MH160_NOBILI INTERESSI

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Helen Dickson

NOBILI INTERESSI

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Rainborough Inheritance

Katherine An Illustrious Lord

Harlequin Mills & Boon Historical Romance Harlequin Mills & Boon Legacy of Love

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 1996 Helen Dickson © 1996 Helen Dickson © 1997 Helen Dickson

Traduzioni di Claudia Molinari, Massimiliano Canzi ed Elisabetta Elefante

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 1998 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History settembre 1998 Prima edizione Harmony History novembre 1998

Prima edizione Harmony History giugno 1999 Seconda edizione Il Meglio di Harmony marzo 2013

Questo volume è stato stampato nel febbraio 2013

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

IL MEGLIO DI HARMONY ISSN 1126 - 263X

Periodico mensile n. 160 del 16/03/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 777 dello 06/02/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

Sommario

Pagina 7

Una ricca ereditiera

Pagina 159

Katherine

Pagina 317

Un lord impeccabile

Una ricca ereditiera

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Laurence Dwyer camminò deciso in direzione del Lincoln's Inn, la testa chinata leggermente per la preoccupazione. Era un uomo decisamente attraen-te, un ufficiale dell'esercito appena tornato dal Me-diterraneo e dal caldo sole della Spagna. Aveva po-co meno di trent'anni, era alto ed elegante nel porta-mento e di chiaro lignaggio aristocratico. Era infatti il candidato, anche se riluttante, al ruolo di futuro Conte di Rainborough, erede di una vasta proprietà e di un castello, venti miglia a nord est di York. Lì, infatti, era situato il paese di Rainborough, circon-dato dall'estesa e meravigliosa vista delle brughiere dello Yorkshire che in agosto diventavano un mare di eriche purpuree. Laurence si avviò direttamente agli uffici di Ga-reth e Shard, gli avvocati che si occupavano di tutti gli affari della famiglia Dwyer. Venne fatto acco-modare da uno degli impiegati che, qualche minuto più tardi, lo accompagnò nell'ufficio di William Shard, impegnato alla scrivania. Riconoscendo su-bito il nuovo arrivato, il legale posò la penna nel ca-lamaio e si alzò. «Benvenuto, milord!» esclamò. «Sono felice di

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vedervi, e così presto! Per la verità, non vi aspetta-vo prima della settimana prossima. Avete fatto buon viaggio dalla Spagna, spero.» «Sì, grazie. Una volta ricevuta la vostra lettera, ho chiesto il permesso di allontanarmi dal mio reg-gimento. Comunque, è solo questione di tempo pri-ma che rassegni le dimissioni.» Sedendosi dall'altra parte della scrivania di fronte a Shard, Laurence lo guardò con espressione seria. «Certo, è ovvio. Eravate molto unito a vostro cu-gino, lo capisco. La sua morte deve avervi sconvol-to» disse il legale. «Sì. Rupert e io abbiamo passato molti bei mo-menti insieme, da ragazzi. A causa del mio impegno con il reggimento, non lo vedevo da parecchio tem-po, quattro anni per la precisione, ma mi mancherà davvero tanto. Non sapevo che non fosse in buona salute. Cos'è successo?» «La sua morte è stata improvvisa. Non riusciva a resistere ai tavoli da gioco. Dopo il decesso del pa-dre, senza nessuno che lo consigliasse e mettesse un freno ai suoi eccessi, cominciò a spendere parecchio del suo tempo, e non solo quello, a Londra. Da ciò che ho saputo, ha contratto una febbre diffusa pro-prio mentre si trovava lì ed è spirato poco dopo.» Laurence annuì, rattristato. Uomo di grande fa-scino, il cugino Rupert non aveva nutrito alcun tipo di ambizione. Per di più il padre, temendo che nel-l'esercito il suo unico erede potesse rimanere ucciso in combattimento, aveva insistito affinché restasse a Rainborough e imparasse a occuparsi della proprie-tà. Rupert non aveva sollevato obiezioni ed era stato

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ben felice di dover fare solo il ricco possidente. «Non avrei mai pensato che un giorno avrei eredita-to Rainborough e non l'ho mai nemmeno desidera-to» commentò con un sospiro. «Rupert è sempre stato così robusto di salute! Immaginavo per lui un bel matrimonio con quella Lady Anne Waddington che desiderava ardentemente e, negli anni a venire, una nidiata di bambini.» William Shard annuì con gesto comprensivo. Co-nosceva Laurence da quando, ragazzo, lo aveva in-contrato lì a Londra con il padre e in seguito, dopo la morte di quest'ultimo, con lo zio, l'allora Conte di Rainborough. Già a quei tempi, Laurence appariva volitivo e pieno di voglia di riuscire, tanto diverso dall'opaco cugino Rupert. Una volta ricevuto l'incarico, era entrato nelle Guardie a cavallo e presto i suoi successi non erano passati inosservati. Soldato di incredibile abilità, si era distinto in varie campagne all'estero: a Blen-heim, in Olanda, e in seguito in Spagna, dove aveva imparato molto dal più celebre condottiero di In-ghilterra, il Duca di Marlborough. Raggiunto il gra-do di colonnello, era rimasto profondamente devoto al proprio reggimento. Chi avrebbe potuto biasimar-lo per non volerlo lasciare? «L'esercito mi mancherà» confermò Laurence. «Era la vita che avevo scelto. Mi ci trovavo bene.» «Lo posso capire, ma siete l'ultimo dei Dwyer. Se non doveste accettare l'eredità, l'intera proprietà verrebbe venduta.» Laurence lo guardò con espressione penetrante. «No, è fuori questione.»

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Il legale sospirò scuotendo la testa lentamente. «È proprio quello che mi aspettavo di sentirvi ri-spondere, ma potreste anche cambiare idea quando scoprirete le misere condizioni in cui versa la pro-prietà. A causa dell'indecisione di vostro cugino e della tassa sulla terra, infatti, avete ereditato una considerevole montagna di debiti. I possedimenti sono stati tristemente trascurati. Per evitare di chiu-dere il castello e di vendere tutto, bisogna ottenere una grande somma di denaro, e in fretta. Suppongo che voi non ne abbiate da parte...» Laurence scosse la testa. «Soltanto quello che ri-cevo dall'esercito e una piccola eredità lasciatami da mio padre. Ma qualcosa dev'essere fatto. Rainbo-rough Castle è stato la casa dei Dwyer per genera-zioni. Abbiamo combattuto per quelle mura e siamo sopravvissuti ai terribili anni della guerra civile. È impensabile venderlo.» «Allora, potrei proporvi un suggerimento?» do-mandò cauto William Shard. «Certo, se può essere di aiuto. Cosa suggerite?» L'avvocato arrivò subito al punto. «Dovreste spo-sare un'ereditiera.» Laurence si corrucciò. «Un matrimonio? No, si-gnore. E vi sarei grato se vi asteneste cortesemente dall'interferire in una questione che considero del tutto privata e personale. Quando mi sposerò, sarò io a scegliermi una moglie.» Per nulla scoraggiato, l'altro continuò: «Mi scuso, milord. Vi prego di credere che quando ve l'ho pro-posto non intendevo in alcun modo offendervi. Forse ho esposto il mio suggerimento in modo maldestro.

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Ma vi prego di ascoltare ciò che ho da dire, prima di escluderlo completamente. Vedete, sono stato già avvicinato da Sir Thomas Howard, il quale ha sugge-rito che voi potreste considerare un matrimonio con sua figlia. Ricordate la famiglia Howard?». Sì, Laurence la ricordava. La terra degli Howard confinava con la proprietà Rainborough, sebbene non fosse così vasta. Thomas Howard era emigrato a Barbados parecchi anni prima. La proprietà degli Howard aveva sofferto più di altre le conseguenze della guerra civile e Thomas, il più giovane dei tre figli di Lord Matthew Howard, colmo di sconforto e pessimista sul proprio futuro in Inghilterra, aveva deciso di lasciare la terra natale. Suo padre, un uo-mo duro, certo che il figlio stesse per rovinarsi da solo, gli aveva detto che non ci sarebbe stata men-zione per lui nel suo testamento. Nonostante questo, Thomas era andato a Barbados ed era riuscito a far-si strada coltivando canna da zucchero. «Sir Thomas è rimasto a lungo a Barbados, ma ha sempre avuto nostalgia dell'Inghilterra» proseguì l'avvocato. «Quando sua moglie è morta, lasciando-lo solo con due figlie e lui stesso ormai anziano e malato, ha venduto la sua fiorente piantagione e ha portato le figlie in Inghilterra. Da qualche mese vi-ve nella residenza di una sua cugina nubile a Burnt-wood Hall. È rimasto dispiaciuto sapendo della morte di vostro zio, che aveva incontrato più volte durante le sue visite in Inghilterra nel corso degli anni. La vostra famiglia aveva stretti legami con gli Howard avendo combattuto a fianco a fianco duran-te la guerra civile.»

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«Perché non ha fatto la sua proposta a Rupert?» cercò di indagare Laurence, incuriosito. «Il comportamento dissoluto di vostro cugino non gli piaceva, mentre voi siete completamente di-verso» rispose schiettamente William Shard. «La vostra reputazione di soldato e gentiluomo è ben nota. Conoscendo i debiti contratti da Rupert e i problemi che voi avreste dovuto affrontare al vostro arrivo a Rainborough, è venuto da me con una pro-posta di matrimonio tra voi e la figlia maggiore. Te-me che, quando sarà morto, la ventunenne Henriet-ta, destinata a essere una ragazza molto ricca così come la sorella Lucinda che ha un anno meno di lei, verrà assediata dai cacciatori di dote. Il che si rive-lerebbe disastroso per loro, senza nessuno che le guidi.» «Cosa mi dice della sorella più giovane e di que-sta cugina del padre con cui vivono?» chiese Lau-rence. «Dovranno trovare un marito anche per Lucinda, ma purtroppo la cugina di Sir Thomas è troppo vec-chia e malata lei stessa per poter essere di aiuto» precisò il legale. «Il più profondo desiderio di Sir Thomas è di vedere entrambe le figlie sistemate pri-ma della propria dipartita, che potrebbe avvenire in qualunque momento. È un uomo molto malato, dunque potete senza dubbio capire la sua fretta nel cercare di sistemare la faccenda. Un matrimonio che unisse i Dwyer e gli Howard sarebbe vantaggio-so per entrambe le famiglie. Infatti, viste le pessime condizioni della proprietà di Rainborough, niente potrebbe essere più appropriato. Voi avreste moltis-

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simo da guadagnare da questo matrimonio, mentre Miss Howard otterrebbe il titolo di contessa e la si-curezza derivante dalle nozze.» Quelle parole ricordarono a Laurence la difficoltà della propria posizione. Gli tornarono in mente an-che suo zio e suo padre, il loro nobile e orgoglioso lignaggio, e tutti gli antenati che avevano sofferto per mantenere intatto l'onore dei Dwyer. Non ave-vano esitato a sacrificare ambizioni e aspirazioni pur di esaltare il proprio nome. Alcuni avevano im-molato la vita stessa. Laurence sapeva di doverli ri-cambiare con la sicurezza che Rainborough soprav-vivesse per le generazioni future. In quel momento, per quanto scettico e sfavore-vole, non riusciva a vedere alternativa al suggeri-mento di William Shard. Inoltre, c'era un'altra que-stione da considerare oltre alla sua eredità, una fac-cenda di cui l'avvocato non sapeva nulla, qualcosa che gli rendeva estremamente difficile, se non im-possibile, tornare in Spagna e al reggimento. Sospirò, l'espressione tesa mentre fissava l'inter-locutore. «Molto bene» mormorò con fermezza. «Avete ragione. Se le cose vanno male come dite, allora non vi sono alternative. Ma prima di accon-sentire a qualunque progetto, permettetemi di con-statare con i miei occhi lo stato di abbandono di Rainborough.» «Come desiderate. Miss Howard si trova ora qui a Londra con il padre. Volete che organizzi un in-contro?» «Sì, molto bene. Non subito, tuttavia, perché de-vo recarmi a Rainborough prima possibile.»

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Quasi due settimane dopo, Lucinda Howard si trovava nel salone della migliore locanda di York, impaziente che la sua cameriera tornasse. Avendo deciso di andare in città a vedere i negozi, aveva chiesto a Nancy di andare a prenderle i guanti in ca-mera. Incapace di aspettare ancora, si affrettò su per le scale. Al piano superiore, la sua attenzione venne attirata da una donna che teneva in braccio una bambina. Lucinda stava per sorpassarla quando no-tò il rossore preoccupante che accendeva le guance della sconosciuta. Si avvicinò immediatamente a lei, temendo che potesse cadere con la bambina tra le braccia. «Vi prego, lasciate che vi prenda la piccola. Voi non state bene.» Le prese la bambina. La donna cercò di trattener-la e parve lasciarla andare con una certa riluttanza. «Mi... mi dispiace» mormorò respirando a fatica. Parlava male l'inglese. Si passò una mano sulla fronte. «Mi... mi sentivo svenire. Qui fa così caldo, c'è così tanta gente... Ma ho una camera, restituite-mi la bambina.» Reggendo la piccola in braccio, Lucinda guidò la donna lungo il corridoio. «Allora permettetemi di accompagnarvi alla vo-stra camera. Forse vi sentirete meglio dopo esservi sdraiata.» Sorrise in modo rassicurante in direzione della piccola, che la ricambiò. «Che bella bimba.» «Sì, sì, lo è. Grazie. Siete molto gentile, ma ora starò bene. Datemi la bambina» le ingiunse la stra-niera tendendo il braccio.

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«Vi aiuto io» insistette Lucinda proseguendo. «Potreste svenire e...» «Avete sentito la signora» intervenne una voce maschile dietro di loro, così vicina che lei poté qua-si sentire il respiro dell'uomo sul proprio collo. «Vi suggerisco di fare come dice.» Continuando a tenere la bambina, Lucinda si vol-tò per guardare l'individuo che stava dietro di lei, seguito da un altro che portava alcune valigie. Quando i suoi occhi si fissarono in quelli di lui, si ritrovò impreparata. Con quelle iridi castane dai ri-flessi verdi e i folti capelli scuri legati a coda sulla nuca, lo sconosciuto interlocutore era decisamente l'uomo più attraente che lei avesse mai visto. Aveva la stessa pelle abbronzata degli uomini che lavora-vano nella sua piantagione a Barbados e, nel com-plesso, sufficiente fascino da far venire il batticuore a qualsiasi fanciulla. «C'è qualche problema?» chiese lui osservando prima l'una e poi l'altra donna. Il suo viso era privo di espressione, ma gli occhi erano duri. «Sì. Questa signora non sta bene e ha bisogno di sdraiarsi» spiegò Lucinda, sorpresa nel sentire che la propria voce aveva un tono normale. «Temevo che potesse cadere mentre reggeva la bambina.» «Allora datela a me» rispose lui prendendole la bambina, che non mosse obiezioni, ma, al contrario, parve felice di andargli in braccio. Lucinda, preoccupata, rivolse di nuovo lo sguar-do verso la donna. «Forse dovrebbe prendere un cordiale...» «No, non è necessario. Vi prego di non preoccu-

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parvi» ribatté lui. Sembrava leggermente irritato dalla sua insistenza, ma anche ammirato. Infatti, non le toglieva gli occhi dal viso. Lucinda era molto bella. Aveva lineamenti fine mente cesellati incorniciati da una serica massa di capelli biondi pettinati secondo la moda del mo-mento. La sua pelle era chiara, gli occhi avevano il colore delle violette e le sue labbra carnose tradiva-no sensualità e temperamento. «Vi sarei grato se ci lasciaste passare» concluse l'uomo. Lucinda si scostò. «Molto bene. Vi auguro buona giornata.» Senza saperlo, aveva appena fatto la conoscenza di Lord Dwyer, Conte di Rainborough. In quel mo-mento non pensava che lo avrebbe rivisto, ma di una cosa era certa: non lo avrebbe dimenticato tanto in fretta.

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