimo ... pensò o di farla finita o di recuperare i danni subiti...

Trovò così un acquirente...comperò una piccola imbarcazione...la armò...e si mise a appropriarsi della roba altrui...

...ammonito dal primo dispiacere... consapevole di aver ammassato...e non volendo incappare...si convinse che...

Si preparò a fare ritorno a casa sua...messi i remi in mare...si mise sulla rotta del ritorno

...dato che era già stato messo due volte a tappeto dalla sorte, pensò che era meglio...

...le avvolse in alcuni stracci e disse...

Col rimanente, senza volere più commerciare, si mise il cuore e il portafoglio in pace...

...e visse in modo sopraffino fino alla fine

4. Notevole importanza: determinano le sue scelte successive e la sua sopravvivenza

conclusiva 5. A tutto tondo: egli è descritto dettagliatamente; è un personaggio dinamico: è

disponibile a rischiare e impara dai suoi errori, modificando i suoi comportamenti nel corso delle avventure

6. La donna di Corfù e i mercanti a Trani 7. Maggior ricchezza, che si ottiene con l'intraprendenza, correndo dei rischi e utilizzando

la saggezza, ma col contributo decisivo della fortuna 8. Numerosi sommari: per es. a pag. 302 “...Siccome la sua ricchezza non gli bastava mai

e desiderava raddoppiarla...”; “...In meno di un anno depredò e prese...”; a pag. 304 “...montato su una barca, sbarcò a Brindisi e da qui, costeggiando, arrivò sino a

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Trani...”. Lo scopo è quello dell'efficacia stilistica: le azioni descritte in quei passi servono solo a introdurre elementi più importanti ai fini della vicenda. In altri punti invece l'Autore si sofferma più a lungo, per es. le notti che Landolfo passa in alto mare, abbracciato alla cassa, che danno drammaticità e suspence all'esito

9. Il personaggio si delinea attraverso le sue azioni, perché esse sono la cosa più importante nella visione del mondo dei mercanti

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché è variabile e incerto, come la fortuna 2. Tutte quelle relative alla ricchezza: dalla decisione di partire a quella - senza nessuno

scrupolo - di diventare pirata, a tutte quelle con cui cerca di conservare ciò che ha conquistato.

pag. 310 “Frate Cipolla” di G. Boccaccio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Scrittura in prosa – intento: piacere del narrare e del leggere – narrazione in sé conclusa

– argomenti e ambientazione realistici o verosimili – protagonista principale: l’uomo e le sue caratteristiche – personaggi ben delineati – varietà dei temi, della struttura e dello stile - indicazioni temporali precise

2. Una battuta pronta e spiritosa, garbatamente mordace 3. Novella di carattere STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Presentazione del protagonista e introduzione all’ambiente della vicenda (fino a “…alla

messa nella chiesa parrocchiale…” pag. 307) – Promessa di far vedere la reliquia della penna dell’angelo Gabriele (fino a “…Detto questo, tacque e ritorno alla messa…” pag. 307) – Ideazione della beffa da parte di alcuni giovani (da “…Tra i molti presenti nella chiesa…” fino a “…per vedere come poi se la sarebbe cavata frate Cipolla quando avesse dovuto mostrarla ai fedeli…” pag. 307) – Presentazione del servo Guccio e suo allontanamento dalla stanza (da “…Frate Cipolla aveva un servo…” pag. 307 fino a “…del suo cappuccio unto e dei suoi discorsi vuoti…” pag. 308) - Sostituzione della penna (da “…I due giovani trovarono dunque Guccio…” fino a “…trovando carboni al posto della penna…” pag. 308) – Inizio del sermone di Frate Cipolla e scoperta della sostituzione (da “…I fedeli semplicioni…” fino a “…trascurato e smemorato…” pag. 308) – Sua pronta reazione e predica-beffa (da “…Tuttavia senza cambiar colore…” pag. 308 fino a “…mostrò i carboni…” pag. 310) – Reazione dei fedeli e restituzione della penna da parte dei giovani (da “…Dopo che la moltitudine di gonzi…” alla fine)

3. Frate truffatore, “…ottimo parlatore e pronto…” tanto da essere paragonabile a “…Tullio medesimo o forse Quintiliano…”, che imbroglia i fedeli creduloni grazie al suo ingegno. La retorica è messa al servizio della beffa, l’ingegno del frate consiste soprattutto nell’uscire dalla difficoltà mediante la sua parlantina

4. Guccio ha dei soprannomi che ne indicano le caratteristiche: Balena, Imbratta, Porco. Di lui si dice che “…era veramente un cattivo soggetto, pieno di ogni possibile difetto…”. Donnaiolo, si fa distrarre appunto da una donna, la Nuta, che gli corrisponde nelle caratteristiche fisiche: “…grassa e grossa, piccola e malfatta… tutta sudata, unta e affumicata…”. Il servo del frate ne è anche in qualche modo il doppione: se pure con risorse più modeste cerca di usare la parola per incantare la Nuta

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5. Sì, tuttavia all’interno della predica-beffa si trova la narrazione delle avventure precedenti, anche se immaginarie (per questo non può essere considerato un vero e proprio flashback, ma, se mai, un racconto nel racconto), raccontate dal protagonista

6. Identificati con precisione, anche se non si notano ampie descrizioni 7. Per evidenziare le qualità espressive del protagonista 8. L’accumulazione. Per es. a pag. 307-308 la descrizione di Nuta: “…grassa e grossa,

piccola e malfatta, con un paio di poppe così grosse, che sembravano due recipienti per portare il letame, tutta sudata, unta e affumicata…”; a pag. 309 i luoghi, quasi sempre immaginari, visitati dal frate: “…allontanatomi da Vinegia e andandomene per il Borgo dei Greci, quindi cavalcando per il regno del Garbo e per Baldacca, giunsi in Parione … giunsi in Sardegna…in Truffia e Buffia…nella terra di Menzogna…alle montagne dei Baschi…in India Pastinaca…”; a pag. 309 l’elenco delle finte reliquie: “…il dito dello Spirito Santo… un ciuffo di capelli del serafino che apparve a San Francesco; un’unghia dei cherubini; una delle costole del Verbum-caro-fatti-alle-finestre, alcuni abiti della Santa Fede Cattolica; molti raggi della stella che apparve ai tre Re Magi…un’ampolla del sudore di San Michele…la mascella di San Lazzaro; uno dei denti della Santa Croce; un’ampolletta col suono delle campane del Tempio di Salomone; la penna dell’arcangelo Gabriele…”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 307: “…una delle penne dell’arcangelo Gabriele, che rimase nella

camera della Vergine Maria, quando l’angelo le portò la lieta novella…”; a pag. 308: “…in quelle terre dove appare il sole…”; a pag. 309: “…evitare i disagi per amor di Dio, poco curandosi della fatica degli altri, se c’era la possibilità di guadagnarci…”; “…dove tutte le acque scorrono verso il basso…”; “…vidi volare i pennati…”; “…padre Non-mi-blasmate-se-voi-piace…”; “…se io anche volessi contarle, non ci riuscirei neppure in parecchie miglia…” ecc…

2. All’inizio della novella: “…a raccogliere le elemosine fatte al suo ordine dagli sciocchi…accolto volentieri…anche perché quel territorio produce cipolle famose in tutta la Toscana…”; per dare fini dall’inizio l’idea che il frate befferà la gente

3. Al frate, per la sua arguzia, perché ciò che dice sarebbe facilmente smascherabile, se solo la gente usasse l’intelletto, i fedeli vengono infatti sempre indicati come “creduloni” o “semplicioni”. Anche i giovani che lo beffano sono presentati con cordialità, perché sono “astuti” e del frate “…tuttavia erano molto amici…”, quindi hanno agito per scherzo, cosa che l’autore dimostra di apprezzare.

pagg. 321-322 “Rosso Malpelo” di G. Verga CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. La novella ricopre uno spazio temporale più esteso, seguendo un lungo tratto della vita

del protagonista; le novelle di Boccaccia si riferiscono di solito a spazi temporali più brevi, talvolta brevissimi

2. Il realismo verghiano risponde a una visione del mondo generalmente pessimistica e di denuncia delle condizioni di vita dei ceti sociali più bassi; Boccaccio presenta i diversi aspetti della natura umana e della società trecentesca borghese e mercantile, non perdendo l’occasione di rappresentare spesso anche i ceti più umili, di solito però in chiave buffonesca

3. No, perché l’intento di rappresentare vizi e virtù umane fa sì che anche i migliori non siano esenti da imperfezioni

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Malpelo è un ragazzo siciliano, orfano del padre, che lavora in una cava di rena. Egli è

maltrattato da tutti e reagisce con comportamenti duri, ben rappresentati dal suo soprannome, anche con gli unici esseri umani a cui vuole bene, l’amico Ranocchio e l'asino grigio della cava. Un giorno viene ritrovato il corpo del padre, che era morto nella cava sepolto da una frana, e poco dopo anche Ranocchio si ammala di TBC e muore. Infine anche Malpelo muore, perdendosi nella miniera.

2. Narrative, per dare forza alla tecnica dell'impersonalità 3. Per es.: a pag. 311 la descrizione del ragazzo attraverso ciò che si dice di lui: “… era

un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone…” e “…un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti…”; la logica di Malpelo presenta la visione pessimistica dell’autore: “…La rena è traditora…somiglia a tutti gli altri, che se sei più debole ti pestano la faccia, o se siete in molti, come fa lo sciancato, allora si lascia vincere…” (pag. 314) o anche “…- Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così gli altri ti terranno da conto…” (pag. 314) e “…- Vedi quella cagna nera, - gli diceva – che non ha paura delle tue sassate? Non ha paura perché ha più fame degli altri. Gliele vedi quelle costole al grigio? Adesso non soffre più. -…” (pag. 316)

4. Malpelo ha i capelli rossi “…perché era un ragazzo malizioso e cattivo…” (pag. 311); Malpelo è un brutto ceffo, torvo, ringhioso e selvatico, infatti “…al mezzogiorno, mentre tutti gli altri operai della cava si mangiavano in crocchio la loro minestra...egli andava a rincantucciarsi col suo corbello…” (pag. 311); Malpelo è abituato a ogni genere di maltrattamento da parte di tutti “…la sorella gli faceva la ricevuta a scapaccioni...lo accarezzavano coi piedi...gli tiravan dei sassi...” (pag. 311) “…si stringeva nelle spalle, aggiungendo: - Io ci sono avvezzo. Era avvezzo a tutto, lui...” (pag. 314) “…nemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai...” (pag. 314); Malpelo ama molto il padre, infatti quando il padre viene travolto dalla frana “…si graffiava la faccia e urlava…scavava con le unghie…” (pag. 313); e poi “…non volle più allontanarsi da quella galleria e sterrava con accanimento…” (pag. 313); quando si trovò una scarpa del padre “…fu colto da tal tremito che dovettero tirarlo all'aria aperta…” (pag. 315); e, dopo il ritrovamento del cadavere ed egli fu rivestito coi suoi abiti “…se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuovi, e gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero così ruvide e callose…” (pag. 316)

5. Egli è paragonato a una bestia, per es. tutti lo schivavano “…come un can rognoso…”, era “…ringhioso e selvatico…”; “…andava a rosicchiarsi quel po’ di pane bigio, come fanno le bestie sue pari…” e “…si lasciava caricare meglio dell’asino grigio…” (pag. 311). E ancora “…si graffiava la faccia e urlava, come una bestia davvero…mordeva come un cane arrabbiato…” (pag. 313); “…come un cane malato…” (pag. 315). Anche “…lavorava al pari di quei bufali feroci che si tengono coll’anello di ferro al naso…”. Le similitudini si attagliano alla vita del personaggio e alla sua fama

6. La madre e la sorella, che non gli manifestavano affetto (“…persino sua madre…aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo…” pag. 311), anzi lo picchiavano senza motivo (“…la sorella maggiore gli faceva la ricevuta a scapaccioni…” pag. 311), poi, dopo il ritrovamento del cadavere del padre, se ne erano andate e gli “…avevano chiuso la porta di casa…” (pag. 318); gli operai della cava, che lo ingiuriavano e gli tiravano sassi e pedate (“…Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti…” (pag. 314); il padrone della cava, che lo puniva ingiustamente lasciandolo senza cibo “…il padrone lo puniva levandogli il pane…” (pag. 314)

7. Ranocchio, sfruttato come tutti gli altri, nonostante la sua infermità (“…un povero

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ragazzetto, venuto a lavorare da poco tempo nella cava, il quale per una caduta da un ponte s’era lussato il femore, e non poteva far più il manovale. Il poveretto, quando portava il suo corbello di rena in spalla, arrancava…” pag. 313); gli operai, che lavoravano quattordici ore al giorno in condizioni disumane (“…degli uomini ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati o smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora…” pag. 315); l'asino grigio, picchiato e sfruttato fino alla morte (“…curvo sotto il peso, ansante e coll’occhio spento…Alle volte la bestia si piegava in due per le battiture, ma stremo di forze, non poteva fare un passo, e cadeva sui ginocchi…” pag. 314)

8. Un luogo buio, pericoloso, dove si lavora con grande fatica in condizioni disumane, e in cui si rischia la vita per pochi soldi. Per es.: “…in quegli occhiacci di gatto che ammiccavano se vedevano il sole…ci sono degli asini…in quei sotterranei, dove il pozzo d’ingresso è a picco, ci si calan colle funi, e ci restano finché vivono…”; “…aveva sempre visto quel buco nero, che si sprofondava sottoterra…l’intricato labirinto delle gallerie…e come degli uomini ce n’erano rimasti tanti, o schiacciati o smarriti nel buio, e che camminano da anni e camminano ancora…” (pag. 315)

9. Sì. ELLISSI frequenti: per es. a pag. 318: “…Intanto Ranocchio non guariva…” oppure “…Verso quell’epoca…” o a pag. 319: “…Invece le ossa le lasciò nella cava…” RETROSPEZIONI: per es. a pag. 312-313 da “…Era morto così…” fino a “…Non volle più allontanarsi da quella galleria…”

10. Per sottolineare la ripetitività e l'immutabilità dell'esistenza umana, nelle sue connotazioni negative

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché occorre sopravvivere, e così va il mondo: “...Sua madre si sarebbe asciugati gli

occhi, poiché anche la madre di Malpelo s'era asciugati i suoi...” (pag. 318) 2. Per es. la sua disperazione al momento della morte del padre: “…si graffiava la faccia

e urlava...scavava con le unghie…quando si accostarono col lume gli videro tal viso stravolto, e tali occhiacci invetrati e la schiuma alla bocca da far paura; le unghie gli si erano strappate…” (pag. 313); e poi “…non volle più allontanarsi da quella galleria e sterrava con accanimento…” (pag. 313). Quando si trovò una scarpa del padre “…fu colto da tal tremito che dovettero tirarlo all'aria aperta…” (pag. 315); e, dopo il ritrovamento del cadavere ed egli fu rivestito coi suoi abiti “…se li lisciava sulle gambe, quei calzoni di fustagno quasi nuovi, e gli pareva che fossero dolci e lisci come le mani del babbo, che solevano accarezzargli i capelli, quantunque fossero così ruvide e callose…” (pag. 316) Nei confronti di Ranocchio egli mette in atto in realtà una serie di atteggiamenti protettivi, per es. gli dà una parte del suo cibo: “...Malpelo gliene dava anche del suo, per prendersi il gusto di tiranneggiarlo, dicevano…” e gli altri interpretano il gesto in modo scorretto (pag. 313) perché di solito Malpelo picchiava Ranocchio (“…Infatti egli lo tormentava in cento modi...dicendogli: - To', bestia! Bestia sei! Se non ti senti l'animo di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da questo e da quello...” pag. 314) in realtà lo incitava a non farsi sopraffare: “…Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così gli altri ti terranno da conto…” “...Ogni volta che a Ranocchio toccava un lavoro troppo pesante... - Lasciami fare; io sono più forte di te. - Oppure gli dava la sua mezza cipolla...” (pag. 314). Quando il ragazzo si ammala “…Ei si caricava Ranocchio sulle spalle, e gli faceva animo alla sua maniera, sgridandolo e picchiandolo…prese dei soldi dalla paga della settimana, per comperargli del vino e della minestra calda…Malpelo se ne stava zitto e immobile, chino su di lui, colle mani sui ginocchi…” (pag. 318). Quando capisce che non c’è più nulla da fare, si augura una sua

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rapida morte “…È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi!… ” e così viene interpretata la frase: “…E il padrone diceva che Malpelo era capace di di schiacciargli il capo, a quel ragazzo…” (pag. 318)

3. Per es. a pag. 314: “…Quando cacciava un asino carico per la ripida salita…Malpelo soleva dire a Ranocchio: - L'asino va picchiato, perché non può picchiar lui…”; e ancora pag. 314: “…La rena è traditora...somiglia a tutti gli altri…”

4. A tale destino sono e saranno condannati tutti gli esseri sfruttati, per sempre. pag. 328 “Cinci” di L. Pirandello CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Principali differenze: spazio con valenze simboliche; presenza di numerose sequenze

riflessive, per sottolineare la visione dell’autore; visione relativistica della realtà 2. La visione relativistica della realtà: le cose appaiono diverse a seconda del punto di

vista; l’esistenza intesa come fluire continuo (tematiche legate al diverso clima culturale dell’epoca novecentesca)

STRUTTURA DEL TESTO 1. Cinci torna a casa da scuola, ma non può entrare in casa, perché la madre è fuori –

Cinci si dirige verso la campagna e intanto i suoi pensieri corrono a una serie di riflessioni – Entra nelle chiesetta ai margini della cittadina e disturba la funzione per dispetto – Si dirige verso il poggio – Si ferma a osservare il crepuscolo – Incontro con un ragazzo contadino che uccide una lucertola per gioco – Cinci si accapiglia col ragazzo e, senza volerlo, lo uccide con una pietra – Sorpresa di Cinci e suo rientro a casa, come se nulla fosse accaduto

2. Descrizione del cane sulla porta chiusa – Commento (“…Cane, sa che non può fare di più…”) – Reazione di Cinci davanti alla porta chiusa (pag. 322 fino a “…si guarda attorno, mentre il cane salta indietro e lo mira…”) – Descrizione del ragazzo (pag. 323 fino a “…queste che ha ai piedi sono già rotte…”) – Decisione di andare fuori città, in campagna – Descrizione del paesaggio e riflessioni di Cinci (a pag. 323 da “…Ora, stufo, s’abbraccia le gambe…” a “…scomparire da una finestra e ricomparire dall’altra…” a pag. 324) con numerosi flash-back – Descrizione della piazzetta (a pag. 324 da “…È arrivato alla piazzetta…” a “…Qualche vecchia in ritardo si affretta alla chiesina per il Vespro…”) – Cinci entra in chiesa - descrizione della chiesa - e disturba la funzione (a pag. 324 da “…Cinci d’improvviso…” a “…Non bisogna abusare delle povere beghine scandalizzate…”) – Cinci si dirige verso il poggio, suo stato d’animo (a pag. 324 da “…Esce dalla chiesina…” a “…per quella smania che gli s’è messa allo stomaco, di fare qualche cosa…” – Descrizione del viottolo di campagna (pagg. 324-325 da “…Strada di campagna…” a “…e tante mogli se un uomo…”) – Giochi, descrizioni del paesaggio e riflessioni di Cinci (pag. 325 da “…Cinci vuol far la prova su Fox…” a “…ultime giornate d’ottobre, ancora di sole caldo…”) – Incontro col ragazzo di campagna che uccide una lucertola (pag. 325 da “…A un tratto…” a “…col bianco della pancia al lume della luna…”) – Intervento di Cinci, suo accapigliarsi col ragazzo e involontario omicidio (pagg. 325-326 da “…Cinci se ne adira…” a “…Qualcuno di là si ritrae: sarà Fox…”) – Sorpresa per la morte del ragazzo (pag. 326 da “…Scagliata la pietra…” a “…si china a guardare…”) – Descrizione del ragazzo morto (pag. 326 da “…Il ragazzo ha la testa sfracellata…” a “…pende ancora dal collo…” – Cinci se ne va e ritorna a casa (da “…Lui se ne va…” alla fine)

3. Quelle descrittive e riflessive. L’autore ha scelto di descrivere gli stati d’animo e il paesaggio dal punto di vista del protagonista, attraverso i suoi pensieri

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4. Cinci è un ragazzino trasandato (“…ciuffi scompigliati…capelli di stoppa…ispido e giallo…butta sbiechi i piedi, camminando…non ci son scarpe che gli durino…” a pag. 323), con il disagio interiore che gli deriva dall’adolescenza (“…comincia a sentirsi ribollire nelle viscere tutto il cattivo che gli viene da tante cose che non sa spiegarsi…” pag. 323), dall’assenza del padre (“…suo padre, lui, non l’ha conosciuto…” pag. 324) e dall’incomprensione della madre, che mantiene con fatica la famiglia, allontanandosi di casa per lavorare (“…maledetta, così lontana…” pag. 323). Egli sfoga le sue rabbie con la violenza: prende a calci il cane, la porta di casa (“…calci anche alla porta, pur sapendo che è chiusa…” pag. 322), disturba per dispetto la funzione in chiesa (“…gettare a terra quel fagotto di libri…” pag. 324), si accapiglia con il contadino perché ha ucciso la lucertola (“…Cinci avventa con tutta la forza un pugno in petto…” pag. 325) e, senza volere, lo uccide (“…Scagliata la pietra, d’un tratto – com’è? -…” pag. 326). Egli, però non è né malvagio, né colpevole fino in fondo, è solo, come tutti, vittima della sua sofferenza

5. È un personaggio descritto minuziosamente, nei suoi pensieri e nella sua sofferenza interiore

6. Appare antagonista agli occhi gelosi ed egoisti di Cinci 7. I passanti e le beghine sono delle comparse. Fox è l’alter ego di Cinci, perché ne

condivide le pene. Il ragazzo che viene ucciso è il deuteragonista 8. Il sobborgo “puzzolente” è il simbolo della brutta vita di Cinci, da cui egli vuole

fuggire, rifugiandosi in campagna, dove tutto inizialmente gli appare più gradevole, ma tutto poi diventa malinconico e triste “…muro illividito…solitaria…larva di luna…cielo morente…senso d’umido corrotto nell’afa…” (pagg. 324-325), perché egli lo vede con gli occhi della sofferenza

9. REGISTRO VERBALE DI CINCI: per es. “balordo”, “puzzolente”, “bisogna chiudere gli occhi, da come accecano”, “traballanti sulle molle, come ragni”, “buttar giù due bocconi”… REGISTRO DEL NARRATORE: per es. “esser lecito”, “lo mira”, “lastricato strepitoso”, “molle bontà soffusa di rassegnata malinconia”…

10. Per es.: “…Dove? In campagna, a far merenda…” (pag. 323) “…maledetta, così lontana: ogni giorno, a volare…” (pag. 323)

RIFLETTI SUL TESTO 1. Dalla sua sorpresa: “…Scagliata la pietra, d’un tratto – com’è? -…” (pag. 326), perché

l’atto è stato del tutto involontario, Cinci non ha neanche visto contro chi lanciava la pietra

2. La rabbia e la reazione violenta anche contro chi, come Fox, gli vuole bene; l’incomprensione da parte degli adulti; la sostanziale solitudine.

pag. 332 “Dalfino” di G. D'Annunzio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. La tipologia dei personaggi; le tematiche; la visione della realtà 2. Le tematiche; la visione della realtà 3. Le tematiche; la visione sensoriale e passionale della realtà; l’interiorità semplificata

dei personaggi; la rappresentazione quasi simbolica della natura STRUTTURA DEL TESTO 1. Per scandire il tempo che passa 2. Sì, ne è quasi affascinato; per es. nella descrizione del suo aspetto fisico “...con quel

vigore sovrumano di gambe e di braccia…bisognava vederlo! …” (pag. 329) o nel paragone “…fremente come un leopardo in catene…” (pag. 330)

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3. Un ragazzo dalla testa grande e piena di capelli, con un corpo forte e muscoloso e un atteggiamento fiero e coraggioso, un “…cuore forte come il granito degli scogli e largo quanto il mare…” (pag. 331)

4. Su entrambi, tuttavia con prevalenza del primo: l'atteggiamento del personaggio corrisponde al suo aspetto

5. È una donna affascinante (Delfino la paragona a una sirena, l’autore a una pantera con denti di vipera), dall'aspetto fiero e appassionato. Forse perché corrisponde all’idea di donna dell’autore, rilevabile dalla presenza di numerose figure simili, nella sua produzione letteraria

6. A pag. 329: “…acqua verde…lo scirocco sibilava…la tempesta mugghiava…il libeccio urlava…il cielo a ponente sembrava sangue…immensa distesa…il mare pareva olio…”; a pag. 330: “…l’acqua prendeva dei riflessi violetti qua e là…l’odore del mare…il flutto verde come un immenso prato a maggio mosso dal vento…su ‘l mare paonazzo da’ larghi e placidi ondeggiamenti. Folate di gabbiani gittavano gridi che parevano scrosci di risa umane…l’acqua turchina…”; a pag. 331: “…la marea picchiava, su le scogliere spumeggiando e sonando che pareva bestemmiasse…la cima bianca dei marosi…i fischi dello scirocco…”

7. Alcune si riferiscono al mare e alle barche (per es.: “…come la chiglia della

paranza…come un albero di trinchetto…” a pag. 329), ma la maggior parte sono paragoni con animali (per es.: “…come un aquilastro ferito…come cento lupi…da pantera…” a pag. 329; “…come uccellacci…come le serpi…come un leopardo in catene…da pescecane…” a pag. 330; e “…come un capodoglio sventrato…come una tigre…come un delfino…” a pag.331). Molti anche i paragoni con elementi naturali con qualità di durezza (per es.: “…come una lama d’acciaio…” a pag. 329; “…come una colonna di granito…come il ferro…” a pag. 330) o di calore: “…come una cappa di metallo rovente…come lingue di foco…” (pag. 331)

8. Una metonimia. Significa che si vedeva il colore chiaro dei gabbiani fare contrasto sul colore del mare mentre essi sfiorano l’acqua

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per le sue caratteristiche sanguigne e passionali 2. Il colore rosso è presente in parecchi punti: per es. a pag. 329 “…che ficcava nel

sangue…”; a pag. 330 “…la vela rossa…” di Delfino; “…si avvinazzava…cirri color carmino…”; a pag. 331: “…sguardo arroventato…Il sangue è rosso! …un incendio di nuvoli…cappa di metallo rovente…come lingue di foco…”

3. Per es.: “…canzoni selvagge gridate a squarciagola…” (pag. 329); “…bella forte audace giovinezza temprata nell'acqua salsa…”; “…l'odore del mare li ubriacava…”; “… - Pazzo! - diceva lei co' denti stretti e le labbra aperte, cacciandogli le mani dentro a' capelli e tenendolo lì prostrato e fremente…” (pag. 330); “…l'onda paonazza…” (pag. 331).

pag. 342 “In campagna” di G. De Maupassant CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Per es. a pag. 337: “…I due contadini lavoravano duramente la terra infeconda per

mantenere tutti i loro figli…” 2. Per es. a pag. 338: “…con la tenacia della donna caparbia e viziata che non vuole mai

aspettare…”

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3. Si comprende più che altro dalla descrizione della vita contadina “…Tutti quanti campavano a stento di minestra, di patate e di aria aperta…” (pag. 337) e dai veicoli: “…una carrozza si fermò…” (pag. 338)

STRUTTURA DEL TESTO 1. Coincidono 2. Dialogiche: esse danno realismo alla rappresentazione 3. Un narratore esterno 4. Prevalentemente sì, anche se in alcuni punti le scelte lessicali lasciano trasparire il suo

pensiero: per es. a pag. 338 “…donna caparbia e viziata che non vuole mai aspettare…” oppure a pag. 339 “…come si porta via dal negozio il desiderato gingillo…”

5. Le due famiglie Tuvache e Vallin; la coppia borghese d'Hubières. Ritratto della ricca signora: capricciosa e viziata, abituata ad avere esaudito ogni suo desiderio, ma sinceramente desiderosa di avere un bambino, nei fatti si dimostra, probabilmente, una buona madre adottiva, poiché il ragazzo, quando si ripresenta ai veri genitori, appare sereno e ben educato

6. La madre Tuvache, che si oppone alla proposta di acquisto 7. Il tempo della vicenda copre quasi un ventennio, quindi, per dare efficacia alla

rappresentazione, è stato necessario modificarlo con sommari ed ellissi, dando maggiore evidenza invece alle scene significative

8. La tavola “…lustrata da cinquant'anni d'uso…”, il piatto fondo (unico piatto in tavola),

l'unico piatto in due della famiglia Vallin: rappresentano la povertà della loro condizione. Al contrario, la coppia borghese, e poi il loro figlio adottivo, sono connotati da oggetti lussuosi: carrozza, dolci e caramelle, catena d'oro

9. Per es. a pag. 337: “…come fanno le guardiane d'oche…” descrive l'atteggiamento materno che raccoglie il gruppo dei numerosi figli; a pag. 337: “…come una ragazzina…” e, in effetti, la signora si comporta come una bambina viziata; a pag. 339: “…come si porta via dal negozio il desiderato gingillo…” esplicito giudizio sulle abitudini della signora d'Hubières

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 337: “…la terra infeconda…campavano a stento di minestra, di patate e

di aria aperta…un po’ di carne lessa, la domenica, era una festa per tutti…”; a pag. 338: “…spaccando la legna per cuocere la minestra…”; a pag. 339: “…erano in urto coi vicini, perché la Tuvache li copriva di contumelie…Charlot, che entrava nei diciott’anni, educato in quest’idea, ripetutagli di continuo, si credeva lui stesso superiore…Da ciò derivava l’implacabile rabbia dei Tuvache, restati in miseria…”; a pag. 340: “… - Dovete esser stati proprio stupidi, per lasciar prendere il ragazzo dei Vallin!…Avrei preferito non esistere, piuttosto di essere quel che sono…Andate all’inferno, zotici!…”

10. Svolgimento libero. pagg. 347-348 “La bella serata” di A. Moravia CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Un componimento narrativo di medie dimensioni, caratterizzato da varietà dei

contenuti e delle forme

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2. Il racconto realista descrive vicende, personaggi, situazioni e ambienti in modo estremamente fedele alla realtà

3. Perché ha descritto, nelle sue raccolte di racconti, spaccati di vita delle periferie metropolitane romane

STRUTTURA DEL TESTO 1. Descrizione dei personaggi e dell’ambiente – Arrivo all’osteria e descrizione –

Ordinazione della cena – Attesa e discussione sulla scelta – Delusione per il cibo scadente – Remo canta per Gemma – Battibecco e rissa con alcuni avventori – Conclusione

2. Le sequenze prevalentemente alternano descrizioni e dialoghi. Entrambi sono strumenti descrittivi, servono a caratterizzare l’ambiente e i personaggi

3. Focalizzazione interna. Per es. a pag. 343: “…Dovevamo pensarci prima…”; a pag. 344: “…noi, come sempre avviene nei locali non attrezzati, ci abbottavamo di vino e di pane…”; a pag. 345: “…non dico che non cantasse bene, ma le canzoni erano sempre le stesse...”

4. Quasi tutti, descritti in modo ben delineato: Amilcare “…grasso e allegro…”; Adele “…una donna secca e triste…”; Gemma “…una bella ragazza bruna…”; l’oste “…un omaccione con la faccia tetra, quadrata, e gli occhi pesti e malcontenti…”; Remo “…piccoletto, con la faccia bruna e accesa, la fronte bassa tutta riccioletti neri, gli occhi strizzati e iniettati di sangue…”; un avventore “…un biondino ricciuto, basso…”. L’intento dell’autore è, evidentemente, il realismo

5. L’oste, grande e grosso, torvo e scontento, è un tipo, quello del bettoliere svogliato e indifferente al benessere dei clienti. Il personaggio, come tutti gli altri, è statico, perché deve rappresentare un esempio emblematico della realtà descritta

6. ESPRESSIONE DEL TESTO IMPRESSIONE CHE COMUNICA

“…c’era un primo stanzone coi tavoli di marmo…da un tramezzo…”

ambienti ampi, ma con una certa promiscuità tra chi desidera mangiare con calma e chi, invece, entra solo per bere del vino ⇒ scarsa attenzione nei confronti del cliente

“…da una parte la cucina, dall’altra la trattoria vera e propria con cinque o sei tavoli con le tovaglie…”

struttura popolare delle case del quartiere: non grandi e adattate in qualche modo ad esercizio commerciale ⇒ presumibilmente si sentiva odore stantio di cibo

“…segatura in terra, intonaco scrostato alle pareti, seggiole sgangherate, tavoli idem, tovaglie rammendate, bucate, e per giunta sporche…”

povertà dell’offerta, scarsi guadagni, scarsa pulizia ⇒ probabilmente si mangia male

“…freddo: intenso, umido, di grotta…” povertà della struttura ⇒ scarsa attenzione nei confronti del cliente, scarsi guadagni

7. Per far sì che il lettore abbia quasi l’impressione di partecipare in diretta alle situazioni 8. Il lessico è colloquiale, come quello dei protagonisti, sia, com’è ovvio, nei dialoghi, che

nelle parti narrative, che non risentono della presenza del narratore (il quale, oltretutto, è interno). Anche la sintassi, prevalentemente paratattica, rende la prosa vicina al parlato. La scelta di forte presenza del discorso indiretto libero rafforza l’effetto realistico

RIFLETTI SUL TESTO 1. Alcune frasi dei personaggi, come per es. a pag. 343: “…«Aho, giovanotti, voglio farmi

una mangiata numero uno»...”; oppure a pag. 344: “…tu vuoi mangiare ma non vuoi spendere…”; “…«Ma che fumo…di fumo il mio brodo? …il fumo ce l’ha lei nella

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testa»...”; e anche le abitudini di Remo a pag. 345: “…con voce appassionata, scivolosa, insinuante. Le sue canzoni, poi, hanno tutte le rime in «ore»: dolore, cuore, amore…” e la reazione degli altri avventori: “…uno si mise a cantare rifacendo il verso a Remo e un altro…imitò il verso del gatto…”; la risposta di Sirio: “…non ti occupare di certa gente ignorante e maleducata…”; la degenerazione in rissa: “…Il biondino disse: «Ma tu chi sei? Che vuoi?...”

2. Nel racconto è presente una certa autoironia (per es., a pag. 343 la scena del tentativo inutile di farsi riconoscere dall’oste da parte dell’amico che ha scelto la trattoria: “…«Sor Giovanni, si ricorda di me?»…«Mi chiamo Serafino e non Giovanni»…”), la volontà di divertire con il racconto di una serata finita male (a pag. 343 “…il primo errore fu…il secondo…”), ma il narratore non esprime nessun giudizio sull’estrazione sociale dei personaggi, perché egli è uno di loro.

pag. 357 “L’andata” di B. Fenoglio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Descrivere la realtà mettendo il lettore in grado di trarre autonomamente le sue

conclusioni; descrivere per cercare di cambiare la realtà; attirare l’attenzione di chi legge su situazioni di ingiustizia o disuguaglianza; denunciare le condizioni di vita delle classi più deboli o l’esagerata ricchezza di classi superiori o l’atteggiamento di incomprensione tra ceti sociali

2. Nel XIX secolo 3. Egli narra le vicende di partigiani-contadini delle Langhe durante la Resistenza,

descrivendole senza retorica, con linguaggio semplice, che adotta spesso un registro attinto dal dialetto piemontese

STRUTTURA DEL TESTO 1. Focalizzazione esterna 2. Coincidenti 3. Bimbo è un giovane entusiasta e tracotante; deciso a dimostrare il loro valore, non vede

l’ora dell’azione (per es. a pag. 350: “…A metà tra Mango e Neive...l’un tornante e l’altro sono congiunti da scorciatoie diritte e ripide come scale. Bimbo le sfruttava tutte, al fondo si fermava a guardar su se gli altri quattro le sfruttavano…”; a pag. 351 “…- Ehi, partigiano delle balle! Guarda noi e impara come si fa il vero partigiano!...”). Negus è il capo del piccolo gruppo, e, come tale, ha un comportamento responsabile e prende le decisioni in modo razionale (per es. a pag. 350 egli guida e modera i comportamenti dei suoi ragazzi: “…Negus capiva che adesso quei quattro cominciavano a far progetti sul maresciallo e finivano col perdere la nozione di quello che dovevano fare in quel mattino. Così disse...”; o anche a pag. 351, dopo l’avvertimento circa la presenza della cavalleria: “…Negus disse niente ma allungò il passo…”; oppure a pag. 353: “…Negus calò la mano sul moschetto di Biagino e disse: - Basta. Tanto non li coglieresti. Non hai mai avuto il polso fermo…”)

4. Morgan è il capo della formazione partigiana da cui dipende il piccolo gruppo che compie l’azione; essi tendono ad essere indisciplinati e ad essere insofferenti per le decisioni del comando generale

5. Alcuni vedono con favore le azioni dei partigiani e li aiutano (come per es. il vecchio a Treiso, pag. 351: “…- Andate verso Alba, o patrioti?...Allora, quando siete al piano, lasciate la strada e mettetevi per la campagna. Si cammina meno comodi ma siete

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anche meno al pericolo…A quest’ora la repubblica di Alba manda sempre fuori la sua cavalleria…”; o a pag. 355: “…Uno si calò per una ripa...- Di’, partigiano, lo ammazzate? – Sicuro che lo ammazziamo. L’altro guardò la schiena del sergente, poi disse: - Mi piacerebbe andare a sputargli in un occhio…”); altri si dimostrano spaventati o, comunque, non partecipi (come per es. la famiglia dell’oste o la gente del paese, a pag. 355: “…Al loro passaggio, i cani alla catena latravano e la gente delle cascine si faceva cauta sull’aie a spiare in istrada. I più vecchi, vedendo il repubblicano e riconoscendolo, cercavano di ritirarsi e non facendo in tempo s’irrigidivano a guardare impassibili. Ma poi, passato il sergente, si voltavano ai cinque e battevano le mani, ma solo la mossa facevano e non il rumore…”)

6. Sono delle figure a tutto tondo, ciascuno con le sue peculiarità ben delineate, perché sono reali

7. Da Mango a Neive verso Nord, da Neive a Treiso verso Sud e poi verso Alba fino all’osteria tra i due paesi

8. La guerra partigiana del 1943-45 dopo la caduta del Fascismo e la formazione della Repubblica di Salò alleata dei Nazisti

9. L’azione dura una mattinata, dalle cinque fino oltre l’alba; il periodo dell’anno è indicato chiaramente a pag. 352, quando Biagino, Colonnello e Bimbo citano la caduta della città di Alba del novembre 1944: “…- Pensare che solo due settimane fa c’eravamo noi dentro e loro erano di là…”

10. In contrasto con l’apparente semplicità discorsiva, il linguaggio accosta, nella stessa pagina o nella stessa frase, vocaboli o espressioni appartenenti al linguaggio colto e, al contrario, termini attinti al dialetto piemontese. Per es. a pag. 352: “…Puntò il dito verso tre uomini in arme che incedevano giù nel viale di circonvallazione. Il viale era lontano e basso e c’era in aria quel brusìo che di giorno sale dalle città, ma loro cinque sentivano distintamente la cadenza di quei tre sull’asfalto. Biagino inghiottì saliva e disse: - È una ronda. Io che ho il moschetto di qua potrei sparargli…”. Al registro colto appartengono le parole incedevano, brusìo, distintamente, cadenza, a quello popolare espressioni come loro cinque, Io che ho il moschetto di qua potrei sparargli

11. Le similitudini sono rare, e di solito sono riferite a dati reali: per es. “come un domestico” a pag. 349; “come scale” a pag. 350; “come nuovi” a pag. 352; “come al banco del tirasegno” a pag. 356

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché si riferisce all’andare alla morte 2. Per Fenoglio gli uomini che combatterono contro i nazifascismi non erano figure

eccezionali, dotate di particolari doti, bensì persone come tutti, con i loro limiti umani. Si veda per es. la descrizione della tracotanza di Bimbo, quando insulta immotivatamente la sentinella del presidio di Neive (a pag. 351: “…- Ehi, partigiano delle balle! Guarda noi e impara come si fa il vero partigiano! A far la guardia a Neive ti credi d’essere un partigiano? Fai un po’ come noi, brutto vigliacco, che la repubblica andiamo a trovarla a casa sua...”) o, addirittura, il “bisogno” di Colonnello, che smorza decisamente qualsiasi tono epico alla situazione (a pag. 352: “…Aveva voglia di andar di corpo, ma non pensava a fermarsi per paura di rimanere indietro tutto solo...”). Del resto, anche la rappresentazione dei nemici è priva di connotazione ideologica: si tratta di “…quattro o cinque soldati poco più che ragazzi…” agli ordini di un quieto e un po’ vanitoso sergente, desideroso solo di andarsi a bere un po’ di vino (pag. 353). La frase emblematica sembra essere quella di Negus a pag. 351: “…Questo mondo è fatto per viverci in pace…”

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pagg. 363-364 “Il mantello” di D. Buzzati CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Agli inizi dell’Ottocento, in Germania, durante il Romanticismo, che diffuse il gusto

per narrazioni con atmosfere misteriose e personaggi inquietanti, in opposizione al razionalismo illuminista

2. Mentre la fiaba si svolge in epoche e luoghi indeterminati e presenta una conclusione a lieto fine, il racconto fantastico è attento alla caratterizzazione dei luoghi e dei personaggi, racconta vicende spesso dall’esito infelice o comunque inquietanti, che disorientano e spaventano il lettore

3. Per avvincere e legare il lettore senza concedergli distrazioni STRUTTURA DEL TESTO 1. Per es. a pag. 359: “...volavano cornacchie...”; a pag. 360: “...come un prodigio...” e

“...dava sensazione di nero...” 2. Narratore esterno, con focalizzazione prevalentemente interna (il punto di vista è quello

della madre) 3. Alto, bello e fiero, ma pallido e stanco. Affettuoso, ma distratto da qualcosa che lo

tormenta; felice di rivedere la madre, ma intristito da qualcosa; inquieto e timoroso di svelare un segreto

4. È felice di rivedere il figlio, per la cui vita temeva, ma subito si accorge con inquietudine che qualcosa non va. Il suo amore si dimostra assillante nelle sue ripetute domande per capire che cosa c’è di strano in lui

5. Quasi piatte, anche se dettagliatamente connotate, perché sono emblematiche dell'amore materno e filiale

6. In una casa indefinita, solo alla fine appare la prateria verso le montagne 7. No, è indeterminato e irreale 8. I colloqui sono espressi prevalentemente con discorso diretto; i pensieri della madre

con discorso indiretto libero (per es. a pag. 360: “...Ormai era tornato...Ma con la mamma, come poteva vergognarsi...”

9. Il vocabolo “mamma”, poche volte sostituito da “madre”, ha una sua spiegazione intrinseca alla vicenda. Il termine “mantello”, che la madre si ostina a fargli togliere, crea sul motivo del diniego una notevole attesa: che cosa nasconde? Le domande della madre sono, in genere, assillanti, come la sua preoccupazione crescente (per es. a pag. 359-360: “…«Sei pallido, sei» Era alquanto pallido, infatti…anche se un po’ troppo pallido…«Devi uscire? Torni dopo due anni e vuoi subito uscire …Devi uscire subito?» …”; “…«Ma un bicchiere di vino? glielo possiamo portare, no, un bicchiere di vino?» …”; oppure a pag. 361: “…«Sei qui finalmente, sei qui finalmente!» …”; “…«Sei contento, Giovanni? sei contento?…»”; “…«Giovanni…Che cos’hai? che cos’hai, Giovanni?» …” “…«Ma torni più tardi? torni?» …”)

10. Sì, per es. a pag. 360: “...come un prodigio...”; “...come se temesse qualcosa...”; a pag. 361: “...come chi ha desiderio di conchiudere...”. Esse sottolineano la stranezza del comportamento del protagonista

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per far cadere l'attenzione del lettore su un elemento fondamentale del mistero 2. Per es. a pag. 359 “...Ecco il momento aspettato per mesi e mesi, così spesso balenato

nei dolci sogni dell’alba, che doveva riportare la felicità...” e a pag. 360 “...in mezzo ai turbini della grandissima gioia, una pena misteriosa ed acuta...Le pene sembravano finite, ecco invece subito una nuova inquietudine...” le frasi preannunciano il dramma finale. A pag. 361 “…egli posò lo sguardo sulle sue gracili spalle, sguardo di

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inesprimibile tristezza…” e a pag. 362: “...«Oh, Giovanni, creatura mia, cosa ti hanno fatto»...” le frasi sottolineano la tragedia dell’amore materno/filiale travolto e distrutto dalla morte

3. Per es. la morte irrompe brutalmente nella realtà, soprattutto se si pensa a un figlio di vent'anni

pag. 369 “Il drammatico risveglio di Gregorio Samsa” di F. Kafka CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Il racconto fantastico presenta vicende, situazioni e contesti apparentemente reali, ma

caratterizzate da aspetti inspiegabili, misteriosi o inquietanti 2. Il letto, la stanza, il tavolo, la foto ritagliata dal giornale, la sveglia sul cassettone, la

mamma che bussa sono elementi di realtà quotidiana…ma egli si è trasformato in un orribile insetto, con zampe, ventre e dorso di scarafaggio

3. Lo scopo della narrazione fantastica può essere quello di evadere da una realtà storica vissuta come deludente o conflittuale; oppure quello di presentare la fantasia come strumento di conoscenza della condizione umana o mezzo di espressione artistica superiore alla razionalità; oppure ancora quello di rappresentare il lato più nascosto dell’animo umano; o semplicemente per stupire ed emozionare i lettori

STRUTTURA DEL TESTO 1. Per permettere una rappresentazione efficace del dolore di Gregorio 2. Per es. a pag. 365: “…a occhi chiusi per non vedere tutte quelle gambe guizzanti…E

ora, che fare? …”; o a pag. 366: “…Che il cambiamento di voce non fosse se non il presagio di un violento raffreddore, la malattia professionale dei viaggiatori di commercio, di questo egli non aveva il menomo dubbio…”

3. Egli svolge un lavoro che non ama, faticoso e monotono: per es. a pag. 365 “…che mestiere gravoso ho mai scelto! Ogni giorno viaggiare! Preoccupazioni d’affari molto più gravi che quando avevamo negozio noi…l’affanno delle coincidenze, i pasti cattivi a ore irregolari, e coi propri simili delle relazioni che mutano sempre, che non durano mai, che non divengono mai cordiali…”, che egli svolge per necessità, per sostenere la famiglia “…Se non mi frenassi per amore dei miei genitori, già da un pezzo mi sarei licenziato…”

4. Gregorio ama la sua famiglia, che si preoccupa per lui: per es. a pag. 366 “…«Gregorio», si udì – era la mamma…La voce soave!…subito il padre picchiò a una delle porte laterali…«Gregorio, Gregorio!» gridò «che c’è?». E dopo un istante ammonì di nuovo, con voce più profonda: «Gregorio, Gregorio!». All’altra porta laterale la sorella piagnucolò piano: «Gregorio, non stai bene? Hai bisogno di qualche cosa?» …”

5. Dinamico: egli è descritto minuziosamente, sia nei suoi sentimenti da commesso viaggiatore che nelle nuove, straordinarie emozioni da insetto

6. L’uomo è un po’ burbero, forse, e, comunque, Gregorio ne teme i rimproveri in caso di richiamo da parte del principale

7. La stanza è piccola, spoglia, triste, grigia, ossessiva: anche il personaggio conduce una vita triste, ripetitiva, si accontenta di arredare la sua stanza con foto ritagliate dal giornale, è un uomo senza ambizioni, ossessionato dal lavoro e dagli orari

8. Il tempo della storia scorre sull’onda di lunghezza delle sensazioni e riflessioni del personaggio

9. Mediante discorso indiretto libero 10. Gregorio essere umano si sveglia “malinconico” come il tempo fuori dalla finestra, vive

in particolare il lavoro “con affanno”, e quel giorno “non si sentiva né molto fresco né

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molto in gamba”, anche se “non era mai stato malato neppure una volta”. Ha spesso “prudente abitudine”, e il cambiamento lo fa diventare “inferocito”. Come scarafaggio è “un insetto mostruoso”, con il “…ventre bruno convesso solcato da nervature arcuate…”, “…coperto di puntini bianchi…”, e “…innumerevoli zampine ininterrottamente vibranti…”, scopre di potersi esprimere solo con un “…pigolio doloroso…”. Sembrano due gruppi di definizioni quasi equivalenti, anche se leggermente prevalgono le caratteristiche umane, che rappresentano la condizione di squallore della vita del personaggio. L’autore non insiste troppo sull’aspetto mostruoso dell’insetto

RIFLETTI SUL TESTO 1. Sì, si dice che il cielo è “tetro” e piove, inoltre c’è la nebbia. Il tempo è grigio e triste

come la vita di Gregorio; la nebbia può forse essere utilizzata come simbolo dell’impossibilità a capire che cosa gli è accaduto

2. Per es. a pag. 365 “…il resto divenne difficile, soprattutto perché egli era divenuto così smisuratamente largo…non aveva che le innumerevoli zampine ininterrottamente vibranti e che non sapeva dominare…”; oppure “…vide di nuovo le sue zampine lottare l’una contro l’altra con accanimento ancor maggiore…”

3. Svolgimento libero. pag. 373 “Un osso di morto” di I. U. Tarchetti CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Spesso è esplicitato il narratario, inoltre si avvale di focalizzazione interna per

coinvolgere il lettore e, per non concedere distrazioni, esso ha un’estensione breve 2. Ebbe una grande diffusione durante il Decadentismo nella forma del surreale, adatto a

rappresentare il senso di smarrimento dell’uomo novecentesco 3. Iginio Ugo Tarchetti, Arrigo Boito, Massimo Bontempelli, Dino Buzzati… STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno (il protagonista) con focalizzazione interna (anche se nell'incipit

preannuncia un fatto “inesplicabile”) 2. Per coinvolgerlo e spaventarlo 3.

Reale Mistero gli studi di anatomia e l'uso di ossa come soprammobili; la bettola dove il protagonista si ubriaca; la portinaia che lo sveglia

le sedute spiritiche e la comparsa di fantasmi; la scomparsa della rotula

4. Il protagonista-narratore è uno studente di disegno in una scuola di Pavia, dove, per non

sembrare pusillanime, accetta di frequentare le lezioni di anatomia del professor Federico M., malgrado gli ripugnino. È impaurito riguardo a tutto ciò che ha a che fare con il soprannaturale e superstizioso riguardo alle ossa che egli conserva

5. È un fantasma-tipo: indossa il classico lenzuolo bianco, è preceduto e seguito da rumori assordanti, ecc...

6. Tempo della vicenda e tempo del racconto inizialmente sono diversi: nella prima parte (pag. 370) si nota la presenza di numerosi sommari ed ellissi (per es. “...si trovava già collocato da undici anni sul mio tavolino...), anticipazioni (“...nel modo inesplicabile che sto per raccontare...”) e flashback (“...Aveva conosciuto a Milano nella scorsa

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primavera...”). Poi, dalla prima comparsa del primo fantasma, i due tempi sostanzialmente coincidono (a parte il sommario nella scena della bettola e “...Durai non so quanto tempo...” a pag. 372). Il tempo della scrittura è quello dello scrittore (all'inizio cita il 1855 come data di trasferimento a Pavia, undici anni dopo accadono gli avvenimenti narrati)

7. Il luogo (Pavia) e gli ambienti (il salottino della seduta spiritica, la bettola, la camera da letto) sono solo accennati: evidentemente sono elementi di secondo piano nella vicenda, che punta a sottolineare gli aspetti macabri

8. Si utilizzano termini medico-anatomici (“rotella” “femore” “fibula”...) all'interno di un lessico medio

RIFLETTI SUL TESTO 1. O si accetta la possibilità di avere contatti con persone morte, oppure si cerca una

spiegazione razionale per la scomparsa della rotula (per es. il fermacarte è stato buttato via per errore durante le pulizie)

2. Ciascuno di noi può essere attratto da una seduta spiritica, anche solo per curiosità, con conseguenze imprevedibili (o ridicole o prevedibili)

pagg. 379-380 “Il suo primo ballo” di K. Mansfield CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un racconto che descrive e analizza l’animo dei personaggi, per rappresentarne i

conflitti interiori oppure il tipo di rapporti che essi hanno con il mondo esterno 2. Perché racconta le emozioni e le sensazioni della protagonista 3. Verso la fine dell’Ottocento, insieme con la sensibilità romantica, per evidenziare

l’importanza dei sentimenti nella vita dell’uomo STRUTTURA DEL TESTO 1. Una ragazza si reca al suo primo ballo, provando nuove sensazioni e imparando cose

nuove, che nella sua immaginazione diventano meravigliose 2. Le sequenze riflessive: lo scopo del racconto è quello di analizzare le emozioni della

protagonista 3.

Viaggio in carrozza Leila è felice perché sta vivendo un'importante novità, ma diventa triste se pensa che nessuno dei suoi cavalieri arrivi e lei debba solo guardare gli altri ballare

Primi due balli Leila è contenta perché si diverte, ma è un po' perplessa perché i cavalieri ripetono sempre le stesse frasi

Ballo con l'uomo grasso Leila è contenta perché finalmente si parla d'altro, ma diventa triste perché lui le ricorda che anche lei invecchierà

4. Inizialmente Leila appare timida e ritrosa (per es. a pag. 375: “...aveva supplicato sua

madre di telefonare ...che le era proprio impossibile andare...”), ingenua (per es. a pag. 376: “...sembrava una cosa così laboriosa che Leila era confusa...”) e romantica (per es. a pag. 375: “...Le sarebbe piaciuto conservare quella carta velina per ricordo...”); ma poi si dimostra entusiasta dell’esperienza che sta per vivere (per es. a pag. 376: “...si disse col fiato sospeso: «È meraviglioso, semplicemente meraviglioso!»...”)

5. I cugini (Meg, Jose, Laura e Laurie), che l’accompagnano, presentandola a tutti; i cavalieri che la invitano a ballare

6. Per es. a pag. 375: “...sul marciapiede coppie gaie parevano fluttuare nell'aria; tante scarpette di satin s'inseguivano come uccellini...”; a pag. 376: “...una grande ondata di

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musica che si rovesciò sul pavimento luccicante...” e “...Le azalee non erano più dei fiori isolati: erano bandiere bianche e rosa...”

7. Per es. a pag. 375: “...si dimenticò che mentre si vestiva...”; a pag. 376: “...Che cosa aspettavano? Se ne stavano lì...”; “...come se solo allora avessero deciso che erano lì proprio per quello...”

8. Mediante discorso indiretto libero (per es. a pag. 375: “...Mio Dio, com'era difficile...”); soliloquio (per es. a pag. 376: “...Perché non incominciavano? Che cosa aspettavano?...”); discorso diretto e diretto libero (per es. a pag. 376: “...«È un buon pavimento, vero?» le sussurrò...«Prego?»...”)

9. Una metonimia RIFLETTI SUL TESTO 1. A pag. 375 la cugina Laura viene paragonata a un fiore: “…la testolina scura di Laura

che usciva dal collo di pelliccia bianca come un fiore dalla neve…” tutte le ragazze sono giovani ragazze “in fiore”; le azalee che adornano la sala da ballo sono descritte con gli occhi di Leila che gira nel ballo, così da trasformarsi: “...Le azalee non erano più dei fiori isolati: erano bandiere bianche e rosa...” (pag. 376)

2. Per es. a pag. 375: “...Ma era tutto così nuovo, emozionante...”; a pag. 377: “...Com'erano belli i gelati sui piattini...”; a pag. 378: “...Ma dentro di lei una bambina si buttò il grembiulino sulla testa...”

3. Svolgimento libero. pag. 384 “Any where out of the world” di A. Tabucchi CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Fabula molto semplice e predominanza delle sequenze riflessive; narratore interno o

con focalizzazione interna; utilizzo del discorso indiretto libero o del monologo interiore o del flusso di coscienza

2. Descrivere il modo in cui l’uomo si rapporta alla realtà, rappresentare il senso di smarrimento dell’uomo contemporaneo, la sua difficoltà ad avere rapporti con gli altri, la sua solitudine

3. I temi preferiti da Tabucchi, tra cui in questo racconto è un buon esempio, riguardano soprattutto la difficoltà a capire la realtà che ci circonda, spesso dominata dalla casualità

STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno, che coincide col protagonista 2. Spesso l’io narrante si rivolge a se stesso: per es. a pag. 380 “…Ma perché sta

succedendo a te? Questo ti chiedi…” e poi a pag. 382: “…Anche tu parli con te stesso, prima dentro di te, in silenzio, e poi chiaramente…”

3. Egli è un uomo disincantato, inquieto, colto, che dice di sé di essere distratto. Fuggito lontano da un sottile dolore, crede inutilmente di poterlo affondare in una città diversa, dove invece esso si ripresenta, sotto forma di annuncio sul giornale. Egli è sconvolto dalla casualità dell’avvenimento, che suscita in lui ricordi e riferimenti letterari

4. Per es. a pag. 380 “…Ah, il velo delle parole, che pena…”; “…il mondo perde i

contorni, tutto entra in un’opacità sorda, si spenge tutto…” e a pag. 381: “…le luci si sono di nuovo accese per i tuoi occhi e il tuo ricordo…”; e anche a pag. 382: “…vaghi passanti attardati, nottambuli distratti, anime inquiete che portano a passeggio i loro corpi insonni conversando con se stessi…”

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5. A pag. 380: “…è un’orribile coincidenza…è solo un caso, un piccolo caso fra i miliardi di casi…è una frase dislocata, un piombo non fuso rimasto in tipografia…”; “…mi hanno dato un giornale vecchio…”; a pag. 381: “…Pensi ancora: è una coincidenza…”; a pag. 382: “…Non è possibile, nessuna sa che sono qui…è solo una frase che tanta gente conosce, una altro lettore di Baudelaire che comunica…”

6. Per es. a pag. 380: “…è solo un caso, un piccolo caso fra i miliardi di casi che ci sono al mondo, una cosa che sta succedendo. Ma perché sta succedendo a te?…”; a pag. 381: “…la frase si trascina dietro, come un fiume in piena trascina i detriti, rottami di parole che la tua memoria va ordinando…”; “…E inarrestabile, come se possedesse una voce propria dentro la tua memoria, quasi come una appiccicosa cantilena infantile della quale credevi di esserti sbarazzato solo perché era stata inghiottita dal passato, ma che non era scomparsa…la misura di quelle pagine si risveglia…un getto travolgente che ti trasporta con sé, nei suoi gorghi, non vale la pena resistere…”; a pag. 382: “…come se fosse plausibile che la ruota del destino possedesse degli stereotipi…”; “…è colpa delle cose, che vogliono così, chissà cosa guida le cose…”

7. A Lisbona, che viene descritta in modo realistico e dettagliato, per far risaltare la stranezza della vicenda

8. Discorso diretto libero (per es. a pag. 380 “…Ma perché sta succedendo a te? Questo ti chiedi…”); monologo interiore (quasi tutte le riflessioni, per es. a pag. 381: “…Pensi ancora: è una coincidenza. Ma una coincidenza con cosa? È una coincidenza impossibile, perché è una seconda coincidenza…”)

9. Per la sua lunghezza 10. Mette chiarezza sui suoi pensieri e sentimenti RIFLETTI SUL TESTO 1. A un fiume in piena che trascina i detriti, cioè i ricordi 2. Per es. a pag. 380: “…Ah, il velo delle parole, che pena…”: egli è un uomo

disincantato, che tutto ha già visto e che non si stupisce di niente. Le citazioni di Baudelaire, come per es. quella a pag. 381: “…Cette vie est un hôpital où chaque malade est possédé du désir de changer de lit… » : la sua inquietudine nasce dall’interno, ma egli crede di poter star meglio cambiando spesso dimora

3. Svolgimento libero pag. 388 “Un’assenza” di N. Ginzburg

CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché l’analisi dettagliata dei personaggi, inserendo larghi brani di rappresentazione di

emozioni e sentimenti, crea un tipo di narrazione diversa da altri 2. Perché ha fatto comprendere l’importanza della vita interiore e la relatività di ciò che

appare all’esterno 3. Anton Checov, James Joyce, Franz Kafka, Katherine Mansfield, Arthur Schnitzler STRUTTURA DEL TESTO 1. No, sono scarni: Maurizio si veste, cena ed esce 2. Un narratore esterno 3. Focalizzazione interna, per es. a pag. 385: “...scelse un volume di poesie francesi

moderne, che ad Anna piacevano, e si annoiò. Lui preferiva...”; a pag. 386: “...Così si trovò solo davanti alla tavola, e scoprì per la prima volta che una tavola dopo che si è mangiato ha qualcosa di triste...”; oppure a pag. 387: “...ma non mi getterei nel fiume, così scuro e sporco. Tutta la spazzatura della città. Anna dice che sono schifiltoso...”

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4. Debole, inetto, senza volontà, infantile, tenero e affettuoso con il figlio 5. Vivace, decisa, pratica 6. Perché i personaggi sono profondamente diversi 7. Un giorno 8. Le azioni sono scarsissime, prevalgono nettamente i pensieri del protagonista 9. Per es. a pag. 385: “...Buona gente, diceva. Quando diceva così...”; a pag. 386: “...S'era

messo a raccontare, raccontare. La sua infanzia! Così viva...”; a pag. 387: “...Chi sa come sarebbe stato Villi da grande?...”

10. Una mescolanza di tempi narrativi e tempi commentativi (nei monologhi interiori) RIFLETTI SUL TESTO 1. Secondo la psicoanalisi, Peter Pan rappresenta l'io-bambino, che in Maurizio è ben

sviluppato anche se è adulto 2. Il suo senso di inferiorità nei suoi confronti, la sua sudditanza ad una donna forte 3. Svolgimento libero.

U.D.3 – Il romanzo e i suoi sottogeneri pag. 401 “I dolori del giovane Werther” di J.W. Goethe CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Una narrazione per mezzo di lettere, scritte da uno solo o più personaggi 2. Le lettere scritte da più personaggi presentano spesso i fatti da punti di vista differenti,

oppure, se scritte da un solo personaggio, presentano i fatti da suo punto di vista. Ci può essere però un curatore della raccolta, che interviene a spiegare alcuni punti della vicenda

3. Samuel Richardson STRUTTURA DEL TESTO 1. Esordio: ringraziamento a Dio - Descrizione del cielo stellato e ricordi - Invocazione a

Lotte(1) -Disposizioni per la sua morte(1) - Invocazione a Lotte(2) - Disposizioni(2) - Conclusioni

2. Disposizioni sulla sua sepoltura e Invocazioni a Lotte: entrambe aumentano il pathos 3. Werther è un giovane dominato dalla passione: i sentimenti sono al centro della sua

vita; è sensibile, mal inserito nella società borghese che egli disprezza 4. È solo, ma amato da tutti, che giungono piangenti al suo capezzale; come tutti i suicidi,

non viene benedetto prima della sepoltura (per divieto ecclesiastico) 5. Il ritratto di Carlotta e il suo fiocco: ella è lo scopo della sua vita 6. Le pistole, il sangue sulla spalliera della sedia, i suoi abiti, il bicchiere di vino bevuto

prima di suicidarsi, il leggìo aperto su un famoso dramma d'amore: ogni oggetto rappresenta il dramma vissuto dal protagonista o un aspetto del suo carattere

7. Con un colpo di pistola alla tempia, di sera, a casa sua, seduto alla scrivania. Lo si viene a sapere dalla aggiunta dell’Editore

8. La scelta dei vocaboli predilige le emozioni; si notano numerosi puntini di sospensione e punti esclamativi; spesso le frasi sono invocazioni (a Dio, a Lotte) enfatiche

RIFLETTI SUL TESTO 1. Svolgimento libero 2. È il “motore” della vita, al centro di ogni pensiero e comportamento; senza di esso non

si può vivere.

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pagg. 404-405 “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di U. Foscolo CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Nel '700 2. Perché l’epoca fu caratterizzata da grandi viaggi e dal conseguente uso frequente di

corrispondenza 3. No, è infrequente STRUTTURA DEL TESTO 1. Mittente: Jacopo Ortis; Destinatario: Lorenzo Alderani; Colli Euganei; 11 Ottobre

1797 e 26 Ottobre 1797 2. A pag. 402. La lista di proscrizione per i ricercati dalla polizia austriaca; le lotte tra gli

stati italiani prima dell'unificazione; Venezia; il clima famigliare della visita alla famiglia di Teresa

3. Focalizzazione interna. Per es. a pag. 402: “...il mio sciagurato paese...”; “...Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere...”; a pag. 403: “...Lo spettacolo della bellezza basta forse ad addormentare, in noi tristi mortali, tutti i dolori?...”

4. Il dolore provocato dalla necessità dell'esilio. L'incontro con Teresa e l'immediato innamoramento

5. Un uomo di forti sentimenti e di grandi ideali; desideroso di giustizia e ribelle contro chi non la attua; che ama la sua patria e partecipa con grande emozione alle vicende politiche; un uomo che si sente perseguitato e deluso dalla realtà

6. Un uomo passionale, che vive la bellezza come una consolazione dai dolori della vita 7. Una donna bella e gentile, affettuosa con i suoi famigliari, che dispensa serenità

intorno a sé 8. Il ritmo cadenzato dà maggior enfasi al dramma 9. Nella prima lettera lo stile è retorico, enfatico, ridondante e ricercato nel lessico (per

es. a pag. 402: “…la vita, seppur ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere…”). Nella seconda il lessico diventa più essenziale e nella sintassi prevale la paratassi (per es. a pag. 403: “…come se volesse farmi sentire che gli mancava sua moglie. Non la nominò. Si ciarlò lunga pezza…”)

RIFLETTI SUL TESTO 1. Patria-madre; vita-morte; bellezza-amore-dolore 2. No, è un'illusione destinata ad aver fine: a pag. 403 “...unica, certo, e chi sa! Fatale...” 3. Svolgimento libero. pag. 407 “Caro Michele” di N. Ginzburg CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché la finzione del carteggio dà l'idea di una documentazione direttamente ricavata

dalla realtà 2. Perché deve ricostruire la vicenda attraverso una miriade di informazioni che lo

costringe a un'attenzione costante STRUTTURA DEL TESTO 1. Mittente: Michele; Destinatario: sua sorella Angelica; Leeds; 27 marzo e 5 aprile 1971

Mittente: Angelica; Destinatario: Michele; Roma; 2 aprile e 8 aprile1971 2. Prevalente focalizzazione interna. Per es. a pag. 405: “...Quando alla nostalgia viene a

mescolarsi la repulsione...”; e a pag. 406 “...Ci sono dei periodi in cui si sta bene con gli sconosciuti...”

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3. Sì, tranne quando cita informazioni sulla situazione di Mara 4. La nostalgia e l'incomunicabilità con la moglie, con la quale vive un rapporto infelice 5. La situazione difficile di Mara, gli ospiti da Boston, Bruges 6. Tormentato (“…se venissi, voi mi osservereste, avrei i vostri sguardi fissi su di me…”

pag. 405), infelice, solo (“...Ci sono dei periodi in cui si sta bene con gli sconosciuti...” pag. 406), vive il disagio dell'allontanamento dalla famiglia e dagli amici (“…Quando alla nostalgia viene a mescolarsi la repulsione, succede allora che i luoghi e le persone che amiamo li vediamo situati in una grande lontananza…” pag. 405)

7. Saggia, comprensiva (“…Forse dovrei sdrammatizzare questa tua lettera…” pag. 406), disponibile (“…Potrei venire io a trovarti, se non vieni tu…” pag. 406)

8. Colloquiale, semplice, famigliare RIFLETTI SUL TESTO 1. Angelica, perché immediatamente si rende disponibile ad aiutare il fratello, malgrado

abbia dei problemi (“...Io pure attraverso un momento difficile...” pag. 406). Michele prima chiede aiuto, la spaventa, e poi rifiuta il suo aiuto ( “...ti mancano alcuni elementi essenziali...” pag. 407)

2. Forse pensa che i legami famigliari e affettivi non siano un possesso pag. 417 “Ivanhoe” di W. Scott CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È una narrazione ambientata in un'epoca antecedente a quella dell'autore, che può

riguardare fatti reali o di fantasia 2. Il fatto che sia un componimento misto di storia e di invenzione 3. Sì, di solito nella forma della biografia romanzata di un personaggio famoso STRUTTURA DEL TESTO 1. Esterno, onnisciente 2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 412: “...guai che stavano per venire...”; a pag. 414:

“...qualità mutata poi nell'arroganza e nel fasto che, alla fine, causarono la soppressione dell'ordine...”

3. Sì, soprattutto nelle descrizioni degli avvenimenti storici del contesto, su cui si esprimono pareri e si forniscono interpretazioni. Per es. il Duca d'Austria viene definito “...perfido e crudele...”; oppure si citano le conseguenze politico-sociali dovute alla presenza dei reduci dalle Crociate: “...fuorilegge che...ponevano tutte le loro speranze di fortuna in una guerra civile...”

4. Viene sommariamente descritto di aspetto fisico esile, di statura media 5. Si comporta nobilmente, dimostra coraggio e rispetto per la nobiltà presente 6. È un tipo: incarna tutte le virtù cavalleresche ideali 7. Forte, fiero, coraggioso, ma anche arrogante, presuntuoso, orgoglioso e irascibile 8. Circondata da un bosco, su di un prato pianeggiante, l'area era rettangolare, delle

dimensioni di un quarto di miglio X un ottavo, con gli angoli arrotondati e due aperture per il passaggio. Su una piattaforma dietro uno dei due ingressi erano allestiti cinque padiglioni per i cavalieri. Davanti all'altro ingresso c'era un recinto per i cavalieri disposti a entrare in lizza con gli sfidanti. Gli altri lati del recinto erano occupati da tribune riparate da tende e coperte di tappeti e cuscini per ospitare le dame e i nobili. Una delle tribune era più alta delle altre, sfarzosamente adornata e fornita di un trono con baldacchino con lo stemma reale. Sul lato opposto ce n'era una simile, ma meno sontuosa, destinata al Principe. Un breve spazio oltre le tribune era dedicato agli altri spettatori

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9. Per es. a pag. 412: “...guai che stavano per venire...”; a pag. 414: “...qualità mutata poi nell'arroganza e nel fasto che, alla fine, causarono la soppressione dell'ordine...”. Il narratore intende guidare il giudizio del lettore

RIFLETTI SUL TESTO 1. Re Riccardo Cuor di Leone, il Duca d'Austria (l'imperatore Enrico VI di Germania), il

principe Giovanni (detto Senzaterra), il re di Francia Filippo II, Goffredo Plantageneto e il figlio Arturo, duca di Britannia; la prigionia del re Riccardo e il tentativo di usurpazione di Giovanni, le Crociate e le loro negative conseguenze sulla società, la miseria della popolazione e la pestilenza

2. L'Inghilterra del XII secolo vede fallire il tentativo di costruire una monarchia accentrata a causa dei numerosi conflitti tra re e feudatari, che approfittavano del fatto che i re inglesi, come Riccardo, erano spesso assenti per partecipare alle Crociate (e che imporranno nel 1215 il riconoscimento di una lunga serie di privilegi con la “Magna Charta Libertatum”); la presenza di gruppi sociali disadattati e diseredati a seguito delle Crociate, che fomentavano rivolte e si mettevano al soldo di interessi diversi; la miseria cronica dei ceti più bassi e la presenza di pestilenze endemiche.

pagg. 428-429 “I promessi sposi” di A. Manzoni CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Testi, documenti originali, illustrazioni, fiabe, proverbi... tutto ciò che può servire per

creare un contesto reale 2. Di solito comincia in medias res, ha un narratore onnisciente e contiene numerose

digressioni che illustrano la situazione storica della vicenda 3. Amore, avventura, riflessioni... STRUTTURA DEL TESTO – Primo passo 1. Esterno onnisciente 2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 419: “…Questa specie, ora del tutto perduta, era

allora floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne avesse idea…”; oppure a pag. 420: “…ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia…”; o a pag. 422: “…Come stesse di dentro, s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de’ tempi in cui gli era toccato di vivere…”

3. Don Abbondio tornava “bel bello” dalla sua passeggiata, leggendo il breviario e osservando il paesaggio, fino a una curva della strada dove, “com’era solito”, butta lo sguardo ad un tabernacolo: egli è un uomo abitudinario tranquillo, che vuole vivere quietamente. Quando vede i due bravi, comprende di avere un problema e dal suo comportamento emergono altri tratti del suo carattere: timore e soggezione per i potenti (“…Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente…” pag. 421), indecisione (“…Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi…” pag. 421), capacità di fingere (“…compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté…” pag. 421), debolezza e incapacità di reazione autonoma (“…Disposto…disposto sempre all’ubbidienza…” pag. 422)

4. Attenzione al dato storico, che viene ricostruito in ogni dettaglio 5. Il dialogo permette una immediata caratterizzazione dei personaggi, di tipo realistico 6. Sono brani tratti da documenti autentici, ed egli desidera permettere ai lettori di

verificarlo. Coprono un cinquantennio, dal 1583 al 1632 7. Circa duecento anni. Tale distanza permette un credibile giudizio sui fatti e un esplicito

paragone con i fatti del tempo dell’autore

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8. La precisione ha scopo realista, in sintonia con tutti gli altri aspetti. I luoghi raffigurati sono quelli delle rive del lago di Como, paesaggio ben noto all’autore, che in questo passo descrive le montagne color porpora del tramonto, il viottolo costeggiato da un muretto, il tabernacolo dove la via si biforca

9. A pag. 418: “bel bello”, “pezze”, “stradetta”, “bigiognolo”, “scalcinatura”, “a cavalcioni”, “spenzolata”, “mustacchi”; a pag. 419: “coltellaccio”, “spadone”, “congegnate come in cifra”; a pag. 420: “con tutta quella buona voglia”; a pag. 421: “con la coda dell’occhio”, “darla a gambe”, “schivare il pericolo”, “disse mentalmente: ci siamo”, “su due piedi”, “piantandogli gli occhi in faccia”, “maritar”, “pasticci”, “come s’anderebbe a un banco a riscotere”, “non me ne vien nulla in tasca”, “metterebbe in sacco”, “compagnone”; a pag. 422: “avrebbe dato un occhio”, “canzonaccia”, “aggranchiate”

10. Alla realtà storica appartengono i brani delle grida secentesche, l’abbigliamento dei bravi e la ricostruzione del paesaggio; Don Abbondio, Don Rodrigo e i due bravi sono personaggi di fantasia

STRUTTURA DEL TESTO – Secondo passo 1. Per es. a pag. 422: “...Alzandosi tutti, vedevano né più né meno...”; la lunga riflessione

a pag. 423: “...Ne' tumulti popolari c'è sempre un certo numero di uomini...”; l’ironia con cui descrive la situazione a pag. 425: “…il luogo chiesto così gentilmente…quella decorosa bellezza…”;

2. Narratore esterno onnisciente; dagli interventi per guidare il lettore nella corretta interpretazione degli eventi

3. È un sempliciotto, di scarsa esperienza politica, che si fa facilmente convincere dal primo che incontra

4. Per il suo senso di giustizia, crede che Ferrer sia un difensore delle giuste cause del popolo

5. Il gran cancelliere è un uomo furbo, falso, senza scrupoli e abile manipolatore. Per es. a pag. 422: “...veniva a spender bene una popolarità mal acquistata...”; a pag. 424: “...presentava...un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso...”; “...si tirava indietro un momento, gonfiava le gote, mandava un gran soffio...”; a pag. 425: “...Vengo per condurlo in prigione...si es culpable...”. Il paragone a pag. 426 “...come la coda di una serpe...”: Ferrer è veramente una viscida serpe!

6. La massa è per Manzoni un elemento pericoloso a causa della sua irrazionalità: essa è volubile, perché può essere facilmente influenzata da sobillatori e facinorosi; ha un innato istinto violento che la può condurre a gesti estremi

7. L'abbondante aggettivazione e l'uso di una sintassi elaborata, l'utilizzo di numerose figure retoriche di antitesi nella descrizione della folla, la minuziosità delle descrizioni dei comportamenti, l'inserimento costante del discorso diretto libero per illustrare il comportamento e i pensieri del personaggio Ferrer e della massa

8. Gli spazi principali (la piazza e la carrozza) non sono descritti se non come contenitori di persone e comportamenti. Ad essi si contrappone il “pertugio” in cui si infila il cancelliere per entrare nella casa del vicario

9. Il fuoco delle passioni (per es. a pag. 423: “...per un riscaldamento di passione...soffian sul fuoco...”); un mare in tempesta: (per es. a pag. 425: “...a guisa di cavalloni...”); l'esplosione di fuochi artificiali (a pag. 426: “...gli si faceva sentire, come lo scoppio di un razzo...”); elementi contrapposti (per es. a pag. 423: “...inclinati a una certa giustizia...vogliosi di vederne qualcheduna di grossa...”; “...bisognosi di gridare, d'applaudire a qualcheduno, o d'urlargli dietro...”; “...attori, spettatori, strumenti, ostacoli...”); un “corpaccio” animalesco (a pag. 423: “...con quell'osso in bocca...” e a pag. 424: “...a levar loro dall'unghie...”). Tutti gli esempi citati avvalorano la tesi per cui secondo Manzoni la massa è un animale pericoloso

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10. Alla realtà storica appartengono i tumulti per il pane, le indicazioni precise di luoghi di Milano e il personaggio del Gran Cancelliere Ferrer. Renzo è un personaggio di fantasia

RIFLETTI SUL TESTO - Primo passo 1. Ti avvisiamo che se non ubbidisci all’ordine o ne parlerai sarai ucciso o subirai

violenza 2. Allontanamento, pena l’arresto, di tutti coloro che “non hanno esercizio alcuno”, cioè i

disoccupati; arresto e tortura dei forestieri che, per testimonianza diretta, sono riconosciuti come “bravi” e condanna a tre anni di lavori forzati su una galera

3. No, a pag. 419 si dice: “…Questa specie, ora del tutto perduta…” 4. Sì, per es. a pag. 421: “…i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui,

che non desiderava altro che d’abbreviarli…” e a pag. 422: “…il povero Don Abbondio…”. Sembra, per il momento, che Manzoni manifesti una certa comprensione per i sentimenti del personaggio, mentre, nel prosieguo della vicenda, il sacerdote verrà giudicato impietosamente per non aver preso le parti degli oppressi

RIFLETTI SUL TESTO - Secondo passo 1. Rispecchia il giudizio di Manzoni, dando al lettore la possibilità di condividerlo 2. La vecchiaia dovrebbe portare con sé la saggezza, la moderazione, il senso della

giustizia. Ferrer è, al contrario, schierato con i potenti e i loro soprusi 3. Nel primo caso frasi come “…pio e spontaneo orrore del sangue…Il cielo li

benedica…” (pag. 423) o “…i benevoli…” (pag. 425). Nel secondo caso, giudizi come “… fanno di tutto per ispinger le cose al peggio…non è mai troppo per costoro…” (pag. 423)

4. La folla è “…un miscuglio accidentale d’uomini…” che, in caso di crisi, parteggiano per l’uno o l’altro estremo, attraverso tutte le gradazioni possibili. Per tale motivo, aggiunto al fatto che la folla ha la forza che le deriva dal numero, essa viene indirizzata, circuita e istigata da ciascuna delle due parti attive, che “…usa ogni arte per tirarla dalla sua…”. In genere Manzoni ritiene, quindi, che in tali situazioni, la gente non riesca a ragionare, ma si comporti in modo esasperato ed estremista.

pag. 432 “La chimera” di S. Vassalli CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Nell'Ottocento, quando si diffuse la curiosità per la storia in generale e per il Medioevo

in particolare, a causa della nascita della maggior parte delle nazioni europee sostenuta dal formarsi di una coscienza nazionale

2. “Ivanhoe” di W. Scott 3. Per illustrare gli avvenimenti storici del contesto STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente 2. Prevalentemente quando si parla della “bestia” e di Antonia: il narratore commenta, a

volte ironicamente, le credenze superstiziose della gente. Per es. a pag. 430: “...per il bisogno che l'umanità ha sempre avuto...di bisogni che rimescolino gli umori della gente...”; “...io non mi sentirei di escludere che...qualcuno che l'abbia incontrata si trovi ancora oggi...”; a pag. 432: “...e chissà Antonia come reagiva, se reagiva, a quell'improvvisa follia dei suoi compaesani! ...Nessun processo per maleficio, che si sappia, s'occupò mai dei sentimenti della strega...”

3. Nel primo decennio del Seicento, in piccolo paese in provincia di Novara

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4. Ambiente contadino, ignorante, ottuso, superstizioso 5. Introduce informazioni sui luoghi, sugli usi, sui modi di dire, ecc. 6. Da drago, classico mostro medievale, a forme più familiari di animali comuni con

attributi eccezionali o strani (per es. il porcocane). La variabilità dipende dalle fantasie proiettive della gente, che incarna le sue paure in un mostro di tipo diverso a seconda del momento

7. “...Gli occhi, piccoli e rossi…denotavano la natura diabolica. Spariva con un segno di croce...” (pag. 431)

8. Perché “accalappiava i suoi morosi” 9. “...attorno a Antonia si fece il vuoto...la gente scappava...si sbarravano le finestre...si

faceva il segno della croce...” (pagg. 431-432) 10. Indica in modo preciso mese ed anno di svolgimento della vicenda, fa un'anticipazione

sul processo per stregoneria (“...di cui poi si fece cenno nel corso del processo...” pag. 431); indica con precisione anche gli orari della giornata in cui viene avvistata la “bestia”; in modo più generico, invece, (“...sul finire di quello stesso inverno...” pag. 431) viene indicato il trascorrere dei mesi

11. Lo spazio geografico viene descritto con precisione: per es. a pag. 430 “...tra il fiume Sesia e le colline...”; e a pag. 431 “...un fontanile confinante col territorio di Zardino...”

12. I luoghi geografici e del paese (l’osteria, il fienile, le stalle…) sono dati di realtà, i personaggi e le vicende, sebbene realistiche, sono di fantasia

RIFLETTI SUL TESTO 1. “...per il bisogno che l'umanità ha sempre avuto...di bisogni che rimescolino gli umori

della gente...” (pag. 430) 2. Svolgimento libero. pag. 439 “Il bacio di una morta” di C. Invernizio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché era pubblicato a puntate in appendice alle pagine dei giornali 2. A partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, in Francia 3. L’intrattenimento del lettore STRUTTURA DEL TESTO 1. Esterno, onnisciente 2. Focalizzazione zero 3. Per es. a pag. 437: “…e tutto l’amore condensato nel suo puro cuore…” oppure “…Lo

spettacolo che avvenne è più facile immaginarlo che descriverlo…”; o a pag. 438: “…Se la giustizia umana non poteva colpirla, l’aveva colpita tremendamente la giustizia di Dio!...”. Gli interventi hanno, di solito, l’intento di sottolineare il giudizio dell’autore

4. CLARA NARA

La moglie si dimostra magnanima e serena, sinceramente innamorata di Guido, che ella perdona e salva dalle accuse. Anche le sue caratteristiche fisiche manifestano la sua bontà: “…un viso pallido, ma celestiale…voce dolcissima…”

Nara appare egoista e senza rimorso, confessa “…con occhi fiammeggianti…” il tentato omicidio senza badare alle conseguenze, tenta infine di uccidere l’amante, avventandosi su di lui “…come una tigre…” e prorompendo “…in una risata stridente…” (aspetti quasi animaleschi che preannunciano la sua follia)

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5. Guido appare debole e imbelle, succube di una donna-vampiro e poi marito perdonato e

docile. È descritto in modo schematico e stereotipato, i suoi comportamenti appartengono alla categoria dell’uomo-succube, senza approfondimenti sugli aspetti psicologici o del carattere

6. Assolutamente prevedibili: alla comparsa della donna creduta morta, che nella sua grande bontà addirittura scagiona il marito dal tentato omicidio, egli non può che sentirsi schiacciato dal rimorso e l’amante reagire con violenza, diventando (o dimostrandosi) pazza: in tal modo l’ideale della famiglia felice è salvo, perché chi attenta a tale felicità non può che essere pazzo

7. RIPETIZIONE: per es. a pag. 436 “…L’incognita…”

IPERBOLE: per es. a pag. 436 “…pallido ma celestiale…” SIMILITUDINE: per es. a pag. 437 “…come una tigre…” FRASE FATTA: per es. a pag. 436 “…Fu come un colpo di fulmine!…” CONTRASTO: per es. a pag. 435 “…pallido e rosso…” PARATASSI: per es. a pag. 436 “…Tutti pendevano dalle labbra di lei. Guido aveva represse le lacrime, ma il suo viso sconvolto mostrava le sensazioni dell’anima. Nara fremeva sordamente…”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Clara è la legittima moglie, madre di una bambina, in nome della quale perdona il

marito, salvaguardando “l’integrità della famiglia”. Nara è l’amante, che tenta di distruggere la famiglia, spinge il marito all’omicidio e, alla fine, si dimostra pazza

2. Il presunto omicidio, la follia dell’amante, la ricomparsa di una persona creduta morta…

pag. 443 “Il conte di Montecristo” di A. Dumas padre CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Per evitare di annoiare il lettore, attratto più dalla vicenda che dall’ambientazione 2. Dei tipi, per rispondere, come le strutture stilistiche, al livello di lettori non molto

acculturati e per aderire a vicende emblematiche e ricorrenti 3. Per estendere il pubblico STRUTTURA DEL TESTO 1. Esterno, onnisciente 2. Per es. a pag. 441: “…La dignità della sposa mise un freno allo slancio dell’amante e

della madre…”; oppure a pag. 442: “…Il leone era domato, il vendicatore era vinto…” e “…esse scomparvero subito, perché si staccò dal cielo un angelo per raccoglierle, essendo più preziose al Signore che le più ricche perle di Guzarate o d’Ofir…”

3. Edmondo è un uomo vendicativo e indurito dalla sofferenza, capace di sferzante ironia (per es. a pag. 440: “…non è molto più odioso che, francese d’adozione, essere passato nelle file degli inglesi; spagnolo di nascita, aver combattuto contro gli spagnoli; stipendiato da Alì, aver tradito e assassinato Alì!...”); egli appare spietato, ma la sua inflessibilità vacilla di fronte al dolore di Mercedes per il figlio (a pag. 442: “…Mercedes pronunciò queste parole con un dolore così possente, con accento così disperato, che un singhiozzo sfuggì dalla gola del conte…”) ed egli si dimostra generoso fino al sacrificio di se stesso per amore (a pag. 442: “…sul terreno, che doveva essere bagnato dal sangue di vostro figlio, scorrerà il mio sangue…”

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4. Per es. a pag. 441: “…il cielo, giusto punitore dei malvagi, mi ha inviato a punire, ed eccomi qui!...” e “…«Che io disobbedisca al cielo, il quale mi ha risorto per la loro punizione?»...” e ancora: “…«Le colpe dei padri ricadranno sui figli fino alla terza e quarta generazione»...”

5. Emblematica la frase a pag. 441: “…La dignità della sposa mise un freno allo slancio dell’amante e della madre…” nel gesto con cui ella, che ha tradito la memoria del suo grande amore, si umilia per salvare il figlio. Ella rivela a Edmondo il dolore provato nel perderlo, dimostrandosi più coerente di quanto apparisse: “…ve lo giuro sulla testa di questo figlio per il quale vi imploro, Edmondo, per dieci anni ho visto gli uomini che libravano qualche cosa d’informe…Edmondo, credetemi, per quanto sia rea, oh sì, io pure ho sofferto molto!...” (pag. 441) ed, infine, di amarlo ancora: “…Eccoti come ti ho sempre sognato, come ti ho sempre amato…Oh, ora posso dirlo!...” (pag. 442), di essere “…sempre la stessa nel cuore…” (pag. 443)

6. Il suo ingiusto arresto, la sua detenzione nel Castello d’If, la sua avventurosa fuga, la morte di suo padre per la fame, il suo ritorno per vendicarsi

7. A pag. 442: “…No, tutto non è finito, lo sento da ciò che mi rimane ancora nel cuore…”

8. Il tipo del buono oppresso ingiustamente dai malvagi, l’amore senza tempo, l’eroina da difendere, la vendetta, i colpi di scena, la ricomparsa di una persona creduta defunta, il classico lieto fine con cui la giustizia trionfa…

RIFLETTI SUL TESTO 1. Scontate e prevedibili, anche se di grande forza emotiva: la madre che difende il figlio,

l’ex fidanzato ancora innamorato, l’uomo che sacrifica la sua vita per amore della donna, la rivelazione di eterno amore…

2. Edmondo è l’incarnazione del Bene, destinato a trionfare sui malvagi: Danglars, Morcerf.

pag. 450 “L'amore ai tempi del colera” di G. G. Marquez CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Al suo contenuto sentimentale 2. Al grande pubblico femminile 3. Utilizza uno stile semplice ed emotivamente coinvolgente STRUTTURA DEL TESTO 1. Per es.: “...soffriva di stitichezza cronica che lo obbligò...” (pag. 446); “...cataclisma

amoroso che mezzo secolo dopo non era ancora terminato...” (pag. 447) 2. “...Gli parve una visione rara: la figlia che insegnava a leggere alla madre...” (pag.

447); “...Dalle sette di mattina si sedeva...finché vedeva passare la donzella impossibile...” (pag. 447); “...A poco a poco venne idealizzandola, attribuendole virtù...e dopo due settimane non pensava ad altro che a lei...” (pagg. 447-448); “...decise di mandarle un semplice biglietto...” (pag. 448)

3. “...il giorno che in cui Fermina Daza aveva trascurato un attimo la lezione...Florentino Ariza l'aveva impressionata...” (pag. 448); “...Queste notizie avevano aumentato il suo interesse...” (pag. 448); “...l'unica cosa che le ispirava Florentino Ariza era un po' di pena, perché le era parso malato...” (pag. 448); “...si affrettavano a cercare con un rapido sguardo la sentinella sparuta...” (pag. 448); “...Non seppe mai in che momento il divertimento si trasformò in ansia, e il sangue le si sconvolgeva per l'urgenza di vederlo, e una notte si svegliò spaventata...Allora desiderò con tutta l'anima che si avverassero i pronostici della zia...” (pag. 449)

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4. Florentino: allampanato, di aspetto squallido, con i capelli da indio impomatati e gli occhiali da miope. Fermina: occhi a mandorla, naso affilato e una grossa treccia di capelli, cammina altera e andatura da cerbiatta. Fiorentino è riservato, ingenuo in amore ma galante, capace di sentimenti profondi e immediati, sognatore e idealista. Fermina è una ragazza un po’ altera, ingenua nelle cose amorose

5. Pur essendo zitella e molto religiosa, non si dimostra affatto austera come il suo aspetto, poiché “…aveva un istinto alla vita e una vocazione alla complicità che erano le sue migliori virtù…” (pag. 448), ed infatti farà da tramite tra i due innamorati

6. La madre, Tránsito, che gli dà dei consigli per accendere l'interesse di Fermina 7. La zia Escolastica: dà a Fermina dei consigli per incoraggiare il suo spasimante ed è

sua complice nella scoperta dell'amore 8. Si tratta di una delle case più vecchie della città, con un patio “…che sembrava il

chiostro di un'abbazia…”, e un corridoio ad arcate. Essendo “mezza in rovina”, il padre di Fermina la sta restaurando con grande dispendio di mezzi

9. Svolgimento libero RIFLETTI SUL TESTO 1. e 2. Svolgimento libero. pag. 458 “Le confessioni di un italiano” di I. Nievo CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Da una parola tedesca, Bildungsroman 2. Il percorso di formazione umana, sentimentale, intellettuale e morale di un personaggio 3. Un periodo di solito lungo: dall’adolescenza all’età adulta STRUTTURA DEL TESTO 1. Per es. a pag. 455: “…non ci voleva nulla di meglio per me, che della vita altro non

conoscevo se non quello che eran venuti raccontando…” e: “…Voglio raccontarle, perché quella passeggiata mi votò forse per sempre a quella religione semplice e poetica della natura…”

2. La rabbia nei confronti della Pisana, il desiderio di avventura e la curiosità per l’ignoto 3. La scoperta del mare lo mette in contatto con l’idea di immensità, luminosità e

bellezza, avvicinandolo all’idea di Dio 4. “…l’atto di fede insegnatomi dal piovàno a tirate d’orecchi…” (pag. 456), perché era

semplice imitazione, non esperienza diretta 5. Carlino è un ragazzo sensibile, solitario e sognatore (“…Io stava lì lunghe ore,

contemplandole...” pag. 454), affascinato dalla natura, attratto dal contatto con essa intesa come rasserenatrice dalle sofferenze (“…quella religione semplice e poetica della natura, che mi ha poi consolato d’ogni tristizia umana…” pag. 455)

6. Le comari dei paesi vicini; i servitori del castello, Martino e Mastro Germano; il sacrestano Fulgenzio e il cappellano del castello; il messo giudiziario del castello, Marchetto; sua cugina, la Pisana e i cuginetti di lei

7. A pag. 455: “…cose nuove e inusitate…meravigliose e incredibili”; “…allargatasi quanto l’occhio poteva correre…”; a pag. 456: “…La gran prateria coll’ignoto e l’infinito…sbigottimento di maraviglia…vastissimo spazio…più in là ancora l’occhio mio non poteva indovinare cosa fosse quello spazio infinito d’azzurro…lontanissimo azzurro misterioso…iride immensa…”

8. Perché è l’esperienza da cui prende avvio la sua maturazione, dunque quella più importante

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RIFLETTI SUL TESTO 1. La curiosità e la rabbia lo spingono a varcare i confini del territorio fino a lì conosciuto

(simboleggiati dal canale che egli deve guadare); la prateria suscita subito in lui l’idea di “ignoto e l’infinito”; la vista del mare oltre la prateria, “…quello spazio infinito d’azzurro…”, e il suo successivo mutar colore nel tramonto, lo fanno cadere in ginocchio e gli suscitano in mente “…quel buono e grande Iddio che è nella natura…”

2. Svolgimento libero. pag. 464 “Siddharta” di H. Hesse CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Con la maturità e la piena conoscenza di sé, con l'accettazione delle regole e/o con la

rottura dalle regole della società 2. Il protagonista è di solito giovane d'età e viene descritto soprattutto nelle sue

caratteristiche interiori e nelle cause dei suoi comportamenti. Ciò è funzionale allo svolgimento del percorso di cambiamento verso la maturità. È quindi sempre un personaggio dinamico

3. In Germania nel corso dell'Ottocento STRUTTURA DEL TESTO 1. Per es.: “...Era un grande sapiente, un sommo sacerdote quello ch'egli vedeva

svilupparsi in lui...” (pag. 459); “...Sapeva bene Govinda: questo non diventerà un Brahmino come ce n'è tanti...” (pag. 459); “...Govinda si rese conto: ora comincia, ora trova Siddharta la sua via...” (pag. 461)

2. Per es.: “...un pigro ministro di sacrifici, o un avido mercante d'incantesimi, un vano e vacuo retore, un prete astuto e cattivo...” (pag. 459); “...dov'erano i saggi, dove i sacerdoti o i penitenti, ai quali fosse riuscito, non soltanto di conoscerla, questa profondissima scienza, ma di viverla?...” (pag. 460); “...tre uomini secchi e spenti, né vecchi né giovani...estranei e ostili al mondo...” (pag. 461)

3. È rispettoso e garbato, studioso, avido di sapere, intelligente, di “alti, generosi pensieri”, volonteroso e tenace, “...a tutti egli dava gioia, tutti ne traevano piacere...”. Tuttavia è infelice, “...lo assalivano sogni e pensieri irrequieti...”

4. È un uomo dotto, saggio e ammirevole, nobile e calmo nel contegno, puro nei comportamenti e di alti e profondi pensieri

5. Siddharta, che è rispettoso dei suoi genitori, non esita tuttavia a prendere le sue decisioni autonomamente, ma si reca comunque a chiedere il permesso al padre. Il padre, che ama e ammira profondamente Siddharta, all'annuncio della decisione del figlio di unirsi ai Samana, reagisce con rigidità e durezza “...tacque così a lungo che nella piccola finestra le stelle si spostarono...” (pag. 461); tuttavia, di fronte all'irremovibile tenacia del figlio, capisce di non poterlo trattenere (“...s'accorse che Siddharta non abitava già più con lui...” pag. 462) e umilmente si pone al suo fianco, come aiutante e come allievo: “...Se nella foresta troverai la beatitudine, ritorna e insegnami la beatitudine. Se troverai la delusione, ritorna: riprenderemo insieme a sacrificare agli dei...” (pag. 462)

6. Govinda ama Siddharta: “...Amava gli occhi di Siddharta e la sua cara voce, amava il suo passo e il garbo perfetto...ma soprattutto ne amava profondamente lo spirito, i suoi alti, generosi pensieri, la sua volontà ardente...” (pag. 459); ammira profondamente l'amico, di cui condivide la decisione di ascetismo, pur non comprendendola del tutto: “...A queste parole Govinda impallidì...si rese conto: ora comincia, ora trova Siddharta la sua via, ora comincia il suo destino a germogliare, e con il suo il mio...” (pag. 461) e decide di andare con lui

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7. La sua sete di conoscenza lo spinge a cercare il principio assoluto che dà senso all'esistenza dell'uomo. Govinda lo segue perché lo ama e lo ammira: sarà il primo seguace del Buddha

8. No, è un lessico alto, con molti vocaboli colti (per es.: abluzioni, bruniva, inspirare, emana, garbo, compìto…) e sintassi elaborata, (per es. le proposizioni interrogative retoriche, come: “…ma anche lui, che tanto sapeva, viveva forse nella beatitudine, possedeva la pace, non era anche lui soltanto un uomo che cerca, un assetato?...”) che ben rappresenta la complessità dei dubbi e della rielaborazione filosofica del personaggio

RIFLETTI SUL TESTO 1. Aveva cominciato a sentire che l'amore dei suoi genitori e del suo amico non gli

avrebbero dato la felicità per sempre; aveva capito che i saggi gli avevano già insegnato tutto quello che potevano: “...ma questo recipiente non s'era riempito, lo spirito non era soddisfatto, l'anima non era tranquilla, non placato il cuore...” (pag. 460). Voleva conoscere l'uno e il tutto, la cosa più importante di tutte, la sola cosa importante, che anche i più grandi saggi non avevano ancora raggiunto

2. Svolgimento libero. pag. 467 “Una vita violenta” di P. P. Pasolini CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché diventa esasperato il conflitto del giovane con il mondo che lo circonda, in cui

predominano l’apparenza e la superficialità; il percorso di formazione, inoltre, diventa molto più difficile e tortuoso, e, talvolta, fallimentare

2. L’asino d’oro di Apuleio 3. Perché il protagonista si trasforma da bullo a eroe STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Focalizzazione interna (quella del protagonista) 3. Tommaso si dimostra coraggioso ed eroico, sprezzante del pericolo si butta con forza a

compiere una buona azione: si evidenzia per es. la gratuità del suo gesto (“…- Voi non siete pratichi…nun conoscete er fondo!...Fatemece annà…” a pag. 465), la fatica (“…non cascava solo per la disperazione…” a pag. 466), di cui quasi si vergogna (“…perché non si voleva far vedere in faccia com’era ridotto…” a pag. 467)

4. Per es. a pag. 466: “…- A signo’, ma mica so’ un facchino, io!...- Ce provamo, aaa cosa!...”

5. La totale generosità del suo gesto 6. Perché abitava nella borgata, prima di andare in carcere 7. La donna è terrorizzata e ostacola, per la paura, il gesto del suo salvatore; i pompieri

all’inizio non gli danno retta, poi accondiscendono a fargli fare un tentativo; i compagni si danno da fare per soccorrere la gente alluvionata. Tommaso è diventato come loro, generoso e disponibile all’aiuto

8. Il lessico è dialettale, è quello della borgata romana in cui è ambientata la vicenda. Il narratore adotta lo stesso linguaggio, aderendo ad una nuova forma di realismo

RIFLETTI SUL TESTO 1. Il giudizio dell’autore è di piena solidarietà col personaggio: Tommaso è il

rappresentante di un ceto sociale che devia dai valori di solidarietà sociale a causa della alienazione moderna, ma che riesce a tornare ad essi grazie agli ideali di impegno

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sociale dei compagni. Il giudizio è completamente interno alla vicenda stessa, non emerge mai direttamente

2. Svolgimento libero. pag. 475 “Conversazione in Sicilia” di E. Vittoriani CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Si tratta di un romanzo che esprime idee o teorie attraverso una narrazione 2. L’intento educativo e morale 3. Per agevolare la comprensione dei contenuti STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno 2. Focalizzazione interna 3. È un uomo alto, “grande” (il che evoca una qualche grandezza morale), “…grosso

nelle cosce e nelle braccia…”, con una “…fronte olimpica…” come una divinità, forse lo stesso Zeus, “…capelluto come un uomo antico…” e dall’aria schietta e aperta (il che fa stare in attesa di una sua rivelazione)

4. Il Gran Lombardo si descrive come un uomo realizzato, sia in senso famigliare che economico, tuttavia afferma di non essere soddisfatto, perché non si sente in pace con gli uomini; avrebbe voluto avere una “…coscienza fresca…che gli chiedesse da compiere altri doveri…dei nuovi doveri, e più alti, verso gli uomini…” (pag. 472). Il catanese gli dà ragione, afferma di condividere pienamente la sua insoddisfazione; il vecchietto è, invece, indifferente; gli altri non intervengono

5. Il vecchietto viene descritto con “…la testa di serpe…” e una bocca “…a fessura di salvadanaio…”, un rametto verde di arancio in bocca accentua tale caratteristica; egli si limita a ridere (“Ih!”) all’asserzione del Gran Lombardo, dimostrandosi indifferente, perciò il narratore lo descrive con disprezzo come un animale infido

6. Viene descritto in modo vago e indeterminato 7. RIPETIZIONI: per es. il Gran Lombardo inizia spesso le sue osservazioni con “credo”

ESPRESSIONI SINTETICHE: per es. “…un tipo carrettiere forse solo per questo…” (pag. 470) ACCUMULAZIONE: per es. “…Uno, anche giovane, era sanguigno, forte, coi capelli crespi e neri, il collo nero, un popolano di città…” (pag. 470) USO DI GERUNDIO E INFINITO: per es. “…ridendo fisso, guardando a sé dinanzi, me, il sedile, il giovane catanese, e ridendo: felice…” (pag. 471) GIOCHI DI PAROLE: per es. “…avrebbe potuto sollevare e non aveva sollevato…” (pag. 470) COSTRUZIONI INNATURALI: per es. “…che cosa la puzza fosse…” (pag. 471) FRASI ACCOSTATE: per es. “…tornava a casa, a Leonforte, era di Leonforte, su nel Val Demone tra Enna e Nicosia, era un padrone di terre…” (pag. 472)

RIFLETTI SUL TESTO 1. La risposta agli “astratti furori” che guidano il suo viaggio: la ricerca di un nuovo

rapporto con l’umanità 2. Forse un nuovo tipo di solidarietà tra gli uomini 3. Perché gli uomini non sentono il problema con la stessa intensità pag. 480 “Il visconte dimezzato” di I. Calvino CARATTERISTICHE DEL GENERE

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1. A seconda delle esigenze, possono essere tratteggiati in modo superficiale o dettagliato 2. A partire dal Settecento, in Francia 3. Sì, per es. Italo Calvino e Antonio Tabucchi ne hanno fatto dei capolavori STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno 2. Essendo il nipote del protagonista, può esprimere dei giudizi autorevoli dall’interno

della vicenda 3. Compie una serie di molestie gratuite: fa cadere nel pozzo la madre di Pamela per

parlarle, fa azzoppare il cavallo perché lo spinge al galoppo giù per un burrone 4. Ogni sua azione motivata da un suo desiderio è accompagnata da un gesto di bontà nei

confronti degli altri (per es. per parlare con il padre di Pamela gli raccoglie le olive) 5. Dal fatto di avere “…l’esperienza dell’una e dell’altra metà…” cioè di possedere la

saggezza derivante dall’aver sperimentato la massima cattiveria e la più grande bontà, di avere in sé il Bene e il Male mescolati tra loro

6. Come una bambina, parla con gli animali e addirittura li veste da paggetti; ma è scaltra e saggia come una donna adulta, quando promette di sposare entrambi i visconti per riunificarli

7. Spicca salti di gioia “…con le sue gambe da grillo…”, sembra uno scienziato un po’ pazzoide; ma salva il visconte con un intervento miracoloso, facendo combaciare tutti gli organi. Ogni personaggio è “doppio”, con aspetti negativi e aspetti positivi

8. Semplice, immediato, ironico, quasi come una favola 9. Per permettere una efficace e diretta comprensione del messaggio RIFLETTI SUL TESTO 1. Ogni animale fa del male a se stesso, come sta per accadere dei due “mezzi” visconti 2. “…Forse ci s’aspettava che, tornato intero il visconte, s’aprisse un’epoca di felicità

meravigliosa…” ma il mondo ha ancora molto da scoprire per raggiungere la completezza e la felicità

3. Perché essi sono coloro che ci hanno formato, dandoci i loro difetti e le loro virtù; passato e presente si mescolano: i personaggi simboleggiano i problemi dell’uomo moderno

4. Svolgimento libero. pag. 490 “Germinale” di E. Zola CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Appartengono alle classi più umili, sono in stretta relazione con l'ambiente che li

circonda, la loro presentazione avviene, di solito, nel corso della narrazione, sono figure a tutto tondo e dinamiche

2. In Francia nella seconda metà dell'Ottocento 3. Perché era limitato dall'uso rigido del canone dell'impersonalità della rappresentazione STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Focalizzazione zero, con un certo distacco 3. Il panico fa loro perdere la testa, l'istinto di sopravvivenza scatena l'aggressività: per

es. a pag. 485 “...l'idea di trovarsi soli abbandonati...metteva le ali ai piedi...Lo stesso caposquadra perdeva la testa...” e a pag. 486 “...un fuggi fuggi pauroso...si lanciavano all'assalto delle gabbie...si massacravano per imbarcarsi...”. Quelli che riescono a

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scampare sono inebetiti: “...fissavano istupiditi la bocca del nero budello...con gesti di mentecatti...” (pag. 487)

4. Comprende che il crollo della galleria è dovuto a un sabotaggio. La sua reazione: “…all’idea che un uomo fosse stato capace di tanto, raccapricciava…” e di quel “malfattore” ha paura

5. Per es.: Danseart, il capo assistente: obbedisce agli ordini superiori in modo acritico e incosciente (quando l'acqua sale eccessivamente nel pozzo di scarico “...rispose che bisognava aspettare l'arrivo dell'ingegnere...” pag. 486); solo a disastro avvenuto prende delle decisioni operative (“...Allora Danseart si decise...” pag. 486; “...cercava d'imporsi… minacciava...s'adoprava per mettere ordine...intimava agli addetti al carico di attendere...”). Ma, alla fine, terrorizzato, abbandona codardamente gli ultimi che stanno giungendo (pag. 486): “...dalle gallerie sbucavano ancora operai quando, sopraffatto dal panico, anche lui saltò su una berlina...”)

6. Vista Per es.: “...Lì in alto, il rivestimento era intatto...dell'armatura non restava più che qualche

tavola...Dietro, nella parete, enormi vuoti si andavano scavando; e da quei varchi le sabbie gialle sgorgavano in massa ...” (pag. 488)

Udito Numerosissimi riferimenti: la miniera è un insieme di suoni sinistri: “...Strani rumori, lontani scalpiccii...” (pag. 485); “...La si udiva anfanare con un singulto di fatica...” (pag. 486); “...un sinistro scricchiolio, seguito dal fracasso...”; (pag. 486); “...sordi schianti si susseguivano...” (pag. 486). Ma, soprattutto, si sentono le urla dei minatori bloccati in fondo al pozzo: “...si distingueva tra il fragore delle acque e quello delle frane, il loro urlo...” (pag. 487); “...seguitava a salire straziante l'urlo dei disgraziati...” (pag. 488); “...quand'ecco l'urlo cessare...” (pag. 488)

Olfatto Non rilevato

Tatto “...Inzuppati, feriti, rantolanti si aggrapparono alla gabbia superstite...” (pag. 486); “...al tatto constatò nel legno...dei colpi di sega, di trapano...tastava ancora le tavole...” (pag. 488)

Gusto Non rilevato

7. Per es. a pag. 486: “...ebbene, se l'acqua saliva, che ci poteva fare lui?...”; a pag. 487: “...s'era in una ventina, possibile che quei porci di capi li abbandonassero così?...”; “...l'ingegnere spallucciava: andiamo! che l'armatura d'un pozzo poteva sfasciarsi così facilmente? certo si esagerava!...”

8. Per es.: “puntellare”, “mazze”, “traino”, “piano inclinato”, “berline”, “pozzetto di scarico”, “pompa”, “armatura”, “gabbie”...

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. l'assenza di sistemi di allarme: la galleria dove sta lavorando la squadra di

Stefano è “...tagliata fuori da ogni comunicazione...” (pag. 485) tanto che nessuno li avverte del crollo; l'incoscienza del capo assistente che non provvede a verificare il problema dell'acqua crescente concorre al disastro: “...se l'acqua saliva, che ci poteva fare lui?...” (pag. 486); l'impotenza dei minatori, privi di sistemi di sicurezza, di fronte al precipitare degli eventi: “...e tutti e due, il vecchio e la bestia, assistevano stupefatti al rapido crescere della piena...” (pag. 487); la drammaticità della morte decine di metri sottoterra: “...Inzuppati, feriti, rantolanti si aggrapparono alla gabbia superstite. Due li accoppò la caduta d'un trave; un terzo...precipitò da una cinquantina di metri e sparì nello smaltitoio...” (pag. 486)

2. Per es.: l'ambiente della miniera è più volte indicato come un “budello”, un “nero buco”, un luogo chiuso e opprimente, una sorta di Inferno dantesco, dove sono condannati a stare chiusi molte ore al giorno, se non per sempre, i minatori. In tali condizioni di lavoro, il panico e l'istinto di sopravvivenza prevalgono sulla solidarietà

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pag. 395 “I Malavoglia” di G. Verga CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Il romanzo naturalista ha come oggetto del suo interesse la realtà (il termine “natura”

indica ciò che non è artefatto), in particolare quella del proletariato e sottoproletariato urbano, che viene rappresentata in modo oggettivo e analizzata con atteggiamento scientifico. Il romanzo verista rappresenta le stesse tematiche, occupandosi principalmente delle condizioni di vita dei contadini e pescatori del Sud d'Italia. Lo stile narrativo radicalizza la tecnica di scrittura naturalistica con l'utilizzo di un'impersonalità quasi totale.

2. Il romanzo naturalista vuole denunciare le situazioni negative con lo scopo di migliorarle

3. Il romanzo verista ha scopi divulgativi, ma senza alcuna fiducia in un possibile cambiamento

STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno quasi impercettibile 2. Descrive gli avvenimenti con gli occhi dei diversi personaggi del paese, tutti insieme

protagonisti della vicenda 3. Per es. la Santuzza: finge di essere pudica e profondamente religiosa, mentre è civetta e

spregiudicata: è corteggiata da tutti (“...se n'era andata in chiesa, tirandosi dietro gli avventori...”) e intrattiene una relazione sentimentale con un uomo sposato. Evidentemente attaccata al denaro, imbroglia gli avventori dell'osteria (di lei si dice “vende l'acqua per vino”) e lascia che il padre viva di elemosina.

4. Maruzza la Longa (evidentemente era una donna alta); Menico della Locca (nel senso che è figlio di una donna chiamata allocca); suor Mariangela la Santuzza (soprannome ironico, perché ella, malgrado appartenesse ad una congregazione religiosa di donne laiche nubili, aveva avuto una relazione sentimentale); Tino Piedipapera (evidentemente per il suo modo di camminare); Turi Zuppiddu (perché era zoppo); compare Mangiacarrubbe (forse per il cibo, di solito dato ai cavalli, che egli mangiava); Mariano Cinghialenta (forse dai pantaloni sempre larghi); la Zuppidda (moglie di Turi Zuppiddu); la Vespa (una donna dai modi antipatici e insistenti); lo zio Crocifisso Campana di legno (perché finge di non sentire)

5.

Paura e preoccupazione dei Malavoglia per la tempesta

“...Maruzza... non poteva star ferma un momento...”(pag. 491); “...Sulla riva c'era soltanto Padron 'Ntoni...”(pag. 491); “...Sull'imbrunire comare Maruzza...era andata ad aspettare sulla sciara...” (pag. 494)

Indifferenza dei compaesani per il loro dramma

“...Padron Fortunato Cipolla...diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo...” (pag. 491); “...-Adesso tutti vogliono fare i negozianti, per arricchire!...” (pag. 491); “...Comare la Longa non ci viene in chiesa...Poi non bisogna stare a cercare perché il Signore ci castiga!...” (pag. 492); “...Ciascuno non poteva fare a meno di pensare che quell'acqua e quel vento erano tutt'oro per i Cipolla; così vanno le cose di questo mondo...mentre i Malavoglia diventavano bianchi e si strappavano i capelli...” (pag. 492); “...e lo speziale gli domandava...se andasse a spasso con quel tempaccio, e gli diceva pure: Bella Provvidenza, eh!...” (pag. 494); “...Lo zio Crocifisso è andato a cercare Padron 'Ntoni con Piedipapera, per fargli confessare davanti a testimoni che i lupini glieli aveva dati a credenza...” (pag. 494)

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6. Il mare impersona, in negativo, la Provvidenza (che è anche il nome della barca dei

Malavoglia), che procura sventura o fortuna a suo piacimento (per es. a pag. 491: “...quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare tra capo e collo come una schioppettata fra i fichidindia...”). È l'elemento di sfondo onnipresente, intorno al quale si muovono tutte le vicende e i personaggi del paese (per es. a pag. 494: “...per dare un'occhiata verso il mare, e vedere di che umore si addormentasse il vecchio brontolone...”)

7. I Malavoglia continuano a recarsi sulla spiaggia per scrutare il mare e il ritorno della barca; i compaesani, invece, continuano le loro occupazioni e i loro pettegolezzi, dal barbiere, all'osteria, in chiesa. I primi in preda alla loro angoscia, i secondi egoisticamente a guardare

8. Per es. “...come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese...”(pag. 491): noi, gente di città, non abbiamo i gatti che scorrazzano sul tetto; “...il mare nero come la sciara...” (pag. 493): le cose sono viste con gli occhi dei pescatori; “...come una schioppettata fra i fichidindia...” (pag. 491): tipico del passato siciliano, di tendere un agguato in campagna

9. Per es. a pag. 491: “…colla Provvidenza e il carico di lupini…”; a pag. 492: “…Persino la madre di Menico stava in chiesa…”; e a pag. 493: “…così vanno le cose di questo mondo, che i Cipolla, adesso che avevano la paranza bene ammarata…”

10. “...Il mare si udiva muggire attorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant'Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell'anima di Giuda...” (pag. 491)

RIFLETTI SUL TESTO 1. A pag. 491: “…il vento s’era messo a fare il diavolo…nero come l’anima di Giuda…

settembre traditore, che vi lascia andare un colpo di mare…vela sbrindellata…il diavolo in poppa…si facevano la croce…”; a pag. 493: “…la vera disgrazia…la sera scese triste e fredda…quando si ha la barca al sicuro…mare nero come la sciara…”; a pag. 494: “…La piccina piangeva…il piangere della bambina…”

2. Per es.: “...quando hanno perso la mula vanno cercando la cavezza...” (quando il disastro è compiuto è inutile cercare i dettagli); “...Chi fa credenza senza pegno, perde l'amico la roba e l'ingegno...” (fare un debito senza averne copertura ci fa perdere la roba, gli affetti e il senno); “…nessuno è contento del suo stato e vuol pigliare il cielo a pugni…” (vuole combattere contro il proprio destino)

3. Svolgimento libero. pag. 502 “ Mastro Don Gesualdo” di G. Verga CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Lo scrittore naturalista si pone di fronte alla materia del suo lavoro con l’atteggiamento

dello scienziato, convinto che il metodo sperimentale debba essere applicato anche allo studio dell’uomo e delle sue passioni: lo scrittore ha il compito di descrivere le leggi che governano la psiche umana e che spingono gli uomini alle loro azioni. Lo scrittore verista scrive facendo in modo che siano i fatti stessi a raccontarsi, facendo in modo che la “mano” dell’artista sia invisibile e che l’opera sembri “essersi fatta da sé”

2. Il Positivismo, che, similmente al Naturalismo, sottolinea il ruolo della scienza nei confronti della realtà

3. L’uno determina la nascita dell’altro

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Per es. il commento a pag. 498: “…Così va il mondo, pur troppo, che passato il primo

bollore, ciascuno tira innanzi per la sua vita e bada agli affari propri…”; il giudizio: “…da villano malizioso…” a pag. 498; oppure le battute che manifestano il narratore onnisciente, come a pag. 500: “…Allora si fregò bene gli occhi, e la voglia di dormire gli andò via a un tratto…”

2. Per es. “…la figliola che gli veniva dinanzi con quella faccia desolata, e poi teneva il sacco al marito, e lo incarcerava…” (pag. 498); oppure a pag. 499: “…Gli vennero insieme delle altre cose sulle labbra…quei sospetti odiosi che dei bricconi, nelle questioni di interessi, avevano cercato di mettergli in capo…”; “…Le raccomandava la sua roba, di proteggerla, di difenderla…li passava tutti in rassegna amorosamente; rammentava come erano venuti a lui, uno dopo l’altro, a poco a poco…”

3. Per es. a pag. 500: “…Ma non lo lasciava dormire quell’accidente…”; “…una specie di rantolo che dava noia e vi accapponava la pelle…”; oppure a pag. 501: “…il vecchio se n’era andato, grazie a Dio!...Entrate pure; non vi mangiano mica…E neanche lui…non vi mette più le mani addosso di sicuro…”

4. Mastro Don Gesualdo è un manovale (“…«Si vede com’era nato…» osservò gravemente il cocchiere maggiore. «Guardate che mani!» «Già, son le mani che hanno fatto la pappa!»...” a pag. 501) arricchitosi con grandi sacrifici (“…Spiegava quel che gli erano costati quei poderi…” a pag. 500), ma privo di affetti veri: neppure quello della figlia, come quello della nobile moglie, è sincero (“…la figliola che gli veniva dinanzi con quella faccia desolata, e poi teneva il sacco al marito…” a pag. 498). In punto di morte si rende conto che ciò che ha accumulato, la “roba”, non gli ha dato la felicità ed è destinato a essere dissipato dopo di lui (“…Allora vuol dire che non te ne importa nulla…come a tuo marito…” a pag. 499)

5. Isabella è simile alla madre (“…colla ruga ostinata dei Trao fra le ciglia…” a pag. 500), indifferente e distante dalla mentalità e dall’affetto del padre (“…chiudendosi in sé, superba, coi suoi guai e il suo segreto. E lui allora sentì di tornare Motta, com’essa era Trao…” a pag. 500)

6. Provengono da mondi e mentalità totalmente diversi 7. Per controllarne il testamento. Egli cerca di non credere alla cruda verità che alcuni gli

hanno insinuato, anche se spesso il dubbio lo assale 8. Alla morte di Gesualdo, all’alba, la vita nel palazzo continua il suo ritmo: “…Nella

corte udivasi scalpitare dei cavalli, e picchiare di striglie sul selciato…Lo stalliere che faceva passeggiare un cavallo malato…” (pag. 501)

9. Il servitore incaricato di vegliarlo si disinteressa di lui (a pag. 500: “…«Ah, sissignore. Ora vado a chiamarla» rispose il domestico, e tornò a coricarsi…”); il portinaio commenta la morte: “…«Ah… così…alla chetichella?»…” (pag. 501); tutti si recano nella stanza a vedere il padrone morto “…in manica di camicia e colla pipa in bocca…” (pag. 501)

10. Per es.: “…Non perdiamo tempo inutilmente…Parliamo dei nostri affari. Non ci perdiamo in chiacchiere…quando tuo marito torna a proporti di firmare delle carte…Vorrei lasciare qualche legato…”

11. Forse rappresentano la difficoltà di comunicare esistente tra i due: i tanti “non detto” che sono sottintesi ai loro discorsi

12. Sì, anche se meno frequente. Per es. a pag. 498: “…a guadagnare almeno quelli, uno dopo l’altro, così come venivano, pazienza! Finché c’è fiato, c’è vita!...ci faceva il callo. Lui aveva le spalle grosse, e avrebbe tirato in lungo…”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché i due titoli sono antitetici, appartengono a ceti sociali molto diversi, che non

possono convivere

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2. Per es. l’elenco affannato delle terre: “…Spiegava quel che gli erano costati, quei poderi, l’Alia, la Canziria, li passava tutti in rassegna amorosamente; rammentava come erano venuti a lui…” (pag. 499)

3. Nei cinque romanzi del ciclo dei “Vinti” progettati da Verga, egli intendeva mostrare

come qualsiasi ceto sociale sia destinato a fallire nei suoi obiettivi. Egli realizzò compiutamente solo i primi due romanzi, in cui due rappresentanti delle classi inferiori condannano la propria vita alla sconfitta per cercare di emergere e di risalire la china sociale: sia la famiglia Malavoglia, con l’affare dei lupini, che Mastro-Don Gesualdo con l’accumulo di beni, infatti, non solo non riescono nei loro obiettivi, ma soprattutto perdono la cosa più importante, gli affetti famigliari e l’unità della famiglia.

pag. 511 “Don Chisciotte della Mancia” di M. de Cervantes CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È una narrazione di vicende insolite, pericolose, a volte esotiche, ricche di azioni e

colpi di scena 2. Divertire il lettore, suscitandone la curiosità e l'interesse 3. Talvolta scopo documentario o di riflessione STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente 2. Focalizzazione zero. Per es. a pag. 509: “...tutto preso e imbevuto di ciò che aveva letto

nei suoi libri fallaci...”; e: “...cominciarono a salutargli le orecchie con pietre...” e ancora: “...lo raggiunse un altro confetto...”

3. Sì, esse permettono di dimostrare i due modi opposti, quello di Don Chisciotte e quello del suo scudiero, di leggere gli avvenimenti. Per es. a pag. 506 il protagonista ricorda ciò che è accaduto nell’osteria: “…quando dal muro del cortile assistevo allo svolgersi della tua triste tragedia…”; e a pag. 507 Sancho Panza: “…tranne quella del biscaglino, e anche da quella la signoria vostra n’uscì con mezzo orecchio e mezzo elmo di meno…”; oppure le fantasie distorte di Don Chisciotte nel descrivere le due greggi di pecore, che egli trasforma in due grandi eserciti di cavalieri: “…questo Alifanfarone è un fanatico pagano ed è innamorato della figlia di Pentapolino…” (pag. 508)

4. Il protagonista è un illuso, che pensa sia possibile ancora comportarsi come ai tempi dei cavalieri antichi (per es. a pag. 596: “...avrei dovuto contravvenire alle leggi della cavalleria che...non consentono che un cavaliere metta le mani addosso...”; a pag. 507: “...«Che cosa dobbiamo fare?» rispose Don Chisciotte. «Favorire e aiutare i bisognosi e i deboli»...”); tutto preso dalla sua illusione, interpreta la realtà con folle fantasia (per es. a pag. 507: “...Vedi, Sancho, quel polverone che si alza là? Ebbene, esso è sollevato da un ingente esercito...”; e a pag. 508: “...Quel cavaliere che vedi là con le armi gialle...”), tuttavia non esita a lanciarsi coraggiosamente nella battaglia (pag. 509: “...posta la lancia in resta, discese come un fulmine...”) e si dimostra buono e giusto

5. Per es. a pag. 506: “..la cosa migliore e più opportuna da farsi...sarebbe di tornarcene al nostro paese...” e a pag. 507: “...Sarà così...anche se io non lo so; so soltanto che da quando siamo cavalieri erranti...non abbiamo mai vinto alcuna battaglia...da allora in poi, sono state tutte legnate su legnate...”; e a pag. 508: “...ma dove metteremo questo asino, per esser certi di trovarlo quando sarà cessata la mischia?...”

6. Col suo carattere bonario e pacato, serve fedelmente il suo padrone, assecondandolo ma anche cercando ogni volta, con la sua saggezza, di ricondurlo alla realtà, perché ne ammira il senso di giustizia e la bontà

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7. Don Chisciotte trasforma l’osteria in un castello incantato, e gli assalitori in fantasmi; Sancho cerca di riportarlo alla realtà, chiamando le persone con i loro nomi e cognomi e indicando la verità: “…il non poter salire sul muro del cortile né smontare da cavallo, dipendeva da ben altro che da incantamento…”

8. Poco descritto, solo per quel tanto che serve da sfondo alle avventure: “...per strada su cui essi andavano avanzava un grande e denso polverone...” (pag. 507); “...su quella piccola altura...” (pag. 508)

9. Retorico e ampolloso (per es. a pag. 506: “...Ora ho finito di convincermi...ti giuro sulla mia fede di cavaliere...”; a pag. 507: “...cercherò di trovare una spada fatta con tale arte che a colui che la porti...”); con lessico alto (per es. a pag. 506: “contravvenire” a pag. 507: “...quale piacere può eguagliare...”; “rammarico”); segue modi di dire consueti al genere cavalleresco (per es. a pag. 507: “...questo è il giorno in cui si mostrerà...il valore del mio braccio...”)

10. Colloquiale (per es. a pag. 507:“...Sarà così...anche se io non lo so...”), ironico (per es. a pag. 509: “...Signore, non si vede in giro nemmeno uno di tutti gli uomini, giganti, cavalieri che la signoria vostra dice; per lo meno io non li vedo: forse sarà tutto un incantesimo, come i fantasmi di stanotte...”), razionale (per es. a pag. 507: “...so soltanto che da quando siamo cavalieri erranti...non abbiamo mai vinto alcuna battaglia...da allora in poi, sono state tutte legnate su legnate...”)

RIFLETTI SUL TESTO 1. A pagg. 508-509: “...trasportato dall’estro della sua inaudita pazzia...tutto preso e

imbevuto di ciò che aveva letto nei suoi libri fallaci...” 2. L'onore del cavaliere consiste nella guerra per una giusta causa (per es. a pag. 507:

“...quale gioia più grande può esserci al mondo o quale piacere può eguagliare quello di vincere una battaglia o trionfare del proprio nemico?...”; e: “...Che cosa dobbiamo fare?...Favorire e aiutare i bisognosi e i deboli...”); la spada magica che solo il cavaliere giusto può trovare (a pag. 507: “...cercherò di trovare una spada fatta con tale arte che a colui che la porti...”); la descrizione degli eserciti schierati (a pag. 508: “...Quel cavaliere che vedi là con le armi gialle, che porta sullo scudo un leone coronato...l'altro, con le armi dai fiori d'oro...”). Adeguandosi al lessico e ai modelli del genere

3. A pagg. 508-509: “...andò nominando molti cavalieri...che egli s'immaginava di vedere...trasportato dalla sua inaudita pazzia...tutto preso e imbevuto di ciò che aveva letto nei suoi libri fallaci...”

4. Essi lo aggrediscono a sassate e lo lasciano per terra senza dargli soccorso, dopo aver tentato di farlo smettere di spaventare le greggi.

pagg. 516-517 “Moby Dick” di H. Melville CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Articolato, elaborato, con interruzioni e riprese, anticipazioni e flashback, episodi

secondari... 2. Per complicare il corso degli eventi e far crescere la tensione del lettore 3. In quell'epoca avvengono numerose conquiste coloniali in Africa e in Asia, che

diffondono il gusto per paesi e popoli lontani STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno: il mozzo Ismaele, che sarà anche l'unico a salvarsi. L'espediente

del narratore interno, testimone dei fatti, serve a proporre l’interpretazione degli eventi

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2. Sequenza 1: dall'inizio fino a “...con lo stesso fanatismo d'intento nell'aspetto...” (pag. 512) Sequenza 2: da “...S'avvicinava la fine del giorno. Improvvisamente egli s'arrestò...” a “...va a prendere la grande misura di grog...” (pag. 514) Sequenza 3: da “...Ma cos'è quel muso lungo, signor Starbuck?...” alla fine

3. Il suo incessante, maniacale passeggiare sulla tolda della nave, che rappresenta la sua fissazione per la balena bianca; il nervosismo dei suoi gesti, quelli di un uomo tormentato; l'abilità manipolatoria dei suoi discorsi all'equipaggio, di cui tocca l'animo venale; la profondità della sua riflessione sul significato dell'esistenza; il suo coraggio nell'opporsi al male per cercare la verità dell'esistenza

4. La vendetta per avergli strappato una gamba nasconde il suo desiderio di lottare contro le forze malvagie della natura

5. Tutto ciò che noi vediamo nasconde qualcosa di sconosciuto. La “maschera” che ricopre questa parte sconosciuta va spezzata con coraggio, anche a costo della morte. Moby Dick rappresenta questa apparenza, è una “forza atroce innerbata da una malizia imperscrutabile”, cioè da un dio creatore malvagio, che ha permesso l'esistenza del male. Occorre non farsi limitare da ciò per conoscere i misteri dell'universo: “La verità non ha confini”

6. Starbuck adduce alla richiesta di Achab di inseguire la balena bianca una serie di obiezioni relative al guadagno, che dimostrano la sua mentalità economicistica: “...io sono venuto qua per dare la caccia alle balene, non per la vendetta del mio comandante. Quante botti frutterà la tua vendetta...” (pag. 514); poi gli contesta l'empietà di infuriarsi contro un animale, per paura dell'ira divina: “...Vendetta sopra un bruto che non ha parola!...mi sembra un'empietà...” (pag. 514)

7. Starbuck ha opposto delle obiezioni relative al guadagno: Achab gli risponde con una spiegazione sul senso della vita

8. A pag. 513: “...una balena dalla testa bianca, dalla fronte rugosa e dalla mandibola storta...”; “...dibatte la coda in modo un po' curioso...”; “...ha uno spruzzo...molto grosso...”; “...ha uno, due, tre, oh! Molti ferri in pelle...”; “...il suo spruzzo è grande come un fascio di grano e bianco come un mucchio della lana di Nantucket...”; “...dibatte la coda come un fiocco sbrindellato...”

9. Il lessico delle parti narrative è alto, con l'inserimento di numerosi termini marinareschi

10. Per es.: “eburneo” (pag. 512), “non del tutto sgombre di apprensioni” (pag. 512); per i termini marinareschi, per es.: “tambuccio”, “albero di maestro”, “murata”, “buca di trivello”, “sartia”...

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 513: “...con un tono di feroce approvazione...” e “...mezzo volgendosi ora

sul suo perno...” e “...emettendo un suono così stranamente soffocato e inarticolato che pareva il ronzio macchinale delle ruote della vitalità che aveva dentro...”; a pag. 514: “...egli urlò con un terribile e altissimo singhiozzo da belva...”

2. Svolgimento libero. pag. 520 “Il vecchio e il mare” di E. Hemingway CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Avvio mediante avvenimento imprevisto o progetto del protagonista – serie di

peripezie – superamento delle avventure ed esito positivo, spesso con accrescimento spirituale od economico

2. Il romanzo picaresco 3. Le avventure di Leucippo e Clitofonte di Achille Tazio e il Satyrikon di Petronio

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Focalizzazione interna, quella del protagonista. Per es. a pagg. 518-519:

“…L’inclinazione della lenza rivelò che il pesce nuotava a una profondità minore. Questo non significava necessariamente che avrebbe fatto il salto. Ma poteva farlo. – Dio, fa che salti – disse il vecchio…”; e a pag. 519: “…L’uccello lo guardò, mentre il vecchio parlava. Era troppo stanco perfino per esaminare la lenza e barcollava mentre le zampe delicate la stringevano stretta. – È ferma – gli disse il vecchio – È troppo ferma. Non dovresti essere così stanco dopo una notte senza vento…”

3. No, vi sono retrospezioni, (per es. a pag. 518: “…Ricordò che una volta gli era rimasta presa all’amo…”), giustificate dallo svolgimento della vicenda quasi sempre sull’onda dei pensieri e delle riflessioni del protagonista

4. Appare come un uomo amante della natura, amico di tutti gli animali (si veda per es. la breve scena con l’uccellino), ma consapevole delle leggi della natura, che prevedono la morte di alcuni: in questa chiave va letta la sua tenace lotta con il pesce

5. Il vecchio pescatore accetta la sfida con il grande pesce senza odio, anzi quasi con amicizia, nella consapevolezza di una legge di sopravvivenza universale (si veda a questo proposito anche il flashback in cui ricorda la cattura di una femmina di marlin a pag. 518: “…È stata la cosa più triste che abbia mai visto, pensò il vecchio. Anche il ragazzo era triste e le abbiamo chiesto scusa e l’abbiamo squartata senza indugi…”). Ne ha paura, ma accetta la sfida: o io o lui (“…- Pesce – disse – ti voglio bene e ti rispetto molto. Ma ti avrò ammazzato prima che finisca questa giornata…” pag. 519)

6. Perché è nella logica dell’esistenza 7. Spesso i suoi comportamenti e le sue azioni sono in parallelo con quelle del pesce (per

es. a pag. 517: “…Chissà se ha qualche piano o è disperato come me?...”; a pag. 518: “…Aveva scelto di restare nell’acqua profonda e scura al largo, fuori di tutte le trappole e le reti e gli inganni. La scelta mia era stata quella di andare laggiù a scoprirlo al di là di tutta la gente. Al di là di tutta la gente del mondo. Ora siamo legati l’uno all’altro e lo siamo da mezzogiorno, E nessuno dei due ha qualcuno ad aiutarlo…” e: “…Forse il filo gli è scivolato sulla schiena. Certo la schiena non può fargli male coma la mia…”). Tutti siamo disperati, tutti lottiamo per la sopravvivenza, tutti moriremo

8. Il pesce e l’uccellino 9. Il pesce rappresenta la sfida per la sopravvivenza, forse l’ultima dell’esistenza.

L’uccellino l’amicizia, la solidarietà, la compagnia nel “viaggio” della vita 10. L’autore mescola discorso diretto, discorso indiretto e indiretto libero in ogni

riflessione del vecchio: per es. “…- Come vorrei che ci fosse il ragazzo – disse ad alta voce, e si sistemò sulle assi tonde della prua e dalla lenza che gli attraversava le spalle sentì la forza del grosso pesce che procedeva regolarmente nella direzione che aveva scelto. Quando il mio inganno lo ha costretto a scegliere, pensò il vecchio. Aveva scelto di restare nell’acqua profonda e scura al largo, fuori di tutte le trappole e le reti e gli inganni. La scelta mia era stata quella di andare laggiù a scoprirlo al di là di tutta la gente…” (pag. 518); “…e capì che non poteva aumentare lo sforzo. Non devo farla muovere, pensò. Ogni movimento allarga il taglio fatto dall’amo allora quando il pesce salta potrebbe liberarsi. Comunque mi sento meglio, ora che c’è il sole…” (pag. 519)

11. “esca” “lenza” “gaffa” “rostro” “fiocina” “prua” “poppa” “issare la vela” 12. Le frasi sono brevi, accostate una dopo l’altra senza sintassi complessa: prevale la

paratassi RIFLETTI SUL TESTO 1. e 2. Svolgimento libero.

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pag. 528 “Se questo è un uomo” di P. Levi CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Si tratta di una narrazione che racconta vicende vissute dal protagonista 2. Ogni romanzo può contenere elementi autobiografici che riflettono esperienze vissute

dall'autore 3. Il romanzo autobiografico può raccontare anche vicende di fantasia; l'autobiografia,

invece riferisce solo fatti reali STRUTTURA DEL TESTO 1. L'autore, Primo Levi, come narratore interno 2. Focalizzazione interna, per es. a pag. 523: “...ci hanno fatto entrare in una camera

vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete abbiamo!...”; a pag. 524: “...dice di mettere le scarpe in un certo angolo, e noi le mettiamo, perché ormai è finito e ci sentiamo fuori dal mondo...”

3. Per es. la prima sequenza, dall'inizio a “...ha odore di palude...” è narrativa, seguita subito da una breve sequenza riflessiva: “...Questo è l'inferno. Oggi, ai nostri giorni, l'inferno dev'essere così...”; oppure l'ultima sequenza, riflessiva, da “...Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa...” (pag. 526) è preceduta da una lunga sequenza narrativa, in cui si descrive l'ingresso di un “vestito a righe” che spiega dove sono stati portati e li introduce alle regole del campo (pag. 525)

4. Le sequenze narrative, poiché l'autore persegue lo scopo di far conoscere al mondo gli orrori del lager, raccontando le raccapriccianti vicissitudini della deportazione e della vita nel campo

5. Primo Levi ha una mente analitica, che cerca di utilizzare per descrivere, come un osservatore, le crudeltà del lager (per es. a pag. 524: “...Finalmente si apre un'altra porta: eccoci tutti chiusi, nudi tosati e in piedi, coi piedi nell'acqua, è una sala di docce...”). Tuttavia la sua sensibilità emerge in numerosi punti (per es. quando a pag. 524 dice: “...Non avevo mai visto uomini anziani nudi. Il signor Bergmann portava il cinto erniario...”), così come la sua disponibilità alla solidarietà e al conforto degli altri detenuti (a pag. 524: “...L'ingegner Levi mi chiede se penso che anche le nostre donne siano così come noi in questo momento e dove sono e se le potremo rivedere. Io rispondo di sì...Ma ormai...è chiaro che ci uccidono...). Si dimostra profondamente rispettoso nei confronti del dolore altrui (per es. a pag. 525: “...perché sento che ha cominciato a soffrire prima di noi...”), ma totalmente disilluso riguardo alla fine a cui sono condannati (per es. a pag. 525: “...Qualcuno si sente rinfrancato, io no...”)

6. Flesch è un ebreo tedesco sulla cinquantina, “chiuso e taciturno”, ma sensibile al dolore altrui e generoso nei confronti dei compagni

7. Evita di tradurre ai compagni le frasi più crudeli degli aguzzini o tiene nascoste ai compagni le rivelazioni più dolorose, per evitare loro la disperazione, per quanto possibile

8. A pag. 524: “…Entrano con violenza quattro con rasoi, pennelli e tosatrici, hanno pantaloni e giacche a righe, un numero cucito sul petto…Noi facciamo molte domande, loro invece ci agguantano…” a pag. 525: “…È ebreo come noi? – No – dice lui con semplicità – io sono un criminale...si vede bene che evita certi argomenti. Delle donne non parla: dice che stanno bene, che presto le rivedremo, ma non dice né come né dove. Invece ci racconta altro, cose strane e folli…In quel mentre ha suonato una campana, e lui è subito fuggito, e ci ha lasciato attoniti e sconcertati…subito dopo irrompono quattro (forse sono i barbieri) che, bagnati e fumanti, ci cacciano con urla e spintoni nella camera attigua, che è gelida; qui altra gente ci butta addosso non so che stracci…”

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9. L'io narrante è sopravvissuto all'orrore, è condannato a portare dentro di sé i segni di ciò che ha subito e visto subire, descrive la sua tragica esperienza per mostrare al mondo le inaudite efferatezze del Nazismo; l'io narrato matura progressivamente queste convinzioni, scoprendo le infinite possibilità di crudeltà umana come in un viaggio dentro l'inferno

10. Sì, per es. “...Il debole fruscio dell'acqua nei radiatori ci rende feroci...” (pag. 523); oppure “...frasi tedesche piene di gelo...” (pag. 524); o anche “...Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera...” (pag. 525)

RIFLETTI SUL TESTO 1. Il deportato viene totalmente spersonalizzato, privato di tutto ciò che è, che possiede e

che ne costituisce l'identità, perfino dei capelli (“...accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso...” pag. 526); viene umiliato nel suo pudore, violentato nei suoi sentimenti, nella sua libertà; viene infine considerato come una “macchina da lavoro”, sfruttato nelle sue energie fisiche fino al suo annientamento

2. Il brano finale, che ci invita a riflettere sulle potenziali capacità di crudeltà delle guerre, degli ideali sbagliati e delle persone

3. Svolgimento libero. pag. 532 “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” di Christiane F. CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Focalizzazione interna, perché il narratore sceglie che cosa e come raccontare e il

senso da dare agli avvenimenti secondo il proprio punto di vista 2. Permette di valutare gli avvenimenti con occhio critico, presentando un'opera con cui il

lettore potrà confrontarsi e su cui potrà riflettere 3. Emotivamente intenso, di solito con un lessico forte e figure retoriche dense di

significato STRUTTURA DEL TESTO 1. La protagonista è l'autrice 2. Per es. a pag. 530: “...I rapporti che c'erano a scuola li trovavo incredibilmente

squallidi...La classe era comunque totalmente apatica...non c'era niente per cui prendere appunti o da imparare...”; a pag. 531: “...La Kunfürstenstrasse all'incrocio con la Potsdamerstrasse era piuttosto squallida...”; a pag. 531: “...Forse non voleva affatto sapere come andavano esattamente le cose...”

3. Christiane presenta il tipico atteggiamento adolescenziale di ricerca dell'identificazione nel gruppo, ma non mostra capacità di valutazione (per es. a pag. 529: “...Nessuno opprimeva l'altro...ci piaceva chiunque faceva uno scasso, rubava una macchina o rapinava una banca...”): è così che inizia a drogarsi: “...Dopo il mio viaggio mi sentivo proprio uguale agli altri del gruppo...” e segue le scelte del gruppo verso droghe più pesanti: “...Io presi due pasticche di efedrina, un eccitante, senza sapere esattamente cosa mandavo giù...” (pag. 529). Cerca rapporti di vero reciproco interesse tra le persone (a pag. 530: “...Questo dovremmo imparare in questa scuola di merda! Che uno abbia interesse per l'altro...”) ma non vede che l'amicizia e l'amore all'interno del gruppo, che lei enfatizza, non è affatto ciò che sta cercando (a pag. 530: “...nel gruppo stavo spesso da parte. Sempre meno partecipavo ai discorsi. Si trattava sempre delle solite cose: la roba, la musica, l'ultimo trip...”). Christiane non impara niente dalle delusioni, come quella del mitico “Sound”, dove anche la sua amica si disinteressa di

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lei. Non riconosce, nella sua gioia di tornare a casa e nella sua voglia di avere vicino sua madre, i suoi desideri veri, i suoi affetti veri: “...pensai: «Christiane, questo non è il tuo mondo. Stai facendo qualcosa di sbagliato»...Sentivo il bisogno di parlare con qualcuno di quello che avevo vissuto. Sapevo che nessuno del gruppo mi avrebbe capita...potevo parlare solo con mia madre...non avevo il coraggio di parlare. Non avevo neanche la consapevolezza che volevo parlare...” (pag. 531). La madre, del resto, non è capace di starle al fianco, la delude anch'essa: “...Non voleva caricarsi di altre arrabbiature... Forse non voleva affatto sapere come andavano esattamente le cose...” (pag. 531) .

4. “...c'era qualcosa come amicizia, tenerezza e in un certo senso anche amore...Nessuno opprimeva l'altro...Quando stavamo insieme per noi non esisteva il mondo miserabile degli altri...” (pag. 529)

5. “...Si trattava sempre delle solite cose: la roba, la musica, l'ultimo trip...” (pag. 530): in realtà il legame del gruppo si autoalimenta solo attraverso l'uso delle più svariate droghe, senza le quali non ci sono elementi di coesione

6. La madre non è capace di starle al fianco, appare interessata maggiormente al suo compagno, non vuole vedere realmente che cosa sta succedendo alla figlia, non è in grado di reggere la relazione con un'adolescente in crisi

7. La scuola è uno spazio negativo, perché “...non c'era niente per cui prendere appunti o da imparare...” (pag. 530), le relazioni con i compagni e con gli insegnanti sono “squallidi”, non ci sono contatti personali: “...I rapporti consistevano nel mandarsi in paranoia . Nessuno aiutava l'altro, ognuno voleva essere il migliore...” (pag. 530). Gli insegnanti sono troppo indulgenti o deboli. La discoteca è uno spazio positivo, ma solo nella sua immaginazione: “...Mi ero immaginata che ci dovevano essere dei tizi eccezionalmente stupendi...Mi ero immaginata il Sound come un vero palazzo. Tutto un luccichio. Effetti di luci pazzeschi e la musica proprio da orgasmo...” (pag. 530)

8. Per es.: “trip”, “viaggio”, “chilom”, “stravolgimento”, “sballati”, “pasticche”... Il gergo è intraducibile, ma è anche estremamente attuale, essendo entrato, dopo più di trent'anni, nei modi di dire comuni non solo giovanili, perdendo in parte il suo vero contenuto

RIFLETTI SUL TESTO 1.

Sostanza assunta Sensazione e reazioni provate Hascisc La natura si dissolveva in colori, forme e rumori che rispecchiavano le sue

sensazioni; la vita le sembrava bella

Acidi Trip, spesso dell'orrore; per lei invece “una visione incredibile”

Pasticche eccitanti “...trovai di nuovo che tutto era pazzamente figo e che amavo tutti...”

2. Le droghe diventano via via sempre più pesanti, obnubilando completamente le sue capacità di raziocinio

3. La protagonista vive nei sobborghi di una metropoli, i genitori sono assenti dalla sua vita o hanno una presenza non significativa, mostra il desiderio di integrarsi in un gruppo e di ribellarsi nei confronti delle regole sociali, sfida se stessa ogni volta che assume una nuova droga, sentendosi più sicura di sé...

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pag. 535 “Padre padrone” di G. Ledda CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Un momento importante, in cui chi racconta ritiene di essere giunto ad una svolta, o

una meta o alla morte… 2. Per fissare i ricordi, o pensieri ed emozioni, per fare bilanci, per il piacere di raccontare

le proprie esperienze, per dare una giustificazione al proprio operato… STRUTTURA DEL TESTO 1. L’autore è il protagonista 2. Sì, in tutte le parti in cui il narratore esprime la sua valutazione dei fatti narrati. Per es.

a pag. 533: “…I primi giorni furono per tutti un vero supplizio. Per me, però, fu ancora peggio. Ero abituato a quella libertà pastorale…”; oppure a pag. 534: “…Con quella tirata il comandante rintuzzò le mie impennate…”; o a pag. 535: “…La lingua nazionale era sempre più lontana dal sardo che da qualsiasi altro dialetto…”

3. Il suo girovagare senza tregua, la ricerca della solitudine e il divagare con la fantasia e i ricordi per non vedere la situazione

4. In particolare quando il comandante lo convince a restare: “…M’impastoiò le caviglie come bestia docile allo svezzamento…le mura della mia nuova tanca…i miei belati…come un capo di bestiame…”

5. Si dimostra comprensivo e accomodante; anche se lo scuote con parole brusche, si appassiona alla sua condizione, non lo prende in giro e lo convince a restare, trovando una buona soluzione ai suoi problemi

6. Al contrario delle valli la caserma è uno spazio chiuso: “cinta di mura invalicabili”, gli appare come una “prigione”; alle campagne perfettamente conosciute gli si oppongono ora “interminabili labirinti”, “mura annerite e scalcinate”

7. Impastoiare = mettere la pastoia, cioè il laccio che impedisce il movimento, soprattutto ai cavalli; termine tecnico usato soprattutto per l’allevamento, ma anche in senso figurato al di fuori dell’ambito Rintuzzare = spuntare, ribattere una punta, e in senso figurato “contrastare”; termine tecnico Impennata = movimento con cui l’animale, specialmente il cavallo, si solleva sugli arti inferiori; termine tecnico Tanca = termine dialettale sardo, indica il recinto per il bestiame

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 533: “…Avevo ancora soggezione del prossimo. L’italiano non lo sapevo

parlare che sillabicamente. Dovevo fare il balbuziente senza esserlo…”; “…«signorsì» e «signornò». Solo che all’inizio non sapevo quando bisognava dire la prima o la seconda…”; “…Io ero muto e senza una lingua: come un essere inferiore che non poteva esprimere quello che pensava…”; e a pag. 535: “…La lingua nazionale era sempre più lontana dal sardo che da qualsiasi altro dialetto…E questo era un fatto che costringeva noi sardi a stare sempre insieme: un branco di «animali diversi»…tra noi sardi e gli altri soldati c’era di mezzo la separazione della lingua…”

2. Per Gavino Ledda il ricordo della sua vita di pastore è la salvezza nella solitudine disperata della caserma…

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pag. 544 “Il mastino dei Baskerville” di A. Conan Doyle CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Si tratta di una narrazione che racconta uno o più delitti e le indagini per la scoperta del

colpevole 2. Romanzo giallo, detective story, roman policier, Kriminalroman 3. Dal colore della copertina della prima collana italiana dedicata a questo tipo di

narrativa STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno: Watson, amico di Sherlock Holmes 2. Focalizzazione esterna, per permettere al lettore di trovare la soluzione del caso via via

che gli indizi vengono trovati e interpretati, accrescendo in tal modo l’attesa, coinvolgendo il lettore nella suspence

3. Holmes viene presentato nella sua casa, dove segue le sue abitudini (per es. nel brano sta facendo colazione, dopo essersi alzato tardi, come al solito); appare un uomo colto e benestante, che si circonda di oggetti gradevoli (il caminetto, il divano) e preziosi (la caffettiera d'argento). Ha un atteggiamento amichevole nei confronti di Watson, loda i suoi sforzi di analisi degli indizi, però sottolinea i suoi limiti con una punta di ironia, mettendo in rilievo la propria superiorità (per es. a pag. 541: “...Devo riconoscere che in tutte le relazioni...lei ha solitamente sottovalutato le sue capacità personali. Può essere che ella non sia di per se stesso luminoso, ma indubbiamente è un conduttore di luce. Alcuni individui, pur senza possedere il genio, hanno il notevole potere di stimolarlo...”). È orgoglioso delle sue capacità logiche con cui vede e interpreta gli indizi

4. Watson è il tipico gregario: ammira il suo amico, cerca di emularlo, ma di solito si dimostra ottuso

5. Di collaborazione amichevole 6. Le sue abitudini casalinghe, l'ambientazione domestica, la sua pacatezza 7. Nella casa di Holmes, per farne risaltare le caratteristiche di quotidianità 8. La raccolta e l'osservazione di indizi e la loro interpretazione; la personalità e gli

atteggiamenti del protagonista RIFLETTI SUL TESTO 1.

Elementi dedotti da Watson Elementi errati (secondo Holmes)

Elementi aggiunti da Holmes

Il visitatore è un medico di mezza età

L'età È un giovane al di sotto dei trent'anni

È un medico di campagna che visita i suoi pazienti a piedi

La scritta sul bastone indica il dono di un circolo di caccia

La scritta non indica un circolo di caccia

La scritta indica il dono di un ospedale in occasione del trasferimento del medico in campagna

Il medico possiede un cane, più grande di un bassotto ma più piccolo di un mastino

2. Holmes non parte da premesse universali, ma dall'osservazione di elementi particolari:

le sue conclusioni devono sempre essere confermate dalla realtà.

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pag. 549 “Addio, mia amata” di R. Chandler CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Intrattenere e divertire rassicurando il lettore con il lieto fine 2. Con attenzione e precisione, senza lasciare al caso nessun particolare 3. Per confondere il lettore allungando la lista dei sospetti STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno, il protagonista 2. Il narratore procede lentamente, con lente descrizioni che creano suspence, utilizzando

nei commenti alle scene e alle descrizioni toni ironici e motti spiritosi. Le azioni sono spesso rallentate dalla precisione dei dettagli, a volte sono anticipate da battute che lasciano intendere che cosa succederà, oppure sono lasciate all’intuizione del lettore, con un effetto umoristico e grottesco

3. Marlowe viene presentato come un uomo comune, senza doti particolari, né di coraggio né di forza fisica; osserva e descrive i personaggi, le situazioni e le indagini con umorismo e ironia

4. Egli è “…un negro robusto, dal collo di toro…” con un corpo grosso e forte, capelli corti e crespi, e con “…una faccia devastata…appiattita e gonfia, rivoltata e rinsecchita, piena di cicatrici e ricordi vari…” (pag. 545), che rendeva note a tutti le sue esperienze e la sua forza: “…Era una faccia che non aveva da temere nulla…”. Nello scontro con il gigante ha la peggio, e diventa un agnellino: “…Si muoveva dietro i tavoli con aria stanca e avvilita. Era un uomo che all’improvviso era diventato vecchio e aveva perduto tutte le illusioni…” (pag. 546)

5. Egli è un “omone”, con “occhietti grigi e tristi”, mani grosse con un “dito indice che sembrava una banana”, fortissimo e implacabile nell’uso della forza, collerico e arrogante, ma non molto intelligente, sa usare prevalentemente la forza fisica

6. Il bar, secondo i comuni pregiudizi, è probabilmente un posto malfamato, dove si gioca e si beve, e le persone utilizzano modi violenti e armi; un posto solo per gente di colore, probabilmente emarginati e quindi più facilmente dediti alla malavita

7. Per es.: “…«Da quanto tempo questa stiva è diventata una tana di scarafaggi?»...” (pag. 546); “…un silenzio improvviso, pesante come una barca piena d’acqua…” (pag. 545)

8. L’ambientazione nel mondo dei gangster e della malavita; la rissa; l’uccisione del padrone del bar; l’utilizzo della suspence per preparare le azioni; l’utilizzo di gergo e lessico volgari

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché la narrazione è focalizzata sulle azioni dei personaggi 2. Svolgimento libero. pag. 554 “Il caso Saint-Fiacre” di G. Simenon CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. In tre parti: crimine, inchiesta, soluzione 2. La vittima, il criminale, l’investigatore 3. Egli è l’eroe del romanzo, anche senza essere per forza bello, forte e giovane: egli

dimostra la sua superiorità tramite l’intelligenza STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno

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2. In particolare nelle descrizioni di Ernest e dei suoi comportamenti (per es. a pag. 553: “…Era curioso di vedere la vecchia diffidenza contadina che faceva capolino nel ragazzo!...”)

3. Maigret rifiuta ogni tipo di violenza, si accosta alle persone con fare semplice, cercando di capire i loro comportamenti e le loro motivazioni (per es. a pag. 553: “…«Domani ti regalerò un messale ancora più bello…Non ti sgriderò»…”)

4. Capelli rossi, lentiggini, labbra carnose, “uno sguardo acuto, selvatico”; un carattere ostinato e diffidente ma anche, contemporaneamente, ingenuo

5. La madre esordisce presentandosi come povera, ma onesta; chiede una mancia per il ritrovamento del messale e li ripone con attenzione; la casa viene definita “catapecchia” e l’abbigliamento dei suoi abitanti è analogo

6. Per es. l’udito (a pag. 550: “…A Maigret giungevano brandelli di frasi…”); la vista (a pag. 550: “…Un giovanotto…con un fiore rosso all’occhiello della giacca di sargia blu scuro…”); l’odorato (a pag. 552: “…portando con sé l’odore dell’incenso e dei ceri spenti…”)

7. MONOLOGO INTERIORE: per es. a pag. 552 “…L’arma del delitto! Un ritaglio di giornale…La contessa di Saint-Fiacre andava alla prima messa…Faceva la comunione. Era tutto previsto…”); a pag. 553 “…Bersaglio colpito! Sapeva il fatto suo, il ragazzo! Quali pensieri andava rimuginando in quella testa troppo grossa…” DISC. INDIRETTO LIBERO: per es. a pag. 552 “…Sul viso di Maigret c’era un’espressione che faceva paura: non aveva mai visto un delitto così vile e al tempo stesso così ben congegnato…”; a pag. 553 “…Il ragazzo rimase sconcertato. Sicché il commissario sapeva che esistevano messali con i capilettera rossi…”

8. La presenza di analisi psicologica dei personaggi; l’osservazione dell’ambiente in cui è stato commesso il crimine (abitudini, modi di fare…)

RIFLETTI SUL TESTO 1. Le abitudini domenicali di un piccolo paese di provincia: i vestiti “della festa”, la

messa, il pranzo domenicale, il pic-nic o la bevuta alla locanda 2.

Investigatore Problema che deve affrontare

Modalità usate per risolvere il problema

SHERLOCK HOLMES

scoprire dal bastone da passeggio dimenticato degli elementi sul suo proprietario

raccoglie e osserva indizi, da cui trae deduzioni, formula delle ipotesi, che poi cerca di confermare

PHILIP MARLOWE aiutare un delinquente a ritrovare la donna amata

si immerge nell’ambiente, cercando di capire che cosa è avvenuto

COMMISSARIO MAIGRET

trovare l’omicida della contessa osservando e chiedendo a persone, interpretando i loro comportamenti e ricostruendo la psicologia della vittima e dell’assassino

pag. 562 “Frankenstein” di M. Shelley CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un romanzo che narra storie misteriose, inquietanti, spaventose o raccapriccianti 2. Romanzo gotico e romanzo nero ANALISI DEL TESTO 1. Sì, sono uguali. La scelta serve a dare un tono realistico alla incredibile vicenda 2. Il dottor Frankenstein è animato da un grande entusiasmo nelle possibilità della

scienza, è infaticabile e audace nella sperimentazione, non prova disgusto o paura per i

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cadaveri in decomposizione. Inizialmente si sente orgoglioso della sua scoperta e della sua capacità di dare la vita

3. Per es. a pag. 559 la sequenza della creazione della creatura: “...Con un'ansia che arrivava quasi allo spasimo raccolsi attorno a me gli strumenti della vita per infondere la scintilla animatrice...” seguita da quella dell'osservazione delle sue caratteristiche: “...Bellezza! Gran Dio! La sua pelle gialla a malapena copriva...ora che avevo finito, la bellezza del sogno svaniva, e un orrore e un disgusto soffocanti mi riempivano il cuore...”

4. Per es. a pag. 559: “...una stanza solitaria, o meglio una cella...separata dagli altri appartamenti...”; a pag. 559: “...una cupa notte...la pioggia batteva sinistramente...al bagliore della luce che andava estinguendosi...”; a pag. 560: “...Il mattino, desolato e piovoso...un cielo nero e spietato...”

5. Per es. a pag. 558: “miracolo”, “stupefacente”, “inconcepibili”, “complesso e magnifico”, “ardua”, “vastità e complessità”...

6. Per es. a pag. 560: “livide”, “cadavere”, “sudario”, “i vermi brulicare”... 7. Per es. a pag. 557: “sull'orlo della conoscenza”. La metafora indica il limite che lo

scienziato vuole valicare; a pag. 558: “…come il verme erediti le meraviglie dell'occhio e del cervello…”. La metafora dell'eredità del verme che si è nutrito del corpo umano vuole suscitare orrore, ma rivela anche l'ammirazione dello scienziato per la continua trasformazione della morte in vita (che è appunto il tema della sua sperimentazione); a pag. 558 la similitudine “…come un uragano…” rende evidente la forza dell'entusiasmo che lo spinge

RIFLETTI SUL TESTO 1. e 2. Svolgimento libero. pag. 565 “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde” di R. L. Stevenson CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. L’intrattenimento di un particolare tipo di lettore, che desidera provare forti emozioni o

sfidare le proprie paure 2. Dà rilievo all’indagine della natura del male e delle pulsioni irrazionali e inconfessabili 3. Un ritmo alternante tra momenti di tensione e momenti di rilassamento emotivo STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore interno: Lanyon, amico di Jekyll 2. La lettera racconta a posteriori la scoperta della trasformazione di Jekyll in mostro: ciò

permette un’analisi dettagliata mediante terminologia medica, poiché Lanyon è, appunto, medico, e una descrizione delle sue sensazioni di disagio alla vista dell’uomo mostruoso

3. Per es. la tensione, iniziata all’arrivo di Hyde, si allenta nella lunga descrizione del suo aspetto (da “…Non l’avevo mai visto prima…” a “…alle sue fortune e alla sua condizione sociale…”, pag.563) per riprendere tono subito dopo, sull’onda dell’ansia di Hyde per la pozione

4. La descrizione del mostro è dettagliata: fisicamente piccolo, gracile e “di corporatura minuta”, mostra una straordinaria “vivacità muscolare”; gli abiti che indossa non sono, evidentemente i suoi, perché “smisuratamente troppo grandi” e lo fanno apparire “grottesco”

5. Ciò che inquieta particolarmente il dottor Canyon sono i suoi atteggiamenti: l’evidente nervosismo sull’orlo dell’isteria, la sua “espressione malevola” che fa intuire che ha commesso dei delitti e che non ne è affatto pentito

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6. Prova una immediata ripugnanza, di cui non sa spiegarsi la causa, anche se fa intuire che essa aveva radici “…in qualcosa di più nobile che non il semplice principio dell’odio…” (pag. 563), un grande disgusto, ma anche curiosità, che lo spinge, infine, ad assistere alla sua terribile trasformazione in Jekyll

7. La descrizione di Hyde a pag. 563. Dopo di essa il narratore si giustifica dicendo: “…Queste osservazioni così lunghe da riferire, le feci in pochi secondi…”

8. L’ora della mezzanotte; l’oscurità della piazza, fuori, in contrasto con la viva luce dello studio

9. La pozione, come Jekyll-Hyde, subisce una metamorfosi: cambia colore, dal rosso al verde. Forse i due colori vogliono simboleggiare il Male e il Bene, o piuttosto la compresenza di opposti come sono Jekyll e Hyde

10. All’area semantica del vedere. Ma all’interno di essa si nota una serie di coppie di opposti: buio/luce – abiti di ottima fattura/abbigliamento grottesco – curiosità/disgusto – rosso/verde – scienza materiale/medicina trascendentale

RIFLETTI SUL TESTO 1. Quando Hyde ricorda al dottor Lanyon il giuramento di non rivelare ciò che vedrà: è in

quel momento Jekyll che si rivolge all’amico: “…- Come volete, - disse il mio visitatore. E incomprensibilmente aggiunse: - Ma ricorda il tuo giuramento, Lanyon…” (pag. 564)

2. Svolgimento libero. pagg. 573-574 “1984” di G. Orwell CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un romanzo che racconta una vicenda ambientata in un mondo lontano nel tempo o

nello spazio e in cui scienza e tecnologia hanno un ruolo importante 2. Può essere di pura evasione, ma più spesso offre lo spunto per una riflessione sullo

sviluppo della scienza e sulle eventuali possibili evoluzioni della società contemporanea

3. Di solito sono oggetti avveniristici STRUTTURA DEL TESTO 1. Narratore esterno 2. Per es. a pag. 570: “...Fuori, anche attraverso i vetri chiusi della finestra, il mondo

pareva freddo...”; e “...C'erano sempre stati quei panorami di case novecento in rovina, coi fianchi tenuti su a malapena...e quelle staccionate intorno ai giardini che pendevano sghembe da tutte le parti?...”

3. Winston Smith è un uomo qualunque, come suggerisce il suo cognome, senza particolarità: ha trentanove anni ma sembra già vecchio (per es. soffre di vene varicose, fatica a fare le scale...), è piccolo e magro, biondastro, con un colorito malsano e la pelle “raschiata” dai prodotti di bassa qualità che usa per lavarsi e per radersi

4. Gesti che dimostrano l'asservimento di Winston al Grande Fratello

“...girò un interruttore e la voce si abbassò un poco, ma le parole si potevano distinguere...” (pag. 569)

“...Winston teneva le spalle al teleschermo. Era più sicuro...” (pag. 570)

“...e nemmeno s'era mai azzardato a entrare nel raggio d'un mezzo chilometro da esso...” (pag. 571)

“...Fece assumere alla sua fisionomia l'espressione di tranquillo ottimismo che era opportuno... (pag. 571)

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Gesti che dimostrano il mancato asservimento di Winston al Grande Fratello “...trasse dal cassetto una penna, una boccetta d'inchiostro e uno spesso quaderno rilegato...” (pag. 571)

“...L'aveva visto nella vetrina d'un robivecchi...ed era stato assalito immediatamente da un enorme desiderio di possederlo. I membri del Partito non avrebbero dovuto recarsi in botteghe ordinarie...” (pag. 571)

“...Aveva buttato una rapida occhiata all'uno e all'altro capo della strada, e quindi era sgusciato dentro la bottega e aveva comperato il quaderno...” (pag. 572)

“...La cosa che si disponeva a fare consisteva nell'incominciare un diario...se comunque fosse stato scoperto...sarebbe stato condannato a morte, o a venticinque anni almeno di lavori forzati...” (pag. 572)

“...La penna...si adoperava assai di rado...e lui se n'era procurata una di nascosto e non senza difficoltà...” (pag. 572)

5. A Londra, che viene descritta come una città tetra, fredda, senza colori, in decadimento

architettonico e dove si vive poveramente, con cibi e oggetti di bassa qualità. La scelta vuole enfatizzare la visione pessimistica dell'autore riguardo alle dittature

6. Il teleschermo e il dittografo 7. Per es. “fresca limpida giornata”(pag. 569), “piccola fragile figuretta” (pag. 569),

“lucido candido cemento”(pag. 570), “color crema, un po' ingiallita”(pag. 571), “piccole goffe cifre”(pag. 572)

8. Per es. a pag. 569: “...una placca di metallo oblunga, simile a uno specchio opaco...”; “...un elicottero volava...se ne restava librato per qualche istante...”; “...nel campo visivo comandato dalla placca di metallo...”; “...sui cavi che vi riguardavano...”; a pag. 571: “...tremila locali sul livello del terreno e altrettanti in ramificazioni sotterranee...”; “...un labirinto di passaggi protetti dal filo spinato, porte d'acciaio e feritoie nascoste...”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Perché è un atto personale, non inquadrabile nell'omologazione generalizzata voluta

dalla dittatura; perché può avere dei contenuti censurabili dal punto di vista della propaganda di partito; perché può raccontare delle verità scomode, da tenere celate

2. Svolgimento libero. pag. 577 “Viaggio al centro della terra” di J. Verne CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Nell’Ottocento, in concomitanza con lo sviluppo tecnico scientifico dell’epoca 2. Perché sono ambientate in un mondo o in un tempo lontani e di solito facilmente

presentano elementi insoliti 3. È ricco di tecnicismi e vocaboli nuovi STRUTTIRA DEL TESTO 1. Un narratore interno 2. Un diario di bordo, per permettere osservazioni personali, a volte “in diretta” per

creare suspence, e poi deduzioni e riflessioni 3. Per es. a pagg. 575-576: “…Intanto la pioggia forma una cateratta fragorosa davanti

a quell’orizzonte verso cui noi corriamo pazzamente. Ma prima ch’essa arrivi fino a noi, il velo delle nuvole si straccia, il mare ribolle e l’elettricità, prodotta da una vasta azione chimica che avviene negli strati superiori, entra in gioco. Al rumore del tuono

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si mischiano i bagliori scintillanti della folgore; lampi innumerevoli s’incrociano in mezzo alle detonazioni; la massa dei vapori diviene incandescente; la gragnola che batte il metallo dei nostri utensili e delle armi si fa luminosa; le onde sollevate sembrano altrettanti ponticelli ignivomi sotto i quali cova un fuoco interno e di cui ogni cresta è impennacchiata di fiamme. Ho gli occhi abbagliati dall’intensità della luce e le orecchie rotte dal rumore della folgore! Bisogna che m’afferri all’albero il quale si piega come una canna sotto la violenza dell’uragano!!!…”

4. Egli alterna atteggiamenti razionali, descrizioni e deduzioni scientifiche a notazioni di paura, di sorpresa, di meraviglia

5. Lo zio è un geologo affascinato dall’esperienza che sta vivendo: si dimostra coraggioso oltre ogni prudenza. La guida islandese che li accompagna appare calmo ed energico di fronte a qualsiasi pericolo

6. Meraviglia e interesse 7. Per es. a pag. 575 “…«Ammainiamo,» dico io: «abbattiamo l’albero! Sarà cosa

prudente». «No, per il diavolo!» grida lo zio. «Cento volte no! Che il vento ci prenda! Che l’uragano ci trasporti! Ma che io veda una buona volta le rocce d’una costa quand’anche la nostra zattera dovesse spezzarvisi contro in mille pezzi!»…”. Spesso i colloqui sono concitati, come le esperienze che essi stanno vivendo, c’è disaccordo tra la prudenza e il desiderio di scoprire

8. Per es. a pag. 576: “…Ho gli occhi abbagliati dall’intensità della luce e le orecchie rotte dal rumore della folgore! Bisogna che m’afferri all’albero il quale si piega come una canna sotto la violenza dell’uragano!!!...”; e ancora: “…Non la finiremo mai!...”; e a pag. 577: “…Ah! Che luce intensa! Il globo scoppia! Siamo coperta da getti di fiamme!...”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Le descrizioni dei fenomeni chimico-fisici sotterranei non possono che essere di

fantasia, perché nessuno spettatore può avervi mai assistito. Tuttavia, è possibile una ricostruzione scientifica dei fenomeni descritti

2. Verne ritiene che ciò che oggi è immaginario sia possibile, possa diventare reale domani, soprattutto se è basato su verità scientifiche. L’esperienza ci dice che spesso ciò è proprio avvenuto.

pagg. 582-583 “Le avventure del buon soldato Sc'vèik” di J. Hasek CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Un racconto di una storia divertente 2. Divertire il lettore 3. Stimolare la riflessione con intento critico o morale; talvolta denunciare i difetti, le

contraddizioni o le ingiustizie STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente, con focalizzazione zero 2. Per es. a pag. 580: “...affinché il signor maggior generale potesse essere contento.

Affinché, d'altro canto, avesse la sua parte di gioia pure il sottotenente Dub, il capitano Sàgner gli comunicò che per quel giorno sarebbe toccato a lui di essere di ispezione...”; “...come rondini sui fili telegrafici...”; oppure: “…Naturalmente in tutta quella scena si vedeva la ferrea disciplina militare, lo spirito di organizzazione…”. Lo scopo è quello di ironizzare sul militarismo, trasformando un momento di guerra in una situazione ridicola

3. A pag. 581: “... Sc'vèik sentì tutta la serietà della situazione. Balzò su come si trovava,

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coi pantaloni abbassati...dopo aver ancora adoperato, all'ultimo momento, il pezzetto di carta...E, dicendo questo, fece il suo bravo saluto...”; e anche: “...«Faccio rispettosamente notare...fertig»...”

4. Il fatto che stia ritto sull'attenti con i pantaloni abbassati, facendo il saluto con la mano; il fatto che informi il maggior generale di aver già completato l'azione che stava facendo in latrina

5. Aiutante è il maggior generale; antagonista il sottotenente Dub 6. Il maggior generale passa in rassegna una squadra di soldati “in pompa magna” ma

“coi pantaloni abbassati”, sorridendo amabilmente; egli si esprime con buffe sgrammaticature (per es. a pag. 581: “...Alor tirati su i calezon...”), ma soprattutto valuta il gesto di Sc'vèik come un gesto di eroismo

7. Il sottotenente Dub si avvicina con “cipiglio minaccioso” assolutamente fuori luogo in quella circostanza, e viene redarguito dal maggior generale per non aver dato lui stesso, invece di Sc'vèik, l'ordine di attenti

8. In una latrina, che è un ambiente privato, dove si compiono azioni naturali ma imbarazzanti da citare. Del resto la comicità fa uso spesso di termini legati alle funzioni corporali

9. Dal contrasto tra la rigida durezza degli ordini in lingua tedesca da un lato, e, dall'altro, la lingua sgrammaticata dell'ufficiale di più alto grado

RIFLETTI SUL TESTO 1. Egli non compie imprese coraggiose al fronte, ma un'attività ridicola in una latrina. La

comicità deriva spesso dalla descrizione di figure quotidiane in situazioni assurde o ridicole, come in questo caso. Il protagonista riceverà poi addirittura una medaglia di bronzo per “…la perfetta esecuzione del servizio…”, tipica situazione rovesciata che genera comicità

2. Svolgimento libero. pag. 587 “Il circolo Pickwick” di C. Dickens CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. L’accentuazione dei vizi e difetti; il ribaltamento o l’esasperazione di situazioni

quotidiane; presentazione di situazioni grottesche come normali; il non senso; la presa in giro; scherzi…

2. Equivoci, paradossi, giochi di parole, doppi sensi, freddure, linguaggi inadeguati… 3. Stile rapido e vivace, con uso di lessico semplice STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente 2. Sì, per es. per spiegare degli antefatti (come a pag. 583: “…Ora va detto che

quest’orologio era uno degli oggetti più cari al signor Pickwick…”); oppure per enfatizzare la situazione (come a pag. 584: “…sarebbe stato uno spettacolo proprio delizioso, per qualche persona dotata di spirito, contemplare i sorrisi che gli allargavano il volto radioso…”); o con anticipazioni per suscitare l’attenzione del lettore (come a pag. 584: “…venne interrotto all’improvviso dall’incidente più impreveduto…”); o, semplicemente, per commentare le caratteristiche del personaggio o della situazione (per es. a pag. 586: “…Si trovava solo, per un corridoio aperto, in una locanda sconosciuta, semivestito nel mezzo della notte. Impossibile sognarsi di trovare, in quella tenebra assoluta, una stanza…”)

3. Picwick è un uomo semplice, in qualche momento un po’ semplicione, allegro, “…il più modesto e delicato dei mortali…”, un po’ goffo ma educato e gentile (a pag. 586: “…nulla valse a piegare la sua innata compitezza…”)

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4.

Gesto o espressione Motivo per cui risulta divertente ad ogni piano di scale egli pensa di essere arrivato

l’ingenuità del suo meravigliarsene

l’espressione di trionfo con cui raccoglie l’orologio

la semplicioneria della sua soddisfazione

le fughe dalle stanze aperte per errore la sua goffaggine lo spavento all’ingresso nella sua camera di uno sconosciuto

si scopre poi che lo sconosciuto è una dama molto contegnosa

“…che situazione spaventosa!...Non mi è capitato mai un caso così terribile…” (pagg. 584-585)

la sua angoscia è eccessiva

lo sporgersi dalla tenda arrampicato sul letto la buffa posizione gli inutili tentativi di sciogliere i legacci del berretto da notte

la sua goffaggine

“…C’è…c’è…soltanto un signore, signora!…” (pag. 585)

la goffaggine anche del suo esprimersi (nota le ripetizioni)

egli scuote la testa “…con tanta energia che la nappa del berretto da notte cominciò a danzare…” (pag. 586)

il suo aspetto

l’inchino e la frase con cui si commiata per l’abbigliamento, inadatto alle formalità il cappello sopra il berretto da notte il suo aspetto l’inciampare nella serie di scarpe esposte fuori dalle porte

la sua goffaggine

4. La signora che siede “pensierosa” davanti alla specchiera, è contegnosa ed energica 5. Quanto più il goffo Pickwick cerca di risolvere l’imbarazzante situazione, tanto più la

signora diventa energica nell’ordinargli di andarsene, nonostante egli sia in tenuta da notte

6. Una locanda sconosciuta, in piena notte, senza poter ritrovare la propria stanza, la

tenuta da notte…tutto aumenta il comico smarrimento del personaggio 7. Per dare immediatezza comica alla situazione RIFLETTI SUL TESTO 1. Abbigliamento: la sottoveste da uomo, le ghette, il berretto da notte, i diavolini per i

capelli, la cuffia da notte Arredamento: il candeliere, il camino per riscaldare le stanze, le candele per illuminazione, il baldacchino con le cortine, il lumino da notte, il catino

2. Svolgimento libero. pag. 597 “I Buddenbrook” di T. Mann CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. È un tipo di narrazione che racconta vicende caratterizzate da un’atmosfera di

decadenza e di dissolvimento delle certezze e dei valori della tradizione 2. Perché affronta tematiche come l’incomunicabilità tra gli uomini, l’angoscia

esistenziale, l’incapacità di capire e gestire la realtà, la difficoltà a conoscere se stessi… 3. Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento

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STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno, alternando focalizzazione zero e focalizzazione interna 2. Per es. a pag. 592 gli occhi di Hanno lo segnano per la sua estraneità al mondo che lo

circonda: “…con le lunghe ciglia scure e gli occhi bruno-dorati…sembrava sempre uno straniero…fra i compagni biondi dagli occhi azzurri come l’acciaio…” (si veda anche a pag. 595 dove sono definiti “occhi assenti” e si osserva che “…quei timidi occhi bruno-dorati, cerchiati di ombre azzurrognole, erano fin troppo osservatori…”), dimostrando inoltre la sua insicurezza: “…occhi che, specialmente quando guardavano di sbieco, avevano un’espressione così timida ed elusiva…”; a pag. 594 gli occhi di uno dei fratelli Hagenström manifestano invece la sua forza violenta: “…Gli occhi azzurri lampeggiavano attraverso capelli rossicci…”. Il padre di Hanno spesso tiene “…gli occhi chiusi…” (pag. 595), quasi a manifestare la sua insoddisfazione per una vita priva di slanci e piena di convenzioni e, al pensiero di avere lo stesso destino anche “…Hanno chiudeva gli occhi…”

3. Hanno è minuto, gracile, dal colorito pallido a causa dell’anemia, spesso ammalato e sempre bisognoso di cure. Il suo viso pallidissimo è ornato da capelli castani e occhi bruni con occhiaie azzurrognole. La lunga descrizione, che copre quasi interamente pagg. 592-595, costituisce un ritratto completo

4. Egli è un ragazzo “spaurito”, timido e insicuro, come si comprende, per es. dalle “…labbra dolorosamente serrate…” o dalla arrendevolezza con cui assume le medicine “…invincibilmente ripugnanti…”, o con cui si piega ai “…giochi ginnastici…” malgrado provi per essi “…un’antipatia muta, riservata…”. È, come dice suo padre, “…una mezza cartuccia…che cercava di evitare pavidamente tutto ciò che richiedeva un po’ di baldanza, di forza, di vivacità e di sveltezza…” (pag. 593), e viene schernito e tormentato dai fratelli Hagenström senza opporre alcuna reazione

5. Il senatore Thomas è un uomo insoddisfatto della sua vita, a cui guarda con “stanco scoramento”, oppure su cui chiude gli occhi, per riuscire a sopportare gli “obblighi sociali” in cui ripone tutte le sue migliori energie, trasformandosi in un uomo “serio e tranquillo”, capace di ironia e complimenti, obblighi e doveri mondani che lo lasciano “esausto”, “annientato e senza speranze”

6.

Gesti, affermazioni o azioni del padre per educare il figlio ai suoi valori

Risposte di Hanno

una scuola tecnica, per destinarlo a lavorare nell’azienda di famiglia

accetta obbediente, anche se “spaurito, senza aggiunte”, cioè senza convinzione

attività sportive per consolidare e migliorare la sua “delicata costituzione” fisica

manifesta “antipatia per quel sano diporto”, tuttavia esegue gli ordini

cure e medicine ricostituenti ingurgita obbediente e sottomesso introdurlo in azienda, facendosi accompagnare al porto e cercando di suscitare il suo interesse

non mostra “alcun segno spontaneo di piacere o di curiosità”

chiede di accompagnarlo al varo di una nave accondiscende fingendo desiderio si fa accompagnare nei salotti “sedeva muto al suo fianco” osservando tuttavia

“…quanto gli costasse quell’arte…”.... “…e all’idea che anche lui era destinato un giorno…chiudeva gli occhi con un brivido di paura…” (pag. 595)

7. Essi condividono il piacere per la musica, per il teatro e le storie fantasiose; entrambi

odiano la ginnastica e gli sport. Il senatore giudica Kai “…sì, un bravo ragazzo, ma pur sempre un essere indefinibile…”, che non possiede le qualità virili, per es. dei fratelli Hagenström e che non spinge Hanno a sviluppare la passione per le attività fisiche

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8. Per es. a pag. 592: “…che, a prenderne una cucchiaiata, scivolava giù in gola come una viscida salamandra…Perché mai tutte queste cose erano così invincibilmente ripugnanti?...”

RIFLETTI SUL TESTO 1. La favola immagina gli straordinari poteri favoriti da un anello magico: Hanno forse

vorrebbe essere meno inetto 2. e 3. Svolgimento libero. pagg. 600-601 “Il piacere” di G. D’Annunzio CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Quelle del Positivismo 2. Perché la realtà dei fatti aveva dimostrato che la scienza e la ragione umana non erano

in grado di garantire la felicità dell’uomo 3. Di prendere atto dello stato di crisi in cui versava la società e di prendere in maggior

considerazione le impressioni soggettive e le intuizioni irrazionali STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno 2. Focalizzazione zero 3. Egli è un uomo di grande cultura, che ha acquisito mediante “lunghe letture” e “lunghi

viaggi”, e quindi possiede un gusto artistico squisito, ma si possono considerare difetti il suo “…paradossale disprezzo de’ pregiudizii, l’avidità del piacere…” (pag. 598) e il suo “…ingegno malsano…”. Fin dall’inizio “…egli fu prodigo di sé…”, concedendosi qualsiasi cosa (e persona) gli piacesse, ma ciò aveva distrutto la sua “forza morale”: “…egli non si accorgeva che la sua vita era la riduzion progressiva delle sue facoltà, delle sue speranze, del suo piacere…” (pag. 599) ed egli praticava la menzogna al punto che “…egli giunse a non poter mai essere interamente sincero…”

4. L’educazione di Andrea era “…viva, cioè fatta non tanto su i libri quanto in cospetto delle realtà umane…” (pag. 598); il padre lo aveva avviato al culto del piacere (“…Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte…” pag. 599) e alla libertà assoluta, in ogni campo (“…fin nell’ebbrezza…” possedendo senza essere posseduti e “…occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni…” pag. 599). Ultimo, ma non poco importante, “…la scienza della vita sta nell’oscurare la verità…” (pag. 599)

5. Frasi come “potenza volitiva debolissima” e “incauto educatore”; aggettivi come “malsano” e avverbi come “perfidamente” (pag. 599) fanno capire il giudizio esplicitamente negativo, anche se ambiguo (perché in ogni caso Andrea viene presentato come un uomo eccezionale), di D’Annunzio

6. Egoista e incentrato su di sé e sui suoi desideri, egli “…aveva una scienza profonda della vita voluttuaria…”, non aveva saputo costruire un positivo legame coniugale, la cui pace “…aveva travagliata e turbata in tutti i modi…” (pag. 598); “incauto educatore”, aveva plasmato il figlio a suo piacimento

7. Il padre è audace e volitivo, mentre Andrea è un uomo “…la cui potenza volitiva era debolissima…”, cioè senza forza di volontà

8. Fino a venti anni egli si era dedicato agli studi seguendo il padre, separato dalla moglie, nei suoi viaggi; a ventuno anni era rimasto orfano del padre, aveva soggiornato per quindici mesi in Inghilterra e si era infine stabilito a Roma

9. Egli ama i luoghi che evocano la Roma dei principi, poiché vorrebbe essere uno di loro 10. La vista, che attiene alla sfera dell’apparenza 11. Perché è dominato dallo spleen, che egli definisce “…un senso inesprimibile di

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scontento, di sconforto, di solitudine, di vacuità, di nostalgia…”, sentimenti tipici dell’atmosfera decadente

12. Termini dotti: per es. arcadica, prodigo, artefici, gaudioso, istoriato, tepidario, vacuità Termini rari: per es. cospetto, ebbrezza, sofisma, bussi Termini antiquati: per es. italico, pedagoghi, intiera, ruinata, dilettoso, giovine, guisa Neologismi: per es. byroniana Termini stranieri: per es. home Termini con apocope: per es. tradizion, espansion, riduzion, sebben, finir, ciel Forme insolite dell’ortografia: per es. studii, pregiudizii, criterii, su i

RIFLETTI SUL TESTO 1. La sua grande sensibilità lo porta a sperimentare tutto senza freni, in una vita del tutto

immersa solo nei piaceri dei sensi, sia sul piano dell’arte che della vita quotidiana, innalzandosi sopra la massa degli uomini comuni, che egli disprezza

2. Per es. a pag. 600: “…i bussi profondi, il granito rosso d’Oriente, il marmo bianco di Luni, le statue della Grecia, le pitture del Rinascimento…”

3. Dominare le cose e le persone per procurarsi piacere, senza nessuna etica. pagg. 610-611“Alla ricerca del tempo perduto: la strada di Swann” di M. Proust CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Si tratta di una narrazione che mette in primo piano le emozioni, i sentimenti e le idee

dei personaggi 2. Attraverso gli occhi dei personaggi 3. Figure complesse, perché sono analizzati fino nel profondo della loro personalità STRUTTURA DEL TESTO 1. Il protagonista 2. L'attaccamento alla madre, la visita alla zia (che gli dava il biscotto che provoca la

scena del ricordo), i luoghi dei suoi giochi 3. Egli appare gravato da pessimismo (“...oppresso dalla giornata grigia e dalla

previsione d'un triste domani...” a pag. 607), sente che la vita è “...mediocre, contingente, mortale...”

4. Tappe della ricostruzione

dell'origine del ricordo involontario Immagine o riferimento con cui il narratore

illustra o spiega questa tappa Sensazione fisica Sapore della madeleine

Sentimento che ne deriva “...un piacere delizioso...” che gli rende indifferenti le “vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria...”

Riflessione critica Si chiede da dove gli fosse venuta quella “gioia violenta”, dove si potesse afferrarla

Ripetizione dell'esperienza Beve un secondo e un terzo sorso di tè

Momenti di analisi interiore “...È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me...”

Sensazione che qualcosa si muova nel profondo del suo animo

“...dev'essere l'immagine, il ricordo visivo...ma si agita troppo lontano, in modo troppo confuso...”

Riposo “...Adesso non sento più nulla, s'è fermato, è ridisceso forse...”

Apparizione improvvisa del ricordo “...E appena ebbi riconosciuto il sapore...subito la vecchia casa grigia sulla strada...e con essa la città...”

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5. MEMORIA VOLONTARIA: “...alla base il salottino, la sala da pranzo...il vestibolo...il primo gradino della scala, che mi era tanto duro a salire...e, in cima, la mia camera da letto col piccolo corridoio dalla porta a vetri per cui entrava la mamma...lo scenario strettamente indispensabile...al dramma dello spogliarmi, come se Combray non fosse consistita che in due piani riuniti da un'angusta scala...” (pag. 606) MEMORIA INVOLONTARIA: “...subito la vecchia casa grigia sulla strada...si adattò...al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei genitori...e con essa la città, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie dove andavo in escursione dalla mattina alla sera...le passeggiate che si facevano se il tempo era bello...i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swann, e le ninfee della Vivonne...” (pag. 609) Le due descrizioni sono profondamente diverse per quantità degli elementi, infinitamente più dettagliati nella seconda, e per intensità delle emozioni: la prima descrizione è fredda, la seconda richiama suoni, colori e gioie infantili

6. Il piano temporale di base è quello in cui egli racconta, il presente; quello di sfondo è quello dei ricordi

7. A pag. 606: “...l'inizio dell'oscuro viale donde sarebbe giunto Swann...” 8. Sì, in effetti gli avvenimenti non seguono altro criterio che quello interiore del ricordo 9. Per es. a pagg. 608-609: “…E, appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di

maddalena inzuppato nel tiglio che mi dava la zia (pur ignorando sempre e dovendo rimandare a molto più tardi la scoperta della ragione per cui questo ricordo mi rendesse così felice), subito la vecchia casa grigia sulla strada, nella quale era la sua stanza, si adattò come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino, dietro di essa, costruito per i miei genitori (il lato tronco che solo avevo riveduto fin allora); e con la casa la città…”

10. Per es. a pag. 606 “…immerse nel buio…” e “…era morto per me…” (il buio della memoria fa morire cose e persone); a pag. 607: “…trasaliscono allora, ci chiamano...hanno vinto la morte...Essa l’ha risvegliata…” (il ricordo è una battaglia contro l'oblio, che è il sonno della morte, cioè la scomparsa, di oggetti, fatti, persone); “…il paese tenebroso…dove tutto il suo bagaglio non gli servirà…” (per trovare nella memoria non sono sufficienti gli strumenti razionali); a pag. 608: “...l'impeto con cui tenterà di riafferrarla...” (allude alla fatica della mente per ricordare, e l'attività del ricordare è paragonata all'afferrare oggetti e persone dal profondo buio della dimenticanza) e “...ciò che palpita così in fondo a me dev'essere l'immagine...” (la mente che ricorda vede, come in uno specchio d'acqua, immagini in movimento, che appaiono e scompaiono)

RIFLETTI SUL TESTO 1. La ricostruzione della vita intesa come scoperta graduale della realtà attraverso la

memoria. Solo nella memoria, secondo Proust, l’uomo può cogliere le trasformazioni alle quali il tempo sottopone fatti, persone e sentimenti, che, risuscitati dalla memoria, rivivono nelle pagine letterarie

2. Buio Luce

notte lembo luminoso tenebre indistinte vampa di fuoco oscuro viale bengala oscurità proiettore elettrico

3. Svolgimento libero.

101

pag. 618 “Il fu Mattia Pascal” di L. Pirandello CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Perché essa è solo un pretesto per presentare la psiche dei personaggi 2. Le scienze psicologiche e in particolare la psicoanalisi STRUTTURA DEL TESTO 1. Il testo è strutturato prevalentemente per macrosequenze che contengono diversi tipi di

microsequenze, tra cui prevalgono quelle riflessive: La decisione di cambiare - dall’inizio a “…essere stato due uomini…” (sequenza narrativa inframmezzata da sequenze riflessive) Dal barbiere – da “…Già ad Alenga…” a “…me lo pose sotto gli occhi…” (sequenza descrittiva e dialogica) L’aspetto – da “…Se era stato bravo!...” a “…un po’ ridicola e meschina…” (sequenza descrittiva inframmezzata da sequenze riflessive) Il nome – da “…Il nome mi fu quasi offerto…” a “…M’hanno battezzato…” (sequenza narrativa inframmezzata da sequenze descrittive e dialogiche) Il viaggio – da “…Recisa di netto…” a “…col cappello del marito in capo…” (sequenza descrittiva inframmezzata da sequenze riflessive) L’anello matrimoniale – da “…Se non che…” a “…lì intombai il mio anellino di fede…” (sequenza narrativa inframmezzata da sequenze riflessive) La costruzione di Adriano Meis - da “…Quindi, non tanto per distrarmi…” fino alla fine (sequenza riflessiva)

2. Pirandello utilizza diversi punti di vista, perché ritiene che la realtà sia complessa, molteplice e sfuggente: ciò renderebbe la sua comprensione e rappresentazione continuamente mutevoli e soggettive

3. Quello dell’io narrante che racconta in forma retrospettiva e quello dell’io narrato che ha una visione parziale dei fatti

4. Il suo viso è caratterizzato da una fronte spaziosa, un mento piccolissimo e a punta nascosto da una gran barba, un naso largo e un occhio strabico. Si fa crescere i capelli, taglia la barba e maschera lo strabismo con degli occhiali

5. Quel “disgraziato” che credono morto, conduceva una vita infelice (una “sciagurata esperienza”), che si lascia indietro come un “fardello”, una “catena” di legami e obblighi

6. Egli ha “…un nuovo sentimento della vita…”: non vuole avere oneri di nessun tipo, soprattutto quelli sgradevoli; vuole andare “…in cerca di belle vedute, di ameni luoghi tranquilli…” (pag. 612) armato di una “…filosofia sorridente…” (pag. 613). Ma egli non riuscirà a essere veramente libero, anzi finirà in una situazione più infelice di prima, perché senza uno stato anagrafico non potrà inserirsi nel consorzio civile

7. Il più giovane ha la faccia pallida “…oppressa da una folta e ruvida barba…” , parla con “…un vocione cavernoso, che contrastava stranamente con la sua aria da ispirato…”. L’altro è “…un vecchietto magro magro…” e il “…collo lungo proteso come sotto un giogo…” ma con una piega ironica agli angoli della bocca. Ciascuno dei due aspetti è contraddetto da ciò che la persona pensa: il primo non è affatto ispirato, il secondo non è sottomesso ma ironico

8. Lessico colloquiale e quotidiano: per es. disgraziato, “reni quasi ingommate”, barbaccia, “come un flagello di Dio”, forbicioni, snebbiata, “si guasta il fegato”…

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Vocaboli letterari: per es. fardello, foggiarmi, ameni, scempio, recisa, tumultuava, sceverato, coloni, ritegno…

9. Per es. a pag. 612: “…Ah, un pajo d’ali! Come mi sentivo leggero!...”; a pag. 614: “…Mi parve anche che questo nome quadrasse bene alla faccia sbarbata e con gli occhiali, ai capelli lunghi, al cappellaccio alla finanziera che avrei dovuto portare. «Adriano Meis. Benone! M’hanno battezzato.» …” a pag. 615: “…«Più unico di così…Eppure no! …”;

RIFLETTI SUL TESTO 1. Pirandello ritiene che tutti noi portiamo delle “maschere” con cui entriamo in relazione

con gli altri: chi scopre tale finzione e riesce a vivere senza convenzioni è finalmente libero, chi non ci riesce è condannato ad essere infelice

2. Svolgimento libero. pag. 623 “Madame Bovary” di G. Flaubert CARATTERISTICHE DEL GENERE 1. Il discorso indiretto libero, il monologo interiore e il flusso di coscienza 2. Perché sono le più adatte a descrivere direttamente l'animo del personaggio 3. Il tempo del racconto è più lungo del tempo della storia STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente 2. Focalizzazione zero. Lo si può capire dalla ricchezza delle descrizioni, estremamente

dettagliate, delle attività e dei pensieri dei personaggi, in particolare di Emma (per es. a pag. 619: “...Divorava, senza lasciarsi sfuggire nulla, tutte le cronache delle prime, delle corse, delle serate, si interessava al debutto di una cantante...Si teneva al corrente con la moda, conosceva gli indirizzi...). Oppure dagli interventi espliciti per spiegare: “...Per sostituire Nastasia (era infatti andata via da Tostes versando fiumi di lacrime)...” (pag. 620). E anche dalla conoscenza perfetta dei pensieri e dei sentimenti della protagonista (per es. a pag. 622: “...In fondo al cuore continuava a sperare che accadesse qualcosa di diverso...volgeva sguardi disperati sulla solitudine della sua vita...Non sapeva cosa stava aspettando...Ogni mattino, al risveglio, sperava che ciò avvenisse, proprio quel giorno, e ascoltava ogni rumore, si alzava di soprassalto, e si stupiva che ancora non accadesse nulla; poi, al tramonto, sempre più triste, desiderava di essere all'indomani...”)

3. Emma sogna di vivere nella capitale (a pag. 619: “...immaginava di fare lunghe passeggiate...Risaliva i boulevards...”), di frequentare il bel mondo “al Bois o all'Opéra”, immagina gli ambienti di ambasciatori, duchesse e attrici (a pag. 620: “...i saloni dai pavimenti lucidi, dalle pareti rivestite di specchi...Non mancavano gli abiti a strascico...gli uomini, dotati di insospettate capacità sotto un'apparenza frivola, sfiancavano i loro cavalli in gite di piacere, trascorrevano le estati a Baden...creature prodighe come re, piene di ambizioni idealizzate e di deliri fantastici...”). E, invece, abita in provincia, ha sposato un uomo comune, che la fa vivere in un quieto benessere che non ha confronto con i suoi vagheggiamenti (per es. a pag.620: “...la campagna noiosa, i piccoli borghesi imbecilli, la banalità della vita...Lo stalliere che ogni mattina veniva a strigliare la cavalla...con i piedi nudi entro grossi zoccoli...)

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4. Aspetto

della vita Emma Charles

Condizione fisica

Giovane e graziosa: “...aveva un odore fresco, un profumo che non si sapeva bene da dove venisse, quasi fosse la pelle di lei a possederlo...” (pag. 621)

“...Godeva buona salute, aveva un bel colorito...” (pag. 621)

Modo di vestire

Elegante, curata: “...Emma indossava una vestaglia molto aperta sul davanti, con il collo a scialle che lasciava scorgere una camicetta plissettata e con tre bottoni d'oro. Un cordone con grosse nappine le serviva da cintura e le pantofoline color granato avevano un ciuffo di nastro alto che si allargava fin sul collo del piede...” (pag. 621)

Pratico, quasi trascurato: “...A volte Emma gli ricacciava nel panciotto il bordo rosso delle maglie, gli raddrizzava la cravatta o buttava via i guanti consumati che egli stava per indossare...” (pag. 622)

Propositi da realizzare

Migliorare la sua vita: “...In fondo al cuore continuava a sperare che accadesse qualcosa di diverso...volgeva sguardi disperati sulla solitudine della sua vita...Non sapeva cosa stava aspettando...Ogni mattino, al risveglio, sperava che ciò avvenisse, proprio quel giorno, e ascoltava ogni rumore, si alzava di soprassalto, e si stupiva che ancora non accadesse nulla; poi, al tramonto, sempre più triste, desiderava di essere all'indomani...” (pag. 622)

Nessuno: “...La sua reputazione si era assai consolidata...Aveva una gran paura di mandare il suo prossimo al Creatore e di conseguenza si limitava a prescrivere...Per tenersi al corrente, si abbonò all'Alveare medico...lo leggeva, in parte, dopo cena, ma il tepore della stanza, insieme con la fatica della digestione, facevano sì che in capo a cinque minuti, fosse addormentato...” (pag. 621)

Spostamenti Scarsi, al massimo alla vicina città di Rouen: “...Le capitò di vedere a Rouen alcune signore....” (pag. 621)

Solo per la sua attività di medico: “...Con qualunque maltempo, con la pioggia o con la neve, Charles continuava a cavalcare per le strade di campagna...” (pag. 621)

5. Emma: “...Emma avrebbe desiderato che il nome di Bovary...fosse illustre...Ma

Charles non aveva ambizioni!...«Che disgraziato! Povero disgraziato!» ripeteva, mordendosi le labbra...” (pagg. 621-622) Charles: “...la sera lo aspettavano il fuoco fiammeggiante, la tavola apparecchiata...una moglie elegante, graziosa, che aveva un odore fresco...Emma riusciva ad affascinarlo con innumerevoli raffinatezze...Meno Charles capiva queste eleganze, più ne subiva il fascino. Esse aggiungevano qualcosa al piacere dei sensi e alla dolcezza del focolare. Cospargevano di una polvere d'oro tutto il modesto sentiero della sua vita...” (pag. 621)

6. Perché Felicitè, a differenza di Emma, si accontenta di piccole cose (un po' di zucchero rubato dalla dispensa, quattro chiacchiere con i postiglioni davanti a casa)

7. Eugène Sue, Honoré de Balzac e George Sand 8. Campagna: “...la campagna noiosa...”, “...la cagnolina stessa riceveva le sue

confidenze ed ella ne avrebbe fatte anche ai ceppi del caminetto e al bilanciere della pendola...”, “...Tornò la primavera. Emma provò...un senso di soffocamento, ai primi calori, quando fiorirono i peri...”, “...L'avvenire si presentava come un corridoio nero in fondo al quale v'era una porta sprangata...” Parigi: “...smisurate promesse...”, “...più vasta di un oceano...”, “...i grandi misteri...”, “...folla eterogenea...”, “...un'esistenza che si librava al di sopra di tutto fra cielo e terra...”, “...si stendeva a perdita d'occhio lo sterminato paese della felicità...”

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9. È il tempo narrativo che indica azione continuata: nella vita di Emma tutto continua immutato senza cambiare

10. Per es. a pag. 619: “...Il visconte a Parigi. Così lontano. Com'era Parigi?...”; a pag. 620: “...Per l'amore, come per le piante esotiche, non era forse indispensabile un terreno adatto...”; a pag. 621: “...Emma lo guardava e alzava le spalle. Perché non aveva almeno per marito uno di quegli uomini accesi di taciturno fervore...” Perché permette di descrivere i pensieri dei personaggi con le loro stesse parole

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. a pag. 622: “…Ed ecco di nuovo primavera! Mi sembra di soffocare…che noia

tutti questi peri in fiore! Ma quanto manca a ottobre? Ci sarà anche quest’anno il ballo Vaubyessard?...”

2. Svolgimento libero. pag. 629 “Briciole, storia di un'anoressia” di A. Arachi STRUTTURA DEL TESTO 1. Il racconto, a focalizzazione interna, riferisce i fatti con interventi continui e costanti

anticipazioni: tale tecnica permette all'autore di guidare il lettore nel giudizio sugli eventi

2. La protagonista, con focalizzazione interna 3. Per es.: “Comincia con tre polpette al sugo questa storia…Una storia da manuale…”

(pag. 626); oppure “…In quei giorni nella piazza del centro le illusioni di una rivoluzione…” (pag. 627)

4. Per es. a pag. 626: “...È a metà della crescita che ho voluto rovinare una vita bella, dunque tranquilla, dunque noiosa...”. La vita di Elena è vuota di affetti veri, manca di obiettivi da perseguire, è carente di interessi che non siano superficiali

5. “...Occhi marroni, naso sottile. Gambe lunghe, ma non magre...” (pag. 626); “...le cosce ingrassate da un'adolescenza veloce...” (pag. 627): sono appunto le gambe la sua ossessione

6. Inizialmente vivace, allegra e sportiva, ma anche con “…un cervello troppo cupo, senza motivi, per occhi troppo accesi…”, cioè piena di dubbi, come spesso sono gli adolescenti.

7. Interessati solo al loro aspetto fisico, agli abiti firmati, ai soldi e agli oggetti, “a costo di avere soltanto quello dalla vita”. Certamente non le hanno dato stimoli e interessi, né affetto, troppo superficiali, attenti solo agli aspetti estetici dell'abbigliamento e del fisico: Elena in realtà li disprezza e si sente sola. Essi, tuttavia, sono il “pubblico” a cui mostrarsi, il “modello” di donna da copiare, la relazione in fondo più importante

8. A pag. 626: “...Mio padre non avrebbe mai voluto crederlo. Mio padre che poi non avrebbe nemmeno vissuto abbastanza per la fine di questa storia...”; “...È a metà della crescita che ho voluto rovinare una vita bella, dunque tranquilla, dunque noiosa...”; a pag. 627: “...Forse, dopo, avrei vomitato tutto questo...”

9. Il tempo del racconto è spesso modificato da anticipazioni, poiché è narrato come una lunga rievocazione, che anticipa i prevedibili esiti della malattia

10. Discorso indiretto libero RIFLETTI SUL TESTO 1. Inizialmente mangia con piacere (a pag. 626: “...mangiare mi aveva sempre dato

gusto...”). L'origine della malattia “...mi sfugge. Le cosce ingrassate da un'adolescenza veloce non possono bastare come spiegazione...” (pag. 627). Inizia una dieta, con l'aiuto dei genitori: “...per tacitare lo stomaco mi nutrivo dei complimenti di chi

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ammirava il mio sedere sgonfiarsi...” (pag. 627). Poi il cibo diventa un'ossessione: “...In meno di un mese il mio cervello riuscì a trasformare un pezzo di pane in un dannoso concentrato di zuccheri...riservavo al cibo tutti i pensieri della mia giornata...” (pag. 627). A questo punto comincia a vomitare il cibo che la madre le impone

2. Aspetto della realtà Giudizio espresso da Elena

La fissazione per gli abiti firmati Si viene accettati “senza dar troppe spiegazioni”

L'incapacità a parlarsi tra amici “...Le chiacchiere erano sempre le stesse...”

Anche alla musica non si dà attenzione “...un ritmo valeva l'altro, le parole non avevano importanza...”

La delusione della politica “...le illusioni di una rivoluzione si stavano prosciugando...”

La superficialità degli amici “...Parlavano di culi e bicipiti...Le palestre erano chiese nei loro sogni avviati attorno ai soldi e al sesso...”

3. e 4. Svolgimento libero.

pag. 634 “La casa degli spiriti” di I. Allende STRUTTURA DEL TESTO 1. Un narratore esterno onnisciente (ma alla fine del romanzo si scoprirà che è la nipote

di Clara) 2. Focalizzazione zero 3. Per es. nei confronti del vecchio Pedro García, il quale, avvalendosi della sua antica

sapienza, comprendente anche le arti magiche, riesce con semplicità (“...Parlandogli, appunto...”) a cacciare le formiche: l'autrice è evidentemente schierata dalla parte della saggezza antica, di cui anche Clara è una portavoce

4. Aspetti di Clara che possono essere

ricondotti all'ambito della realtà Aspetti di Clara che possono essere ricondotti all'ambito della fantasia o del soprannaturale

Si occupa del laboratorio di cucito Individua i sentimenti delle persone

Distribuisce medicine Parla con esseri invisibili

Insegna alle donne principi di igiene Sposta i mobili con la mente

Fa scuola ai bambini

Diffonde gli ideali femministi 5. Positivo, affettuoso 6. Férula è una zitella acida, invidiosa, gretta e insensibile; ritiene che il soprannaturale

sia pericoloso e retrogrado Clara è, invece, altruista e generosa, si impegna per migliorare le condizioni di vita dei contadini e per emancipare le donne, utilizza i suoi poteri soprannaturali a fin di bene

7. “...sembravano loro cose da pazzi...” (pag. 630): esse sono ancorate alla vecchia mentalità, che non si sentono autorizzate a contrastare

8. Il “gringo” tecnico agricolo, contrapposto al vecchio Pedro García: il primo, forte delle conoscenze tecniche, è arrogante (“...si sedette per terra ridendo come un matto...” a pag. 632), ma non risolve il problema; il vecchio, invece, avvalendosi della sua antica sapienza, che comprende anche le arti magiche, riesce con semplicità (“...Parlandogli, appunto...”) a cacciare le formiche

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9. Per es. a pag. 631: “...le formiche salivano senza arrestarsi e non rispettavano né pere né mele e neppure le arance, s'infilavano nell'orto e rovinavano i meloni, entravano nella latteria e il latte veniva ritrovato acido e pieno di minuscoli cadaveri; s'introducevano nei pollai e divoravano...”; oppure anche a pag. 632: “...cercarono nel granaio, nella stalla, nei pollai, andarono nei campi, arrivarono sino al fiume, guardarono dappertutto...”

10. Prevalentemente mediante descrizioni, dando informazioni sparse progressivamente (per es. a pag. 630: “...Clara aveva capito che c'era un posto anche per lei alle Tre Marie e...sentì che aveva infine trovato...”), ma spesso anche mediante discorso diretto (per es. a pag. 631: “...- Perché le guarda tanto, Mister, se sono tutte uguali? - disse Pedro Secondo García...”) e mediante discorso indiretto (per es. a pag. 632: “...Ferula si attaccò a questo per dire che vivevano in un buco, in una regione disumana...che un giorno avrebbero cominciato a volare con la scopa...”)

RIFLETTI SUL TESTO 1. Per es. che il rapporto dovrebbe essere privo di violenza, basato sulla convivenza

pacifica 2. Svolgimento libero. pag. 639 “Harun e il mar delle storie” di S. Rushdie STRUTTURA DEL TESTO 1. Perché ogni sequenza corrisponde a un cambiamento di spazio o di tempo. S1:

dall’inizio a “…da raccontare”; S2: da “Dopo che sua madre…” a “…orologi in movimento…”; S3: da ” …Alcuni giorni dopo…” a “…dispiegarsi monotono delle pianure…”; S4: da ”…Alla stazione…” a “…«Ark , ark, ark»…”; S5: da “…Dopo di che…” alla fine

2. Un narratore esterno onnisciente 3. Focalizzazione zero. Per es. le anticipazioni a pag. 635: “...Il giorno in cui tutto andò

storto...” e a pag. 636: “...Fu per questo che si sentì responsabile quando...si presentò davanti a un pubblico numeroso, aprì la bocca e si accorse di non aver più storie da raccontare...”. Oppure gli interventi per spiegare: per es. a pag. 636 ( “...È mio dovere spiegare che nel paese di Alifbay molti luoghi erano chiamati...” )

4. Rashid 5. Harun, che inizialmente appare colui che ha provocato la crisi con la sua domanda

(“...A cosa servono le storie che non sono neanche vere?...), ma poi lo aiuterà a diventare un padre più forte e un cantastorie ancor più motivato

6. Ritrovare le sue straordinarie capacità narrative, la sua fantasia 7. La moglie Soraya, abbandonandolo a causa della sua fantasia, lo ha messo in crisi; ma

anche il figlio lo ha fatto, con la domanda sulla funzione delle storie 8. Rashid è un uomo dolce, ma svagato, pieno di idee ma poco concreto, affettuoso con il

figlio, ma concentrato sul proprio dolore, si dimostra debole e incapace di risollevarsi 9. Harun è un ragazzino concreto (“...La prima cosa che disse Harun quando seppe della

partenza della madre fu: «Per quale motivo dovevi rompere il mio orologio?»...”), dimostra il suo dispiacere per l'abbandono da parte della madre (forse) con lo strano sintomo degli undici minuti; si dimostra affezionato al padre, di cui tuttavia non comprende le capacità (“...A cosa servono le storie che non sono neanche vere?...”), ma che cercherà di aiutare, sentendosi in colpa per aver avviato la sua crisi

10. Di collaborazione 11. Disperata per l'abbandono da parte del marito, ma decisa a recuperare la sua

indipendenza, ferma e sicura nelle proprie opinioni

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12. I luoghi sono un miscuglio di fantasia (per es. la “città triste”, le “fabbriche di tristezza”, “campi dorati e montagne d'argento”, “ruderi del castello di fate”) e di riferimenti alle metropoli industriali (“fumo nero”, “ciminiere”, “fabbriche”, “taxi”, “autobus”)

13. Per es. “...come una lampuga nel mare...” e “...come una gelatina...” a pag. 635; “...come un orologio rotto...” a pag. 636; “…come una spugna gronda acqua…” a pag. 637

14. Svolgimento libero 15. Per es. a pag. 636: “...perse le staffe...” e “...estrarle dalle orecchie...e ricacciarsele in

bocca...” e: “...incollato al numero undici...” 16. Svolgimento libero RIFLETTI SUL TESTO 1. e 2. Svolgimento libero pag. 643 “La prosivendola” di D. Pennac STRUTTURA DEL TESTO 1. Entra immediatamente nella vicenda 2. Il protagonista, Malaussène 3. Focalizzazione interna. Per es. le descrizioni sono fatte dal punto di vista del

protagonista: “...mi teneva imprigionato nella poltrona, strangolando i braccioli con le mani enormi. La preistoria in persona...” e “...E io, lassù, sul mio trono, incapace di pensare ad altro che a quella fottuta frase...” (pag. 640). Oppure la riflessione a conclusione della scena: “...Piangi, amico mio, tanto siamo tutti nella merda fino al collo e non basterai certo tu a fare alzare la marea...” (pag. 642)

4. È un personaggio strano, svagato fino all'incoscienza, ironico nei rapporti con i colleghi di lavoro, di cui descrive difetti e virtù, critico nei confronti del mondo

5. “...Uno scheletro enorme con attorno una forma approssimativa. Ossa simili a clave e l'attaccatura dei capelli appena sotto il naso...sopracciglia cespugliose...occhio da cinghiale...una voce curiosamente infantile...” (pag. 640). Il gigante devastatore ha però una sua fragilità interiore, che lo fa scoppiare in singhiozzi, per cui la scena si conclude con Malaussène che lo consola come una tenera mamma

6. Il gigante, terribile nell'aspetto e nel comportamento, in realtà non fa paura: “...l'attaccatura dei capelli appena sotto il naso...occhio da cinghiale...mi frugava nella coscienza come se avesse perso le chiavi...” (pag. 640); “...Con una mano, gli tenevo la testa nell'incavo della spalla, con l'altra gli accarezzavo i capelli...” (pag. 642) Malaussène ironizza sui suoi stessi comportamenti: “...con la testa sprofondata nelle spalle e incapace di dire se ero io. Mi chiedevo soltanto dove avessi letto quella frase...sul mio trono, incapace di pensare ad altro che a quella fottuta frase...” (pag. 640); “...- Cosa sta facendo? - Faccio come lei, comunico...” (pag. 641); “...- Ha ragione, dissi, quando non si può cambiare il mondo, bisogna cambiare l'arredamento...” (pag. 641)

7. La regina Zabo (“…conficcata nella moquette…”, a pag. 640; “...sei tipografi che la mia santa principale aveva messo in mezzo a una strada perché avevano consegnato il lavoro con sei giorni di ritardo...” a pag. 641), la segretaria Mâcon (che tiene nel cassetto della scrivania “…graffette, timbri e smalti per le unghie…” a pag. 641), il collega Loussa di Casamance (“…un senegalese alto un metro e sessantotto, con occhi da cocker e gambe da Fred Astaire…” a pag. 642)

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8. Richiamano le caratteristiche dei fumetti, piene di esagerazioni e comica ironia: per es. “strangolando i braccioli”, “ossa simili a clave”, “sopracciglia cespugliose”, “conficcata nella moquette”, “I libri volavano e cadevano morti”

RIFLETTI SUL TESTO 1. Svolgimento libero 2. Svolgimento libero 3. Forse che condividiamo tutti un unico destino: la morte. pag. 648 “Oceano mare” di A. Baricco STRUTTURA DEL TESTO 1. Il protagonista 2. Focalizzazione interna 3. NARRATORE: dimostra forza di volontà, resistenza (“...sto per morire, non morirò...”

pag. 644) nonostante la disperazione (“...io che urlo, e che urlo, e che urlo...” pag. 644), sensibilità e umanità (“...un uomo come uno straccio, appeso a un palo...si abbracciano prima di darsi al mare...più di cento uomini sconfitti, perduti...” pag. 644; “...quei disperati trascinarsi con le gambe spezzate fino a qualcuno di noi...” pag. 645) nonostante la lotta, disumanizzante, per la sopravvivenza (“...c'è la mia vita sotto le sue dita, e c'è la sua sulla punta della mia sciabola che alla fine gli entra in un fianco...” pag. 645), capace di riflessioni profonde (“...Per la prima volta, dopo giorni e giorni, lo vedo davvero...” pag. 646) CORRÉARD: il cartografo, pessimista (“...Non possiamo farcela...” pag. 645) LHEUREUX: primo ufficiale, organizza la distribuzione dei viveri, incoraggia il gruppo (“...Noi ci salveremo, per l'odio che portiamo contro quelli che ci hanno abbandonato, e torneremo per guardarli negli occhi...” pag. 645)

4. Nella conclusione del brano, a pag. 646, da “...Per la prima volta, dopo giorni e giorni, lo vedo davvero...”

5. La sua “…voce immane…”, la sua bellezza: “…nel suo mantello splendente...meraviglioso sopra ogni meraviglia…”; la sua forza: “…potente sopra ogni potenza…”; le sue caratteristiche totalizzanti: “…il mare era tutto...padrone del nulla, maestro del tutto...signore del tempo e padrone delle notti, l'unico e il solo…”; il suo essere infinito: “…meraviglioso mostro infinito…”; il suo essere l'origine di tutto: “…grembo di ogni nuovo nato e ventre di ogni morte...ricovero di qualsiasi destino...inizio e fine, orizzonte e sorgente…”

6. Per es. nella seconda sequenza il termine “vista” (“sguardo...occhi...guardare”); nella quarta il “rumore”(“rumori...urla...lamenti...preghiere...bestemmie...lamento… silenzio... urlo”)

7. Per es. nella settima sequenza: “...e nella luce che va e sparisce io ricordo quei corpi correre contro le nostre sciabole e lo schioccare dei colpi di fucile, e il sangue schizzare fuori dalle ferite, e i piedi scivolare sulle teste schiacciate tra le assi della zattera, e quei disperati trascinarsi con le gambe spezzate fino a qualcuno di noi...”

8. Per es. nell'ottava sequenza: “...nel pericolante scheletro della zattera su cui i vivi – i vivi – si aggirano derubando i morti...Fantasmi. Tutti quelli che vedono terra, Terra!, o navi...ed è lì che io – io – alzo lo sguardo – io alzo lo sguardo – lo sguardo...”

9. Per es. nella seconda sequenza: “...sto per morire, non morirò. Sto per morire non morirò sto per morire non morirò sto – l'acqua arriva alle ginocchia, la zattera scivola sotto la superficie del mare, schiacciata dal peso di troppi uomini – per morire non morirò sto per morire non morirò...”

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10. L'autore vuole evidenziare la paura e la disperazione della situazione descritta RIFLETTI SUL TESTO 1. Paura (“...Tutto sparisce e non rimane che lui, davanti a me, addosso a me...” pag.

646), meraviglia (“...meraviglioso sopra ogni meraviglia...” pag. 646), ammirazione (“..signore del tempo e padrone delle notti, l'unico e il solo...”pag. 646), sottomissione (“...in noi respira e vive...” pag. 646)

2. Svolgimento libero. MOD. 3 – LA LETTURA DI UN TESTO U.D.1 – I classici pag. 660 “Perché leggere i classici?” di I. Calvino 1. I classici sono libri fondamentali per la formazione di un individuo, nel senso che

danno forma alle esperienze future, fornendo modelli, termini di paragone, scale di valori. Essi hanno la caratteristica di apparire sempre nuovi anche alle letture successive. Essi infatti portano in sé la traccia delle letture precedenti la nostra e il segno che hanno lasciato nella cultura

2. Perché non ha mai finito di dire quello che aveva da dire 3. Perché l’inesperienza, o la distrazione, o l’impazienza della gioventù possono aver

impedito di apprezzare quel libro 4. La scuola, dando gli strumenti per scegliere i “propri” classici 5. Perché il desiderio di conoscenza non cessa mai, neanche in punto di morte 6. Essi costituiscono l’attualità, “un punto in cui situarci per guardare in avanti o

indietro” cioè un termine di paragone 7. Dovrebbe comprendere per metà libri che abbiamo letto e che hanno avuto importanza

per noi, e per metà libri che intendiamo leggere e che supponiamo possano avere importanza, lasciando uno spazio vuoto per le scoperte occasionali

8. 9. e 10. Svolgimento libero. pag. 664 “Harry Potter e la pietra filosofale” di J. K. Bowling 1. Harry, orfano di entrambi i genitori, vive in una famiglia che non gli dà affetto, ha un

fratellastro/cugino perfido e viziato, è infelice e inconsapevole delle sue qualità, che scoprirà nel corso delle sue peripezie contro l'antagonista

2. Viene ingiustamente punito, gli vengono negati i piaceri che vengono invece concessi al cugino (come il gelato), veste gli abiti smessi dal cugino... Essi sono gli elementi della situazione iniziale di infelicità, che lo spingono verso l'evento modificante

3. I personaggi magici misteriosi e inquietanti che si aggirano intorno a Harry e quelli che lo condurranno, attraverso il binario “nove e tre quarti” alla scuola di magia; gli elementi fantastici, come i “fatti strani” che accadono ad Harry; il lieto fine col trionfo dei buoni sui cattivi

4. e 5. Svolgimento libero.

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MOD. 4 – LETTERATURA E CINEMA U.D.1 – Il cinema pag. 698 “Autobiografia di uno spettatore” di I. Calvino 1. Schermo (telone su cui si proietta il film), cartelloni (locandine pubblicitarie del film),

proiezione (trasmissione delle immagini sullo schermo), cabina di proiezione o dell’operatore (stanza da cui si proietta), doppiaggio (sostituzione della colonna sonora originale con un’altra parlata nella lingua degli spettatori)

2. Per es. a pag. 696: “…Un altro mondo da quello che mi circondava…”, e: “…soddisfare un bisogno di spaesamento, di proiezione della mia attenzione in uno spazio diverso…”

3. Il contrasto tra due dimensioni temporali, climatiche e storiche diverse, dentro e fuori dal film

4. Da spettatore (della vita, in quanto adolescente) egli si è trasformato in protagonista, perché è diventato adulto e perché ha preso parte attiva nella Resistenza

5. A pag. 697: “…spezzando il filo temporale della storia e trasformandola in un puzzle da ricomporre…”. Narrare con le parole o mediante immagini sono tecniche affini, spesso identiche

6. Le sequenze; la classificazione dei personaggi; l’uso del dialogo; anticipazione e retrospezione; ellissi, sommario, estensione; l’ambientazione; i generi; i classici

pag. 702 “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di L. Pirandello 1. Girare (fare la ripresa), camerino (stanza o luogo dove l’attore si trucca e si veste),

pellicola (supporto fotosensibile su cui si registra), treppiedi (cavalletto su cui si fissa la macchina da presa), manovella (a quei tempi serviva per far avanzare la registrazione)

2. All’inizio del brano: “…dare in pasto a questa macchina la vita…”; a pag. 700: “…preparare per il pasto la macchinetta…”; a pag. 701: “…aveva in corpo quella macchina la vita di un uomo…” e: “…La vita, che questa macchina s’è divorata…”

3. Perché, come tutte le altre macchine, sta iniziando a divorare la vita dell’uomo; ma anche perché racconta vite fasulle, prive di valori e sentimenti autentici

4. Nel mondo della inautenticità causata dal dominio delle macchine, l’operatore perfetto è solo, muto e impassibile, non lascia alcuno spazio ai sentimenti o ai legami con altre persone

U.D.2 – Dalla letteratura al cinema pag. 718 “I Malavoglia” di G. Verga e “La terra trema” di L. Visconti 1. Elementi comuni: il luogo, i personaggi (pur con qualche differenza), l'ambiente,

l'importanza del legame familiare tra i protagonisti, la trama, la superiorità della natura Elementi di diversità: la motivazione della povertà dei Malavoglia/Valastro, la figura di 'Ntoni giovane, la sorte della sorella

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2. “Sgomenta...sbigottita”, attonita, come inebetita 3. Visconti si sofferma sul contrasto (di inquadratura, cromatico...) tra il mare in tempesta

e le figure delle donne; Mara, con i capelli scompigliati è sballottata dal vento, chiede aiuto ad un pescatore: rappresenta il tentativo di opporsi alla forza del mare

4. Sono diverse: l'una impotente, l'altra tenta una, seppure inutile, resistenza 5. Verga sottolinea gli effetti della tempesta sulle persone; Visconti evidenzia la potenza

distruttiva del mare, si sofferma sulle onde e sul fragore per far risaltare le figure delle donne che attendono sulla scogliera

6. Oltre che sul rumore del mare, l'attenzione di Verga si sofferma sui suoni pronunciati dalle persone: “cantava...biascicava...balbettava...cicalavano...”. Visconti ripete molte volte il suono della campana a martello, il segnale di pericolo che fa da sfondo alle immagini, enfatizzando il dramma

7. È la voce del narratore, che racconta la storia (nel film gli attori parlano in dialetto siciliano, che può risultare incomprensibile)

8. Il pessimismo verghiano non crede possibile nessun riscatto per i “vinti”; al contrario, Visconti propone la vicenda con intenti didascalici, aprendo la possibilità di costruzione di un mondo migliore, dove non si ripetano gli stessi errori.