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Metodo DDDD Metodo per generare nuove idee in progetti di direzione artistica Jordi Cano Versione Italiana

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Metodo DDDD

Metodo per generare nuove idee in progetti di direzione artistica

Jordi Cano

Versione Italiana

D D D D

Macchina utensile 1. Artificio per approfittare, dirigere o regolare l’azione di una forza. 2. Serie di dispositivi combinati per ricevere certi forme di energia e trasformarla in un’altra più adatta, o per produrre un effetto determinato. 3. Aggregato di varie parti ordinate tra loro e indirizzata alla formazione di un tutto.

Autore. Jordi [email protected]

Direzione artistica. Mayra Monobe y Marc Aliart.

Illustrazioni. Gaizka Sanpedro y Mayra Monobe.

Collaboratori. Rubén Anadón, Ber Arce, Beatriz Barco, Gara Béjar, María Jesús Campos, Alejandra Guerra, Jorge Restrepo, Lucas Rincón, Paz Román. Traduzione in italiano a cura di Cristina Anadón.

Tutti i diritti riservatiBarcellona. Maggio 2016._Grazie a Silvia Revetllat e Albert Majós de Akewuele e a tutti coloro che hanno condiviso in qualsiasi modo il loro tempo e le loro esperienze con noi: Gli studenti del Master in Design e Direzione Artistica di ELISAVA e del Master Universitario MUDIC Javier Argüello, Juan Arrausi,Catarina Barroso, Francesc Boixader, Verónica Cancio, Claudia Guersenzvaig, Beatriu Malaret,Marta Marín, Thiago Monteiro, Wilson Osorio, Paadin, Angelo Palma, Corrado Podda, FrancescTalamino, Esteve Traveset e Marius Zorilla.

Introduzione

Metodo DDDD | Processo del doppio diamante

Scoprire | Pensare con i piedi / Pensare con le mani

Definire | Pensare con gli occhi

Sviluppare | Pensare con la testa

Definire

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Contenuti

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INTRODUZIONE

Il direttore artistico (o art director) come un artigiano, parte all’inizio di una materia prima chemodella a poco a poco per lasciare spazio a un artefatto, un concetto o un’idea. Nel caso del DA,le risorse iniziali di cui parte sono sintetizzate nell’insieme dei referenti o immagini mentali che haacquisito attraverso la sua esperienza professionale.

In questo senso, quando si tratta di affrontare il processo creativo dietro un brief, i professionisti egli studenti prendono diverse strade. I primi, generano soluzioni basate sulla dispensa di quellaestetica e concettuale acquisita attraverso la loro esperienza professionale. Utilizzando le risorseche trova lì come materia prima, sviluppano proposte innovative, evitando la ripetizione e/o lariproduzione dei percorsi creativi presi in precedenza.

Esattamente, questa fase iniziale è definita dal ricercatore britannico Nigel Cross come“un’approssimazione” e afferma che “questi primi passi non devono pretendere risolvere ilproblema, bensì capirlo, strutturarlo e definirlo”.

Tuttavia, quando si tratta di studenti, troviamo una maggiore tendenza a validare questa primafase di approssimazione come la fase di concretezza e definizione creativa. Questo atteggiamentoderiva dal senso di insicurezza che affrontano i direttori creativi novelli nel momento di affrontare larisoluzione di un nuovo brief.

Per loro, i patterns e le immagini mentali compiono il ruolo di amichevoli ansiolitici che li aiutano arisolvere il problema. Ma è la sua fissazione nella ricerca della risoluzione e l’amore per le proprieidee quello che li portano a risultati conservatori e routinari, che li allontanano da belli e ispiratoriaccidenti impliciti nel processo progettuale. Nelle pagine seguenti viene illustrato il processo, l’applicazione e i risultati delle diverse fasi delmetodo DDDD con gli studenti del Master in Design e Direzione artistica della Escuela Elisava diBarcellona,condotto dal 17 maggio al14 luglio 2014.

In questo metodo si mette in questione le immagini mentali e la ricerca lineare, e si propone unprocesso metodologico che li allontani dalla ragione per pensare, inizialmente, con i piedi, con lemani, con gli occhi e, infine, con la testa.Metodo

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 7

Schema sviluppo del processo creativo / Professionisti

Schema sviluppo del processo creativo / Studenti

BRIEF S

BRIEF S

6 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

DDDD è un metodo per generare nuove idee inprogetti di Direzione artistica, orientato a fornire il DA le risorse per allontanarsi dalla sua zona di comfort creativa, ed esplorare nuovi mondi possibili.

Il Metodo 4D, si sviluppa attraverso quattro fasi chesono sintetizzate a sua volta in quattro strumenti dilavoro.

8 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Processo del doppio diamante

Scoprire Definire Sviluppare Dirigere

Pensare con i piedi Allontanarsi per vedere,

esplorare e scoprire.

Pensare con gli occhiCollegare, connettere e

creare.

Pensare con la testaConcettualizzare, sviluppare

e comunicare.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 9

Pensare con le mani Organizzare, alterare e

comporre.

DESCUBRIRPensar con los pies

Alejarse para ver, explorar y descubrir.

Pensar con las manosOrganizar, alterar y

componer.

DEFINIRPensar con los ojosRelacionar, conectar

y crear.

DESARROLLARPensar con la cabezaIluminar, guiar, motivar.

DIRIGIR

PROCESO DEL DOBLE DIAMANTE

DDDD

SCOPRIREDEFINIRESVILUPPAREDIRIGERE

10 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 11

Briefing

Prime idee

Conc

etto

Nuc

leare

Content Book + Concept Wall

Conc

ept B

oard: “Il seme del Com'è”

Creative Book UVS:Universo Visuale sintetico

immagini e testi spazi Audiovisivi Moda e.

!Percezione

Tendenze

Referenti

L'immagine

Lavorosul campo

La parola

i "no"

Le s�de

Il raccontoL'espressione

Intuizione

Contesto

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SCOPRIRE |Pensare con i piedi: allontanarsi per Vedere, Esplorare e Scoprire. La prima fase del processo creativo richiede un atteggiamento aperto, in grado di raccogliere(Context Box testo visuale del video, non parlato) certezze, intuizioni e accidenti.In questo piccolo magazzino, inseriremo quello che abbiamo trovato lungo questo processo;tendenze sociali o economiche, riferimenti, intuizioni e altre fonti di dati che ci forniscanoinformazione rilevante per il progetto.

Una volta che abbiamo il nostro Context Box, distribuiremo il contenuto nel nostro tavolo dilavoro. È arrivato il tempo per pensare con le mani!

Pensare con le mani: organizzare, alterare e comporre. Noi dobbiamo prendere coscienza del valore semantico dei vari elementi trovati. Li organizzeremo e manipoleremo con la volontà di costruire un magma di materia ispiratrice. Un universo liquido dove i valori significativi entrino in collisione.

DEFINIRE |Pensare con gli occhi: Collegare, Connettere e CrearePensare con gli occhi è la chiave del progetto. Si tratta di creare nuove idee, di generare sensocollegando elementi che prima non erano stati collegati.In un Concept Wall, ci inseriremo le immagini selezionate e le collegheremo con l’intenzione dicostruire racconti generino nuovi mondi possibili. Il racconto farà qui la funzione di mezzo acquoso, dove i diversi significati verranno moti e trasferiti, fornendo accidenti costruttivi.Dal racconto deve essere estratto un titolo che distilli l’essenza dello stesso e tirare fuori unconcetto ispiratore.

SVILUPPARE |Pensare con la testa: Concettualizzare, Sviluppare e Comunicare.In questa terza fase si definirà un Concept Board. Questa tela ci permette, delimitare l’essenza del progetto e sintetizzare visivamente gli ambiti come il tono o il carattere dello stesso.

12 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

DIRIGERE |Infine, concluderemo il metodo con l’elaborazione del cosiddetto libro Creative Book, dove simodellerà il concetto e si visualizzerà la strategia estetica.

In questo documento si descriveranno i riferimenti e i passi da seguire negli ambiti come:

Contesto Background Pubblico Stile Genere Colore Tipografia Texture Tono Luce Localizzazione Casting Caratterizzazione Attrezzo

E tutto quello che ci possa fornire l’informazione ispiratrice per guidare e dirigere il team dispecialisti che svilupperanno il progetto.

In questo modo, l’universo visivo che generi questo Creative Book sarà percepito di modocoerente dal pubblico ricevente. Così è come si sviluppa il metodo D4, un processo che inizia ascoprire idee, continua con la definizione di concetti, che sviluppa gli ambiti necessari perl’applicazione del progetto e conduce gli specialisti nella co-creazione della strategia estetica. D4, un metodo che propone trovare valore contro la linea retta e generare pensiero nonconvenzionale.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 13

Metodo DDDDProcesso del doppio diamante

Metodo DDDDProcesso del doppio diamante

“ La combinazione di fluidità e solubilità rende il mezzo

liquido (il racconto), sia così meravigliosamente appropriatoper creare nuove reti di elementi.

Un mezzo dove i nuovi concetti possono dondolarsi gli uni con gli altri, all’interno di questo mezzo acquoso in continuomovimento, un impatto tra loro, genera forme imprevedibili.” Johnson, Steven (2011). Libro de las buenas ideas. Editorial Turner Noema. (Dove nascone le grandi idee. Prima edizione digitale da BUR Saggi. 2011)

16 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 17

Scoprire 1. Esprimere, evidenziare. 2. Rivelare ciò che è nascosto. 3. Trovare ciò che è sconosciuto. 4. Registrare o riuscire a vedere. 5. Venire a conoscenza di qualcosa che è stato ignorato.

18 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

1.1_ CONTESTOIl contesto è definito direttamente con i parametri del progetto e il suo incarico. Si deve pensare quale sarà il ruolo o la rotta che deve prendere il progetto secondo il numero di variabili che condizioneranno il risultato finale, dall’ambiente o il campo d’azione, fino al luogo di applicazione, la marca, gli utenti, le possibilità, l’economia o le aspettative. Si devono cercare e definire le tendenze in cui si possa contestualizzare il progetto. Questa ricerca e definizione verranno date dalle decisioni predefinite o intuitivamente.In questa fase iniziale non si deve scartare, includere i possibili utenti in un processo di cocreazione con tutto il team.

1.2_ REFERENTI I referenti si devono dominare. Dovremmo trattare i referenti come materia prima per poter generare nuove idee. In questo senso, uno dei primi passi da evitare è il cosiddetto trigger o grilletto di creazione, che dà il nome al fatto di bloccarci in soluzioni prevedibili, grazie alla sua prossimità formale e concettuale ai referenti.

Con l’obiettivo di evitare il ristagno, è di vitale importanza avere una grande varietà di referenti, lontani dalle preferenze personali e professionali ma allontanati e allo stesso tempo vicini alle mode e alle tendenze, giacché ci aiuteranno a non concentrarci su un caso specifico. L’idea è avvicinarsi ai multipli ambiti della creazione di modo concettuale ed espressivo e cercare di dominarli. Questo permette, contemporaneamente, scoprire modelli che sono già stati utilizzati e mettere in dubbio se i nostri sono così significativi e/o innovativi. Una risorsa creativa di grande aiuto nei questi primi passi all’interno del processo progettuale, è il cosiddetto metodo COCOTRANS che parte dall’idea di copiare, combinare e trasformare i referenti per dare luogo a nuovi items creativi che ci allontanino dalla riproduzione sistematica.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 19

Pensare con i piedi | Allontanarsi per vedere, esplorare e scoprire.

La prima fase del metodo DDDD è caratterizzata dalla richiesta di un atteggiamento aperto e contro la linea retta, attraverso una ricerca a spirale, che include i seguenti ambiti di ricerca per lacaccia di significanti.

ScoprirePensare con i piedi

1.3_ TENDENZE La tendenza è un inclinazione o propensione verso determinati scopi. È anche usata come un meccanismo sociale che regola le scelte delle persone. Una tendenza è uno stile o un’abitudine che caratterizza un’epoca, un tempo, o un modo di vedere e capire ciò che circonda.

Marta Marín nella sua opera “De Platón a Lady Gaga”, determina 8 attributi propri delle tendenze che prevalgono nel nostro ambiente e nei mercati:

Conoscere i tratti propri di questi otto attributi, ci permetterà d’identificare le tendenze del mercato e allo stesso tempo definire una parte della strategia estetica che useremo e applicheremo nel nostro processo progettuale.

1.4_ CAMPO DI LAVORO Uno dei passi più importanti della fase iniziale è il processo di co-creazione, per includere l’utente nel processo di ricerca. Adotteremo l’etnografia per studiare persone individualmente o gruppi di persone collettivamente. Una volta le includiamo nel nostro team di lavoro, utilizzeremo l’osservazione partecipante e le interviste volendo conoscere con più precisione il nostro utente/consumatore. L’etnografia ci permette di vedere oltre i nostri pregiudizi per quanto riguarda l’utente e il suo ambiente a cui si fa riferimento. Questa disciplina ci aiuta a capire le persone e i loro valori, per capire come percepiscono il loro mondo e quali sono le loro motivazioni e insights. Le conclusioni le lasceremo per l’analisi finale. Cercheremo di essere obiettivi, annoteremo ciò che dicono insieme a ciò che ci sembrano dire, svilupperemo la nostra capacità di empatia e indagheremo su qual è la motivazione dell’altro. È chiave pensare che il mondo è complesso e che non è solo come noi lo percepiamo.

20 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Impureza

Fusión

Espectáculo

Efímero

Artificio

ErotismoApropiación

Simulacro

1.5_ L ‘IMMAGINERicerca e organizzazione delle immagini correlate o non con i diversi elementi del progetto e che ci aiutino a creare una cornice di riferimento visivo, configurare un territorio logico o detonare altre idee. Si devono verificare quelle immagini mentali che il proprio progetto sta configurando, siano iconiche, simboliche, plastiche, concrete o di significato aperto.

Gli immagini saranno, ovviamente, suscettibili di essere manipolate, alterate o ricostruite con diversi scopi e in ogni fase del processo.

1.6_ LA PAROLA Vogliamo definire il direttore artistico (l’art director) come il responsabile della strategiaprofessionale estetica, responsabile di determinare il concetto di un progetto e di trasmetterlo agli specialisti affinché sia sviluppato e applicato. Per organizzare le sue idee, strutturare un discorso e comunicarlo deve utilizzare la lingua. In questo senso, la parola diventa fondamentale, anche se il DA è più abituato ad usare l’immagine. Il linguaggio verbale dove essere considerato uno degli strumenti creativi più importanti del DA.

Per questo motivo, uno degli obiettivi principali di questa fase è quella di allontanarsi dalleimmagini mentali e usare la parola per la sua capacità creativa, prefigurative e descrittiva.

Capacità PrefiguradoraLa parola prefigura, dà forma all’idea. E inoltre, configura, dà forma al progetto.

Capacità Evocativa Grazie a un codice culturale prestabilito, la parola ha la capacità di portarci a universi visivi, sensoriali ed esperienziali concreti.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 21

ScoprirePensare con i piedi

ScoprirePensare con i piedi

Scoprire Pensare con i piedi

“Il testo conduce il lettore ai significati della immagine, quelli da evitare, e ricevere altri e, spesso sottilmente, lo conduce verso un senso prestabilito con lo scopo di indurre un’idea, un pensiero o una sensazione concreta”.

Capacità ComunicativaLa parola serve tra l’altro per introdurre, preparare il lettore (sia utente o cliente), strutturare undiscorso, descrivere una futura immagine o sfumare con attributi.La parola riduce la polisemia dell’immagine, definisce e concreta la forma.

1.7_ L’ESPRESSIONE L’espressione è intesa come un insieme articolato dal tono, lo stile, il genere e il colore, con l’obiettivo di compire le aspettative di comunicazioni specifiche e predeterminate.

Il tono È di natura gerarchica e legato all’umore/ allo stato d’animo, con l’emotivo. È un registro istituito da chi emette il messaggio, che a sua volta è chi anche determina il codice della conversazione. Un esempio di questo è l’uso di una tipografia determinata. Mentre che la Bodoni trasmette il rigore di un funerale di stato, l’Helvetica ha la capacità di mostrare un tono costante, inalterabile e di estrema neutralità.

Lo stile Lo compongono la forma e le espressioni costanti che si trovano nella letteratura, l’arte,l’architettura ,la musica, la moda, la pubblicità, ecc. Ne fanno anche parte le immagini, glioggetti, le testure, le parole che aiutano a capire il genere in cui si svolge l’immaginario proposto el progetto.

Il generoDa parte sua, include tutte le diverse categorie in cui è possibile raggruppare una creazione secondo i tratti comuni di forma e contenuto, come ad esempio la finzione, il documentario, la poesia, o la fantasia.

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Il colore Aiuta a definire l’universo cromatico delle immagini, degli oggetti, dei personaggi e del contesto in cui si svolgono i personaggi. Caldo, freddo, rétro, futuristico

1.8_ I “no” L’ambito dei «no» determina tutte le cose di ciò che c’è la convinzione che non deve essere.Questa pratica aiuta lo studente a chiudere le porte, smettere di cercare invano, dopo averconstatato la fine di un percorso determinato o un ambito di ricerca. Inoltre, aiuta a sviluppare la destrezza nella scoperta di concetti con nuclei, concetti a lungo raggio o idee potenti.

Ad esempio, è un musical, ma non è un divertimento, un’evasione della realtà come quello che proponeva Busby Berkeley negli anni 30.

1.9_ SFIDETutti i progetti sono alimentati, oltre a quanto detto in precedenza, di quello che manca nell’ambito personale o professionale, ciò che non è mai stato fatto o che hanno sempre voluto esplorare. Un progetto è un campo di apprendimento: dà conoscenza e informazioni sul contesto e permette non solo proiettarsi personalmente in quello che si realizza, ma anche sviluppare le proprie tesi su progetti che possano essere un problema per gli altri.

Può trattarsi di un fattore di plastica, la dimostrazione pratica di un’idea incipiente o,semplicemente, di carburante emozionale per sviluppare le nostre congetture. Una parte delle nostre idee in collisione con il problema, il contesto, le tendenze, i “no” o la soluzionepossibilmente finisca per avere un valore rilevante durante tutto il processo.

1.10_ INTUIZIONEÈ un processo che traccia connessioni tra il problema e la soluzione. L’intuizione è contraria alle imposizioni: si è costretta a un eccessivo ordine, c’è un rischio di lasciare orfani le intuizioni e le serendipità implicite in un progetto. Un processo troppo rigido o strutturato conduce a risultati prevedibili o evidenti, è necessario che ci sia un meccanismo generatore delle intuizioni che mettano in questione le parti più razionali di un progetto, che riaffermino o mettano in questione ciò che si sta facendo. Le intuizioni portano allo studente fuori dalla sua zona di comfort. Steven Johnson ci parla delle intuizioni che ci accompagnano per tutta la vita. Un progetto è lo spazio idoneo per lasciarle fluire e cosi sperimentare nuovi accidenti e quindi nuove idee.

1.11_ CO-CREAZIONEAl fine di integrare gli utenti- consumatori nel processo di gestazione del progetto, proponiamo la creazione di un focus group. Ognuno dei partecipanti presenterà una storia vissuta personalmente o no, un’esperienza piacevole e spiacevole in relazione all’uso del prodotto o servizio che stiamo sviluppando, e incorporeremo il più significativo nel progetto.

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ScoprirePensare con i piedi

ScoprirePensare con i piedi

Abbiamo visto 11 gradini che ci serviranno per trovare / scoprire universi ricchi in materia evocativa senza classificare. Il passo e la raccolta di tutti ciò che ci possa dare una quantità rilevante di significanti che attiveranno significati nella nostra mente. Possono essere questi passi o molti di più.

Tutta la informazione raccolta su immagini, texture, suoni, odori o altre scatole diventeranno parte del Content Box. Quella scatola di contenuti che costituisce un artefatto della materia evocativa senza classificare che ci permetterà di costruire idee nella prossima fase.

“ Un progetto è un tragitto.”

Moltitudine di esperimenti effettuati negli ultimi 50 anni (Antonio Damasio, Joseph Ledoux, John Bargh, Nalini Ambady, Dan Ariely, Ap Dijksterhuis, tra gli altri) hanno dimostrato che è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Ora sappiamo che il nostro inconscio è in grado di elaborare l’equivalente di 11 milioni di bits di informazioni per secondo senza che ce ne rendiamo appena conto di questo, mentre il nostro pensiero cosciente è solo in grado di gestire un massimo di 50 bits di informazione per secondo. Di conseguenza, sostiene le basi della nostra attività mentale. L’inconscio è chi determina gli obiettivi, le priorità, i bisogni, i desideri, gli ricordi e le paure.

Quindi, pensare con i piedi, ha tutto il senso del mondo. La nostra capacità di analizzare l’ambiente che ci circonda e trarre conclusioni sui nostri atte-ggiamenti e azioni si generano solo quando il pro-cesso è finito. Molte volte, il momento in cui questo fenomeno avviene, in quanto ne sappiamo qualcosa, ma non sappiamo il perché, dato che non abbiamo accesso alla catena di pensieri previche hanno portato alla conclusione, li abbiamo spe-rimentato come una sensazione che noi chiamiamo “intuizione”. Un’intuizione è, pertanto, una conos-cenza che proviene dall’inconscio. Nel processo creativo -come parte del pensiero umano che è - anche si produce questo fenomeno, quindi devono essere presi in considerazione questi condizioni al momento di disegnare strategie per ot-timizzare la creatività. Le intuizioni sono importanti, e devono esseri creati gli ambienti che permettano la sua apparizione. Ma, in quali situazioni è più facile che percepiamo, in qualche modo, questi segnali dell’inconscio?Che tipo di ambiente promuove che abbiamo accesso alla parte più nascosta della nostra attività mentale? Non si sa con certezza, ma sì è scoperto che -e questo anche è un conoscenza intuitivaquan-do siamo rilassati, quando divaghiamo o sogniamo svegli, la nostra mente inconscia sta lavorando a pieno ritmo a nostro vantaggio. Default mode network. Negli ultimi trent’anni, è stato realizzato un appro-

fondito studio (Marcus Raichle) su che cosa succede nel cervello quando sogniamo svegli, quando “non pensiamo a niente”.In realtà, in tali circostanze, divaghiamo, ricordiamo le cose del passato oppure abbiamo fantasticato sul futuro, ma senza troppo sforzo, senza prestare molta attenzione.

Tradizionalmente si credeva che, quando “uno era con la testa fra le nuvole”, il cervello era più o meno inattivo e in stato di riposo. Ma Raichle ha dimostra-to che ciò che accade è tutto l’opposto. Quando lasciamo vagare la mente, senza che noi ci rendiamo conto -perché tutto questo avvienea un livello inconscio - il nostro cervello è più attivo che quando ci concentriamo su qualsiasicompito a livello di coscienza.

In quelle circostanze, un’alimentazione di rete, denominata Default Mode Network (DMN) vieneinserita nell’operazione. Questa rete è responsabile del pensiero autoreferenziale e l’introspezione.In questo momento, le regioni anteriori e posteriori iniziano a interagire in modo diretto: il cervelloesplora le sue basi interne, alla ricerca di relazioni.

Il processo viene eseguito solitamente in parallelo con un aumento dell’attività nell’emisfero destro.La funzione concreta del DMN è sconosciuta, ma si sa che la sua attività è correlata negativamente alle regioni del cervello coinvolte con l’attenzione e la funzione esecutiva. Cioè, quanto siamo più attenti, quando più concentrati in un compito, meno attivo è il DMN. L’ipotesi più comune che spiega questo sistema è che serve per generare pensieri spontanei creativi. Quindi, lacreatività può vedersi potenziata in situazioni nelle quali ci sentiamo rilassati, dove ci lasciamo andare, dove ci “dimentichiamo” di pensare o, in altre paro-le, “pensare con i piedi”.

Il pensiero creativo che si genera in questi stati si riferisce al denominato pensiero “divergente” chesi è anche visto (Larry Squire) che riguarda una maggiore attività nell’emisfero destro del cervello, in particolare alle zone della corteccia frontale destra “contrariamente alla maggiore attività che si produce in zone della corteccia frontale sinistra du-

ScoprirePensare con i piedi

ScoprirePensare con i piedi

Pensare con i piedi |Vedere, esplorare e scoprire L’espressione “pensare con i piedi” ha connotazioni in relazione al contrario di pensare con latesta, o l’opposto di essere razionale. In realtà, si tratta esattamente di questo.Pensare in modo irrazionale o, in altre parole, pen-sare con la nostra parte più incosciente. “Pensare con i piedi” si riferisce anche a cammina-re, ad allontanarsi da ciò che è noto, dal prevedibile, a passeggiare, a viaggiare. A lasciare la mente aperta. Entrambe idee -pensare con l’inconscio e camminare -e anche la loro correlazione. Infatti, una forma effettiva per pensare in questo modo si ottiene attraverso la passeggiata, il rilassamento, di uscire della nostra zona di comfort e cambiare di scenario,

di lasciarci andare, senza una rotta predeterminata (sia a livello fisico, sia a livello mentale).

L’inconscio e l’intuizione Nella seconda metà del XX secolo si sviluppano la neuroscienza e la psicologia cognitiva, grazie in gran parte ad il miglioramento delle tecniche di neuroimaging (PET e fMRIs, particolarmente, che permettono studiare per la prima volta come funziona realmente il cervello umano. Una delle più grande scoperte che avviene attraverso queste aree è l’enorme potere e l’importanza che ha il pensiero inconscio. Stiamo parlando di un inconscio che nulla ha a che vedere con l’idea del XIX secolo resa popo-lare da Sigmund Freud secondo la quale l’inconscio nascondeva oscuri desideri e ossessioni dei quali più valeva la pena proteggerci. Tutto l’opposto.

26 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 27

Inoltre, si è scoperto che il pensiero divergente ha un impatto sullo stato d’animo, che potenzia la pos-sibilità (in opposizione al pensiero convergente, che ha l’effetto contrario). Perciò non solo una mente rilassata, ma anche una mente con un stato d’animo positivo, è propiziatrice per la creatività incosciente.

L’epifania e gli “insights” Nel pensiero creativo, c’è un fenomeno molto riconoscibile. Si dà quando, all’improvviso uno ha un’idea che sembra procedere dal “nulla”.Questo fenomeno è identificato come un “momento eureka”, anche se è chiamato “epifania” o “insights” e procede dall’inconscio. Di solito si evidenzia in situazioni nelle quali cerchiamo soluzioni o problemi più specifici.È un’esperienza illuminante, come se una lampadina fosse accesa all’improvviso dentro il cervello, illumi-nando la soluzione del problema improvvisamente. Molte volte, infatti, si produce questo fenomeno quando nemmeno si sta a pensare (come minimo, cosciente) al problema. Quindi, non c’è alcun dubbio che le epifanie procedono dal nostro pensiero inconscio. Possono anche collegarsi alle condizioni rilassanti dell DMN.Negli ultimi venticinque anni, si è studiato questo fenomeno in condizioni di laboratorio (Mark Jung-Beeman Kounios) e si sono scoperti alcuni fatti inte-ressanti al riguardo. Ad esempio, ora sappiamo che queste esperienze si generano nell’emisfero destro del cervello; in particolare, è una regione denomi-nata giro temporale anteriore superiore (aSTG). Lì, appena prima di quello che si sente come “epifania” -300 millisecondi prima, in particolare, si genera una punta di ritmi di onde gamma(la frequenza elettrica più alta che genera il cervello) di 30 millisecondi di durata. Il fatto che la produzione di epifanie si localizzi nell’emisfero destro, così come la DMN è anche associata allo stesso emisfero, non è per caso. Dagli anni sessanta, sono state studiate approfondita-mente (Michael Gazzaniga, Roger Sperry) le diverse abilità di tutti e due emisferi cerebrali, grazie alla collaborazione delle persone ai quali si era tagliata la comunicazione nervosa tra entrambi lati del cervello per migliorare un’epilessia severa. E si è

verificato che ogni emisfero processa l’informazione che procede dall’ambiente – e l’interna anche- in modo molto diverso.Così come l’emisfero sinistro è più analitico e si oc-cupa di processare la realtà attraverso i suoi dettagli -separatamente, analizzando il tutto a partire dalle sue parti-, l’emisfero destro è più olistico, e si oc-cupa di stabilire relazioni tra le diverse idee, oggetti o stimoli per creare con loro un tutto, una visione globale della realtà. Nel linguaggio comune, vale a dire che l’emisfero sinistrovede gli alberi e il destro vede il bosco. Un esempio sono gli studi realizzati negli anni quaranta del seco-lo scorso mostrarono come persone che soffrivano danni cerebrali nell’emisfero destro – e, pertanto, processavano la realtà attraverso il sinistro- pote-vano disegnare diversi elementi di una casa (il tetto, le maniglie delle porte, le tende,…) ma non potevano metterli in modo ordinato, così gli elementi disegnati “galleggiavano” sulla carta. Invece, persone con danni nell’emisfero sinistro -e che processavano la realtà con il destro- erano in grado di disegnare la struttura della casa (il contorno formato dalle parete e dal tetto) ma non potevano riprodurre i dettagli. Questo studio e altri hanno dimostrato che persone con danni nell’emisfero destro hanno difficoltà a leg-gere mappe, capire metafore o scherzi; in generale, indicano che questo emisfero si occupa di trovare le connessioni nascoste, le associazioni remote tra le idee divise.Quindi, è chiave per la creazione, per la produzione di “epifanie”, che sono esattamente associazioni tra oggetti o idee, che erano state divise all’inizio o si erano viste senza una relazione evidente tra loro.

La relazione tra le epifanie e il “pensare con i piedi” si impone attraverso la scoperta dell’esistenza delle circostanze esterne che facilitano l’apparizione di questo fenomeno creativo, giusto in coincidenza con con il DMN. In particolare, si è scoperto come in stati di rilassamento e buon umore, il nostro cervello è più disposto alla produzione di epifanie. Si è sco-perto (Joydeep Bhattacharya) che circa otto secondi prima che si danno le epifanie si producono una serie di onde alfa nella corteggia frontale dell’emis-fero destro.

Esattamente, queste sono le onde che di solito si producono in situazioni in cui siamo rilassati, in mo-menti come fare una doccia calda o...passeggiare. Lo stato d’animo positivo, che abbiamo ricordato anche riguardo al DMN, sembra anche aiutare a ottenere fenomeni di epifania (Mark Jung Beeman). Quando siamo felici e contenti siamo più in grado di trovare associazioni remote tra parole o di risolvere enigmi creativi. E, addirittura, la mancanza di atten-zione ci può aiutare.

Le persone con danni cerebrali che non sono in gra-do di focalizzare ancora il suo pensiero, indovinano più quando affrontano gli enigmi creativi. E anche si è osservato (Jonathan W. Schooles) che le persone che hanno una maggiore tendenza a sognare svegli, a lasciar divagarela sua mente, ottengono punteggi più alti in misure di creatività. Tutto questo ci porta a concludere che “pensare con i piedi” può essere un modo molto effettivo di attivare i meccanismi cerebrali con l’obiettivo di essere creativi

La ricerca di modelliInfine, faremo una riflessione sul significato di “us-cire dalla nostra zona di comfort”. Quando pensiamo in modo creativo ciò che facciamo, a livello fisiologi-co, è pensare di modo diverso, uscire dai modelli da pensiero stabiliti, di ciò che e vero, noto, familiare. Cioè, ci troviamo di fronte allo sconosciuto, la cosa sorprendente. Percepiamo elementi inaspettati, che sono il terreno fertile delle nuove idee. In questa separazione dallo stabilito si confrontano due tendenze basiche nell’essere umano.Da una parte, la “zona di comfort” rappresenta la nostra necessità di ripetere concetti e idee già co-nosciute, di cercare cose familiari. Il nostro cervello ha una preferenza per quello che è prevedibile, perché può stare tranquillo. Quello che si conosce non comporta alcun pericolo e, pertanto, non genera l’attivazione di zone del cervello collegate alle paure, come l’amigdala, permettendo tenere uno stato di non ansietà in cui produciamo sostanze chimiche

piacevoli. Inoltre, quello che è familiare diventa più facile di processare dal cervello (Michael Gazzaniga) e richiede di un consumo di energia minore. Dal punto di vista evolutivo, non ha senso. L’apprendimento e la memoria ci aiutano a sopravvivere.

Ci dà sicurezza. Se fossimo coinvolti in comporta-menti a rischio continuamente, se fuggissimo di quello che è familiare, ci troveremmo in situazione pericolose che mettono in pericolo la nostra soprav-vivenza come spezie.

Da l’altra parte, abbiamo bisogno della sorpresa per sentire che siamo vivi. Il nostro cervello è un radar che rivela modelli (Stephen Jay Gould) che si ripetono con continuità. Ad esempio, sappiamo che ogni giorno il sole sorge e tramonta, che ogni tre o quattro ore abbiamo bisogno di mangiare, che ogni tre mesi cambia la stagione, che le nostre facce sono sempre uguali… I modelli ci permettono anche interagire in modo effettivo a tutti i livelli. Il mondo ci si presentaordinato grazie all’identificazione di modelli.

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28 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 29

I modelli ci danno tranquillità, ci permettono prevedere come si comporterà l’ambiente in ogni momento e il più importante, ci permettano identifi-care quello che rompe l’ordine stabilito, quello che è nuovo, diverso, inaspettato. Pertanto, focalizziamo l’attenzione su qualsiasi evento che rompa i ritmi che capiamo come naturali. Cioè, guardiamo qualsiasi cosa che sia sorprenden-te. E, questo anche ha molto senso. Ciò che rompe il modello può essere un pericolo o una gioia, ma in ogni caso, se si rompe con quello stabilito può pro-vocare un cambio nei ritmi di quello che ci circonda, e di conseguenza in noistessi. Quindi, il cervello identifica il sorprendente con il importante. Il nostro inconscio è programmato affinché l’innova-

tivo e l’inaspettato ci richiamino l’attenzione.In realtà, sappiamo (John Lisman, Antony Grace) che ricordiamo meglio il sorprendente. Questa tendenza innata si vede quando usciamo dalla nostra “zona di comfort” e ci rischiamo a vivere un giorno diverso. Il radar si attiva con la novità e tutto si processa con maggiore intensità; gli stimoli sensoriali, le sensa-zioni che questi generano…. Il tempo si espande, accumulando più ricordi, genereremo più pensieri, il disinserimento dell’autopilota e il nostro cervello si attiva più, obbligando a identificare e processare tutti gli stimoli innovativi, sorprendenti. In conclusio-ne, “pensare con i piedi” supponeuna modo di acuire i nostri sensi e la lubrificazione della macchina del cervello. In questo stato di allerta e di rilassamento allo stesso tempo, in cui le epifanie sono più probabili e la DMN è attivo, diventerà più semplice raccogliere oggetti, sensazioni e idee che sorgano a partire dalla nostra interazione con l’ambiente.

Pensare con

Pensare con le mani | Organizzare, alterare e comporre.

Rovesciare il contenuto trovato (mai meno di 222 immagini) su un tavolo o sul terreno.

La dimensione delle immagini non dovrebbe superare quelle di un postale (10x15 cm).

In questa fase, lo studente potrà generare e/o aggiungere nuovi elementi presi dagli inputs ricevuti per organizzare

l’informazione; può alterare immagini di creare nuove che sorgono. Fotografare gli oggetti, costruire nuovi oggetti

motivati dagli elementi trovati, sempre che capiamo che si manipola una materia iconica e simbolica, non concetti

definitivi.

Non si dovrebbe dimenticare che ciò che sarà il nuovo progetto, non esiste ancora.

Pertanto, è troppo presto per sapere se ci siamo davanti a

un’immagine significativa o no. Organizzeremo l’informazione classificandola senza un’intenzione previa, alterando la

morfologia o i propri significati secondo il proprio interesse o la soddisfazione che ci generi, e comporremo nuovi segni

portati dall’intuizione, senza concretare e, ovviamente, senza una volontà generatrice di senso.

L’obiettivo in questa fase è quello di organizzare e manipolare gli elementi trovati con la volontà di costruire un magma

di materia ispiratrice. Un universo liquido dove, il valori

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30 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 31

Definir 1. Fissare chiaramente, accuratezza eprecisione il significato di una parola o la natura di una persona o cosa. 2. Decidere, determinare, chiarire qualcosa di confuso. 3. Adottare con decisione unntteggiamento.Pensare con gli occhi | Collegare, Connettere e Creare. Pensare con gli occhi è la chiave del progetto. Si tratta di creare nuove idee, di generare senso collegando elementi che prima non erano stati collegati. In un Concept Wall, metteremo le immagini selezionate e le collegheremo con l’intenzione di costruire piccoli racconti che generino nuovi mondi possibili. Il racconto, farà qui la funzione del mezzo acquoso, dove i diversi significati si muoveranno e sposteranno, facilitando accidenti costruttivi. Dal racconto si estrarrà un titolo che distilli l’essenzadello stesso e anche un concetto ispiratore.

Prima di descrivere il modo in cui si articola questa fase, è necessario rivedere tre concetti chiave che ci accompagneranno nel corso di questa fase:

Mondi possibiliCome abbiamo visto, questa prima fase può essere costituita da una gran quantità di informazioni, che attraverso connessioni accomuna in piccoli gruppi, piccoli racconti. In questo senso, come Jordi Pericot afferma nel suo libro “Pensar para decir”, il DA deve essere in grado di passare attraverso questi piccoli mondi e trovare “links”, i quali possano dar luogo a un nuovo mondo possibile, un universo caratterizzato da contenere in uno stesso ecosistema moltitudine di frammenti concettuali che stabiliscono un logica, una realtà che alla fine sottoscriverà l’utente / il consumatore attraverso un patto finzionale. In questo patto finzionale, l’interlocutore deciderà di accettare la logica che viene presentata, qualificandola come reale e interagendo con gli elementi che la compongono.

Il racconto Il racconto è una narrazione. L’essenza del racconto è narrare una storia senza essere riflessa in tutta la sua ampiezza, compattazione ed enfatizzare alcuni momenti, che sono spesso fondamentali per il suo sviluppo, lasciando all’immaginazione del lettore il compito di comporre i dettagli che potre bbero essere considerati «superflui» e che, insieme ai fatti narrati, avrebbero composto un quadro più grande.

Di conseguenza, il racconto offre al DA un magnifico strumento di connessione e coesione, un primo approccio all’elaborazione di questo magma di informazioni, per dare senso ed essere in grado di estrarre un concetto unico. Un ambito liquido dove le idee si collegano con altre, il passato con il futuro, quello che si crede con quello che potrebbe diventare, un luogo dove sviluppare le intuizioni ed espanderle, lontano dagli aridi ambiti del solido e la dissipazione dei territori gassosi. Per il DA sarà un ambiente di lavoro, un contesto dove emergono nuove configurazioni cheutilizzano attraverso combinazioni casuali tra tutto ciò che abbiamo trovato e conservato nel Contex Box.

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32 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 33

1 2

ApproccioPresentazione del soggetto, del contesto e i personaggi

È il fatto che scatena la storia, mostra l´oggetto e l’emittente, e forza al soggetto ad agire.

È la risposta che l’evento iniziale provoca in qualche personaggio. Viaggio, interferenza dell’azione da parte dell’avversario.

Sono i fatti che vivono e svolgono i personaggi. Incontro del soggetto e l’avversario. Il destinatario riceve il beneficio del soggetto.

È l’esito finale dell’azione.

Conflitto (Re) Azione Azione Soluzione

Racconto e creatività“Il contesto ideale affinché possano sorgere le nuove idee ce lo fornisce un mezzo liquido come il racconto”.Johnson, Steven (2011). Libro de las buenas ideas. Editorial Turner Noema, (Dove nascone

legrandi idee. Prima edizione digitale da BUR Saggi. 2011).

Método 4D’s; Descubrir, Definir, Desarrollar y Dirigir I 29

James Bond“Moonraker”

Gran Bretagna, 1979

Pixar“Gli incredibili”

EE.UU, 2004

“Gli argonauti”Gran Bretagna, 1963

Approccio Conflitto (Re) Azione Azione Soluzione

34 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 35

3 4 5

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ConcettoLa scoperta del concetto è sempre uno dei momenti chiavi del processo e possibilmente uno dei più difficili e creativi.Il concetto permetterà di organizzare e razionalizzare la creatività e di fornirle un lungo percorso. Sarà l’idea nucleare, il DNA del progetto, il seme del com’è? Ovviamente, può solo avere un concetto per ogni progetto perché, in realtà, è il responsabile della percezione finale unificata di tutti i componenti di fondo e forma. È il principio di unità di tutto il progetto, deve essere semplice e sintetico, un meme. Víctor Curto definisce il concetto come il diamante grezzo che precede l’idea.Il concetto deve essere in grado di rifiutarsi. Secondo Curto, il concetto permette:

Capacità di giudicare: non si può giudicare la creatività senza essere chiaro con quello che si inseguiva con la stessa. Solidità e coerenza: avere le idee chiare. Concordare: assicurarsi che tutto il team cerca lo stesso.

Dispiegare la creatività 360 °/ Multicanale. Evolvere: tenere il concetto in fondo, ma variando la forma. Spiegarsi: far capire le ragioni profonde dei lavori: un antidoto contro la freddezza.

Pensare con le mani |Organizzare, strutturare e manipolare.L’espressione “pensare con le mani” ha connotazioni legate all’azione fisica, con rimboccarsi lemaniche e mettersi al lavoro. È il tipo di pensiero che è generato quando eseguiamo delle attività in cui usiamo non solo la mente ma anche altri parti del corpo.

Embodied cognitionNegli ultimi trent’anni, si è sviluppato un nuovo approccio allo studio di come si genera il pensiero, basato su evidenze empiriche. Si tratta di ciò che è conosciuto come embodied cognition, un’idea che postula che la mente non solo è collegata al corpo per “dare ordini” ma il corpo ha anche influenza sulla mente a livello cognitivo (George Lakoff, Rafael Núñez).

E secondo questo, la mente è il risultato della somma della cognizione generata dai nostri cervelli, i nostri corpi, le nostre esperienze corporee. E pertanto, non solo è limita alla nostra corteccia cerebrale, ma anche è determinata in parte, dalle nostre esperienze nel mondo fisico. Anche se il con-cetto in sé può essere per alcuni strano e distante dai parametri classici, la verità è che leprove sono potenti e addirittura alcuni esperti mondiali nel settore della robotica (Rodney Brooks, Hans Moravec, Rolf Pfeifer) considerano che la vera intelligenza artificiale solo potrà essere raggiunta quando si costruiscano macchine che abbiano l’abili-tà motorie e sensoriali che siconnettono alla macchina utensile con il mondo attraverso un corpo. Cioè, che siano in grado di essere cognitive a partire dalla struttura fisica, dal loro “corpo”. Ma l’embodied cognition è più di questo. Non solo implica che gli stimoli sensoriali rilevati dal nostro corpo abbiano un effetto sulle nostre rappresenta-zioni mentali del mondo, ma anche introdurre un concetto radicalmente nuovo: il cervello non è l’uni-ca fonte disponibile per noi nel risolvere i problemi. I nostri corpi e la percezione del mondo che questi ci danno, svolgono granparte del lavoro necessario per raggiungere i nostri

obiettivi.

Le capacità che si danno quando lavoriamo con le mani – e con altre parti del corpo – formano parte dei processi cognitivi è qualcosa che hanno proposto i migliori scienziati (Antonio Damasio, Oliver Sacks) dopo aver lavorato per anni con pazienti che hanno perso le capacità legate alla propriocezione (il senso che fornisce informazioni sulla posizione del corpo nello spazio). L’ambiente in cui agiamo, con cui interagiamo attraverso i nostri sensi, suppone un’impalcatura crociale per la cognizione umana.

Quello che le mani sannoIn questo contesto, numerosi studiosi (Jhon Bargh) hanno dimostrato che “quello che sentono le mani” hanno influenza su quello che “pensa la mente”.

Ad esempio, si è stato visto in generale, persone che tengono le tazze di caffè caldo mentreconoscono una persona per la prima volta, la giudi-cano come più affidabile rispetto ad altrepersone che tengono le tazze fredde.

Anche si è stato visto che le persone che stringono con la mano una palla morbida percepiscono le facce neutre (facce modificate dai ricercatori affin-ché non diano un riferimento sul genere, cioè, che potranno essere uomini o donne senza distinzione come femminile mentre le persone che stringono una palla dura identificano queste stesse facce preferibilmente come maschili. Un altroesperimento ha mostrato che le persone che devono giudicare curriculum professionali di sconosciuti e che ricevono quella informazione in portafogli pesanti, li considerano più seri e importanti che quando ricevono la stessa informazione in portafogli leggeri. Tutti questi studi - e molti altri - suggeriscono che c’è un legame essenziale tra quello che tocchiamo e pensiamo. Si ritiene che il fatto che il tatto sia il primo dei nostri sensi in svilupparsi nell’utero ma-terno è ciò che dopo ci permette di essere in grado di sviluppare le basi percomprendere concetti astratti sulle persone e i relazioni.

36 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 37

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Ma come abbiamo detto prima, non solo sono gli effetti quando si tratta di percepire il mondo, pertan-to, di esprimere giudizi e prendere decisioni sul mondo. È qualcosa di più profondo. Alcuni esperti (Andy Clark, Michael Wheeler, Shaun Gallagher) indicano che la mano è “intelligente” a modo suo e che c’è un’unità olistica formata dal cervello, gli occhi e le mani. Le possibilità di azione in questo spazio ci aiuta a trovare o creare senso alla realtà, dando luogo a una cognizione pratica, legata alla manipolazione di oggetti.

Per capire come l’esperienza corporea fisica manuale ha influenza sulla mente, noi metteremo ad esempio il racconto personale del famoso fisico vincitore del premio Nobel Richard Feynman quando spiega l’importanza della scrittura su carta per il suo lavoro come ricercatore. Mentre un intervista-tore gli commentava che le sue note scritte a mano erano “un promemoria del lavoroquotidiano”, Feynman insisteva sul dire che le sue note non solo erano un promemoria ma anche lui davvero stava lavorando sulla carta. Non pensava e poi scriveva, ma anche pensava mentre scriveva, e “la carta era del pensiero”, era necessario affinché il pensiero potesse sorgere come tale. Così, Feynman metteva in chiaro che non gli sorgevano le idee nella mente in precedenza epoi le scriveva, bensì il processo di annotarle, era parte integrante indispensabile del suo pensiero e che la carta e la matita erano parte del suo sistema cognitivo così come i neuroni che si attivano nel suo cervello.

Seguendo questo concetto, alcuni esperti (Andy Clark) hanno un’opinione che i gesti potrebbe-ro essere non solo un modo di materializzare il pensiero,ma anche parte del processo del pensiero in sé. È noto, grazie a esperimenti in laboratorio, che i compiti cognitivi sono svolti meglio quando un gesto manuale li accompagna. In realtà, sono molte le prove che nell’apprendimento, fino all’infanzia, le mani giocano un ruolo critico e integrale nello sviluppo delle abilità cognitive. Di conseguenza, potrebbe essere che i gesti servano siano per la co-municazione, siano per pensare (Susan Goldin-mea-dow). Quanto più difficile è un’azione, maggiore è il numero di gesti che tende ad accompagnare, da ciò si deduce che costituiscono una specie di “scarica” cognitiva. Questi sono atti motori e anche ci aiutano

a collegare parole con il mondo che rappresentano oppure a organizzazione l’informazione spaziale nel linguaggio. È stato visto persino che ricordiamo meglio i dati che annotiamo attraverso la scrittura a mano che quelli che continuiamo a usare la tastiera o il touch screen del nostro Smartphone (Daniel Levitin).

Tutte queste evidenze hanno molto senso se sono collegate al nostro passato evolutivo. L’abilità per imparare come utilizzare gli strumenti -cioè, generare programmi motori nella menteper poi riconoscerli e recuperare quelli programmi a partire dalla loro presenza, rendono possibile che il loro uso sia stato una pressione selettiva forte per i primi ominidi, i nostri antenati. In seguitodi questa capacità, si sono prodotti cambiamen-ti nella dimensione del cervello, che sono stati accompagnati da altre modifiche nell’apparato digerente per sistemare questo nuovo cervello (William Leonard, Marcia Robertson). Le mani e i circuiti sensomotori collegati tra loro quindi, si sono dovuto adattare alla necessità di sviluppare le abilità motorie fini, richieste per un miglior usodegli strumenti. Tutto questo indica che, in generale, entrambi, il corpo come il cervello umano hanno evoluto per permettere l’uso di strumenti, per migliorare la tecnica e imparare rapidamente e per diffondere questa conoscenza tra gli altri. Gli umani siamo legati così intrinsecamente agli strumenti. Non possiamo correre veloce, né pos-siamo saltare troppo in alto e abbiamo un sistema immunitario debole rispetto ad altri mammiferi. Ma possiamo usare strumenti e questo è stato uno dei motivi della nostra sopravvivenza come specie. Pertanto, possiamo concludere che cambiamo le nostre menti mentre muoviamo le nostre mani.Sia a livello evolutivo quanto a livello individuale. E questo è qualcosa che gli artisti, intuitivamente, hanno sempre praticato. Manipolare con le mani ci permette di concentrarsi su un’attività e quindi attivare la corteccia prefrontale che è l’area del cervello -è proprio dietro la fronte- che si occupa dell’esecuzione per eseguire compiti cognitivi supe-riori, quelli che necessitano della nostra massima attenzione. In questo modo, possiamo recuperare gli elementi selezionati durante il tempo in cui abbiamo “pensato con i piedi” e organizzarli, darli forma.

Pertanto, possiamo concludere che cambiamo le nostre menti mentre muoviamo le nostre mani. Sia a livello evolutivo quanto a livello individuale. E questo è qualcosa che gli artisti, intuitivamente, hanno sempre praticato.

Manipolare con le mani ci permette di concentrarsi su un’attività e quindi attivare la corteccia prefron-tale che è l’area del cervello -è proprio dietro la fronte- che si occupa dell’esecuzione per eseguire compiti cognitivi superiori, quelli che necessitano della nostra massima attenzione. In questo modo, possiamo recuperare gli elementi selezionati duran-te il tempo in cui abbiamo“pensato con i piedi” e organizzarli, dargli forma.

La corteccia prefrontale Quando siamo molto concentrati, si collegano il centro del piacere o sistema di ricompensa delcervello – una delle parti più primitive ed essenziali del cervello, poiché si occupa di farci sentirebene attraverso la secrezione di un neurotrasmet-titore, la dopamina- alla corteccia prefrontale, la

massa del tessuto neuronale è dietro la fronte che controlla l’attenzione. In questo modo, la corteccia è ricca di dopamina e noi ci sentiamo non solo più attenti a quello che facciamo, ma anche più soddis-fatti, per cui restiamo più concentrati per un lungo periodo di tempo. Alcuni fattori - come l’esercizio fisico e il cibo- con-tribuiscono a realizzare questo lavoro con facilità. Lo stress, la mancanza di sonno e la sensazione di pericolo, invece, ci impediscono concentrarci in modo corretto.

Abbiamo già accennato prima l’importanza che ha lo spazio creato tra il cervello, le mani e gli occhi. Ci siamo concentrati sulle mani, ma gli occhi sono anche una parte importante: collegano diversi com-ponenti visivi. In questo interviene anche attivamente il nostro emisfero destro e “il quale abbiamo già analizzato quando abbiamo spiegato che cosa signi-fica “pensare con i piedi”.L’emisfero destro, precisamente, è responsabile del “pensiero visivo”, con immagini, a differenza dell’e-misfero sinistro che “pensa con le parole” dove sono i centri legati al linguaggio.

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38 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 39

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Pensare con gli occhi | Collegare, connettere e creare.

È proprio in questa fase, quando gli studenti propongono all’occhio, gli elementi trovati nella fase di ricerca. Una volta classificati e/o manipolati in modo orizzontale, nella vicinanza, li distribuiremo in modo verticale, su una parete della quale ci possiamo avvicinare o allontanare, avere una visione dell’insieme o segmentata.Una parete che noi chiameremo Concept Wall, affinché noi ci mettiamo davanti, riflettiamo e generiamo nuove idee.

CONCEPT WALLIl Concept Wall deve essere GRANDE, che non lo possiamo coprire facilmente. Deve essere un artefatto per stabilire uno sguardo macro o micro, come vogliamo . Per definire di modo più limitato la dimensione del Concet Wall è consigliato sommare la distanza delle braccia tese di tutti i partecipanti del team di lavoro per definire la lunghezza, e per determinare l’altezza, è accomandato una altezza maggiore di 120 cm.

Longitud = (a1 + a2 + a3 +...) a = lunghezza di braccia tese x Altezza > = 120 cm circa. Questa nuovo spazio di lavoro, rappresenta un luogo dove è possibile coinvolgere gli altri eincentivare il dibattito attraverso la co-creazione, un territorio incline a generare un pensiero visivo, dove battere e dibattere con noi stessi e, infine, costruire un nuovo mondo possibile. Prima di iniziare a distribuire le immagini sulla parete, dobbiamo essere consapevoli di tutto ciò che abbiamo sul tavolo, immagini, testi, oggetti e suoni…, è un magma di segni, una materia prima che ci deve portare a luoghi non prefigurati.Un universo di segni che di modo “casuale”, devono influire per generare senso ai nostri occhi, lontano dai nostri propri schemi mentali.

Passo 1

Distribuiremo le immagini, in modo casuale, in tre angoli; sopra a sinistra, in alto a destra e in basso a sinistra, e ci riserveremo uno spazio centrale, situato preferibilmente verso la sinistra, dove faremo una lista di aggettivi e un’altra di avverbi.

“Due motori originari dall’innovazione.La prima, la capacità di stabilire nuove connessioni con tanti elementi diversi come si possa. E, la seconda, un ambiente “casuale” che favorisca la collisione tra tutti gli elementi del sistema.Nella terra, almeno, la storia della vita creativa inizia conuna rete liquida e ad alta densità: alcuni atomi di carbonioaffamati di connessioni, che si scontrano con altri elementiin un “brodo primordiale”. Le molecole che si formano lì segnano il punto nel quale lachimica e la fisica cedono il passo alla biologia” Johnson, Steven (2011). Libro de las buenas ideas. Editorial Turner Noema. (Dove nascone le grandi idee. Prima edizione digitale da BUR Saggi. 2011).

40 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 41

DefinirePensare con gli occhi

Ci riserveremo anche uno spazio, in basso a destra, dove metteremo immagini che chiameremo Attanti*. Saranno immagini di tutti i tipi, reali o immaginari; personaggi quotidiani, della mitologia o propri del mondo della finzione. La loro funzione sarà rompere il carattere logico del universo risultante della storia che stiamo generando o di aiutarci quando si richieda una risorsa per attivare l’azione. Non dimentichiamo che ciò si tratta di trovare nuovi mondi possibili. In questa fase dobbiamo già avere l’intenzione di “perderci” e non mettere le immagini con un’intenzione previa.

Una volta distribuite tutte le immagini sul concetto di CONCEPT WALL segneremo questi quattro angoli (vedi schema) con i nomi A:personaggi, B: Luoghi/ Contesti, C: Detonante e D: Attanti. Inoltre, genereremo, in modo aleatorio un elenco di aggettivi (E) e (F) che useremo nel momento di costruire la storia come vogliamo. * Attante, termine originalmente creato da Lucien Tesnière e usato posteriormente dalla semiotica per designare il partecipante (persona, animale o cosa) in un programma narrativo.

Secondo Greimas, l’attante è chi effettua l’atto, indipendentemente da qualsiasi altradeterminazione. Il concetto di attante ha il suo uso nella semiotica letteraria, in cui ampia il termino di personaggio, perché non solo si applica a questi tipi di attanti, ma anche corrisponde al concetto di attore, definito come la figura o il posto vuoto in cui le forme sintattiche o le forme semantiche vengono versate. Applicato all’analisi del racconto, un attante è un’ampia categoria che aggruppa una sola funzione dei diversi ruoli che possono darsi: eroe, cattivo, assistente…

Passo 2

Raccolte le immagini (oggetti, suoni...) di ciascuno degli angoli genereremo un racconto che distribuiremo nello spazio centrale (R). Questa storia deve essere automatica, libera e aperta, liberata dalla logica e (pre) giudizi.

La meccanica potrebbe essere: alcuni personaggi vivono azioni in pochi posti e alcuni detonanti generano conflitti che provocano una (re) azione dei nostri personaggi che passano all’azione sviluppando una storia. I nostri attanti aiutano o condizionano i nostri personaggi o eroi come vogliamo per dinamizzare l’azione.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 43

DefinirePensare con gli occhi

42 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

DefinirePensare con gli occhi

Se vogliamo arricchire, sfumare / puntualizzare o proiettare i nostri personaggi o attanti, dobbiamo essere in grado di fare uso delle nostre liste di aggettivi e/o avverbi come vogliamo.

Con gli elementi del gruppo A, proporremo i personaggi. Ricordiamo che in una storia, i personaggi non sono sempre umani. I protagonisti delle nostre storie possono essere un topo, il vento, una stella, o un colore. Immaginiamo che cosa potrebbe accadere al Sr. Pantone dopo aver perso il suo colore, o una stella alla quale una canzone la è diventata in “polvere di stelle”. Quali esperienze potrebbe vivere un vento che viaggia dai Fiordi Norvegesi fino alla costa dell’Africa passando per la Selva Nera, la città di Grasse in Provenza e visitando l’eredità araba nel sud della Spagna.

Con gli elementi del gruppo B costruiremo i Luoghi / Contesti. In questa sezione raccoglieremo le immagini che possano costruire un contesto affinché i nostri personaggi vivano le loro esperienze. In questo ambito dobbiamo mettere tutto quello che sia uscettibile di essere un luogo; la luna, un cassetto o il fondo del mare. Perché una storia non potrebbe avvenire dentro di una fiore o nella tasca di un istruttore di una crociera transatlantica?

Con gli elementi del gruppo C, genereremo l’azione. Dell’ambito Detonanti useremo tutti quegli elementi che ci permettano di attivare la nostra storia, così nella fase chiave del conflitto come nei momenti che vogliamo riattivare una situazione. I Detonanti verranno aggruppati in modo causale, è per questo che ci permetteranno attivare in apparenza illogica ma di un’alta capacità disruptiva. È chiave saper “vedere” che tipo di azioni possono proporzionare le immagini, un coltello può tagliare una corda, un collo o scrivere in un traccia di legno, la pioggia liberarci di qualcosa o spingerci all’azione, i cavallucci marini distrarre la nostra attenzione o attirarla sull’altro lato dello specchio. Con gli Attanti della sezione D e le colonne di Aggettivi e Avverbi regoleremo l’azione epotenzieremo o puntualizzeremo il carattere e la personalità dei nostri personaggi.Qui gli Attanti, Aggettivi e Avverbi ci aiuteranno ad attivare, puntualizzare e arricchire la nostra storia, essendo così una risorsa per sbloccare come per arricchire un’altra troppo scarsa e ovvia.Questa azione può essere ripetuta diverse volte con l’intenzione di generare piccole storiedisruptive e generare nuovi mondi possibili, allontanati dalle logiche stabilite o conosciute

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 45

Definire Pensare con gli occhi

44 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

DefinirePensare con gli occhi

In questo processo, noi collegheremo i diversi elementisignificativi che hanno un impatto di modo casuale tra loro,generando concetti inaspettati, lontani dai nostri propri schemi mentali. L’idea è costruire un nuovo racconto senza guardare il prodotto al quale dobbiamo associare questo mondo, stabilito un nuovo territorio o mondo possibile che possiamo distillare e definire in un concetto unico, univoco, notorio e rilevante che possa sintetizzare la nostra fase di definizione. Il passo seguente sarà quello di distillare questo racconto percreare un concetto il più sintetico possibile, che sia il DNA delnostro progetto.

A

C D

FE B

R

personaggi

detonanti

luoghi //contesto

attantiassistenti // villano

racconto

aggettivi

avverbi

222 immagini

A

C D

FE B

R

personaggi

detonanti

luoghi //contesto

attantiassistenti // villano

racconto

aggettivi

avverbi

222 immagini

ACD

FE

B

R

personaggi

detonanti

luoghi //contesto

attantiassistenti // villano

racconto

aggettiviavverbi

222 imm

agini

Pensare con gli occhi |Collegare e connettere, costruire storie.Microracconti Il senso della vista è il più importante per gli esseri umani. Abbiamo visto che il cervello elabora l’equivalente di 11 milioni di bits di informazione al secondo. Di quegli 11 milioni, il equivalente a 10 milioni corrispondono al senso della vista. La visione è collegata con molti circuiti nelle nostre menti. Ad esempio, alla nostra capacità di simulare quello che abbiamo davanti a noi. Sappiamo che quando vediamo delle facce spaventate, è attiva nel nostro cervello -istintivamente e in alcuni millise-condi -la parte più primitiva, l’amigdala, che è il centro dove viene generata la paura e le risposte di base ai pericoli. Cioè, quello che vediamo, anche è sentito.

Neuroni specchio. Vedere è sentireLa simulazione non solo è un fenomeno dato di forma non comune, ma anche è stato scoperto (Vila-yanur Ramachandran, Marco Lacoboni) che è parte integrante del nostro modo di pensare. In realtà, stiamo continuamente facendo simulazioni mentali di ciò che potrebbe accadere nel nostro ambiente. Ad esempio, quando vedono un oggetto i neuroni -che sono le responsabili di dare ordini ai neuroni motori, che controllano i muscoli -vengono attivate a seconda delle loro dimensioni- decidendo in anticipo quale dev’essere il movimento per colle-garlo prima di avere deciso se si sarà preso o no.

46 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Senza accorgercene (naturalmente, tutto questo lavoro funziona a livello incosciente), stiamo predi-cendo tutto il tempo i nostri gesti sulla base della realtà che ci circonda in ogni momento.

Lo stesso dicasi con le emozioni. Quando vediamo qualcuno provare dolore, noi siamo anche in grado di sentirlo (in senso psicologico) anche noi. Infatti, gli scienziati hanno scoperto che c’è una “rete di do-lore” che ci permette di provare empatia con l’altro, sentire quello che gli altri sentono. E il principale ca-nale di comunicazione con l’esterno che ci permette di sperimentare questo fenomeno è la vista.

Tanto è vero che la propria scoperta dell’esistenza di questo sistema di simulazione è stato promosso dal senso della vista, in seguito alla scoperta (Giacomo Rozzolatti) casualmente che, quando un macaco osserva un umano mangiare un cono, si attivano nella sua cortecciapremotoria gli stessi neuroni che si attivano quando era lui chi muoveva la mano per prendere qual-cosa da mangiare offerta dai ricercatori. I neuroni responsabili della nostra capacità di simulazione all’interno della mente, ciò che accade altrove si chiamano “neuroni specchio” proprio per questo motivo, perché riflettono dall’esterno verso l’interno. I neuroni specchio, come sono la base fisiologica che rende possibile la simulazione mentale dentro della quale viviamo immersi. In modo generale, possia-mo sostenere che, attraverso la visione- ma anche attraverso altri sensi anche se secondariamente- si possono attivare i nostri neuroni specchio. Questi neuroni sono i responsabili dell’identificazione degli oggetti in altri e diriconoscerli come propri, imitare il movimento dei muscoli e provare empatia con il nostro ambiente (fondamentalmente, imitando le emozioni e le inten-zioni delle persone che ci circondano).

Osservare ci permette di simulare, sentire, immagi-nare e proiettare dentro la mente quello che è fuori. Quindi vedere, ci permette di sentire.Ma vedere non è un’azione passiva, se non attiva.Ci permette anche di creare a partire da quanto vediamo.

Quando vediamo, allo stesso tempo, stiamo creando. Il nostro cervello interpreta la realtà.Vedere è creareC’è una differenza tra vedere e guardare. Ad esem-pio, in un incidente stradale, si suol dire che ilconducente “guardò ma non vide”. In questo caso, l’informazione di quello che accade entra dagliocchi ma, ad un certo punto questa informazione si perde e fa che il conducente perda laconnessione con la realtà.

Guarda ma non vede, questo ci accade continuamen-te. Quando vediamo, gli occhi guardano ma il cerve-llo interpreta e ci mostra quello che considera im-portante. È un processo fondamentale per costruire la realtà del mondo che ci circonda, dimostrato dalle prove empiriche. Numerosi esperimenti (Ronald Rensink, Daniel Simons, Christopher Chabris) hanno dimostrato che davanti a una scena visiva, solo vediamo quello che il nostro cervello considera che ha un senso, checontiene informazione rilevante per noi. In questo processo gioca un ruolo fondamentale l’attenzione: che ci richiama l’attenzione e che no? Ci permette, in modo incosciente, selezionare.

Affiggendo diversi elementi -quelli che abbiamo selezionato quando “pensavamo con i piedi” e che abbiamo ordinato “pensando con le mani” -davanti a noi, quando sono manipolati e guardati con i nostri occhi, facciamo attraverso l’attenzione e l’osserva-zione, un’interpretazione del loro significato in modo incosciente. Solo attraverso di questa esperienza otteniamo i materiali mentali per costruire i racconti che ci permetteranno collegarli e costruire un discorso proprio. E come ricombiniamo questa infor-mazione che arriva al cervello dai diversi elementi? Come decidiamo che è importante o che non ne è?

Attraverso la nostra capacità per creare racconti.È un istinto biologico: gli esseri umani capiamo il mondo come una linea continua nella quale gli anelli sono le cause e i loro effetti che si allungano dal passato, vanno verso il futuro e costruiscono una storia.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 47

DefinirePensare con gli occhi

DefinirePensare con gli occhi

DefinirePensare con gli occhi

Il cervello narrativoCi sono numerose prove empiriche che dimos-trano fino a che punto abbiamo la capacità innata per creare storie, siamo noi i protagonisti o siano gli altri. Fa parte della nostra strategia evolutiva per la nostra sopravvivenza, giacché è quello che ci permette di fare progetti per il futuro, qualcosa che facciamo con una raffinatezza unica nel mondo animale.

Il cervello umano è in grado di pensare delle cose che non esistono nella realtà: la costruzione di que-llo che si è definito come “futuro”. Con la consape-volezza del presente, passato e futuro, allarghiamo gli orizzonti della realtà. Non siamo soli gli animali in grado di fare questo, cioè pianificare per il futuro e progettare e immaginare scenari inesistente. Altri primati superiori, gli elefanti ed i cetacei, hanno au-tocoscienza e possono capire la morte. Ed entrambi i fatti ci dicono che capiscono la vita come una storia in cui sono i protagonisti. Tuttavia, la nostra raffina-tezza ci rende unici: ci permette di chiedere il perché delle cose e cercare le risposte a questa domanda.

Cioè, noi inventiamo storie per rispondere a quello che non possiamo capire. Abbiamo bisogno di spiegazioni, in sintesi. La nostra comprensione di narrazione esegue controlli automaticamente e immediatamente, è viene data dai processi inconsci. Né si può imparare, né insegnare; è il modo che abbiamo di capire il mondo. Questo contrasta con la difficoltà che abbiamo avuto per generare i programmi per computer in grado di sviluppare narrazioni. Inoltre, si è visto che i bambini e alcuni animali comprendono la narrazione senza la necessità di conoscere la lingua.

Siamo nati con questa capacità. Ad esempio, esperi-menti (György Gergely) con bambini di un anno di età che vedono le palle neri e grigi muoversi su un piano deducono che le palle interagiscono e che vogliono essere insieme e sono sorpresi quando si muovono in modo diverso da quello previsto in base a questi parametri. Lo stesso fanno gli adulti. Un video con triangoli e cerchi interagenti è interpretato (Fritz Heider, Marianne Simmel) inevitabilmente dagli

spettatori come una storia d’amore e gelosia tra le forme geometriche che appaiono. Ma chi inventa all’interno del nostro cervello? C’è una regione in particolare in grado di dare risposta ai perché? Infatti, è così. È l’emisfero sinistro, come abbiamo accennato in precedenza, la nostra parte più analitica e razio-nale. La scoperta di questo fatto è stato dato come un effetto collaterale per le operazioni in cui si interrompe la comunicazione tra entrambi emisferi, nelle persone con epilessia grave. Infatti, Michael Gazzaniga - uno dei ricercatori coinvolto nello studio delle differenze tra l’emisfero sinistro e destro, lo chiama “il interprete”. In condizioni di laboratorio, pazienti che hanno isolati entrambi emisferi ricevono le informazioni separatamente nei due lati del cervello. Quando si gli chiedeattraverso il loro emisfero sinistro su domande le cui risposte solo ci sono nell’emisfero destro, inven-tano le spiegazioni. Cioè, sono in grado di inventare storie prima di ammettere che non ne sanno qualco-sa. È una cosa dell’incosciente, innata, inerente alla natura umana.Per capire perché siamo così, riprendiamo la visione dei due emisferi.

In precedenza, abbiamo parlato dell’emisfero destro e della sua capacità come un osservatore olistico della realtà, che ci dia la visione del tutto (il bosco). Si occupa di gestire quello che sentiamo nel pre-sente. È il gran recettore delle sensazioni (Jill Bolte Taylor). Incontrapposizione, l’emisfero sinistro gestisce il passato e il futuro (il nostro ricordi, i nostri progetti e obiettivi) e pensa attraverso il linguaggio. Ci dice: “ricordati di comprare latte per la colazione del mattino “.

È, pertanto, il nostro cervello narrativo che ci dice se siamo i protagonisti di una storia- la nostra vita - e ci ricorda da dove veniamo e dove stiamo andando. La sua funzione è di controllare che facciamo tutto il necessario per essere migliori e efficaci nella nostra vita quotidiana.

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È, pertanto, il nostro cervello narrativo che ci dice se siamo i protagonisti di una storia- la nostra vita - e ci ricorda da dove veniamo e dove stiamo andando. La sua funzione è di controllare che facciamo tutto il necessario per essere migliori e efficaci nella nostra vita quotidiana.L’emisfero sinistro, di fronte a quello che non capisce inventa una spiegazione razionale, anche se a volte è incerta. Ma l’auto-inganno anche ha una funzione evolutiva (Robert Trivers). Bisogna ingannarci per mantenere la buona immagine di noi stessi, nello stesso modo che noi abbiamo bisogno di ingannare gli altri per essere accettati. L’ inganno fa parte anche della sopravvivenza e il nostro cervello narrativo è responsabile di elaborarlo in un modo più sofisticato, senza che noi ce ne rendiamo conto. Si tratta di un’altra funzione evolutiva di elaborare spiegazioni, scuse e storie che ci permettono di so-pravvivere. In effetti, è così radicato in noi che anche i bambini alla scuola materna lo fanno istintivamen-te: in un sperimento nel quale gli viene raccontata una storia, dopo un paio di settimane il 58% l’hanno descritta come se davvero gli avesse accaduto.

Dopo due mesi e mezzo, le storie sono diventate più complicate e ci sono piene di dettagli della loro propria iniziativa. Il cervello narrativo non smette mai di funzionare.

È inevitabile, quindi, che capiamo il mondo attraver-so le storie. Noi ce lo creiamo. Negli ultimi anni, si sono fatti esperimenti (Barbara Kahn, Elizabeth Mi-ller) che dimostrano che i nomi creativi sui prodotti legati agli stimoli sensoriali (colori dei prodotti per il trucco, il gusto delle bibite, di bevande analcoliche, gli odori delle infusioni) generano nei potenziali consumatori la necessità dispiegare il motivo del nome creativo scelto, lo ricor-dano meglio, e lo preferiscono ad altri concorrenti con nomi più semplici e logici.

Pertanto, l’elaborazione di microracconti che unis-cano i diversi elementi selezionati sarà fondamenta-le così per chi li genera, dato che è un istinto innato, come per quelli che hanno acceso potenzialmente, che saranno attratti dalle storie.

I microracconti, inoltre, genereranno nella loro cos-

truzione, nuovi concetti, idee inaspettate cheservono di vincoli tra i diversi elementi, provocando l’effetto sorpresa che abbiamo già accennato che ri-chiama la nostra attenzione in modo innato e anche incosciente, giacché ci allontana dai modelli mentali conosciuti e prevedibili. Precisamente, il volo dello prevedibili è ciò che cerchiamo quando nel metodo 4D si decide di eliminare elementi selezionati men-tre si “pensava con i piedi” come un incentivo per tornare a reinventare le relazioni tra gli elementi. Questo ci obbliga a improvvisare, un altro dei mec-canismi fondamentali del processo creativo.

Il potere dell’improvvisazione Negli ultimi anni, parecchi studi utilizzando tecniche del neuroimaging (Charles Limb) hanno permesso di scoprire che durante l’improvvisazione, si disattiva un’area della corteccia prefrontale, la parte dorso-laterale (DLPFC) che è la zona associata al controllo dei impulsi. È il sistema neuronale di contenimento, che ci impedisce di fare confessioni imbarazzanti, essere maleducati ocommettere atti pregiudizievoli agli altri. È la parte della mente che giudica tutti, una specie dicensore interno.

Pertanto, l’improvvisazione è perdere la paura di essere giudicato. A forza di lavorare con gli elementi in modo improvviso è, indirettamente, un modo di in-durre la creazione, perché obblighiamo il nostro cer-vello a scollegare la DLPFC e collegare con al flusso interno di creatività, con la capacità dell’emisfero destro di stabilire i connessioni che abbiamo visto in precedenza. È quello che succede incosciente e involontario, ogni sera quando abbiamo dormito. La corteccia prefrontale si spegne e la mente impro-vvisa, dando origine ai sogni. É stato verificato che dopo aver dormito, le persone hanno una maggiore creatività nel risolvere enigmi creativi (Mark Jung - Beeman). In questo modo, l’improvvisazione è un motore per generare “insights”. Ci permette, per un po’, dimenticare le norme sociali e recuperare la capacitàdi lasciarci trascinare dalla creatività generata naturalmente nell’emisfero destro. Il flusso creativo, mai visto cosi, è un processo mentale interno che si produce sotto la nostra coscienza e che solo richiede della disinibizione per manifestarsi.

DefinirePensare con gli occhi

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 49

Un esempio sono gli esperimenti con stimolazione magnetica di transcranica (Allan Snyder) su persone mentre stanno disegnando. Quando grazie alla sti-molazione sono disattivate la DLPFC e alcuni regioni dei lobi frontale e temporale dell’emisfero sinistro, i disegni dei partecipanti allo studio diventano molto più rischiosi con le loro composizioni sulla carta, questo mostra che il flusso della creazione c’è lì senza per essere in grado di emergere alla coscien-za la maggior parte del tempo.

Curiosamente, la DLPFC è l’ultima regione del cervello a svilupparsi negli esseri umani. Questo spiega perché i bambini e gli adolescenti hanno più difficoltà a controllare i loro impulsi e, man mano che si raggiunge l’età adulta, diventiamo più seri e responsabili. Spiega anche perché i bambini sono più creativi di noi. Non si tratta di avere più idee, succede semplicemente che loro non le inibiscono e si lasciano andare dal flusso creativo senza timori

e paure.

Tuttavia, come abbiamo commentato prima nel caso delle epifanie e ora nuovamente nel caso del pen-siero improvvisato, non è sufficiente lasciare fluire la nostra creatività interiore: noi dobbiamo darle forma. Così come pensiamo con le mani per riordi-nare e strutturare le informazioni, assicurandoci che controlliamo il prodotto che stiamo sviluppando in modo coerente.

DefinirePensare con gli occhi

50 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Sviluppare1. Accrescere, incrementare

qualcosa di ordine fisico, intellettuale o morale.

2. Spiegare una teoria e portarla fino alle sue ultime

conseguenze. 3. Esporre o discutere con ordine e

ampiezza questioni, temi, lezioni, ecc.

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 51

SvilupparePensare con la testa

Pensare con la testa | Concettualizzare, sviluppare e comunicare.

Una volta che abbiamo il concetto che dà forma al nuovo mondo possibile che abbiamo creato, sarà necessario delimitarlo attraverso il Concept Board.

Il Concept Board è la sintesi visiva, inspiratrice e detonante del progetto creativo. In un documento A-3, inseriremo una frase sintetica dell’idea principale (inspiratrice, più bella o acustica), delle idee che generino un ancoraggio di sé stessa (che la accompagnino e definiscano), e un terzo elemento che sarà la disposizione di questi elementi, la cui propria morfologia o di composizione, trasmetta valori espressivi che finiscano per concretare il tono e/o il carattere del progetto.

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Contesti creativi [Steven Johnson]

Contesti solidi(Non c’è incontro delle idee)

Contesti gassosi(Non c’è incontro delle idee)

Contesti gassosi(Sì, c’è incontro di idee)

Idea 1a 1

Idea 2

Idea 1

Idea 2

Idea 1 Idea 2

SvilupparePensare con la testa

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 53

54 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 55

Dirigere 1. Raddrizzare, portare qualcosa a termine oluogo designato. 2. Guidare, mostrando o indicando i segni di una strada. 3. Indirizzare l’intenzione e leoperazioni a uno scopo specifico. 4. Dare le regoleper la gestione di una pretesa.Creative Book.Definito il concetto, dispieghiamo il Creative Book o Universo Visuale Sintetico (UVS) che indicherà le linee da seguire tutto il team coinvolto nel progetto. Il UVS segna e rende visibile, con tutte le risorse possibili, aspetti così complessi come il territorio della marca, il tono della conversazione tra la marca e l’utente, l’immaginario, lo spazio, la luce, ecc.

56 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Il Creative Book è uno strumento di lavoro, creato dal DA, che conterrà e definirà, tutti i referenti necessari per lo sviluppo della strategia estetica. Sarà stimolante e regolatore, ma manterrà spazio affinché i collaboratori specialisti diano la loro visione creativa.

Questo documento di lavoro finale sintetico deve includere la descrizione dei seguenti elementi:

Il contesto dell’incarico (brief). Il Concept Board sviluppato nei fasi anteriori. Tre referenti sui quali il concetto è stato ispirato. Le risorse che aiutano a comprendere il territorio della marca. Descrizione del pubblico obiettivo. Items che aiutino a definire il naming e claim del progetto. Concrezione del genere. Determinazione dello stile. Referenti che determinino l’universo cromatico e le texture. Descrizione del tono. Caratteristiche dell’illuminazione. Sketches o sbozzi del progetto. Localizzazioni che aiutino a capire il mondo possibile sviluppato. Narrazione descrittiva che ci permetta di articolare i diversi elementi del mondo possibile. Caratterizzazione dei personaggi. Attrezzo e gli altri elementi di ambientazione. Parametri di concrezione sulla tipografia. Antecedenti a tenere conto di altri progetti correlati. Timing ed budget. Manuale di applicazioni grafiche. La personalità del prodotto.

Sviluppare Pensare con la testa

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Pensa con la testa |Elaborare, sintetizzare, connettere, dare forma. Per dare forma alla nostra creatività, abbiamo un’abilità indispensabile in questo momento del pro-cesso. La concentrazione. La capacità per entrare in contatto al massimo in un compito gratificante per noi -come abbiamo accennato prima quando parlia-mo della corteccia pre-frontale e la dopamina- e può derivare in un fenomeno noto come “flow” e studiato negli ultimi quaranta anni in modo esaustivo.(Mihaly Cskszentmihalyi)

Tecnicamente, il “flow” è definito come “uno stato di coscienza nel quale sentiamo che il nostro modo di agire è ottimo”. La sensazione è facilmente riconoscibile quando uno la sperimenta e ha delle caratteristiche e intensità diversa dalle concentra-zione media abituale. Nel “flow”, l’attenzione c’è così focalizzata nel compito che si sviluppa, tutto il resto sparisce. Coscienza e azione sifondono in una sensazione unica, nella quale il senso di sé e la percezione del passare del tempo spariscono. Il tempo, infatti, sembra di rilevarsi -ciò può significare che si rallenta o accelera, cinque minuti possono essere eterni o passare cinque ore senza che uno ne se accorga -e durante questo fenomeno tutti gli aspetti del nostro agire per quanto riguarda il compito si presentano piùintensamente, completi e sublimi.

Cosicché questo tipo di esperienza mentale si pro-duca si deve attivare la corteccia pre-frontale, l’area del cervello responsabile dell’attenzione, accennata anteriormente. Questa area è come un teatro delle idee, uno spazio mentale in cui immagazziniamo tutti i nostri pensieri interessanti e gradevoli. Costituisce l’essenza della soddisfazione umana dato che man mano che il cervello umano è evoluto e la sua struttura si è trasformata nel corso di milioni di anni, questa area si è estesa rapidamente. I vantaggi di questo cambiamento anatomico hanno ingenerato in un talento cognitivo senza precedenti, è ciò che chia-miamo “memoria funzionale”, che è la capacità che

ci permette di lavorare con tutti i pensieri fugaci che fluiscono dalle diverse parti del cervello. L’arrivo di idee alla corteccia pre-frontale e la capa-cità di considerarle e attraverso la memoriafunzionale ci permette non solo di esperimentare le sensazioni e le idee, ma anche pensarle inmodo cosciente. In questo modo possiamo prevede-re quello che sentiamo e pensiamo. Quandosiamo molti concentrati su qualcosa, quando siamo in uno stato di “flow”, inviamo più informazionialla corteccia pre-frontale e lo scenario in cui si sviluppa la coscienza è ogni volta più affollato.Tale eccesso di idee permette ai neuroni formare connessioni inesistenti ed essere interconnessiformando nuove reti. Ma questo fenomeno creativo -al contrario delle epifanie delle qualiparlavamo prima quando “pensavamo con i piedi”- non si produce incoscientemente se non sidispiega nella coscienza, in modo che ci accorgiamo in qualsiasi momento di quello che stiamocreando.

Quindi, le idee che appaiono durante uno stato di “flow” non sono epifanie. Sono connessioni stabilite dalla memoria funzionale che non hanno alcun mistero, né ci sorprende con un’improvvisa appari-zione. Al contrario, questi pensieri creativi tendono a essere minori e graduali. Mentre l’emisfero destro si distingue per le associazioni remote, la corteccia pre- frontale è pronta aindividuare le connessioni locali tra le idee correlate (quelle che si sono generate dopo l’apparizione delle epifanie e la costruzione dei microracconti). Nonché nell’emisfero destro e le epifanie vedevamo il bosco, con la corteccia pre-frontale vediamo ogni albero con chiarezza.

Un’attivazione equilibrata e simmetrica di entrambi emisferi, sinistro e destro, sembra di essere legata a questi processi di massima e piacevole concentra-zione, che a volte sono descritti come un’esperienza unica di comunione con il cosmo, giacché il senso del io e del tempo si svanisce nel tempo che dura l’esperienza, come abbiamo menzionato.

Dirigere Universo Visuale Sintetico

60 I Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere

Inoltre, sembra che siano due chiavi disattivate nel “flow”: la porzione della corteccia pre-frontale responsabile della critica verso sé stesso -la DLPFC che dicevamo prima, nell’improvvisazione dove smetteva di funzionare anche, in effetti si crede che l’improvvisazione si potrebbe produrre dentro uno stato di “flow” -e, il centro del cervello, responsabile della paura, l’amigdala.

Pertanto, si può riassumere affermando che il “flow” permette una massima attenzione nella quale smet-tiamo di giudicare quello che facciamo e di avere paura. In questo modo, ha senso descrivere questo stato come il massimo piacere. Quando è raggiunto, non soffriamo per se facciamo bene o male l’attività nella quale siamo impegnati, non ci supera la diffi-coltà, nemmeno ci annoiamo. Sentiamo che le nos-tre capacità sono le adeguate perché sia effettuata e godere della nostra azione.

È per questo motivo, per il piacere inerente vincolato all’attività, è quando siamo in “flow,” siamo più produttivi ed efficaci. E, inoltre spendiamo meno energia che quando siamo distratti. Così come uno stato d’animo positivo e rilassato favoriva l’apparizione di epifanie, la concentrazio-ne massima si genera con uno stato d’animo più neutro, che annulla ogni distrazione possibile. Alcuni studi indicano anche, che la malinconia e la tristezza (Joe Forgas) potrebberocontribuire ad aumentare il centro d’attenzione e noi così poter essere più osservatori e costanti nel com-pito. In ogni caso, gli stati psicologici ci avvicinano a diversi modi di creare, anche se la nostra potenziali-tà si presenta in modo continuo, nella nostra mente incosciente. Ci vuole solo scoprirla.

Documentazione ScientificaMetodo 4DBeatriz Barco

Dirigere Universo Visuale Sintetico

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 61

questo metodo

“All’improvviso, l’uomo è diventato nomade, raccoglitore di conoscenza, nomade come mai, sempre meglio informato,più libero che mai della specializzazione frammentaria,anche se implicato come mai prima nel rocesso sociale totale, giacché con l’elettricità, estendiamo a livello globale ilnostro sistema nervoso centrale y lo relacionamos istantaneamente con tuttal’esperienza umana”.McLuhan, M. (1988). El medio es el mensaje. Editoriale Paidós. (Il medium è il messaggio).

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Il Metodo DDDD Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere è nato delle informazioni raccolte esistematizzate per tre anni con gli studenti del Master in Comunicazione e Direzione artistica di Elisava. Comprende un programma con 1 mappa, 3 fasi, 11 basi, o esercizi (sviluppati durante il corso), e un’edizione.

Un sistema che propone la creatività come un processo trasversale, dalla nebulosa delle prime idee alla tangibilizazione dell’applicazione finale, attraverso tutti le fasi possibili di un progetto: ricerca, definizione, analisi, le conseguenze tratte, lo sviluppo delle idee, sintesi, trasformazione, correzione, l’inserimento di referenti, tendenze, sfide; selezione e valutazione, e l’inserimento degli accidenti, la casualità, la rappresentazione, il confronto con modelli, prototipi, disegni, diagrammi, mappe, progetti, concetti, testi, pensando all’applicazione e con i cinque sensi… che coinvolge l’utente, il ricevente, i clienti, i collaboratori, gli specialisti e, soprattutto, come dice McLuhan, con l’atteggiamento di sapere come raccogliere e integrare le conoscenze acquisite nel processo, perché un progetto è un tragitto.

Grazie a tutti coloro che, cosciente o incoscientemente, hanno aiutato a co-costruire

Metodo 4D: Scoprire, Definire, Sviluppare e Dirigere I 63

Glossario

CO-CREAZIONE

Incorporazione dell’utente nel processo di ricerca.

CONCETTO È il seme del come? Il nucleo dell’idea che prottegge tutti i pezzi creativi che ne possano derivare. CONCEPT BOARD Il concept board è la sintesi visiva del progetto. Un documento di A-3, che contiene una frase sintetica dell’idea principale, delle immagini che generano un ancoraggio di questa frase e un terzo elemento che sarà la disposizione di questi elementi, la cui morfologia propria o di composizione, trasmetta valori espressivi che specifichino il tono e/ o il carattere del progetto. CREATIVE BOOK

Il Creative Book o Universo Visuale Sintetico (UVS), è un documento di lavoro sintetico che raccoglie tutte le informazioni necessarie sul progetto, il concetto e i suoi aspetti estetici di applicazione come il tono, lo stile, la tipografia, ecc. Il Creative Book è orientato a servire come una guida per i diversi specialisti che partecipino a un certo punto del progetto e hanno bisogno di alcune linee guida su come applicare il concetto.

CONCEPT WALL Spazio di lavoro in formato di murale, in cui ci sarà tutta la informazione che contiene il nostro Concept Book.Nel Wall il nostro compito si concentrerà sulla relazione e connessione delle parti, creando microracconti che generino concetti ispiratori e innovativi fino a trovare il nostro diamante grezzo creativo. CONTEXT BOX

Context Box è il contenitore in cui sarà tutta quella informazione raccolta nella prima fase del progetto progettuale. Un magma della materia ispiratrice apparentemente disorganizzata e non coordinata. STRATEGIA

La strategia è un piano che è stato fatto prima delle azioni e sviluppato con un obiettivo previo. ESTETICAApprensione sensuale del pensiero. ETNOGRAFIA È lo studio sistematico di persone e culture. L’etnografia è un metodo di ricerca che consiste nell’osservare le pratiche culturali dei gruppi sociali e poter partecipare a loro per contrastare quello che la gente dice e fa.

IMMAGINI MENTALI

Immagini mentali sono il background referenziale estetico e concettuale del quale dispone tutto direttore artistico. Una dispensa creativa che gli serve come punto di partenza al momento di confrontare un nuovo brief. MEME

Nelle teorie di diffusione culturale, la meme è l’unità teorica di informazione culturale trasmissibile da un individuo ad altro, da una mente ad altra, o da una generazione alla seguente. MONDI POSSIBILI

Secondo Jordi Pericot nel suo libro “Pensar para decir”, possiamo definire i mondi possibili come uno spazio di convenzione tra il messaggio e chi lo interpreta. Una zona dove si stabilisce tanto un patto finzionale come una logica determinata che l’utente accetta, comprende e con la quale interagisce. I mondi possibili non solo permettono generare nuove idee, ma anche nuove sensazioni, e nuove opportunità di sorprendere e catturare gli utenti. RACCONTO

Il racconto è un magnifico strumento di connessione e coesione che ci permetterà di dare senso al magma delle informazioni raccolte nel nostro Content Box, ed estrarre un concetto unico. Un ambito liquido dove le

idee si collegano le une alle altre. OSSERVAZIONE PARTECIPANTE Tecnica analitica utilizzata nelle scienze sociali dove il ricercatore condivide con gli indagati il loro contesto, esperienza e vita quotidiana, per sapere direttamente tutte le informazioni che possiedono i soggetti di studio sulla propria realtà. PATTERNS

I modelli mentali o patterns, consistono nella riproduzione sistematica di strade e soluzioni creative usate previamente per la risoluzione di un progetto in Direzione artistica. PAROLA

Intesa non solo come una costruzione morfologica, ma anche come un potente strumento semantico che permette di prefigurare, dare forma all’idea, e anche configurare, dare forma al proget

http://www.com-elisava.com

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