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Anno Accademico 2014/2015 Corso di Laurea Magistrale in Scienze e tecnologie dei sistemi forestali (Classe LM 73 - classe delle lauree in Scienze e tecnologie forestali e ambientali) Materia della tesi: Patologia forestale Messa a punto della tecnica LAMP per la diagnosi di Phytophthora ramorum e Xylella fastidiosa Relatore Prof. Paolo Capretti Correlatori Dott. Nicola Luchi e Dott. Alberto Santini Candidato Chiara Aglietti Scuola di Agraria

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Anno Accademico 2014/2015

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze e tecnologie dei sistemi forestali

(Classe LM 73 - classe delle lauree in Scienze e tecnologie forestali e ambientali)

Materia della tesi: Patologia forestale

Messa a punto della tecnica LAMP per la diagnosi di Phytophthora ramorum e Xylella fastidiosa Relatore Prof. Paolo Capretti Correlatori Dott. Nicola Luchi e Dott. Alberto Santini Candidato Chiara Aglietti

Scuola di Agraria

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Indice 1 Introduzione 1

1.1 Patogeni invasivi e regolamentazione europea 1

1.2 Specie invasive e tecniche diagnostiche da campo 2

1.3 La tecnica LAMP 4

1.3.1 La reazione isotermica 4

1.3.2 Principi della reazione isotermica LAMP 5

1.3.3 Applicazione in campo della tecnica LAMP 6

1.4 Phytophthora ramorum 7

1.4.1 Caratteristiche morfologiche e patogenicità 7

1.4.2 Metodi attuali per la diagnosi di P. ramorum 12

1.5 Xylella fastidiosa 14

1.5.1 Caratteristiche morfologiche e patogenicità 14

1.5.2 Metodi attuali per la diagnosi di X. fastidiosa 18

2 Scopo del lavoro 20

3 Materiali e metodi 21

3.1 Campioni utilizzati 21

3.1.1 Isolati fungini e batterici 21

3.2 Estrazione DNA 22

3.3 Messa a punto della tecnica LAMP 23

3.3.1 Disegno dei primer LAMP 23

3.3.2 Messa a punto del dosaggio LAMP 24

3.3.3 Specificità, sensibilità e riproducibilità del dosaggio LAMP 24

3.3.4 Confronto LAMP e qPCR 27

3.4 Applicazione del metodo su campioni sintomatici 28

4 Risultati 30

4.1 Campioni utilizzati 30

4.2 Estrazione DNA 30

4.3 Disegno dei primer LAMP 30

4.4 Phytophthora ramorum 31

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4.4.1 Messa a punto del dosaggio LAMP 31

4.4.2 Confronto LAMP e qPCR 34

4.4.3 Applicazione del metodo su tessuti sintomatici di Viburno 35

4.5 Xylella fastidiosa

4.5.1 Messa a punto del dosaggio LAMP

4.5.2 Confronto LAMP e qPCR

4.5.3 Applicazione del metodo su campioni sintomatici di olivo

5 Conclusioni

6 Bibliografia

Ringraziamenti

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41

43

46

49

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1.Introduzione

1.1 Patogeni invasivi e regolamentazione europea

Negli ultimi anni, in Italia come in altri paesi, si è assistito ad un incremento delle

emergenze fitosanitarie dovuto in larga misura all’ingresso di specie patogene,

provenienti da parti del pianeta con caratteristiche ambientali simili a quelle dell’area di

nuova diffusione. I presupposti che permettono la diffusione di una nuova malattia

esotica, secondo Garbelotto et al. (2008) sono tre: 1) il patogeno deve essere trasportato

nel nuovo areale; 2) deve trovare un nuovo ospite suscettibile e 3) condizioni ecologiche

nella nuova area favorevoli al diffondersi della malattia. All’origine di un’invasione si

trova quindi il movimento dei patogeni che negli ultimi anni si è notevolmente

intensificato a seguito dell’aumento degli scambi commerciali tra i vari paesi (Santini et

al., 2013; Migliorini et al., 2015).

In letteratura si definiscono ‘specie aliene’ quelle specie introdotte ed affermate in

ecosistemi più o meno naturali, quindi capaci di sopravvivere e riprodursi, mentre

‘specie invasive’ quelle che, in seguito all’introduzione, si affermano come forti agenti

di cambiamento grazie a condizioni idonee, mettendo a rischio la diversità biologica di

un determinato ambiente (Capretti e Ragazzi, 2009). Organismi invasivi, presentano

spesso nelle aree di introduzione maggiori caratteri di patogenicità verso l’ospite

principalmente dovuti sia a fattori ecologici che evolutivi. Un patogeno introdotto in

una nuova area potrà trovare condizioni ambientali favorevoli che, unite alla ridotta

presenza di nemici naturali, potranno facilitare l’insorgenza della nuova malattia e la

sua diffusione verso i nuovi ospiti. Inoltre, la mancata coevoluzione fra ospite e

patogeno porterà all'incapacità della pianta di ostacolare il patogeno dovuta al mancato

sviluppo di caratteri specifici di resistenza, arrivando quindi alla sua diffusione

incontrollata (Garbelotto et al, 2010). E’ inoltre da notare che il cambiamento climatico

verificatosi negli ultimi decenni, ha causato un incremento sia delle temperature medie

annuali, sia della frequenza di eventi estremi, come l’eccesso di piovosità nei mesi

invernali e la prolungata aridità nel periodo primaverile-estivo. In queste condizioni le

piante forestali subiscono forti stress fisiologici che ne limitano il vigore vegetativo e le

predispongono a forme progressive di deperimento (Franceschini et al,2008). Eventuali

organismi patogeni invasivi che trovano queste condizioni possono trarre vantaggio

dalla suscettibilità causata nelle specie forestali da queste variazioni (Desprez-Loustau

et al, 2007). Questa dinamica degli eventi quindi condiziona negativamente sia i settori

legati al bosco ed al verde urbano, sia l’economia delle aziende che producono piante,

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quali ad esempio il settore vivaistico. Per questo motivo, negli ultimi decenni la

Comunità Europea e varie organizzazioni (IUCN, International Union for Conservation

of Nature; WCN, Word Conservation Union; EPPO, European Plant Protection

Organization) hanno condotto iniziative finalizzate all’individuazione e monitoraggio di

specie dannose di recente o temuta introduzione, con la relativa predisposizione di liste

di “Quarantena e misure sanitarie” (Liste EPPO, riconosciute da oltre 50 paesi: lista A1,

specie di temuta introduzione; lista A2, specie presenti localmente) che disciplinano

l’importazione di materiale vegetale attraverso vie ufficiali e commerci regolamentari

(direttiva 2002/89/CE, concernente le misure di protezione contro l’introduzione e la

diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali ed ai prodotti vegetali). Per

ogni patogeno compreso nelle liste di quarantena vengono inoltre riportate le

caratteristiche necessarie alla conoscenza delle specie aliene quali biologia, possibile

diffusione, ospiti, competitori e danni economici che l’organismo potrebbe provocare,

caratteristiche necessarie alla conoscenza del rischio e quindi alla corretta gestione di

un’eventuale emergenza fitosanitaria. Per il rispetto delle norme lo Stato italiano si

avvale del Servizio Fitosanitario Nazionale (SFN), che è costituito dal Servizio

Fitosanitario Centrale (SFC) operante presso il Ministero delle Politiche Agricole e

Forestali, che ha compiti di coordinamento e localmente dai servizi Fitosanitari

Regionali (SFR). Il controllo sul territorio è attuato da agenzie regionali (Capretti e

Ragazzi, 2009).

Nell’ambito di questa riorganizzazione della rete di monitoraggio e prevenzione sono

stati intrapresi vari studi a livello nazionale e internazionale riguardanti le specie

invasive, focalizzati spesso sulla ricerca di metodologie per mitigare i danni prima che

si verifichino fasi di espansione delle malattie. Molto più incisivi risultano invece gli

studi sulla messa a punto e l’ottimizzazione di tecniche diagnostiche di prevenzione che

hanno lo scopo di individuare le potenziali specie aliene prima che possano propagarsi

irreversibilmente in ecosistemi ancora inesplorati.

1.2 Specie invasive e tecniche diagnostiche da campo

La messa a punto di una tecnica diagnostica in patologia vegetale fa parte di un

processo solitamente applicato per prevenire o limitare la diffusione di malattie

epidemiche. Nel caso di patogeni invasivi questo processo è volto solitamente a

prevenire l’incursione del patogeno in una nuova area in modo da non dover ricorrere, a

posteriori, alla distruzione di materiale vegetale infetto. Nel caso di patogeni non

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invasivi, vengono prese anche altre misure come, ad esempio, eradicare il patogeno o,

quando l’eradicazione è una misura non praticabile, cercare di mitigare il suo impatto

con altri mezzi (Boonham, 2014). Per prevenire e limitare la diffusione di patogeni che

possono causare gravi danni economici e sociali è indispensabile quindi provvedersi di

efficienti metodologie diagnostiche (Tomnlinson et al, 2010). A tal proposito negli

ultimi anni la ricerca ha permesso lo sviluppo di test in grado di diagnosticare la

presenza di un patogeno direttamente in campo riducendo notevolmente i tempi di

analisi. L’impiego di queste tecnologie in campo non è un nuovo approccio, metodi

basati su test immunologici sono stati messi a punto per le malattie delle piante fin dagli

inizi degli anni ’80 (Boonham, 2014). I primi Kit di diagnosi si basavano sulla tecnica

di agglutinazione al lattice attraverso la quale era possibile analizzare la presenza del

patogeno da diagnosticare in una soluzione con l’uso di anticorpi specifici legati a

microparticelle di lattice e poste su supporti quali strisce di vetro e plastica che, quando

il test era positivo, si legavano a specifici antigeni del patogeno formando un precipitato

detto agglutinato. Tuttavia questi test, anche se potevano arrivare a un buon risultato

non davano molte possibilità per l’applicazione in campo in quanto richiedevano un

elevato numero di reagenti sensibili alle temperature e avevano molte fasi in cui le

sostanze utilizzate venivano aggiunte in sequenza. Inoltre l’interpretazione dei risultati

era spesso soggettiva, richiedendo quindi una discreta quantità di pratica e esperienza

per riprodurre efficacemente il metodo (Boonham, 2014). Negli anni successivi sono

stati sviluppati metodi, fra i quali la metodologia ELISA (Enzyme-Linked

Immunosorbent Assay), che hanno migliorato la fruibilità di queste tecniche, applicando

soluzioni ingegneristiche al problema dell’aggiunta in sequenza dei reagenti. In questa

tecnica infatti, venivano sfruttati micropiastre e anticorpi specifici legati a enzimi che,

una volta che il campione risultava positivo, riconoscevano l’antigene del patogeno e

conferivano colorazione gialla al pozzetto di analisi. Alcuni Kit permettevano quindi

l’uso efficace di questa tecnica in laboratorio su supporti solidi (Boomham, 2014;

Capretti e Ragazzi, 2009). Questo ha portato vantaggi sia in termini di semplicità del

metodo che di interpretazione dei risultati che non erano più soggettivi. Tuttavia

l’innovazione più significativa si è avuta negli ultimi anni del 1990, quando la tecnica

LFD (Lateral Flow Device) è stata messa a punto per la fitodiagnostica di virus delle

patate e per l’uso nel sistema di certificazione dei semi (Boonham, 2014; Capretti e

Ragazzi, 2009). Il funzionamento della tecnica LFD differisce dall’agglutinazione al

lattice solo per il fatto che il binding avviene durante il flusso capillare di campioni e

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reagenti lungo una membrana invece che in una soluzione, permettendo il successivo

lavaggio dei reagenti coinvolti. Questo facilita quindi la lettura, l’interpretazione del

risultato e la semplicità del metodo. Tuttavia sono necessari reagenti con una elevata

specificità perché il metodo sia efficace e la loro disponibilità è limitata a organismi

semplici quali virus e alcune specie di batteri e funghi. E’ quindi un problema che va a

influire sulla specificità e di conseguenza sulla sensibilità del metodo. Successivamente,

lo sviluppo di tecnologie basate sull’acido deossiribonucleico (DNA) ha portato a un

cambiamento generale negli obiettivi di diagnosi passando dalla moltiplicazione di

cellule vive alla moltiplicazione di acidi nucleici. Da qui, la specificità di un protocollo

di diagnosi non dipendeva più da una serie di fattori ambientali diversi ma solo da un

unico fattore, la sequenza target di nucleotidi di DNA o RNA (Niessen, 2015).

L’impiego di queste tecniche molecolari in campo è stato studiato per diverso tempo

attraverso la messa a punto di attrezzature real-time PCR portatili. Nonostante questo

però, la loro attuazione in campo comportava alcuni significativi svantaggi. In primo

luogo, in accordo con tutti i metodi PCR, l’estrazione del DNA solitamente richiede

protocolli elaborati per permettere la purificazione degli acidi nucleici.

Secondariamente, anche se in alcuni casi erano disponibili apparecchi portatili e dotati

di batteria, risultavano troppo costosi principalmente per il fatto che la reazione

richiedeva un regolatore di temperatura e sensori che potevano registrare le piccole

variazioni di fluorescenza della sonda TaqMan. Tuttavia, i metodi per la diagnosi di

patogeni in campo, oltre a essere sufficientemente sensibili e specifici, dovrebbero

essere anche semplici e rapidi, con risultati facili da interpretare e dovrebbero richiedere

il minor numero possibile di attrezzature (Tomlinson et al, 2010).

1.3 La tecnica LAMP

1.3.1 La reazione isotermica

Negli ultimi anni, allo scopo di risolvere i problemi della diagnosi in campo, la ricerca è

stata focalizzata sulla tecnica di amplificazione isotermica. Con il termine

‘amplificazione isotermica’ vengono indicati tutti quei metodi in cui la reazione di

amplificazione di DNA avviene a temperatura costante. Questo fornisce vantaggi in

termini di semplicità rispetto alla classica PCR, dal momento che la reazione non ha

bisogno di subire cicli diversi di temperatura. Inoltre, nelle reazioni isotermiche

vengono impiegati enzimi in grado di replicare efficientemente grandi quantità di DNA

e contemporaneamente riescono ad essere durevoli e capaci di resistere agli effetti di

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inibitori che avrebbero pregiudicato l’amplificazione con la Taq polimerasi. Tutti questi

fattori si combinano per fare di queste reazioni l’ideale per l’uso diagnostico, essendo

durevoli, adatte all’analisi di DNA estratto direttamente da materiale in campo e

producendo grandi quantità di amplificato che fornisce molte opzioni per

l’interpretazione dei risultati. Esistono diversi tipi di amplificazione isotermica basati su

differenti metodi e approcci per la separazione dei filamenti di DNA. Nonostante non ci

siano pubblicazioni in cui viene fatto un confronto dei diversi metodi esistenti, sulle

numerose pubblicazioni riguardanti il protocollo di diagnosi per patogeni vegetali il

metodo LAMP (Loop-mediated isothermal Amplification) sembra quello ad oggi più

importante per le analisi in loco (Boonham, 2014).

1.3.2 Principi della reazione isotermica LAMP

Questo metodo si basa sulla sintesi di DNA attraverso distaccamenti dei filamenti e

amplificazioni cicliche che avvengono a temperatura costante, per mezzo di una DNA

polimerasi con alta efficienza e da un set di due primer interni e due esterni. I primers

interni sono rispettivamente chiamati Forward inner primer (FIP) e Backward inner

primer (BIP) e contengono ognuno due sequenze corrispondenti alle due direzioni del

DNA target (3’-5’,5’-3’), uno per innescare la reazione nel primo stadio e uno nel

secondo (Fig.1). Le sequenze target di questi due primer vengono chiamate nel seguente

modo: le parti alle estremità esterne sono rispettivamente F2c e B2 mentre quelle

interne F1c e B1. All’estremità esterna delle sequenze target per FIP e BIP si trovano

altre due regioni, siti di attacco degli altri due primer F3 e B3. La reazione, che viene

eseguita in 30 minuti a una temperatura costante di 65°C, inizia quando parte del primer

FIP si attacca alla sequenza target F2c e inizia a replicare. Contemporaneamente il

primer esterno F3, più corto del FIP e presente in minore concentrazione, si attacca al

sito F3c e inizia il distaccamento del filamento replicato dal primer FIP. Alla sequenza

target (B2c) di questa replica si attacca successivamente parte del BIP che inizia la

replicazione. Nel mentre alla sequenza esterna B3c si attacca il primer esterno B3 che

distacca il filamento replicato. Questa prima parte della reazione porta a una forma ad

anello del DNA replicato. Questa con l’attacco ai lati dei primer FIP e BIP viene subito

convertita in una forma simile alla metà della prima e da qui inizia il secondo stadio

della reazione che porta all’amplificazione esponenziale del DNA ottenuto.

I prodotti finali della reazione di amplificazione sono un miscuglio di DNA con forme

con singoli cicli e bracci di diverse lunghezze e forme con cicli multipli derivanti

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dall’annealing di ripetizioni invertite delle sequenze target che si trovavano nello stesso

filamento (Notomi et al, 2000).

Fig.1: Funzionamento della reazione LAMP

(http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1471492215000835).

1.3.3 Applicazione in campo della tecnica LAMP

Recentemente è stato diffuso a scopo diagnostico lo strumento da campo Genie® II

(Optigene, UK), un apparecchio compatto, leggero, robusto e adatto per l'uso in

campagna o in laboratorio. E’ stato specificatamente progettato per funzionare con

qualsiasi metodo di amplificazione isotermica che esegue una diagnosi del DNA target

attraverso la misurazione della fluorescenza. Il dispositivo (Fig.2) è dotato di due

blocchi di riscaldamento, ognuno dei quali può contenere una striscia di 8 microtubi che

sono stati appositamente progettati per lo strumento. I blocchi possono essere controllati

indipendentemente o insieme per analizzare un massimo di 16 campioni alla volta. Lo

strumento dispone di bassi requisiti di potenza e include una batteria ricaricabile al Litio

in grado di tenerlo in funzione per un'intera giornata di lavoro.

Questo strumento recente attualmente viene impiegato per la diagnosi di malattie

animali e umane. Tuttavia, nell’ambito della patologia vegetale poche sono le

applicazioni. Al momento infatti è stato utilizzato per Hymenoscyphus fraxineus

(Tomlinson et al, 2015), Guignardia citricarpia (Tomlinson et al, 2013) e per Erwinia

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amylovora (Bühlmann et al, 2013). L’utilizzo di questi strumenti diagnositici è di

fondamentale importanza per controllare il materiale vivaistico importato ed esportato,

intercettando così le principali specie invasive che negli ultimi anni stanno destando

notevoli preoccupazioni sia da un punto di vista ambientale che economico. Tra le

specie patogene invasive Phytophthora ramorum e Xylella fastidiosa rappresentano

senza dubbio quelle che sono state oggetto di maggiore attenzione negli ultimi anni,

visto l’impatto socio-economico che stanno rivestendo.

Fig.2: Strumento da campo Genie II (Optigene,UK)

1.4 Phytophthora ramorum

1.4.1 Caratteristiche morfologiche e patogenicità

Tassonomia e sintomatologia

Phytophthora ramorum (Peronosporaceae, Peronosporales, Peronosporidae,

Peronosporea, Incertae sedis, Oomycota, Chromista) è una specie che è stata descritta

in tempi relativamente recenti e che sta causando alta mortalità di Querce in California

(US), dove la malattia è conosciuta con il nome di ‘sudden oak death’ (SOD) (Bollettino

EPPO, 2006). I sintomi causati da questo patogeno (Fig.3) possono essere di diversa

natura a seconda dell’ospite che viene attaccato ma si dividono principalmente in tre

tipologie: cancri e colature su tronco, infezioni fogliari e/o dei getti (Bollettino EPPO,

2006).

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(a) (b)

(c) (d)

Fig.3: Sintomatologie causate da P. ramorum, a) Essudati prodotti su quercia, b)

Necrosi fogliare su Viburno, c) Appassimento dei getti apicali su Rododendro, d)

Necrosi dei fusti su Rododendro

(http://archives.eppo.int/EPPOStandards/PM7_DIAGNOS/separate_figures/phytophtho

ra_ramorum_webfigs.pdf )

Diffusione di P. ramorum

In Nord America il patogeno è apparso nei primi anni del 1990, quando sulla costa della

California è stata notata una moria delle Querce imputata successivamente all’attacco di

P. ramorum. Negli ultimi anni, il patogeno è stato isolato in California da un ampio

numero di specie arboree e arbustive ma principalmente da Lithocarpus densiflorus e

Quercus spp (Tomnlinson et al, 2007) La diffusione di P. ramorum in Nord America

non si è limitata alla costa californiana: il patogeno infatti è stato rilevato in altre zone

degli USA e in Canada.

In Europa, P. ramorum è stata segnalata nei primi anni del 1990, in Germania e nei

Paesi Bassi come causa di un insolito appassimento dei getti di Rododendro in vivaio.

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Da allora, il patogeno è stato trovato in Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Norvegia,

Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Inghilterra e Polonia. Fino al 2003, P. ramorum è

stata isolata in Europa solo da specie di Rododendro e Viburno, principalmente da

piante di vivaio, di alcuni parchi e di giardini privati. Dal 2003 in poi, il patogeno è

stato isolato nei Paesi bassi da specie erbacee e ornamentali e in Inghilterra da Quercus

falcata, Q. ilex, Q.cerris, Castanea sativa, Fagus sylvatica e Aesculus hippocastanum.

In Gran Bretagna e in Irlanda, da qualche anno, questo patogeno sta causando notevoli

danni economici al Larice giapponese piantato a scopo di produzione di legname di

pregio (Brasier e Webber,2010; King et al, 2015).

In Italia è stata recentemente individuata in un vivaio piemontese su Rhododendron

yakushimanum (Gullino et al, 2003) e in un vivaio pistoiese su Viburnum tinus (Ginetti

et al., 2014).

Negli ultimi anni sono stati collezionati relativamente pochi isolati di P. ramorum ma è

stato visto che sono presenti principalmente due morfotipi diversi, uno (A1)

appartenente agli isolati europei e uno (A2) a quelli americani. Tuttavia, nel 2003 il

primo isolato di tipo A2 è stato isolato da Viburno in un vivaio in Belgio e il primo di

tipo A1 è stato trovato in Nord America in un vivaio orticolo. Gli studi iniziali

indicavano che era presente una differenza fenotipica e genetica fra le popolazioni di P.

ramorum dell’Europa e del Nord America. Ad oggi, tuttavia, non sono presenti studi

dettagliati che possano fornire informazioni sicure sulle due popolazioni (Werres et al,

2005; Bollettino EPPO, 2006).

Morfologia e ciclo biologico

Per quanto riguarda morfologia e ciclo biologico è molto difficile diversificare i

caratteri delle varie specie di Phytophthora: per questo saranno riportate le

caratteristiche generali del genere.

I funghi appartenenti alla classe Oomycota, come P. ramorum, differiscono dagli altri

funghi per alcune principali caratteristiche quali la parete cellulare che non presenta

chitina, componente comune nella parete degli altri funghi, l’assenza di setti nelle ife e

la presenza di zoospore biflagellate. Le ife si presentano come filamenti che possono

essere lisci, nodosi, gonfi o tubulari a seconda della specie di Phytophthora e del

substrato di crescita. Le loro dimensioni variano in genere fra 5 e 8 µm. Le ife, e il

micelio che ne deriva, in coltura non hanno solitamente pigmentazione ma assumono

una colorazione ialina se giovani e osservate al microscopio. Le clamidospore si

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presentano in genere con forme sferiche o ovali e presentano colorazioni giallo-brune e

dimensioni che variano da 0,5 a 1,5 µm (Erwin e Ribeiro, 2005). Sono state studiate le

caratteristiche morfologiche su substrato selettivo P5ARP[H] e su substrato non

selettivo che permettono di riconoscere la specie P. ramorum in coltura e che vengono

riportate in Tab.1 e in Fig.4 (Werres et al, 2005; Bollettino EPPO, 2006).

Tab.1: Caratteri morfologici di P. ramorum su substrato selettivo P5ARP[H] e su

substrato non selettivo (tabella ricavata da Bollettino EPPO, 2006)

(a) (b)

Fig.4: Strutture di P. ramorum su P5ARP[H] osservate al microscopio, a) Sporangi b)

Clamidospore e micelio con caratteristica forma a corallo

(http://archives.eppo.int/EPPOStandards/PM7_DIAGNOS/separate_figures/phytophtho

ra_ramorum_webfigs.pdf)

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Per quanto riguarda il ciclo biologico del genere Phytophthora (Fig.5) possono essere

presenti due fasi: quella asessuata e quella sessuata. La fase asessuata del ciclo è

influenzata dalla presenza di acqua nel suolo e di condizioni ambientali (soprattutto

temperature) favorevoli. Quando queste sono presenti questi funghi producono alla

sommità delle ife strutture dette sporangi che contengono un numero variabile di

zoospore e che possono variare forme e dimensioni a seconda della specie. Le zoospore

sono spore dotate di due flagelli e solitamente reniformi che nuotano nell’acqua per un

breve lasso di tempo. Al momento che si fermano iniziano a formare la parete e

germinano dando origine al nuovo micelio. In condizioni di acqua libera quindi, la

capacità riproduttiva di Phytophthora è molto alta, caratteristica che può portare a una

forte capacità di produrre inoculo. Tuttavia è da considerare che il tempo di vita delle

generazioni è molto corto e che le caratteristiche saprofitarie del genere sono molto

basse: sono quindi invasori primari, se la ferita arrecata al tessuto vegetale è già

infettata, non verrà attaccata da questo genere.

In assenza di acqua e di condizioni favorevoli alla sua crescita, vengono formate

strutture di resistenza dette clamidospore (Fig.4b).

La fase sessuata del ciclo è invece composta da gameti femminili (oogoni) e maschili

(anteridi) che unendosi danno origine alle oospore. Oogoni e anteridi possono

appartenere allo stesso micelio e allora si parlerà di specie omotalliche o a miceli

diversi, specie eterotalliche. In tutte e due i casi le oospore germinano e producono

micelio, ricominciando il ciclo. (Erwin e Ribeiro, 2005)

Fig.5: Ciclo biologico del genere Phytophthora (Erwin e Ribeiro, 2005)

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1.4.2 Metodi attuali per la diagnosi di P. ramorum

P. ramorum può essere identificata a livello di specie sia attraverso le sue caratteristiche

morfologiche in coltura (confermate con test biochimici o molecolari dove necessario)

sia attraverso metodi molecolari. Una visione generale sui metodi di diagnosi presenti e

sul loro utilizzo è visibile nella Fig.6.

Possono essere applicati differenti metodi in base al materiale di partenza. Come

controlli preliminari per la presenza di Phytophthora spp possono essere usati metodi

sierologici. Questi, che vengono applicati attraverso l’uso di Kit disponibili in

commercio, non sono specifici per P. ramorum e sono frequenti falsi negativi e positivi.

Tanti altri differenti metodi possono essere usati per analizzare la presenza del patogeno

fra i quali gli isolamenti che possono essere fatti da materiale sintomatico vegetale, da

acqua o da suolo. Non sempre la presenza di P. ramorum è direttamente visibile sulle

foglie da analizzare e alcune volte è necessario incubare il campione sintomatico in una

camera umida per un tempo variabile da 3 a 5 giorni in modo da facilitare la

sporulazione prima di procedere con l’isolamento. L’isolamento da materiale vegetale

viene realizzato in condizioni sterili di laboratorio mettendo tessuto prelevato dal

campione sintomatico in piastre Petri con substrato selettivo (per P. ramorum

solitamente P5ARP[H]). Per isolare il patogeno da acqua o da suolo si ricorre al

‘baiting’ utilizzando questa tecnica su foglioline di quercia o su mela (Erwin e

Ribeiro,2005). Successivamente i frammenti colonizzati vengono trasferiti su substrato

selettivo P5ARP[H]. Una volta isolato in purezza il micelio si ricorre a metodi di

diagnosi molecolari, come il sequenziamento, necessario per l’identificazione del

microrganismo. Tuttavia queste tecniche molecolari possono essere applicate anche

senza passare dalla fase dell’isolamento, ovvero direttamente su campioni sintomatici.

Sono stati sviluppati molti protocolli molecolari per identificare P. ramorum da micelio

e da materiale vegetale sintomatico, attraverso l’uso sia della convenzionale PCR che

della real-time PCR. Tutte queste metodologie di diagnosi si basano sull’uso di primers

specifici per la regione del rDNA ITS (Internal Transcribed Spacer) regioni non geniche

che mostrano una forte variabilità alle quali si alternano regioni geniche fortemente

conservate. Nonostante la PCR convenzionale presenti una buona specificità e un

limitato numero di reazioni incrociate, la real time PCR soprattutto se con metodo

TaqMan, è quella più specifica (Bollettino EPPO, 2006). Recentemente l’applicazione

della tecnica PCR LAMP è stata applicata in laboratorio per la diagnosi di questa specie

invasiva (Tomnlinson et al, 2010).

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Fig. 6: Metodi di diagnosi per P. ramorum (immagine ricavata da Bollettino

EPPO,2006)

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14

1.5 Xylella fastidiosa

1.5.1 Caratteristiche morfologiche e patogenicità

Xylella fastidiosa è un batterio a Gram negativo che causa ingenti danni occludendo lo

xilema di più di 200 ospiti diversi. I principali ospiti su cui è stato ritrovato sono Vite

(Vitis vinifera, V. labrusca, V. riparia), agrumi (Citrus spp., Fortunella), Mandorlo

(Prunus dulcis), Pesco (P. persica), Caffè (Coffea spp.) e Oleandro (Nerium oleander)

ma sono stati presenti anche casi su altre colture come ad esempio Mirtilli (Vaccinium

corymbosum, Vaccinium virgatum) e Avocado (Persea americana) o su alcune specie

arboree quali Ulmus americana, Liquidambar styraciflua, Platanus occidentalis,

Quercus spp. e Acer rubrum (Bollettino EPPO, 2015;Loconsole et al, 2014). Inoltre è

stato visto che numerose piante selvatiche come arbusti e specie erbacee quali Cynodon

dactylon, Calendula arvensis e Malva sylvestris, possono portare il batterio senza

evidenziarne i sintomi che di solito si manifestano come clorosi e necrosi di parti o

dell’intera chioma (vedi Fig.8). I sintomi principali, registrati principalmente su Vite e

Citrus spp in varie zone dell’America (vedi Fig.9) fino al 1994 e causati da questo

batterio, sono diversi in base all’ospite colpito ma si riassumono generalmente in

necrosi, disseccamenti e appassimenti degli apici fogliari causati dal blocco dei vasi

xilematici che in caso di infestazioni gravi può portare alla morte della pianta. Tuttavia,

la diffusione delle malattie causate da X. fastidiosa è strettamente legata al tipo di dieta

degli insetti vettori. La malattia viene infatti trasportata da numerose specie di

Cicadellidae e Cercopidae (Insecta: Hemiptera) che nutrendosi con liquidi xilematici

possono diffondere l’inoculo a piante vicine. Ci sono alcune specie riconosciute come

vettori di X.fastidiosa (Fig.7) ma si pensa che molte specie di insetti che presentano un

apparato succhiante e si nutrono prevalentemente con liquidi xilematici possano

diventare potenziali vettori della malattia (Loconsole et al, 2014; EPPO 2015). X

fastidiosa, oltre che per la pericolosità, è nota per l’elevata variabilità del suo genoma.

E’ una specie complessa e molti studi e ricerche hanno suggerito che i diversi ceppi

ritrovati sui diversi ospiti possano appartenere a sottospecie differenti. Oggi, all’interno

della specie, sono state descritte quattro sottospecie, spesso ospite-specifiche: subsp.

fastidiosa, subsp. multiplex, subsp. pauca e subsp. sandyi. La localizzazione e le specie

ospiti per ogni sottospecie sono riportati in Tab.2.

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Tab.2: Sottospecie di X. fastidiosa con ospiti principali e distribuzione geografica

(EFSA, 2013)

Fig.7: Due esempi di insetti vettori di X. fastidiosa trovati su Vite in America

(http://www.eppo.int/QUARANTINE/special_topics/Xylella_fastidiosa/Xylella_fastidi

osa.htm)

(a) (b)

Fig.8: Sintomi causati da X. fastidiosa, a) Necrosi su foglie di Vite b) Necrosi su foglie

di Ciliegio

(http://www.eppo.int/QUARANTINE/special_topics/Xylella_fastidiosa/Xylella_fastidi

osa.htm)

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Fig.9: Diffusione di Xylella fastidiosa

(http://www.eppo.int/QUARANTINE/special_topics/Xylella_fastidiosa/Xylella_fastidi

osa.htm)

Recentemente (2013) è avvenuta la prima segnalazione in Europa in Puglia, in provincia

di Lecce (Fig.11b), su Olivo, successivamente la sua presenza è stata confermata anche

su Oleandro (Nerium oleander) e altre specie e in Francia (2015) su Poligala (Polygala

myrtifolia), dove tuttavia i danni sono limitati (vedi Fig.10d). La malattia è stata

denominata OQDS (Olive Quick Decline Syndrome) o Complesso del disseccamento

rapido dell’olivo (Co.Di.Ro) che si manifesta con appassimenti e disseccamenti dei getti

terminali che in fase avanzata della malattia si estendono all’intera chioma (Fig.10a,

Fig.10b,Fig.10c) portando la pianta al collasso e alla morte (Loconsole et al, 2014;

EPPO 2015; Martelli et al,2015). La presenza rilevata in quest’area di questo batterio

può essere causa di grandi danni alla produzione in cui è richiesto l’uso dell’olivo non

solo per l’Italia ma anche per il resto dell’Europa e del bacino Mediterraneo (Fig.11a).

L’accentuata gravità della malattia e la grande espansione avvenuta nelle aree coltivate

ad olivo, ha fatto nascere la necessità di analizzare la caratterizzazione genetica dei

ceppi batterici coinvolti nella malattia e la loro probabile diffusione su ospiti diversi.

(Elbeaino et al, 2014; Martelli et al, 2015) E’ stato visto che i ceppi isolati da Olivo e da

altre specie in sud Italia sono correlate geneticamente fra loro e sono vicine alla

sottospecie pauca ma differiscono da questa e dalle altre sottospecie fino a ora definite.

La vicinanza genetica del ceppo Co.Di.Ro alla linea genetica della sottospecie pauca

potrebbe essere in accordo con la diffusione nel Sud Italia in quanto il suo potenziale di

diffusione oltre a Olea europeae riguarda Citrus spp. Tuttavia ad oggi i risultati delle

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prime indagini escludono la possibilità del ceppo Co.Di.Ro di infettare specie del

genere Citrus spp. (Elbeaino et al, 2014) L’insetto vettore europeo associato a questa

malattia è stato identificato in Philaenus spumarius (L.) (Hemiptera:Aphrophoridae)

mentre sono stati ipotizzati come altri possibili vettori Neophilaenus campestris e

Euscelis lineolatus (Elbeaino et al, 2014; Martelli et al, 2015) Si pensa inoltre che X.

fastidiosa sia sensibile alle basse temperature e questo avrebbe limitato la sua diffusione

in regioni con clima temperato e, in particolare, con inverni rigidi. Nonostante questo

molte regioni possiedono una o più specie vettori che potrebbero facilitare la diffusione

del patogeno in queste aree (Harper et al, 2010; Martelli et al,2015).

(a) (b)

(c) (d)

Fig. 10: Sintomi europei di X.fastidiosa a) Disseccamento sulla chioma di Olivo, b)

Azione di X.fastidiosa su legno di Olivo, c) Necrosi su foglie di Olivo, d) Necrosi su

foglie di Oleandro

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18

(a) (b)

Fig.11: a) carta d’Europa con identificazioni teoriche delle aree a maggior rischio di

diffusione di X.fastidiosa, ricavate in base alle minime temperature raggiunte nel mese

di Gennaio. Il Salento è una fra le più a rischio (Martelli et al, 2015) b) Parte del Salento

maggiormente colpita. Le stelle in giallo indicano i siti di infezione più a Nord, la stella

rossa il sito di infezione iniziale (Martelli et al, 2015).

1.5.2 Metodi attuali per la diagnosi di Xylella fastidiosa

La diagnosi e l’identificazione di X.fastidiosa, si può basare sia su approcci

convenzionali di campo e di laboratorio che su metodi sierologici e molecolari.

L’osservazione dei sintomi, l’isolamento e la coltura del batterio su substrati di crescita

sono essenziali per la conferma della presenza di questo importante patogeno da

quarantena. Tuttavia, nelle indagini e nei monitoraggi di routine, la coltura di

X.fastidiosa richiede molto tempo (per alcune sottospecie una colonia può richiedere tre

settimana per crescere) ed è laboriosa, in particolare quando deve essere analizzato un

elevato numero di campioni. Sebbene la crescita in coltura rimanga la procedura per

confermare in modo inequivocabile la presenza del batterio, le tecniche sierologiche e

molecolari rimangono metodi più adatti per l’analisi di un grande numero di campioni. I

test sierologici che sono stati sviluppati nel tempo includono ELISA (enzyme-linked

immunosorbent assay), DIBA (dot immunobinding assay), immunorilevazione (o

western blotting) e immunofluorescenza. Più recentemente, sono stati usati metodi

basati sulla tecnica PCR o su tecniche derivate come RFLP (restriction fragment length

Polymorphism) o RAPD (random-amplified polymorphic DNA), sulla tecnica real-time

PCR e sulla LAMP da laboratorio (Harper et al, 2010). Questi hanno permesso di

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diagnosticare il batterio nella Vite, negli agrumi, nel Mandorlo e in altri ospiti

(Loconsole et al, 2014).

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2. Scopo del lavoro

Negli ultimi anni l’incremento di emergenze fitosanitarie dovuto in gran parte

all’ingresso di specie patogene invasive e la crescente necessità di acquisire tecnologie

sempre più accurate che in tempi brevi permettano di diagnosticare agenti patogeni

direttamente in situ su materiale vegetale, hanno consentito lo sviluppo di nuovi

protocolli per controllo preventivo delle fitopatie.

Lo scopo di questa tesi è quello di ottimizzare un metodo molecolare rapido, sensibile e

di semplice applicazione basato sulla tecnica LAMP (Loop-mediated isothermal

amplification) per la diagnosi in campo di Phytophthora ramorum e Xylella fastidiosa,

sfruttando lo strumento portatile Genie II (Optigene, UK).

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3. Materiali e metodi

3.1 Campioni utilizzati

Per la messa a punto della tecnica LAMP sono stati utilizzati campioni di isolati fungini

per il protocollo di diagnosi di Phytophthora ramorum e di batteri per il protocollo di

diagnosi di Xylella fastidiosa. Il protocollo diagnostico è stato a seguito validato su

DNA estratto da campioni vegetali di Viburnum sp. e di Olea europaea che

presentavano sintomatologie rispettivamente ascrivibili a P. ramorum e X. fastidiosa.

3.1.1 Isolati fungini e batterici

Sono stati utilizzati isolati da Oomiceti filogeneticamente vicini a P. ramorum e altre

specie fungine appartenenti ad altri generi e specie (Tab.3). Nei primi rientrano funghi

appartenenti ai generi Phytophthora, Phythium e Mortariella che sono stati ottenuti

attraverso isolamenti da suolo e da radici di ospiti diversi provenienti da vivaio. Ai

secondi appartengono invece funghi dei generi Diplodia, Geosmithia e Ophiostoma.

Tutti gli isolati provengono dalla collezione dell’Istituto per la Protezione delle Piante

(IPSP-CNR, Sesto Fiorentino, FI).

Tab.3: Campioni di isolati fungini utilizzati

Gli isolati di batteri usati nell’analisi sono quelli appartenenti alla specie Xylella

fastidiosa, tra cui il ceppo Co.Di.Ro e altre sottospecie. Sono state utilizzate inoltre

anche altre specie di batteri comunemente presenti su olivo e filogeneticamente vicine

(Tab.4). Il DNA dei ceppi di X. fastidiosa (Co.Di.Ro) è stato fornito dall’IPSP-CNR

(Bari). Gli altri ceppi appartengono alla collezione dell’IPSP-CNR (Sesto Fiorentino).

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Tab.4: Campioni di isolati batterici utilizzati

Campioni vegetali

Per la messa a punto del metodo diagnostico per P.ramorum e X.fastidiosa sono stati

utilizzati campioni di foglie sane di Viburnum sp e di Olea europaea

3.2 Estrazione DNA

Funghi

Il DNA degli isolati fungini riportati in Tab.3 è stato estratto da micelio allevato in

purezza su piastre Petri contente il substrato di crescita agarizzato ed una pellicola di

cellophane. Le piastre sono state poi e incubate a 20°C per 7 giorni. Il micelio una volta

cresciuto è stato grattato e trasferito in Eppendorf da 2ml per la conservazione a -20 °C.

Circa 100 mg di micelio sono stati trasferiti in un nuovo microtubo (2ml) contenente 2

sferette di tungsteno e il buffer di estrazione. Il micelio è stato così macinato nel Tissue

Lyser (Qiagen) (30 oscillazioni/secondo per 1 minuto). Dal composto omogeneizzato

ottenuto, è stata effettuata l’estrazione del DNA a mezzo del kit E.Z.N.A - Plant Mini

Kit Short protocol (OMEGA bio-tek), secondo il protocollo fornito dalla ditta.

Batteri

Le colonie batteriche sono state allevate in purezza ed estratte a mezzo del kit EZNA

bacterial DNA kit (OMEGA bio-tek) secondo il protocollo fornito dalla ditta.

Campioni vegetali

L’estrazione di DNA da foglie di Viburnum sp e di Olea europaea è stata effettuata con

circa 100 mg di tessuto vegetale. I campioni sono stati posti in microtubi da 2ml e con

l’aggiunta di due sferette e del buffer di estrazione, macinati utilizzando Tissue Lyser

(Qiagen) (30 oscillazioni/secondo per 1 minuto). Dal composto omogeneizzato ottenuto,

è stata effettuata l’estrazione del DNA a mezzo del kit E.Z.N.A - Plant Mini Kit Short

protocol (OMEGA bio-tek), secondo il protocollo fornito dalla ditta.

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23

Il DNA estratto è stato successivamente quantificato al Nanodrop

(ND1000spectrophotometer). E’ stato possibile quindi misurare la concentrazione

espressa in ng/µl e la sua assorbanza (260/280), parametro indicativo della purezza dei

campioni (Tab.5).

Tab.5: Concentrazioni e assorbanze ricavate del DNA degli isolati analizzati mediante

Nanodrop (ND1000spectrophotometer).

3.3 Messa a punto della tecnica LAMP

3.3.1 Disegno dei primer LAMP

I primer LAMP sono stati disegnati utilizzando il software LAMP Designer (Optigene,

UK).

Per il disegno dei primer specifici per P. ramorum, è stata utilizzata la sequenza

KC473522 di GeneBank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov) relativa alla regione ITS2

(Internal Transcribed Spacer). Sulla stessa regione è stata disegnata anche la sonda

TaqMan MGB, utilizzata in precedenti studi.

I primer relativi a X.fastidiosa sono stati disegnati sulla regione RimM (Ribosome

Maturation factor), utilizzando la sequenza del ceppo CoDiRo (JUJW01000001).

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24

Allo scopo di verificare se il DNA estratto dai campioni vegetali è stato estratto con

successo, è stato impiegato il gene endogeno COX (cytochrome oxidase), presente nei

tessuti vegetali. La sequenza target e i primer di questo gene sono quelli riferiti al lavoro

di Tomlinson et al. (2010).

Infine, l’omologia dei primer disegnati con quella di altre sequenze note in GeneBank è

stata confrontata, direttamente dal software LAMP Designer, tramite analisi BLAST.

3.3.2 Messa a punto del dosaggio LAMP

LA reazione isotermica LAMP viene effettuata in un volume finale di 25 µl seguendo i

dosaggi riportati dalla ditta dello strumento e da un lavoro recente di Abdulmawjood et

al. (2014), come descritto in Tab.6.

Tab.6: Quantità di reagenti e di DNA usati per singolo tubo nella tecnica LAMP

La reazione LAMP, ottimizzata per entrambi i patogeni (P.ramorum e X.fastidiosa) è

stata eseguita con lo strumento Genie II (Optigene, UK) con un ciclo di amplificazione

a 65 °C di 30 minuti e una breve analisi di annealing a 98°-80’°C.

3.3.3 Specificità, sensibilità e riproducibilità del dosaggio LAMP

Sono state effettuate prove di specificità per essere sicuri che il metodo di diagnosi

messo a punto per Xylella fastidiosa e Phytophthora ramorum non rilevasse durante

l’analisi altre specie fungine o batteriche e quindi fosse sufficientemente specifico. Le

prove di sensibilità invece hanno permesso di verificare la sensibilità dello strumento

(Genie II, Optigene, UK) riguardo alle concentrazioni di DNA del patogeno. Hanno

inoltre permesso, attraverso l’uso combinato di DNA del patogeno e DNA dell’ospite,

di verificare le possibili inibizioni arrecate dall’ospite alla reazione LAMP. Attraverso

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25

le prove di riproducibilità è stato inoltre possibile verificare la riproducibilità del

metodo di diagnosi.

Specificità

Sono state eseguite LAMP con le stesse condizioni e la stessa Mix del par. 3.1.2 su

campioni fungini di specie e genere diversi da P. ramorum (Tab.7). I campioni di DNA

Oomiceti sono stati amplificati alla concentrazione di 10ng/l.

Tab.7: Isolati usati per analizzare la specificità della reazione LAMP

Allo scopo di verificare una possibile variazione nell’efficienza della reazione LAMP

sono stati saggiati tre isolati di Phytophthora: P. alni (Ph68) P. cryptogea (13SA) e P.

ramorum (Pram). Tali campioni sono stati impiegati ad una concentrazione di 10ng/l

con una reazione di amplificazione a 66°C e a 70°C.

La specificità su X. fastidiosa è stata saggiata sul DNA delle seguenti specie batteriche:

Pantoea agglomerans, Pseudomonas fluorescens, Pseudomonas savastanoi, ,

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Xanthomonas arboricola pv. pruni e. Alcune di queste sono comuni su olivo, mentre

altre sono filogeneticamente vicine a X. fastidiosa. Le specie saggiate sono riportate in

Tab.4.

Sensibilità

La sensibilità della tecnica LAMP è stata analizzata con DNA di P. ramorum e di X.

fastidiosa in diluizioni seriali (1:5), come riportato in Fig.12.

Fig.12: Diluizioni seriali per verificare la sensibilità della reazione LAMP.

Inoltre allo scopo di verificare possibili inibitori le stesse concentrazioni sono state

diluite nel DNA dell’ospite (Viburno). A tal proposito il DNA di P. ramorum è stato

diluito del DNA di Viburno, mentre quello di X. fastidiosa nel DNA di olivo (Fig.13).

(a)

(b)

Fig.13: Diluizioni seriali di DNA del patogeno nel DNA dell’ospite: a) P. ramorum e

DNA di Viburno; b) X. fastidiosa e DNA di olivo.

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3.3.4 Confronto LAMP e qPCR

La tecnica LAMP è stata confrontata con la real-time PCR (qPCR), impiegando gli

stessi campioni di DNA utilizzati per la prova di specificità e sensibilità (v. paragrafi

precedenti).

Phytophthora ramorum

E’ stata effettuata una qPCR con metodo TaqMan con gli stessi campioni usati nella

messa a punto del protocollo LAMP per P. ramorum. La reazione qPCR è stata

effettuata impiegando una sonda TaqMan, precedentemente utilizzata in altri studi,

effettuata secondo lo schema riportato in Tab.8.

Tab.8: Reagenti utilizzati per singolo tubo nella tecnica qPCR

La reazione in real time PCR viene effettuata in un volume finale di 12,5 l con i

seguenti cicli di amplificazione: 50 °C (2 min), 95 °C (10 min), 40 cicli di 95°C (30

sec), e 60°C (1 min).

Xylella fastidiosa

E’ stata effettuata una qPCR con metodo SYBR Green con tutti i campioni di DNA

(10ng/l) appartenenti alla specie Xylella fastidiosa usati nella messa a punto del

protocollo LAMP. I reagenti sono stati utilizzati secondo lo schema riportato in Tab.9.

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Tab.9: Reagenti utilizzati per singolo tubo nella tecnica qPCR

La reazione in real time PCR viene effettuata in un volume finale di 12,5 l con i

seguenti cicli di amplificazione: 50 °C (2 min), 95 °C (10 min), 40 cicli di 95 °C (30

sec), e 60 °C (1 min).

3.4 Applicazione del metodo su campioni sintomatici

Per applicare il protocollo messo a punto per P. ramorum, sono state analizzate 29

piante di Viburno provenienti da un vivaio pistoiese che presentavano necrosi fogliari

(Tab.10; Fig.14). Il DNA è stato estratto da questi campioni attraverso l’uso del Kit

fornito da Optigene e utilizzabile in campo e successivamente attraverso kit E.Z.N.A -

Plant Mini Kit Short protocol (OMEGA bio-tek). Con il DNA ottenuto dalle due

estrazioni sono state eseguite due LAMP utilizzando i primers disegnati per P.

ramorum. Per quanto riguarda l’applicazione del protocollo messo a punto per X.

fastidiosa, sono stati utilizzati 6 campioni di olivo. Questi riportati in Tab.11, si

riferiscono a campioni di DNA estratti da foglie che mostrano sintomi di X. fastidiosa

raccolte dall’IPSP-Bari all’interno del focolaio di infezioni in Puglia. Oltre alle piante

sintomatiche sono state saggiate anche quelle asintomatiche. In parallelo è stata eseguita

una LAMP sugli stessi campioni utilizzando i primers disegnati per il gene COX per

capire se l’estrazione dai tessuti vegetali è stata eseguita con successo. Allo scopo di

confermare i risultati con la tecnica LAMP tutti i campioni saggiati sono stati analizzati

anche con real time PCR, secondo i protocolli descritti precedentemente per P.

ramorum e X. fastidiosa.

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Tab.10: Campioni sintomatici di piante di Viburno utilizzati per P. ramorum.

(a) (b)

(c) (d)

Fig.14: Sintomatologie ascrivibili a P. ramorum su specie di Viburno diverse: a)

Campione 18 b) Campione 2 c) Campione 5 d) Campione 14

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Tab.11: Campioni sintomatici di piante di olivo

4. Risultati

4.1 Campioni utilizzati

Il materiale utilizzato per la messa a punto della tecnica LAMP (v. Tab.3 e Tab.4) è

risultato idoneo sia per la diagnosi di Phytophthora ramorum che di Xylella fastidiosa.

Il protocollo diagnostico è stato validato con successo su DNA estratto da campioni

vegetali di Viburnum sp. e di Olea europaea che presentavano sintomatologie

rispettivamente ascrivibili a P. ramorum e X. fastidiosa.

4.2 Estrazione DNA

Il DNA degli isolati fungini riportati in Tab.5 è stato ottenuto in quantità sufficiente per

le analisi, le concentrazioni di DNA degli oomiceti e dei funghi variavano fra un

massimo di 1154 ng/µl e un minimo di 7,4 ng/µl. Le assorbanze registrate si

diversificavano fra un massimo di 2,16 e un minimo di 1,53.

I valori di concentrazione registrati per i batteri variavano fra un massimo di 174 ng/µl e

un minimo di 1,6 ng/µl. Le assorbanze registrate si diversificavano fra un massimo di

2,35 e un minimo di 1,32.

4.3 Disegno dei primer LAMP

I primer LAMP disegnati per P. ramorum e X. fastidiosa sono riportati in Tab.12 e

Tab.13. Per quanto riguarda quelli relativi al gene COX sono stati utilizzati quelli già

descritti da Tomlinson et al. (2010). (vedi Tab.14).

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31

Tab.12: Primer disegnati per Phytophthora ramorum

Tab.13: Primer disegnati per Xylella fastidiosa

Tab.14: Primer relativi al gene COX (Tomlinson et al. 2010)

4.4. P. ramorum

4.4.1 Messa a punto del dosaggio LAMP

Specificità

La prova di specificità effettuata con DNA di specie diverse di Phytophthora e altre

specie fungine, alla concentrazione di 10 ng/l, ha messo in evidenza come il DNA di

P. ramorum è stato rilevato dopo con un tempo di uscita di 7,74 minuti (Tab.15;

Fig.15a). Tutte le altre specie, saggiate alla stessa concentrazione, hanno mostrato tempi

ben più lunghi, molto spesso prossimi alla fine del tempo di analisi (30 minuti)

(Tab.15). Inoltre le curve di melting per P. ramorum, hanno mostrato un picco specifico

a 88,7°C, che permette di distinguere P. ramorum dalle altre specie (Fig.15b). I generi

più lontani come Diplodia, Ophiostoma e Geosmithia non vengono invece rilevati

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32

(Tab.15, Fig.15a). Per queste caratteristiche e per gli alti livelli di fluorescenza visibili

in Fig.15 registrati per l’isolato corrispondente a P.ramorum rispetto agli altri analizzati,

è quindi possibile dire che il protocollo è risultato, ad una prima analisi,

sufficientemente specifico.

Tab.15: Isolati utilizzati nella prova di specificità dei primer per P. ramorum

(a) (b)

Fig.15: Prova di specificità per P. ramorum: a) curve di amplificazione; b) curve di

melting.

Ottimizzazione della temperatura di amplificazione

Allo scopo di verificare se si osservava una variazione nei tempi di uscita sono state

effettuate due prove LAMP a due diverse temperature di amplificazione: 66°C e 70°C.

Sono state prese in esame le specie che nella precedente prova mostravano tempi di

uscita più bassi (P.ramorum, P.criptogea e P.alni). Le temperature usate (66°C e 70

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33

°C), sembrano non aver influito molto sull’analisi: i valori di tempi di uscita e di

temperatura di melting registrati non cambiano, mettendo in evidenza una

riproducibilità di amplificazione anche a temperature diverse (Tab.16). Anche

modificando le temperature è possibile distinguere P.ramorum dalla altre due specie

prese in esame.

Tab.16: Risultati delle prove di amplificazione alle temperature di 66°C e 70°C

effettuate per P.ramorum

Sensibilità

La prova di sensibilità del dosaggio LAMP è stata effettuata con diluizioni seriali del

DNA di P. ramorum in acqua (Tab.17a) e in DNA di Viburnum spp. (Tab.17b). Dalla

prima prova è stato osservato che la tecnica è in grado di rilevare concentrazioni fino a

0,000128 ng/µl e che la diminuzione della concentrazione di DNA influisce su tempo

d’uscita della curva di amplificazione e su temperatura di annealing: il primo in

tendenza aumenta al diminuire della concentrazione e il secondo diminuisce (Tab.17a).

La seconda prova ha invece permesso di verificare la possibile presenza di inibitori del

DNA dell’ospite. Confrontando i risultati ottenuti in questa prova (Tab.17b) con quelli

della prova precedente (Tab.15), è possibile osservare che nel DNA dell’ospite la

minima quantità di DNA rilevabile (detection limit) è pari a 0,0032 ng/µl e che i tempi

di uscita sono maggiori di quelli della prima prova fin dal primo punto.

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34

(a)

(b)

Tab.17: Risultati prove di sensibilità LAMP con diluizioni seriali del DNA di

P.ramorum: a) in acqua ; b) nel DNA di Viburnum spp. ( alla concentrazione di

20ng/µl).

(a) (b)

Fig.16: Curve di amplificazione del DNA di P. ramorum ottenute a) dalla prova con

diluizioni seriali in acqua e b) dalla prova con diluizioni seriali in DNA di Viburno

4.4.2. Confronto LAMP e qPCR

Confrontando le curve ottenute con LAMP (Fig.17b) e qPCR (Fig.17a) dall’analisi di

diluizioni seriali di DNA di P.ramorum in acqua (Tab.17a, Fig.17a), è possibile vedere

come la qPCR sia in grado di rilevare la presenza del DNA fino all’ultimo punto di

diluizione (0,000128 ng/µl ). Attraverso la tecnica LAMP, sebbene tutti i punti siano

comunque rilevati, risultano di difficile amplificazione le concentrazioni più basse

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(0,00064 ng/µl e 0,000128 ng/µl) identificate negli ultimi due punti della Fig. 17b. E’

quindi possibile osservare che, nonostante la tecnica LAMP abbia una sufficiente

sensibilità per la corretta diagnosi di P. ramorum arrivando a leggere e amplificare

correttamente concentrazioni di 0,0032 ng/µl, la tecnica qPCR rimane la più sensibile.

(a) (b)

Fig.17: Confronto tra diluizioni seriali del DNA di P. ramorum con a) qPCR e b)

LAMP.

4.4.3. Applicazione del metodo su tessuti sintomatici di Viburno

Il metodo di estrazione del DNA effettuato con il kit fornito insieme allo strumento

Genie II (Kit Optigene) è stato confrontato con quello normalmente utilizzato in

laboratorio (Kit E.Z.N.A - Plant Mini Kit Short protocol, OMEGA bio-tek). L’analisi

del gene endogeno COX (Fig.18), eseguita con tecnica LAMP su tutti i campioni

estratti, ha mostrato risultati positivi con entrambi i kit di estrazione evidenziando, un

tempo di uscita della curva di amplificazione di 10 minuti e una curva di melting a una

temperatura di 85,55 °C. Tutto questo ha messo in evidenza che entrambi i protocolli si

equivalgono e pertanto sarà possibile usare la tecnica di estrazione fornita da Optigene

per l’applicazione del metodo in campo.

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36

(a) (b)

Fig.18: Analisi gene endogeno COX su campioni di DNA di Viburno: a) estrazione con

con Kit E.Z.N.A (OMEGA bio-tek) b) estrazione con Kit Optigene.

Dall’analisi dei campioni di Viburnum spp raccolti in vivaio sono emersi i risultati

riportati in Tab.18. Dei 29 campioni che presentavano sintomi ascrivibili a P. ramorum

solo tre (D, E e F) sono risultati positivi alla sua presenza sia con LAMP che con qPCR.

E’ infatti possibile notare come sono stati riconosciuti e amplificati dalle due tecniche

gli stessi campioni, fenomeno che conferma la stessa elevata specificità di qPCR e

LAMP (Fig.19). Inoltre, analizzando i tempi di uscita di questi tre campioni ottenuti con

LAMP (Tab.19) e confrontandoli con i risultati conseguiti in precedenza e riportati in

Tab.17b, è probabile che la concentrazione di DNA di P. ramorum presente sia di circa

0,0032 ng/µl.

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Tab.18: Risultati analisi con LAMP e qPCR di campioni vegetali di Viburno raccolti in

vivaio.

(a) (b)

(c)

Fig.19: Amplificazione dei campioni di viburno prelevati da vivaio: a) Curve

amplificazione con qPCR; b) Curve di amplificazione con LAMP; c) Curve di melting

con LAMP

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Tab.19: Risultati LAMP dei campioni di viburno positivi

4.5 Xylella fastidiosa

4.5.1 Messa a punto del dosaggio LAMP

Specificità

I risultati ottenuti mettono in evidenza come la tecnica LAMP sia in grado di

amplificare il DNA di X. fastidiosa. Vengono infatti incluse tutte le specie di X.

fastidiosa utilizzate, fra le quali anche il ceppo Co.Di.Ro, e altre specie di batteri

appartenenti ai generi Pseudomonas e Xanthomonas (Tab.20). Tuttavia, analizzando i

tempi di uscita delle curve di amplificazione e considerando che a concentrazioni

minori questo aumenta (vedi analisi precedenti), è possibile notare come tutti gli isolati

appartenenti al genere Xylella presentino un tempo di uscita di circa 7 minuti mentre le

altre specie di batteri siano correlati a valori di circa 15 minuti. Inoltre, analizzando il

grafico ottenuto attraverso l’amplificazione (Fig.20a) e tenendo sempre conto delle

concentrazioni di DNA utilizzate, è possibile vedere come gli isolati appartenenti al

genere Xylella sono quelli che emettono maggiore fluorescenza. Oltre a queste

caratteristiche, sono da considerare i risultati delle analisi di annealing riportati in

Fig.20b. Da queste, è infatti possibile vedere come i ceppi appartenenti a X. fastidiosa

utilizzati si racchiudono in un’unica curva, creando un picco distinto che si discosta

dagli altri generi presenti nell’analisi. Da tutte queste caratteristiche è quindi possibile

dire che il protocollo diagnostico risulta essere specifico per X. fastidiosa.

Tab.20: Risultati LAMP prova di specificità per X. fastidiosa

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(a) (b)

Fig.20: Prova LAMP di specificità su DNA di X.fastidiosa: a) curve di amplificazione;

b) curve di melting.

Sensibilità

I risultati ottenuti da diluizioni di DNA di X. fastidiosa in acqua (Tab.21a) e in DNA di

Olea europaea (Tab.21b), non differiscono molto dai risultati delle stesse due prove

riportati nel par. 4.4.1 per P.ramorum. E’ infatti possibile notare che, anche per X.

fastidiosa, lo strumento arriva a leggere quantità di DNA di 0,000128 ng/µl e che al

diminuire della concentrazione di DNA aumenta il tempo di uscita della curva di

amplificazione (Fig.21a e Fig.21b) e diminuisce la temperatura di melting (Tab.21a). I

risultati ottenuti per X. fastidiosa da diluizioni nell’ospite (Tab.21b e Fig.21b) invece si

diversificano leggermente da P. ramorum infatti, nonostante si mantenga la tendenza ad

aumentare i tempi di uscita delle curve rispetto alla prova in acqua, continuano ad essere

presenti tutte le letture, arrivando a rilevare concentrazioni di 0,000128 ng/µl.

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(a)

(b)

Tab.21: Risultati prove di sensibilità LAMP con diluizioni seriali di DNA di

X.fastidiosa: a) in acqua b) in DNA di Olea europaea (alla concentrazione di 20 ng/µl).

(a) (b)

Fig.21: Curve di amplificazione ottenute dalla prova di sensibilità con diluizioni seriali

di X.fastidiosa: a) in acqua e b) in DNA di olivo.

4.5.2. Confronto LAMP e qPCR

Confrontando le curve ottenute con LAMP (Fig.22b) e qPCR (Fig.22a) dall’analisi di

diluizioni seriali di DNA di X. fastidiosa in acqua (Tab.21a), è possibile vedere come

sia la tecnica qPCR che la tecnica LAMP siano in grado di rilevare la presenza del DNA

fino all’ultimo punto di diluizione (0,000128 ng/µl). E’ quindi possibile dire che le due

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tecniche si possono eguagliare per quanto riguarda la sensibilità nella diagnosi di X.

fastidiosa. Dall’analisi del gene COX su campioni asintomatici di olivo è stato ottenuto

un risultato positivo che evidenzia una curva di amplificazione con un tempo di uscita

di circa 10 minuti e un picco della curva di melting a una temperatura di 85,15 °C.

(a) (b)

Fig.22: Risultati di analisi di diluizioni seriali di DNA di X. fastidiosa: a) curva standard

con qPCR; b) curve di amplificazione con LAMP.

4.5.3 Applicazione del metodo su campioni sintomatici di Olivo

Dall’analisi svolta sono emersi i risultati riassunti in Tab.22. Dei sei campioni di DNA

analizzati quattro sono risultati positivi (4, 264, 321 e 66) per la presenza di X.fastidiosa

e due (48 e 62) negativi sia con tecnica LAMP che con qPCR. E’ infatti possibile notare

come sono stati riconosciuti e amplificati dalle due tecniche gli stessi campioni,

fenomeno che conferma la stessa elevata specificità di qPCR e LAMP (Fig.23). E’

possibile inoltre osservare come i tempi di uscita dei campioni risultati positivi

(Tab.23), si potrebbero riferire secondo le analisi di sensibilità (Tab.21b) a

concentrazioni simili a 0,00064 ng/µl o 0,000128 ng/µl.

Tab.22: Confronto tra risultati LAMP e qPCR con DNA estratto da olivo sintomatico.

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(a) (b)

(c)

Fig.23: Amplificazione di DNA estratto da foglie di olivo sintomatiche: a) curve di

amplificazione con qPCR; b) curve di amplificazione con LAMP; c) curve di melting

con LAMP.

Tab.23: Risultati LAMP campioni positivi di Olivo.

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43

5. Conclusioni

Negli ultimi anni, in Italia come in altri paesi, si è assistito ad un incremento delle

emergenze fitosanitarie dovuto in larga misura all’ingresso di specie patogene, dette

invasive, provenienti da parti diverse del pianeta. Organismi invasivi, presentano spesso

nelle aree di introduzione maggiori caratteri di patogenicità verso l’ospite

principalmente dovuti sia a fattori ecologici (ambienti favorevoli) che evolutivi

(mancata coevoluzione fra ospite e patogeno) che possono portare nel tempo alla loro

diffusione incontrollata (Capretti e Ragazzi, 2009; Garbelotto et al., 2008). La presenza

di questi agenti può rappresentare una seria minaccia per l’ambiente vivaistico, con

notevoli perdite in termini di produzione che molto spesso si traducono in perdite

economiche per il vivaista. La pericolosità di questi patogeni non è limitata al solo

vivaio, ma anche all’ambiente naturale dove il microrganismo potrebbe sfuggire

causando seri danni alle piante e compromettendo allo stesso tempo la biodiversità di un

ecosistema (Franceschini et al.,2008; Desprez-Loustau et al., 2007; Garbelotto et al,

2010). Nel corso degli ultimi anni, nell’ambito di questa dinamica degli eventi, sono

state istituite dalla Comunità Europea e da varie organizzazioni liste di “Quarantena e

misure sanitarie” che disciplinano l’importazione di materiale vegetale attraverso vie

ufficiali e commerci regolamentati (direttiva 2002/89/CE, concernente le misure di

protezione contro l’introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai

vegetali ed ai prodotti vegetali).

In questo contesto, la ricerca scientifico-tecnologica può fornire alcuni strumenti idonei

per rilevare la presenza di agenti patogeni ad alto rischio fitosanitario nella filiera

vivaistica. Negli ultimi anni, nel campo della patologia vegetale si sono sviluppate

tecniche molecolari sempre più accurate per rilevare la presenza di patogeni nei tessuti

delle piante, prima che i sintomi siano evidenti. La necessità di ridurre i tempi della

diagnosi, al fine di trovare delle risposte in tempi sempre più brevi, hanno spinto i

patologi vegetali a orientarsi verso metodiche più sensibili e rapide quali l’impiego di

tecniche molecolari. Negli ultimi anni la necessità di verificare in situ la presenza di un

patogeno si sta rilevando di grande importanza per il controllo delle patologie vegetali,

soprattutto nei punti di ingresso come porti e aeroporti.

A questo scopo, la tecnica LAMP (Notomi et al., 2000) sembra essere una tecnica adatta

per l’amplificazione e per la diagnosi di patogeni fungini (Tomlinson et al., 2015),

batterici (Bühlmann et al., 2013, Harper et al., 2010), di virus e nematodi (Kang et al.,

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2015) fornendo vantaggi in termini di semplicità rispetto alla classica PCR, dal

momento che la reazione non ha bisogno di subire cicli diversi di temperatura ma è

isotermica e che, grazie agli enzimi impiegati, risulta efficiente, durevole e resistente ad

eventuali inibitori (Boonham, 2014). Recentemente è stato diffuso a scopo diagnostico

lo strumento da campo Genie® II (Optigene, UK), un apparecchio compatto, leggero,

robusto, adatto per l'uso in campagna o in laboratorio che usufruisce della tecnica

LAMP e che è stato usato in questa tesi per la messa a punto di un protocollo di

diagnosi per P. ramorum e di uno per X. fastidiosa. I protocolli diagnostici messi a

punto in questa tesi, che hanno considerato regioni target ITS2 per P. ramorum e RimM

per X. fastidiosa, hanno mostrato grande specificità e sensibilità, in accordo con quelli

sviluppati per P. ramorum da Tomlinson et al. (2010) e per X. fastidiosa da Harper et

al. (2010). Ciascun protocollo ha infatti dimostrato la capacità di diversificare i patogeni

da diagnosticare (P. ramorum e X. fastidiosa) da specie fungine e batteriche vicine

grazie soprattutto alla presenza di picchi di melting in corrispondenza di temperature

caratteristiche per le due specie (88,7°C per P. ramorum e 85,15 °C per X. fastidiosa) e

la possibilità di rilevare il DNA puro del patogeno fino a concentrazioni di 0,000128

ng/µl. Confrontando inoltre la tecnica LAMP con qPCR messa a punto per P. ramorum

e X. fastidiosa in precedenti studi, è stato possibile evidenziare la stessa specificità e la

poca variazione di sensibilità: con la tecnica LAMP infatti, i punti a più basse

concentrazioni (0,00064 ng/µl e 0,000128 ng/µl) sebbene vengano rilevati risultano di

difficile amplificazione rispetto ai dati riportati per la tecnica qPCR. Nonostante questo

risultato stabilisca la maggiore sensibilità della tecnica qPCR, la validità del protocollo

di diagnosi sviluppato per P. ramorum e X. fastidiosa non viene influenzata: sia

specificità che sensibilità del metodo LAMP risultano sufficienti per l’applicazione del

metodo di diagnosi, come confermato dai risultati ottenuti dall’analisi di campioni

sintomatici di Viburno e di Olivo. Infatti la tecnica LAMP, come la qPCR, ha

dimostrato la capacità di rilevare P. ramorum e X. fastidiosa su materiale vegetale che

presentava sintomi diversi ascrivibili a questi patogeni evidenziando anche la poca

influenza di eventuali inibitori presenti. La tecnica LAMP ha inoltre mostrato facilità di

interpretazione dei risultati e richiesta minima di equipaggiamento che la rendono ideale

per la diagnosi in campo. Tuttavia per l’applicazione in campo è da considerare il

metodo di estrazione del DNA da impiegare. I metodi standard applicabili in laboratorio

non sono facilmente applicabili in campo a causa della quantità di reagenti coinvolti,

della laboriosità dei protocolli forniti e spesso molti di quelli da campo sono specifici

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per ospite e patogeno. Nonostante questo, da un confronto preliminare di Kit da

laboratorio (Kit E.Z.N.A - Plant Mini Kit Short protocol, OMEGA bio-tek) e kit da

campo Optigene, è stata evidenziata l’equivalenza dei due metodi, mostrando come

l’estrazione e l’analisi di DNA in campo sia realmente possibile. Nonostante la tecnica

LAMP sia stata applicata ad oggi soprattutto nell’ambito di malattie animali e umane e

solo recentemente in patologia vegetale per Hymenoscyphus fraxineus (Tomlinson et al,

2015), Guignardia citricarpia (Tomlinson et al, 2013) e Erwinia amylovora (Bühlmann

et al, 2013), la sua applicazione nel settore vivaistico, potrebbe portare numerosi

vantaggi. L’applicazione di questo metodo di diagnosi come controllo per la presenza di

patogeni da quarantena come P. ramorum e X. fastidiosa anche possibile su campioni

asintomatici, potrebbe favorire le verifiche del materiale vivaistico importato ed

esportato limitando quindi la diffusione incontrollata di questi agenti patogeni. Inoltre,

la grande semplicità, sensibilità e specificità riscontrate faciliterebbe l’uso della tecnica

senza dover ricorrere a personale specializzato per ottenere risultati soddisfacenti in

tempi rapidi.

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with heterothallic Phytophthora species. Mycological research, 109(8), 860-871.

Page 52: Messa a punto della tecnica LAMP per la diagnosi di ......4.4.3 Applicazione del metodo su tessuti sintomatici di Viburno 35 4.5 Xylella fastidiosa 4.5.1 Messa a punto del dosaggio

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Ringraziamenti

Ringrazio il Prof. Paolo Capretti, il Dott. Nicola Luchi e il Dott. Alberto Santini per la

disponibilità e l’attenzione con cui mi hanno seguito e per l’aiuto che mi hanno dato

durante la realizzazione di questa tesi.

Ringrazio la Dott.ssa Maria Saponari e il Dott. Donato Boscia (IPSP-CNR, Bari) per

aver fornito il DNA di X. fastidiosa e quello di campioni infetti di Olivo.

Ringrazio la Dott.ssa Aida Raio (IPSP-CNR, Firenze) per aver fornito alcuni isolati

batterici.

Inoltre ringrazio la Dott.ssa Alessia Pepori, il Dott. Duccio Migliorini, il Dott.

Francesco Pecori e la Dott.ssa Luisa Ghelardini per il sostegno e l’aiuto durante questo

lavoro.

Questo Lavoro è stato svolto nell'ambito del progetto

"Patogeni invasivi in vivaio: nuovi strumenti per la

certificazione di esenzione da patogeni del materiale

destinato all’esportazione - PATINVIVA" finanziato dalla

Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia".