Mensile progressista della Svizzer a italiana 1. gennaio 2014 - … · ha profuso lo sforzo...

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www.confronti.info UN FUTURO DA ASSETATI Fine di un black-out secolare La ferrovia comincia con il Gottardo e prosegue con il Ceneri. Poi si ferma fino ad AlpTransit. E oggi FAIF è una nuova occasione Cronache di confine Svizzero? Solo se ti mantieni e sei incensurato. Altrimenti mai più. Intanto la politica federale insiste con le campagne antistranieri Mensile progressista della Svizzera italiana 1. gennaio 2014 - numero 59

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Fine di un black-out secolare

La ferrovia cominciacon il Gottardo e proseguecon il Ceneri. Poi si fermafino ad AlpTransit. E oggiFAIF è una nuova occasione

Cronache di confine

Svizzero? Solo se ti mantienie sei incensurato. Altrimentimai più. Intanto la politicafederale insiste conle campagne antistranieri

M e n s i l e p r o g r e s s i s t a d e l l a S v i z z e r a i t a l i a n a 1. gennaio 2014 - numero 59

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di Firmino

con questo programma ha preso il 73%dei voti. Altroché l’Unione Sovieticadella famosa canzone dei Beatles. I trepunti del nuovo sindaco sono semplice-mente obiettivi giusti e equi. Ma nonchiedetevi quanti voti de Blasioavrebbe ottenuto in Ticino. Chiedetevipiuttosto come sta questo Ticino oggi,dopo 20 anni di populismo e di litaniedi una Destra egoista e retriva.

Guerra in piccionaia

Messo davanti a una sfilza di sceltechiacchieratissime (l’ultima: un man-dato a un proprio inquilino e cliente), ilsindaco Moreno Colombo, succubo dasempre della leghista Pantani (quellaspecialista in sub-sub-appalti, per cuiil granito ticinese si rivela portoghesee gli operai nostrani diventano mano-dopera dell’Est), annuncia di non vo-lersi più ricandidare. È l’esito di unaguerra in piccionaia: a stendere il Co-lombo è stato un altro Colombo, Pa-trick, giornalista del «Corriere delTicino», che ne ha svelato le magagne.Comunque Moreno trova l’uovo di Co-lombo: non mi candido qui, precisa, mami candido magari altrove (e non in

Colombia, ma ben più vicino). Intantoil clima in Municipio si raffredda, tantoda far pensare al famosissimo ghiac-ciaio argentino: il Perito Moreno.

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Premio «Ghiro»Lo avevamo detto e lo confermiamo: prosegue il concorso lanciato da «Con-fronti» per lanciare un’iniziativa intelligente. Dev’essere però un’iniziativaintelligente davvero, almeno come quella per proibire il burqa che tantogradimento ha riscosso nel popolo ticinese. Invitiamo dunque i lettori a pro-porci delle idee originali per risolvere i problemi più urgenti del Cantone.Quelli da togliere il sonno ai cittadini per bene. Come il burqa, appunto.In palio c’è un anno di abbonamento a «Confronti» e un ghiro di peluche.Le idee migliori verranno pubblicate sui prossimi numeri e il fortunato vin-citore verrà scelto nel giugno del 2014 a insindacabile giudizio della reda-zione. Perciò non ponete limiti alla vostra fantasia e scrivete alla redazione([email protected]).Ecco le proposte giunte finora:

«Iniziativa per proibire l’immolazione delle vedovesulle pire funebri dei mariti»

«Iniziativa per purgare la lingua ticinese dagli arabismiimportati dagli immigrati (per esempio le parole arancio,

calibro, limone, ragazzo, tariffa, zucchero)»«Iniziativa per proibire l’esibizione in pubblico del koteka,

o astuccio penico della Papuasia»«Iniziativa per impedire i cambiamenti di sesso

ai parlamentari durante la legislatura»

Il Guerrin meschino

600 anni fa Andrea da Barberino scri-veva «Il Guerrin Meschino», che nel1951 venne trasposto nel film «Le me-ravigliose avventure del Guerrin Me-schino». Oggi le avventure del GuerrinM. (che non sta per Meschino, bensìper Michele, Guerra ovviamente) sonotutt’altro che meravigliose e oscillanofra l’assurdo e il patetico.In un rapporto parlamentare nel qualeha profuso lo sforzo sovrumano di scri-vere in tutto ben 39 righe, il nostroGuerrin ha dato seguito a una mozioneche pretende di far svolgere la setti-mana bianca a tutti gli studenti ticinesi(scuole professionali comprese) sol-tanto in Ticino. In sostanza, si erige sulGottardo la famosa muraglia bigna-schiana a suo tempo vagheggiata aSud. E il Gran Consiglio, poco prima diNatale, ha dato ragione al Guerrin!Così, mentre il Ticino si lamenta per-ché trascurato dai fratelli confederatie chiede più scambi e maggior rispettoper l’italiano, ecco la bella trovata: nonandare più a Lenzerheide, a Savognin,a Samedan e – udite! udite! – nemmenoa San Bernardino, in quanto sole bene-ficiarie della settimana bianca dovreb-bero essere «le valli ticinesi». Dove nondi rado di la neve manca pure. Sarà in-teressante vedere la decina di migliaiadi allievi delle settimane bianche (che,lo ricordiamo, si svolgono in un ri-stretto lasso di tempo, dal 7 gennaio afine febbraio) ingolfata sugli skilift diAirolo o di Bosco.Purtroppo questo è un ulteriore se-gnale del modo in cui il Gran Consiglio,sul piano della qualità, abbia da tempoimboccato una china discendente. Di-ciamo una pista nera. E a tutta velo-cità.

Se questa è l’URSS, viva l’URSS

Dal «Corriere della Sera»: «“Back toUSSR”, titolava il New York Post a pro-posito della vittoria annunciata del“populista” Bill de Blasio, la cui agendaprogressista prevede più tasse per iricchi e più servizi sociali per le classipiù deboli, passando per un aumentodel salario minimo». Ebbene, il nuovosindaco italoamericano di New York

3di Marco Cagnotti

Hanno collaborato a questo numero

Werner Carobbio, Francesco «Cick» Cavalli,Marlis Gianferrari, Teo Lorini, Corrado Mordasini, Enrico Morresi, Roberto Rippa, Buno Storni, Maria Cristina Valsecchi, Libano Zanolari

Sommario

SIAMO TUTTI

È uno strano Paese, questo. È il Paesenel quale un settimanale spande razzi-smo a piene mani, additando il fronta-liere, lo straniero, il richiedente l’asilocome causa di ogni disoccupazione, diogni abuso sociale e di ogni forma dicriminalità, e così facendo ottiene at-tenzione, diffonde pregiudizi, suscitapaure, crea rancori, anche presso i gio-vani Ticinesi. E nel contempo è lostesso Paese nel quale in pochi giornisi raccolgono quasi 1'700 firme, so-prattutto di giovani Ticinesi, per difen-dere un giovane immigrato che, astretto rigore di legge, dovrebbe essereespulso e rispedito in Kosovo. È, an-cora, lo stesso Paese nel quale centi-naia di giovani scendono in piazza peresprimere sostegno, solidarietà, affettoad Arlind Lokaj. Come si spiega questoparadosso? È presto detto: il casoumano.Forse qualcuno di quei giovani chesono scesi in piazza per Arlind o chehanno firmato l’appello per lui legge lastampa xenofoba. E magari qualcunosfogliando il giornale biancoverde mu-gugna contro «questi immigrati dimerda». Ci piace pensare di no, ma suigrandi numeri di sicuro qualcuno cisarà. Posto di fronte alla propria incoe-renza, questo giovane che cosa po-trebbe rispondere? Semplice: «Arlind èun’altra cosa». Appunto: Arlind èun’altra cosa. Ma non solo perché Ar-lind è una brava persona. Bensì perchéArlind è, anzitutto, una persona.L’immagine dell’immigrato diffusadagli xenofobi è sempre generica: «lostupratore rumeno», «il ladro maroc-chino», «il falso invalido colombiano»,«lo spacciatore asilante africano». Maiun nome, mai una faccia. Solo la pro-venienza, invece, e (possibilmente) ilreato. Non sono persone: sono simboli.Simboli oscuri, per di più, e proprio perquesto tanto più minacciosi. Sono lagrande massa degli stranieri che inquesto Paese minaccia la sicurezza, lacoesione sociale e perfino l’integrità et-nica (come se un concetto simile avessesenso, poi). Il razzismo, come sempre,fiorisce e prospera sull’ignoranza (in-tesa, letteralmente, come mancanza diconoscenza).Arlind invece non è un semplice «im-migrato». Arlind è una persona. Hauna storia conosciuta. Ha una faccia.

Crediti: Copertina, Corrado Mordasini, 9,hfng; 15, coka

Ha degli amici che lo conoscono e glivogliono bene. Ha degli amici di amici.E anche degli amici di amici di amici,che magari non lo conoscono ma sen-tono parlare bene di lui. E dunque siimmedesimano, fraternizzano, pro-vano empatia per Arlind. Perciò fir-mano e scendono in piazza e chiedonoche non sia rispedito… dove? «A casasua!», direbbe il razzista. Ma la casa diArlind di fatto è qui, se «casa» non è ilPaese di cui ha il passaporto, ma illuogo in cui ha intessuto una rete di re-lazioni e di affetti. Dunque Arlind vienepercepito anzitutto come una persona.Cioè come un caso umano, in tutta lasua realtà e concretezza, così simile aciascuno di noi, e non come un numeroanonimo e una potenziale minaccia. Edecco: la conoscenza spazza via il razzi-smo.Facci caso: l’immagine dello stranieroveicolata dai razzisti è sempre anneb-biata, illeggibile e dunque minacciosa.È una figura incerta, senza volto. Il mo-tivo è ovvio: bisogna impedire l’empa-tia. Se alle persone dai un nome e unafaccia, finisci, se non per amarle, al-meno per capirle un po’ e dunque perrispettarle. Sicché, se qualcosa pos-siamo e dobbiamo imparare dalla vi-cenda di Arlind Lokaj, è che gliimmigrati non sono quella massa in-forme e spaventosa che vogliono farcicredere. Sono invece una somma disingoli casi umani, ciascuno con la pro-pria storia di affetti, di drammi, di gioiee di dolori e sì, per qualcuno anche dierrori. Certo. Come tutti. Sono tutti Ar-lind. Siamo tutti Arlind.

ARLIND

2 Accidenti3 Siamo tutti Arlind4 Un futuro da assetati

Il 5. Rapporto dell’IPCC5 Il Grantham Institute for Climate Change6 Guerre o pace?8 L’impronta idrica della Svizzera9 Fine di un black-out secolare10 Il prezzo della cittadinanza11 Xenofoba e anacronistica12 Buoni propositi per l’anno nuovo13 «Blue Jasmine»14 Arredi/ingombri liturgici15 Barbara B. vs Adriano G.: e lo sport?

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ASSETATIUN FUTURO DA

di Maria Cristina Valsecchi

Il XX è stato il secolo delle guerre per ilpetrolio. Il XXI sarà forse il secolo delleguerre per l’acqua. Le riserve complessivedi acqua dolce del nostro pianeta si stannoriducendo e nei prossimi decenni la distri-buzione delle risorse idriche si farà sem-pre più disomogenea: le aree umidediventeranno più umide e quelle aride piùaride, esacerbando i conflitti esistenti giàoggi in tutto il mondo per il controllo dellefonti d’acqua pulita e sicura. È una conse-guenza del riscaldamento globale, l’au-mento della temperatura mediasuperficiale descritto con accuratezza nel5. Rapporto dell’Intergovernmental Panelon Climate Change (IPCC), attualmente incorso di pubblicazione.

Il 5. Rapporto dell’IPCCÈ in corso di pubblicazione il 5. Rapporto su cause, dinamiche e previsionidei cambiamenti climatici globali dell’Intergovernmental Panel on ClimateChange. Il primo volume del rapporto, che descrive le conoscenze scientificheallo stato attuale sul riscaldamento globale, i meccanismi fisici all’origine delfenomeno e le sue conseguenze dirette, è stato approvato dagli esperti del-l’IPCC e divulgato il 27 settembre 2013. Il secondo volume, che analizza inmodo approfondito l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente e la so-cietà umana, verrà pubblicato a fine marzo 2014. Il terzo volume, sui possi-bili approcci per mitigare il riscaldamento globale, sarà disponibile ilprossimo aprile. I Rapporti dell’IPCC sono scaricabili on line sul sito dell’or-ganizzazionea

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Il GranthamInstitute forClimate ChangeIl Grantham Institute for ClimateChange dell’Imperial College diLondra è stato fondato nel 2007con l’obiettivo di raccogliereesperti da ogni settore per promuo-vere la ricerca e la diffusione dei ri-sultati sui cambiamenti climaticiglobali, il loro impatto sugli ecosi-stemi, la società e la salute umana,la previsione di eventi climaticiestremi, le tecnologie potenzial-mente utili per contenere le emis-sioni di gas serra e mitigarne glieffetti sul clima. Le pubblicazionidell’Istituto sono disponibili on line(www3.imperial.ac.uk/climatechange).

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La pace dalla collaborazione

«Se due Paesi sono impegnati in un’at-tiva collaborazione nella gestione del-l’acqua, non entrano in conflitto pernessuna ragione, né per questioni ideo-logiche, religiose, storiche, né per con-tese sui confini, né per competizioneeconomica o militare, né per terrori-smo o altri fattori», spiega SundeepWaslekar, presidente dello StrategicForesight Group, think tank indianoimpegnato nella promozione di accordidiplomatici sulle risorse idriche. «È laconclusione a cui sono giunti gli autoridel rapporto “Water Cooperation for aSecure World”, pubblicato il 27 novem-bre scorso dal nostro gruppo, analiz-zando le vicende relative a 148 Paesi e205 bacini fluviali condivisi in ogniparte del mondo. La cooperazione perl’acqua è cruciale per costruire la pace,ma non basta firmare accordi per la di-stribuzione delle risorse idriche. È ne-cessario sviluppare meccanismi istitu-zionali, piani d’investimento condivisie programmi d’azione. Se le nazioni se-guiranno questa strada, l’acqua sarà labase fondante della pace tra i popoli.Purtroppo, però, oggi un gran numerodi Paesi membri delle Nazioni Unite,pur riconoscendo l’esistenza e la se-rietà del problema, tende a confinarela questione nell’ambito ristretto dellosviluppo e della salute pubblica, piut-tosto che nel contesto più ampio dellapace e della sicurezza».Le aree a maggior rischio sono inAfrica, Asia Centrale, Sudamerica eMedio Oriente: zone dove l’acqua dolceha sempre scarseggiato per ragioni cli-matiche e ambientali e dove oggistanno emergendo economie a crescitarapidissima, che necessitano di quan-tità d’acqua sempre più ingenti perampliare le aree agricole irrigate, in-crementare la produzione di energia esostenere l’industria. In queste condi-

zioni sono frequenti gli attriti tra na-zioni che si trovano a condividere ba-cini fluviali. «È difficile immaginareche le contese sfocino in conflittiaperti», commenta Nicolò Sartori, ri-cercatore dell’area Sicurezza e Difesadell’Istituto Affari Internazionali, cen-tro di ricerca sui temi della politicaestera e delle relazioni internazionali.«Però ritengo sia possibile l’aumento ditensioni e atti di forza isolati lungo iconfini e nelle zone interessate da que-sti corsi d’acqua. Le guerre per le ri-sorse tra Stati sovrani sonocontroproducenti per tutte le parti incausa e quindi spesso evitate, o quantomeno combattute a intensità piùbasse».

India e Cina

La disponibilità di acqua dolce è unproblema per due grandi potenzeemergenti: l’India e la Cina. Già oggil’India è affetta da una carenza cronicadi acqua. Tre quarti delle precipita-zioni che si riversano annualmente sulsuo territorio sono concentrate nellabreve stagione dei monsoni. E dall’en-tità dei monsoni dipende ogni anno laricchezza dei raccolti. Circa 100 milionidi Indiani non hanno accesso a fontid’acqua potabile sicura. Entro il 2030,secondo le stime delle Nazioni Unite, ilfabbisogno di acqua dolce del Paese èdestinato a raddoppiare, con l’80% del-l’incremento della domanda prove-niente dal settore agricolo. Inoltre neiprossimi decenni la prevista migra-zione massiccia di popolazione dallecampagne verso gli agglomerati urbanirenderà ancora più difficile l’approvvi-gionamento di acqua potabile dellefasce economicamente deboli.Ma è dalla crescita del settore energe-tico che vengono serie minacce per lastabilità della regione. Due dei tremaggiori bacini fluviali che attraver-

PACE?GUERRE O

La grande sete che l’umanità affronterà nei prossimi decenni sarà la scintilla che faràscoppiare sanguinosi conflitti oppure un’occasione di proficua collaborazione e di pacetra i popoli? Tutto dipende da come i governi e le diplomazie sapranno gestire la que-stione. Il 2013 è stato dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite «AnnoInternazionale della Cooperazione per l’Acqua», con l’obiettivo di sensibilizzare gliStati e l’opinione pubblica sui benefici di una gestione condivisa delle risorse idriche.

di Maria Cristina Valsecchi

sano il territorio indiano, quelli del-l’Indo e del Brahmaputra, sono condi-visi: il primo con il Pakistan e ilsecondo con la Cina. Proprio al confinecon il Pakistan, nella regione del Ka-shmir, sono in fase di realizzazionedieci dighe indiane per lo sfruttamentodell’energia idroelettrica lungo il corsodell’Indo e dei suoi affluenti. I progettisono malvisti dal governo pakistano,che teme una riduzione dell’approvvi-gionamento idrico. A Est è la Cina, checontrolla la parte superiore del corsodel Brahmaputra, ad aver avviato lacostruzione di tre dighe, suscitando i ti-mori e l’opposizione del governo in-diano.Quanto a disponibilità di acqua dolcepulita e sicura, la popolazione cinesenon versa in condizioni migliori diquella della vicina India. Il 40% deifiumi della Cina è fortemente inquinatoda metalli pesanti, scarti della lavora-zione del petrolio, pesticidi e fertiliz-zanti. Il prelievo di acqua operatodall’industria carbonifera nel Nord delPaese ha abbassato significativamenteil livello dei laghi e delle falde idrichea danno dell’agricoltura. Due terzidelle città e 300 milioni di abitanti dellearee rurali hanno problemi di approv-vigionamento di acqua potabile.«Il problema dell’India e della Cina nonè la scarsità di acqua dolce», dice Sun-deep Waslekar. «Entrambi i Paesi nehanno più di 1’000 metri cubi pro ca-pite: il livello minimo di disponibilitàprevisto dall’ONU. Il loro problema è lagestione sostenibile delle risorse idri-che. In Cina, solo nel bacino del FiumeGiallo, sono scomparsi più di 6’000laghi nel corso degli ultimi 20 anni. InIndia l’urbanizzazione ha provocatol’interruzione artificiale del corso di al-cuni fiumi, che non raggiungono più ilmare. Importanti corsi d’acqua in Cinae in India sono biologicamente morti.Non si può utilizzare la loro acqua perbere, allevare pesci o irrigare campi. Abreve termine sono stati i fiumi a pa-gare il costo del rapido sviluppo econo-mico. A lungo termine il costo lopagheranno le stesse economie. Se latendenza attuale prosegue immutata,entro i prossimi 30-40 anni India eCina avranno sperperato le loro risorse

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idriche e di conseguenza dovranno af-frontare un crollo del 30-40% nellaproduzione di cereali. Le loro importa-zioni di cereali aumenteranno com-plessivamente di 200 milioni ditonnellate. Il risultato sarà un aumentodel prezzo del cibo, con gravi conse-guenze per i poveri di tutto il mondo.Questa tendenza potrebbe provocareuna catastrofe umanitaria e una crisidella sicurezza globale intorno al 2030-2040».Anche la produzione di energia risen-tirebbe della scarsità di acqua dolce.«In Cina, in particolare, è a rischio lasostenibilità della generazione a car-bone nelle zone più aride e, con essa,la crescita economica del Paese»,spiega Nicolò Sartori.

Altrove nel mondo

In Africa un esempio eclatante delletensioni generate dalle difficoltà di ap-provvigionamento idrico è quello delbacino del Nilo, conteso tra Etiopia edEgitto. L’estate scorsa il governo diAddis Abeba ha avviato la costruzionesul Nilo Azzurro della Grande Digadella Rinascita Etiope, un colosso cheraggiungerà 1’800 metri di lunghezzae 170 di larghezza e che raccoglierà unvolume d’acqua di 10 milioni di metricubi, con una produzione di energiaelettrica di 15 mila GigaWatt annui. Se-condo alcuni analisti, la realizzazionedi una simile struttura imporrebbel’Etiopia come Paese dominante nellaregione, esportatore di energia e diderrate agricole.L’Egitto si oppone alla costruzione dellaGrande Diga, che ridurrebbe il flussodell’acqua a valle del Nilo. Secondo lestime del Cairo, il fabbisogno d’acquadolce del Paese nei prossimi decenni,ben lungi dal decrescere, aumenteràdel 50% a fronte di un aumento dellapopolazione.In Sudamerica, nella regione delleAnde peruviane, in Cile e in Brasile, letensioni per la gestione dell’acquahanno connotati diversi. Non di attrititra Stati, ma tra gruppi di interesse. Dauna parte le industrie minerarie soste-nute dai governi, e dall’altra le famigliedi agricoltori depauperate delle loro ri-sorse idriche.Nell’America del Sud l’acqua dolce ab-bonda, dato che ammonta al 29% delleriserve mondiali, ma è mal distribuita.E proprio le zone più aride, come leAnde e il deserto di Atacama, sonoquelle più ricche di minerali oggetto diinteresse dell’industria estrattiva: oro,argento e rame. Per raffinare mezzochilogrammo di rame, separando il mi-nerale dalle rocce, occorrono 28 litri diacqua dolce, che al termine del pro-cesso è irrimediabilmente inquinata einutilizzabile per il consumo umano e

per l’irrigazione dei campi. Le protestedegli agricoltori contro le politiche go-vernative di appoggio alle industrie mi-nerarie, spesso straniere, hanno giàprovocato scontri aperti e vittime.«Si stima che nel 2025 1,8 miliardi dipersone abiteranno regioni povered’acqua e due terzi della popolazionemondiale sarà colpita dalla crisi dellerisorse idriche», spiega FrançoisMuenger, responsabile della DivisioneIniziative Acqua della Direzione delloSviluppo e la Cooperazione. «Ovvioche, se questa è la tendenza, si svilup-peranno gravi tensioni, con un serio ri-schio di conflitti. Tuttavia siamoconvinti che sia sempre possibile im-plementare accordi tra nazioni perl’utilizzo delle acque in comune e percondividere i benefici di infrastrutturecome le dighe. Una corretta gestionedelle risorse idriche può diventare unmodello di buon governo, da imitareper la soluzione di altre tensioni».

L’impegno necessario

L’Anno Internazionale della Coopera-zione per l’Acqua è servito a richia-mare l’attenzione pubblica sulproblema. Ora però i governi dovranno

adottare provvedimenti concreti ed ef-ficaci per affrontarlo. «Il rischio di unacrisi globale dell’acqua è una sfida cherichiede un “approccio blu”: un nettoimpegno a migliorare la gestione dellerisorse idriche e lo smaltimento di sco-rie e rifiuti», osserva Muenger. «Pergarantire a tutti l’accesso all’acqua po-tabile e rendere più efficiente la ge-stione delle risorse idriche, servirà alivello globale un investimento tra 50 e600 miliardi di dollari, cioè dallo 0,05%allo 0,8% del Prodotto Interno Lordomondiale. In cambio, questa “stradablu” verso un’economia sostenibileconsentirà un risparmio di 17 mila mi-liardi di dollari entro il 2050 e salveràda un destino di sete oltre un miliardodi persone. È assolutamente necessarioche le Nazioni Unite includano unavoce specifica dedicata alla gestionedell’acqua tra gli obiettivi per lo svi-luppo sostenibile da realizzare neiprossimi 40 anni. La Svizzera sta fa-cendo pressione perché l’obiettivo siabasato su tre pilastri: equo accessoall’acqua potabile e ai servizi igieniciper tutti, gestione sostenibile dei baciniidrici, controllo dell’inquinamento etrattamento delle acque inquinate».

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SVIZZERAL’IMPRONTA IDRICA DELLA

di Maria Cristina Valsecchi

«In gran parte d’Europa, la disponibi-lità e la gestione delle risorse idrichesono tali da garantire che l’acqua pernoi non è un problema oggi né lo saràin futuro», spiega François Muenger.«Tuttavia esistono alcune realtà locali,in particolare nella parte meridionaledel continente, affette da carenza d’ac-qua stagionale, a causa della scarsitàdelle precipitazioni, della densità dellapopolazione, di un utilizzo poco effi-ciente dell’acqua per l’irrigazione o diintensa attività industriale. Nei pros-simi decenni, le loro difficoltà potreb-bero esacerbarsi. Anche nel nostroPaese esistono situazioni analoghe, cheabbiamo affrontato con la costruzionedi dighe, acquedotti e canali di irriga-zione. Va detto, però, che l’improntaidrica della Svizzera, cioè la quantitàd’acqua che impieghiamo per produrretutti i beni e i servizi utilizzati nel no-stro Paese, è molto elevata e per l’82%è a carico di altri Paesi, spesso di areeche si trovano in condizioni di stressidrico. In altre parole, il nostro benes-sere dipende dall’acqua degli altri.Ecco perché la Svizzera è impegnata inprima linea nel promuovere una ge-stione sostenibile delle risorse idrichemondiali».Nel 2012, il WWF Svizzera e la SezioneIniziative Acqua della Direzione dello

Sviluppo e della Cooperazione hannopubblicato un «Rapporto sull’improntaidrica della Svizzera» (disponibile gra-tuitamente anche on line: bit.ly/im-prontaidricasvizzera), che quantifical’utilizzo diretto e indiretto delle risorseidriche per la produzione di beni e ser-vizi a livello nazionale. Ne risulta cheun cittadino svizzero impiega in media162 litri d’acqua al giorno per il con-

sumo domestico, cioè per bere, lavarsi,cucinare e pulire. Se a questi si sommal’acqua utilizzata per produrre ali-menti, bevande, vestiario e altri beni diconsumo, l’impronta idrica pro capitesale a 4’200 litri al giorno. Nel com-plesso, l’impronta idrica svizzera è dioltre 30 miliardi di litri al giorno. L’81%del totale è legato alla produzione agri-cola, il 17% alla produzione indu-striale, il restante 2% al consumodomestico.L’importazione di alcuni alimenti e ma-terie prime, come il riso, il grano, il co-tone, la colza, il foraggio, lo zucchero eil mais, fa sì che gran parte dell’im-pronta idrica svizzera, pari all’82%,gravi su altri Paesi, comprese areeesposte a scarsità d’acqua come i ba-cini dell’Aral, dell’Indo, del Gange, delTigri, dell’Eufrate e del Nilo. Interrom-pere le importazioni da queste regioninon è certo l’approccio migliore permitigare i loro problemi di gestionedell’acqua. Il rapporto raccomanda in-vece un impegno sempre più attivodella Svizzera nella promozione di unacorretta gestione delle risorse idrichenei Paesi a rischio e una maggiore at-tenzione delle aziende private nell’uti-lizzo efficiente dell’acqua e nellaprevenzione dell’inquinamento idrico.

L’Europa non è tra le aree del mondo amaggior rischio di scarsità di acqua po-tabile nei prossimi decenni e la stabilitàdei rapporti tra le nazioni europee rendeimprobabile l’eventualità di future ten-sioni per l’acqua.

INSERTO DEI MEMBRI E SIMPATIZZANTI DEL

PS SVIZZERO

pssvizzero ps.chgennaio 2014 - numero 21

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I grandicantieri del PS:sanità, lavoro, ambiente

Un tema, questo, che caratterizzeràl’anno in corso, quando si voterà sull’i-niziativa popolare lanciata dal nostropartito e da altre organizzazioni peruna cassa malati pubblica a livello fede-rale. Il probabile e già annunciato Nodel parlamento non indebolirà la nostraconvinzione che sia giunto il momentodi cambiare sistema d’assicurazionemalattia passando da un sistema basatosulla concorrenza tra le casse malatiche non funziona più, con il quale ipremi aumentano ogni anno (e nel con-tempo in Ticino si tagliano i sussidi aipremi), a una cassa malati pubblica na-zionale più efficace e trasparente. Sono infatti oltre 60 attualmente lecasse malati, che offrono ben 300 milamodelli assicurativi. Una vera giungla,nella quale è difficile districarsi, dove latrasparenza è scarsa, la vigilanza sullecasse malati limitata e la caccia ai co-siddetti buoni rischi, ossia gli assicuratigiovani e sani, la fa da padrone. Chi nonconosce le trafile per vedere ricono-sciute cure e prestazioni ammesse

La metà legislatura è passata e alcuni temiimportanti per il Partito Socialista sonogià stati affrontati sia a livello parlamen-tare sia a livello popolare. Vale la pena ri-cordarne alcuni, come la decisione diabbandonare l’energia nucleare e di intra-prendere la svolta energetica, svolta perla quale il contributo del Partito Socialistaè stato determinante; l’importante mobi-litazione a favore dell’iniziativa 1:12 persalari equi; il voto parlamentare a favoredi una medicina di famiglia accanto al Nopopolare al managed care. Non è un casose ho citato due temi di politica sanitariache ben indicano come il Partito Socialistasia da sempre attento a una medicina diqualità e accessibile a tutti.

dall’assicurazione di base o le pressioniper stipulare costose assicurazioni com-plementari? La concorrenza tra le cassemalati è una pratica sfavorevole permolti pazienti, ecco perché è giunto ilmomento di cambiare un sistema as-surdo e ingiusto e di avere una cassamalati pubblica.

Grande tema del 2014 sarà anche ilvoto popolare sul salario minimo di4’000 franchi, risposta concreta al dum-ping salariale. Il voto sull’iniziativa1:12, per la quale in Ticino – è doverosoricordarlo ancora – per poco i Sì nonhanno sfiorato il 50%, e l’ampio dibat-tito nell’opinione pubblica sui divari sa-lariali hanno dimostrato quanto il temasia sentito. Sempre alle Camere ci si staoccupando anche di un altro tema moltoimportante per il nostro Cantone: quellodel raddoppio del tunnel autostradaledel San Gottardo. Se il Parlamento fede-rale deciderà di approvare la costru-zione di questo costoso regalo alle lobbydegli autotrasportatori, l’Iniziativa delleAlpi con il Partito Socialista e numerosealtre organizzazioni lancerà il referen-dum. Sanità, lavoro e ambiente: questi i treassi centrali della campagna elettoraleper le elezioni federali del 2015. Questii tre temi centrali che caratterizzano lapolitica dei Socialisti e delle Socialistenella seconda metà della legislatura.

di Marina Carobbio Guscetti, consigliera nazionale e vicepresidente del Partito Socialista Svizzero

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Negare l’esistenza di un grave problemasalariale in Svizzera equivale a fregar-sene altamente. Per la maggioranzaborghese 430 mila persone che guada-gnano meno di 22 franchi all’ora equindi meno di 4’000 franchi al meseper un impiego a tempo pieno sono«quantité négligeable»: le migliaia di la-voratori e lavoratici vittime di dumpingsalariale o costrette a salari bassi e pocodecorosi, sono – né più né meno – citta-dini e cittadine di serie B. Sono tutt’altro che rari anche i casi dipersone che devono cavarsela con menodi 3’000 franchi al mese, specialmentenelle regioni di frontiera come il Ticino,dove la manodopera localeviene sostituita da quella fronta-liera anche nel terziario. Sfi-diamo chiunque a sostenere chein Svizzera si possa vivere deco-rosamente con meno di 4’000franchi al mese, mentre cre-scono inesorabili i costi per l'al-loggio, per la cassa malati, perla formazione dei figli. La situa-zione diventa sempre più dram-matica, e a poco servono anchei contratti normali, che preve-dono salari attorno ai 3’000franchi. Anche laddove esistonocontratti collettivi, non sempreprevedono salari minimi di4’000 franchi. Contratti che, pe-raltro, sono contestati propriodalle associazioni padronali.«Gli obiettivi degli iniziativistisono lodevoli, combattere la po-vertà è importante. Fissare ar-bitrariamente un salariominimo non è invece una solu-zione efficace, per questo motivoè necessario respingere l'inizia-tiva»: sono le parole del consi-gliere federale JohannSchneider-Ammann. Ci vuole

di Saverio Lurati, presidente del Partito Socialista Ticino

Il salario minimoquestione etica

è ancheuna

Mentre in Germania le maggiori forze po-litiche (CDU, CSU e SPD) hanno deciso diintrodurre un salario minimo per lottarecontro i bassi salari, in Svizzera il Consi-glio nazionale spazza via l’iniziativa sulsalario minimo di 22 franchi all’ora. Si di-rebbe che la maggioranza borghese vivasu un altro pianeta – totalmente distac-cato dalla realtà vera del Paese – oppureche non la voglia vedere, coprendosi gliocchi con spesse fette di salame.

già un bel coraggio a parlare di arbitra-rietà. «Arbitrario» significa «abusivo»,«illegittimo». In verità gli abusi li com-piono quei datori di lavoro che sfruttanola manodopera e poi minacciano aiquattro venti di delocalizzare all’esterose dovranno pagare salari minimi digni-tosi. Illegittime, per un Paese ricco come

la Svizzera, sono le condizioni di povertàe di precarietà che caratterizzano la vitadi centinaia di migliaia di persone. Lavera responsabilità va dunque intera-mente ai datori di lavoro, che sfruttanoil dumping salariale per sostituire il per-sonale residente: un meccanismo cheverrebbe impedito se fosse garantito unsalario minimo.Nel corso del dibattito alle Camere fede-rali, la maggioranza della classe politicaelvetica si è preoccupata soprattuttodelle zone di confine dove molti posti dilavoro potrebbero semplicemente ve-nire cancellati. Ma chi sono questi poli-tici? Si sono mai dati la pena di usciredalle loro gabbie dorate? Di andarenelle zone di confine per toccare conmano una realtà sociale e salariale esa-sperata, spesso oltre la soglia del do-

lore?Il lavoro è sempre stato, è esarà al centro delle preoccupa-zioni del Partito Socialista. InTicino non è sentita soltanto laquestione salariale, bensì anchequella dell'equità – che assumeuna valenza morale ed etica chetravalica il confine dei partiti –,quella dell’ambiente e del terri-torio, sacrificati alla logica deicapannoni industriali dove ildumping salariale è realtà quo-tidiana. Queste aziende, che of-frono un’occupazione a scarsovalore aggiunto per sfruttare lamanodopera frontaliera edescludere dal mercato del la-voro quella residente, possonoalzare le tende anche domanimattina. La migliore risposta adumping e precarietà è dunqueil salario minimo legale di4’000 franchi al mese, chestando ai sondaggi gode di unampio credito nella popolazionee che faremo di tutto per tra-sformare in realtà. Per il PS nonesiste lavoro senza diritti e di-gnità.

pssvizzero ps.chgennaio 2014 - numero 14

infovotazioni

I

Votazionidel 9 febbraio 2014

Indicazioni di voto

Sìal decreto federale Finanziamentoe Ampliamento dell’Infrastruttura Ferroviariaa pagina II

a pagina III

NOall’iniziativa popolare«Contro l’immigrazione di massa»

a pagina IV

a pagina IV

NO all’iniziativa popolare «Il finanziamento dell'aborto è una questione privata»

Sì alla revisione delle norme sull'ineleggibilitàe sulla destituzione di persone condannate operseguite per crimini o delitti contrari alladignità della carica

IIps.ch infovotazioni

ferrovia efficientePer unae sicura anche in futuro

Con il messaggio Finanziamento e Am-pliamento dell’Infrastruttura Ferrovia-ria, si propone di creare un fondo erelativo finanziamento duraturo perassicurare la manutenzione e l’amplia-mento dell’infrastruttura ferroviaria.Finora, oltre alla normale manuten-zione, i potenziamenti della rete eranostati finanziati attraverso progetti spe-cifici sottoposti a votazione popolare,nel 1987 Ferrovia 2000 e poi nel 1996Alptransit. Grazie a questi inve-stimenti, soprattuttoFerrovia

2000, gliutenti del treno sono au-mentati notevolmente e i pendolarisono passati dai 325 mila del 1990 ai557 mila attuali. Le FFS hanno aumen-tato l’offerta sia con treni più lunghi ea due piani sia aumentando il numerodi corse, in molte regioni sono nateSBahn come da noi il TILO, portandola rete in saturazione, ci sono trattedove non ci passa un treno in più, peresempio Zurigo Winterthur con 500treni al giorno.Nel 2009 le Camere hanno votato ilpiano Sviluppo Infrastruttura Ferro-viaria, che prevede il finanziamentodella linea trasversale di Zurigo, la Ge-nève Annemasse e la Mendrisio StabioArcisate. I mezzi sono quindi stati as-segnati a spizzichi e, se da una partela ferrovia ha molto aumentato il ser-vizio, dall’altra le politiche di risparmiodella Confederazione del periodo Merznon hanno permesso di investire ade-guatamente nella manutenzione, cheha subito ritardi.Con FAIF si creerà un fondo che per il60% servirà alla manutenzione dellacomplessa rete per poter garantiremaggior sicurezza e affidabilità del

di Bruno Storni,deputato PS in Gran Consiglio e membro Comitato centrale ATA

servizio di una rete super sollecitata; ibinari svizzeri hanno la più alta inten-sità di treni del mondo.Il finanziamento del fondo riprende inparte quanto fatto finora con i grandiprogetti da diverse fonti, Confedera-zione, IVA, TTPC , tassa oli minerali, aiquali si aggiungeranno contributi deiCantoni, uno 0,1% IVA, unaumento

del costo delletracce e un aumento del gettitodell’imposta federale diretta che limitala deduzione delle spese di trasporto a3’000 franchi. Una soluzione equili-brata e condivisa, che fa parteciparetutti – Confederazione, Cantoni, consu-matori, viaggiatori – a fronte del-l’enorme importanza per tutti dellaferrovia, che in Svizzera è una storia disuccesso ma che viaggia in molti set-tori ancora sui tracciati realizzatinell’Ottocento. A beneficiarne sarannotutti: sia gli utenti della ferrovia, cheavranno più corse, più posti seduti emeno ritardi, sia gli utenti delle strade,che potranno essere sgravate da chipotrà scegliere il trasporto pubblico.Il contributo alla mobilità delle ferrovieè importante: oltre al mezzo milione dipendolari, la ferrovia trasporta il 60%delle merci attraverso le Alpi e nelprossimo futuro si prevede un ulterioreaumento della domanda, del 60% peril traffico passeggeri e del 70% per lemerci nel transito alpino entro il 2030.Per la prima fase, fino al 2025, il fondo

permetterà manutenzioni e nuovi inve-stimenti per 6,5 miliardi.Il fondo con il suo finanziamento verràiscritto nella Costituzione e permetteràuna pianificazione a lungo termine diquesta fondamentale infrastrutturache è la ferrovia, permettendo ancheuna miglior gestione del traffico stra-dale. La ferrovia, oltre a dar lavoro a

100 mila persone, rafforzale condizioni quadroall’economia svizzera,che potrà anche infuturo contare suun’infrastruttura ditrasporto modernaed efficiente siaper il trasportodelle persone perandare al lavorosia per il turismo,come pure per lemerci.FAIF è il contro-progetto direttodel Consiglio fede-rale all’Iniziativaper i Trasporti

Pubblici promossa dal-l’Associazione Traffico e Ambiente incollaborazione con una trentina di as-sociazioni e partiti. tra i quali il PS, iVerdi e il SEV. In Consiglio nazionaleFAIF è stato appoggiato oltre che da PSe Verdi anche da PPD, PLR, BDP eanche da molti deputati UDC, otte-nendo 182 voti favorevoli, 6 contrari e3 astenuti.

VOTASÌ

Volete accettare il de-creto federale del 20giugno 2013 concer-nente il Finanziamentoe l'Ampliamento del-l'Infrastruttura Ferro-viaria?

III

ps.ch infovotazioni

vogliono mettere al mondo

figli desiderati

Ledonne

vengono usati come alibi per attaccarei diritti delle donne: la somma totale diun’interruzione di gravidanza rappre-senta lo 0,02% dei costi globali della sa-lute e rappresenta meno di 10centesimi per mese e per assicurato/a. L ‘interruzione della gravidanza è undiritto all’autodeterminazione che ledonne hanno conquistato dopo 30 annidi lotte, condivise anche dagli uomini;la soluzione dei termini era stata appro-vata nel 2002 dal 72% della popola-zione svizzera. Lo stesso giorno erastata massicciamente respinta l’inizia-tiva antiabortista «Per la mamma e ilbambino» dall’82% dei/delle votanti. Daquando è stata introdotta la soluzionedei termini, il numero degli aborti in

Svizzera è costantemente calato. L’ini-ziativa UDC discrimina di fatto le donnepiù precarie liberando completamentegli uomini dalla loro responsabilitàverso gravidanze non desiderate,quando invece sono direttamente impli-

cati. L’iniziativa dell’UDCdovrebbe piuttosto intito-larsi: «L’aborto è una que-stione di donne, che siarrangino!». Perché pergli ambienti reazionari econservatori è fondamen-talmente questo il puntodel discorso: riportare idiritti delle donne allaPreistoria.L’iniziativa dell’UDC ècombattuta anche dalledonne dei partiti bor-ghesi, che vedono in que-sta ennesima mossa undisegno di profonda re-staurazione culturale, incui la limitazione dei di-ritti delle donne, la visionedi un determinato mo-dello di donna e i mecca-nismi dei sensi di colpa,spiccano in modo inquie-tante. Un ritorno al pas-sato è fuori discussione.Le donne vogliono vivereliberamente la loro ses-sualità e mettere almondo figli desiderati.

VOTA NO

Volete accettarel'iniziativa popolare«II finanziamentodell'aborto è una que-stione privata - Sgra-vare l'assicurazionemalattie stralciando icosti dell'interruzionedi gravidanza dall'as-sicurazione di baseobbligatoria»?

L’iniziativa «Il finanziamento dell’abor-to è una questione privata» è partico-larmente e profondamente insidiosa:non si esprime contro l’aborto, nonvuole vietare gli aborti, ma farne una«questione privata» stralciando i costidell’interruzione di gravidanza dall’as-sicurazione di base obbligatoria. Inmodo molto subdolo – come spesso sub-doli sono gli attacchi alla dignità e allalibertà delle donne – mette in discus-sione il diritto all’aborto, peraltro rico-nosciuto anche dall’ONU nella Con-venzione sull’eliminazione delle discri-minazioni contro le donne, ratificataanche dalla Svizzera. Una gravidanzanon desiderata è e resta un attacco alladignità fisica e psichica della donna. L’iniziativa dell’UDC, che in modo moltoipocrita fa leva sui costi della salute,non impedirà alle donne di rinunciarealla gravidanza, ma esporrà le più vul-nerabili a interventi dolorosi, rischiosiper la loro salute e in condizioni umi-lianti. Vediamo questi costi, visto che

di Françoise Gehring,presidente del Gruppo Donne USS Ticino e Moesa

Nessun ritornoal passato

Interruzione della gravidanza

«Finanziare l’aborto è una questione privata»?

NORespingiamo l’iniziativa popolare! Respingiamo l’iniziativa popolare!

Donne liberedi scegliere

NODonne liberedi scegliere

Nessun ritornoal passato

Interruzione della gravidanza

«Finanziare l’aborto è una questione privata»?

Il diritto all’autodeterminazionenon è negoziabileIl diritto all’autodeterminazionenon è negoziabile

Ritorni: PS, Piazza Governo 4, 6500 BellinzonaGAB 6500 Bellinzona

L’iniziativa dell’UDC contro l’immigra-zione di massa chiede, né più né meno,l’abolizione, nel diritto delle migrazioni,del principio della libera circolazionedelle persone. L’idea di fondo è che laSvizzera debba tornare a governare, au-tonomamente, i flussi migratori, introdu-cendo dei tetti massimi e ilcontingentamento dei permessi di di-mora. E ciò in tutti i settori del diritto degli stra-nieri, settore dell’asilo e frontalieri inclusi.Un ritorno al passato, dunque, che mettein discussione l’attuale politica migrato-ria, già di per sé particolarmente restrit-tiva e non particolarmente lungimirante,almeno per quanto concerne i migrantiextra europei. Ancora una volta, si vuole affrontare il de-licato fenomeno dei flussi migratori inter-nazionali erigendo steccati, chiudendosifra le quattro mura domestiche, dimenti-chi del fatto che un fenomeno di tale por-tata non può essere affrontato con lesolite politiche repressive, i cui risultati,in termini di drammi umani, sono sotto gli

occhi di tutti. Il titolo stesso dell’iniziativa,evocando un’invasione di massa da partedegli «stranieri», è fuorviante, dal mo-mento che la Svizzera è lungi dall’essereconfrontata con un fenomeno di questogenere. Oltretutto, come spesso accade quando sitratta di UDC, anche questa iniziativapone non trascurabili problemi di confor-mità all’ordine giuridico internazionale.Non solo, infatti, mette in discussione gliaccordi con l’Unione Europea, con tutte leconseguenze che ciò porrebbe in terminidi relazioni con un partner sicuramenteimportante per l’economia e gli scambicommerciali, ma, allorquando introducemisure limitative anche nei confronti dirichiedenti asilo e rifugiati, si pone innetto contrasto con il fondamentale prin-cipio di non respingimento, che vieta agliStati firmatari della Convenzione di Gine-vra sullo statuto di rifugiato del 1951 dirinviare i rifugiati verso i rispettivi Paesidi provenienza nei quali potrebbero su-bire trattamenti inumani e degradanti. E infatti questa sarebbe la conseguenza

se si dovesse porre un tetto alla conces-sione dell’asilo e alla possibilità di presen-tare una domanda d’asilo, collocando cosìla Svizzera tra i Paesi che non rispettanoi diritti fondamentali della persona. Perqueste ragioni l’iniziativa dell’UDC control’immigrazione di massa deve essere re-spinta, riaffermando in questo modo unprincipio fondamentale iscritto nella Di-chiarazione universale dei diritti del-l’uomo del 1948, per cui ogni individuo hadiritto alla libertà di movimento e di resi-denza entro i confini di ogni Stato.

IV

Uno schiaffodi massa

Ineleggibilitàe destituzione

di Mario Amato, giurista del SOS Ticinoe presidente del Forum dei migranti Ticino

di Carlo Leporideputato PS in Gran Consiglio e vicepresidente del PS

VOTA NO

Volete accettarel'iniziativa popolare«Contro l'immigra-zione di massa»?

VOTA SÌVotazione cantonale

«Revisione delle norme sull'ineleggibilità e sulladestituzione di persone condannate o persegui-tate per crimini o delitti contrari alla dignità dellacarica»

Editore: PS Svizzero e Verein SP Info Spitalgasse 34 - 3001 Berna Tel. 031/3296969 - Fax 031/3296970Redazione: Segreteria PS, Piazza Governo 4,6500 BellinzonaAbbonamenti:Gratuito per i membri del PS simpatizzanti e PD in SvizzeraCorrispondenza:[email protected] d’indirizzo:[email protected]: PS SvizzeroTiratura: 19’200 copie

dirittipiù elementariai

La modifica della Costituzione posta invotazione precisa le norme sull’ineleg-gibilità alle cariche di deputato al Granconsiglio, di consigliere di Stato, di mu-nicipale e supplente, di giudice di pace,e di consigliere agli Stati di personecondannate per crimini o delitti con-

trari alla dignità della carica.Si precisa inoltre che chiunque si troviin condizioni di ineleggibilità è desti-tuito dalla carica.Anche se alcuni pensano che tocca aicittadini e alle cittadine non eleggerepersone con precedenti giudiziari, a noi

sembra opportuno chiarire che in que-sti casi si applica l’ineleggibilità e, perchi viene a trovarsi in queste condi-zioni, la destituzione. Per questi motiviil PS ha deciso di approvare la revi-sione costituzionale e di raccomandaredi votare Sì.

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Antisociale,inopportuna

di Bruno Cereghetti, deputato PS in Gran Consiglio e consulente

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e inappropriata

Per questo si tratta di una mi-sura antisociale. Da combattere,se si crede che lo strumento delsussidio per il premio dell’assi-curazione malattie debba aiu-tare le economie domestiche dicondizioni economiche modestead affrontare con mezzi adeguati un premio assicurativo, in Ti-cino, gonfiato da anni rispetto al reale fabbisogno.Ma è anche una misura inopportuna, perché è arrivata, del tuttoinaspettata, all’ultimo momento. Il messaggio governativo datadel 24 settembre 2013 e l’approvazione parlamentare è avve-nuta qualche giorno prima dello scadere del termine per cam-biare assicuratore malattie. Un brutto vizio, questo, a cuiabbiamo già assistito qualche anno fa con il cambio, sempre so-cialmente in peggio, del sussidio per i beneficiari di prestazionecomplementare AVS o AI.Ma perché è capitato questo? La ragione è ben lontana dallapropaganda non veritiera – ma apparentemente allettante, alpunto che qualcuno ci è anche cascato – della spinta verso ilmodello assicurativo del medico di famiglia. Se fosse stato veroche era un orientamento virtuoso verso forme di contenimentodei costi della malattia, il messaggio sarebbe uscito ben prima,e con ben altro spessore. La verità è tutt’altra. Si sa che le fi-nanze del Cantone sono in uno stato critico e che il Preventivoper l’anno 2014 è sull’orlo del collasso. Bisognava insomma raggranellare parecchi milioni da sacrifi-care sull’altare generale dei conti pubblici. In modo assaistrano, l’offerta è giunta dal DSS, che ha risolto di togliere unarisorsa importante ai più poveri per garantire una certa stabilitàtemporanea all’erario pubblico. Non ai più ricchi, o sfoltendocerti esuberi che si fa finta di non vedere, ma proprio ai più po-veri. E povero è quello Stato che toglie ai meno abbienti percontinuare a mantenere certe comodità a chi tutto sommato stameglio. Solo che c’era un problema non indifferente. Un taglioai sussidi era già avvenuto l’anno scorso, e di quelli non certolievi. Per il 2014 non si poteva più operare allo stesso modo, al-lora nel bel mezzo dell’estate qualcuno ha escogitato la favoletta

del medico di famiglia, ossia, insostanza, qualcosa di buono.Ma si tratta di una ponzatapriva del necessario fonda-mento scientifico. Parte infatti dal presuppostoche nessuno degli attuali assi-

curati sussidiati abbia già aderito a questa formula. In realtàparecchi l’hanno già fatto da un pezzo, in quanto già il prece-dente modello dei sussidi favoriva, anche economicamente, chioperava questa scelta. Nessuno di certo sa dire quanti siano gliassicurati sussidiati che già sono coperti con il medico di fami-glia. Per questi, e sono tanti, non c’è scampo: devono subire iltaglio lineare dei sussidi e basta. Al punto che qualcuno penseràse vale ancora la pena accettare questa limitazione per l’accessoalle cure, e ritornerà alla forma libera ordinaria. Ecco perchéquesta misura è anche inopportuna e rischia di generare effetticontrari. Per chi crede in una socialità utile, ossia che aiuti ve-ramente chi ha meno risorse ad affrontare dignitosamente icosti della vita, e in questo caso i costi dell’assicurazione ma-lattie, questa misura è inguardabile. E quindi da rigettare. Consociale convinzione.

La misura sui sussidi nell’assicurazione malattie si configuracome un taglio lineare che colpisce in maniera marcata le eco-nomie domestiche di condizioni economiche più deboli. Lafamiglia di 4 persone più povera perderà di colpo 410 franchiall’anno. Ma ci sarà anche la famiglia di 4 persone che subiràun taglio secco di 631 franchi all’anno. Decisamente troppo.

REFERENDUMTagli ai sussidi delle casse malati

Il PS ha lanciato con energia il referendum contro i tagli aisussidi delle casse malati votati dal Gran Consiglio. Perchéè una misura antisociale; perche! i premi delle casse malatiaumentano, mentre i redditi diminuiscono; perche! gli au-menti potranno arrivare addirittura oltre il 20%; perche! il si-stema delle casse malati e" una giungla nella quale e"difficilissimo orientarsi; perche! 5’600 persone saranno deltutto escluse dai sussidi.

PS Svizzero, Spitalgasse 34, 3001 Berna GAB 3001 Berna

miche dell’amnistia fiscale cantonale, sideve giungere alla conclusione chenella migliore delle ipotesi è inutilequando non addirittura controprodu-cente. È noto che le categorie di contri-buenti interessate a un eventualecondono fiscale sono quelle il cui red-dito e il cui patrimonio sono particolar-mente elevati. Ma sono proprio le categorie con un in-teresse al consumo relativamente mo-derato. Inoltre non è detto che ipatrimoni liberati dall’amnistia ven-gano automaticamente investiti nelCantone. Così come è alquanto illusoriosostenere che il condono fiscale po-trebbe indurre le aziende del Cantonea incrementare i propri investimenti. Oancora pensare che grazie all’amnistiasi possano attirare nel Ticino fondi al-ternativi e sostenere così la piazza fi-nanziaria. La maggioranza continuaanche a sostenere che «tanto l’amnistianon costa nulla», quindi non ci sonocontroindicazioni nell’attuarla. Ebbene,è falso anche che l’amnistia non costinulla.Oggi in Svizzera quindi pure in Ticinoesiste già una mini amnistia che puòessere applicata secondo la legge fede-rale sulla semplificazione del recuperod’imposta in caso di successione e l’in-troduzione dell’autodenuncia esente dapena. Questa Legge prevede un’amni-stia degli eredi e un’amnistia indivi-duale. Già oggi quindi tutte le personeche si autodenunciano spontaneamentepossono beneficiare di condizioni par-ticolari, non sono perseguite penal-mente né multate, ma devonoimpegnarsi a pagare quanto sottratto alfisco negli ultimi anni; nel caso deglieredi il pagamento avviene solo sugliultimi tre anni. Quindi già oggi il nostrosistema non è per nulla punitivo e per-mette a chi ha evaso il fisco di autode-nunciarsi senza incorrere in una pena.Proporre ora addirittura uno sconto del70% a chi ha evaso il fisco è una misuraingiusta e umiliante per i contribuentionesti.

Chi ha evaso il fisco per anni sot-traendo importanti risorse allo Stato,ascapito ovviamente dei contribuentionesti, potrà autodenunciarsi e avereuno sconto del 70% sul dovuto. La proposta solleva una questione diprincipio: è eticamente accettabile pre-miare chi per anni ha evaso il fisco, di-scriminando chi ha sempre fatto ilproprio dovere? In realtà quest’amnistia intacca il prin-cipio della parità di trattamento fracontribuenti: chi ha dichiarato corret-tamente ha pagato il 100%, chi ha fattoil furbo pagherà solo il 30%. La propo-sta inoltre traballa dal profilo giuridico:diversi fiscalisti la ritengono incompa-tibile con la Costituzione federale (Cst)e con la Legge federale sull’armonizza-zione delle imposte dirette dei Cantonie dei Comuni.Una perizia della Divisione delle Con-tribuzioni del Canton Ginevra (Cantoneche ha bocciato poi in votazione popo-lare la proposta di amnistia) del giugno2010 aveva avanzato forti dubbi circala compatibilità di un’amnistia canto-nale con il principio dell’uguaglianza ditrattamento (art. 8 cpv. 1 Cst), con ilprincipio dell'imposizione secondo lacapacità economica (art. 127 cpv. 2Cst), così come con il principio dellapreminenza del diritto federale (art. 49Cst). I fautori dell’amnistia prospettanonuove entrate per lo Stato e la riten-gono utile per l’economia e la piazza fi-nanziaria del Cantone. Ma anche quivengono smentiti. Se si approfondi-scono le possibili ripercussioni econo-

di Pelin Kandemir Bordoli, capagruppo PS in Gran Consiglio

Editore: PS Svizzero e Verein SP-Info Spitalgasse 34 3001 Berna - Tel. 031/3296969 - Fax 031/3296970Redazione: Segreteria PS, Piazza Governo 4,6500 BellinzonaAbbonamenti: Gratuito per i membri del PS simpatizzanti e PD in SvizzeraCorrispondenza: [email protected] d’indirizzo: [email protected]: PS SvizzeroTiratura: 4’500 copie

ps.ch

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Amnistia cantonale:né necessaria, né possibile

Dopo la bocciatura in Gran Consigliol’anno scorso di una prima proposta diamnistia cantonale, oggi una maggio-ranza formata da PLRT, PPD, Lega, UDC eVerdi ha approvato una nuova propostadi amnistia cantonale per le persone fi-siche e giuridiche.

REFERENDUMNo all’amnistia fiscale

Il PS ha lanciato con energia il refe-rendum contro l’amnistia fiscale.Questo referendum si oppone all’am-nistia fiscale che premia chi ha nasco-sto al fisco i guadagni «in nero». Adanno di chi invece ha sempre pagatole imposte fino all’ultimo centesimo.L’amnistia e! immorale perche" premiachi ha imbrogliato; perche" e! un’ingiu-stizia verso chi e! sempre stato onesto;perche" non e! vero che aiuta a combat-tere la disoccupazione.

I formulari per la raccolta di firme peril referendum contro l’amnistia fiscalepossono essere scaricati dal sito webdel Partito Socialista:www.ps-ticino.ch

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FINEDI UN BLACK-OUT SECOLARE

di Bruno Storni*

* Ingegnere e docente alla SUPSI e all’EPFL, deputato in Gran Consiglio per il PS, membro del comitato centrale dell’ATA

La posa dei binari della Gotthardbahnha segnato il primo grande passoavanti tecnologico del nostro Cantone.Oltre ai treni e al collegamento con ilNord delle Alpi grazie al tunnel ferro-viario allora più lungo al mondo e conil Sud attraverso la rete italiana, sonogiunti in Ticino anche i tecnici e le Of-ficine per la manutenzione, con i rela-tivi posti di lavoro. La linea ferroviariaalpina era comunque arrivata in ri-tardo rispetto allo sviluppo della ferro-via nei Paesi confinanti e avrebbedovuto proseguire verso l’Italia lungo ilLago Maggiore, con quella che oggi è lalinea di Luino e che fu poi l’ultima inSvizzera a essere elettrificata. Uno deiprimi grandi investimenti infrastruttu-rali del nostro Cantone fu la linea fer-roviaria del Ceneri, che per voleredell’allora Consiglio di Stato doveva in-serire anche il Sottoceneri nel tracciatodella Gotthardbahn. La tratta Giubia-sco-Lugano fu poi inaugurata nel 1882,pochi mesi dopo la galleria del Got-tardo.Da allora, il Cantone sul fronte dei bi-nari non ha più mosso un franco fino al2009, quando si fece finalmente pro-motore della realizzazione della Men-

drisio-Stabio-Arcisate, che l’Associa-zione Traffico e Ambiente (ATA) avevaproposto fin dal 1986 nello studio Ti-cino 2001. Il finanziamento federaleavvenne attraverso il fondo SviluppoInfrastrutture Ferroviarie (SIF), votatodal Parlamento nel 2009.Nel frattempo la Confederazione con ilprogetto AlpTransit stava realizzandodue tunnel da antologia: il tunnel dibase del Gottardo, di nuovo il più lungoal mondo, che ci farà risparmiare 50minuti per i collegamenti Oltralpe, ren-dendo la ferrovia nettamente più ve-loce della strada, e il tunnel di base delCeneri di 15 chilometri, che collegheràSopra e Sottoceneri in tempi da lineaurbana. Il tutto pagato con il Fondo peril finanziamento dei progetti di infra-struttura dei Trasporti Pubblici (FTP),creato nel 1998 per finanziare la se-conda tappa di Ferrovia 2000 e ap-

punto le nuove trasversali alpine Alp-Transit. La nuova galleria di base delCeneri permetterà di muoverci in 15minuti da Bellinzona a Lugano e in 22da Locarno a Lugano: un contributoepocale alla mobilità cantonale, finan-ziato interamente con il fondo FTP. Ungrande regalo della Confederazione.Solo nell’ultimo decennio il Cantone haripreso a investire nell’infrastrutturaferroviaria, sfruttando i binari dellaGotthardbahn del 1882. Ha realizzatoe cofinanziato alcune nuove fermate,come quella a Riazzino (sopprimendoquella di Cugnasco). Ha ripristinatoquella di Castione. Mentre nuova dipacca è anche quella di Mendrisio SanMartino.La nuova offerta TILO con orari caden-zati, la comunità tariffale (abbona-mento Arcobaleno) e la crescentecongestione sulle strade (A2 Lugano-Chiasso) hanno portato a un notevoleaumento degli utenti del trasporto pub-blico: quasi un raddoppio. Siamo co-munque ancora lontani dalla mediasvizzera, ma le premesse sono buone.Occorre però continuare a svilupparel’offerta con cadenze superiori, connuove fermate (piazza Indipendenza,Minusio eccetera) e con il potenzia-mento dell’autoservizio alle fermateTILO.Con il Finanziamento e ampliamentodell’infrastruttura ferroviaria (FAIF), invotazione il 9 febbraio, possiamo ga-rantire questo sviluppo, che prevedead esempio nel nostro Cantone il rad-doppio parziale della tratta Tenero-Contone, ma anche il terzo binariocompleto tra Giubiasco e Bellinzonaper facilitare la realizzazione della fer-mata in piazza Indipendenza: una pro-posta che avevamo fatto nell’autunno2012 quando il messaggio FAIF era alleCamere e che è stata accolta e inseritanel dispositivo in votazione. A dimo-strazione che dobbiamo diventare piùpartecipi e attivi nello sviluppo del tra-sporto pubblico, soprattutto quello re-gionale, che da tempo la Confede-razione ha delegato ai Cantoni. Nonpossiamo più restare inattivi come nelsecolo scorso. Con FAIF abbiamo unanuova opportunità che va assoluta-mente sfruttata.

Lo sviluppo ferroviario in Ticino prendeavvio con la linea del Gottardo. Proseguecon il Ceneri. Poi si ferma per decenni. Eora può svilupparsi ancora, grazie al Fi-nanziamento e ampliamento dell’infra-struttura ferroviaria (FAIF).

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Due notizie dello scorso mese di novem-bre in tema di naturalizzazioni vanno se-gnalate. Una decisamente penosa eun’altra, per contro, molto positiva.

di Francesco «Cick» Cavalli

La prima, assai preoccupante, ci arrivada un’iniziativa parlamentare presen-tata da Amanda Rückert (Lega), con laquale si propone di concedere la citta-dinanza ticinese e l’attinenza comunalesolo a chi è in grado di provvedere au-tonomamente e durevolmente al pro-prio mantenimento. C’è da rimanereallibiti. Ma ormai, in tema di stranierie di cittadinanza, la Lega non dovrebbepiù sorprenderci.Nessuno contesta il fatto che per acqui-sire la nazionalità occorra, come pre-scrive la legge, essere integrati nellasocietà e conformarsi all’ordine giuri-dico svizzero (in particolare non averecondanne iscritte a casellario). Ma orasi esagera! O essere poveri è diventatoun reato? Del resto le avvisaglie incommissione delle petizioni del GranConsiglio non erano mancate: più voltemi è capitato di reagire nei confronti dichi esprimeva perplessità sul dirittoalla cittadinanza per persone in invali-dità, in assistenza o persino in disoccu-pazione. Ora però siamo passati dalleesternazioni verbali a una precisa ri-chiesta di modifica legislativa. In Par-lamento è dunque atteso un ulteriorepenoso dibattito. C’è solo da sperareche questa indegna e vergognosa pro-posta venga affossata con una chiaramaggioranza.Certo che anche da Berna non arrivanobuone notizie. Infatti le Camere fede-rali stanno discutendo alcune modifi-che legislative tendenti a inasprire lecondizioni per ottenere la cittadinanzasvizzera. Non arrivano ancora ai livellidella Lega, ma poco ci manca. Si vedeche per qualcuno la nazionalità sviz-zera dev’essere un privilegio di pochibenestanti, possibilmente di Destra.La seconda notizia, decisamente piùedificante, non arriva dalla politica,bensì dalla Magistratura. Mi riferisco auna sentenza del Tribunale cantonaleamministrativo, con la quale è stato ac-colto il ricorso di un candidato al qualeil Gran Consiglio aveva negato l’otteni-mento della cittadinanza cantonale esvizzera. Ecco in breve la storia.Il richiedente, che chiameremo Milan(il nome è noto alla redazione), avevaottenuto senza problemi, nel maggio2010, l’attinenza comunale e successi-vamente l’autorizzazione federale, va-

lida tre anni ma prolungabile. Pur-troppo nel frattempo Milan era incorsoin un’infrazione al codice stradale persuperamento della velocità consentita,per cui era stato condannato dal Pro-curatore pubblico alla pena di 10 ali-quote, sospesa per un periodo di provadi tre anni.Convocato dal Servizio naturalizzazionidell’Ufficio di vigilanza sullo stato ci-vile, Milan rifiutava di ritirare la richie-sta, chiedendo quindi una decisioneformale del Gran Consiglio. Il Consigliodi Stato licenziava allora un messaggiocon l’invito al Parlamento a respingerela richiesta. A questo punto, e siamo asettembre 2011, è intervenuta la com-missione delle petizioni del Gran Con-siglio, che all’unanimità ha deciso,accogliendo una mia proposta, di at-tendere la scadenza del periodo diprova prima di entrare nel merito: unascelta ragionevole e praticabile, data lapossibilità di prorogare l’autorizza-zione federale.La vertenza sembrava così risolta nelmigliore dei modi, anche per Milan, maimprovvisamente la Lega si è riman-giata la parola data e ha trascinato lamaggioranza della commissione a pro-porre il rifiuto immediato della richie-sta. La minoranza, con un miorapporto, ribadiva la decisione prece-dente. Com’era prevedibile, il 28 mag-gio 2013 il Gran Consiglio ha seguitola maggioranza e negato a Milan lapossibilità di ottenere la cittadinanzasvizzera.Con una perseveranza che gli faonore, Milan ha interposto ricorso alTribunale cantonale amministrativo.E ha ottenuto ragione! È una sen-tenza importante, che farà giuri-sprudenza e permetterà dievitare in futuro – o almenocosì si spera – le pressioni neiconfronti di un richiedenteaffinché ritiri la candidaturadopo aver subito una con-danna di lieve entità.A uscirne male sono molti

deputati del Centro destra, ma anche ilDipartimento delle Istituzioni, chehanno voluto dare un «segnale forte»calpestando così i diritti di un cittadinoa ricevere un trattamento conformealle norme giuridiche. Per lo menohanno capito che non era il caso di farricorso al Tribunale federale, per cui larichiesta di Milan dovrà essere prestoriesaminata dalla commissione dellepetizioni.

IL PREZZODELLA CITTADINANZA

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XENOFOBAE ANACRONISTICA

di Werner Carobbio

Con la prima iniziativa, l’UDC e i suoialleati chiedono di fatto il blocco del-l’immigrazione con l’introduzione deicontingenti di mano d’opera esteraammessi. Il Consiglio federale e lamaggioranza del Parlamento si sonogià pronunciati contro. Gli ambientieconomici hanno fatto altrettanto. Nelfrattempo si sono costituiti due comi-tati contro le richieste democentriste:quello borghese e quello di Socialisti,sindacati e Verdi. La campagna è lan-

ciata e non sarà facile, perché gliiniziativisti fanno demagogica-

mente leva sul dumping sa-lariale e sociale e sul

ripetersi di abusi daparte degli ambientipadronali. Di fatto,

con lo sfruttamentodella libera circola-zione della manod’opera facendocapo ai lavoratori

stranieri per farpressione sui salari.

Ma quella che perseguel’iniziativa in questione

non è una lotta incisiva edefficace contro i veri respon-

sabili del dumping salariale edegli abusi – cioè i padroni –bensì l’ennesima campagna

contro i lavoratori stranieri. Aloro poco importa che di

quei lavoratori l’econo-mia svizzera abbia

assolutamenteb i s o g n o .

Tanto meno che occorra impedire cheimprenditori senza scrupoli assumanolavoratori esteri con salari inferiori enon rispettosi delle disposizioni dei varicontratti collettivi di lavoro. Invecel’importante è aizzare gli Svizzeri con-tro gli stranieri.In realtà, se l’iniziativa dovesse essereaccolta, con l’introduzione appunto deicontingenti autorizzati, torneremmoalla vecchia pratica degli stagionali si-stemati in baracche e senza possibilitàdi avere con loro le rispettive famiglie.Cioè un ritorno a una politica disa-strosa che avrebbe pesanti conse-guenze per le lavoratrici e i lavoratori,senza distinzione fra indigeni e stra-nieri. Senza dimenticare il fatto chel’Unione Europea non accetterà mai ilprincipio del contingentamento. Conse-guenza: tutti gli Accordi bilaterali,compresi anche quelli particolarmentevantaggiosi per l’economia svizzera,sarebbero messi in pericolo. Questa èdunque un’iniziativa pericolosa, chia-ramente xenofoba oltre che anacroni-stica, da rifiutare e da combattere conforza.Non è quella la strada da battere perrispondere al disagio latente fra la po-polazione e per combattere con effica-cia il dumping salariale e sociale e i

vari fenomeni legati, nel quadro degliAccordi bilaterali, alla libera circola-zione delle persone. Le vere misureda prendere riguardano l’ulteriorerafforzamento delle misure di ac-compagnamento e una loro appli-cazione rigorosa. Il che significapoi l’estensione dei contratti col-lettivi di lavoro di obbligatorietàgenerale attraverso facilitazionidelle varie procedure di ado-

zione dei contratti, l’aumento del nu-mero degli ispettori del lavoro prepostial controllo dell’applicazione delle mi-sure di accompagnamento, il rafforza-mento delle penalità a carico di chiabusa e non rispetta le stesse. E sulpiano della politica dell’alloggio lamessa in cantiere di programmi di rea-lizzazione di alloggi a pigione moderatae il potenziamento delle disposizioni aprotezione degli inquilini.Ma si tratta proprio di quelle misureche la Destra nazionalista e xenofoba –UDC in testa – non ha mai voluto e cheanzi ha sempre combattuto. Ma, aparte le scelte e le posizioni di quelleforze politiche, anche le forze borghesidi Centro e il padronato devono assu-mersi le proprie responsabilità. Cioèdevono finalmente rendersi conto chesolo rafforzando le misure di politicainterna di lotta contro il dumping sala-riale e sociale e contro gli abusi degliimprenditori senza scrupoli si lotta ef-ficacemente contro le proposte xeno-fobe e anacronistiche come quelledell’iniziativa contro l’immigrazione dimassa in votazione in febbraio. Perciòè inaccettabile, ad esempio, l’atteggia-mento attendista in materia di raffor-zamento delle misure di accom-pagnamento del ministro federaledell’economia, il consigliere federale li-berale radicale Johann Schneider-Am-mann.Per la Sinistra e i sindacati una cosa èchiara: l’opposizione all’iniziativadell’UDC contro l’immigrazione dimassa e il rafforzamento delle misuredi accompagnamento in materia di li-bera circolazione della mano d’operasono strettamente collegati.

Le campagne antistranieri della Destrapopulista e nazionalista – UDC e Lega deiTicinesi – si susseguono a ritmo incal-zante. Obiettivi: gli stranieri, appunto, egli accordi bilaterali. Il 9 febbraio 2014sarà la volta dell’iniziativa contro l’immi-grazione di massa. Poi, dopo la decisionedel Parlamento, già è annunciato il refe-rendum contro l’estensione degli accordibilaterali e in particolare della libera cir-colazione delle persone alla Croazia.

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URE

di Piumettadi Teo Lorini

L’ANNO NUOVOBUONI PROPOSITI PER

Vincenzo Latronico, «La mentalitàdell’alveare», Bompiani

Non c’è dubbio che il movimento di Grillo siala novità più rilevante nel panorama politicoitaliano al tramonto del ventennio berlusco-niano. Setta? Trovata mediatica? Accolita ete-rogenea di stravaganti complottisti? Disfat-tisti? Massimalisti? Nichilisti?Vincenzo Latronico è uno dei maggiori talentifra gli scrittori italiani under 30. Dopo l’ex-ploit elettorale grillino ha provato a chiarirele sue perplessità sul M5S, senza comporreun saggio o un libello di analisi politica, madedicandosi a ciò che sa fare meglio: raccon-tare. Il risultato è un romanzo breve e appas-sionante, ambientato nell’Italia caratterizzatada una nuova realtà politica. I militanti (tra-sparente l’allusione ai pentastellati) si chia-

mano Calabroni, e l’Alveare è il nome del blogin cui si elaborano fervidamente pensieri,strategie, risoluzioni. Latronico immagina lastoria di una coppia – lei impegnata in primafila, lui simpatizzante –, della loro ascesanella gerarchia dell’Alveare e del loro con-flitto con questo apparato anonimo, tanto de-mocratico in apparenza quanto dominatodalla mentalità rissosa, frenetica, fluida dichi, assorbito dalla velocità di una perenneconnessione, riesce ormai solo ad aggredirecompulsivamente, senza ricordare più il va-lore della riflessione e del confronto fra puntidi vista. «La mentalità dell’alveare» èun’opera di sorprendente vitalità, avvincentenella trama e cristallina nello stile, che carto-grafa un momento cruciale del cambiamentoitaliano e lo fa appassionando il suo lettore.

Paolo Nori, «Mo Mama», Chiarelettere

Non altrettanto riesce all’affermato narratoreparmigiano Paolo Nori, che parte dalla suacittà, primo Comune conquistato dai 5 Stelle,per provare a raccontare la novità grillina.Nori è autore che si legge volentieri e che hatrasformato il calcolato straniamento dellasua prosa in un marchio stilistico riconoscibi-lissimo, un ron-ron rassicurante e caro amolti appassionati. Il motivo per cui questo«Mo Mama» fallisce nell’intento è duplice. Dauna parte infatti c’è la discontinuità di un

testo composto – come è ormai prassi di Nori– dalla riproposta di brani o di interi testi giàapparsi altrove e frettolosamente ricucinatiper la nuova destinazione. Dall’altra c’è l’in-capacità di compiere uno scarto, di sollevarela propria prosa dal racconto – pur godibile –di stati d’animo, ubbie, tiramenti, che sonotanto personali e privati da dar l’impressionedi un’ispezione del proprio ombelico, per co-gliere invece una dimensione più vasta,umana, collettiva, che resta poi il minimo sin-dacale per uno scrittore che si cimenti con laspiegazione di un frammento del propriotempo.

Antonio Castagna, «Tutto èmonnezza», LiberAria

Catalogato dalla casa editrice sotto le vesti delsaggio, dedicato a temi di incalzante attualità(la catalogazione e lo smaltimento dei rifiuti,la raccolta differenziata, il riciclaggio, il cam-biamento di stili di vita e consumi), «Tutto èmonnezza» ha uno dei suoi punti di forzanella spinta narrativa che abita le sue pagine.Antonio Castagna, siciliano di Sciacca tra-piantato a Torino, non si limita infatti a offrireal suo lettore un documentatissimo statusquaestionis sul problema più urgente del no-stro futuro di specie. Da una parte ne proponeuna disamina in prospettiva: avevate maipensato che l’immondizia non è un «affare

privato» ma la reliquia tangibile della «po-tenza produttiva dell’umanità»? Dall’altrariesce a trasmetterci un sacco di informazioniraccontando. Che sia la storia di uno studenteche arredava il suo appartamento con mobilirecuperati accanto a un cassonetto, o di unaragazza che butta la stagnola dello yogurtsenza mangiare la parte densa che si è appic-cicata alla stagnola, o di quei gruppi – che esi-stono da sempre nella storia dell’umanità –che vivono letteralmente della monnezza, se-tacciatori degli scarti e riciclatori ante litte-ram, Castagna ci conduce in un’inchiestarigorosa e complessa con il piglio felice di untalentuoso cantastorie. Ed è il bello di questolibro, agile ma ricchissimo.

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CINE

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«BLUE

JASMINE»di Roberto Rippa

Nel film, Jeannette – ribattezzatasi datempo Jasmine non solo perché piùchic ma forse anche per dare un tagliocon il passato – si trasferisce da NewYork a San Francisco dopo che suo ma-rito, finanziere dal successo effimero etruffaldino, è stato arrestato per le suemalversazioni e si è ucciso in cella. A

San Francisco Ja-smine si riuni-

sce a suasorella,

adottiva come lei e, al contrario di lei,dignitosamente proletaria. Mentre Ja-smine tenta con grande difficoltà di co-struirsi una nuova vita in California,assistiamo in retrospettiva a episodidella sua recente vita passata, tra lussoe prestigiose occasioni sociali.La Jasmine che giunge a San Franciscoè irriconoscibile rispetto a quella diNew York. In pieno esaurimento ner-voso, non rinuncia a guardare con mal-celato orrore alla semplice vita di sua

sorella e nemmeno riesce a tacereil suo disgusto nei confronti

del di lei futuro marito,un uomo semplice

ma molto innamo-rato. Mentre ilmondo di Ja-smine si rove-scia, si fa stradail sospetto che ilsuo (auto)pro-porsi come vit-tima nascondain realtà unacarnefice.Woody Allenprende a prestitoda TennesseeWilliams e dal

suo «Un tramche si chiamaD e s i d e r i o »l’intento di

comporre ilritratto didue donnefragili psi-co l og i ca -mente, una

delle qualivede il par-

tner dell’altracome il bruto

che in realtà non è. Ma il prestito si li-mita a questo: tutto il resto è puroWoody Allen. E, se in «Crimini e mi-sfatti», del 1989, dramma e comicitàviaggiavano in parallelo, qui i due re-gistri si fondono non di rado nellastessa linea di dialogo.Jasmine si aggrappa disperatamentealla sua vita passata viaggiando inprima classe (malgrado sia senza soldi)e vestendo elegante (la giacca Chanelche porta per metà film è però semprela stessa), ma il suo attaccamento alpassato potrebbe non attenere solo allanostalgia per il fasto e per il marito fe-difrago Hal. Se il ricordo è foriero disolo dolore, il presente non è certo me-glio. Incapace di empatia, Jasmine fa-tica ad adattarsi alla vita della sorella– spesso evitata nel passato – e di chila circonda. E il nuovo nome rischia didiventare un fardello alla luce deinuovi eventi, dal momento che nonbasta a mascherare chi è davvero agliocchi di chi la conosce davvero.Commedia di caratteri, potente ritrattofemminile, «Blue Jasmine» è semplice-mente un grande film, dalla scritturaprecisa e tagliente, alla cui riuscitacontribuisce fortemente Cate Blan-chett, impegnata nel tour de force ne-vrotico di un personaggio costante-mente a rischio di caricatura che leiriesce a mantenere sempre all’internodei confini della credibilità: un’inter-pretazione come di rado capita di ve-derne. La affiancano Alec Baldwin nelsuo ruolo più riuscito (quello di AlecBaldwin), la sempre bravissima SallyHawkins (vista in «Happy Go Lucky» –«La felicità porta fortuna», del 2008, diMike Leigh), il sempre troppo sottova-lutato Bobby Cannavale e, in una pic-cola particina (ma Woody Allen hadichiarato di voler scrivere un film perlui), il miglior comico statunitense dioggi, Louis C.K. (andate a vedere i suoispettacoli su YouTube: la sua irrive-renza merita).Woody Allen è stato nominato al Pre-mio Oscar per la miglior sceneggiaturaben 15 volte (ottenendone tre: per«Midnight in Paris», «Hannah and HerSisters» – «Anna e le sue sorelle» e«Annie Hall» – «Io e Annie»). È giuntal’ora per un quarto.

Dopo le zampate di «Midnight in Paris» e di «Whatever Works» – «Basta che funzioni»,Woody Allen era scivolato con l’inguardabile «To Rome With Love» al punto più bassodi una carriera di regista che dura da quasi 50 anni e 45 film (incluso il segmento«Oedipus Wrecks», compreso nel film collettivo «New York Stories»), fra trionfi e so-nori tonfi (prima del film romano, la palma di film più brutto apparteneva indubbia-mente a «Vicky Cristina Barcelona», del 2008). Ma, come già accaduto in passato,pensare che la vena del regista newyorkese sia definitivamente esaurita rischia dicozzare contro i colpi di coda di cui è capace. Come capita con «Blue Jasmine», unfilm che solo lui avrebbe potuto dirigere.

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RELI

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Intendiamoci bene: le chiese sonoprima di tutto il luogo in cui i credenticelebrano la liturgia. Così era in pas-sato e così sarà anche in futuro. È giu-sto perciò che l’autorità ecclesiasticacompetente detti le regole per l’uso diquesti spazi. Ma quasi tutte le chiesedella Svizzera italiana sono state co-struite prima della riforma liturgica equasi tutte riflettono lo schema basili-cale, con una pianta lunga e stretta, auna o più navate, e l’altare in fondopreceduto dal presbiterio: lo spazio sucui agivano i ministri del culto e cheuna balaustra separava dalla navata.La riforma ha innovato, sopprimendoin primo luogo tale separazione. Inmolti casi, da noi, la balaustra è statasmontata (e nei casi peggiori buttatavia) e il nuovo spazio libero si è rivelatoutile per gli esecutori di un concerto.Ma la liturgia rinnovata vuole pure che chi presiede la cele-brazione guardi in faccia i presenti. Perciò l’altare – e puòessere un semplice tavolo, ma anche un mono-lito di pietra – dev’essere spostato inavanti, verso la navata. In questomodo, però, esso viene a in-gombrare (mi si perdoni lascelta del verbo, ma ilfatto è quello) lo spazioche occupavano,tolte le balaustre,gli esecutoridella musica.

In San Francesco a Locarno il risultatodell’operazione è da vedere. Anche in SanLorenzo a Lugano (lo si vede sbirciandoattraverso i vetri, perché il lavoro non èfinito) ci saranno un altare, un ambone (ilpulpito da cui si fanno le letture sacre) eanche la «cattedra» – una sedia di pietra– per il vescovo, tutti fissi al suolo nellospazio che «prima» potevano occuparegli esecutori della musica. Ok dal puntodi vista della liturgia. Ma per le esecu-zioni musicali i rimedi a questo nuovostato di cose si riveleranno costosissimi.Nella Collegiata di Bellinzona, per la«Messa da Requiem» di Verdi è stato ne-cessario costruire un palco sopra l’«ar-redo»: soluzione pagata dal Comune,proprietario dell’edificio, ma inimmagi-nabile per tutte le chiese.Si potevano studiare soluzioni meno trau-matiche? Forse sì. L’Associazione Amici

della Musica in Cattedrale ha presentato due memoriali inmateria. Non è stata ascoltata. E allora pace, come si dice.

Nella cattedrale di Avila, in Spagna, la Sovrinten-denza ai monumenti ha fatto smontare il

nuovo «arredo» e ripristinare lo sta-tus quo ante. Ma il motivo c’era:

la Sovrintendenza non erastata interpellata. Da noi

le istanze competentihanno dato l’Ok. Che

cosa si vuole dipiù?

LITURGICIARREDI/INGOMBRI

di Enrico Morresi

Se non ci fossero le chiese, metàdella musica che si fa in Ticinonon avrebbe un luogo in cui of-frir si a l pubblico. F ino a quandonon avremo i l LAC (dal settembre2015, ci viene assicurato), in Ti-cino non sarà disponibile una salada concer t i adeguata. Ma i l LACsarà per una minoranza e gl i edi-fici adibiti a l culto rimarranno in-dispensabil i anche dopo. Con ungrosso punto inter rogati vo, al-lora, sul quale giustamente haposto l’accento i l presidente delleSett imane Musical i di Ascona/Lo-carno, Diego Invernizzi, e che con-cerne i l cosiddetto «ar redoliturgico».

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E LO SPORT?BARBARA B.VS ADRIANO G.:

di Libano Zanolari

I guai maggiori vengono dalle lotte ere-ditarie, specie fra i figli di primo equelli di secondo letto. Barbara, figliadi Veronica (in causa di divorzio con unmensile ridotto da 3 a 1,4 milioni dieuro), mette alla porta il plenipotenzia-rio Adriano Galliani, più papista delPapa da quando ha fornito a Silvio i ri-petitori per diffondere a livello nazio-nale (con l’aiuto di Craxi) il suo verbotelevisivo: giochi, donne, cotillon echampagne. Verbo che ha avuto un im-patto nefasto sui costumi italici e anchesu quelli ticinesi: basti ricordare chenon pochi capi della TSI-RSI andavanoin pellegrinaggio a Cologno-Monzeseinvitando poi gli addetti indigeni, senzavergogna, a «volgere lo sguardo versoquei lidi, per vedere come si fa».Barbara, nubile, madre di due figli,balza alle cronache sportive per unarelazione con il calciatore brasilianoPato. Il ragazzo, spremuto come un li-mone fra le fatiche del campo e gli im-pegni mondani imposti dalla brillante«Lady B», passa da un infortunio all’al-

tro fino a quando il padre lo rimandain Brasile. E la lontananza spegnel’amore «eterno». La giovane donnanel frattempo fa una serie di stageaziendali per conoscere il difficilemondo del calcio. E, quando si sentepronta, affonda la stoccata.Galliani fa l’offeso, non accetta di es-sere messo alla porta dopo 27 anni disuccessi e chiede una liquidazione di40 milioni. Berlusconi, già «tradito» daVeronica e Alfano, dice di sentirsi «tra-dito» anche dall’uomo che ha avutocarta bianca nel calcio, portandogli pe-raltro fama e voti, a tal punto da fardire a molti che per il Cavaliere il calcioera la politica vera, e la politica (per lasfortuna del Paese) la partita falsa.A quel punto l’ex senatore sente puzzadi bruciato: capisce che Barbara non ècredibile. Rischiano di diminuire gli in-cassi dei diritti televisivi (140 milioni),degli spettatori (34 milioni), degli spon-sor. Secondo «Forbes», il marchio«Milan» ha un valore di mercato di 945milioni di euro, sesto in Europa (al

primo posto il Real Madrid con un va-lore di 3,3 miliardi!). In un blitz l’ex se-natore sorprende ancora una voltatutti. Rimette al suo posto il vassalloma lo costringe a coabitare con la fi-glia: al primo le vicende sportive, al-l’erede la gestione finanziaria ecommerciale.Il vecchio filibustiere monzese satroppo cose su ciò che accadde a Mar-siglia il 20 marzo 1991, quando entròin campo e, papale papale, ritirò lasquadra nei tempi supplementari. Unodei quattro riflettori si era spento mala visibilità era più che sufficiente: ilMilan, che perdeva per 1 a 0, specu-lava sulla ripetizione della partita.Ebbe invece un anno di squalifica,marchiato da una vergogna indelebile.Secondo i giocatori marsigliesi, unolandese (Rjikaard?) rivelò che la par-tita sarebbe stata rigiocata: lo avevagarantito il presidente Berlusconi…E lo sport? Fino a quando i tifosi vec-chia maniera, che hanno amato il cal-cio dapprima per aver calcato icampetti di periferia, poi per la maglia,quindi per i grandi campioni e la so-cietà, accetteranno di finanziare lacompagnia? Fino a quando conteràsolo vincere e non come…

Il Re (Berlusconi) impone alla figlia (Barbara) di non mandare in esilio il fedele vassallo(Galliani), ma di stare accanto a lui il tempo che basta per carpirgli i segreti della com-pagnia di ventura, il Milan, prima di mandarlo in esilio. La storia, che si svolge sull’usciodi casa nostra nella potente Mediolanum (Milano), dimostra come nella vecchia Europail sistema feudale in molti casi abbia cambiato forma ma non sostanza.

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