Messaggero 2009-05 Gen-Mar

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Messaggi quaresimali e pasquali Intervista a don Sandro Vitalini Messaggio dalla Madonna del Sasso Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare Gennaio Marzo 2009 Rivista trimestrale - anno 99 5

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Trimestrale di formazione e spiritualità francescana

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Messaggi quaresimali e pasquali

Intervista a don Sandro Vitalini

Messaggio dalla Madonna del Sasso

Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare

GennaioMarzo2 0 0 9

Rivista trimestrale - anno 99

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Sommario MESSAGGERO

Rivista di cultura ed informazione religiosa fondata nel 1911 ed edita dai Frati Cappuccinidella Svizzera Italiana - Lugano

Comitato di Redazionefra Callisto Caldelari (dir. responsabile)fra Ugo Orellifra Edy Rossi-Pedruzzifra Michele RavettaClaudio Cerfoglia (segretariato)E-Mail [email protected]

Hanno collaborato a questo numero fra Agostino Del-PietroGino DriussiMarco DriussiFranca HumairAlberto LeporiFernando LeporiGabriella Modonesifra Riccardo Quadrifra Andrea Schnöllerdon Sandro Vitalini

Redazione e AmministrazioneConvento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 LuganoTel +41 (91) 922.60.32Fax +41 (91) 922.60.37

Internet www.messaggero.chE-Mail [email protected]

Abbonamenti 2009Per la Svizzera:ordinario CHF 30.-sostenitore da CHF 50.-CCP 65-901-8

Per l’Italia:ordinario € 20,00sostenitore da € 40,00Conto Corrente Postale 88948575 intestato Cerfoglia Claudio - Varesecausale “abbonamento Messaggero”E-Mail [email protected]

CopertinaVetrata in controfacciata realizzata da fra Roberto nella chiesa parrocchiale di Gravesano

Fotolito, stampa e spedizioneRPrint - Locarno

Nessuna tutela del clima 4senza giustizia Nord-Suda cura di Alliance Sud

Patì sotto Ponzio Pilato... 7fra Callisto Caldelari

La dimensione cosmica dei sacramenti 10don Sandro Vitalini

I sacramenti spiegati ai bambini 12

Porta d’ingresso all’edificio sacramentale 13

La “discrezione” di Francesco 16fra Riccardo Quadri

Le pagine dell’OFS 18fra Michele Ravetta e Gabriella Modonesi

Dieci minuti per te 20fra Andrea Schnöller

Messaggio dalla Madonna del Sasso 22fra Agostino Del-Pietro

Messaggi dai conventi... 24...e dalle loro adiacenze

Appunti di vita ecclesiale 28Alberto Lepori

Appunti di vita ecumenica 30Gino Driussi

Abbiamo letto... abbiamo visto… 32

Note importanti

Compilando la polizza per l’abbonamento non mancate di riportarel’esatto nominativo al quale la rivista è stata spedita.

Ci aiuterete ad abbinare con certezza il pagamento al destinatario.Per semplicità organizzativa la polizza di versamento é stata inserita

in tutte le copie di questo numero.

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Il presente numero contiene delle novità. Innanzi tutto il tema che do-vrebbe occuparci per due anni: “I sacramenti”, svolto nel presente fa-scicolo con un’intervista al teologo don Sandro Vitalini e con una

presentazione sommaria dei sacramenti anche ai bambini.

Quest’ultima è una rubrica che vorremmo continuare in ogni numero,per ogni sacramento, così da permettere ai genitori di osservare gli im-pegni assunti quando hanno chiesto il sacramento del matrimonio ed ilbattesimo per i loro figli.

Come abbiamo fatto già lo scorso anno, oltre al “tema”, dedichiamo di-verse pagine al mistero cristiano e alla festa religiosa più vicina. Per que-sto numero si tratta di sviluppare il tema quaresimale che tratta dellaprotezione del clima, tema sviluppato attraverso un corposo articolo daltitolo: “Nessuna tutela del clima senza giustizia Nord-Sud”.

Parleremo anche dei vari fatti ricordati nella Settimana Santa. Seguono lediverse rubriche che fanno del nostro Messaggero un foglio di spiritualitàe notizie francescane con aperture ecclesiali ed ecumeniche.

Dopo il primo anno la nuova redazione ha deciso: “continuiamo”. Ringraziando la Regione dei Cappuccini della Svizzera italiana che copreil deficit finanziario, in quanto l’introito dei circa 1000 abbonamenti nonpermette di estinguerlo. Quale sia questo disavanzo, lo trovate a pagina27. La situazione come vedete non è rosea, ecco perché ci permettiamo diinsistere: sottoscrivete al più presto l’abbonamento, scegliendo possibil-mente la formula del sostegno (fr. 50), e aiutateci a trovare altri abbonati.

Credeteci, il lavoro c’è ed è portato avanti da una redazione di volontari,con collaboratori fissi e occasionali, ed un segretario a tempo parziale.Questa redazione crede e spera molto che i lettori formino una vera fa-miglia attorno a questa rivista che viaggia verso i suoi 100 anni.

A tutti buona lettura.

La redazione

Lettera della Redazione

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Nessuna tutela del climasenza giustizia Nord-Sud

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Messa

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atico A nche se il tema annunciato

nella “Lettera della redazione” èquello dei sacramenti in gene-

rale non è possibile, avvicinandosi lefeste pasquali, non offrire degli spuntidi riflessione su quello che la Chiesacelebra in queste ricorrenze. Do-vremmo parlare della Quaresima,della Settimana Santa, specialmentedei suoi ultimi tre giorni, e della Pa-squa. Purtroppo lo spazio a nostra di-sposizione non permette di svolgeretutti i temi. Svilupperemo il primo e ilsecondo; al terzo dedicheremo la “Pa-gina meditativa”.

Quale giusto atteggiamento e qualegiusta politica adottare per affrontarel’annunciato disastro climatico?Come osservato da Jean-PierreDupuy, filosofo ed autore di “Pour uncatastrophisme éclairé”, il problemadel clima è piuttosto di ordine psico-logico e spirituale: non riusciamo a“credere” realmente a ciò che “sap-piamo” razionalmente. Abbiamotutte le informazioni sui grandi rischiai quali l’umanità e il pianeta sonoesposti a causa del riscaldamento glo-bale, ma non riusciamo a realizzareche possa realmente succedere. Sap-piamo che se il livello di concentra-zione di CO2 nell’atmosfera nondovesse stabilizzarsi nei prossimi 10-20 anni, la catastrofe sarà inevitabile,ma non riusciamo a prendere i neces-sari provvedimenti urgenti e drastici,pur avendone i mezzi finanziari e tec-nologici. I negoziati in corso su un nuovo ac-cordo volto a completare il protocollodi Kyoto che scadrà nel 2012, illu-strano perfettamente questo tragicodivario: la Conferenza delle NazioniUnite programmata per fine novem-bre a Copenhagen dovrebbe dare il viaad un nuovo regolamento climaticosostanziale ed equo. Si tratta di unadata cruciale che secondo i termini

utilizzati da Raja Devasish Roy, mini-stra dell’ambiente nel Bangladesh, de-terminerà se la comunità interna-zionale “prenderà in pugno il propriodestino”.Purtroppo la situazione si presentamale. Nel dicembre scorso, la confe-renza preparatoria di Poznan (Polo-nia) è stata un fiasco. L’atmosfera eraappesantita dalla crisi finanziaria e gliStati Uniti non volevano prendere de-cisioni importanti in attesa dell’inse-diamento di Obama. L’Unioneeuropea, inquinata da divisioni in-terne sulla futura politica energetica,ha perso leadership e credibilità. Cer-tamente, è riuscita salvare in extremisil suo pacchetto energia – clima, masvuotandolo dal suo contenuto acausa delle importanti concessioni of-ferte ai baroni dell’acciaio e del ce-mento. Altre nazioni industrializzatecome il Giappone, il Canada e l’Au-stralia si sono opposti a qualsiasicambiamento. Piuttosto che ridursi,con l’emergere di una visione condi-visa, il fossato tra Nord e Sud si èquindi approfondito. Il nostro pianeta non sa che farsenedi questa politica dei piccoli passi e acorto termine, i governi dovrebberoavere una visione a lungo termine eschiacciare l’acceleratore. La terra sista riscaldando ineluttabilmente, coni problemi e le sofferenze che ne de-rivano: siccità, inondazioni, rarefa-zione delle risorse, diminuzione deiraccolti… Come ricordato dal segreta-rio generale dell’ONU Ban Ki-Moon,il cambiamento climatico costituiscela “principale minaccia per lo sviluppoumano”, ed è molto più grave dell’at-tuale crisi finanziaria. Si tratta di unfenomeno profondamente ingiustoperché colpisce maggiormente i paesiche meno hanno contribuito alleemissioni di CO2 e che non hanno imezzi per premunirsene. Si trattadelle popolazioni già svantaggiate

dell’Africa, dell’Asia e dell’America La-tina. Secondo le stime dell’ONU,entro il 2010 i rifugiati del clima sa-ranno 50 milioni. Le Maldive, minac-ciate di essere sommerse dal mare,cercano nuove terre per accogliere iloro abitanti. Al termine del summitdi Poznan, il ministro dell’ambientedelle Maldive ha dichiarato in nomedei paesi insulari: “Stiamo annegandoe le assunzioni di responsabilità sonoquasi inesistenti!”Il Consiglio mondiale del clima conti-nua a ricordarlo: un aumento mediodella temperatura terrestre superiore a2°C (rispetto all’epoca preindustriale)condurrebbe a catastrofi incontrolla-bili. Per evitarlo, le emissioni mondialidi gas a effetto serra devono raggiun-gere il loro massimo entro il 2015 edin seguito diminuire. È dunque orache bisogna agire, perchè l’aumentoha già raggiunto lo 0,8°C. Più si at-tenderà, minori saranno le possibilitàdi agire. Tra dieci anni non si potràpiù realizzare ciò che può essere fattoadesso. Bisogna temere il peggio se entro no-vembre non si giunge ad un sostan-ziale accordo politico globale. Loscopo è di associare agli sforzi co-muni di riduzione del gas a effettoserra, i paesi che non si sono ancoraimpegnati: gli Stati Uniti, ma anche lepotenze emergenti come la Cina, l’In-dia e il Brasile. Questi paesi sono di-ventati dei grossi produttori di CO2 –la Cina ha perfino guadagnato ilprimo posto nel 2007 davanti agliStati Uniti. Ma questi ultimi accette-ranno obbiettivi vincolanti solo a duecondizioni: i paesi ricchi devono fi-nalmente mantenere i loro impegni diriduzione e di solidarietà, contraria-mente a quanto hanno fatto finora, eoffrire un mercato equo che rispetti illoro diritto allo sviluppo senza ipote-care la loro crescita economica e laloro lotta contro la povertà.

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Un tale accordo si basa su tre aspettifondamentali: In primo luogo la concessione di di-ritti d’emissione uguali per tutti gli abi-tanti del pianeta. Un principioinderogabile per assicurare una giusti-zia climatica sul piano mondiale,invirtù del principio “chi inquina paga”.

È logico che i paesi industrializzatidebbano ridurre maggiormente e piùrapidamente i loro gas a effetto serrarispetto ai paesi in via di sviluppo.Non solo ne hanno le capacità finan-ziarie e tecnologiche, ma ne sono iprimi responsabili: le loro emissioniper abitante sono dieci volte superiori

e l’80 % dell’inquinamento atmosfe-rico proviene dal loro sviluppo fon-dato sull’energia fossile, iniziatoall’epoca della rivoluzione industrialenel XIX secolo. Secondo le previsionidell’Agenzia internazionale dell’ener-gia, nel 2030 le emissioni di un cineserappresenteranno soltanto un quarto

di quelle di un americano. È il motivo per cui i paesi industrializ-zati devono ridurre le loro emissionidi CO2 dal 25 al 40 % entro il 2020 (enon solo di almeno il 20 % come rac-comanda l’UE e la Svizzera), in se-guito le emissioni dovranno diminuiredel 90 % entro il 2050. Lo sforzo mag-

giore deve essere fatto localmente enon attraverso progetti di riduzione al-l’estero, come proposto dall’UE e laSvizzera con il concetto di “neutralitàclimatica”. Questo presuppone in par-ticolare la sostituzione di buona partedelle energie fossili con energie rinno-vabili. In secondo luogo, i paesi dl Sud de-vono ottenere la garanzia di poter ac-cedere in modo rapido e convenientealle moderne tecnologie pro-clima.Nell’ambito della Convenzione qua-dro delle Nazioni Unite sul clima del1994, i paesi del Nord si erano impe-gnati ad effettuare questo tipo di tra-sferimento, ma finora non è statofatto quasi nulla. Perché? Le loro pos-sibilità sono limitate perchè questotipo di tecnologia appartiene in pre-valenza alle aziende private. Un modoun po’ facile di sdoganarsi, ma chesottolinea uno dei maggiori ostacoli altrasferimento di tecnologie: i diritti diproprietà intellettuali dei quali la Sviz-zera è uno dei maggiori difensori.Ecco perché i paesi del Sud rivendi-cano una revisione del sistema deibrevetti per assicurare un equilibriopiù equo tra la remunerazione degliinnovatori ed il bene pubblico globale. Infine, occorre garantire il finanzia-mento degli sforzi di adattamento deipaesi del Sud agli effetti del riscalda-mento globale: sistemi di allerta, ap-provvigionamento d’acqua, dighe diprotezione, ecc. La Banca Mondialestima tra 10 e 40 miliardi di dollari icosti annui di tali adeguamenti.L’ONG Oxfam parla addirittura di 50miliardi. In base al piano d’azioneadottato alla Conferenza di Bali nel2007, la maggior parte delle risorse fi-nanziarie prevedibili e durevoli do-vrebbero provenire dal Nord. È giusto che questi fondi si aggiun-gano a quelli dell’aiuto allo sviluppo.Sarebbe infatti indecente mettere inconcorrenza protezione del clima e

© Roberto Rizzato

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Messa

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atico lotta contro la povertà. Inoltre, non si

tratta più di un dono proveniente daipaesi sviluppati, ma del rimborso deldebito ecologico contratto con la pro-sperità attuale raggiunta ai danni delpianeta e sfruttando il bene comunecostituito dall’atmosfera. In questosenso, la Svizzera ha presentatoun’idea molto interessante di tassaglobale sul CO2 con il principio di“chi inquina paga”. È stato pertanto creato un fondo perquesti adattamenti, alimentato princi-palmente dai prelievi sul mercato deicertificati di emissioni di gas ad effettoserra. Benché i paesi del Sud abbianoottenuto un ruolo di rilievo nella ge-stione di questo fondo e l’accesso di-retto – senza dover passare per unintermediario come la Banca Mondiale(controllata dai donatori), le sommepreviste sono per ora insignificanti:300-500 milioni di dollari entro il2012. Una bazzecola rispetto ai 2600miliardi utilizzati per salvare il sistemafinanziario. Questo dimostra che amancare non è il denaro, ma piuttostola volontà politica. Quando i governigiudicheranno necessario, troverannoi mezzi. Ed in modo massiccio. Se unpaese ha i mezzi per spendere a cortotermine parecchi miliardi per rimpol-pare le sue banche, dovrebbe anchedarsi i mezzi per salvaguardare il climaa lungo termine, senza il quale la suaeconomia non avrà nessun futuro.

Tanto più che in base al rapportoStern, l’1 % del PIL mondiale sarebbesufficiente per coprire i costi di adat-tamento, mentre l’inazione richiede-rebbe un prelievo del 20 %. Questi tre aspetti sono condizioni in-dispensabili per giungere ad un con-senso tra il Nord e il Sud. Sarà moltodifficile da realizzare, ma non è troppotardi. L’entrata in scena dell’ammini-strazione Obama, che ha promesso diridurre le emissioni degli Stati Unitidell’80 % entro il 2050, può dare unnuovo impulso ai negoziati. Diversipaesi in via di sviluppo come il Suda-frica, il Messico e la Corea del Sud sisono detti disposti ad impegnarsi. Non ci sarà dunque un accordo post-Kyoto sostanziale senza giustizia trapaesi ricchi e paesi poveri. Ma ciò ba-sterà per salvare il clima? Sarà impos-sibile senza un messa in discussionedel sistema economico occidentale.Fondato sul credo illusorio e deva-stante della crescita quantitativa illi-mitata, questo sistema è inoltreprofondamente ingiusto perché non siestende al resto del pianeta ed alle ge-nerazioni future. Nolens volens, il pro-blema del clima non potrà essererisolto solo attraverso i poteri miraco-losi della tecnologia e del mercato, mapresuppone l’invenzione di un mo-dello alternativo di produzione e diconsumo. La trasformazione perso-nale e collettiva verso un’altra rela-

zione alla natura, in altre parole, uncambiamento di paradigma. La pensa nello stesso modo il Nobelper la pace 2007 Rajendra Pachauri,presidente del Gruppo di esperti inter-governativo sull’evoluzione del clima(GIEC). Si appella a meno carne, menoshopping, meno macchine e meno tra-sporti in aereo: “dobbiamo anche mo-dificare il nostro stile di vita ed i nostricomportamenti. I paesi del Sud, in par-ticolare, non hanno altra scelta a partequella di trovare uno sviluppo alterna-tivo a quello occidentale. Il mio sognosarebbe di vedere l’emergere di unvasto movimento di consumatori cit-tadini guidati dalla gioventù che rifiu-tano qualsiasi prodotto o attività avidedi carbonio. È l’unico modo per co-stringere le multinazionali ed i governia cambiare radicalmente traiettoria. Sì, ognuno dovrebbe fare il proprio bi-lancio di carbonio!”. L’attuale crisi finanziaria che dimostrala mancanza di prospettive e le assur-dità del nostro sistema economico èun’occasione unica per una tale messain discussione.

Michel Egger, Alliance Sud

Comunità di lavoro Swissaid. Sacrificio Quaresimale. Pane per tutti.

Helvetas. Caritas. AcesTraduzione Estelle Rechsteiner

www.alliancesud.ch

La Svizzera ha i mezzi per assumere un ruolo di pioniere nella questione climatica, indipendentemente dai tentenna-menti dell’Unione europea e dalla crisi finanziaria. Ne sono convinte le grandi organizzazioni di sviluppo che attendonodalla Svizzera un impegno totale per un accordo post-Kyoto efficace, solidale ed equo, che garantisca ai paesi in via disviluppo il diritto di crescere in modo duraturo. A tale scopo, Sacrificio Quaresimale e Pane per tutti hanno lanciato uninvio di cartoline indirizzate al Consiglio federale; questa azione è al centro della nuova campagna ecumenica, “Un climasano per garantire il pane quotidiano”. Alliance Sud segue da vicino e in modo molto critico la preparazione del Sum-mit decisivo sulla protezione del clima previsto per la fine di novembre a Copenhagen, come pure la revisione in corsodella legge federale sul CO2 che determinerà la futura politica climatica della Svizzera ed il suo impegno per la riduzionedei gas ad effetto serra.

E la Svizzera?

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Patì sotto Ponzio Pilato...

PremessaCi sono due modi di affrontare questi articoli del Credo: o vedere evangelista per evangelista cosa dicono in meritodella passione e morte di Gesù, e quindi affrontare la pas-sione secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; o vederliglobalmente con uno sguardo generale che comprende esintetizzi i racconti di tutti e quattro. Per questo articolo èquasi d’obbligo scegliere la seconda strada, pur sapendoche si perdono le particolarità che ogni evangelista sottoli-nea in merito alla persona del Cristo sofferente. Per non tra-scurare questi particolari molto importanti quale“Premessa” vediamo come ogni evangelista presenta Gesùnel momento culminante della sua vita.

Per Matteo: Gesù è sottomesso alla volontà del Padre, glirinnova la sua obbedienza con amore filiale. Conosce loscopo del suo sacrificio. È consapevole anche della mortee ha la chiara percezione di quanto lo attende. Tutto ciònon gli impedisce di sperimentare la scelta di solidarietàcon l’umanità peccatrice.

Per Marco: Gesù è il biblico “Servo sofferente”, il giustoperseguitato. Va alla morte in una solitudine estrema: con-serva un silenzio misterioso, rotto da un grido straziantesulla croce per l’abbandono del Padre. A questo grido faeco la confessione del centurione romano che proclamaQuest’uomo era veramente Figlio di Dio (Mc. 15, 39).

Per Luca: Gesù è l’innocente mansueto che si conforma alvolere del Padre, prototipo del giusto perseguitato iniqua-mente, ma nello stesso tempo non chiuso nel suo dolore,ma misericordiosamente proteso verso le persone che glistanno attorno e in dialogo con esse. Per Luca, nella pas-sione, vi è anche lo scontro decisivo tra Gesù e Satana.

Per Giovanni: Gesù emerge per la sua superiorità e autore-volezza. Non è il “Servo sofferente” dei sinottici che espiai peccati del mondo, ma è il dominatore degli eventi chenon viene sopraffatto da un destino finale, grazie alla suascienza sovrumana e alla sua volontarietà con cui prevedeciò che gli sta per capitare. È l’IO SONO divino, è il Re dellaverità che attira tutti al suo trono.

Fatta questa premesse, dato che il materiale da commentareè amplissimo, tentiamo di rispondere ad alcune domande:

Perché Gesù è stato crocefisso?Quanti e quali processi ha avuto? E come si è comportatoil giudice romano, Ponzio Pilato?Il viaggio verso il Calvario e la morte di Gesù

Perché Gesù è stato tradito e crocefisso?

Fondamentalmente perché ha disatteso le speranza mes-sianiche che all’inizio erano riposte su di lui. Infatti altempo di Gesù, in Palestina, l’attesa del Messia era viva. I“capi del popolo” chiesero a Giovanni Battista se era lui ilMessia, o colui che doveva preparane la venuta (Elia, o “ilprofeta”) ed il Battista ha negato. Gesù viene battezzato e,secondo alcuni esegeti, prende coscienza in quell’occasionedi essere il Messia. Poi si ritira nel deserto e dopo quel pe-riodo, ritorna da Giovanni. Quando questi viene incarce-rato ritorna in Galilea seguito da alcuni discepoli delPrecursore che lo ritengono il Messia (Gv. 1, 37-51).In Galilea suscita entusiasmo, tanto che dopo la moltipli-cazione dei pani vogliono farlo re. Ma i capi, sempre vigi-lanti anche se abitano lontano (Gerusalemme) mandanodegli osservatori (spie) e subito s’accorgono che non eralui il tipo di Messia che si aspettavano.Al termine della sua vita fa un viaggio trionfale a Gerusa-lemme; trionfale per il popolo che lo acclama, ma non peri capi coi quali ha delle dispute molto frequenti. Per loro luiè un laico non istruito che pretende di disputare coi sacer-doti, coi dotti (scribi) e i super-religiosi (farisei).Le accuse che Gesù lancia contro di loro sono molto forti.I gesti che compie non sono di meno: fa pulizia nel tempio,dice metaforicamente di distruggerlo e lo prendono sul seriofacendolo diventare un capo d’accusa. Per inciso notiamoche Gesù con il tempio aveva un rapporto difficile; alladonna samaritana dice in parole povere che è inutile perché“d’ora in avanti gli uomini adoreranno Dio in spirito e ve-rità”, inoltre non si legge nei vangeli che lui abbia pregatoe molto meno sacrificato nel tempio.Tutto questo ci fa dire che i “capi del popolo” nei suoi ri-guardi subirono una grande delusione, non era il Messiapolitico sperato, era un Messia spirituale del quale non sa-pevano cosa fare. Ma soprattutto era un personaggio chenon apparteneva al loro ceto: per i sacerdoti sadducei (ma-terialisti), era un laico poco pio; per gli scribi e farisei, piùspirituali, soprattutto più dotti, era un ignorante nella lorointerpretazione delle scritture; comunque non aveva fatto leloro scuole.Inoltre tutti i capi – religiosi e laici – visto l’entusiasmo dellafolla che lo acclama “Figlio di Davide”, “Re d’Israele” hannopaura di una sommossa popolare che sarebbe finita nel san-gue per reazione di romani. Vedi la profezia di Caifa: “È me-glio che muoia uno solo e non perisca la nazione intera”,(Gv. 11, 49-50).Evidentemente queste motivazioni di basso egoismo nonpossono giustificare legalmente una condanna a morte, per-ciò le autorità ebraiche costruiscono un processo religioso.

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Messa

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atico Quanti processi subì Gesù e come si comportò

il suo giudice Ponzio Pilato?

Forse non tutti sanno – o ricordano - che Gesù subì dueprocessi: quello giudaico e quello romano.

Processo giudaico Con un interrogatorio preliminare da parte dell’ex sommosacerdote Anna. Fu tenuto dal Sinedrio la mattina presto diquel giorno che noi chiamiamo il “Venerdì santo” secondoun rituale ebraico: si cercarono due testimoni concordi, manon se ne trovano. Allora il sommo sacerdote Caifa feceuna richiesta diretta, una domanda che poteva implicare lapena di morte. Per il Dio vivente, ti scongiuro di dirci se tusei il Messia, il Cristo, il Figlio di Dio. La risposta di Gesù, Tu l’ hai detto. Ma io ti dico che d’orain poi vedrete il Figlio dell’uomo seduto accanto a Dio on-nipotente, egli verrà sulle nubi del cielo (Mt. 26, 63-64).Scatta automaticamente la sentenza: Ha bestemmiato e inquanto bestemmiatore è reo di morte (lapidazione). Ma questa pena non può essere eseguita per limitazioneromana.

Processo romanoI giudei ritenevano una una pura formalità presentare il reoal procuratore Ponzio Pilato per la ratifica della sentenza.Non per nulla gli dicono: Se non fosse un malfattore non telo porteremmo qui (Gv. 18, 30). Pilato non ci sta, è custodedel diritto romano. Fa di tutto per liberarlo, anche un ten-tativo antigiuridico, quello di mandare Gesù da Erode. Allafine cede quando i giudei minacciano di denunciarlo al-l’imperatore.

Il viaggio verso il Calvario e la morte di Gesù in croce

Le scene registrate nei vangeli (non nell’esercizio della “Viacrucis”) durante il viaggio al Calvario, hanno alta probabi-lità di essere storico-biografiche. Infatti sembra esistesseroa Gerusalemme delle donne che commiseravano i condan-nati e i romani certamente avevano la possibilità di prendereun aiuto per la croce.Forse sul Calvario vi è più teologia: comunque sono mo-menti intensi. Il perdono al buon ladrone e a tutti i re-sponsabili della sua crocifissione: Perché non sanno quelloche fanno, quindi anche a Giuda, a Pietro che lo ha negato,ai sinetristi, a Pilato. Il dono della Madre.Sulla sepoltura diversi esegeti sono critici, ritengono chesia stata la solita sepoltura riservata dai romani a un con-dannato alla croce, quindi in una fossa comune. Ma la

frase che forse riassume meglio la morte di Gesù è quellache troviamo registrata in Giovanni (19, 30): Tutto è com-piuto. Che cosa è compiuto? La vita, la missione, il sacri-ficio! Non solo, il verbo greco, qui tradotto con la parola“compiuto” ha un senso ancora più profondo, sta ad in-dicare il compimento di un’azione sacra, un sacrificio o unrito d’iniziazione. Ecco perché si parla di “sacrificio dellacroce”, non soltanto in senso umano quale momento ditragica sofferenza, ma anche in senso teologico quale of-ferta immolata a Dio.Tutti e quattro gli evangelisti parlano di emissione dello spi-rito, ed è difficile comprendere come la “Bibbia in linguacorrente”, traduca questa frase ricca di significati con un“banale” morì. Quel emise lo Spirito ha un significato moltopiù pregnante; in quel “momento” Gesù lascia in eredità ilsuo Spirito ai presenti che rappresentavano la Chiesa. Infattiè con la morte in croce che inizia l’offerta dello Spirito piùvolte promessa; poi ci saranno altri momenti di effusione,dopo la Pasqua quando dà agli apostoli il potere di perdo-nare i peccati (Gv. 20, 22), mentre Luca colloca la grandeeffusione dello Spirito dieci giorni dopo l’ascensione, perla festa ebraica della Pentecoste (Atti 2, 1-12). Ma quisiamo già in altri articoli del Credo.

Resta da vedere l’affermazione che Gesù sia morto per i no-stri peccati: non la si trova direttamente nei vangeli, ma in-direttamente si: Il Figlio dell’uomo non è venuto per essereservito, ma per servire e dare la vita in riscatto di molti(Mc. 18,45 e Mt. 20,28). Inoltre abbiamo le parole pro-nunciate nell’Ultima cena dove si parla del pane-corpo datoper voi, del vino-sangue versato per voi; fonte principale diquesto concetto è la riflessione teologica di San Paolo (1Cor. 15, 3).Uno scritto ancora più tardivo (1 Pietro 1, 28-20) parla del sangue di Cristo che ci ha liberato dalla no-stra vuota condotta ereditaria. Ma non possiamo sottacerecon Romano Penna (Gesù di Nazaret, pg. 72) che, più delleparole, esprimono questa finalità le azioni di Gesù. Egli havissuto con la coscienza di dover soggiacere al destino deiprofeti (Lc. 13,34) annoverandosi fra vittime della cittàsanta: Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti elapidi coloro che sono stati inviati a te.Va comunque rifiutata la tesi di una morte per placare l’orafunesta di un Dio (Padre) offeso dai peccati dell’uomo! Que-sto tipo di Dio sarebbe esattamente il contrario di quellopresentato ed insegnato da Gesù in tutta la sua vita pub-blica, che “fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi”, cheaccoglie il figlio (peccatore) scappato da casa e non gli rin-faccia nemmeno la sua colpa, ma lo reintegra nel suo amoretotale. Quando i teologi s’impegnano sono capaci di in-ventare molte teorie anche parecchio distanti dai vangeli.

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“Alla vittima pasquale,s’innalzi oggi il sacrificio di lode.L’Agnello ha redento il suo gregge.L’Innocente ha riconciliato noi, peccatori, col Padre.

Morte e vita si sono affrontatein prodigioso duello.Il Signore della vita era morto,ma ora, vivo trionfa.

“Raccontaci Maria: che hai visto sulla via?”.“La tomba del Cristo vivente,la gloria del Cristo risorgente,e gli angeli, suoi testimoni,il sudario e le sue vesti.Cristo, mia speranza, è risorto:precede i suoi in Galilea”.

Si, ne siamo certi.Cristo è davvero risorto.Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi.Alleluia.

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Volendo parlare di sacramenti ciè sembrato opportuno dedicareal tema di fondo un articolo,

cioé trattare il sacramento in generale,spiegando cosa indica questa parola“sacramento” nella dottrina cattolica.Ci siamo rivolti ad una persona chedi questa materia ne ha fatto oggettod’insegnamento a livello universitario,il nostro Don Sandro Vitalini sempredisponibilissima a dare una mano achi chiede aiuto e consiglio.Lo ringraziamento nella speranza diaverlo altre volte ospite di questa no-stra rivista.

Che cosa è un sacramento?Come possiamo spiegarequesto nome ad un cattolicomoderno?

Per spiegare il significato del Sacra-mento dobbiamo ricordare due veritàfondamentali:a) il Verbo (Logos) unigenito del

Padre crea l’Universo, che ha con-sistenza in Lui (Giovanni 1, 3; Colossesi 1, 15-20; Ebrei 1, 1-3).

b) Il Verbo eterno ha assunto la no-stra carne e ha posto la sua tendain mezzo a noi (Giovanni 1, 14).

Se sappiamo trarre le logiche conse-guenze da queste verità rivelate, cirendiamo conto che non esiste piùuno spazio profano (fuori del tem-pio), perché l’universo è il tempiodella presenza creatrice e divinizza-trice del Verbo: “È giunto il momento,ed è questo, nel quale i veri adoratoriadoreranno il Padre in Spirito e Verità;perché il Padre cerca tali adoratori”(Giovanni 4, 23).In quest’ottica, in opposizione allatradizione religiosa universale, i cri-stiani non hanno (non dovrebberoavere!) templi immaginati come abi-tazioni della divinità; le nostre catte-drali monumentali non sono ispiratealla logica evangelica, che adora il Cri-

sto Pantocrator (da non tradurre erro-neamente con “omnipotens”, ma,per stare alla lettera, con “omnite-nens”) presente nella creazione ed inparticolare nell’uomo, soprattutto seaffamato, ignudo, profugo, carcerato(Matteo 25, 31-46).Se il cristianesimo fosse stato fedele,come nei primi secoli, al Vangelo, ciavrebbe lasciato come vestigia nondelle cattedrali, ma degli ospedali, neiquali il Cristo era accolto e curato. La liturgia fiorisce dalla diaconia. Perl’assemblea liturgica abbiamo bisognodi un luogo decoroso, nel quale sipossa “mangiare la Pasqua” (Luca22,11), fermo restando che essa èvera nella misura in cui si prolunganel servizio del prossimo nel bisogno:“Chi non ama il proprio fratello chevede, non può amare Dio che nonvede” (1 Giovanni 4, 20).Il mondo sacramentale è di fatto ilmondo in cui viviamo e le benedi-zioni che pronunciamo sull’acqua, sulfuoco, sui cibi, sulle macchine ci ri-cordano che dobbiamo sempre rin-graziare (1 Tessalonicesi 5, 18; Efesini5, 20), perché l’amore trinitario crea-tore vuole sempre più divinizzarci.Mi auguro che noi abbiamo a vederecome Sacramento ogni uomo e ognialtra creatura, scoprendo in ciascunola divina presenza vivificatrice. Losguardo di fede posato su ogni crea-tura la divinizza e trasforma anchenoi, accelerando il ritorno del Signore(2 Pietro 3, 12), e rendendo già pre-sente, anche se solo embrionalmente,quei nuovi cieli e quella nuova terra,nei quali appunto non c’è tempio,perché il Padre e l’Agnello sono Tem-pio e Luce della Città Santa; dal Tronodel Padre e dell’Agnello sgorga ilfiume dello Spirito, che rallegra e rav-viva la nuova creazione (Apocalisse21, 22 – 22, 1-20). I cristiani sonochiamati a incarnare questa lucenuova ed eterna che vivifica l’universo(Matteo 6, 16).

Perché i sacramenti sono sette? Chi lo ha stabilito? Sono sempre stati così?

La premessa fatta ci aiuta a capirecome il numero dei Sacramenti nonsia definibile: il numero sette esprimela pienezza dell’opera di Dio. Ma iPadri ne contavano anche solo due, ilBattesimo e l’Eucaristia, il che non do-vrebbe stupirci se i protestanti arrivanoa tre (Battesimo, Eucaristia, Ordine),mentre nel medioevo si arrivava anchea ventiquattro (dove si annoveravanoanche il Sacramento dei Canonici e laBenedizione delle Badesse).Questa varietà di numerazione cele-bra l’universalità dell’attività sacra-mentale, che non è mai puntuale,limitata ad un momento, ma siestende a tutta la vita. Ciò è ricordatodalla dottrina del “carattere o quasi ca-rattere” che connota ogni azione sa-cramentale, destinata a perdurare. Il“carattere” è Cristo stesso, come ci ri-corda il prologo agli Ebrei, che defini-sce con termini coniati all’uopo lapersonalità divino-umana della Parolaincarnata. Il Figlio è l’“impronta” dellasostanza del Padre (1,3), la “scultura”visibile del Dio invisibile. Il cristianoche aderisce alla trinità diviene anchelui scultura, manifestazione visibiledel Dio invisibile.Convertendosi alla Parola che è il Cri-sto, egli si lascia immergere (battez-zare) nella vita trinitaria (Matteo 28,19-20) che lo associa con le sorelle ei fratelli a una vita di famiglia (Atti 2,42-46). Si pensi alla gioia degli orfanie delle vedove, di tutti i miserabili, checon il Battesimo entrano a far parte diuna famiglia che li provvedeva delpane quotidiano (Atti 4, 32-35). Que-sta vita miracolosa era possibile gra-zie al dono dello Spirito (Atti 8,15-17) che li rendeva, a loro volta, an-nunciatori della Parola che salva. Sinoti come la Parola e il concreto ser-vizio del prossimo connotino la cele-

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brazione di ogni gesto sacramentale. È evidente che i cristiani, che si riuni-vano per pregare, per ascoltare la Pa-rola e per consumare assieme il pastofraterno, non potessero non renderegrazie ogni giorno al Padre che nel Si-gnore Crocifisso e Risorto li aveva resiper sempre una sola famiglia (Atti 2,46). La vicinanza ai malati, in fun-zione della loro guarigione, si espri-meva con una Santa Unzione(Giacomo 5, 14-15), mentre i fratelliconfessavano le loro colpe a vicendaper essere perdonati (ivi, v. 16). Si noticome nel Nuovo Testamento il Per-dono precede la Confessione dellecolpe e anzi spesso non la prevedanemmeno (Luca 7, 36-50; Giovanni 4,1-42; 8, 1-11). Le comunità dei bat-tezzati sono strutturate (Atti 20,28),dove i pastori sono quei servi chedanno anche la vita per le pecore diGesù (Giovanni 10, 15). Le piccole co-munità cristiane si diffondono in unbaleno in tutto il bacino mediterraneograzie alla loro vita di famiglia e allecoppie che testimoniano un modo diamare unico, gioioso, definitivo, dovelo sposo è pronto anche ad immolarsi,come Cristo, per la sua sposa (Efesini5, 21-33). Il carattere “rivoluzionario”dei Sacramenti è certo alla base dellarivoluzione portata dalla Chiesa nelmondo greco-romano, rivoluzione chepoi si è infiacchita, quando la Chiesaha assunto delle prerogative di domi-nio temporale, che Gesù aveva netta-mente rifiutato (Matteo 4, 1-8).

I sacramenti sono tutti ugualio ci sono sacramenti piùimportanti e altri meno?

Il Sacramento, il segno divino per ilmondo, è Cristo Gesù, che si incarnanell’uomo. Quanto più (soprattuttonell’Eucaristia) ci facciamo in Lui panespezzato per il mondo, tanto più ren-diamo credibile e attuale la sua reden-zione.

Si noti però come il Verbo solleciti dasempre l’uomo a vivere fraternamentea gloria dell’unico Creatore. Nella teo-logia cristiana si è sempre parlato dei“Sacramenti precristiani” che collega-vano gli ebrei come tutti gli altri po-poli a Dio, come pure tutti i noncristiani di oggi. La volontà salvificauniversale (1 Timoteo 2,4) interessagli uomini di ogni tempo, così cheogni uomo che opera il bene lascia giàagire in sé lo Spirito, anche se non losa (Atti 10, 34-36). Tutti i segni delbene, le opere di verità e di giustizia(Giovanni 3, 21) compiute dagli uo-mini di qualsiasi tempo e luogo, sonodei segni di divinizzazione.Anche nell’evangelizzazione dei sin-goli come dei popoli il cristianesimo èchiamato non solo ad annunciare il ri-sorto, ma anche a scoprirlo presentee attivo in ogni cultura e religione. Ilcristianesimo non è prodotto d’espor-tazione, ma progetto di vita che devesvilupparsi, anche in modalità moltodiverse, secondo il genio e la culturadi ogni popolo, così che ogni popololo senta “suo” e scopra l’essenza dellarivelazione, iscritta in ogni uomo, cheè il comandamento di amare il pros-simo come se stesso (Romani 13, 5).

Il Sacramento, il segno divino per ilmondo, è Cristo Gesù, che si incarnanell’uomo. Quanto più (soprattuttonell’Eucaristia) ci facciamo in Lui panespezzato per il mondo, tanto più ren-diamo credibile e attuale la sua reden-zione.Si noti però come il Verbo solleciti dasempre l’uomo a vivere fraternamentea gloria dell’unico Creatore. Nella teo-logia cristiana si è sempre parlato dei“Sacramenti precristiani” che collega-vano gli ebrei come tutti gli altri po-poli a Dio, come pure tutti i noncristiani di oggi. La volontà salvificauniversale (1 Timoteo 2,4) interessagli uomini di ogni tempo, così cheogni uomo che opera il bene lascia già

agire in sé lo Spirito, anche se non losa (Atti 10, 34-36). Tutti i segni delbene, le opere di verità e di giustizia(Giovanni 3, 21) compiute dagli uo-mini di qualsiasi tempo e luogo, sonodei segni di divinizzazione.Anche nell’evangelizzazione dei sin-goli come dei popoli il cristianesimo èchiamato non solo ad annunciare il ri-sorto, ma anche a scoprirlo presentee attivo in ogni cultura e religione. Ilcristianesimo non è prodotto d’espor-tazione, ma progetto di vita che devesvilupparsi, anche in modalità moltodiverse, secondo il genio e la culturadi ogni popolo, così che ogni popololo senta “suo” e scopra l’essenza dellarivelazione, iscritta in ogni uomo, cheè il comandamento di amare il pros-simo come se stesso (Romani 13, 5).

Non le sembra che la Chiesaabbia privilegiato troppo la preparazione ai sacramentia scapito dell’istruzionereligiosa in genere?

Come ci ricorda il prologo agli Ebrei,il Figlio ci parla in modo definitivo edesaustivo in questi tempi che sono gliultimi. La sua Parola, testimoniata dalnuovo testamento, è sferzante e vivi-ficante. Ogni celebrazione è imbevutadalla Parola. È impensabile che si ce-lebri l’Eucaristia (o un altro Sacra-mento o sacramentale) senzal’animazione della Parola. Quando laChiesa, nell’età costantiniana, haperso la propria libertà, ha persoanche lo slancio dell’annuncio e sisono avute delle “cerimonie” , dei“riti” non più vivificati dalla Parola.Così si sono concepiti i Sacramenticome gesti magici (e si è immaginatoche un prete potesse consacrare unapanetteria o un pagano essere reso cri-stiano a forza col Battesimo).Ora che siamo usciti dalla greve tutelacostantiniana, dobbiamo tornare a re-spirare la sacra mentalità ecclesiale e

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cosmica, che è tutta imbevuta di Pa-rola di Dio. La vera “forma” del Sacra-mento è questa Parola che ci convertee ci divinizza, la sua vera “materia”siamo noi, Popolo di Dio, che accettadi essere profetico, sacerdotale e re-gale (1 Pietro 2, 4-10).Se assimiliamo la Parola del Nuovo Te-stamento, la cui profondità – gustatada Maria e dagli Apostoli – mai sarà danoi sufficientemente sondata, potremosperare che l’ordine che Cristo ci dà diessere una cosa sola (Giovanni 17,21)sia da tutti noi battezzati attuato. Lanostra testimonianza di amore sororalee fraterno dovrebbe tornare ad esserequella delle comunità paoline, così cheil “benefico contagio” della Parola diDio tocchi tutti i popoli, portandoli aquella fraternità e a quell’amore per iquali sono stati creati: “Un solo Spi-rito, un solo Signore, un solo Padre ditutti, al di sopra di tutti, che agisce permezzo di tutti ed è presente in tutti”(Efesini 4, 4-6).

don Sandro Vitalini

Abbiamo scritto nella lettera ini-ziale che vogliamo arricchire lanostra rivista di indicazioni per

aiutare i genitori nel loro compito –promesso nel matrimonio e nel batte-simo dei figli – di essere i primi edu-catori cristiani.Purtroppo in parrocchia e nelle lezionidi educazione religiosa a scuola arri-vano dei bambini completamente adigiuno di nozioni religiose. I genitori,fino a quel momento spesso nonhanno fatto nulla, al massimo lihanno abituati a dire qualche preghie-rina la sera (invece di dirla insieme) ehanno loro raccontato la storia diGesù Bambino che porta i doni,quando non l’hanno sostituita conquella di Babbo Natale. Il nostro desi-derio è quello di venire incontro allafamiglia presentando un ipotetico dia-logo fra genitori e figli sul tema dei sa-cramenti.Bambino: “Mamma, la catechista ciha parlato dei sacramenti, ma io hocapito poco, non so bene cosa è unsacramento. Me lo puoi spiegare tu?”Mamma o papà: “Il sacramento è unsegno”.Bambino: “Che cos’è un segno?”Mamma o papà: “Ci sono molti segni,per esempio: sulla strada che percorriogni mattina quando vai a scuolatrovi dei cartelli stradali che indicanola direzione o la velocità o la fermatadel bus; il semaforo, che indica con isuoi colori che cosa devi fare; oppurepuoi incontrare delle persone che in-dossano una divisa che ti indica laloro professione (poliziotto, postino,frate, suora) o la loro provenienza. Cisono segnali come una stretta dimano, un sorriso, una carezza che in-dicano un saluto, un’amicizia, un belmomento. Anche la chiesa ha i suoisegni, la croce, una lampada sempreaccesa, l’altare e tanti altri segni chepuoi vedere entrando in chiesa.Tra tutti i segni ci sono dei segni spe-ciali che sono i sacramenti.

I sacramenti sono dei gesti che sifanno in chiesa per dire davanti a tuttiche voglio la grazia per vivere comeGesù ci ha insegnato, amandoci e per-donandoci.Bambino: “Che cos’è la grazia?”Mamma o papà: “È un aiuto gratuitoche Dio ci dà, ecco perché si chiamagrazia. È un aiuto che Dio dà se glielochiediamo e se vogliamo vivere se-condo le sue regole d’Amore”.Bambino: “Io ho già ricevuto un sa-cramento?”Mamma o papà: “Si, il battesimo cheè un gesto che abbiamo scelto di fareper te, chiedendo a Gesù la grazia diaiutarti a crescere come Lui vuole, af-finché tu sia veramente felice e tupossa anche rendere felici gli altri”.Bambino: “Ci sono altri sacramenti?”Mamma o papà: “Sì, in tutto sonosette”.1. Il battesimo, come spiegato prima2. La cresima: Dio ci regala la forzanecessaria per vivere da cristiano,questa forza è lo Spirito Santo.

3 L’ eucarestia o comunione: ripe-tiamo un gesto che Gesù fece nel-l’ultima cena prima di morirerestando così uniti a lui.

4. La riconciliazione o confessione:quando una persona riconosce diavere sbagliato e di essersi allon-tanata da Dio, il Signore lo invita aritornare e lui è pronto a perdo-narlo.

5. Il matrimonio: quando un uomo euna donna si uniscono davanti aDio e promettono di amarsi.

6. L’ordine sacro: quando una per-sona vuole dedicare totalmente lasua vita a Gesù e al servizio deifratelli.

7. L’unzione degli infermi: Gesù è unconforto per le persone malate,dona loro sollievo.

Bambino: “Mi piacerebbe conoscereanche questi altri segni”.Mamma o papà: “Lo faremo prossi-mamente”.

I sacramenti spiegati ai bambini

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Porta d’ingresso all’edificio sacramentale

Ilibri non si apprezzano per il numero delle pagine, maper il contenuto. Col titolo “I sacramenti della vita” (Ed. Borla), Leonardo Boff oltre venticinque anni fa pro-

pose un libretto di cento pagine, di facile e profondo con-tenuto che, con questo numero, iniziamo a leggereinsieme.

1. Quando le cose cominciano a parlare ...

Questo libro può essere capito soltanto da quegli spiritiche, pur nel mondo tecnico-scientifico moderno, vivonodi un altro spirito che permette loro di vedere al di là di unqualunque paesaggio e di spaziare sempre al di là di unqualunque orizzonte. Questo spirito vive oggi nelle pro-fondità della nostra esperienza culturale. È come un fiumesotterraneo che alimenta le sorgenti e queste i fiumi in su-perficie. Non lo vediamo. Ma è il più importante. Perchéominizza le cose e umanizza i rapporti con loro. Questospirito scopre il significato segreto scolpito in esse.L’uomo non è soltanto manipolatore del suo mondo.È anche qualcuno capace di leggere il messaggio che ilmondo porta in sé. Questo messaggio è scritto in tutte lecose che formano il mondo. I semeiologi antichi e modernividero molto bene che le cose, oltre a essere cose, costi-tuiscono un sistema di segni. Sono sillabe di un grande al-fabeto. E l’alfabeto è al servizio di un messaggio scolpitonelle cose, messaggio che può essere descritto e decifratoda chi ha gli occhi aperti.L’uomo è un essere in grado di leggere il messaggio delmondo. Non è mai un analfabeta. È sempre colui che, nellamolteplicità dei linguaggi, può leggere e interpretare. Vi-vere è leggere e interpretare. Nell’effimero può leggere ilPermanente; nel temporale, l’Eterno; nel mondo, Dio. Al-lora l’effimero si trasfigura in segnale della presenza del Per-manente; il temporale in simbolo della realtà dell’Eterno;il mondo in grande sacra- mento di Dio. Quando le cosecominciano a parlare e l‘uomo a sentire la loro voce, alloraappare l’edificio sacramentale. Sul suo frontespizio èscritto: tutto quanto è reale non è altro che un segno.Segno di che? Di un’altra realtà, Realtà fondamento di tuttele cose, di Dio.

2. L’uomo moderno è anche sacramentale

Non crediamo che l’uomo moderno abbia perduto il sensodel simbolico e del sacramentale. Egli pure è uomo, comealtri di altre epoche culturali, e perciò è anche generatoredi simboli espressivi della sua interiorità e capace di deci-frare il significato simbolico del mondo. Può darsi che siadiventato cieco e sordo a un certo genere di simboli e riti

sacramentali che si sono sclerotizzati o sono diventati ana-cronistici. La colpa è allora dei riti e non dell’uomo mo-derno. Non possiamo nascondere il fatto che nell’universosacramentale cristiano sia avvenuto un processo di mum-mificazione rituale. I riti attuali dicono poco di per sé. De-vono essere spiegati. Un segno che deve essere spiegatonon è un segno. Ciò che deve essere spiegato non è ilsegno, ma il Mistero contenuto nel segno. A causa di que-sta mummificazione rituale, l’uomo moderno secolarizzatosospetta dell’universo sacramentale cristiano. Può sentirsitentato di rompere ogni rapporto con il simbolico religioso.Nel farlo, non tronca soltanto con una ricchezza impor-tante della religione; chiude anche le finestre della suastessa anima, perché il simbolico e il sacramentale sonodimensioni profonde della realtà umana.

3. Il sacramento: un gioco tra l’uomo, il mondo e Dio

I fenomenologi e gli antropologi hanno descritto minuzio-samente il gioco dell’uomo con il mondo. Ci sono trestadi successivi. Al primo stadio l’uomo prova un senso didiffidenza. Egli prova ammirazione per le cose, persino ti-more. Le esamina da tutte le parti. Va sostituendo sorpresecon certezze. Il secondo stadio rappresenta il termine diquel processo che è l’addomesticamento. L’uomo riesce ainterpretare e quindi a dominare quello che era motivo didiffidenza. La scienza si trova a questo stadio: inquadra ifenomeni all’interno di un sistema coerente allo scopo diaddomesticarli. Infine, l’uomo si abitua agli oggetti. Fannoparte del paesaggio umano. Nel frattempo, questo giocoha modificato l’uomo e gli oggetti. Essi non sono più sem-plici oggetti. Diventano segni e simboli dell’incontro, dellosforzo, della conquista, dell’interiorità umana. Gli oggettiaddomesticati cominciano a parlare e a raccontare la sto-ria del gioco con l’uomo. Si trasformano in sacramenti.Il mondo umano, anche se materiale e tecnico, non è maisoltanto materiale e tecnico; è simbolico e carico di si-gnificato. Chi è perfettamente a conoscenza di questosono coloro che conducono le masse attraverso i mezzi dicomunicazione sociale. Ciò che guida gli uomini non sonotanto le ideologie, ma i simboli e i miti sollecitati partendodall’inconscio collettivo. La pubblicità commerciale in TVpresenta la sigaretta XY. Chi fuma questa marca fa partedegli “dei”: uomini belli, ricchi, nelle loro abitazioni me-ravigliose, con le loro donne affascinanti, pienamente ap-pagati nell’amore, in una soluzione completa di tutti iconflitti. Tutta questa finzione è rituale e simbolica. Sonoi sacramenti profani e profanatori che devono evocare lapartecipazione ad una realtà onirica e perfetta e dare la sen-

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atico sazione di trascendere ormai questo mondo conflittuale e

difficile.L’uomo possiede questo di straordinario: può fare di unoggetto un simbolo e di un’azione un rito. Facciamo unesempio: prendere “chimarrão da cuia”1. Quando qual-cuno viene a trovarci, nel sud del Brasile, gli offriamo su-bito una “cuia” di “chimarrão” caldo. Ci sediamocomodamente al fresco. Prendiamo dalla stessa “cuia” esucchiamo dalla stessa “bomba”2. Si prende non perchési ha sete o per il gusto amarognolo, o perché “fa miracolie libera da qualunque indigestione”. L’azione ha un altrosignificato. È un’azione rituale per festeggiare l’incontro eassaporare l’amicizia. Il centro dell’attenzione non è nel“chimarrão”, ma nella persona. Il “chimarrão” svolge unafunzione sacramentale.Paolo in 1 Cor 11, 20-22 ha visto bene: alcuni vengonoalla cena eucaristica soltanto per placare la fame e saziarela sete. Costoro perdono il significato del sacramento. Ce-lebriamo la cena eucaristica non per placare la fame, maper festeggiare e partecipare alla Cena del Signore.L’azione del mangiare per placare la fame e quella di cele-brare l’ultima Cena è la stessa. Ma nell’uno e nell’altrocaso il significato è differente. L’azione quotidiana del man-giare è portatrice di un’espressione differente e simbolica.Questa azione costituisce il sacramento. Il sacramentoha, pertanto, un profondo radicamento antropologico.Spezzarlo sarebbe spezzare la stessa radice di vita e rovi-nare il gioco dell’uomo con il mondo.Il cristianesimo intende se stesso, non soprattutto comeun sistema architettonico di verità salvifiche, ma come par-tecipazione della Vita divina nel mondo. Il mondo, le cosee gli uomini sono pervasi dalla Linfa generosa di Dio. Lecose sono portatrici di salvezza e di un Mistero. Per que-sto sono sacramentali. La riluttanza del cristiano verso ilmaterialismo marxista viene, in gran parte, da questo di-verso modo di considerare la materia. Essa non è soltantooggetto di manipolazione e di possesso dell’uomo, è por-tatrice di Dio e luogo d’incontro della salvezza. La materiaè sacramentale.Questa sacramentalità universale raggiunse la sua mas-sima densità in Gesù Cristo, Sacramento Primordiale diDio. Con la sua ascensione e scomparsa agli occhi umani,la densità sacramentale di Cristo passò alla Chiesa che è ilSacramento di Cristo continuato nel tempo. Il sacramento

universale della Chiesa si concretizza nelle varie situazionidella vita e fonda la struttura sacramentale, centrata parti-colarmente nei sette sacramenti, Bisogna, tuttavia, osser-vare: i sette sacramenti non assorbono tutta la ricchezzasacramentale della Chiesa. Tutto ciò che essa fa possiedeuna densità sacramentale, perché essa è, fondamental-mente, sacramento. La grazia, ugualmente, non è legata aisette segni maggiori della fede. Essa ci viene con altri segnisacramentali: può essere la parola di un amico, un arti-colo di stampa, un messaggio perduto nello spazio, unosguardo supplice, un gesto di riconciliazione, una sfidache ci viene dalla povertà e dall’oppressione. Tutto puòessere un veicolo sacramentale della grazia divina. Poterindividuare e accogliere così la salvezza, sotto segni cosìconcreti, è opera e impresa di una fede matura. Il cristianodi oggi dovrebbe essere educato a vedere il sacramentooltre gli stretti limiti dei sette sacramenti. Una voltaadulto, dovrebbe saper discernere riti che diano un signi-ficato e che celebrino l’irruzione della grazia nella sua vitae nella sua comunità. L’impegno del nostro saggio è por-tare a questo.

4. La narrativa: il linguaggio del sacramento

Se il sacramento profano o sacro deriva dal gioco dell’uomocon il mondo e con Dio, allora la struttura del suo lin-guaggio non è argomentativi, ma narrativa. Non argo-menta né vuole persuadere. Vuole celebrare e narrare lastoria dell’incontro dell’uomo con gli oggetti, le situazioni,e gli altri uomini dai quali è stato provocato a trascenderee che gli hanno evocato una Realtà superiore, resa pre-sente attraverso a loro, convocandolo all’incontro sacra-mentale con Dio.La teologia è stata per secoli argomentativa. Voleva parlareall’intelligenza degli uomini e convincerli della verità reli-giosa. I risultati sono stati mediocri. Convinceva, general-mente, soltanto quelli già convinti. Si era cullatanell’illusione che Dio, il suo segno salvifico, il futuro pro-messo all’uomo, il mistero dell’Uomo-Dio Gesù Cristo, po-tessero essere accettati intellettualmente senza primaessere stati accolti nella vita e aver trasformato il cuore. Siera dimenticata, almeno a livello di teologia manualistica edi discorso apologetico, del fatto che la verità religiosanon è mai una formula astratta e il termine di un ragio-

1 È un mate senza zucchero servito nell’apposita zucchetta (cuia). Le foglie dell’erva-mate, albero della famiglia dei lecci, sono fatte seccaree pestate e quindi se ne fa un infuso che viene servito in una specie di zucca da fiaschi prodotta dalla pianta della cuieira della famigliadelle Bigoniacee (crescentia cujete) il cui frutto è simile ad una zucca da fiaschi.

2 Cannuccia di metallo o di legno con cui si succhia il mate. Nella estremità inferiore ha una specie di reticella che impedisce l’entrata dellapolvere dell’erba nella bocca.

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namento logico. In primo luogo e fondamentalmente essaè un’esperienza vitale; un incontro con il Senso definitivo.Solamente dopo, nello sforzo di una connessione cultu-rale, è tradotta in una formula ed è reso esplicito il mo-mento razionale in essa contenuto.Il sacramento, come vedremo durante le nostre riflessioni,si traduce essenzialmente in termini di incontro. All’ori-gine del sacramento c’è sempre una storia che comincia:“C’era una volta una brocca ... un pezzo di pane ... unmozzicone di sigaretta ... un Uomo-Dio chiamato Gesù... una cena che Egli celebrò ... un gesto di perdono cheEgli fece”. Perciò, come insegnano i semeiologi sul discorsoteologico, il linguaggio della religione e del sacramentonon è mai soltanto descrittivo. È principalmente evoca-tivo. Narra un fatto, racconta un miracolo, descrive unamanifestazione rivelatrice di Dio, per evocare nell’uomo larealtà divina, il procedimento di Dio, la promessa della sal-vezza. È questo che interessa sin dal principio. Esempio:sono davanti a una montagna. Posso descrivere la monta-gna, la sua storia millenaria, la sua composizione fisico-chimica. Sono uno scienziato. Ma al di là di questadimensione vera, ce n’è un’altra. La montagna evoca lagrandezza, la maestà, l’imponenza, la stabilità, l’eternità.Essa evoca Dio che fu chiamato di Pietra. La pietra è a ser-vizio della stabilità, dell’imponenza, della maestà e dellagrandezza. Essa si fa sacramento di questi valori. Li evoca.Il linguaggio religioso si pone soprattutto in questo oriz-zonte di evocazione. Il sacramento è, essenzialmente, evo-cazione di un passato e di un futuro, vissuti nel presente.Il linguaggio religioso e sacramentale è auto-implicativo.Perché non è soltanto descrittivo, ma innanzi tutto evo-cativo, esso coinvolge sempre la persona con le cose. Nonlascia nessuno neutrale. Lo tocca fin dentro; instaura unincontro che modifica l’uomo e il suo mondo. Nel suolibro Memorie dalla casa dei morti, Dostoiewski raccontala sua liberazione. Nell’abbandonare la Casa dei Morti os-serva i ferri che gli imprigionavano le gambe. Sono spezzatia martellate sull’incudine. Osserva i pezzi sul pavimento,pezzi che gli danno il gusto della libertà. Prima di uscire,va a vedere e a salutare le palizzate, le locande sudice. Tuttogli era divenuto familiare e fraterno. Lì egli lasciò parte dellasua vita. Ormai facevano già parte della sua vita. Si sen-tiva coinvolto in tutto ciò, perché le cose ormai non eranopiù cose. Erano sacramenti, che evocavano la sofferenza,le lunghe veglie, l’ansia di libertà. Il linguaggio religioso esacramentale è, infine, preformativo, cioè, porta a una mo-dificazione della prassi umana. Induce alla conversione.Fa ricorso a un’apertura e a una conseguente accoglienzanella vita. Il nostro saggio cerca di articolare il linguaggio

narrativo nella sua dimensione evocatrice, auto-implicantee preformatrice applicata all’universo sacramentale. Il no-stro sforzo è orientato al superamento della ricchezza re-ligiosa insita nell’universo simbolico e sacramentale chepopola la nostra vita quotidiana.I sacramenti non sono proprietà privata della sacra gerar-chia. Essi sono parte integrante della vita umana. La fedevede la grazia presente nei gesti più rudimentali della vita.

Per questo li ritualizza e li porta a livello di sacramento.Il nostro intento con questo saggio, è di svegliare la di-mensione sacramentale addormentata o profanata nellanostra vita. Una volta svegli, possiamo celebrare la pre-senza misteriosa e concreta della grazia che abita nel no-stro mondo. Dio era sempre là, anche prima che cisvegliassimo. Adesso che ci svegliamo possiamo vederecome il mondo è sacramento di Dio. Chi ha capito i sa-cramenti della vita è molto vicino, anzi, è già dentro laVita dei sacramenti.

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La ‘discrezione’ di Francesco

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Con

oscere Franc

esco Sono consapevole che il termine italiano ‘discrezione’

potrebbe condurci molto lontano dal significato cheesso rivestiva per Francesco o i suoi agiografi. Infatti

noi siamo abituati a indicare con questa parola uno spic-cato senso dei limiti nostri o altrui, o la capacità di mante-nere un segreto. Il che è già significativo. Ma già il notodizionario Devoto-Oli della lingua italiana, come primo si-gnificato di ‘discrezione’, dice testualmente: “Facoltà chepermette di uniformare i propri atti o le proprie parole a cri-teri soddisfacenti sul piano della ragionevolezza e dell’uti-lità”. Questa definizione, a mio avviso, rende molto benelo spessore del termine latino ‘discretio’, applicato dal-l’agiografo al comportamento di Francesco verso un fratelloin difficoltà, come possiamo constatare in questo signifi-cativo racconto della “Leggenda perugina”, collocato addi-rittura dall’agiografo all’inizio del suo dettato.

“Nei primordi dell’Ordine, quando Francesco cominciò adavere dei fratelli, dimorava con essi presso Rivotorto. Unavolta, sulla mezzanotte, mentre tutti riposavano sui lorogiacigli, un frate gridò all’improvviso: «Muoio! Muoio!».Tutti gli altri si svegliarono stupefatti ed atterriti. Francesco si alzò e disse: « Levatevi, fratelli, ed accendeteun lume ». Accesa la lucerna, il Santo interrogò: « Chi hagridato: Muoio? ». Quello rispose: «Sono io». Riprese Fran-cesco: « Che hai, fratello? Di cosa muori? ». E lui: « Muoiodi fame ».Francesco, da uomo pieno di bontà e gentilezza, fece subitopreparare la mensa. E affinché quel fratello non si vergo-gnasse a mangiare da solo, si posero tutti a mangiare in-sieme con lui. Sia quel frate sia gli altri si erano convertitial Signore da poco tempo, e affliggevano oltremisura ilcorpo.Dopo la refezione, Francesco parlò: « Cari fratelli, racco-mando che ognuno tenga conto della propria condizione fi-sica. Se uno di voi riesce a sostenersi con meno cibo di unaltro, non voglio che chi abbisogna di nutrimento più ab-bondante si sforzi di imitare l’altro su questo punto; ma,adeguandosi alla propria complessione, dia quanto è ne-cessario al suo corpo. Come ci dobbiamo trattenere dal so-verchio mangiare, nocivo al corpo e all’anima, così, e anchedi più, dalla eccessiva astinenza, poiché il Signore preferi-sce la misericordia al sacrificio ».Disse ancora: « Carissimi fratelli, ispirato dall’affetto io hocompiuto un gesto, quello cioè di mangiare assieme al fra-tello, affinché non si vergognasse di cibarsi da solo. Eb-bene, vi sono stato sospinto da una grande necessità edalla carità. Sappiate però che, d’ora innanzi, non voglio ri-petere questo gesto; non sarebbe conforme alla vita reli-giosa né dignitoso. Voglio pertanto e ordino che ciascuno,

nei limiti della nostra povertà, accordi al suo corpo quantogli è necessario ».

Questo episodio, con le riflessioni che l’accompagnano, èriportato pure da un altro noto scritto francescano, cioè lo“Specchio di perfezione” 27-28 (FF1712-1713). In questotesto, come nella “Leggenda perugina” (FF 1546), ricorrequella frase tipica “Nos vero, qui cum ipso fuimus” (“Noiche abbiamo vissuto con lui”), la quale costituisce una spe-cie di sigillo-attestazione della veridicità di ciò che si dice edell’attendibilità di chi lo racconta.

La ‘discrezione’ di Francesco per i fratelli

Francesco, definito dall’agiografo “uomo pieno di bontà egentilezza”, di fronte al caso del fratello che, in piena notte,sveglia tutti con il suo grido “Muoio! Muoio!” (di fame), in-vita tutti i frati presenti a preparare la mensa, così che il fra-tello bisognoso non si debba vergognare a mangiare dasolo. Poi esorta tutti i frati lì presenti, ma anche in generale,a tener conto della propria costituzione fisica e a non imi-tare pedissequamente e senza discrezione i compagni piùrobusti o più resistenti alle privazioni corporali.Francesco, da buon psicologo (non per sé, ma per gli altri),aveva capito che occorreva evitare i due estremi, cioè sial’eccessivo mangiare sia l’eccessiva astinenza, perché os-serva – citando un passo dell’evangelista Matteo (12,7) –il “Signore preferisce la misericordia al sacrificio”. Ed eccola conclusione pratica di Francesco: “ Voglio pertanto e or-dino che ciascuno, nei limiti della nostra povertà, accordial suo corpo quanto gli è necessario”.Questo episodio non dovette rimanere isolato, perché pocopiù avanti la nostra “Leggenda perugina” attesta in manieraesplicita: “Noi che siamo vissuti con lui, siamo in grado ditestimoniare a suo riguardo che, dal tempo che cominciò adavere dei fratelli e poi per tutta la durata della sua vita, usòdiscrezione verso di loro bastandogli che nei cibi e in ognialtra cosa non uscissero dai limiti della povertà e dell’equi-librio, cosa tradizionale tra i frati dei primordi” (FF 1546).

La poca ‘discrezione’ di Francesco per sé stesso

Forse la paura del convertito Francesco di non essere unmodello credibile per i suoi fratelli, gli suggerisce la deci-sione di non voler ripetere il gesto caritatevole verso il fra-tello affamato, perché “non sarebbe conforme alla vitareligiosa né dignitoso”. È difficile capire che cosa inten-desse dire Francesco (o l’agiografo) con questa afferma-zione perentoria. Infatti, sia la “Leggenda perugina” comeanche lo “Specchio di perfezione” riferiscono che i primi

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frati e quanti vennero dopo di loro, per molto tempo eranosoliti strapazzare il proprio corpo non solo con una esage-rata astinenza nel mangiare e nel bere, ma anche rinun-ciando a dormire, non riparandosi dal freddo, lavorandocon le loro mani. Portavano direttamente sulla pelle, sottoi panni, cerchi di ferro e corazze, chi poteva procurarsene,o anche i più ruvidi cilizi che riuscivano ad avere” (FF 1546;1713).Ma Francesco, stando all’agiografo, questa volta intervienee, durante un Capitolo, proibisce ai frati di “portare sulla

carne null’altro che la tonaca”. E questo anche per evitaremalattie ed infezioni.Cosa concludere? Con l’aiuto del Signore (implorato nellapreghiera) e con la sua esperienza con i fratelli, forse ancheFrancesco riuscirà a capire che la penitenza è e deve esseresolo un mezzo, non un fine. Non per niente, prima di mo-rire, chiederà perdono a “fratello corpo” per averlo trattatotroppo male.

fra Riccardo Quadri

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Messa

ggio dall’Ordine Fran

cescan

o Se

colare

Sorelle e Fratellidell’OFS

Carissimi,

l’esperienza della fede cristiana ci farà rivivere gli avveni-menti che hanno coinvolto la persona di Gesù. Certo, ciòche ricordiamo con la fede è storicamente avvenuto oltre2000 anni fa, ma la memoria del cuore non stenta a recu-perarne tutto il significato e la sua importanza: “dalle suepiaghe, siamo stati guariti”, dice il profeta Isaia.Liturgica-mente, la Pasqua è la festa più importante dell’anno cri-stiano. Il triduo pasquale ne rafforza la bellezza ed ilmistero. La mattina del giovedì santo il Vescovo celebra inCattedrale la Messa Crismale; attorniato dal presbiterio,benedice i nuovi oli santi per l’amministrazione dei sa-cramenti: l’olio dei catecumeni, il sacro crisma e l’olio pergli ammalati. Giunta la sera ogni sacerdote, celebrando laMessa “in Cœna Domini”, ricorda l’istituzione dell’Euca-ristia e del sacramento del sacerdozio. Venerdì santo è ilgiorno della morte del Signore. Nel mondo intero nonviene celebrata nessuna Messa ma la liturgia assume letonalità forti della Via Crucis, memoria del cammino diCristo verso il compimento della sua missione: amare

l’uomo fino alla fine. Sabato santo la Chiesa si accosta alsepolcro per contemplare il Figlio di Dio morto per noi,nell’attesa gioiosa della Veglia Pasquale durante la quale,con il canto del gloria e dell’alleluia, si annuncia la risur-rezione del Signore. La pagina di Turoldo che ho sceltocome cappello introduttivo al mio augurio pasquale al-l’OFS, sottintende il dolore della città santa per le guerreche si susseguono dalla sua fondazione ad oggi. Al postodei messaggi di speranza annunciati dai profeti e da Cri-sto stesso, il grido di dolore dell’uomo continua a saliredalle pietre insanguinate della capitale delle fede mono-teista. Sarà Pasqua solo se avremo un pensiero di affettoanche per il popolo martoriato di Israele, di Gaza e di tuttii popoli in conflitto. Dio ispiri ai potenti sentimenti di pacee di reciproca convivenza.

A tutti, e di cuore, BUONA PASQUA!

fra Michele RavettaAssistente regionale OFS

Sa’di, un autore arabo dei primi tempi dell’egira, rac-conta che dopo una giornata di caccia arrostirono dellaselvaggina per offrirla ad Anuswiran, detto il Giusto.

Mancando il sale, un domestico andò a prenderne nel vil-laggio vicino.Anuswiran gli disse: “Paga il prezzo del sale affinché nondiventi un’abitudine il costume di prendere le cose senzapagare e il villaggio ne resti rovinato.”.Gli risposero:”Da questa piccola quantità che male ne puòvenire?”.Riprese:”L’ingiustizia nel mondo ebbe un piccolo principio.Chiunque venne dopo aggiunse qualcosa, finché siamo ar-rivati all’estremo dei nostri tempi.”.Quanto tempo è trascorso! Venti, pioggie, guerre e pacehanno attraversato il cammino di ogni popolo e ancoraoggi, martellati dai media, sentiamo il ripetere vano di que-sto discorso. San Francesco, di cui, con umiltà e gioia, do-vremmo essere testimoni ci ha lasciato questo messaggio eci sprona a renderlo vivo e lo traduce concretamente, in ter-mini di povertà evangelica.Ce lo ha ricordato il papa Benedetto XVI nella sua omeliadel 1° gennaio, giornata della pace.“Il francescanesimo, nella storia della Chiesa e della civiltàcristiana, costituisce una diffusa corrente di povertà evan-gelica che tanto bene ha fatto e continua a fare alla Chiesa

ed alla famiglia umana.”Alla vigilia di questa Pasqua 2009, a cui ci prepariamo perricordare la morte in croce di nostro Signore, nella con-templazione della gloria della Sua resurrezione, voglia il Si-gnore farci riflettere, ancora una volta, sull’inestimabiletesoro della ‘povertà evangelica’ che ci è stato dato in ere-dità. Come Maria ai piedi della croce, mentre piange il suofiglio e il suo Dio, in un mistero incomprensibile, atten-diamo con gioia l’annuncio della Sua resurrezione. La carità,l’amore che vengono dal cuore, in particolar modo per noidonne, si esprimono attraverso le mani. Le persone pos-sono parlare all’infinito ma finché non usano le mani le loroparole rimangono parole vuote. Le mani raccontano la fa-tica di essere donne, come partecipazione concreta allavita, seguendo il più umile dei cammini verso la salvezza.Mi ritorna alla mente una frase di Giovanni XXIII, la sera delsuo commiato al popolo di Dio che affollava piazza SanPietro: “Ritornate alle vostre case e portate ai vostri bam-bini, a chi è affamato di solitudine, di incomprensione, didesiderio di essere amato, una carezza...”.È il mio augurio per questo nuovo tempo di vita, a tutti/evoi, nelle fraternità vicine e lontane. Che le nostre manisappiano accarezzare con benevolenza ed amore chiunqueci accosti!

Gabriella Modonesi

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Ogni anno la Fraternità di Bellinzona, per la ricorrenza diSanta Elisabetta, patrona dell’OFS, celebra una Messa insuo onore durante la quale si rinnova la professioneemessa a suo tempo, si ricordano i defunti e, se vi sonocandidati, c’è il ritodella vestizione o pro-fessione. Importanza partico-lare quest’anno: laSanta Messa conclu-deva i festeggiamentiper l’ottavo centenariodella nascita di SantaElisabetta (ancora vivoin noi il ricordo delpassaggio della reli-quia) e veniva cele-brato il rito di profes-sione di Annamaria.In piu’ la gioia e l’ono-re della presenza dellacara ministra regionaleGabriella che ha vo-luto condividere que-sti momenti forti testi-moniando il suo at-taccamento alle frater-nità a lei affidate.Il rito della profes-sione è uno dei mo-menti significativinella vita di ogni fran-cescano secolare.Cosi’ è stato per An-namaria, persona discreta e umile, che da qualche annosi è avvicinata alla Fraternità ed è stata accolta ufficial-mente tra noi nel 2007.La sua preparazione nel tempo di noviziato è stata seriaed approfondita e la sua richiesta di essere ammessa aprofessare la Regola dell’Ordine Francescano Secolare èstata accolta favorevolmente dalla ministra a nome dellaFraternità con una preghiera che è bene ricordare: “LaFraternità accoglie la tua richiesta e si associa alla tuapreghiera, affinché lo Spirito Santo porti a compimentol’opera da lui incominciata.” L’adesione personale al“voler abbracciare la forma evangelica che si ispira agli

esempi e agli insegnamenti di Francesco d’Assisi espo-sta nella Regola dell’Ordine Francescano Secolare”, al“voler essere fedele a questa vocazione e avere lo spiritodi servizio proprio dei francescani secolari” e il “volersi

legare piu’ strettamente alla Chiesa e collaborare al suoperenne rinnovamento e alla sua missione tra gli uo-mini”, espressa da Annamaria con il suo “Voglio”, hacoinvolto tutti noi e ha fatto sentire veramente presentee operante lo Spirito di Dio, cosi’ come nel momentodel rinnovo comunitario della Professione pronunciatoinsieme poco dopo. È seguita una piccola festa dove cisiamo intrattenuti fraternamente con Gabriella. La gioiaera grande, perché una nuova adesione è sempre mo-tivo di speranza e di incitamento e ringraziamo di cuoreil Signore.

Franca

Fraternità di Bellinzona in festa

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Il silenzio è la rivelazione

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Dieci m

inuti pe

r te «Non è indesiderabile per la mente divenire silen-

ziosa, libera da pensieri ed immota; perché proprioquando la mente entra in questo grande silenzio dipura presenza, si verifica, il più spesso, la completadiscesa di una grande pace proveniente dall’Alto e, inquesta sconfinata tranquillità, la realizzazione del Sésilenzioso al di sopra della mente, diffuso ovunquenella sua immensità».

Sono parole di Aurobindo Ghose, filosofo e maestro spiri-tuale indiano. Alcuni accostano la figura di Aurobindo aquella di Teilhard de Chardin, per l’ampiezza delle sue vi-sioni sull’uomo e sul mondo. Nato a Calcutta nel 1872, ri-cevette un’educazione classica in Inghilterra. Tornato in Indianel 1893, studiò le grandi tradizioni sanscrita e bengali, emilitò in favore dell’indipendenza del Bengala. Nel 1910 sistabilì definitivamente a Pondichéry, dove morì nel 1950.Il testo appena citato è tratto dal libro Guida allo yoga;un’opera postuma, non scritta da lui, ma che raccoglie informa tematica estratti delle sue lettere, indirizzate a vari di-scepoli o gruppi di discepoli, che egli seguiva da vicino econ scrupolosa attenzione nel loro cammino spirituale. Il testo proposto, offre una splendida sintesi della medita-zione. Può essere accostata a un altro testo, anche più fa-moso: L’infinito di Leopardi.Nè L’infinito, Leopardi è certamente cosciente di descrivereuna sua esperienza personale intensa. Si tratta di un’espe-rienza vissuta in uno stato di profonda meditazione, anchese lui non lo dice esplicitamente. Aurobindo, invece, hachiara intenzione di descrivere l’esperienza meditativa: qualeè lo stato meditativo, quali sono le condizioni per giungerea esso, quali le sue conseguenze. I due testi, comunque,procedono su una identica lunghezza d’onda e propongono,fin dalle loro prime battutte, un identico messaggio. Essoparte dalla gioia. Parla anzitutto della soddisfazione e delpiacere che uno trova nel raccogliersi. È un piacere che cre-sce a mano a mano che si avanza nel cammino.

Sempre caro mi fu quest’ermo collee questa siepe, che da tanta partedell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Non è indesiderabile – cioè è altamente piacevole – per la mente diventare totalmente silenziosa,libera da pensieri e immota.

Leopardi racconta di sé, di una sua esperienza di silenzio re-almente vissuta. Era per lui estremamente piacevole salirequell’ermo colle, entrare in quella specie di romitaggio, e se-

dersi silenzioso davanti a quella siepe, anche se toglieva allavista tanta parte dell’ultimo orizzonte. Anche Aurobindo parla di sé, di una sua ricerca costante eprofonda, e dice che non è indesiderabile, cioè è altamentepiacevole per l’uomo raccogliersi nell’immobilità del silen-zio, liberare la mente dai consueti pensieri, contemplare eriposarsi alla presenza di qualcuno o di qualcosa nel segnodella gratuità e nella disponibilità al qui e ora. Ma se per Aurobindo l’esperienza del silenzio e del racco-glimento è sempre desiderabile e piacevole, per Leopardi –fatta eccezione per L’infinito – le cose sembrano stare diver-samente. Forse, nella stragrande maggioranza dei casi, è cosìanche per noi. L’esperienza del silenzio, infatti, viene facil-mente vissuta come esperienza di tensione, irrequietezza,tedio, paura. È solo in virtù di un’educazione regolare e per-severante al silenzio, che esso, alla fine, diventa desidera-bile e piacevole, anzi, una vera e propria necessità che, comeil riposo della notte, ci rigenera nel corpo e nello spirito. Que-sto spiega perché, in genere, occorre lavorare a lungo primache la pratica della meditazione diventi una pratica regolaree spontanea, come il nutrirsi e il respirare.In altre poesie, Leopardi sottolinea, invece dell’aspetto esta-tico, proprio la problematicità del silenzio, le difficoltà e gliaspetti sofferti legati al silenzio e all’immobilità. Natural-mente, leggendo Leopardi occorre sempre tenere presenteche egli non è solo un poeta, ma un poeta filosofo. Le suepoesie, che svelano una straordinaria profondità d’intuizione,d’umanità e di sentimento, sono sempre anche l’espressionedi una precisa scelta di campo. Per motivi personali e filo-sofici-letterari, Leopardi ha scelto di essere un cantore pes-simista della vita, teso a mettere in luce gli aspetti oscuridell’esistenza. Non è un poeta da raccomandare a chi soffredi stati depressivi o di accentuate tendenze alla tristezza. Adesempio, di una bellezza unica, ma anche drammatica, sonoi versi del famosissimo Canto notturno di un pastore errantedell’Asia, dove Leopardi esprime, immedesimandosi col pa-store, una profonda invidia per il gregge che, sazio di cibo,si distende all’ombra e, dimentico di tutto, del passato e delfuturo, gode il momento presente e si riposa.

O greggia mia che posi, oh te beata,che la miseria tua, credo, non sai!Quanta invidia ti porto!Non sol perché d’affannoquasi libera vai,ch’ogni stento, ogni danno,ogni estremo timor subito scordi;ma più perché giammai tedio non provi.Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,tu se’ queta e contenta,

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e gran parte dell’annosenza noia consumi in quello stato.Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,e un fastidio m’ingombrala mente, ed uno spron quasi mi pungesì che, sedendo, più che mai son lungeda trovar pace e loco.….Dimmi: perché giacendoa bell’agio, ozïoso,s’appaga ogni animale;me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?

In evidente contrasto con questi versi, ne’ L’infinito Leopardisa fermarsi e gode. È fermo, immobile, davanti a una sem-plice siepe che, oltre tutto, gli impedisce di vedere gran partedell’ultimo orizzonte. Ma si sente avvolto da felicità e gode.Le parole chiave per comprendere questo stato sono:

[...Ma sedendo e mirando...]

Cioè, stando semplicemente e interamente con quella siepe,senza altri pensieri e desideri, le cose succedono. Per de-scrivere questo succedersi, l’espressione usata è: io nel pen-sier mi fingo. Ma, in realtà, la visione non nasce perché luila vuole o faccia qualcosa per averla. Succede. Emerge comed’incanto da sovrumani silenzi e da profondissima quiete. E può emergere, perché lui si è seduto e si limita a osservare.È esattamente ciò che ripetono in continuazione tutti co-loro che si sono consegnati, disarmati, al silenzio e alla con-templazione. Lao Tsé: «il silenzio è la grande rivelazione». Ipadri della chiesa: «Dio ha creato gli angeli in silenzio. Dioparla ai silenziosi, mentre quelli che si agitano fanno rideregli angeli». Evagrio Pontico: «Quando preghi, taci». Se leg-gete gli autori spirituali, vi rendete conto che contemplare èun riposarsi. Riposarsi, sì, con mente sveglia, ma pervasada serenità e abbandono. Un riposarsi alla presenza di qual-cuno o di qualcosa. I padri del deserto parlano di preghiera,e considerano questa forma di preghiera la preghiera per ec-cellenza.È la preghiera stessa di Dio che, il settimo giorno, si riposae contempla la sua creazione. La sua preghiera è stupore emeraviglia: Vide che era molto bella!

Al ma sedendo e mirando di Leopardi, Aurobindo fa eco conil suo:

perché proprio quando la mente entra in questo grande silenzio di pura presenza, si avvera il più spesso…

Che cosa si avvera? – Lo possiamo descrivere con molti ter-mini e parole: visione, intuizione, esperienza, apertura dellacoscienza, comunione profonda, comprensione, illumina-zione, rivelazione, profezia, saggezza… In realtà, però, è soloentrando in quest’esperienza che si comprende il senso ge-nuino di tutti questi termini e dei loro sinonimi.

Ma ecco l’esperienza di Leopardi: ma sedendo e mirando…

… interinatispazi al di là di quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quieteio nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l’eterno,e le morte stagioni e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s’annega il pensier mio:e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Ed ecco, descritta con altri termini ma identica, l’esperienzadi Aurobindo: perché proprio quando la mente entra in que-sto grande silenzio di pura presenza, si avvera, il piùspesso…

…la completa discesa di una grande pace provenientedall’Alto e,in questa sconfinata tranquillità, la realizzazione del Sé silenzioso, al di sopra della mente, diffuso ovunque nella sua immensità.

Voglio concludere con due testi dei padre della chiesa, cheriprendo da L’amore folle di Dio del grande teologo greco Ev-dokimov. Mi auguro che siano per tutti un aiuto a vivere, in-sieme alla ricerca interiore, intensi giorni pasquali.

Un grande silenzio avvolgeva la terra il venerdì di Passione. Dopo aver annunciato la morte di Dio, sembra che ilmonto entri nel silenzio del grande sabato.Quando l’uomo rientra in se stesso e trova il vero silenzio,vive l’esperienza quasi di un’attesa che gli viene dalPadre,presente nel segreto. È una parola che non s’im-pone; è parola che testimonia di una prossimità vivente:Ecco, sto alla tua porta e busso.

fra Andrea Schnöller

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Lavori in corso!

Messa

ggio dal san

tuario Nei prossimi due anni si svolgeranno impegnativi la-

vori di restauro e di miglioria nel complesso dellaMadonna del Sasso. Dopo una serie di opere atte adassicurare la roccia sulla quale sorge la chiesa del-l’Assunta (chiesa principale), un primo importanteintervento edile sulla chiesa dell’Annunciata, il re-stauro dell’altare della Pietà e la revisione dell’or-gano della basilica minore, effettuati negli scorsi treanni, è ora iniziata una seconda fase di interventiedili e di restauro che toccheranno praticamentetutti gli ambiti del Sacro Monte.

La tabella di marcia

Nel corso del mese di febbraio è già iniziato il completa-mento dei lavori di restauro della chiesa dell’Annunciata.Dopo le opere di consolidamento statico della struttura,avvenute durante la prima tappa dell’intervento, è ora inatto il restauro dell’apparato decorativo pittorico dell’in-terno della chiesa. L’arredo liturgico del presbiterio verrà ri-pristinato mediante il ricollocamento dell’altare policromocon la statua dell’Immacolata. La conclusione di questilavori è prevista per la metà del mese di ottobre. Durantel’estate verranno pure completati i lavori di restauro dellecappelle di san Giuseppe e della Visitazione situate pressola chiesa dell’Annunciata. Alla fine del mese di marzo sono iniziate le operazioni disgombero degli arredi mobili della chiesa dell’Assunta. Peragevolare il più possibile questa fase dei lavori che com-prende un risanamento generale della struttura, il rifaci-mento dei vari impianti tecnici, il restauro completo degliapparati decorativi e il recupero dell’area celebrativa dellachiesa dell’ottocento, con lo spostamento dell’altare mo-numentale nella sua posizione originaria centrale, dal-l’inizio del mese di maggio la chiesa verrà chiusa alpubblico. La conclusione di questo intervento, moltooneroso sia per le maestranze sia per i frequentatori delsantuario, è prevista per il mese di marzo del 2011.

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Ad autunno inoltrato inizieranno i lavori di adatta-mento/consolidamento strutturale e di restauro dell’ap-parato decorativo delle cappelle situate nell’areaconventuale (cappella della Pietà, del Compianto, del-l’Ultima Cena, dello Spirito Santo e della Pietà rinasci-mentale).A metà aprile 2010 è in programma l’avvio dello stessotipo di intervento anche sulla cappella della Resurrezionee sulle cappelle ed edicole collocate lungo la via della valle(edicola di fra Bartolomeo, portico della Croce, cappelladella Natività, edicola della Crocifissione) nonché sullafontana di san Francesco. Durante questa fase del pro-getto verranno pure eseguiti degli interventi atti a miglio-rare le vie di accesso al Santuario.Verso la fine del mese di agosto del 2010 è prevista l’aper-tura del cantiere per la realizzazione di un ascensoreesterno che collegherà il piazzale di arrivo della via dellavalle con il sagrato della chiesa dell’Assunta. La nuovastruttura dovrebbe essere fruibile ad inizio inverno. Neimesi invernali 2010/11 si darà il via ad un intervento peril consolidamento statico del locale della biblioteca con-ventuale e la realizzazione di un nuovo acceso al museo“Casa del Padre”. Gli ultimi lavori in programma riguardano il consolida-mento strutturale delle cappelle della Via Crucis, il re-stauro delle formelle in ghisa che le decorano, lariparazione della via stessa, nonché alcuni interventi pun-tuali nell’ambito del convento. All’inizio del mese di ot-tobre del 2011 il vasto, complesso e approfonditointervento di restauro dovrebbe essere concluso.

Nonostante i lavori

Il Santuario della Madonna del Sasso è un luogo di fedee di cultura molto caro sia ai ticinesi sia ai pellegrini e aituristi che, in modo particolare nel corso della bella sta-gione, vi giungono provenienti un po’ da ogni dove. Neiprossimi anni, trasformandosi in un grande cantiere, il no-stro Sacro Monte rischia di perdere parte dell’attrattivache normalmente riesce a suscitare sui fedeli e i turisti.Soprattutto la chiusura durante due anni della chiesa del-l’Assunta rappresenterà per tutti un grande sacrificio. No-nostante gli inevitabili inconvenienti che la realizzazionedel progetto porterà con sé, gli addetti ai lavori e i fraticappuccini si impegneranno per offrire degli spazi e deiservizi sostitutivi sia per il culto sia per le visite. Per la celebrazione delle ss. Messe e per i momenti di pre-ghiera sia individuali sia collettivi è infatti previsto l’ap-prontamento di un apposito locale negli spaziattualmente adibiti a negozio. Offrendo una settantina di

posti a sedere e una quindicina in piedi, questa “cappella”provvisoria potrà accogliere agevolmente i frequentatoridelle ss. Messe feriali e buona parte di quelli delle cele-brazioni domenicali. Il locale avrà il grande pregio di cu-stodire nel corso dei restauri la statua della Madonna delSasso. Durante la bella stagione, nelle domeniche di forteaffluenza, si potrà sempre ricorrere al chiostro del con-vento per la celebrazione delle ss. Messe più frequentate.Le informazioni generali sulle origini del complesso, losviluppo del Sacro Monte e le vicissitudini storiche chelo hanno coinvolto potranno essere date ai visitatori comefinora stando all’aperto, mentre per la presentazione dellachiesa dell’Assunta e dei capolavori in essa contenuti èprevisto l’approntamento di apposito materiale fotogra-fico da mostrare all’interno della “cappella”.

Per contribuire all’opera

Il vasto e accurato intervento di restauro è reso possibilegrazie ad un credito di oltre otto milioni di franchi ap-provato a larga maggioranza dal Gran Consiglio ticinesenella sua riunione del 2 giugno 2008. Nonostante l’am-piezza del progetto, per ora alcuni oggetti non hanno po-tuto essere presi in considerazione per un intervento dimanutenzione straordinaria o di restauro. Anche per que-sto motivo è stata creata un’Associazione allo scopo diraccogliere fondi per il sostegno dei progetti e i lavori direstauro del complesso monumentale della Madonna delSasso. Pure a lavori conclusi resterà l’oneroso compito diconservare in modo accurato e appropriato i molti beni re-staurati. L’Associazione potrà contribuire in modo profi-cuo ad adempiere anche questa incombenza. Tutte lepersone fisiche e giuridiche che condividono gli scopi del-l’Associazione possono farne parte.

Ci auguriamo che i prossimi due anni, nonostante alcunenecessarie rinunce a motivo degli impegnativi lavori inprogramma, possano segnare una tappa significativa nellastoria del Sacro Monte locarnese. Che la Beata Verginedel Sasso benedica, custodisca e protegga tutti coloro chehanno contribuito e contribuiranno sia manualmente, siaintellettualmente, sia economicamente alla realizzazionedi quest’opera.

fra Agostino Del-Pietro

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C ome a voler confermare la sua secolare storia di spi-ritualità e di accoglienza, il Convento dei frati cap-puccini del Bigorio propone ogni anno un ricco

programma di appuntamenti e corsi indirizzato a coloroche sono interessati ad approfondire la conoscenza disé stessi e della spiritualità francescana. Per il 2009, oltre ai consueti incontri con il “deserto”, lameditazione cristiana ed i corsi prematrimoniali, il con-vento amplia il programma introducendo alcune novità.La ricerca dei valori fondamentali della vita attraverso lemeditazione, l’introspezione personale e la preghiera,

sono il filo conduttore delle giornate di “deserto”, condue appuntamenti, in marzo, dal 27 al 29, e in novem-bre, dal 20 al 22. È l’occasione per offrire a sé stessi lapossibilità di “ritagliarsi” alcuni momenti di riflessione edi silenzio in un ambiente tipicamente conventuale, ri-cavandone forza ed armonia interiore. Quale nuova proposta in preparazione alla Pasqua, dallasera del Venerdì Santo al pomeriggio del sabato 11 aprile,il convento offre l’opportunità di una riflessione sulle fa-mose sette parole che Cristo pronunciò dalla croce, nelleore culminanti della Sua esistenza terrena: pur nella loro

estrema essenzialità, infatti,queste parole contengonoverità sublimi. L’esperienzaconsiste in sette unità medi-tative da novanta minutil’una, per ciascuna dellequali verrà formulata unatraccia che servirà per l’ela-borazione meditativa perso-nale. Un’altra nuova opportunitàè quella di conoscere S.Francesco nella sua rela-zione con l’Eucarestia, gior-nata di studio in calendarioper il 7 giugno.

Come ormai da diversi anniproseguono i fine settimanadedicati alla meditazione ealla riscoperta del silenzio,inteso quale cammino cheporta, attraverso una mag-gior consapevolezza perso-nale, ad essere più aperti edisponibili verso gli altri.Questi incontri sono in pro-gramma per il 7 e 8 marzo,per il 10 e 11 ottobre e per il5 e 6 dicembre. Anche quest’anno sono incalendario le giornate di pre-parazione al matrimonio,una particolarità presentenel programma del conventofin dall’inizio della nuova at-tività del Bigorio. Per que-st’anno sono previste neifine settimana del 25 e 26

Nuovo programma 2009 al Convento del Bigorio

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aprile e del 13 e 14 giugno (per l’iscrizione a questi corsiprematrimoniali telefonare allo 091 820 08 80).Un’altra novità nel programma è costituita da due ap-puntamenti, il 14 marzo e il 14 novembre, nei quali siparlerà del valore salvifico dei simboli nell’arte cristianadal periodo paleocristiano ai giorni nostri.Altra nuova proposta è quella di poter studiare l’in-fluenza che il pensiero spirituale e teologico ebbero sullamusica medievale. In questo incontro, previsto per il 7 dinovembre, verrà messa in evidenza la forza del pensiero

patristico e come questo ha avuto effetto sulla musicadell’età di mezzo.

Per conoscere meglio l’attività del Bigorio, per le iscri-zioni e per poter ricevere a casa il nuovo programma,basta telefonare al convento in orari d’ufficio al n° 091 943 12 22 o scrivere una e-mail all’indirizzo:[email protected].

fra Roberto Pasotti

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Programma per il 2009

Mese Data Argomento Animatore

Gennaio dal 10 all’11 Meditazione Cristiana Fra Andrea

Gennaio dal 24 al 25 Fine settimana per coppie P. Callisto

Febbraio 7 Medioevo tra spiritualità e musica 1 G. Conti

Marzo dal 7 all’8 Meditazione Cristiana Fra Andrea

Marzo 14 Introduzione ai simboli nell’arte cristiana: Don C. Premolidal paleocristiano ai giorni nostri

Marzo dal 27 al 29 Deserto Fra Roberto

Aprile dal 10 al 11 Le Ultime Parole di Cristo sulla Croce Prof. Vaccani

Aprile dal 25 al 26 Fine settimana per coppie P. Callisto

Giugno 7 Ritiro Spirituale Fra Riccardo

Giugno dal 13 al 14 Fine settimana per coppie P. Callisto

Ottobre dal 10 al 11 Meditazione Cristiana Fra Andrea

Novembre 7 Medioevo tra spiritualità e musica 2 G. Conti

Novembre 14 Introduzione ai simboli nell’arte cristiana: Don C. Premolidal paleocristiano ai giorni nostri

Novembre dal 20 al 22 Deserto Fra Roberto

Dicembre dal 5 al 6 Meditazione Cristiana Fra Andrea

Corsi Organizzati dalla Casa

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La lettura e l’interpretazione della Bibbianell’Età moderna e contemporanea

C on l’ultimo incontro biblico organizzato alla BibliotecaSalita dei Frati nel 2008, il 21 ottobre, ci si è propostidi rispondere a questa domanda: come è stata letta la

Bibbia nell’Età moderna e contemporanea? Nella parte in-troduttiva ho ricordato brevemente l’opera di Lorenzo Valla,che per primo ha applicato i principi della filologia testualealla lettura della Bibbia. È seguita una sostanziosa lezione diErnesto Borghi che, sulla base di un capitolo del suo recentesaggio Il Tesoro della Parola. Cenni storici e metodologiciper leggere la Bibbia nella cultura di tutti (Roma, Borla,2008), ha ricostruito nelle grandi linee la storia dell’esegesibiblica dal Concilio di Trento ai nostri giorni.

L’Umanesimo: Lorenzo Valla e le Adnotationes in Novum Testamentum

Nel 1449 Lorenzo Valla concluse una delle sue opere più in-novative, le Adnotationes in Novum Testamentum, rielabo-rando lo scritto che prima aveva intitolato Collatio NoviTestamenti. In che cosa consiste quest’opera del grandeumanista italiano, con la quale si può dire venga inauguratala moderna filologia neotestamentaria ? Il Valla prende inesame la versione latina della Bibbia di San Gerolamo (la co-siddetta Vulgata, che circa un secolo dopo il Concilio diTrento avrebbe definito “autentica” e che sarebbe diventatapoi il testo ufficiale della Chiesa cattolica latina) e, limitata-mente al Nuovo Testamento, la sottopone ad una puntualerevisione, confrontandola con l’originale greco e operandouna vera e propria collazione (cioè confronto, termine tec-nico della filologia testuale) con diversi manoscritti sia grecisia latini. Ne risultano numerose correzioni: vengono emen-dati gli errori e le interpolazioni, inevitabili in ogni tradizionemanoscritta, e viene corretta la traduzione di Gerolamo doveil Valla non la ritiene soddisfacente. Si trattava di applicare iprincipi della filologia umanistica non solo ai classici greci elatini, ma anche alla Bibbia: di estendere insomma i criteridella nuova ermeneutica anche (persino) al libro per eccel-lenza. L’operazione per il Valla è pienamente giustificata, peril fatto che lettere umane e lettere divine si servono entrambedella lingua, e devono perciò essere indagate con gli stessimetodi. Il principio umanistico di procurare edizioni te-stualmente attendibili viene applicato per la prima voltaanche al libro scritto sotto ispirazione divina. Ma l’opera delValla (rimasta inedita per tutto il Quattrocento, e poi sco-perta da Erasmo, che la pubblicò a Basilea nel 1505) apparvesubito eversiva e spregiudicata: l’autore fu accusato di em-pietà e più tardi le Adnotationes vennero condannate dalConcilio Tridentino.Nell’opera di Lorenzo Valla possiamo vedere l’inizio di unnuovo modo di leggere la Scrittura e riconoscere in lui il pre-

cursore della moderna filologia biblica: spetta al filologo ilcompito (per così dire preliminare e teologicamente neutrale)di restituire un testo (la Bibbia, come ogni altra opera delpassato) in una redazione il più possibile fedele all’originale.

Dal Concilio di Trento ai nostri giorni

Dopo l’Umanesimo e la Riforma, come è stata letta, secondoquali criteri metodologici e con quali preoccupazioni esege-tiche, la Bibbia dal Concilio di Trento ai nostri giorni ? A que-sta domanda ha cercato di rispondere Ernesto Borghi,tracciando - sulla base di una ricca e puntuale documenta-zione - la storia del progressivo riconoscimento (in un’evo-luzione quanto mai lenta e travagliata) del metodostorico-critico nello studio della Bibbia. Non potendo darconto in questa sede di tutti i riferimenti e le riflessioni pro-poste da Borghi nel capitolo del saggio citato (al quale ri-mando per una conoscenza approfondita) e nella relazione,mi limito qui a pochi dati fondamentali. Dopo che il Conci-lio di Trento (1564) aveva sancito la condanna del liberoesame sostenuto dai riformati, tra fine Seicento e inizio Set-tecento si manifestano singole personalità che, interpretidella filologia umanistico-rinascimentale riconducibile a Era-smo e a Melantone, avviano un lento processo di lettura cri-tica della Bibbia. Il secolo XIX è caratterizzato da grandevivacità nello studio scientifico dei testi biblici; mentre ilConcilio Vaticano I (1870) ribadisce la concezione tradizio-nale dell’inerranza totale della Bibbia, l’enciclica Providen-tissimus Deus di Leone XIII (1893) contiene due importantiaffermazioni: gli scrittori sacri, quando parlano di cose dellanatura, lo fanno secondo il modo comune di parlare dei lorotempi; si dovrà tener conto, oltre che della Vulgata, anchedi altre versioni latine della Bibbia e risalire, quando sia op-portuno, alla lingua originale, cioè l’ebraico e il greco. Ma èsolo negli anni Trenta del secolo scorso che la metodologiastorico-critica comincia a svilupparsi ufficialmente in ambitocattolico, non senza contrasti. Dopo le dichiarazioni tuttosommato prudenti della costituzione Dei verbum del Vati-cano II, quello che si può definire un pieno “sdoganamento”dello studio critico e filologico della Scrittura si ha con il do-cumento della Pontificia Commissione Biblica L’interpreta-zione della Bibbia nella Chiesa (1993), in cui si legge che “ilmetodo storico-critico è il metodo indispensabile per lo stu-dio scientifico del senso dei testi antichi” e che “la giustacomprensione [della Scrittura] non solo ammette come le-gittima, ma richiede l’utilizzazione di questo metodo”. Sipuò quindi concludere che la lettura filologica della Bibbianon è in contrasto con il dogma dell’ispirazione divina.

Fernando Lepori

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Seminario biblico di grande interesse

Il Gesù della storia e quello della fede in che rapporto stanno?È possibile che la ricerca critica moderna possa collidere conle convinzioni di chi crede? Queste sono solo alcune delle

domande che sono sorte sabato 17 gennaio allo “SpazioAperto” di Bellinzona dove si è tenuta una mattinata intitolataDalle parole di Gesù alla redazione dei vangeli: punti fermi eipotesi di lavoro per la cultura di tutti. Un incontro che ha per-messo di approfondire sotto gli aspetti antropologici e storicila figura del Nazareno su cui da 2000 anni si discute e che dacirca altri 200 anni è oggetto della ricerca critica moderna.Una mattinata, come è stato ricordato da Ernesto Borghi, pre-sidente dell’Associazione biblica della Svizzera italiana,(gruppo che ha organizzato la giornata), durante la quale si èvoluto trattare non tanto il Cristo professato dai credenti op-pure i vangeli canonici che compongono le sacre scritture deicristiani, bensì più in generale si è deciso di parlare di Gesùdal punto di vista storico e umano. E a dare stimoli a chi sa-bato si è svegliato di buon mattino per seguire i lavori, sonostati chiamati alcuni importanti studiosi italiani: Mauro Pesce,professore di storia del cristianesimo all’Università degli Studidi Bologna (conosciuto soprattutto dopo la sua pubblicazione,scritta insieme al giornalista italiano Corrado Augias Inchiestasu Gesù), Adriana Destro, docente di antropologia culturaleall’Università di Bologna e Rinaldo Fabris presidente dell’As-sociazione biblica italiana (Abi).Al di là delle dottrine professate dai credenti, che cosa si puòdire su Gesù di Nazaret? Di “carne al fuoco” ce n’è stata moltama alcuni spunti hanno stimolato il pubblico presente. Adesempio per Rinaldo Fabris, che oltre a essere presidente del-l’Abi è anche sacerdote e professore di esegesi di Nuovo Te-stamento presso lo Studio Teologico di Udine, si possonodistinguere tre figure di Gesù: la prima è quella dell’uomo cheè vissuto circa 2000 anni fa e che ha parlato e operato in Ga-lilea, la seconda è quella sviluppata dagli storici e la terza èpresentata dagli evangelisti. Tre prospettive che, ha affermatoFabris, hanno un certo legame tra di loro ma che non possono

essere completamente sovrapposte. Più precisamente, ha sot-tolineato ancora il presidente dell’Abi, il Gesù che è vissuto inPalestina non si identifica con quello degli storici, ma il rap-porto tra i due è ciò che “sta all’origine di quell’esperienza re-ligiosa conosciuta alla fine del primo secolo come“cristianesimo” in cui riconosce e si proclama che Gesù è ilCristo e il Signore”. Sul contesto e il periodo in cui Gesù è vis-suto e ha operato hanno posto l’attenzione Adriana Destro eMauro Pesce. I due studiosi (che l’anno scorso hanno pubbli-cato il libro L’uomo Gesù. Giorni, luoghi, incontri di una vita)hanno evidenziato il “terreno” culturale in cui sono state pro-ferite le parole dell’uomo che ha vissuto in Galilea. Detto al-trimenti, i discorsi che vengono fatti non sono qualcosa diisolato, ma sono carichi dell’esperienza umana della personache li proferisce e di coloro che l’ascoltano. Quindi si potrebbeipotizzare che dietro alle parabole si celino tematiche della so-cietà dell’epoca. Pesce ha affermato, ad esempio, che dietro laparabola del figliol prodigo (vangelo di Luca 15, 11-32) si po-trebbe pensare che vi siano elementi che riguardano il rapportotra città e campagna o che la parabola dei vignaioli omicidi(vangelo di Marco 12, 1-12) possa spiegare i problemi che ave-vano i signori delle campagne. Che cosa trarre quindi dalle ri-flessioni di tre studiosi che provengono da ambiti disciplinaridifferenti? Come accennato, i fatti e i detti di Gesù suscitanointeresse sotto diversi punti di vista. E oggi, più che nel re-cente passato, la vita del Nazareno suscita curiosità. Lo stessoErnesto Borghi ha infatti ricordato “da alcuni anni si è av-vertito un ritorno di interesse per tematiche come queste. So-prattutto dopo la pubblicazione del romanzo di Dan Brown,Il Codice da Vinci. Il merito del libro, al di là dell’aspetto com-merciale, è di aver ravvivato il dibattito di Gesù”. E di mate-riale su cui riflettere, storici, teologi e persone comuni nehanno a sufficienza per documentarsi...

Marco Driussida La Regione 19 gennaio 2009

COST IAllestimento e stampa CHF 32'670Spedizione rivista CHF 5’053Stampati CHF 999Costi gestione CCP CHF 1’546Certificazione tiratura CHF 774Telefono e internet CHF 879Segretariato CHF 20’000Collaborazioni CHF 1’280Varie CHF 724Totale Costi CHF 63’925

R I CAV IAbbonamenti CHF 38’640Offerte CHF 15’825Totale Ricavi CHF 54’465

Perdita di gestione CHF 9’460

Il bilancio 2008 del Messaggero

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Ecumenismo svizzero

Col 2009, mons. Vitus Honder, vescovo di Coira, assumeper due anni la presidenza della Comunità di lavoro delleChiese cristiane in Svizzera (CLCC), subentrando al pastoreprotestante Ruedi Heinzer. La CLCC, fondata il 21 giugno1971, è la sola piattaforma ecumenica a livello nazionale.Membri della CLCC sono il Consiglio evangelico svizzero(SEK), la Chiesa cattolico-romana in Svizzera, la Chiesa cri-stiano-cattolica in Svizzera, la Chiesa evangelico-metodi-sta in Svizzera, l’Associazione delle comunità battistesvizzere, l’Esercito della salvezza, l’Associazione delleChiese evangelico-luterane, la Diocesi ortodossa in Sviz-zera del patriarcato ecumenico di Costantinopoli comepure la rappresentanza della Chiesa serbo ortodossa inSvizzera e la Chiesa anglicana in Svizzera. Il CLCC èmembro associato al Consiglio ecumenico delle Chiese aGinevra e lavora con le Comunità di lavoro delle Chiesecristiane in Europa. Tutti i membri della CLCC hanno fir-mato il 25 marzo 2005 a S. Ursanne la Carta ecumenica. Un opuscolo , edito in francese e tedesco, descrive il CLCCe le Chiese che ne fanno parte e dà una prospettiva dei set-tori ove lavora, come le questioni inerenti il riconoscimentoreciproco del battesimo, le direttive per le celebrazioni ecu-meniche a livello nazionale e i rapporti tra le Chiese e laConfederazione elvetica.Nell’introduzione all’opuscolo, il pastore Ruedi Heinzer os-serva come : “Sebbene le Chiese mantengano ognuna leproprie differenzia te tradizioni, i cristiani possono tuttaviacollaborare. Essi sono sostenuti e incoraggiati dal fatto chepure i rispettivi responsabili ecclesiastici si incon trano pub-blicamente e con una certa frequenza”. In Svizzera esiste pure un Consiglio svizzero delle religioniche si occupa specialmente delle relazioni tra le diverse co-munità religiose e la Confederazione. Fin qui comprendevale tre Chiese nazionali e le comunità religiose ebraiche eislamiche; recentemente è stato completato con la comu-nità ortodossa, che sarà rappresentata dal vescovo Maka-rios, a nome della Metropolia svizzera del patriarcato diCostantinopoli. Il pastore Markus Sahli è stato nominatosegretario, con un impegno al 30 %.

Cento anni di stampa parrocchiale

La “Unione dei bollettini parrocchiali”, promossa nel 1908dal canonico Luigi Cergneux (1867 – 1931) dell’Abbazia diSaint-Maurice, e sostenuta dalla Congregazione delle Suoredi S.Agostino, pubblica attualmente 100.000 esemplarimensili, diffusi in più di 400 parrocchie della Svizzera.Senza essere un organo ufficiale della Chiesa, “Paroisses

vivante” (titolo della edizione romanda), costituisce unostrumento ecclesiale che svolge un ruolo catechetico e dicollegamento tra i parrocchiani. Un numero speciale, dif-fuso in occasione della domenica dedicata ai media, ha ri-cordato le principali tappe della pubblicazione: dopo ilVaticano II, il bollettino ha dedicato una parte importantead informare sulle decisioni del concilio, mantenendo tut-tavia la funzione di mezzo di comunicazione a livello par-rocchiale, grazie al sostegno di redazioni locali. Altrostrumento importante dell’informazione religiosa in Sviz-zera è l’Associazione cattolica svizzera per la stampa(ACSP) che raggruppa 120 membri collettivi e 1200 mem-bri individuali: fondata all’inizio del 20.mo secolo, neglianni del massimo sviluppo, quando numerosi erano i gior-nali cattolici, contava più di 8000 membri. Attualmentel’ACSP realizza le pagine “ Christ und Welt” (Cristo e ilmondo), pagine tematiche sulla religione, la Chiesa e que-stioni etiche, che vengono riprese regolarmente dal quoti-diano “Neue Luzerner Zeitung” e da altre pubblicazionidella Svizzera tedesca. L’ACSP ha avuto un bilancio nel2007 di circa fr. 227.000, sostiene anche l’agenzia inter-nazionale cattolica bilingue Apic – Kipa di Friburgo e Zu-rigo, che pubblica servizi informativi giornalieri e set-timanali (anche cartacei) di carattere religioso, e collaborastrettamente con la Conferenza dei Vescovi svizzeri, in par-ticolare per l’organizzazione della annuale “Domenica deimedia”.

Come si finanzia la chiesa svizzera

Due sono le principali organizzazioni che finanziano le at-tività pastorali cattoliche a livello nazionale: la Colletta na-zionale in tempo di quaresima, detta in italiano “SacrificioQuaresimale”, e la Commissione centrale cattolica romana(sigla tedesca RKZ).La Commissione centrale (composta dai rappresentati delleorganizzazioni cantonali dei cattolici o dalle diocesi cheforniscono i mezzi finanziari) ha messo a disposizione peril 2009 l’importo di fr. 6,25 milioni, cui si sono aggiunti fr.2,7 milioni da parte di Sacrificio Quaresimale (che è unafondazione della Conferenza dei vescovi svizzeri).Il totale del cofinanziamento delle attività pastorali di in-

teresse nazionale raggiungerà nel 2009 l’importo di 8,75milioni di franchi. I dieci sussidi più importanti si riferisconoal Segretariato dei vescovi svizzeri (fr.966.000), all’Agenziastampa APIC di Friburgo (fr.750.000), al Servizio dei mediadi Zurigo (fr.660.000), al Centro cattolico Radio e Televi-sione di Losanna (fr.600.000), all ‘Istituto di sociologia pa-storale di San Gallo (fr.500.000), alla Commissionevescovile per i migranti di Lucerna (fr.450.000), alla Com-

Appunti di vita ecclesiale

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missione nazionale Giustizia e Pax, Berna (fr.360.000), al-l’Istituto romando per la formazione ai ministeri, Friburgo(fr.300.000), alle direzioni nazionali delle organizzazionigiovanili Blauring e Jungwacht, Lucerna (fr.270.000), allaformazione teologica terza via, Lucerna (fr.260.000). I re-stanti 2,5 milioni di franchi sono attribuiti a 47 diverse isti-tuzioni; il 37% è attribuito a istituzioni operanti a livellonazionale, mentre la ripartizione per regioni linguistichevede il 57% alla Svizzera tedesca, il 38% alla Svizzera ro-manda e il 5% alla Svizzera italiana. È noto che solo in parte il Sacrificio Quaresimale partecipaal finanziamento di attività in Svizzera; infatti nel 2007 haraccolto un totale tra offerte e contributi di fr. 22.147.636:conformemente agli statuti e agli accordi con la Conferenzadei vescovi svizzeri, furono investiti in totale fr. 17.491.523,divisi in tre settori, i primi due all’estero: fr. 8.204.551 per205 progetti di sviluppo e fr. 3.102.500 per 113 progetti pa-storali nei diversi continenti, cui vanno aggiunti 6 contri-buti a sostegno di attività missionarie e 35 perorganizzazioni che si occupano di politica di sviluppo. Nel2007 la parte invece destinata alle attività nazionali dellaChiesa in Svizzera, in compartecipazione con la RKZ, ha ri-guardato 36 progetti, per un totale di fr. 2.598.250. La solidarietà tra i cattolici svizzeri a sostegno delle neces-sità della Chiesa a livello nazionale sembra funzionare (sipuò sempre migliorare): a fare problema al diritto canonicoè che sono i laici, e persino le donne, ad amministrare le fi-nanze.In un convegno, svoltosi alla facoltà di teologia di

Lugano lo scorso novembre, è stato rilevato come sia in-soddisfacente in parecchie diocesi il finanziamento delleattività diocesane, mancando spesso una effettiva solida-rietà tra le diverse Chiese cantonali che appartengono alladiocesi (come per quella di Basilea), sia la solidarietà delleparrocchie verso le spese diocesane (come nel Ticino, oveil contributo annuo è meno di fr.2 per cattolico), sia tra lecomunità parrocchiali della stessa diocesi (mancanza diuna compensazione interparrocchiale, assente anche in Ti-cino). Ma queste situazioni difficilmente potranno trovareuna soluzione “nazionale”, mentre, con un po’ di buonavolontà (e di rispetto delle rispettive competenze di clero elaicato) potrebbero trovare soluzioni, se non ottime, al-meno accettabili. Gli esempi positivi non mancano, bastasaperli cercare e adattare alle singole situazioni.

ACAT per il Venerdì Santo

Cristo è ancora flagellato, coronato di spine e crocefissoogni giorno nelle persone che vengono torturate in 60 paesie condannate a morte da oltre 20 stati. L’Azione dei Cri-stiani per l’abolizione della tortura e contro la pena dimorte (ACAT) ogni anno invita a pregare in occasione delVenerdì Santo per le vittime della tortura e per i condan-nati a morte, unendo alle sofferenze di Cristo quelle ancoraoggi provocate nel mondo.

Alberto Lepori

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TitoloMinistero petrino: qualiprospettive ecumeniche?

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ico Dopo l’enciclica “Ut unum sint” si

sono aperti nuovi spiragli circa unapossibile accettazione del papato– il piu’ grande ostacolo sullastrada dell’unità – da parte dellealtre Chiese cristiane. Ulteriorisperanze scaturiscono dal docu-mento di Ravenna firmato da cat-tolici e ortodossi.

I dogmi del Concilio Vaticano I - te-nutosi sotto il pontificato di Pio IX dal1869 al 1870 – sull’infallibilità e sulpotere di giurisdizione del romanopontefice (costituzione Pastor aeter-nus del 18 luglio 1870) hanno certa-mente reso piu’ difficile – anzidiciamo pure impossibile – l’accetta-zione di un papato con tali preroga-tive da parte delle altre Chiesecristiane, sia quelle ortodosse siaquelle nate dalla Riforma. E se n’è resoconto la stesso Paolo VI, che in un di-scorso ai membri dell’allora Segreta-riato per l’unità dei cristiani tenuto il28 aprile 1967, disse testualmente: “IlPapa, lo sappiamo bene, è senza dub-bio l’ostacolo piu’ grave sulla stradadell’ecumenismo. Che cosa diremo?Dobbiamo una volta di piu’ appellarciai titoli che giustificano la nostra mis-sione? Dovremo, ancora una volta,tentare di presentarla nei suoi terminiesatti, come realmente vuole essere:

principio indispensabile di verità, dicarità, di unità? Missione pastorale didirezione, di servizio e di fraternità,che non contesta la libertà e l’onore anessuna persona che abbia una posi-zione legittima nella Chiesa di Dio,ma che piuttosto protegge i diritti ditutti e non reclama nessun’altra ob-bedienza che quella che viene richie-sta ai figli di una stessa famiglia? Nonci è facile fare la nostra apologia. Sietevoi che, con parole improntate allasincerità e alla mansuetudine, sapretefarlo quando se ne presenteranno l’oc-casione e la possibilità. Quanto a noi,in tutta serenità, preferiamo ora taceree pregare”. Un discorso nel quale col-piscono umiltà, impotenza e deside-rio di superare l’ostacolo per far si chetutti i cristiani possano riconoscere ilprimato di Pietro.

La “Ut unum sint”

Sulla stessa scia, ben 28 anni dopo, siè mosso Giovanni Paolo II, il cui ap-pello contenuto nella enciclica “Utunum sint” del 25 maggio 1995 re-sterà una pietra miliare nella questioneche ci occupa. In quel documento,alparagrafo 95, il Papa cosi’ si rivolgevaai pastori, ai responsabili ecclesiali eai teologi della Chiesa cattolica e dellediverse altre Chiese:“Ciò che riguarda

l’unità di tutte le comunità cristianerientra ovviamente nell’ambito dellepreoccupazioni del primato. QualeVescovo di Roma so bene, e lo ho riaf-fermato nella presente Lettera enci-clica, che la comunione piena evisibile di tutte le comunità, nellequali in virtù della fedeltà di Dio abitail suo Spirito, è il desiderio ardente diCristo. Sono convinto di avere a que-sto riguardo una responsabilità parti-colare, soprattutto nel constatarel’aspirazione ecumenica della mag-gior parte delle Comunità cristiane eascoltando la domanda che mi è ri-volta di trovare una forma di eserci-zio del primato che, pur nonrinunciando in nessun modo all’es-senziale della sua missione, si apra aduna situazione nuova. Per un millen-nio i cristiani erano uniti “dalla fra-terna comunione della fede e dellavita sacramentale, intervenendo percomune consenso la sede romana,qualora fossero sorti fra loro dissensicirca la fede o la disciplina”.In talmodo il primato esercitava la sua fun-zione di unità. Rivolgendomi al Pa-triarca ecumenico, Sua SantitàDimitrios I, ho detto di essere consa-pevole che “per delle ragioni molto di-verse, e contro la volontà degli uni edegli altri, ciò che doveva essere unservizio ha potuto manifestarsi sotto

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una luce abbastanza diversa. Ma [...]è per il desiderio di obbedire vera-mente alla volontà di Cristo che io miriconosco chiamato, come Vescovo diRoma, a esercitare tale ministero [...].Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, edillumini tutti i pastori e i teologi dellenostre Chiese, affinché possiamo cer-care, evidente- mente insieme, leforme nelle quali questo ministeropossa realizzare un servizio di amorericonosciuto dagli uni e dagli altri”.All’appello pontificio in ordine ad unarivisitazione della forma di eserciziodel primato petrino giunsero soltantoalcune risposte, tra le quali quella delSinodo delle Chiese valdesi e metodi-ste italiane, quella della Camera deivescovi della Chiesa d’Inghilterra,quella della Chiesa luterana di Sveziae quella della Chiesa presbiterianadegli Stati Uniti. A dire il vero, vi fuanche una risposta, che definiremmoun po’ “stramba” e “fantasiosa”, dellaComunità di lavoro delle Chiese cri-stiane in Svizzera. Nessun riscontro,invece, da parte ortodossa, in quantouna risposta unica e ufficiale sarebbestata possibile solo attraverso un si-nodo pan-ortodosso, difficile da con-vocare.

Il documento di Ravenna

Sono ormai passati 14 anni dalla “Utunum sint” e al momento non si in-travedono cenni di qualsiasi modifica,nemmeno marginale, al modo in cuiBenedetto XVI sta esercitando il suoministero papale. Uno spiraglio digrande interesse si sta comunqueaprendo sul fronte del dialogo teolo-gico ufficiale tra cattolici e ortodossi .Nell’ultima riunione della Commis-sione mista internazionale, tenutasidall’8 al 15 ottobre 2007 a Ravennasul tema “Conseguenze ecclesiologi-che e canoniche della natura sacra-mentale della Chiesa: comunioneecclesiale, conciliarità e autorità”, è

stato approvato e pubblicato un do-cumento nel quale si legge tra l’altro:«Durante il primo millennio, la comu-nione universale delle Chiese, nel nor-male svolgersi degli eventi, fumantenuta attraverso le relazioni fra-terne tra i vescovi. Tali relazioni deivescovi tra di loro, tra i vescovi ed iloro rispettivi protoi, e anche tra glistessi protoi nell’ordine (taxis) cano-nico testimoniato dalla Chiesa antica,hanno nutrito e consolidato la comu-nione ecclesiale (…) Entrambe le particoncordano sul fatto che tale taxis ca-nonica era riconosciuta da tutti al-l’epoca della Chiesa indivisa. Inoltre,concordano sul fatto che Roma, inquanto Chiesa che «presiede nella ca-rità», secondo l’espressione di San-t’Ignazio d’Antiochia (Lettera aiRomani, Prologo), occupava il primoposto nella taxis, e che il vescovo diRoma è pertanto il protos tra i pa-triarchi. Tuttavia essi non sono d’ac-cordo sull’interpretazione delle testi-monianze storiche di quest’epoca perciò che riguarda le prerogative del ve-scovo di Roma in quanto protos, que-stione compresa in modi diversi giànel primo millennio». Il documento diRavenna offre dunque nuove prospet-tive per affrontare il problema crucialeche divide da secoli Oriente e Occi-dente cristiano, cioè quello del pri-mato del romano pontefice. Peccatoche il testo non sia stato firmato dallapiu’ importante delle Chiese orto-dosse, quella russa, che aveva abban-donato i lavori a causa della presenzadella Chiesa estone, che fa capo al Pa-triarcato di Costantinopoli e che nonè riconosciuta da Mosca. Ad ognimodo, il Patriarcato di Mosca ha pre-annunciato una sua presa di posizionesu questo documento, che non è an-cora stata comunicata al momento incui scriviamo.Sul fronte protestante, uno dei teologiche si interessano maggiormente allaquestione del ministero petrino è

senza dubbio Paolo Ricca. In un libroscritto assieme a Bruno Corsani nellontano 1978 – ma che rimane digrandissima attualità – intitolato “Pie-tro e il papato nel dibattito ecumenicoodierno”, Ricca indica quali dovreb-bero essere, a suo avviso, le caratteri-stiche salienti di “un nuovo modo diessere” del papato e ne individuaquattro, che qui riassumiamo. 1. Il primo e fondamentale atto di rin-

novamento del papato dovrebbe es-sere che il Papa ridiventi realmentevescovo di Roma, per cui la curadella diocesi di Roma dovrebbe co-stituire la parte essenziale del suoministero.

2. Una seconda caratteristica do-vrebbe essere la rinuncia al potere,non solo a livello politico (poteretemporale) ma anche e soprattuttoa livello spirituale (tesi, questa, caraad Hans Küng).

3. La disponibilità a prendere sul seriola collegialità episcopale, ad esem-pio dotando il Sinodo dei vescovi diun potere deliberante, mentre an-cora attualmente è un organo sol-tanto consultivo.

4. Come già accennato al secondopunto, per Ricca dovrebbe esserciun ribaltamento del ruolo politicodel Papa. Il teologo valdese – edaltri con lui – denuncia con la suaconsueta franchezza la figura di unPapa-re o capo di Stato come unibrido ecclesiologico “insostenibileed evangelicamente inammissibile”e ritiene che l’attività diplomaticadella Santa Sede risulti anch’essa inaperta contraddizione con la mis-sione profetica propria della Chiesa.

Come si vede, rimane ancora moltastrada da fare sulla via di un ricono-scimento ecumenico del ministero pe-trino. L’auspicio è che – anche daparte cattolica – si rimuovano quegliostacoli che ne sono da impedimento.

Gino Driussi

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Penna RomanoGesù di Nazaret. La sua storia, la nostra fedeEd. S. Paolo, 2008

Volete leggere qualche cosa di interessante, breve, abbastanza facile, che ri-porta le più aggiornate teorie su Gesù? Ecco un libro che fa per voi. Lo si leggedi un fiato e si può restare senza fiato. Pur non dando delle risposte definitive(e chi le potrebbe dare), offre ad un lettore non totalmente sprovveduto, magià un pò dentro a queste problematiche, delle pagine avvincenti. È suddiviso in sei capitoletti:

1) Preliminari (sulle fonti, il materiale più utile, l'approccio più adatto). 2) La vita di Gesù nel suo quadro storico-culturale. 3) Gesù manifesta la propria identità nei suoi comportamenti. 4) Gesù manifesta la propria identità con le sue parole. 5) Le definizioni di Gesù. 6) Gesù di fronte alla morte.

Vi è anche una conclusione che parla "Da Gesù alla Chiesa". Libro di piccola mole, ma è uno dei quei tesori evangelicidove si custodiscono cose vecchie e cose nuove. Non per nulla la pubblicazione è riassunta in queste righe: "L'annun-cio cristiano è legato alla persone di Gesù, alla sua vita, al suo insegnamento, alle sue opere e soprattutto alla sua re-surrezione: storia, fede, sono strettamente intrecciate.Il presente volume offre una indispensabile riflessione critica, senzapaure e senza pregiudizi, sulla testimonianza dei Vangeli al Gesù della storia, al centro di molte indagini". Fosse soloper la prefazione del cardinale Carlo Maria Martini, questo libro "deve" essere letto, ma simile prefazione non è che ilprezioso coperchio che, aperto, svela il tesoro.

Ciravegna GianniParabole di GesùEd. Paoline, 1993

Per mantenere fede alla promessa fatta di interessarci maggiormente della cate-chesi familiare vi segnaliamo un altro libro sulle parabole, ma per bambini. Sitratta di una proposta per raccontare ai più piccoli, attraverso la musica e il tea-tro, le parabole evangeliche più conosciute, dieci canzoncine complete di basimusicali, una drammatizzazione con struttura modulare, i testi tratti dal NuovoTestamento, gli spunti per il dialogo e per le attività espressive. Uno spartito guidamolto valido per catechisti scolastici e parrocchiali le cui canzoni sono incise sucompact disc.

Nell'ultimo numero avevamo annunciato l'uscita del secondo volume su Gesù Cristo di P. Callisto, quello sulle para-bole. La tipografia l'aveva promesso per Natale: proprio quattro giorni prima hanno comunicato che non potevano con-segnarlo per un disguido con la legatoria. Nel frattempo, proprio partendo dal nostro annuncio, parecchie personel'avevano comandato alla segreteria della Comunità del Sacro Cuore di Bellinzona per farne un dono natalizio.Avremmo potuto averlo per i primi di gennaio, ma l'autore ha preferito rimandare l'uscita per Pasqua, per farlo di-ventare un "dono pasquale". Chi volesse prenotarlo lo faccia presso la segreteria della Comunità (tel. 091 82 00 880).

Abbiamo letto...abbiamo visto...