Metodi di studio: una risorsa per il successo formativo ... · Un buon osservatore, sostiene...

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1 Metodi di studio: una risorsa per il successo formativo dello studente Asolo, 6 novembre 2012

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Metodi di studio: una risorsa per il

successo formativo dello studente

Asolo, 6 novembre 2012

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LA COMUNICAZIONE

“L'attività e l'inattività, le parole e il silenzio, hanno tutti valore di messaggio:

influenzano gli altri e gli altri a loro volta non possono non rispondere a queste

comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. Il comportamento quindi non ha il

suo opposto , non è possibile non comportarsi e quindi non si può non comunicare.”

Watzlawick 1967

DEFINIZIONE GENERALE

Il termine comunicazione deriva dal verbo comunicare che nel suo significato originale

(latino) vuol dire "mettere in comune" ossia condividere con gli altri pensieri, opinioni,

esperienze, sensazioni e sentimenti. La comunicazione non è semplicemente parlare ma

presuppone necessariamente una relazione e quindi uno scambio.

Vari sono i tipi di comunicazione e, tralasciando quelli non umani (animali,

multimediali, ecc.) la comunicazione umana di distingue in:

• La comunicazione sociale più nota come comunicazione di massa è realizzata da

una o poche persone ed è rivolta a molti individui (televisione, stampa, radio,

pubblicità, utenti e riceventi).

• La comunicazione interpersonale coinvolge 2 o più persone e si basa sempre su una

relazione in cui gli interlocutori si influenzano sempre l'un l'altro, anche quando

non se ne rendono conto. La comunicazione interpersonale si suddivide a sua volta

in:

• Comunicazione verbale Che avviene attraverso l'uso del linguaggio sia scritto che

orale e che dipende da precise regole sintattiche e grammaticali. ·

• Comunicazione non verbale Che avviene senza l'uso delle parole attraverso vari

canali: mimiche facciali, sguardo, gesti, posture, andature, abbigliamento.

• Comunicazione para verbale Che riguarda soprattutto la voce (tono, volume,

ritmo), ma anche le pause, le risate, il silenzio e altre espressioni sonore (schiarirsi

la voce, tamburellare, far suoni) e il giocherellare con oggetti.

Sia il non verbale che il paraverbale inviano messaggi spesso inconsapevoli di tipo

emotivo.

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STRUMENTI DI COMUNICAZIONE

Affinché avvenga una comunicazione sono necessari i seguenti elementi: emittente,

ricevente messaggio, codice, canale, contesto, filtri.

• L'emittente, anche detto trasmittente, è chi invia il messaggio e dando così inizio

alla comunicazione.

• Il ricevente, anche detto destinatario, è colui a cui viene inviato il messaggio.

• Il messaggio, anche detto contenuto, riguarda ciò che viene comunicato e può essere

di varia natura. ·

• Il codice, anche detto linguaggio, (verbale, non verbale, paraverbale) riguarda il

modo in cui si comunica dando un significato convenzionale al messaggio.

• Il canale, è il mezzo con cui avviene la comunicazione (a livello verbale la voce, a

livello non verbale mimico il viso, sguardo, gli occhi, la postura, il corpo, l’andatura,

gli spostamenti, l’abbigliamento; per il paraverbale la voce, le mani per il

tamburellare, ecc.). ·

• Il contesto riguarda il luogo, il momento e le circostanze in cui si comunica.

• I filtri, riguardano tutto ciò che disturba, altera o più raramente facilita la

comunicazione. I filtri possono essere fisici (rumore, brusio, volume basso della

voce, silenzio) e psicologici (aspettative, bisogni, pregiudizi, vissuti emotivi).

Mentre i filtri fisici sono più facilmente gestibili, quelli psicologici sono più complessi

da evitare proprio perché sono spesso inconsapevoli.

Ognuno di noi ha un proprio stile di comunicazione che dipende da vari fattori:

esperienze sociali fatte, conoscenze, valori e abitudini di vita.

Nei primi approcci è normale essere cauti, ma se tale atteggiamento diventa vera e

propria diffidenza, ciò può creare gravi problemi di comunicazione che, alla lunga,

potrebbero anche causare disturbi comportamentali. Secondo molti psicologi e sociologi

la comunicazione interpersonale tende oggi a essere scarsa e superficiale in quanto: 1)

Non si è capaci di comunicare 2) Si ha poco tempo di dedicare agli altri 3) Si è sempre

più individualisti 4) Si preferiscono altri mezzi di comunicazione.

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PRESUPPOSTI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE

Presupposti per poter comunicare in maniera efficace sono:

• Ascoltare in modo attento, empatico e interessato;

• Osservare e valutare la comunicazione non verbale;

• Comprendere le pause di silenzio e saperle gestire;

• Accettare tutto ciò che l'interlocutore dice, anche quando contrasta con le nostre

opinioni;

• Essere realmente disponibili a comunicare;

• Non imporsi in nessun modo. Considerare l'interlocutore come persona degna di

essere ascoltata.

Dalla definizione generale si può passare ora ad alcuni concetti della comunicazione

utili nel contesto classe.

LA COMUNICAZIONE EFFICACE

Da alcune ricerche svolte da Norton, ricercatore nel campo della psicologia scolastica, è

emerso che alcuni indicatori di apprendimento efficacie da parte degli studenti, siano

l'energia impiegata dall'insegnante durante la spiegazione in aula.

Possiamo da qui dedurre che gli alunni osservando l'insegnante sono un feedback molto

attento non solo sugli aspetti nozionistici trasmessi ma anche sui comportamenti che

sono adottati inconsapevolmente per trasmettere meglio i concetti. In questa ultima

parte della dispensa saranno trattati alcuni temi che possono aiutare l'insegnante ad

allargare le proprie prospettive per poter raggiungere i propri obiettivi molto più

velocemente ed efficacemente.

L'insegnante in classe deve prestare attenzione al contesto strutturale ma soprattutto al

clima che si instaura durante la propria lezione. Molto spesso siamo convinti di dare

informazioni in maniera chiara, semplice e piacevole, ma è sempre così?

Sempre da ricerche svolte nell'ambito della psicologia scolastica è emersa l'importanza

di rendere la lezione dinamica tramite alcuni accorgimenti:

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• Usare la gestualità, per accompagnare il fluire della spiegazione, dando input visivi

dell'importanza di alcune nozioni rispetto ad altre;

• Muoversi per la stanza e guardare spesso gli studenti negli occhi facilitando il contatto

visivo può permettere il prolungamento dell'attenzione dell'ascoltatore;

• Inserire nella spiegazione alcune parti più leggere (racconti divertenti o metafore

sull'argomento trattato) aiutano a chiarire e a fissare meglio concetti ostici.

L'energia, il dinamismo, l'attività, l'apertura, l'entusiasmo e

l'utilizzo di strategie per catturare l'attenzione sono variabili

importanti.

L'insegnante in grado di instaurare un rapporto empatico con i suoi allievi risulta avere dei

risultati più positivi nell'apprendimento della sua materia di studio.

Per rendere efficaci alcune strategie del proprio metodo d'insegnamento bisogna partire

dall'osservazione di coloro che ci stanno ascoltando e dall'ascolto attivo nei loro confronti.

L'osservazione è sempre la base per una ricerca qualitativa di strumenti adeguati agli

studenti di cui disponiamo. È quindi importante fare delle attività che permettano alla

classe di sperimentarsi e di esprimere le loro capacità.

Un buon osservatore, sostiene Bateson, deve saper riconoscere la differenza fra cambiare

punto di vista entro un contesto dato per scontato e cambiare quel contesto. Quando si

osserva il comportamento di chi ci sta di fronte si deve essere in grado di tracciare

congetturalmente questa distinzione sia relativamente a sé in quanto osservatore che

relativamente ai comportamenti degli osservati.

L'abilità del buon osservatore non riguarda prevalentemente l'annotare le differenze nei

comportamenti; ciò che lo appassiona sono i processi circolari e le dinamiche

dell'interdipendenza e mutua coordinazione nella costruzione e nel cambiamento dei

contesti,dei mondi possibili.

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Un buon osservatore si muove in un ambito relazionale e riflessivo in cui lui stesso è parte

del sistema osservato. Più il sistema è complesso e più è necessario che gli attori che vi

partecipano acquisiscano la circolarità della comunicazione, la polifonia, la comprensione

dialogica, l'arte di ascoltare. In sintesi Flessibilità, Umorismo, Coinvolgimento e Distacco,

Ascolto attivo.

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L'ascolto attivo significa dare completa attenzione a chi ci sta parlando, lasciando al nostro

interlocutore il tempo adeguato perché si esprima al meglio.

In questo modo esprimiamo un elevato grado di interesse verso l'altro.

Una buona predisposizione verso lo studente fornisce le basi di una relazione e favorirà da

parte sua la comprensione delle nozioni ma anche dei metodi di valutazione impiegati.

Quando si ascolta è inoltre molto importante dimostrare imparzialità, lungimiranza e stima

per l'altro:

• imparzialità: il nostro è un punto di vista ma non l'unico. Dobbiamo tener conto

anche degli altri punti di vista;

• lungimiranza: dobbiamo essere in grado di prevedere le ripercussioni che le nostre

parole hanno su chi ci ascolta;

• stima: se non abbiamo fiducia e interesse per l'altro questo stato viene manifestato

inconsciamente.

Riassumendo, un’osservazione partecipata e un ascolto attivo necessitano di un

decentramento del nostro punto di vista, cosi da predisporre un'alleanza relazionale verso

l'altro.

I segnali a cui prestare maggior attenzione sono quelli che si presentano come trascurabili e

fastidiosi, marginali ed irritanti, proprio perché incongruenti con le proprie convinzioni.

Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione

interpersonale. Affronta i dissensi come occasione per esercitarsi in un campo che lo

appassiona: la gestione creativa dei conflitti.

Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma

quando hai imparato ad ascoltare l’umorismo viene da sé.

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ESERCITAZIONE: USCIRE DALLE CORNICI

Questo esercizio consiste inizialmente in un gioco abbastanza noto, alcuni di voi

probabilmente sanno già la soluzione. Il problema però non è se si sa o no la soluzione ma

la riflessione che si può fare sul percorso emozionale e logico che si compie nel trovare la

soluzione. Se sapete la soluzione state lì buoni e tranquilli e aspettate la seconda fase,

altrimenti provate a farlo.

La parte più importante dell'esercizio è la comprensione del processo che porta gli studenti

a sbagliare e a riprovare non dando per scontata nessun tipo di possibilità.

Istruzioni: Prendere un foglio di carta e disegnare sopra per almeno tre volte nove puntini

disposti a quadrato

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . . . . .

Provare ora ad unire questi nove puntini con quattro segmenti senza sollevare la matita dal

foglio. Rendere visibili i percorsi utilizzati per giungere alla soluzione.

Siate consapevoli che questo esercizio è ideato per farvi fare brutte figure e il tempo a

disposizione è di dieci minuti.

Trascorsi i dieci minuti si raccolgono i fogli e si scrive sulla lavagna tre processi fallimentari e

la soluzione.

La fase principale è ripercorrere diverse possibilità uscendo da schemi classici.

Il processo completo è definito da Batson apprendimento dell'apprendimento.

Questo esercizio pone l'accento su una competenza che deve essere acquisita sia da insegnanti

sia dagli studenti, cioè la capacità di osservare tutto il contesto, riconoscendo le

disomogeneità e facendone una risorsa di apprendimento.

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LO STUDIO INIZIA IN CLASSE

Sono tempo di studio innanzitutto le (cinque) ore di lezione che, in genere i ragazzi sciupano,

soprattutto crescendo. Quando dico l’ora di lezione, intendo non solo la spiegazione, ma tutto

quello che si fa a scuola ... dalla spiegazione alla correzione, dalla ricerca al lavoro di gruppo,

dal documentario alla gita.

LA LEZIONE FRONTALE

La maggior preoccupazione didattica di molti

docenti è il completamento del programma e

minore enfasi viene posta su quanto sia

significativo e stabile nella memoria ciò che gli

studenti apprendono. A seconda di quanto lo

studente è coinvolto nel processo di

apprendimento, possiamo riconoscere diverse

strategie didattiche. Nella lezione "ex -cathedra",

tradizionale dell'insegnamento universitario, il

docente fornisce informazioni da apprendere e lo

studente è coinvolto soprattutto nello sforzo di

seguire la spiegazione e di prendere appunti.

Ricerche condotte sulla sua efficacia

smentiscono che la lezione sia un modo

efficiente di trasmettere informazioni in modo accurato. Di circa 5000 parole ascoltate in 50

minuti di lezione, gli studenti ne appuntano circa 500 e in media trascrivono circa il 90% delle

informazioni scritte dal docente sulla lavagna.

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Anche gli studenti che sono più dotati hanno

però difficoltà a sostenere l'attenzione e

l'interesse vivi per un’intera ora o più; dopo

circa 10 minuti, l'attenzione comincia a calare.

Un altro studio ci dice che immediatamente

dopo una lezione (di 50 minuti), gli studenti

ricordano circa il 70% di quanto presentato nei

primi 10 minuti, e il 20% del contenuto

presentato negli ultimi 10 minuti.

E' vero quanto Bodner afferma: “Insegnare e

apprendere non sono sinonimi: possiamo

insegnare - e insegnare bene - senza che gli

studenti imparino”. Possiamo riassumere gli aspetti negativi della lezione affermando che

qualche volta non riguarda il processo di insegnamento e di apprendimento, ma si riduce ad

un esercizio di stenografia; ha a che fare con la trasmissione di ciò che Whitehead chiama idee

inerti. In ultima analisi, la cosa più importante nell’insegnamento è quanto gli studenti

imparano frequentando l’ambiente che come esperti, sappiamo creare.

ALCUNE ALTERNATIVE ALLA LEZIONE FRONTALE

STRUMENTI

1. LEARNING BY DOING

DEFINIZIONE: apprendimento attraverso il fare,

attraverso l’operare, attraverso le azioni.

OBIETTIVI: Gli obiettivi di apprendimento si

configurano sotto forma di“sapere come fare a”,

piuttosto che di “conoscere che”. Infatti in questo

modo il soggetto prende coscienza del perché è

necessario conoscere qualcosa e di come una certa

conoscenza può essere utilizzata.

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AZIONI IMPIEGATE: Organizzare Goal-Based-Scenarios (GBSs), cioè simulazioni in cui il

corsista persegue un obiettivo professionale concreto applicando ed utilizzando le conoscenze

e le abilità funzionali al raggiungimento dell’obiettivo. Dovrà trattarsi di un obiettivo in grado

di motivarlo ed indurlo a mettere in gioco le sue conoscenze pregresse creando una situazione

ideale per l’integrazione delle nuove conoscenze.

FINALITA’: Migliorare la strategia per imparare, ove l’imparare non è il memorizzare, ma

anche e soprattutto il comprendere.

2. BRAIN STORMING

DEFINIZIONE: “ Tempesta nel cervello”. Consente di far emergere le idee dei membri di un

gruppo, che vengono poi analizzate e criticate.

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OBIETTIVI:

1. implementare la capacità di produrre idee, molteplici, diversificate ed insolite;

2. l’ interazione fra le persone;

3. sforzo di ciascuno nel comprendere le reciproche esigenze.

AZIONI IMPIEGATE: Le azioni si possono così schematizzare:

• la definizione e la scomposizione del problema;

• l’identificazione degli interventi che richiedono un’analisi con risoluzioni di tipo creativo e

quelli che richiedono interventi di tipo tradizionale;

• la produzione delle nuove idee;

• la decisione e la valutazione delle idee ( per queste due ultime fasi i gruppi non devono

superare le 6/10 unità e nel loro interno essere molto eterogenei);

FINALITA’: Migliorare la creatività, poiché si vuole far emergere il più alto numero di idee,

fattive e realizzabili, posto un argomento dato. Favorire, inoltre, l’abitudine a lavorare in team

e a rafforzarne le potenzialità.

3. PROBLEM SOLVING

DEFINIZIONE: L’insieme dei processi per analizzare, affrontare, e risolvere positivamente

situazioni problematiche.

OBIETTIVI:

1) focalizzare la criticità di una situazione per velocizzare la risoluzione del problema dato;

2) trovare la soluzione e rendere disponibile una descrizione dettagliata del problema e del

metodo per risolverlo;

3) anche se non si è trovata la soluzione è comunque importante dettagliare bene il problema

e descrivere accuratamente i passi da seguire affinché il problema non si ripresenti.

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AZIONI IMPIEGATE: Le azioni possono essere così schematizzate:

Focalizzare

• creare un elenco dei problemi

• selezionare

• verificare e definire il problema

• descrizione scritta del problema

Analizzare

• decidere cosa è necessario sapere

• raccogliere i dati di riferimento

• determinare i fattori rilevanti

• elenco dei fattori critici

Risolvere

• generare soluzioni

• selezionare una soluzione

• sviluppare un piano di attuazione

Eseguire

• monitorare l’impatto durante l’implementazione del piano

• completare il piano

• valutazione finale

FINALITA’: Migliorare le strategie operative per raggiungere una condizione desiderata a

partire da una condizione data.

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PPPEEERRR LLLOOO SSSTTTUUUDDDEEENNNTTTEEE......MMMAAA

NNNOOONNN SSSOOOLLLOOO......

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LO STUDIO A CASA

Dopo aver lavorato in classe seguendo le lezioni, prendendo appunti, trascrivendo esercizi,

ascoltando le interrogazioni, incomincia la fase più impegnativa del lavoro dello studente:

l’organizzazione a casa. Servono buone capacità organizzative soprattutto nelle giornate che

precedono le verifiche scritte o orali.

Qualche consiglio potrà essere utile.

Una programmazione efficace prevede un piano settimanale in cui, quotidianamente, siano

presenti momenti dedicati allo studio ed altri riservati allo svago. Il lavoro di pianificazione,

infatti, serve a ridurre il tempo di studio aumentandone l’efficacia, in modo da permettere

alla persona di avere del tempo libero per le attività extrascolastiche che interessano.

Non è necessario prevedere molte ore di studio. Sono invece importanti la concentrazione,

adeguate pause, buoni ripassi. Potresti costruire un’agenda settimanale con gli impegni fissi

(sport, hobbies) e le fasce orarie di studio – base, anche tenendo conto degli orari in cui

lavori meglio.

Nella programmazione dei tempi, occorre prevedere almeno tre fasi:

1. La prima è di revisione di ciò che è stato svolto in classe al mattino. Infatti, se non si

rimettono in ordine gli appunti o gli

esercizi, presto dimenticheremo il 70%

di quanto abbiamo fatto.

2. La seconda fase è di studio o di

esecuzione di compiti. In questa fase è

importante ricordare che gli esercizi

vanno svolti dopo aver studiato la parte

teorica.

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3. Una fase di ripasso. Solo dopo aver lasciato “sedimentare” le conoscenze, ripassi

successivi permetteranno di inserire le conoscenze nella memoria a lungo termine.

Non concentrare mai lo studio nei giorni appena precedenti le verifiche. Molti studenti fanno

proprio così, fidando nella potenza della “memoria a breve termine”. Gli svantaggi però

sono numerosi. Infatti, i risultati che si ottengono in questo modo sono imprevedibili per vari

motivi.

L’ansia, ad esempio, gioca un ruolo molto importante nel nostro rendimento: se non siamo

sicuri della nostra preparazione potremmo bloccarci, non ricordare più niente, fare una gran

confusione. Inoltre, se la preparazione è fragile, basta una domanda posta in modo diverso da

quello che abbiamo previsto, per “perdere la bussola”. Inoltre, ed è la cosa più importante,

se lavoriamo sempre con la “memoria a breve termine”, non riusciremo a costruire una

buona rete di conoscenze che ci serve per imparare nuove cose.

Suggerimenti vari:

Il giorno prima di una verifica o un'interrogazione è possibile solo fare un ripasso per

accertarsi di sapere esporre e utilizzare ciò che si è appreso. Quindi:

� rilettura veloce del testo, degli appunti, degli schemi, o esercizi-tipo;

� ripetizione ad alta voce per verificare la capacità di esposizione; eventuale simulazione

dell'interrogazione o verifica.

Se devi studiare 28 pagine di storia per l’interrogazione prevista tra 7 giorni, non

programmare lo studio di quattro pagine al giorno. Intensifica invece lo studio all’inizio,

diminuendo a metà settimana e tenendoti due giorni per un ampio ripasso.

Una nozione importante da trasmettere ai ragazzi delle scuole superiori che hanno quantitativi

di studio più ingenti è la programmazione in tempi più lunghi, quali un mese, tre mesi, sei

mesi. Questo sia in vista dell'esame di stato sia in seguito per far fronte ai carichi di studio

dell'università.

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LA LETTURA

Dopo aver pianificato il lavoro da svolgere a casa, la prima tappa importante è la lettura.

Questo accade sia nel caso più semplice di studio del testo, sia in quello più complesso in cui

occorre recuperare del materiale o produrre un lavoro.

Innanzitutto è necessario avere chiaro perché si legge:

� per studiare l'argomento?

� per cercare la risposta a parti o concetti non

capiti?

� per cercare qualche esempio su come

risolvere un problema?

� per fare una ricerca?

� per trovare informazioni su un argomento che

dobbiamo trattare in un tema?

Sulla base di questo potremo decidere se fare una

lettura integrale o una lettura selettiva. Nel caso

di una lettura integrale, cioè finalizzata allo studio serio di un argomento, sarà necessaria

molta concentrazione e si dovranno utilizzare alcune tecniche di memorizzazione:

sottolineature segni grafici (frecce, asterischi, ecc.) e titoletti al margine.

In altri casi si potranno utilizzare varie forme di lettura selettiva:

1. lettura orientativa quando intendiamo capire di che testo si tratta oppure quando

vogliamo verificare se un certo testo risponde alle nostre esigenze.

2. Lettura cursoria se operiamo una selezione delle informazioni, limitandoci a leggere le

parti che ci interessano. Ma, prima di arrivare a questa fase, vale la pena di verificare se si

è un buon lettore.

Il buon lettore è colui che legge velocemente e capisce quello che legge.

Una buona lettura prevede una velocità di 300-400 parole al minuto.

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Se un lettore è in grado di leggere a questo ritmo significa che:

� utilizza adeguatamente l’ampiezza del campo visivo per cogliere gruppi di parole con un

solo colpo d’occhio.

� riesce a fare una lettura silenziosa senza passare attraverso la traduzione uditiva dei suoni.

In effetti, la velocità degli occhi è superiore a quella della produzione di parole.

Inoltre:

� per raggiungere una velocità superiore a quella di lettura ad alta voce, il cervello effettua

delle operazioni di “riempimento” e intuizione delle parole che verranno, anticipandone

l’arrivo. Si tratta cioè di una lettura “attiva”, in cui chi legge “sa cosa potrebbe

aspettarsi”.

Un’altra operazione per rendere efficace la lettura e ridurre il tempo di assimilazione è quella

di richiamare alla mente, ponendoci delle domande, ciò che conosciamo già su quell’

argomento. Infatti, poiché sappiamo che il sistema delle conoscenze è una rete di informazioni

legate tra loro, sarà molto più facile ancorare le nuove informazioni a una rete già strutturata

piuttosto che “aprire” una rete del tutto nuova (che poi si perde nei magazzini della memoria).

Inoltre, avere delle aspettative sul testo ci permette di muoverci in modo più attivo e di essere

maggiormente in grado di selezionare le informazioni principali.

Ecco l’altro aspetto importante della fase di lettura:

le informazioni vanno in qualche modo già elaborate

Si può procedere in vari modi, ma sicuramente occorre:

• individuare l'argomento di ogni parte del testo (conviene sicuramente annotarlo a

margine, in modo da poter comodamente ricostruire il filo del discorso);

• individuare i concetti principali e quelli secondari (si può, ad esempio, sottolineare in

modo diverso gli uni e gli altri);

• evidenziare in modo visibile i nuclei centrali, oppure le tesi dell'autore, cioè quello che

sarebbe più importante riferire se dovessimo scrivere solo tre righe di sintesi sul testo.

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E’ chiaro perciò che il testo va usato, segnato, personalizzato in modo da aiutare la

comprensione e la memorizzazione: un libro nuovo e immacolato non indica uno studente

particolarmente attivo.

Bisogna sempre scoprire il significato di parole sconosciute: potrebbero essere

fondamentali per la comprensione. Inoltre, se il mio vocabolario è ricco, le mie prossime

letture saranno più rapide