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Provincia di Torino Servizio Difesa del Suolo a Attività Estrattiva Dirigente Dott. Guglielmo FILIPPINI Dott. Geol. Gabriele PAPA Dott. Ing. Giovanni PONCHIA Dott.ssa Elisa CRAVERO Dott.ssa Geol. Claudia ROSTAGNO AREA RISORSE IDRICHE E QUALITA’ DELL’ARIA SERVIZIO DIFESA DEL SUOLO E ATTIVITA’ ESTRATTIVA Messa in sicurezza del reticolo idrografico del territorio posto tra il T. Stura di Lanzo e il T. Banna Analisi di fattibilità Comuni: Balangero, Borgaro Torinese, Brandizzo, Caselle Torinese, Ciriè, Grosso, Leinì, Mathi, Nole, San Carlo Canavese, San Francesco al Campo, San Maurizio Canavese, San Mauro Torinese, Settimo Torinese, Torino, Villanova Canavese, Volpiano. ELABORATO GEO_A RELAZIONE GEOLOGICA marzo 2009

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Provincia di Torino

Servizio Difesa del Suolo a Attività Estrattiva

Dirigente Dott. Guglielmo FILIPPINI Dott. Geol. Gabriele PAPA Dott. Ing. Giovanni PONCHIA Dott.ssa Elisa CRAVERO Dott.ssa Geol. Claudia ROSTAGNO

AREA RISORSE IDRICHE E

QUALITA’ DELL’ARIA

SERVIZIO DIFESA DEL SUOLO E ATTIVITA’ ESTRATTIVA

Messa in sicurezza del reticolo idrografico del territorio posto

tra il T. Stura di Lanzo e il T. Banna

Analisi di fattibilità

Comuni: Balangero, Borgaro Torinese, Brandizzo, Caselle Tor inese, Ciriè, Grosso, Leinì, Mathi, Nole, San Carlo Canavese, San Frances co al Campo, San Maurizio Canavese, San Mauro Torinese, Settimo Torinese, To rino, Villanova Canavese,

Volpiano.

ELABORATO

GEO_A RELAZIONE GEOLOGICA

marzo 2009

Area Risorse Idriche e Qualità dell’Aria – Servizio Difesa del Suolo e Attività Estrattiva

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INDICE 1. Assetto geologico – geomorfologico----------------------------------------------------------- pg. 2

2. Stato del dissesto idrogeologico-----------------------------------------------------------------pg. 11

3. Assetto idrogeologico--------------------------------------------------------------------------- pg. 15

4. Cenni di geotecnica------------------------------------------------------------------------------ pg. 17

5. Cenni storici sull’evoluzione del paesaggio-------------------------------------------------- pg. 17

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1. ASSETTO GEOLOGICO – GEOMORFOLOGICO (G. Papa) Nelle pagine che seguono è redatta una relazione geologica ai sensi del D.P.R. 21.12.1999, n.

554 (artt. 18, 19), basata sull’analisi bibliografica di studi e dati geologici generali disponibili sull’area in esame, osservazione di fotografie aeree e su alcuni, limitati, sopralluoghi tecnici.

E’ evidente che, qualora all’analisi di fattibilità seguisse una fase di progettazione degli interventi proposti, la relazione geologica dovrà prevedere sostanziali approfondimenti.

Per una raccolta omogenea di dati geologici e geomorfologici riguardanti l’area in esame, si è provveduto a consultare i seguenti studi, dati e cartografie tematiche:

• Carta Geologica d’Italia, F. 56 Torino, scala 1:100000; • Carta Geologica d’Italia, F. 155 Torino ovest, scala 1:50000 (in fase di lavorazione); • La foresta fossile del T. Stura di Lanzo – Ente di Gestione del Parco Regionale La

Mandria e dei Parchi e delle riserve naturali delle Valli di Lanzo, Regione Piemonte, Università degli Studi di Torino – Dip. di Scienze della Terra (2005);

• Appunti sulla geologia del Piemonte – ARPA Piemonte (2006); • Studio finalizzato alla sistemazione idrogeologica dell’alveo Stura di Lanzo nei Comuni

esclusi dalla Comunità Montana Valli di Lanzo fino alla confluenza nel Fiume Po - Provincia di Torino, Comune di Borgaro (1998);

• Studio finalizzato alla sistemazione idrogeologica del T. Stura di Lanzo. Aggiornamento post – alluvione ottobre 2000 - Provincia di Torino (2001);

• Studi di sistemazione del reticolo idrografico secondario compreso tra i T. Stura e Malone – Provincia di Torino, Comune di Volpiano (Matassi et al., 1996);

• Verifica della compatibilità idraulica ed idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti ed in previsione (variante di P.R.G.C. approvato con D.G.R. n. 7-3973) con le condizioni di dissesto (Delib. n. 1 del 11.05.1999 Autorità di bacino del Fiume Po). Integrazioni relative al 1° incontro interdisciplinare di carattere orientativo del 12.02.2002. Comune di Borgaro (2002);

• Variante strutturale n. 20 al P.R.G.C. – Progetto preliminare controdedotto. Elaborati geologici – Risposta al parere tecnico dell’ARPA. Comune di Settimo T.se (2008);

• SICOD WEB – Regione Piemonte – Direzione Difesa del Suolo; • Consorzio dei Comuni ed Utenti Industriali sulla Riva Sinistra della Stura: rete

consortile; • Ministero dei Lavori Pubblici – Servizio Idrografico. Ufficio Idrografico del Po. Sezione

di Torino – Carta delle irrigazioni piemontesi (1930).

Inoltre sono stati compiuti alcuni sopralluoghi tecnici e diverse sessioni di aerofotointerpretazione, mirati a comprendere e cartografare correttamente l’andamento planimetrico del reticolo idrografico minore nonchè a dettagliare meglio l’assetto geomorfologico dell’area.

L’areale compreso tra i Comuni di Balangero a monte e Settimo Torinese – Brandizzo a valle, è

parte di un esteso conoide alluvionale (megaconoide) legato ad una successione di fenomeni di divagazione laterale del T. Stura di Lanzo, accompagnati da sedimentazione grossolana.

Il megaconoide, il cui apice è ubicato a Lanzo, ha la sua “unghia” grossomodo localizzata tra Borgaro a sud e Volpiano a nord.

La sua genesi è legata ad una variazione nell’acclività del thalweg del corso d’acqua, motivo per cui si sviluppa tipicamente a valle della transizione tra il tratto montano e quello di pianura.

L’area in esame (fig. 1) si sviluppa ad una quota compresa tra 550 m e 180 m s.l.m. e ricade in quello che è consideratol’esempio piemontese più significativo di conoide terrazzato, essendo

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caratterizzato da estesi settori pianeggianti distribuiti a varia quota, sospesi tra loro e rispetto alla parte centrale, maggiormente depressa, tramite scarpate con altezza anche di alcune decine di m.

Fig. 1 I corpi sedimentari, le cui espressioni morfologiche sono settori più o meno estesi di piani e

altopiani, si riferiscono a diversi intervalli di tempo. La sua forma appare come una sorta di “ventaglio” che da Lanzo si estende fino a Venaria,

Volpiano e Front. Per comprendere appieno, dal punto di vista paleogeografico, la collocazione del paleoconoide

del T. Stura di Lanzo, occorre risalire indietro di circa 2 milioni di anni, al limite tra il Cenozoico e il Quaternario (tra il Pliocene e il Pleistocene), quando l’antico oceano riferibile al bacino Ligure - Piemontese, ormai completamente ritiratosi dal Piemonte, lasciò il posto ad un’estesa pianura alluvionale drenata da un grande corso d’acqua costituito da numerosi canali intrecciati (tipo braided). In questo intervallo temporale i principali corsi d’acqua che solcavano i fondovalle alpini depositavano, allo sbocco in pianura, ampi ventagli di sedimenti, che nel tempo si accrescevano appoggiandosi gli uni agli altri. Tali ventagli costituiscono appunto i megaconoidi, tra i quali quello in esame (fig. 2).

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Le testimonianze più antiche sono i cosiddetti sedimenti del Villafranchiano, osservabili nei

tratti inferiori delle scarpate lungo il T. Stura di Lanzo e i suoi affluenti; questi sedimenti, a grana fine, in prevalenza sabbie e silt, suggeriscono l’originaria presenza di una pianura deltizia con uno sviluppo altimetrico simile al livello marino, tipica del tratto terminale di un corso d’acqua verso la foce e/o il delta. Quindi l’ambiente poteva essere assimilabile ad una sorta di antico conoide alluvionale pliocenico. La natura fine dei depositi fa propendere per condizioni di relativa stabilità tettonica, l’originaria superficie della pianura appare totalmente asportata dai successivi fenomeni di erosione.

Le testimonianze successive sono rappresentate da importanti superfici di erosione che troncano i sedimenti deltizi e segnano l’inizio della deposizione dei soprastanti depositi fluviali grossolani, tipicamente pedemontani. Anche i sedimenti fluviali formano diversi corpi che hanno tra loro un rapporto di terrazzamento, il che testimonia anche una intensa attività erosiva da parte del T. Stura di Lanzo che ha scavato profonde incisioni modellate nei sedimenti villafranchiani e nei depositi fluviali successivi.

Nelle porzioni laterali più esterne del paleoconoide, area di Balangero in sinistra orografica e di La Cassa in destra, sono conservati i sedimenti più antichi, sensibilmente alterati, caratterizzati da una colorazione rossa intensa, da ciottoli disgregati in matrice prevalentemente argillosa, posti tra 550 e 500 m s.l.m. Qui la superficie del terrazzo è sensibilmente ondulata, legata al rimodellamento successivo: si tratta di sedimenti riferibili al Pleistocene inf.

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Nelle porzioni laterali più interne, invece, corrispondenti ai settori di Vauda Canavese in sinistra e del Parco della Mandria in destra, tra 500 e 250 m s.l.m., si osservano depositi interessati da notevole alterazione pedogenetica, meno spinta dei precedenti, di colore bruno – rossastro, anche in questo caso si tratta di ciottoli fortemente disgregati in matrice a componente argillosa prevalente. In questo caso mostrano una superficie blandamente ondulata, debolmente inclinata nel senso del deflusso idrico superficiale. Questi depositi si riferiscono al Pleistocene medio e costituiscono la cosiddetta Vauda sulla quale attecchisce una particolare vegetazione a brughiera indicativa della presenza di suoli argillosi acidi con periodici fenomeni di ristagno di acqua meteorica. La Vauda, così come La Mandria, sono separate dalle altre superfici morfologiche per mezzo delle scarpate di terrazzo più evidenti di tutto il paleoconoide, la cui altezza varia da 20 a 40 m circa.

I sedimenti costituenti la porzione centrale più depressa del paleoconoide, sulla quale ricade effettivamente l’area oggetto del presente lavoro, ossia l’estesa pianura tra Ciriè, Caselle, Volpiano, Borgaro, nonché l’attuale incisione dello Stura di Lanzo, sono poco alterati, hanno colore grigio, con ciottoli integri immersi in matrice sabbiosa. Sono presenti ad una quota compresa tra 400 e 210 m s.l.m. e corrispondono al termine superiore della successione sedimentaria sepolta. La superficie che li caratterizza in questo caso appare debolmente inclinata nel senso del deflusso idrico superficiale (SE). In questo caso cronologicamente si riferiscono al Pleistocene sup. – Olocene.

Naturalmente vicino ai corsi d’acqua maggiori sussistono ampie fasce caratterizzate da depositi alluvionali recenti, in particolare anche legati a recenti eventi alluvionali (settembre 1993, novembre 1994, ottobre 2000).

L’attribuzione cronostratigrafica dei succitati depositi alle grandi glaciazioni Mindel e Riss oggi non è più attendibile, in quanto sono state riconosciute almeno 12 grandi glaciazioni pleistoceniche. E’ però assai verosimile che i sedimenti costituenti le estese superfici semipianeggianti della Mandria e della Vauda siano all’incirca coevi, poiché sono lembi relitti di uno stesso conoide alluvionale. La superficie del paleoconoide era poco inclinata e corrispondeva ad un’antica pianura, che si estendeva per tutta l’area delimitata dagli attuali corsi dei torrenti Ceronda e Malone, con deposizione fluviale grossolana. Nelle porzioni più lontane dai corsi d’acqua, in caso di eventi alluvionali, erano deposti limi, argille, comunque depositi più fini, unitamente a materiali sempre fini trasportati e depositati dal vento (sedimenti eolici, cioè loess).

Parallelamente gli agenti atmosferici cominciavano l’azione sul substrato trasformandolo in suoli. Proprio il criterio di datazione che utilizza il grado di evoluzione dei suoli permette di dire che i sedimenti originariamente attribuiti al Mindel si possono datare al Pleistocene inf., almeno quelli più antichi, e al Pleistocene medio (quelli più recenti). I depositi attribuiti al Riss si possono fare risalire al Pleistocene medio – superiore. Infine, i sedimenti appena alterati, grigiastri, possono essere attribuiti all’Olocene.

Per quanto concerne la successione sedimentaria sepolta nel sottosuolo dell’area in esame, si trovano come termini più antichi sabbie fossilifere marine del Pliocene, le quali altrove affiorano (zona di Castellamonte e bassa Valle Chiusella). Il fatto che in aree pedemontane questi sedimenti affiorino, significa che essi sono stati traslati tettonicamente a quote altimetricamente maggiori. Localmente, zona di Volpiano e Settimo Torinese, tali depositi sono prossimi alla superficie topografica (10 – 25 m di profondità dal piano campagna). In generale il loro spessore verticale è assai variabile e non si conosce con precisione, tuttavia a Torino, presso la confluenza dello Stura di Lanzo nel Po, è superiore a 270 m.

Sopra i sedimenti marini poggiano i sedimenti della successione Villafranchiana, caratterizzati da spessori variabili tra 270 e 10 m. Ad essi seguono almeno due fasi di deposizione di materiali nel Pleistocene inf. – medio, con la formazione delle due principali superfici di terrazzo (Mandria e Vauda). Tali grandi lembi di terrazzo sono separati da un’ampia vallata diretta NW-SE, corrispondente ad una fetta del ventaglio asportata dall’erosione torrentizia. In tempi ancora successivi, dal Pleistocene sup. all’Olocene, la vallata fu sede di nuovi episodi di sedimentazione che diedero origine all’ampia pianura di Ciriè – Caselle.

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Nella Carta Geologica d’Italia in scala 1:100000, F. 56 Torino, tutta la porzione dell’area di studio maggiormente in quota viene indicata come caratterizzata da depositi ghiaioso – sabbiosi con paleosuolo rosso – arancio (Fluviale Riss ossia Pleistocene), mentre la porzione di depositi limitrofi e coincidenti con l’attuale alveo del T. Stura di Lanzo viene indicata come caratterizzata da depositi alluvionali sabbioso – ghiaiosi, ghiaiosi, dell’Olocene – Attuale (Alluvioni antiche, medio – recenti, attuali).

La recente realizzazione della Carta Geologica d’Italia in scala 1:50000, F.155 Torino Ovest,

oggi ancora in lavorazione, ha permesso di suddividere i depositi alluvionali presenti nell’area in sintemi e subsintemi. Infatti, il recente approccio stratigrafico, basato sul riconoscimento delle superfici di discontinuità, ha consentito di riconoscere alcune unità quaternarie continentali coeve tra loro, distinguendole se i loro bacini di appartenenza sono differenti. Così sono state riconosciute unità del Quaternario riferibili a bacini differenti, ad es. al bacino del Fiume Po, a quello della Dora Riparia e a quello dello Stura di Lanzo.

Per sintema si intende un “volume roccioso delimitato da discontinuità a valenza regionale oppure una successione di depositi attribuiti a più eventi erosivo – deposizionali ma non suddivisibile in unità di rango inferiore per la limitatezza delle condizioni di affioramento”. Il subsintema è una “successione di sedimenti riferibile ad un determinato evento erosivo – deposizionale, differenziabile da altri eventi per per la presenza di discontinuità significative alla scala del bacino”.

Le risultanze di tale metodo di interpretazione dei sedimenti non sono però oggi uniformi su tutto il territorio provinciale, pertanto c’è una certa disomogeneità tra la ricchezza e la “freschezza”, in termini di età, dei dati geologici presenti sul territorio. Infatti il F. 155 Torino Ovest comprende solo parte del precedente F. 56 Torino della Carta Geologica d’Italia, così nell’area oggetto del presente studio ci troviamo ad avere dati disomogenei poiché interpretati in modo differente nei due documenti.

In particolare nell’area in esame affiorano: • Sintema di Regia Mandria (Subsintema di Leinì): ghiaie sabbiose matrix supported che,

verso il tetto, passano a silts sabbiosi debolmente alterati (Pleistocene sup.); questi depositi affiorano presso i centri abitati di Leinì, Borgaro, Caselle;

• Sintema di Regia Mandria (Subsintema di Venaria Reale): si tratta di depositi fluviali caratterizzati da ghiaie con scarsa matrice sabbiosa, mediamente alterate (Pleistocene sup.); un modesto affioramento si ha presso C. del Porto, località tra Borgaro e Caselle, la restante parte in corrispondenza del centro abitato di Caselle;

• Sintema di Palazzolo (Subsintema di Crescentino): depositi ghiaioso - ciottolosi clast - supported con matrice sabbioso – siltosa e frequente presenza di blocchi (Pleistocene sup. – Olocene), costituenti i conoidi di fondovalle (depositi fluvio – torrentizi); gli affioramenti sono ubicati a sud di Borgaro;

• Sintema di Palazzolo (Subsintema di Ghiaia Grande): si tratta di depositi ghiaioso – sabbiosi, siltosi e sabbioso – siltosi privi di stratificazione, non alterati, di spessore metrico, contenenti alla base lenti ghiaiose, costituenti il fondovalle inciso dal T. Stura di Lanzo (Olocene – Attuale). I sedimenti a granulometria maggiore, generalmente, si ritrovano a distanze minori dall’attuale alveo che il fiume ha inciso proprio in questi depositi oppure si ritrovano a formare piccole isole e penisole fluviali. Inoltre la granulometria di questi depositi diminuisce man mano che ci si sposta verso valle, in direzione Torino.

Nel caso del Sintema di Palazzolo trattasi di depositi non distinti in base al bacino di pertinenza.

Sono sedimenti la cui deposizione è iniziata in bacini diversi (Palazzolo è un Comune della Provincia di Vercelli che affaccia sul Fiume Po) oppure è avvenuta in modo indifferenziato su tutto il foglio in tempi recenti.

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La scelta operata nel presente lavoro è stata quella di semplificare l’assetto litologico dell’area di studio suddividendo (Tav. GEO 1) i depositi quaternari in due unità, visto il carattere preliminare e generale di questa analisi di fattibilità:

• Ghiaie sabbiose con matrice più o meno abbondante, passanti verso il tetto a silts sabbiosi. Depositi da debolmente a mediamente alterati (Pleistocene superiore);

• Depositi ghiaioso – ciottolosi, ghiaioso – sabbiosi, blocchi. Poco o per nulla alterati (Pleistocene superiore – Attuale). I depositi affiorano prevalentemente lungo le fasce di divagazione del T. Stura di Lanzo.

Le due unità perlopiù sono separate da scarpate di terrazzo. Nell’area in studio, compresa tra il T. Stura di Lanzo, il cui bacino montano è caratterizzato

dalla presenza di vette superiori ai 3500 m s.l.m. (Comuni di Groscavallo, Balme, Usseglio) mentre la confluenza avviene nel Fiume Po a Torino, e il T. Banna – Bendola, che nasce in Comune di Balangero e confluisce nel T. Malone a Brandizzo, si snoda una fitta rete di canali artificiali per l’irrigazione, talvolta abbandonati, non sempre attivi, che si infittisce particolarmente nel settore dei prati della Rubiana, tra Leinì, Settimo Torinese e Brandizzo (foto 1). Questo è un settore caratterizzato dalla presenza di acque subsuperficiali, con associati locali ristagni, anche a causa di alcune risorgive.

Foto 1. Esempio di sezione caratteristica di un canale della zona studiata.

Canale del Disturbo a Ciriè. Tutti i principali ristagni d’acqua risultano di origine antropica, perlopiù colmati dall’emergenza

della falda freatica, il cui livello è legato all’apporto meteorico ed a quello irriguo. I canali di cui sopra sono perlopiù canali di derivazione dal T. Stura di Lanzo, subordinati sono i

canali che derivano dal Banna- Bendola. La stragrande maggioranza delle opere di presa non dispone di soglie e/o traverse stabili nell’alveo dello Stura, per cui dopo ogni evento alluvionale o evento di piena particolarmente significativo, l’incile delle opere di presa deve essere ripristinato. La difficoltà di regolare le portate immesse nei canali fa sì che in occasione di eventi di piena straordinari si verifichino tracimazioni delle acque lungo il percorso dei canali con conseguenti allagamenti delle zone limitrofe.

A loro volta una fitta rete di prese, paratoie, ripartitori caratterizza i canali principali e li suddivide in canali minori che costituiscono così delle subderivazioni; essi smistano le acque in prevalenza dello Stura di Lanzo in settori dell’area in esame anche lontani dal suddetto torrente, il recapito finale è l’alveo del Fiume Po, ma, nel loro percorso, questa rete irrigua attraversa importanti centri abitati (Leinì, Settimo Torinese, Caselle, Borgaro ecc.) causando così danni alle infrastrutture e all’edificato in caso di eventi alluvionali.

Si tratta di una rete storica, risalente almeno al XIV secolo.

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Alla situazione di dissesto idraulico che si viene così a creare contribuisce anche la presenza di estesi tratti tombati e deviati (magari con angoli a 90°) di questi canali, spesso con sezioni delle condotte non idonee a smaltire le portate; tali “forzature” nel reticolo idraulico sono ubicate ovviamente in presenza dei maggiori centri abitati e, talvolta, a servizio di nuove aree di espansione urbanistica (foto 2).

Nella Tav. GEO 2 si è cercato di raffigurare al meglio la situazione sopra descritta, tenendo conto anche della scala certo non di dettaglio, ma in grado di rappresentare la complessità di un territorio assai vasto.

In particolare, Settimo Torinese, Leinì, Caselle (con la sua Fraz. Mappano), vista la loro ubicazione geografica, costituiscono spesso i settori più fragili del territorio in esame, invasando acque provenienti dal settore apicale del megaconoide.

Storicamente (Tab. 1, Fig. 3) le derivazioni più importanti dallo Stura, censite, sono:

Canali Comuni sui quali insiste l’opera di presa

Portata concessa nel 1930 (m3/s)

Canali subderivati Note

Canale di Nole Lanzo 1.30 Canale di Mathi Canale di Grosso Balangero 0.80 Gora di Ciriè Nole incerta Canale di San

Maurizio

Gora di Malanghero

Nole 1.00 Concessione del Conte Amedeo di Savoia da atto notarile del del 3.07.1357

Canale di Caselle Ciriè 2.40 Canale Caudano Bealera Sturetta Borgaro 1.50 Bealera

dell’Abbadia, Bealera di Settimo

Licenza ducale del 22.06.1454

Tab. 1

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Foto 2. Esempio di canale tombato presso un centro abitato

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Nella Tav. GEO 2 sono stati cartografati: • il reticolo idrografico minore distinguendo, laddove presenti i dati, i tratti tombati da

quelli “a cielo aperto” e ancora i canali non attivi alla data dei sopralluoghi, svoltisi nei mesi di febbraio – marzo 2009;

• le unità morfolitostratigrafiche legate ai processi deposizionali e di modellamento fluviale attuali, comprendenti gli alvei attivi, dei seguenti corsi d’acqua: Stura, Po e Banna - Bendola, almeno per quelle parti che interessano l’area oggetto di studio;

• nelle fasce di competenza dei T. Stura di Lanzo e Po sono presenti numerosi paleoalvei e anche alvei antichi oggi non attivi ma potenzialmente riattivabili: la granulometria grossolana dei depositi che costituiscono il substrato di queste forme (canali ghiaiosi), favorisce il drenaggio e la circolazione di acque sotterranee. Qui possono formarsi modesti rii o evidenti ristagni. Nella carta sono stati cartografati esclusivamente gli alvei antichi riattivabili dal T. Stura (in quanto corpo idrico ricettore degli scolmatori proposti), in particolare quelli riattivati durante i recenti eventi alluvionali;

• le opere di difesa idraulica presenti lungo il T. Stura di Lanzo e il Fiume Po (argini, scogliere, pennelli, muri di sponda);

• le principali scarpate di terrazzo, distinguendo quelle oggi non influenzabili dall’idrodinamica superficiale da quelle ancora oggi legate all’evoluzione del reticolo idrografico; in particolare sono state cartografate le sponde particolarmente incise dei corsi d’acqua presenti nell’area di studio.

L’alveo dello Stura ha subito profonde modificazioni nel suo andamento planimetrico anche in

tempi recenti. Se si confrontano le cartografie topografiche esistenti oggi (Carta Tecnica Regionale – CTR – e Carta Tecnica Provinciale – CTP ) con le tavole dell’I.G.M. ad esempio del 1880 e del 1960, ci si rende conto di queste modificazioni del paesaggio. Ancora di più se si prendono in esame mappe topografiche storiche risalenti al 1700. Si nota così che in tale intervallo di tempo l’alveo del torrente ha subito notevoli divagazioni, maggiormente in sinistra orografica, con spostamenti anche dell’ordine di 1 Km.

L’attuale corso d’acqua dello Stura di Lanzo nel settore di pianura presenta una tipologia riferibile al genere unicursale (wondering meandering) passante solo per brevi tratti ad un sistema pluricursale (area di confluenza con il T. Ceronda) e/o unicursale vero e proprio (zona di Torino, dove il corso è alquanto antropizzato, tratto immediatamente a valle del centro abitato di Lanzo).

Il sistema wondering meandering è una tipologia fluviale derivata da forme pluricursali a seguito della progressiva perdita dei canali alternativi soprattutto a causa di interventi legati all’occupazione del suolo e allo sfruttamento delle portate idriche (canali) e solide (attività di cava).

Naturalmente, in occasione di eventi alluvionali eccezionali, le morfologie relitte (almeno alcune) si riattivano.

In questo senso le fasce fluviali relative al T. Stura tracciate nel Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di bacino del Fiume Po indicano le aree potenzialmente inondabili dal corso d’acqua.

In tutta l’area esaminata sono comunque presenti estese superfici che risultano leggermente depresse rispetto al piano campagna (p.c.) dei settori circostanti; queste si sviluppano con direzione circa NW – SE, secondo la direzione di deflusso principale sia dei corsi d’acqua attuali (Stura e Banna) che dell’antico apparato di conoide. Costituiscono aree maggiormente vulnerabili in caso di esondazioni dei corsi d’acqua, anche di quelli artificiali.

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2. STATO DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO (C. Rostagno)

Le informazioni relative allo stato del dissesto all’interno dell’area in esame sono contenute nella seguente documentazione tecnica:

- Autorità di Bacino del fiume Po: Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici; in particolare: • Foglio 134, Sez. II – Cirié; • Foglio 134, Sez. III – Lanzo Torinese; • Foglio 135, Sez. III – Volpiano; • Foglio 155, Sez. I – Venaria; • Foglio 156, Sez. IV – Settimo Torinese.

- Studi geologici allegati ai P.R.G.C. dei Comuni di Balangero, Brandizzo, Caselle Torinese, Cirié, Leinì, Lombardore, San Maurizio Canavese, Settimo Torinese, Volpiano, che integrano ed aggiornano il PAI dell’Autorità di Bacino del fiume Po.

- Banca Dati Geologica di ARPA Piemonte: Alluvione ottobre 200. - Studi di sistemazione del reticolo idrografico secondario compreso tra i T. Stura e Malone –

Provincia di Torino, Comune di Volpiano (Matassi et al.,1996); - Studio finalizzato alla sistemazione idrogeologica dell’alveo Stura di Lanzo nei Comuni

esclusi dalla Comunità Montana Valli di Lanzo fino alla confluenza nel Fiume Po - Provincia di Torino, Comune di Borgaro (1998);

- Studio finalizzato alla sistemazione idrogeologica del T. Stura di Lanzo. Aggiornamento post – alluvione ottobre 2000 - Provincia di Torino (2001);

- Evento alluvionale settembre 20081. Tutti questi dati trovano espressione cartografica nella Tav. GEO 2. Nel territorio comunale di Balangero, si segnala la presenza di un’ampia fascia soggetta a

fenomeni d’inondazione con pericolosità media/moderata; tale fascia, orientata NO-SE, è compresa tra il Rio Banna e la S.P. 2. Sono interessati dal potenziale dissesto numerosi insediamenti industriali e residenziali, un tratto della S.P. 26 e la viabilità comunale ricadente in questo settore.

Nel territorio comunale di Mathi, è segnalata invece la presenza di due aree potenzialmente inondabili: la prima ubicata a nord del concentrico, che coinvolge essenzialmente alcune aree agricole ed il cimitero, la seconda posta al confine con il territorio comunale di Grosso; in entrambi i casi i fenomeni di dissesto sono collegati alla dinamica torrentizia del Rio Banna e dei canali artificiali ad esso collegati.

Sempre lungo il Rio Banna, nel Comune di Grosso, sono indicati fenomeni di allagamento ad ovest del concentrico, in un settore che comprende essenzialmente insediamenti residenziali; inoltre è censita un’area soggetta a fenomeni d’inondazione ad est del cimitero comunale; in questo caso, il dissesto è imputabile ad un segmento del reticolo idrografico artificiale che deriva la sua portata dal Rio Banna nel territorio comunale di Mathi.

Più a valle, i dati provenienti dagli studi geologici allegati al P.R.G.C. di Cirié individuano una lunga fascia a pericolosità elevata lungo la sponda destra del Rio Banna; le fascia, che si estende per tutta l’ampiezza del territorio comunale, ricopre un settore già evidenziato dalla Banca Dati Geologica dell’Arpa, a nord del “Ponte Banna” (che costituisce l’attraversamento sul T. Banna della S.P. 22), in corrispondenza al quale i fenomeni d’esondazione hanno coinvolto, in passato, un insediamento industriale (Cotonif. “Saletta”), il cimitero ed un tratto della stessa S.P. 22. Evidentemente, i dissesti segnalati lungo la sponda destra del torrente (Comune di Cirié) non trovano riscontro lungo la sponda sinistra (Comune di San Carlo Canavese) esclusivamente per motivi legati all’aggiornamento dello strumento urbanistico di quest’ultimo Comune.

1 Dati gentilmente forniti da alcuni Amministratori Locali e dalla D.ssa Geol. Renata DE VECCHI PELLATI, consulente di alcuni dei Comuni interessati dallo studio.

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Analogamente, i dati provenienti da P.R.G.C. segnalano una fascia a pericolosità d’inondazione molto elevata lungo l’asse del T. Banna sia nel Comune di San Maurizio Canavese, sia nel Comune di Leinì, mentre mancano i dati relativi al dissesto provenienti dal P.R.G.C. del Comune di San Francesco al Campo.

Sempre nel Comune di Cirié viene segnalata, inoltre, una fascia con pericolosità d’inondazione media/moderata a ridosso della fascia C del PAI dell’Autorità di Bacino del fiume Po, lungo la sponda sinistra del T. Stura. Durante l’evento alluvionale settembre 2008 è stata nuovamente allagata l’area posta al confine nord-occidentale del territorio comunale; il dissesto ha coinvolto prevalentemente aree agricole, interessando tuttavia anche qualche insediamento residenziale e toccando il muro perimetrale del cimitero comunale. Altri fenomeni di allagamento si sono verificati a sud del concentrico, in particolare: a nord e ad est della “Cascina Patria”, a sud e ad ovest dell’ex cartiera “Reno De Medici”, nel settore degli impianti sportivi compresi tra Via Torino e la linea ferroviaria Torino-Ceres.

Nel Comune di San Maurizio Canavese, la fascia a pericolosità d’inondazione molto elevata indicata lungo il T. Banna coinvolge essenzialmente terreni ad uso agricolo; a Leinì, invece, oltre alla fascia caratterizzata da pericolosità elevata (che comprende essenzialmente insediamenti industriali) è stata segnalata un’ampia area con pericolosità d’inondazione media/moderata, la quale insiste su aree agricole, residenziali, industriali, interessa la S.S. 460 di Ceresole, la S.P. 267 e la viabilità comunale ricadente in questo settore. Più a nord, lungo il Rio Ritano, è stata individuata un’altra fascia a pericolosità media/moderata che coinvolge aree agricole, insediamenti rurali e parte della centrale elettrica ubicata in prossimità della “Cascina San Domenico”. Infine, in località “Prati della Rubiana” è presente un settore caratterizzato da pericolosità d’inondazione media/moderata da parte del reticolo idrografico artificiale (canali irrigui) che in questo settore appare molto fitto ed articolato in relazione alla destinazione d’uso agricola dell’area.

Tutte le aree sopra descritte, ricadenti all’interno del Comune di Leinì, erano già state coinvolte da importanti fenomeni d’inondazione durante l’evento alluvionale 1994; nel corso di tale evento, anzi, i settori allagati per esondazione del reticolo idrografico naturale ed artificiale erano state ben più ampie: le acque si erano spinte fino alla S.P. 10, avevano interessato gran parte del concentrico, raggiungendo Via S. Rocco e Viale Europa ed avevano danneggiato gli insediamenti industriali posti a sud di via Volpiano; inoltre, era stata coinvolta dal dissesto tutta Via Torino e la vasta zona industriale che sorge al confine con il territorio comunale di Caselle. Estesi fenomeni di allagamento erano stati inoltre segnalati a sud di Strada Settimo, dove erano state coinvolte aree agricole, insediamenti rurali, residenziali ed industriali.

Durante l’evento alluvionale settembre 2008 il concentrico di Leinì è stato nuovamente interessato da fenomeni di allagamento; altri dissesti legati all’esondazione del reticolo idrografico secondario si sono verificati nella zona industriale che sorge lungo Via Torino, in corrispondenza ad alcuni tratti della Gora del Molino, lungo il Rio Borrone e nell’ampio settore delimitato dalla S.P. 12, dal confine con il territorio comunale di Caselle Torinese, dalla Bealera di Settimo e dall’autostrada Torino-Aosta, interessato prevalentemente da aree agricole ed insediamenti produttivi.

Per quanto riguarda Caselle Torinese, il P.R.G.C. individua aree con pericolosità d’inondazione media/moderata dislocate in diversi punti del territorio comunale: si tratta per lo più di aree agricole o interessate da insediamenti rurali, fatta eccezione per il settore nord-occidentale del concentrico, dove insistono alcuni complessi residenziali e l’area industriale ubicata in prossimità della sponda sinistra del T. Stura (Cartiera Vitelli). Anche in questo caso diventa preponderante il ruolo del reticolo idrografico artificiale, che, a partire dalle linee di drenaggio con direttrice nord-ovest – sud-est, si dirama in una fitta trama di segmenti orientati est-ovest e nord-sud.

Nel corso dell’evento alluvionale settembre 2008 si sono verificati fenomeni di dissesto nel settore posto a nord-ovest di Mappano, attiguo alla zona industriale di Leinì.

Infine, nel Comune di Settimo Torinese, il quadro del dissesto si complica per effetto dell’interferenza tra il reticolo idrografico secondario e le numerose infrastrutture orientate sud-

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ovest – nord-est (Autostrada Torino-Aosta, Via Cebrosa, Autostrada Torino-Milano, ferrovia Torino-Milano, S.P. 220, S.S. 11, ecc.), ossia perpendicolarmente alle principali linee di drenaggio. Tale assetto ha reso necessario, nel corso degli anni, la riorganizzazione del reticolo idrografico superficiale, favorendo la progressiva artificializzazione dei corsi d’acqua naturali e la realizzazione di strutture idrauliche (attraversamenti, canalizzazioni, ecc.) spesso inadeguate. Di conseguenza, nel 1994 è stato allagato un vasto settore a nord dell’Autostrada Torino-Milano e la porzione nord-orientale di Settimo, con danni agli insediamenti residenziali, industriali ed alle infrastrutture. Tuttora, il P.R.G.C. di Settimo individua una lunga fascia con pericolosità d’inondazione elevata a nord dell’Autostrada Torino-Milano ed un ampio settore a pericolosità media/moderata che comprende tutte le zone inondate durante l’evento alluvionale 1994. Durante l’evento alluvionale settembre 2008 estesi fenomeni di allagamento si sono verificati nuovamente nel settore compreso tra l’autostrada Torino-Aosta e l’autostrada Torino-Milano, nella parte settentrionale del concentrico, in corrispondenza all’ex stabilimento Pirelli e lungo la S.P. 220, presso la località “Cascina Isola”.

Un discorso a parte meritano le fasce fluviali A, B, C del PAI (fig. 4) dell’Autorità di bacino del

Fiume Po, che, nel settore in esame interessano il T. Stura nei Comuni di Balangero, Mathi, Nole, Cirié, San Maurizio Canavese, Borgaro e Torino ed il fiume Po nei Comuni di Torino, San Mauro, Settimo e Brandizzo. Come noto, i criteri per la perimetrazione delle fasce fluviali e la normativa che regola gli interventi ammessi all’interno di tali aree sono elementi della pianificazione territoriale di competenza dell’Autorità di Bacino del fiume Po. In questo studio, pertanto, non saranno avanzate ipotesi di lavoro riguardanti le fasce fluviali, ma si focalizzerà l’analisi sui dissesti legati al reticolo idrografico secondario.

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3. ASSETTO IDROGEOLOGICO (C. Rostagno)

Le informazioni relative alle caratteristiche idrogeologiche dell’area in esame sono contenute nella seguente documentazione tecnica:

• Provincia di Torino – Università degli Studi di Torino (2002): “Le acque sotterranee della Provincia di Torino”;

• Foglio 56 “Torino” della “Carta Geologica d’Italia”, scala 1:100.000; • Banca Dati Geologica della Provincia di Torino: “Soggiacenza della falda freatica”.

Come già anticipato nel capitolo relativo all’inquadramento geomorfologico, tutta l’area in esame ricade nell’ambito della conoide del T. Stura, che da Lanzo si apre a ventaglio con debole pendenza in direzione sud-est, fino a raccordarsi con i depositi alluvionali attuali e recenti del F. Po.

Si tratta di un corpo sedimentario complesso, costituito dall’accumulo di depositi fluvioglaciali a loro volta incisi dai terrazzi generati dall’azione erosiva del reticolo idrografico superficiale, i quali poggiano su un substrato di età plio-pleistocenica osservabile in alcuni affioramenti lungo il corso attuale del T. Stura, nel settore compreso tra Villanova Canavese e Cirié.

Procedendo dai settori più elevati e più distali (Vauda, Parco della Mandria) verso l’asse attuale del T. Stura, si assiste ad un progressivo “ringiovanimento” dei materiali alluvionali, sottolineato sia da elementi di tipo morfologico, che da caratteri di tipo litologico (mineralogia e tessitura dei depositi). Tra le evidenze di carattere morfologico vi è, innanzitutto, l’andamento della superficie topografica: i settori più antichi del conoide si configurano come veri e propri rilievi collinari, con avvallamenti e settori in contropendenza, frutto dell’azione di rimodellamento esercitata dal vento, dall’acqua (erosione areale e concentrata), da processi di disgregazione chimico-fisica, ecc.; viceversa, le aree più prossime al corso attuale del T. Stura appaiono sub-pianeggianti, con debole pendenza verso il corso d’acqua. In secondo luogo, su tutta la superficie della conoide si possono osservare diversi ordini di terrazzi fluviali, la cui origine è imputabile all’azione erosiva esercitata dal corso d’acqua sul materiale alluvionale deposto in precedenza; i terrazzi possono presentare un andamento fortemente irregolare e non necessariamente simmetrico rispetto alle sponde deli torrente; essi raccordano più o meno bruscamente la superficie dei depositi più antichi con il livello attuale del corso d’acqua.

Dal punto di vista idrogeologico i depositi indicati in passato come “fluviale Mindel” ed oggi attribuibili al Pleistocene inf. – medio, ossia quelli costituenti i corpi sedimentari terrazzati della Vauda e della Mandria, sono caratterizzati dalla presenza di una falda superficiale assente o molto discontinua; essi, infatti, formano dei terrazzi rilevati di parecchi metri rispetto al reticolo idrografico e risultano quindi completamente drenati; inoltre, il processo di argillificazione che interessa i materiali per diversi metri a partire dalla superficie (ferretto) impedisce l’infiltrazione delle acque meteoriche; la concomitanza di questi fattori (morfologici e litologici) dà come risultato una scarsa alimentazione diretta dall’alto, per cui la ricarica delle eventuali falde idriche deve avvenire per forza lateralmente.

A titolo indicativo, si riportano nella Tabella 2 i valori di conducibilità idraulica (k) comunemente attribuiti dalla bibliografia di settore ai diversi tipi di deposito in funzione del loro grado di permeabilità.

Tabella 2 – Conducibilità idraulica per diversi tipi di terreno

Grado di permeabilità Conducibilità idraulica

k (m/sec) Litotipi

Alto K > 10-2 Ghiaie Medio 10-2 > k > 10-4 Sabbie Basso 10-4 > k > 10-9 Sabbie fini, limi

Impermeabile 10-9 > k Argille

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Nel caso dei depositi riferibili al Pleistocene inferiore - medio, dunque, ci si trova di fronte a materiali con valori di conducibilità idraulica compresi indicativamente tra 10-9 < k < 10-4 m/s.

I depositi in passato indicati come “fluviale Riss” ed oggi attribuibili al Pleistocene sup. – Olocene, ossia i sedimenti costituenti la porzione centrale più depressa del paleoconoide, sono invece formati da materiali molto permeabili (ghiaie e sabbie), i quali formano un acquifero caratterizzato da valori di conducibilità idraulica stimabili intorno a 10-4 < k < 10-2 m/s. All’interno di questi depositi è ospitata una falda a pelo libero (freatica) collegata idraulicamente al reticolo idrografico superficiale, la quale, tuttavia, risente anche notevolmente dell’apporto diretto delle precipitazioni meteoriche.

I depositi alluvionali recenti ed attuali, infine, corrispondono ai depositi sui quali sono impostati i corsi d’acqua e che risultano in gran parte inondabili in concomitanza di piene eccezionali; sono di natura prevalentemente ghiaiosa, possiedono elevata conducibilità idraulica (k > 10-2) e contengono una falda idrica a pelo libero, in rapporto di interdipendenza idraulica con il reticolo idrografico superficiale.

Nell’ambito del settore oggetto di studio affiorano essenzialmente i depositi fluviali del Pleistocene superiore e i depositi alluvionali recenti ed attuali in corrispondenza degli alvei del Po, dello Stura e del Banna.

Pertanto, sulla base delle caratteristiche litostratigrafiche ed idrogeologiche, il sottosuolo dell’area di studio può essere suddiviso nei seguenti complessi a comportamento omogeneo (TAV. GEO 3):

• Complesso Superficiale, costituito da depositi fluviali e fluvioglaciali del Pleistocene superiore - Olocene;

• Complesso Villafranchiano, sottostante il primo, costituito da alternanze di depositi fluviali, in genere grossolani e permeabili, e depositi lacustri, in genere a tessitura fine ed impermeabili, di età Pliocene superiore - Pleistocene inferiore.

Lo spessore del Complesso Superficiale è molto variabile, mediamente compreso tra 20 e 50 m. Al suo interno è ospitata la falda freatica, che, come già accennato, viene alimentata sia dagli

apporti meteorici diretti, sia dai corsi d’acqua alpini che, allo sbocco in pianura, in parte si disperdono entro il materasso alluvionale distribuito lungo il margine alpino.

Le linee isopiezometriche presentano un andamento generale parallelo al contorno del bordo alpino, con quote via via decrescenti andando verso il corso del F. Po. Le linee di deflusso, ortogonali alle linee isopiezometriche, seguono varie direttrici che si innestano con andamento a raggiera nel corso del Po, il quale rappresenta il livello di base.

Il gradiente idraulico risulta più elevato nel settore di alta pianura, traducendo sia l’effetto della pendenza topografica, maggiore nella zona d’apice della conoide del T. Stura, sia quello della permeabilità: i materiali più grossolani tendono infatti ad accumularsi allo sbocco in pianura dei corsi d’acqua alpini. I valori del gradiente sono prossimi all’ 1% nel settore di alta pianura ed allo 0,1% nella zona più prossima al Po.

La soggiacenza, calcolata sottraendo la quota della superficie piezometrica a quella del piano campagna (TAV. GEO 4), risulta più elevata in corrispondenza ai terrazzi della Vauda e del Parco della Mandria, dove supera in genere i 20 m; viceversa, nel vasto areale oggetto di studio, la soggiacenza risulta compresa tra 0 e 3 m. A tale proposito, occorre sottolineare come, in linea generale, l’entità dell’escursione della falda freatica sia in relazione diretta con la soggiacenza e tenda quindi ad aumentare con l’aumentare della soggiacenza stessa: l’escursione della falda è, più o meno, dell’ordine di 0,5 - 1 m nell’intervallo di soggiacenza 0 - 3 m e diventa dell’ordine di qualche metro per valori di soggiacenza > 20 m

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4. CENNI DI GEOTECNICA (G. Papa)

I canali scolmatori che potrebbero essere realizzati saranno imbasati all’interno di terreni incoerenti o pseudocoesivi, prevalentemente ghiaie e sabbie.

Il loro comportamento fisico è globalmente non omogeneo, elasto – plastico, anisotropo. Nei termini a granulometria maggiormente grossolana l’angolo di resistenza al taglio è

maggiore, nei termini più fini l’angolo assume valori minori. 5. CENNI STORICI SULL’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO (E. Cravero)

Durante il XIX secolo l’insediamento antropico di questo territorio a scopi agricolo-produttivi raggiunse la sua massima estensione, mettendo a frutto una serie di interventi di adeguamento della rete idrica, nati da un’esperienza millenaria, volta all’irrigazione dei terreni coltivati.

Questo secolo, infatti, fu caratterizzato da un paesaggio agrario (Fig. 5) che fondava la sua efficienza sulla capacità di controllo della distribuzione della risorsa idrica e di contenimento delle inondazioni entro zone prestabilite.

Fig. 5 - IGM 1880

Come si evince dalla lettura della carta seguente (Fig. 6) le attività agricole prevalenti nell’800 erano rappresentate dai seminativi, ampia parte del territorio era poi lasciata a prato, mentre poca parte era coltivata a vigneto.

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Fig. 6 - Ecomosaico al 1881 (da Matassi et al., 1996)

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A partire dalla seconda metà dell’ottocento, e poi nei primi anni del novecento, questo

paesaggio subì profonde trasformazioni; prima attraverso la realizzazione di canali artificiali funzionali alle produzioni industriali (per es. nella zona di Borgaro e Caselle), poi, ed in special modo, con la realizzazione delle grandi infrastrutture: la ferrovia, la viabilità statale e provinciale di collegamento intercomunale e con Torino, la Pedemontana e le grandi arterie autostradali (Fig. 7).

In questo modo venne così interrotta la continuità della trama irrigua secondaria e il reticolo idrografico primario (bealere e canali maestri) venne costretto entro luci spesso inadeguate.

Queste trasformazioni a loro volta impressero la direzione di espansione degli abitati e dei grandi comprensori industriali, determinando un grandissimo numero di punti di conflitto con la trama irrigua (Fig. 8). Nonostante le ultime importanti trasformazioni, la matrice agricola del paesaggio, di cui l’800 fu l’erede privilegiato, permase fino alla seconda Guerra Mondiale. In questi anni, salvo marginali oscillazioni di ampiezza, il grado di occupazione del suolo da parte degli insediamenti abitativi e industriali, delle principali strade intercomunali e delle ferrovie, non fu significativamente diverso da quello registrato fino al 1923 (e cioè pari a circa 1,5-2% dell’estensione dei territori amministrativi).

Ma verso la fine del XX secolo la superficie occupata dagli insediamenti abitativi e industriali e dalle grandi infrastrutture aumentò mediamente di 13 volte, interessando circa da 1/5 (per es. Borgaro, Leinì, Volpiano) a 1/3 (per es. Settimo) dell’intero territorio comunale.

1923 1991

COMUNI ha % ha %

Borgaro 19.0 1.32 333 23.2

Settimo 45.0 1.41 1046 32.7

Leinì 42.2 1.3 614 18.9

Volpiano 54.5 1.69 648 20.0

Tab. 3 - Variazione del consumo del suolo per insediamenti ed infrastrutture

in alcuni comuni dell’area di studio tra il 1923 e il 1991 (da Matassi et al., 1996)

Dai dati della Tabella 3 si può osservare come la dimensione dei centri abitati nel 1923 fosse significativamente simile (%): l’organizzazione del territorio aveva caratteristiche equipotenziali rispetto alla distribuzione e alla densità della popolazione, e di equilibrio nel rapporto tra attività umane ed apparati funzionali del territorio stesso (aree colturali, rete irrigua, aree naturali, insediamenti umani).

Alla fine del ‘900 queste condizioni vennero meno e la misura del territorio non fu più costituita dall’uomo nel suo complesso rapporto con la natura, ma dall’intensità degli effetti fisici determinati dai processi economici. Fenomeni di trasformazione così estesi, repentini ed estranei alla gestione delle dinamiche naturali intervennero allora, e tutt’oggi agiscono, su un paesaggio caratterizzato da un retico idrografico naturale ed antropico, ottocentesco nell’impianto e nelle finalità.

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Fig. 7 - Assetto del territorio al 1881-1923 (da Matassi et al., 1996)

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Fig.8. Assetto del territorio al 1991 (da Matassi et al., 1996