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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected] Anno 4 - numero 5 (31) Maggio 2007 Velletri-Segni Chiesa Suburbicaria “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” V incenzo Apicella Da tempo immemorabile, in tutta la Chiesa, maggio è soprattutto il mese dedicato a Maria e la nostra Diocesi potrebbe, a giusto titolo, defi- nirsi come Diocesi mariana. Ben 12 delle 27 parrocchie sono dedicate alla Madre di Dio e la devozione del nostro popolo trova la sua manifestazione più corale, in questo mese, nelle due grandi feste della Madonna delle Grazie a Velletri e ad Artena. E’ necessario,quindi, soffermarsi a riflettere sul significato e sulle con- crete conseguenze che questo pri- vilegiato rapporto comporta per la nostra vita di cristiani e di Chiesa. Come diceva Giovanni Paolo II, non è vero soltanto che per giungere a Gesù occorre passare per Maria, ma occorre sottolineare anche il contrario, che Gesù ci porta a Maria, la Madre a cui consegna ogni suo discepolo, perché impari da Lei cosa significhi essere veramente suo discepolo. Così la Chiesa è chiamata a scoprire e comprende- re se stessa proprio contemplando il Mistero della Vergine Madre, Icona perfetta dell’intero Popolo di Dio. Da Lei impariamo ad accogliere l’Evangelo, a custo- dire e meditare la Parola di Dio, a leggere i segni attra- verso i quali questa Parola si compie nella nostra vita, in quei modi sempre sorprendenti e spesso sconvolgenti, che spiazzano tutti i nostri ben calcolati progetti. Se fossimo in grado di vedere la realtà sempre con gli occhi di Maria non finiremmo mai di ripetere con Lei le parole del Magnificat, invece di stracciarci le vesti o di piangerci addosso. Maria ci insegna anche a rimboccarci le maniche e a metterci al servizio di chi attende il nostro aiuto, sen- za indugio e senza protagonismi, con l’atteggiamento umile e discreto di chi riconosce che la sua grandezza non consiste nelle sue scelte, ma nell’essere stata scelta, nell’imperscrutabile progetto a cui è chiama- ta a partecipare. Ma nel Tempo Pasquale, che stiamo vivendo in que- ste settimane, la figura di Maria risplende nella pie- nezza del suo fulgore. La sua presenza silenziosa ai piedi della croce del Figlio non è semplicemente una nota drammatica in più, ma la partecipazione pie- na e volontaria al Mistero che si compie, la comu- nione totale al destino del Figlio che è, per sempre, anche quello della Madre. Anche Lei può dire, insieme a Gesù, “Padre perdo- na loro…” e “Tutto è compiuto!” e l’atto incondizio- nato di fede e di obbedienza li accomuna, affinché il dono della vita possa portare il frutto di cieli nuovi e terra nuova. Il “Sì” di Gesù al Padre lo rende pri- mogenito di una moltitudine di fratelli e il “Sì” di Maria la rende Madre di una moltitudine di figli. E’ Lei l’unica ad attendere nella speranza e nel silen- zio del Sabato santo, mentre le menti ed i cuori dei discepoli sono ancora chiusi nelle tenebre del “Noi speravamo…”, “Sciocchi e tardi di cuore nel crede- re alla parola…”. (continua a pagina 2)

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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastoraleper la vita della Diocesi di Velletri-Segni

Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected]

Anno 4 - numero 5 (31) Maggio 2007V e l l e t r i - S e g n i C h i e s a S u b u r b i c a r i a

“Miamadree i mieifratelli

sonocoloro cheascoltanola Paroladi Dio e

la mettono in pratica”

Vincenzo Apicella

Da tempo immemorabile, in tutta laChiesa, maggio è soprattutto ilmese dedicato a Maria e la nostraDiocesi potrebbe, a giusto titolo, defi-nirsi come Diocesi mariana. Ben 12delle 27 parrocchie sono dedicate allaMadre di Dio e la devozione del nostropopolo trova la sua manifestazionepiù corale, in questo mese, nelle duegrandi feste della Madonna delle Graziea Velletri e ad Artena.E’ necessario,quindi, soffermarsi ariflettere sul significato e sulle con-crete conseguenze che questo pri-vilegiato rapporto comporta per la nostravita di cristiani e di Chiesa.Come diceva Giovanni Paolo II, nonè vero soltanto che per giungere aGesù occorre passare per Maria, maoccorre sottolineare anche il contrario,che Gesù ci porta a Maria, la Madrea cui consegna ogni suo discepolo,perché impari da Lei cosa significhiessere veramente suo discepolo.Così la Chiesa è chiamata a scoprire e comprende-re se stessa proprio contemplando il Mistero della VergineMadre, Icona perfetta dell’intero Popolo di Dio.Da Lei impariamo ad accogliere l’Evangelo, a custo-dire e meditare la Parola di Dio, a leggere i segni attra-verso i quali questa Parola si compie nella nostra vita,in quei modi sempre sorprendenti e spesso sconvolgenti,che spiazzano tutti i nostri ben calcolati progetti.Se fossimo in grado di vedere la realtà sempre congli occhi di Maria non finiremmo mai di ripetere conLei le parole del Magnificat, invece di stracciarci levesti o di piangerci addosso.Maria ci insegna anche a rimboccarci le maniche e

a metterci al servizio di chi attende il nostro aiuto, sen-za indugio e senza protagonismi, con l’atteggiamentoumile e discreto di chi riconosce che la sua grandezzanon consiste nelle sue scelte, ma nell’essere statascelta, nell’imperscrutabile progetto a cui è chiama-ta a partecipare.Ma nel Tempo Pasquale, che stiamo vivendo in que-ste settimane, la figura di Maria risplende nella pie-nezza del suo fulgore. La sua presenza silenziosaai piedi della croce del Figlio non è semplicementeuna nota drammatica in più, ma la partecipazione pie-na e volontaria al Mistero che si compie, la comu-nione totale al destino del Figlio che è, per sempre,anche quello della Madre.

Anche Lei può dire, insieme a Gesù, “Padre perdo-na loro…” e “Tutto è compiuto!” e l’atto incondizio-nato di fede e di obbedienza li accomuna, affinchéil dono della vita possa portare il frutto di cieli nuovie terra nuova. Il “Sì” di Gesù al Padre lo rende pri-mogenito di una moltitudine di fratelli e il “Sì” di Mariala rende Madre di una moltitudine di figli.E’ Lei l’unica ad attendere nella speranza e nel silen-zio del Sabato santo, mentre le menti ed i cuori deidiscepoli sono ancora chiusi nelle tenebre del “Noisperavamo…”, “Sciocchi e tardi di cuore nel crede-re alla parola…”.

(continua a pagina 2)

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Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale pergli atti della Curia e pastorale per la vita del-la Diocesi di Velletri-Segni

Direttore Responsabile

Don Angelo Mancini

Vicedirettore

Fabio Ciarla

Collaboratori

Stanislao Fioramonti

Tonino Parmeggiani

Proprietà

Diocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n.

9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi

s.r.l. - Marigliano (NA)

Redazione

C.so della Repubblica 343

00049 VELLETRI RM

06.9630051 fax 96100596

[email protected]

A questo numero hanno collaboratoinoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicella, FaustoErcolani, Convento di clausura Madonnadelle Grazie, don Dario Vitali, mons. FrancoRisi, Giusi Delle Chiaie, Mara Della Vecchia,Pier Giorgio Liverani, Andrea Pacchiarotti,Alberto Massotti, diac. Pietro Latini,mons. Leonardo D’Ascenzo, AntonioVenditti, don Marco Nemesi, EmanuelaCiarla, Alessandro Gentili, ValentinaFioramonti.

Consultabile online in formato pdf sul

sito:

www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

1-2“Mia madre e i miei fratellicono coloro che ascoltano laParola di Dio e la mettono inpratica”di S.E. Mons. Vincenzo Apicella

3-4-5325° Anniversariodell’Incoronazione dellaMadonna delle Grazie diVelletridi Fausto Ercolani

Il bicentenario della procla-mazione di Maria SS.maMadre delle Grazie a Patronadi Velletridi Tonino Parmeggiani

6-7Gesù di Nazareth, l’attesolibro del Papaa cura della redazione

8Eucaristia, una riflessionedal convento di Clausura ‘Madonna del-le Grazie’ di Velletri

9Ancora sull’universalità del-l’unico Popolo di Diodi don Dario Vitali

IN COPERTINA

CHIESA

10Conversazione con Mons.Andrea Maria ErbaA cura della Redazione

11La necessità della spiritualitàlaicaledi mons. Franco Risi

12Il centro di ascolto diocesanodi San Lorenzodi GiusiDelle Chiaie

13La Scuola Musicale di NotreDame de Parisdi Mara Della Vecchia

14-15Il diritto alla vita, gli attacchiche subisce, la difesa cherichiedea cura di Stanisalo Fioramonti

Gli embrioni: cose o bambinida bruciare?di Pier Giorgio Liverani

16-17La Collegiata di Santa MariaMaggiore a Valmontone/2di don Dario Vitali

18La Confermazione: la missionedella testimonianzadi Andrea Pacchiarotti

19Il lavoro nell’epoca post-indu-striale e la sua importanzanella vita delle personedi Alberto Massotti

20I diaconi e la Parola di Diodel diac. Pietro Latini

22-23La Sacra rappresentazionedel Venerdì Santoa Valmontonedi Stanislao Fioramonti

24L’accompagnamento vocazionalenel ministero presbiteraledi mons. Leonardo D’Ascenzo

25Nuova educazione e nuovasocietàa cura del prof. Antonio Venditti

26La Visitazionedi don Marco Nemesi

27Il latte nella storia e nella SacraScritturadi Emanuela Ciarla

28I Martiri ammuffiscono sullacartadi Alessandro Gentili

29Centochiodidi Valentina Fioramonti

MUSICA&VITA CONSACRATA

DIOCESI

PARROCCHIE&COMUNITÀCONCILIO VATICANO II

CARITAS

EDUCARE OGGI

DIACONATO

SPIRITUALITÀ

SACRAMENTI

MUSICA&VITA CONSACRATA

ARTE

(segue dalla prima pagina)

E’ Lei l’unica a non aver bisogno divedere e di toccare per entrare nel-la gioia e nella gloria della Resurrezione,perché la sua beatitudine è da sem-pre quella di “aver creduto all’a-dempimento delle parole del Signore”.E’ Lei che, assunta nell’Ascensionedel Figlio, entrerà nel Santuario cele-ste per intercedere insieme con Luipresso i Padre in favore di tutti e diognuno dei figli partoriti sotto la Croce,che per questo la invocano comeMadonna delle Grazie.E’ Lei ad accompagnare la prima comu-nità nella preghiera, in attesa dellaprima Pentecoste, quando lo SpiritoSanto, che all’inizio era sceso e sudi Lei aveva steso la sua ombra, saràeffuso sugli apostoli e su tutti quel-li che accoglieranno il loro annun-cio, infiammandoli con il fuoco del

suo amore.Anche noi, quindi, siamo guidati daMaria nel cammino verso la nostraPentecoste, che la Diocesi celebreràin modo particolare nella Veglia comu-ne in Cattedrale, come solenne con-clusione di un anno in cui abbiamocercato di riscoprire l’opera che loSpirito Santo compie ogni giorno nel-la nostra vita: quella di renderci veriascoltatori della Parola di Dio, par-tecipi della beatitudine di Maria.E allora torna alla mente il fatto rac-contato dall’evangelista Luca: “Ungiorno andarono a trovarlo la madree i fratelli, ma non potevano avvici-narlo a causa della folla. Gli fu annun-ziato:”Tua madre e i tuoi fratelli sonoqui fuori e desiderano vederti”. MaGesù rispose: “Mia madre e i mieifratelli sono coloro che ascoltano laParola di Dio e la mettono in prati-ca”.

SANTA SEDE

SOCIALE&LAVORO

TRADIZIONI

22 QUESTO MESE PARLIAMO DI...MaggioMaggio

20072007

25° UNIONE DIOCESI

CINEMA

VOCAZIONI

CULTURA

CINEMA&APPUNTAMENTI

Il conte Alessandro Sforzanel 1638 lasciò al Capitolodi San Pietro in Vaticano unacospicua eredità legandolaall’obbligo di coronare con coro-ne d’oro le immagini dellaVergine che avessero solida famadi essere miracolose. La Madonna

delle Grazie di Velletri fu la quar-ta immagine ad essere coro-nata tra quelle esistenti fuo-ri di Roma. Da un documen-

to dell’archivio del CapitoloVaticano si trova che la prima fu“B. Mariae et Pueri Iesu in eccle-sia S. Basii Montis Poliziani”(Montepulciano), 1681; seguono:“B. Mariae V in ProvenzanoSenarum” (Siena), 1682; “B. MariaeV. et Puer Iesu in civitate RipaeTransonae” (Ripatransone), 1682;B. Mariae V et Pueri Iesu Gratiarumin Civitate Veliterna” 1682.Il delegato del Capitolo Vaticano,il canonico Ricci, venne in Velletriil 2 maggio 1682 e consegnò le duecorone all’arciprete del Capitoloveliterno; nell’istromento di con-segna l’arciprete e i canoniciassunsero l’impegno di mantenereper sempre “ in capitibus sacra-rum Imaginum Beatissimae

Virginisac Pueri Iesu

Christi D. N. existentium in Ven.Cappella B. Mariae Gratiarum”. Per il popolo veliterno, che in quel-la primavera aveva sperimentatoil valore delle preghiere innalza-te alla Madonna delle Grazie conla processione penitenziale aSanta Maria dell’Orto, quando, appe-na la macchina processionaleebbe voltato da piazza San Giacomoverso la Porta Napoletana, una piog-gia benefica e insistente comin-ciò a cadere ponendo fine ad unalunga siccità che stava mettendoin pericolo le coltivazioni e i rac-colti, il dono delle Corone sembròquasi un ringraziamento aggiun-tivo e provvidenziale alla GrandeProtettrice di Velletri. L’invasione degli Stati Pontifici daparte delle truppe repubblicane fran-cesi e la conseguente fine del domi-nio temporale del Papa, fu la cau-sa della perdita delle due prezio-

se corone, fatte asportare dalcomandante della piazza di Velletri

per ordine del generale Berthier,quale preda di guerra.Il Capitolo veliterno non credetteopportuno sostituire con altrecorone preziose quelle prelevatedai francesi perché ritenne giustoche di un così grande dono si dove-va conservare intatta la memoria;quindi furono apposte sulla vesteargentea due copie “false” solo pernon lasciare vuoto il luogo delleoriginali.Oggi le corone sono tornate al loroposto; nel 2004 per iniziativa di mons.Angelo Lopes, contribuendo allaspesa il Comune, la parrocchia, ei fedeli, l’orafo veliterno Mario Ciprianiha disegnato e realizzato le due coro-ne inserendo in quella dellaMadonna le figure a tutto tondo,in oro, dei Quattro Santi Protettoridella nostra città a sottolineare l’an-tica devozione e per i SantiClemente, Ponziano, Eleuterio eGeraldo e per la Madonna delleGrazie.Queste corone rappresentanosimbolicamente la continuità trapassato e presente nel nome del-la Vergine Maria.

di Fausto Ercolani

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D i o c e s i 33MaggioMaggio20072007

Nei numeri di settembre ed ottobrescorso, avevamo pubblicato le duedelibere del Consiglio Minore (30 ago-sto, 11 settembre), ed iniziato a vede-re quella del Consiglio Maggiore (del21 settembre 1806), aventi come ogget-to la proposta di dichiarare laMadonna delle Grazie Patrona eProtettrice della città di Velletri e diistituire un digiuno, in perpetuo, allavigilia della Sua Festa, a segno delringraziamento da parte del popoloveliterno tutto, verso Colei che l’a-veva protetto, nell’evento del terre-moto del 26 agosto precedente.In un consiglio, allargato per l’oc-casione a rappresentanti del Capitolo

della Cattedrale, del Clero Secolaree di quello Regolare, posto al quar-to punto dell’ordine del giorno, dopoche la materia venne illustrata anchesulla scorta di una lettera, da partedei sei parroci, in cui si specificavadi aver interpellato ed ottenuto il con-senso da parte di tutti i Capifamiglia(in numero di circa duemila) si arri-vò alla messa al voto da parte deiConsiglieri presenti:«Quibus perlectis alta, et intelligi-bili voce per me propositum fuit proutsequitur [Letti questi documenticon voce alta ed intelligibile, da mefu proposto quanto segue]:A chi pare, e piace, che coerentemente

alle due risoluzioni Consiliari dei 30Agosto, e 11 settembre, coerentementepure alla volontà del Popolo risul-tante dalla Relazione dè SignoriParrochi testè letta; per attestare anchenell’esterno colla Beatissima VergineMaria delle Grazie la gratitudine,e la devozione universale dellaCittà sia da questo momento dichia-rata Protettrice, e Padrona di que-sta Città, e per voto espresso volon-tario da durare in perpetuum deb-ba precedere al giorno della festa del-la medesima la vigilia con digiuno,e cibo di magro, da sanzionarsi dalSerenissimo Vescovo, e la Cittàposta sotto lo special Patrocinio del-la medesima sia ad essa Lei solen-nemente dedicata alla ricorrenza del-la sua Festa nel Maggio prossimoavvenire.Tunc surgentes omnes DD. Consiliariiviva voce nemi-ne discrepantevotum voveruntDeo OptimoMaximo, eiusque Unigenito FilioRedemptori Nostro, in honoremBeatissimae Virginis Mariae sub titu-lo Gratiarum, totius Civitatis nomi-ne, per quod Civitas tota omni futu-ro tempore vigiliam cum ieiunio obser-vet in die ante festum Beatae MariaeVirginis, et propositionem supradictamper me singulariter requisiti adpro-barunt in omnibus.» [Allora, alza-tisi in piedi, tutti i Signori Consiglieri,con viva voce e nessuno in disaccordo,dedicarono il voto a Dio Ottimo eMassimo ed a Suo Figlio UnigenitoNostro Redentore, in onore dellaBeatissima Vergine Maria, sotto iltitolo delle Grazie, a nome di tuttala Popolazione, affinché tutta la Popo-lazione in ogni tempo futuro, osser-vi la vigilia con digiuno nel giornoantecedente la festa della Beata VergineMaria, e interrogati singolarmenteaffinché la sopradetta proposta fos-se approvata in tutto da ognuno].(Archivio Storico Comunale, Libridei Consigli, PFR 1/1, ff. 80v.-84r.)La risoluzione venne approvataall’unanimità, cosa che però non avven-ne quando, al punto successivo, sidiscusse di devolvere il 10% del com-penso dei Consiglieri, a favore del-le spese da sostenersi nella Festa del-l’anno seguente 1807: votaronocontro 5 consiglieri, a favore 36:«Tunc A chi pare, e piace che degliOnorari fissi in tabella a favore dèSignori Consiglieri pubblici funzionari,ne sia ceduta la decima parte in ele-mosina alla cassa di devozione, chesi erogherà per la solennizzazionedella detta Festa, cosicché queste cari-che, le quali avessero l’onorario di

D i o c e s i44 MaggioMaggio20072007

di Tonino Parmeggiani

L’Editto del 27 aprile 1807 (ASC, PFR 3-2)

Il bicentenario della proclamazione di Maria SS

scudi… percepirebbero scudi nove,e così in proporzione.Et datis votis, et recollectis inventasunt nigra quinque, alba coetera, etsic obtinuit».A questo punto occorreva che la cosavenisse confermata dal Papa, l’alloraregnante Pio VII, a cui venne invia-ta una Supplica, con in allegato lerisoluzioni consiliari prese:«Beatissimo Padre Li Conservatoridi Velletri, e Maggior Consiglio innome di tutta la Popolazione supplicanola Santità Vostra di degnarsi appro-vare il voto fatto di celebrare la vigi-lia della B.ma Vergine delle Grazie

con cibo magro, e digiuno per ognitempo avvenire. Le carte ingiunte pro-vano a Vostra Santità l’autenticaRisoluzione e gli Oratori sperano dal-la Santità Vostra la Sanzione di que-sto attestato di divozione verso la loropotentissima Protettrice. Che dellaGrazia» (ASC, PFR 3/2). Sulretro, l’approvazione papale:«Ex audientia SS.mi, Die 3 Januarii1807. SS.mus, attentis expositis,votum de quo in precibus confirmandodeclaravit in perpetuum fore obbli-gaturum et benignè annuit ut prae-sens Rescriptum habeat eamdem vim,ac si expeditae essent literae

Apostolicae in formaBrevis. Contrariisquibuscumque nonobstantibus.Domenicus AthanasiusAuditor GeneralisOstiensis etVeliternensis[Nell’udienza di SuaSantità del giorno 3gennaio 1807, SuaSantità, dopo unaattenta esposizione,approvò che in per-petuo fosse obbliga-torio il voto per il qua-le erano state fatte pre-ghiere per una suaconfermazione e conbenevolenza accon-senti che il presenteRescripto abbia la stes-sa validità se fosse-ro state spedite let-tere Apostoliche in for-ma di Breve. Nessuncontrario tra i presenti.Domenica AtanasioUditore Generale(della Diocesi) diOstia e Velletri](sigillo in ceralacca)Pius Cappello aSecretisPer Li Conservatori,e Popolo di Velletri» La cosa però rimasea dormire per circaquattro mesi e sola-mente il 27 Aprile,lunedì precedente laFesta che in quell’anno1807 cadeva il 3maggio, il VicarioGenerale trasmise alSegretario Comunale,Luigi Cardinali «unoriginale del richie-sto Editto, affinché lofaccia sollecitamen-te stampare per pub-blicarsi almeno la mat-

tina del prossimo venerdì. E ritor-nandogli insieme il Rescritto Pontificiosi dichiara D.mo Obb.mo Ser.e».L’Editto, promulgato dal CardinaleVescovo Enrico Benedetto ClementeStuart Duca di York, reca la data del27 Aprile e con esso si informava tut-to il popolo, o meglio si ordinava,di osservare il digiuno, «con far usodei soli cibi di magro… » e se maisi fosse trovato qualche trasgresso-re «ci dichiaramo disposti a punir-lo esemplarmente». Questo anno sonoper l’appunto 200 anni che tale votoiniziò ad essere applicato alla vigi-lia della Festa della Madonna delleGrazie.Al presente la Chiesa ha abolito datempo queste disposizioni sul digiu-no indicando, nel contempo, nuoveforme, più reali alla vita dell’oggi eche non si limitano più all’aspetto ali-mentare (il“con far uso dei soli cibidi magro” oggi può diventare una para-dossale incongruenza) ma investonoanche altri aspetti della vita - con-sumistica - di ognuno. L’orientamen-to pastorale, nella vigilia di una fes-ta, è quindi di unire ogni personaleforma di digiuno-astinenza a momen-ti di preghiera ed a forme di carità.

Ch i e s a 55MaggioMaggio20072007

Il Rescritto papale di approvazione del voto(ASC, PFR 3-2)

Un’immagine della Madonnadelle Grazie in una stampatratta dall’opera di Raffaele

Ballerini del 1855

SS.ma Madre delle Grazie a Patrona di VelletriTerza Parte

Finalmente è stato pre-sentato il tanto atteso librodel Papa sulla figura diGesù di Nazareth. Be-nedetto XVI motiva il suolavoro letterario su GesùCristo con il “drammadel rifiuto di Cristo, che,come in passato, simanifesta e si esprime,purtroppo, anche oggiin tanti modi diversi.Forse persino più sub-dole e pericolose sonole forme del rifiuto di Dionell’era contempora-nea: dal netto rigettoall’indifferenza, dal-l’ateismo scientista allapresentazione di un Gesù cosiddetto moder-nizzato o postmodernizzato. Un Gesùuomo, ridotto in modo diverso a un sem-plice uomo del suo tempo, privato del-la sua divinità; oppure un Gesù talmenteidealizzato da sembrare talora il per-sonaggio di una fiaba”. A questo fal-so Gesù il papa ha opposto il “vero Gesùdella storia”: quel Gesù che è “veroDio e vero uomo e non si stanca di pro-porre il suo Vangelo a tutti”. Dinanzial quale “non si può restare indifferenti.

La separazione che Benedetto XVI ponetra il falso e il vero Gesù è dunque lastessa che egli vede in atto tra i libriche riducono Gesù a un semplice uomoe quelli invece che lo raccontano nel-la sua verità umano-divina.

Il libro di Joseph Ratzinger / BenedettoXVI – così firmato perché da lui scrit-to prima e dopo l’elezione a papa – inten-de precisamente opporre il Gesù auten-tico al falso Gesù “modernizzato o post-modernizzato”.

Cosi il Santo Padre annunciava e pre-sentava il suo libro il 30 settembre 2006“La mia interpretazione della figura diGesù nel Nuovo Testamento...”

“Al libro su Gesù, di cui ora presen-to al pubblico la prima parte, sono giun-to dopo un lungo cammino interiore.Al tempo della mia giovinezza – neglianni Trenta e Quaranta – vennero pub-blicati una serie di libri entusiasman-ti su Gesù. Ricordo solo il nome di alcu-ni autori: Karl Adam, Romano Guardini,Franz Michel Willam, Giovanni Papini,Jean Daniel-Rops. In tutti questi libril’immagine di Gesù Cristo venne deli-neata a partire dai Vangeli: come Eglivisse sulla terra e come, pur essendointeramente uomo, portò nello stessotempo agli uomini Dio, con il quale,in quanto Figlio, era una cosa sola. Così,attraverso l’uomo Gesù, divenne visi-bile Dio e a partire da Dio si poté vede-re l’immagine dell’uomo giusto.

A cominciare dagli anni Cinquanta lasituazione cambiò. Lo strappo tra il “Gesùstorico” e il “Cristo della fede” diven-ne sempre più ampio; l’uno si allon-tanò dall’altro a vista d’occhio. Ma chesignificato può avere la fede in GesùCristo, in Gesù Figlio del Dio viven-te, se poi l’uomo Gesù era così diver-so da come lo presentano gli evange-listi e da come lo annuncia la Chiesaa partire dai Vangeli? I progressi del-la ricerca storico-critica condussero adistinzioni sempre più sottili tra i diver-si strati della tradizione. Dietro di essi,la figura di Gesù, su cui poggia la fede,divenne sempre più incerta, presecontorni sempre meno definiti.

Nello stesso tempo le ricostruzioni diquesto Gesù , che doveva essere cer-cato dietro le tradizioni degli Evangelistie le loro fonti, divennero sempre più

contraddittorie: dal rivoluzionarionemico dei romani che si oppo-ne al potere costituito e natu-ralmente fallisce, al mite mora-lista che tutto permette e inspie-gabilmente finisce per causarela propria rovina. Chi legge diseguito un certo numero diqueste ricostruzioni può subitoconstatare che esse sono moltopiù fotografie degli autori e deiloro ideali che non la messa anudo di una icona diventata con-fusa. Nel frattempo è sì cresciutala diffidenza nei confronti di que-ste immagini di Gesù, e tuttaviala figura stessa di Gesù si è allon-tanata ancor più da noi. Tutti que-sti tentativi hanno comunque lascia-

to dietro di sé, come denominatore comu-ne, l’impressione che noi sappiamo benpoco di certo su Gesù e che solo piùtardi la fede nella sua divinità ha pla-smato la sua immagine. Questa impres-sione, nel frattempo, è penetrata pro-fondamente nella coscienza comune del-la cristianità.

Una simile situazione è drammatica perla fede perché rende incerto il suo auten-tico punto di riferimen-to: l’intima amiciziacon Gesù, da cui tuttodipende, minaccia diannaspare nel vuoto.Ho sentito il bisogno difornire ai lettori queste indicazioni dimetodo perché esse determinano la stra-da della mia interpretazione dellafigura di Gesù nel Nuovo Testamento.Per la mia presentazione di Gesù que-sto significa anzitutto che io ho fidu-cia nei Vangeli. Naturalmente dò perscontato quanto il Concilio e la moder-na esegesi dicono sui generi letterari,sull’intenzionalità delle affermazioni,sul contesto comunitario dei Vangelie il loro parlare in questo contesto vivo.Pur accettando, per quanto mi era pos-sibile, tutto questo ho voluto fare il ten-tativo di presentare il Gesù dei Vangelicome il vero Gesù, come il “Gesù sto-

sintesi a curadella redazione

S a n t a S e d e66 MaggioMaggio20072007

rico” nel vero senso della espressio-ne.

Già circa vent’anni dopo la morte diGesù troviamo pienamente dispiega-ta nel grande inno a Cristo della Letteraai Filippesi (2, 6-8) una cristologia, incui di Gesù si dice che era uguale a Dioma spogliò se stesso, si fece uomo, siumiliò fino alla morte sulla croce e chea lui spetta l’omaggio del creato, l’a-dorazione che nel profeta Isaia (45, 23)Dio proclamò come dovuta a lui solo.

La ricerca critica si pone a buon dirit-to la domanda: che cosa è successo inquesti vent’anni dalla crocifissione diGesù? Come si giunse a questa cristologia?L’azione di formazioni comunitarie ano-nime, di cui si cerca di trovare gli espo-nenti, in realtà non spiega nulla.Come mai dei raggruppamenti scono-sciuti poterono essere così creativi, con-vincere e in tal modo imporsi? Non èpiù logico anche dal punto di vista sto-rico che la grandezza si collochi all’i-nizio e che la figura di Gesù fece nel-la pratica saltare tutte le categorie dis-ponibili e poté così essere compresasolo a partire dal mistero di Dio?Naturalmente, credere che propriocome uomo egli fosse Dio e fece cono-scere questo avvolgendolo nelle para-bole e tuttavia in un modo sempre piùchiaro, va al di là delle possibilità delmetodo storico. Al contrario, se a par-tire da questa convinzione di fede sileggono i testi con il metodo storicoe la sua apertura per ciò che è più gran-de, essi si aprono, per mostrare una viae una figura, che sono degne di fede.

Diventano allora chiare anche la lot-ta a più strati presente negli scritti delNuovo Testamento intorno alla figu-ra di Gesù e nonostante tutte le diver-sità, il profondo accordo di questi scrit-ti. È chiaro che con questa visione del-la figura di Gesù io vado al di là di quel-lo che dice ad esempio Schnackenburgin rappresentanza di una buona partedell’esegesi contemporanea. Io spe-ro, però, che il lettore comprenda chequesto libro non è stato scritto controla moderna esegesi, ma con grande rico-noscenza per il molto che ci ha datoe continua a darci. Essa ci ha fatto cono-scere una grande quantità di fonti e diconcezioni attraverso le quali la figu-ra di Gesù può divenirci presente in unavivacità e profondità che solo pochi decen-

ni fa non riuscivamo neppure a imma-ginare. Io ho solo cercato di andareoltre la mera interpretazione storico-critica applicando i nuovi criteri meto-dologici, che ci permettono una inter-pretazione propriamente teologica del-la Bibbia e che naturalmente richiedonola fede senza per questo volere e poteraffatto rinunciare alla serietà storica.Di certo non c’è affatto bisogno di direespressamente che questo libro non èassolutamente un atto magisteriale, maè unicamente espressione della mia ricer-ca personale del “volto del Signore”(Salmo 27, 8). Perciò ognuno è libe-ro di contraddirmi. Chiedo solo alle let-trici e ai lettori quell’anticipo di sim-patia senza la quale non c’è alcuna com-prensione. Come ho detto all’inizio del-la prefazione, il cammino interiore ver-so questo libro è stato lungo. Ho potu-to cominciare a lavorarci durante le vacan-ze estive del 2003. Nell’agosto del 2004ho poi dato forma definitiva ai capi-toli dall’1 al 4. Dopo la mia elezionealla sede episcopale di Roma ho usa-to tutti i momenti liberi per portarlo avan-ti. Poiché non so quanto tempo e quan-ta forza mi saranno ancora concessi misono ora deciso a pubblicare come pri-ma parte del libro i primi dieci capi-toli, che vanno dal battesimo alGiordano fino alla confessione diPietro e alla Trasfigurazione”.

Nell’introduzione, Benedetto XVIpresenta Gesù come il “nuovo Mosè”annunciato dall’Antico Testamentonel libro del Deuteronomio: “un pro-feta con il quale il Signore parlava fac-

cia a faccia”. Il primo capitoloè dedicato al battesimo di Gesùnel Giordano. Immergendosinelle acque Gesù “accetta la mor-te per i peccati dell’umanità”.Mentre la voce dal cielo che loindica come il Figlio di Dio pre-diletto “è il rimando anticipatoalla risurrezione”. Capitolosecondo: le tentazioni di Gesù.Per salvare l’umanità, Gesùdeve vincere le tentazioni prin-

cipali che minacciano, in forme diver-se, gli uomini di tutti i tempi e, tra-sformandole in obbedienza, riaprire lastrada verso Dio, verso la vera Terrapromessa che è il “regno di Dio”. Il capi-tolo terzo è dedicato, appunto, al Regnodi Dio, che è la signoria di Dio sul mon-do e sulla storia ma si identifica nel-la stessa persona di Gesù, vivo e pre-sente qui e ora. Capitolo quarto: il dis-corso della montagna. In esso Gesù appa-re come il “nuovo Mosè” che porta acompimento la Torah, la legge. LeBeatitudini sono i punti cardine dellanuova legge e, al tempo stesso, un auto-ritratto di Gesù. Capitolo quinto: lapreghiera del Signore. Messosi alla seque-la di Gesù, il credente può invocare ilPadre con le parole da lui insegnate:Il Padre nostro. Il papa lo spiega perintero. Capitolo sesto: i discepoli. Lacomunanza con Gesù raccoglie idiscepoli nel “noi” di una nuovafamiglia, la Chiesa, che a sua volta èinviata a portare il suo messaggio nelmondo. Capitolo settimo: le parabole.Benedetto XVI ne illustra natura e sco-po e poi ne commenta tre.

Capitolo ottavo: le grandi immagini gio-vannee. Ossia: l’acqua, la vite e il vino,il pane, il pastore. Il papa le commentaad una ad una, dopo aver spiegato chiera l’evangelista Giovanni. Capitolo nono:la confessione di Pietro e la trasfigu-razione. Ambedue gli eventi sonomomenti decisivi per Gesù comeanche per i suoi discepoli. Mostranocon chiarezza qual è la vera missionedel Figlio di Dio sulla terra e qual èla sorte di chi vuole seguirlo. Gesù, ilFiglio del Dio vivente, è il Messia atte-so da Israele che, attraverso lo scan-dalo della croce, conduce l’umanità nel“regno di Dio”, alla libertà definitiva.Capitolo decimo: le affermazioni di Gesùsu se stesso. Benedetto XVI ne com-menta tre: “Figlio dell’Uomo”, “Figlio”,“Io Sono”.

S a n t a S e d e 77MaggioMaggio20072007

“La presenza di Gesù nel taberna-colo deve costituire come un polo diattrazione per un numero sempre piùgrande di anime innamorate di Lui,capaci di stare a lungo ad ascoltar-ne la voce e quasi a sentirne i palpi-ti del cuore. «Gustate e vedete quan-to è buono il Signore!» (Sal 33,9)”1

“La mia delizia consiste nello stare trai figli dell`uomo”2 Ecco Nostro Signorenon soddisfatto di essersi incarnato edi morire per nostro amore, anche dopola morte ha voluto restarsene con noinel SS. Sacramento, dichiarando chetra gli uomini trova le sue delizie.Nonostante a Cafarnao avesse visto,dopo essersi fatto conoscere come ilPane di vita, l’atteggiamento di tantidiscepoli che si erano allontanati da Luiperchè avevano considerato dura la dot-trina più tenera e amorevole che maifosse stata rivelata agli uomini: “Io sonoil pane vivo, disceso dal cielo. Se unomangia di questo pane vivrà in eter-no e il pane che io darò è la mia car-ne per la vita del mondo”3

“Disse allora Gesù ai Dodici: Forseanche voi volete andarvene?”. Ma gliapostoli confidarono nelle sue Parolee credettero che essi avrebbero avuto la vitaeterna “Signore, da chi andremo? Tu hai paro-le di vita eterna”. E necessaria la fede perricevere questo grande mistero, per questo Gesùcon divina pazienza li esortava a credere einsegnava loro che la fede è un dono di Dio

“… vi ho detto che nessuno può venire a me,se non gli è concesso dal Padre mio”4

Pure la Carità è necessaria per accettare laverità che il Signore vuole esporci nel dis-corso del pane di vita. Sant’Agostino dice-

va: “Da amantem et sentit quoddico”5 “dammi un innamorato e capi-rà quello che dico…” . Se c’impegniamoa leggere le Parole di Gesù Cristo sen-za amore saranno un enigma per le nostreanime, come sono sempre le parole amo-revoli per i cuori duri. Gesù Cristo ver-sa tutto il suo amore, quando si donaa noi nell’Eucaristia ed è necessario chenoi rispondiamo e rimaniamo vicini aLui come gli Apostoli.

Noi tutti siamo chiamati a “ stare conLui”6, a rimanere a fianco a Lui, ado-randolo nell’Eucaristia. “La fede ci chie-de di stare davanti all’Eucaristia conla consapevolezza che siamo davantia Cristo stesso”7. “Già Agostino ave-va detto: «nemo autem illam carnemmanducat, nisi prius adoraverit; pec-cemus non adorando – Nessuno man-gia questa carne senza prima adorarla;peccheremmo se non la adorassimo»(…) Ricevere l’Eucaristia significa por-si in atteggiamento di adorazione ver-so Colui che riceviamo. L’atto di ado-razione(…) prolunga ed intensifica quan-to s’è fatto nella Celebrazione litur-gica stessa. Infatti, « soltanto nell’a-dorazione può maturare un’acco-glienza profonda e vera»”8

Se ci avviciniamo spesso all’adorazioneeucaristica potremo essere sicuri di riceveremolte grazie e fare della nostra esistenza unalode ininterrotta di ringraziamento a Colui checerca la nostra compagnia e tante volte ci mostrail suo abbandono “Ho atteso compassione,ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati”9. Abbiamo il desiderio di avere una vita euca-ristica per consolare nostro Signore sempre,come hanno fatto i santi, e acquisire tante bene-dizioni per il mondo intero.

“Moltitudine di tabernacoli esistono in tut-ta la terra, ma solo un Dio, che è GesùSacramentato. Consolante verità, che fa sta-re cosi uniti al monaco nel coro, al missio-nario in terre di pagani, e al cristiano nellasua Parrocchia; non ci sono distanze né età…aipiedi del tabernacolo siamo tutti vicini, Dioci unisce, chiediamogli, per mezzo di Maria,che un giorno, nel Cielo possiamo contem-plare quel Dio che per amore all’uomo, si nascon-de, sotto le apparenze del pane e del vino”10

88 MaggioMaggio20072007Ch i e s a

NOTE

1 Giovanni Paolo II, Mane nobiscum Domine, 18

2 Cfr. Pro 8,31

3 Gv. 6,51

4 Gv 6,65

5 Sant’Agostino, De cons. Evang. 26,4

6 Cfr. Mc 3,14

7 Giovanni Paolo II, Mane nobiscum Domine, 16

8 Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 66

9 Sal 69,21

10 Beato Fray Maria Rafael Arnaiz

MONASTERO

“MADONNA

DELLE GRAZIE”

da LUNED� a SABATO

6:00 Adorazione al Santissimo Sacramento

7:00 Santa Messa con lodi (il martedì e mercoledì alle 07:30)

18:45 Vespri (il sabato alle 18:15) Adorazione al Santissimo

Sacramento – Compieta

DOMENICA

6:30 Lodi mattutine - Adorazione al Santissimo Sacramento

8:30 Santa Messa

18:30 Vespri - Adorazione al Santissimo Sacramento – Compieta

Tutti i giovedì vi è l’Adorazione eucaristica a partire dal-

le ore 15:00. Chiunque lo desidera, può rimanere al can-

to delle Ore liturgiche di Vespri e Compieta (19:15), alla

recita del Santo Rosario, e a una riflessione.

ORARI DI PREGHIERA

Dunque, «tutti gli uomini sono chiamati a for-mare il nuovo popolo di Dio». Era questo l’in-cipit di LG 14, che apre la seconda parte del capi-tolo II della Lumen Gentium. Il motivo è sem-plice e radicale insieme: perché tutti sono desti-natari della Buona Novella: «Andate, fate miediscepole tutte le genti, battezzandole nel nomedel Padre, del Figlio e dello Spirito» (Mt 28,20).Questo non significa che tutti gli uomini si pos-sano dire cristiani: il concilio non sposa la teo-ria di K. Rahner dei cristiani anonimi, famosain quegli anni. Piuttosto, il vangelo si incarna intutte le culture, «poiché di mezzo a tutte le stir-pi vengono i cittadini di un Regno che per suaindole è del cielo, non della terra».

Il testo si muove secondo una concezione uni-versalistica, come tutta l’ecclesiologia delVaticano II: lo dimostra una citazione di s. GiovanniCrisostomo, secondo il quale “chi sta a Romasa che gli indi sono sue membra”, a sottolinea-re la cattolicità della Chiesa, nella quale «tutti ifedeli sparsi per il mondo sono in comunione

nello Spirito santo». Lodimostra la chiusura delcapoverso, dove si diceesplicitamente che«questo carattere di

universalità che adorna il popolo di Dio è un donodello stesso Signore, e con essa la Chiesa cat-tolica efficacemente e senza soste tende a rica-pitolare tutta l’umanità, con tutti i suoi beni, inCristo capo nell’unità del suo Spirito» (LG 14/b).

Ancora, il quarto e ultimo capoverso affer-ma che «tutti gli uomini sono chiamati a questacattolica unità del Popolo di Dio, che prefigurae promuove la pace universale, e alla quale invario modo appartengono o sono ordinati sia ifedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, siainfine tutti gli uomini, chiamati dalla grazia diDio alla salvezza» (LG 14/d).

Il passaggio serve da raccordo, per descrivere,nei nn. 14-16, secondo cerchi concentrici sem-pre più larghi, il rapporto alla Chiesa dei fedelicattolici, dei cristiani non cattolici e dei non cri-stiani. Ma serve soprattutto di chiusura al temadell’unità della Chiesa. Tema che è fondato sulprincipio dell’interscambio di doni tra le varieparti della Chiesa: «in virtù della sua cattolici-tà, le singole parti portano doni alle altre partie a tutta la Chiesa, di maniera che il tutto e lesingole parti si accrescono con l’apporto di tut-te, che sono in comunione le une con le altre, econ i loro sforzi verso la pienezza dell’unità» (LG14/c). Il testo applica questo principio a due distin-te realtà in cui si manifesta la cattolicità della Chiesa:la diversità delle funzioni e degli stati di vita nel-

la Chiesa e la comunione delle Chiese nell’unae unica Chiesa cattolica.

Nel primo caso, più familiare per la nostraesperienza ecclesiale, l’unità della Chiesa noncancella le differenze tra i suoi membri; anzi, èla composizione armonica delle diversità di uffi-ci e degli stati di vita: «esiste tra i suoi membri[della Chiesa] – dice il testo – una diversità siadi ufficio, quando alcuni sono impegnati nel sacroministero per il bene dei loro fratelli, sia di con-dizione e regola di vita, quando molti nello sta-to religioso, tendendo alla santità per una via piùstretta, sono di stimolo ai fratelli con il loro esem-pio». Più avanti, rispettivamente nei capitoli III,IV e VI, la Lumen Gentium tratterà della costi-tuzione gerarchica della Chiesa presentando, deilaici e dei religiosi.

Il secondo campo di illustrazione della cat-tolicità della Chiesa è meno conosciuto, in quan-to l’esperienza ecclesiale del secondo millennioin Occidente è segnata da una forte centralizza-zione attorno alla figura e alla funzione del papa.Questo fatto, che ha le sue ragioni storiche, deter-mina un grande silenzio intorno al tema delle Chieseparticolari o locali, percepite come distretti ammi-nistrativi della Chiesa cattolica, intesa come un’u-nica grande diocesi con a capo il papa, rappre-sentato dai vescovi quali suoi funzionari, e noncome vere e proprie Chiese, che realizzano in séle proprietà della Chiesa una, santa, cattolica eapostolica. Al Vaticano II comincia un lento recu-pero dell’idea di Chiesa particolare. Il primo testoche ne parla si trova in Sacrosanctum Concilium,la costituzione sulla Liturgia, e parla della «pre-cipua manifestazione della Chiesa», che si ha nel-la Chiesa cattedrale – la Chiesa-madre della dio-cesi – quando il popolo di Dio è raccolto intor-no al vescovo circondato dal suo presbiterio edai ministri (cfr SC 41). IL tema sarà ripreso nelcapitolo III della Lumen Gentium, quando la costi-tuzione affronta il tema delle funzioni del vesco-vo, «principio e fondamento dell’unità» della suaChiesa (LG 23). Avremo modo di parlarne.

Qui la costituzione spiega la cattolicità del-la Chiesa attraverso la prospettiva della communioEcclesiarum: tante Chiese che non nuocciono nécompromettono l’unità della Chiesa, ma ne mani-festa la profonda natura di Communio. Ecco iltesto: «Così pure, nella comunione della Chiesavi sono legittimamente delle Chiese particolari,che godono di proprie tradizioni, rimanendo inte-gro il primato della cattedra di Pietro, la qualepresiede alla comunione universale della carità,tutela le varietà legittime, e insieme veglia affin-ché ciò che è particolare non solo non nuoccio-no all’unità, ma piuttosto la serva. E infine ne

derivano, tra le diverse parti della Chiesa, vin-coli di intima comunione circa le ricchezze spi-rituali, gli operai apostolici e gli aiuti materiali.Poiché i membri del Popolo di Dio sono chia-mati a condividere i doni, e valgono anche perle singole Chiese le parole dell’apostolo: “Da bra-vi amministratori della multiforme grazia di Dio,ognuno di voi metta a servizio degli altri il suodono, secondo che lo ha ricevuto” (1Pt 4,10)».

I commentatori hanno criticato il termine “par-tes” applicato alle Chiese particolari, che evo-cherebbe una divisione dell’unica Chiesa in par-ti, o la Chiesa come risultante della somma del-le singole parti, cosa che contraddice la naturastessa della Chiesa, che è “una”. Il decreto sulministero dei vescovi preferirà parlare della Chiesaparticolare come portio Populi Dei (cfr CD 11).Quello che va sottolineato è lo scambio dei donitra le Chiese, le quali sono diverse perché fiori-scono in luoghi diversi e si caratterizza «acco-gliendo tutte le risorse, le ricchezze, le consue-tudini dei popoli nella misura in cui sono buo-ne, e accogliendole le purifica, le consolida e leeleva».

La correlazione tra Chiesa universale e Chieseparticolari sarà espresso in LG 23, con un famo-so inciso che ha fatto versare fiumi di inchiostro:«nelle Chiese particolari e a partire da esse esi-ste l’una e unica Chiesa cattolica». Cosa signi-fichi, lo ha spiegato con la chiarezza che gli erapropria il papa Paolo VI, nella EvangeliiNuntiandi: « Questa chiesa universale si incar-na di fatto nelle chiese particolari, costituite a lorovolta dall’una o dall’altra porzione concreta diumanità, che parlano una data lingua, che sonotributarie di un loro retaggio culturale, di un deter-minato sostrato umano… Ma dobbiamo ben guar-darci dal concepire la chiesa universale come lasomma o, se così si può dire, la federazione piùo meno eteroclita di chiese particolari essenzialmentediverse. Secondo il pensiero del Signore è la stes-sa chiesa che, essendo universale per vocazio-ne e per missione, quando getta le sue radici nel-la varietà dei terreni culturali, sociali, umani, assu-me in ogni parte del mondo fisionomie ed espres-sioni esteriori diverse. In tal modo ogni chiesaparticolare, che si separasse volontariamente dal-la chiesa universale, perderebbe il suo riferimentoal disegno di Dio, si impoverirebbe nella sua dimen-sione ecclesiale. D’altra parte, la chiesa diffusain tutto il mondo diventerebbe un’astrazione senon prendesse corpo e vita precisamente attra-verso le chiese particolari. Solo una permanen-te attenzione ai due poli della chiesa ci consen-tirà di percepire la ricchezza di questo rapportotra chiesa universale e chiese particolari» (EN 62).

di don Dario Vitali

parroco e teologo

Ch i e s a 99MaggioMaggio20072007

D i o c e s i1010 MaggioMaggio20072007

Per lo speciale del 25° dell’iniziodell’unione delle due diocesi diVelletri e di Segni, abbiamo sol-lecitato diversi interventi cheancora attendiamo di ricevere,con piacere abbiamo accolto ilcontributo di S. E. Rev.maMons.Andrea Maria Erba eme-rito della nostra diocesi.

Eccellenza, a lei è stata affidata lanostra diocesi dopo che i suoi pre-decessori erano stati eletti prima vesco-vi di Velletri, poi delle due sedi distin-te di Velletri e Segni e da ultimo del-le due Sedi unite nella persona delvescovo, possiamo dire che ha rac-colto il frutto di un cammino, ci puòdescrive il “clima” che ha trovato pres-so la Santa Sede al momento dellasua elezione a Vescovo della Diocesi

Quando, nel dicembre 1988, sono sta-to nominato vescovo di Velletri-Segni,non sapevo neppure dove stavano que-ste due città, pur vivendo a Roma dapiù di venti anni. Pochi giorni dopomi chiamò il Cardinale BernardinGantin, allora Prefetto dellaCongregazione per i vescovi, ilquale mi disse testualmente: “Lei vadaa Velletri e non si preoccupi di nul-la in particolare non si occupi del-la situazione creatasi con l’unionedelle due diocesi. Noi sappiamo tut-to e Lei non deve far nulla”. Non mirestava che obbedire.

Monsignore, ricordiamo tutti la pri-ma volta che venne a Velletri, nel dicem-bre 1988, per una prima visita al cle-ro, anche i giornali dell’epoca mise-ro in risalto ciò che da quell’incon-tro emerse e cioè che Lei da subitoprovava affetto per la diocesi che gliveniva affidata, che non ambiva a lasciar-la quanto prima per sedi più presti-giose, fino al punto di dichiarare, fralo stupore di tutti, che desiderava esse-re sepolto a Velletri. Era questo un

modo per dire rimbocchiamoci le mani-che e per un cammino di unità peril tempo che ci è dato di stare insie-me. Le chiedo: quelle espressioni sin-cere di affetto erano anche mirate alenire qualche sofferenza?

Dall’incontro con il Card. Gantiniavevo appreso di qualche difficoltà.Ma appena entrai in Diocesi scopriiuna realtà piuttosto dolorosa. Fui subi-to assalito da lamentele e protesteda parte di parecchi sacerdoti di Velletriche vedevano la loro antica e glo-riosa Chiesa Suburbicaria letteral-mente smembrata e ridotta ai mini-mi termini territoriali. Le parrocchiedi Cisterna, Cori, Rocca Massima,Norma, Giulianello, erano state diautorità attribuite alla nuova diocesidi Latina. La decisione irrevocabi-le era stata presa dalla Santa Sedenonostante il parere negativo e le sup-pliche del clero e dei laici veliter-ni: Roma locuta est, causa finita est.Il 30 ottobre 1986 la Congregazionedei vescovi emanava il Decretosull’unione della Diocesi di Velletricon quella di Segni. Duplice fu il risul-tato negativo: la Diocesi di Velletriridotta alle sole parrocchie della cit-tà e di Lariano, mentre la diocesi diSegni perdeva la sede vescovile e veni-va aggregata.

Quindi quelle sue parole volevanoessere un incoraggiamento.Cosa accadde dopo?

Da quel momento ebbe inizio il cam-

mino per una sostanziale unitàpastorale: fu una marcia di avvici-namento non facile e non priva diostacoli. Troppe sembravano lediversità storiche, culturali, psico-logiche, umane e caratteriali fra ledue zone. Per un cam-mino comune furo-no molto utili legiornate mensili diritiro del clero per una reciproca cono-scenza e dialogo. Ugualmenteimportanti furono i convegni pasto-rali annuali celebrati ora nella zonadi Velletri, ora in quella di Segni-Colleferro. Non mancarono lenostalgie, i ripensamenti, le difficoltàma, grazie a Dio e la buona volon-tà da parte di tutti, si fecero conti-nui progressi verso la meta della uni-tà.

In quale settore trovò più disponi-bilità

Devo aggiungere che a questaimpresa molto contribuì il clero piùgiovane, meno legato alle tradizio-ni e le varie destinazioni nelle par-rocchie antiche e nuove.

Lei ora ha passato la guida della dio-cesi al suo successore, cosa vuole aggiun-gere?

Il cammino di unione non è perfet-to. Grazie alla guida del nuovo vesco-vo, mons. Vincenzo Apicella, la me-ta è più vicina e raggiungibile.

Mons. Andrea Maria Erba durante i riti per l’ingresso ufficialein Diocesi il 22 gennaio 1989

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a curadella redazione

Il Cristianesimo si presenta al mondo comeuna religione che ha come carattere fon-damentale la salvezza dell’uomo e l’u-nità di tutti gli uomini tra loro in Dio.Il suo Vangelo abbraccia integralmen-te l’uomo e non soltanto la sua dimen-sione spirituale, e non è negatrice dei valo-ri temporali, benché affermi la loro ordi-nazione a quelli spirituali. “Qual van-taggio infatti avrà l’uomo se guadagneràil mondo intero e poi perderà la sua ani-ma? O che cosa l’uomo potrà dare in cam-bio della propria anima?” (Mt 16, 26).

Nessun dissidio pone lareligione cristiana tramateria e spirito, tra ter-ra e cielo, tra mondo ed

aldilà. L’impegno dell’uomo credentedovrebbe essere sempre orientato, quin-di, sia a nutrire e vestire il corpo che anutrire ed abbellire lo spirito. Invece sipuò cogliere facilmente nel mondoattuale che c’è in molti una corsa sfre-nata per produrre beni di consumo cheli proietta più al raggiungimento dell’utileche del giusto, creando così situazionidi profondo attrito e aperti contrasti trauomini e tra popoli. La cosa peggioredi questo comportamento esistente nel-la nostra società è che conduce gli uomi-ni a distruggere del tutto i valori dellospirito, i soli capaci di creare tra di essiil vero dialogo per poter così costruirel’armonia tra i valori umani e spiritua-li. Certamente nel campo specificodell’ordine temporale, il laico ha la suaautonomia, che non gli impedisce di attin-gere aiuto e luce dalla vita della Chiesa,anzi esso è tanto efficace quanto menoviene imposto. Per questo nella presentesituazione storica, il laico ha urgente ecostante bisogno di alimentare la sua spi-ritualità, per non vedere spenta la fiac-cola della vita nelle incomprensioni e nel-le avverse circostanze del vivere quo-tidiano. La concretizzazione di questaspiritualità permetterà al laico di entra-re profondamente nel vissuto umano fami-liare e sociale, per sanarlo, irrobustir-lo, elevarlo e trasformarlo in una con-tinua storia di bene e salvezza. A que-sto punto ci dobbiamo domandare che

cosa significhi la parola “Spiritualità”.Essa affonda le sue radici nel cristianesimo.Prima di tutto dobbiamo escludere cheessa non ci conduce ad una forma di eva-sione dal vissuto o ad un rifugio del-l’intimismo personale. In questo il suoautentico significato penetra il quotidianoconcreto e lo nobilita perfezionandolo.Il termine Spiritualità deriva da spirito,che riceve tutta la sua forza vitale dal-la potenza stessa di Dio. Genericamenteesprime un’azione di Dio a favore del-l’uomo, determinato dai concreti inter-venti divini. Tuttavia non sempre l’uo-mo e la donna riescono a comprendereche la soluzione della loro crisi nella vitafamiliare e sociale possa dipendere dal-l’assenza di una propria spiritualità. Lanostra cultura moderna non riuscendoa cogliere la ragione più profonda di talecrisi, fa ricorso a fattori storici per spie-garla: dapprima il capitalismo, poi il mar-xismo, il consumismo, la pubblicità, l’in-quinamento, la repressione sessuale, i massmedia, l’energia atomica etc. Si è pen-sato di risolvere questa crisi dei valoriesortando tutti a usare coscienziosamenteil denaro, a creare nuove opportunità dilavoro, a darsi ad una vita sana, a edu-care i giovani ad essere impegnati nel-la società, ad affinare l’uso dei mass media.Tutte cose giuste e valide per il bene del-la società ma non pienamente idonee arisolvere le situazioni etiche della vitaprivata e sociale. Difatti raramente daparte della cultura dominante con il suosecolarismo ed il suo relativismo eticogli viene il sospetto che il malessere del-l’uomo di oggi possa derivare dall’eclissidi Dio. Per questo oggi si fa del tuttoper relegare la spiritualità nello spaziodel privato delle persone cercando di eli-minarla dal tessuto della società. Bastipensare a quanto si è parlato, discussoe detto per togliere il crocifisso fonte dispiritualità da ogni ambiente pubblico.Stiamo dimenticando l’insegnamento diGesù: ”Non di solo pane vive l’uomo,ma di ogni parola che esce dalla boccadi Dio” (Mt 4, 4). Da qui scaturisce cheall’essere figli di Dio deve corrispon-dere il vivere da figli di Dio. San Francesco

di Sales nell’introduzione alla VitaDevota, afferma che: ”Nella creazioneDio comandò alle piante di produrre iloro frutti ognuno secondo la propria spe-cie” (Gen 1, 1). Lo stesso comando lorivolge ai cristiani, che sono piante vivedella sua Chiesa perché producanofrutti di devozione, ognuno secondo ilsuo stato e la sua condizione… perciòdunque ci troviamo, possiamo e dobbiamoaspirare alla vita perfetta. Paolo VI dice-va: “La Chiesa ha un’autentica dimen-sione secolare, inerente alla sua intimanatura e missione, la cui radice affon-da nel mistero del Verbo Incarnato, e cheè realizzata in forme diverse dai suoi mem-bri” (A.A.S. 64 – 1972, 208). GiovanniPaolo II nell’esortazione apostolicaChristifideles laici insegna che: “In for-za della comune dignità battesimale ilfedele laico è corresponsabile, insiemecon i ministri ordinati e con i religiosie le religiose della missione dellaChiesa” (C.F.L. 15). Egli nella stessa esor-tazione continua: “E’ innanzi tutto da rico-noscersi la libertà associativa dei fede-li laici nella Chiesa. Tale libertà è un veroe proprio diritto che non deriva da unaspecie di concessione dell’autorità, mache scaturisce dal battesimo, qualesacramento che chiama i fedeli laici apartecipare attivamente alla comunioneed alla missione della Chiesa” (C.F.L.29). Difatti la spiritualità dei movimentiecclesiali, oggi, nel pieno rispetto dei cri-teri d’ecclesialità (C.F.L. 30), è incen-trata nel pieno della spiritualità spontaneae libera. I movimenti hanno comenucleo centrale non soltanto Cristo, model-lo che va perseguito come maestro di veri-tà, di cui si ascolta con fedeltà la paro-la, ma anche lo Spirito Santo che sof-fia dove vuole ed illumina tutti. Speriamoche tutto il laicato cristiano sia semprepiù consapevole che soltanto attraver-so mezzi idonei, quali l’ascolto della Paroladi Dio, la preghiera, il ricevere l’Eucaristia,l’attenzione al prossimo, il seguire ilMagistero della Chiesa, possa far cre-scere una propria spiritualità necessa-ria per il bene spirituale personale e col-lettivo.

di mons. Franco Risi

S p i r i t u a l i t à 1111MaggioMaggio20072007

1212 MaggioMaggio20072007Ca r i t a s

I Centri di Ascolto (d’ora in poi CdA) Caritas sonodefiniti le “antenne” del territorio: colgono situazionie cambiamenti, ascoltano problemi, fanno la lettu-ra delle povertà, raccolgono i disagi, le sofferenze,i bisogni di sempre e problematiche emergenti (immi-grazione e il fenomeno sempre crescente dei senzafissa dimora).Con quale stile fa tutto ciò?Lo possiamo descrivere attraverso alcune parole:ACCOGLIENZA. Disponibilità nei confronti di qual-siasi condizione di disagio e di qualsiasi bisogno espres-so. Si tratta di prestare attenzione innanzitutto alladignità della persona.ASCOLTO. È la “prima Carità”, molto spesso è piùnecessaria dello stesso bisogno materiale. ACCOM-PAGNAMENTO. Condividere affiancando.PRESAIN CARICO RELAZIONALE. Per megliofocalizzare e definire i bisogni è necessario appro-fondire la conoscenza. RISPOSTA concreta a bisogni primari.Questo stile si concretizza attraverso la compilazionedella:scheda di rilevazione base: una scheda con fun-zione di ascolto e orientamento, composta dai datidel soggetto, dal bisogno esplicitato e dal tipo di rispo-sta attivato.la cartella di presa in carico, composta dai dati anchedel nucleo familiare, sulla condizione lavorativa, ilcurriculum, la tipologia di disagio, l’eventuale qua-dro diagnostico, i contatti con i servizi socio-sani-tari (ASL e Servizi sociali del comune), i bisogniesplicitati e quelli rilevati dall’operatore, ecc. La car-tella viene aperta per tutti coloro per i quali il CdAattiva una presa in carico continuativa, di integra-zione sociale-lavorativa e, eventualmente l’accom-pagnamento verso altri servizi.Con la raccolta di tutti questi dati, ci sono informazioniche mettono in evidenza non solo le richieste e i biso-gni delle persone che affluiscono al CdA, ma anchele modalità e le carenza degli interventi d’aiuto pre-senti sul territorio. La raccolta dei dati non ha la pre-tesa di fornire il panorama completo delle povertàdel nostro territorio. La funzione del CdAè dunqueanche di tipo pedagogico: nel momento in cui acco-glie una richiesta cerca non solo di dare risposte madi capire e interpretare quello che c’è dietro la pover-tà e dove essa nasce. Questa conoscenza ed espe-rienza va comunicata alla comunità ecclesiale e civi-le, perché tutti conoscano e non ci si nascondanel dire: “ma io non lo sapevo!”. Anche così cre-sce il livello qualitativo di umanità di un territorio.

Che cosa viene fuori dal CdA diocesano?La Caritas nel periodo tra gennaio 2006 e febbraio2007, si è fatta carico di 173 situazioni gravi e urgen-ti, in prevalenza segnalati dalle parrocchie della dio-cesi e dai servizi sociali comunali.

I bisogni rilevati nel quadro indicato sono stati (lielenchiamo in ordine di maggiore richiesta di aiu-to):

1. Problemi del lavoro:a. disoccupazione;b. lavoro nero/non in regola;c. sottoccupazione (sfruttamento, lavori precari, dequa-lificati).2. Abitazione:a. sfratto / difficoltà a pagare l’affitto;b. coabitazione con altri stranieri;c. mancanza di casa / abitazione precaria / inade-guata.3. Problemi legati al reddito:a. per perdita di lavoro/ per indebitamento;b. non viene percepito nessun reddito;c. spese di gestione familiare (gas, luce, affitto, ecc.);d. spese sanitarie ed assistenziali impreviste;e. per acquisto casa;f. per protesto / fallimento;g. usura.4. Problemi familiari :a. coppie in crisi (separazioni di fatto e in casa);b. conflitti/maltrattamenti/violenza fisica (non ses-suale);c. abbandono della famiglia da parte del marito;d. tossicodipendenze.5. Malattia:a. richiesta di denaro per sostenere la spesa di far-maci per malattie croniche ma non sufficientementegravi da richiedere l’esenzione per patologia alla ASL;b. neuropsichiatriche;c. per cure odontoiatriche;d. solitudine.6. Detenzione:a. libertà vigilata;b. indulto;c. inserimento sociale e lavorativo dopo la deten-zione.7. Handicap o disabilità:a. handicap psico-mentale;b. malattia neuropsichiatria.

Raccogliere questi dati ci è sembrato particolarmenteimportante perchè aiuta a capire quanto disagio som-merso si nasconde a volte dietro una semplice richie-sta di lavoro.Osservando lo schema precedente ci si rende con-to che i poveri non sono una categoria sociale a par-te, ma persone che appartengono a diversi ceti socia-li, che le vicende della vita collocano in situazionidi bisogno temporaneo o permanente. Tra le diverse problematiche emerse dal CdAla neces-sità lavorativa possiede la percentuale più alta. Lamancanza di lavoro può rendere ereditaria lapovertà trasmettendola a livello inter-generaziona-

le: infatti, si è poveri da bambini, perché figli di dis-occupati, si rimane poveri da giovani perchè la fami-glia d’origine non può sostenere i costi di una for-mazione adeguata; si è poveri da adulti per la pre-carietà del lavoro ed infine si rimane poveri da anzia-ni poiché il curriculum vitae non ha garantito nep-pure una pensione minima.La mancanza di lavoro continuativo crea inevitabilmenteil problema del reddito.Accanto alle problematiche abitative quasi sempresi innescano problemi familiari (crisi, conflitti del-la coppia, difficoltà nella relazione con i figli.La casa è un diritto fondamentale. Le famiglie nonpossono essere gravate dalla provvisorietà della casa.Non è sufficiente esaltare il valore della famiglia enon essere in grado di elaborare una “politica del-la casa” anche minima.Purtroppo bisogna dire che essa è assente presso tut-te le amministrazioni comunali che fanno parte delterritorio diocesano. Oggi perdere il lavoro o subire uno sfratto vuol direfinire per strada: si incontrano storie di persone chelavorano ma non riescono a mantenere l’affitto del-la casa, e se a questa difficoltà si aggiunge veniremeno delle reti tradizionali di sostegno (famiglia, ami-ci, ecc), aumenta note-volmente il rischio di per-dere tutto in poco tempoe di ritrovarsi a vivere inautomobile, per strada o, per un periodo, in un cen-tro di accoglienza caritas.Triste ma vero: questo problema sta interessando per-sone apparentemente integrate, appartenenti all’a-rea della “normalità”, una normalità che frana perla crescente difficoltà economica e relazionale.Aqueste problematiche abitative, che risultano par-ticolarmente difficili da affrontare, la Caritas diocesanae parrocchiale prova a dare una piccola risposta dicarattere temporaneo con due mini-appartamenti: unopresso la sede di “San Lorenzo” Velletri e uno pres-so la casa parrocchiale SS. Nome di Maria di Landiin Genzano.

Presso la casa di “San Lorenzo” Velletri sono stateospitati 7 nuclei familiari e tre persone sole, per untotate di 19 ospiti tra adulti e bambini. Mentre adun anno esatto dall’inizio della sua apertura, pres-so la Parrocchia SS. Nome di Maria Landi sono sta-ti accolti 4 nuclei familiari e 2 adulti, per un totaledi 15 ospiti.In caso di necessità abbiamo fatto ricorso ad una strut-tura di accoglienza notturna aperta solo nell’”emergenza freddo” presso la Caritas della Diocesidi Frascati.

Dal Centro di Ascolto quale progetto di intervento?Dopo una prima risposta che cerca di affrontare l’e-mergenza ci si attiva per elaborare, dove è possibi-le, un progetto personale o famigliare. Questo cer-tamente richiede tempi più lunghi, ma è in grado didare risultati concreti e stabili per l’autonomia del-la persona e/o del nucleo familiare. Lavorare per pro-getto significa non fare tutto da soli ma coinvolge-re ad es la comunità parrocchiale di provenienza, ASL,i Servizi sociali del comune, il consultorio il Centroper l’Impiego, ecc.Il punto focale è quello di non dimenticarsi che sia-mo di fronte ad una persona con la sua storia: essava accolta e rispettata. E se le persone si lascianoaccompagnare e sostenere, a volte ne viene fuori un…pic-colo miracolo.

173

ITALIANI

97 STRANIERI

76

UOMINI

52 DONNE

45 UOMINI

28 DONNE

48

di Giusi Delle Chiaie

Il centro di ascolto diocesano di San Lorenzo

Distribuzione dei casi affrontati dal CdA della Diocesi divisi per nazionalità e sesso

La celebre cattedrale parigina è oggi cono-sciuta da tutti per la sua grandiosità e mae-stosità della sua architettura, per essere situa-ta nel cuore di una delle città più amate nelmondo, perché teatro di affascinanti storieletterarie, perché è uno dei più mirabili frut-ti della cultura cristiana in Europa ma oltretutto ciò, questo luogo riveste una sua fon-damentale importanza anche nella storia del-la musica.Nel corso del XIII secolo proprio nell’am-bito della cattedrale nacque la Scuola di Pariginella quale si studiava musica religiosa, unascuola nata dalla stretta collaborazione cheesisteva tra la Chiesa e l’Università parigi-na. La Scuola di Parigi costituì una grandenovità e fu determinante per lo sviluppo del-la musica: essa tornò ad essere materia distudio accademico riacquistando l’importanzache aveva avuto nell’antichità classica.Protagonisti della scuola musicale di Parigifurono, in ordine, Magister Leoninus e Ma-

gister Perotinus;la loro opera ser-vì a rendere piùricche e solenni

le celebrazioni liturgiche nella cattedrale ela scuola di Notre-Dame iniziò la strada del-la musica polifonica europea, sono appuntodue tra le opere di Magister Perotinus, il VideruntOmnes, composto per il Natale del 1198 eil Sederunt Principes dell’anno successivo,i più antichi esempi conosciuti di canti poli-fonici a 4 voci, nella musica occidentale.La struttura compositiva di questi canti sem-bra tradurre in musica la grandiosità delle archi-tetture gotiche, l’agilità dell’intreccio delle

voci sembra farciarrampicare versole altissime volte del-la cattedrale medioe-vale francese, lascrittura di questecomposizioni fan-tasiosa e ricca di deli-cati effetti sonori,rievoca le sottilitrame delle deco-razioni gotiche. Oltre Notre-Dame,sorsero in quelperiodo altri centridi musica polifonicain diverse città del-la Francia, dei PaesiBassi, dell’Inghilterrameridionale edell’Italia del nord,ma sicuramente, lascuola di Notre-Dame si distinse per-ché lo sviluppodella musica poli-fonia si coniugòcon la costruzionestessa della catte-drale, iniziata nel1160 e terminata nel1260.Una grande opera collettiva e popolare, comelo erano allora le costruzioni delle cattedra-li, ma nello stesso tempo nutrita di un sape-re colto, antico, nella quale il mistero del mon-do soprannaturale veniva rappresentato agli

occhi delle persone più ignoranti, così comea quelli della gente più istruita.In tale ambiente, la ricchezza della musicapolifonica, era il risultato di una tradizionemusicale popolare, ma filtrata da un pensieroe un’attitudine colta.

Mus i c a S a c r a 1313MaggioMaggio20072007

di Mara Della Vecchia

V i t a1414 MaggioMaggio20072007

Fra i moltissimi messaggi dipapa Benedetto XVI ricchidi riflessi sociali, e quindi

interessanti per la vita quotidiana deicattolici, credo che meriti un appro-fondimento quello del 24 febbraio scor-so alla Pontificia Accademia per la Vitae ai partecipanti al congresso inter-nazionale intitolato “La coscienza cri-stiana a sostegno del diritto alla vita”.

Il diritto alla vita, dice il papa,esige il sostegno di tutti per-ché è il fondamento di tutti gli

altri diritti umani. Ogni uomo aper-to alla verità, dice l’enciclicaEvangelium vitae, può riconoscere nel-la legge naturale insita in ognuno ilvalore sacro della vita umana dal pri-mo inizio fino al suo termine. Tale dirit-to deve essere difeso e promosso soprat-tutto dai cristiani, perché con l’in-carnazione del Figlio di Dio si rive-la all’umanità sia l’amore di Dio cheil valore incomparabile di ogni per-sona umana. Il cristiano deve quin-di mobilitarsi quando il diritto alla vitaè attaccato, facendo leva sulle moti-vazioni radicate nella legge naturalee perciò condivisibili da ogni perso-na di retta coscienza. Per questo, spe-cie con l’enciclica ricordata, sono sta-ti meglio divulgati i contenuti di quel-le motivazioni; ma nel frattempo gliattacchi al diritto alla vita si sono mol-tiplicati ovunque, assumendo anchenuove forme.

Sono sempre più forti, inAmerica Latina e nei Paesiin via di sviluppo, le pressioni

per legalizzare l’aborto, anche median-te nuove forme di aborto chimico sot-to il pretesto della salute riprodutti-va; si incrementano le politiche di con-trollo demografico, benché sianostate riconosciute dannose anche sulpiano economico e sociale. Nei Paesipiù sviluppati invece una ricerca bio-tecnologica sempre più raffinata pun-ta sui metodi eugenici nella ricercadel “figlio perfetto”: procreazione arti-ficiale, selezione eugenetica, lega-lizzazione dell’eutanasia. Aumentanod’altra parte le pressioni per legaliz-zare le convivenze alternative almatrimonio e chiuse alla procreazionenaturale. Così, sopraffatta dai mezzi

di pressione collettiva e dal potere deipiù forti, la coscienza perde la capa-cità di vigilare sulla gravità delle que-stioni in gioco, quasi si blocca.

E’necessario dunque appel-larsi ancora alla coscien-za, in particolare alla

coscienza cristiana. Il Catechismo del-la Chiesa Cattolica ci dice che essa“è un giudizio razionale con cui la per-sona riconosce la qualità morale di un’a-zione concreta, seguendo ciò che è giu-sto e retto”. Dunque la coscienza, pergiudicare rettamente, deve fondarsi sul-la verità, cioè deve essere illumina-ta per riconoscere il vero valore del-le azioni, onde distinguere il bene dalmale anche in un ambiente sociale oculturale dove tale distinzione è resadifficile. La formazione di unacoscienza vera e retta, cioè fondatasulla verità, oggi è impresa difficilema imprescindibile. Ma è ostacolatada molti fattori, anzitutto il rifiuto del-la tradizione cristiana da parte dellaattuale società postmoderna, dove secon-do alcuni la coscienza individuale, peressere libera, deve disfarsi dei rife-rimenti sia alla tradizione che alla ragio-ne. Così la coscienza non è più luce,un atto razionale mirante alla veritàdelle cose, ma uno sfondo buio su cuila società dei media proietta ogni tipodi impulsi e di immagini.

Occorre dunque rieducare aldesiderio di conoscere laverità, a difendere la pro-

pria libertà di scelta di fronte ai com-portamenti di massa e alla propaganda,per cercare la bellezza morale e la chia-rezza della coscienza. Questo com-pito spetta ai genitori e agli educatori,e alla comunità cristiana rispetto aifedeli. Una coscienza cristiana saldasi fonda su un cammino che dura nel-le varie tappe della vita e che abituiad accogliere i doveri fondamentalidel singolo e della comunità. I gio-vani potranno così conoscere i valo-ri della vita, dell’amore, del matrimonio,della famiglia. Se manca una forma-zione cristiana continua e qualifica-ta, è difficile formarsi una capacitàdi giudizio su problemi come la ses-sualità, la procreazione, la vitanascente, la cura dei malati e delle fasce

deboli della società. I criteri moraliriguardanti questi temi andranno dis-cussi con professionisti, medici e giu-risti, perché ci si formi un giudiziodi coscienza e a volte anche una obie-zione di coscienza; ma andranno dis-cussi anche con la base, famiglie e comu-nità parrocchiali, per la formazionedi giovani e adulti. Per questi dunque,accanto alla formazione cristiana(Cristo, la sua Parola, i Sacramenti),si dovrà affrontare anche il discorsosui valori morali circa la corporeità,la sessualità, l’amore umano, la pro-creazione, il rispetto per la vita, denun-ciando chiaramente i comportamen-ti contrari. In questo campo, accan-to ai sacerdoti, sarà importante l’o-pera degli educatori laici, anche spe-cialisti.

Il papa prega il Signore perchémandi testimoni forniti dicoscienza vera e retta a quan-

ti si dedicano alle scienze, al diritto,alla politica; e chiede l’aiuto di filo-sofi, teologi, scienziati e medicimoderni al fine di risvegliare, nellanostra società chiassosa e violenta, lavoce della coscienza. Il Concilio ciha insegnato che la dignità dell’uo-mo consiste nell’ubbidire alla leggescritta da Dio nel suo cuore, sulla qua-le egli sarà giudicato (Gaudium et Spes,16); ed ha invitato i laici a distinguerefra diritti e doveri che spettano loroin quanto membri della Chiesa e del-lo Stato, e ad armonizzarli tra loro,ricordando però che in ogni cosa tem-porale devono lasciarsi guidare dal-la coscienza cristiana, perché nessu-na attività umana può sottrarsi a Dio(Lumen Gentium, 36). Per questo ilConcilio esorta i laici credenti a segui-re le decisioni dei propri pastori, comeesorta i pastori a riconoscere e pro-muovere la dignità e la responsabi-lità dei laici nella Chiesa (LumenGentium, 38).

Quando è in gioco il valo-re della vita, questa armo-nia di rapporti è molto impor-

tante: la vita è il primo bene ricevu-to da Dio e il fondamento di tutti glialtri; garantire il diritto alla vita è undovere da cui dipende il futuro del-l’umanità.

sintesia cura diStanislaoFioramonti

Questa è una storia dav-vero “esemplare” (in sensonegativo) che arriva da Londrae dalla “Grande Camera” della CorteEuropea di Strasburgo e a que-sta storia bisognerà rifarsi quan-do si sente dire in giro o si leg-ge sui giornali che, in materie “sen-sibili” all’etica, l’Italia deve asso-lutamente adeguarsi al più altolivello di modernità e di civiltàdell’Europa. La Corte di Strasburgoè una specie di supertribunale aicui, nei casi di ritenuta violazio-ne dei diritti umani, si può farericorso per avere giustizia.

La storia è la seguente. Nel2001, una signora inglese di 35anni, Natalie Evans, malata di can-cro (un tumore alle ovaie), ave-va fatto concepire, insieme conil marito Howard Johnston, sei figliin proveZtta per potersi sottoporrealle cure necessarie – unapesante chemioterapia – senzacorrere il rischio di non poterlopiù fare dopo a causa degli effet-

ti delle sostanze chi-miche che vengonoassunte per vincere ilmale. I sei embrioni era-

no stati conservati sotto azoto liqui-do per poterli “usare” a fine cura.Divenuta sterile, come previstoin seguito alla cura contro il can-cro, i due si erano separati nel2002 e il padre di quelle creatu-re aveva deciso di ritirare il con-senso alla nascita dei suoi figlie di chiedere alla clinica, cui gliembrioni erano stati affidati, didistruggerli.

La signora Evans, però, lipretendeva: erano figli anche suoi,diceva giustamente e, contro il rifiu-to dell’ex marito (e padre di que-gli stessi figli), aveva fatto ricor-so ai tribunali britannici, perchéin Inghilterra per usare gli embrio-ni si deve ottenere il consensodel partner. Niente da fare e boc-ciatura anche in secondo grado.Con l’aggravante che la Corte d’ap-pello britannica aveva informatol’aspirante mamma che nonavrebbe nemmeno potuto rivol-

gersi alla Camera dei Lords. Allorala signora Evans è ricorsa alTribunale europeo per i diritti uma-ni, dal quale, però, l’anno scor-so si è vista dare torto. Convintadelle sue buone ragioni, Nataliesi è appellata alla Corte diStrasburgo (la “Grande Camera”),la quale, però, il 10 aprile scor-so, ha deciso anch’essa per il nofinale.

Opposti, ovviamente, isentimenti dei due ex sposi. Nataliesi è detta «assolutamente distrut-ta», non potendo accettare chegli embrioni vengano distrutti. «Moltofelice», invece, l’ex partner, per-ché finalmente «ha vinto il buonsenso», vale a dire perché i suoisei figli saranno ucci-si in un forno crema-torio. Tredici giudici sudiciassette avevanodichiarato che «non c’èstata violazione del dirit-to alla vita» e che, inve-ce, era stato rispettatoil diritto alla privacy fami-liare. Il commento deldirettore della BritishFer t i l i ty Soc ie ty ,l’Autorità britannicaper la fertilità, misterAllan Pacey: «Avere unfiglio è una respon-sabilità comune».

Sennonché laresponsabilità comune era già sta-ta impegnata al momento del con-cepimento e buon senso avreb-be voluto che fosse portata alleultime logiche conseguenze. Lavicenda – la tragedia di seibambini, anche se in età embrio-nale, mandati a morire per un bana-le litigio tra marito e moglie e conl’aggravante del parere favore-vole di due tribunali nazionali edue internazionali – è di una gra-vità senza pari. Non solo si negail diritto di una donna di avere alme-no uno dei sei figli già concepi-ti, ma tutti e sei vengono uccisicon giustificazioni davvero soltantoformali e in base a leggi assur-de.

Che cosa sono i figli: per-sone o cose? La superiore cosid-detta civiltà europea li conside-ra semplici oggetti di proprietà,anzi peggio. Se fossero stati alme-no considerati oggetti, forse si sareb-bero salvati: nessun tribunale deci-de di demolire una casa conte-sa fra due proprietari; o didistruggere un gioiello o un’au-tomobile soltanto perché uno deicomproprietari non permette chepossano essere “usati” (questoè il verbo giusto, secondo que-sta mentalità) dall’altro. Male chevada, in casi di questo genere sidovrebbe ipotizzare che sia la Stato,cioè la comunità, che si assumela responsabilità del bene con-

teso e lo destina a utilità comu-ne (si pensi ai terreni e agli sta-bili confiscati alla mafia e concessiin gestione a cooperative di gio-vani o a enti benefici). Nel casospecifico gli embrioni potrebbe-ro essere dati in adozione, comein vari casi è già accaduto. Qui,però, si tratta di esseri umani e,dunque, tra i due litiganti vinceil forno crematorio…

Alla luce di questa vicen-da, quanto è non dirò più sag-gia, ma meno barbara la leggeitaliana sulla fecondazione arti-ficiale, che vieta di produrre embrio-ni da non destinare immediata-mente all’impianto nel grembomaterno!

di Pier Giorgio Liverani

V i t a 1515MaggioMaggio20072007

Della parrocchia della Collegiata fan-no parte alcune chiese, famiglie reli-giose, istituzioni o gruppi ecclesiali dilaici con finalità religiose e/o sociali.Li passiamo rapidamente in rassegnaper completare il quadro sulla prima (perantichità) parrocchia valmontonese.

Su un colle che domina la viaCasilina e la provinciale per Palestrinasorge da secoli il Convento S. Angelo,dei Frati Minori francescani. Risale aprima dell’anno Mille, è stato rinnovatopiù volte ed è abbellito, nel chiostro enella chiesa, dai lavori del pittore val-montonese Piero Casentini. Vi dimo-rano quattro frati che, oltre all’assistenzaspirituale, seguono un sempre vivoTerz’Ordine Francescano (OrdineFrancescano Secolare) e il Comitato delPresepio Vivente, incaricato di allesti-re nel periodo natalizio la rappresen-tazione dell’incarnazione di Cristo. Alconvento sono legate pure alcunefeste e processioni molto amate dai val-montonesi: quelle di S. Francesco d’Assisiad ottobre e di S. Antonio da Padovain giugno.

Da circa tre anni ha sede nel conven-to S. Angelo una delle tre case-fami-glia de “I Giovani Educatori della Pace”(le altre due stanno a Cori e a Genova);l’associazione avviata da un frateminore, fra Paolo Maiello, ospitaragazzi dai18 ai 30 anni con problemidi relazione e di inserimento nella socie-tà. Sostenuti da psicologi, musicoterapeutied educatori, essi trascorrono qualchetempo in comunità per superare il lorodisagio; dopo un iniziale cammino ditre mesi, ogni giovane vive un proprioprogetto personale elaborato in base allesue attitudini, aspettative e risorse. Recente

una loro collaborazione con la caritasparrocchiale.

I Frati Minori di S. Angelo cura-no anche la chiesa, anch’essa plurise-colare, di S. Antonio Abate, dalSeicento chiamata anche della Madonnadelle Grazie, situata fuori le mura cit-tadine in viale S. Antonio. Un temposede dei monaci Antoniani di Vienne,che curavano il “fuoco di S. Antonio,oggi i locali dell’antico cenobio sonooccupati dal Centro Culturale Comunale,inaugurato circa 25 anni fa. Nella chie-setta i frati celebrano una messa il saba-to e la domenica, alcune funzioni (ades. i tredici sabati della Madonna di Pompei)e in gennaio i festeggiamenti di S. AntonioAbate, comprendenti una frequentatissimabenedizione delle automobili e degli ani-mali domestici in piazza Brodolini.

Un santuario extraurbanomolto amato dai valmontonesi è quel-lo della Madonna del Gonfalone. Costruitonel 1508 dalla omonima Confraternita,rinnovato nella prima metà del Settecento,ricostruito dopo l’ultima guerra, ristrut-turato l’anno scorso, è un importantepolo mariano che, come in passato, siravviva nel mese di maggio con il rosa-rio, le litanie lauretane, la messa, i can-ti della Madonna antichi e moderni.Nell’Ottocento le domeniche di mag-gio erano animate da un predicatore fore-stiero che, in un santuario gremito, cele-brava le lodi della Vergine.

Oggi dipende dalla Collegiataanche la chiesa di S. Stefano, anzi deisanti Andrea e Stefano (dal titolo anchedi un’altra chiesa del centro storico oggiscomparsa); fino al 1950 è stata la secon-da parrocchia del paese, comprenden-te un terzo della superficie cittadina (quel-la della parte occidentale). Con lo spar-gersi delle abitazioni nella valle e nel-le altre zone extraurbane, la chiesa per-se la sua funzione: vi si celebrava soloil giorno della sua festa (il 26 dicem-bre) e per qualchetempo il giorno diS. Anatolia (9luglio), alla qua-le prima dellaguerra era dedicatoun altare. Dallachiesa di S. Stefanoparte oggi la pic-cola processionedella Domenicadelle Palme, diret-ta in Collegiata,mentre fino aglianni ’40 ne usci-va la Processionedi Cristo Mortoche, più voltemodificata in se-guito, ancora sus-siste come SacraRappresentazione del Venerdì Santo. Daalcuni anni la struttura è stata “presta-ta” al Patriarcato Romeno Ortodosso,

Pa r r o c c h i e&C om u n i t à1616 MaggioMaggio20072007

a cura di Stanislao Fioramonti

CCHHIIEESSEE NNEELL TTEERRRRIITTOORRIIOO

DDEELLLLAA PPAARRRROOCCCCHHIIAA

Una veduta di Valmontone in una stampa antica

Pa r r o c c h i e&C om u n i t à 1717MaggioMaggio20072007

che assiste i fedeli di buona parte del Laziomeridionale; tra cattolici e ortodossi sono ini-ziati tentativi di preghiera comune e di colla-borazione.

Della parrocchia dell’Assunta fa parte poi lacasa-famiglia “Emmanuel” per bambini e gio-vani donne in difficoltà che le Figlie della Carità,presenti a Valmontone da più di cento anni,hanno aperto nel 2000 trasformando il miti-co Asilo Leone XIII, dove sono passate gene-razioni di valmontonesi; una struttura famo-sa anche per la scuola di ricamo e cucito tenu-ta dalle suore stesse per le ragazze. Prima del-la distruzione bellica l’Asilo, che occupava ilsito del quattrocentesco monastero benedet-

tino di S. Maria inSelce, aveva accanto lachiesa della Madonnadel Suffragio la cui sta-tua, dopo la distruzione,fu trasferita in Collegiatae la cui festa, anticamentecelebrata la prima dome-nica d’agosto, oggi si svol-ge il 31 maggio a con-clusione del mese maria-no. Oggi l’antica attivi-tà delle suore è stata ripre-sa dalla cooperativa val-montonese Il Melograno,che in quei locali tieneuno spazio-baby e unascuola materna molto fre-quentata. Alla spiritualitàdelle religiose è invece

legata la devozione alla Medaglia Miracolosa,che nella seconda metà del Novecento avevaper sede la cappella delle suore (oggi trasformatain salone), e che dall’inizio del secolo scorso

diffuse tra le giovani l’associazione delle Figliedi Maria; e l’opera tuttora molto vivace delVolontariato Vincenziano, sulla breccia da mol-ti anni per aiutare numerose famiglie in dif-

ficoltà.Dei gruppi ecclesiali, sonoben organizzati in parrocchiail Cammino Neocatecumenale,il Rinnovamento dello Spirito,il Movimento dei Focolar eil Gruppo Vocazionale. LaCaritas parrocchiale inve-ce è una realtà molto più recen-te, di poco più di un anno divita, ma già protagonista dialcune iniziative particola-ri e “in rete” con le altre asso-ciazioni analoghe e con laCaritas diocesana, per ope-rare in sintonia sia a livel-lo cittadino che a più ampioraggio; ad esempio, i tre grup-pi Caritas cittadini hanno col-laborato con la parrocchia diS. Anna in occasione del 25°anniversario della ospitali-tà prestata da circa 60 fami-glie valmontonesi ai residenti

dell’Istituto “La Nocetta” di Roma, e per lavendita di bonsai il Sabato santo. Nata per sen-sibilizzare sulle urgenze del nostro ambiente(da qui il suo logo: Caritas come attenzione),ha esordito organizzando una vendita dipiantine e destinando il ricavato ai detenuti delcarcere di Velletri (acquisto di indumenti spor-tivi) e alle loro famiglie; dopoun mese (maggio ‘06) sul-le problematiche carcerariein Italia ha organizzato unincontro pubblico, cui ha par-tecipato il direttore di unacasa editrice-cooperativache pubblica gli scritti deidetenuti. A Natale 2006 halanciato l’iniziativa “Donaun pannolino a GesùBambino”, invitando lagente a non dimenticare leesigenze dei più piccoli inun paese, la Romania, anco-ra alle prese con la fame el’indigenza; la raccolta – pan-nolini, latte in polvere, abi-ti, giocattoli – è stata desti-nata alla regione romena diOrestie-Deva, dove ha un’at-tività un nostro concittadi-no.

Durante la scorsaQuaresima infine il gruppoha allestito, in collaborazionecon la parrocchia, unamostra e tre incontri sul volon-tariato e sulla mondialità.La mostra, intitolata“Appassionatevi alla vita”,è stata ospitata dal 7 al 9 mar-zo nel palazzo Doria ed haesposto foto, poster, per-sonaggi e notizie su tre argomenti principa-

li: il servizio civile, il volontariato e Medicisenza Frontiere, toccando temi come lapovertà e le altre ingiustizie planetarie, i rap-porti Nord-Sud del mondo ecc. E’ stata pre-parata per le due scuole medie cittadine e perle ultime due classi del PACLE; circa 150 stu-denti l’hanno visitata partecipando direttamenteai diversi momenti di interattività preparati,e i loro professori si sono mostrati molto sod-disfatti. La rassegna di incontri pubblici inve-ce, intitolata “E intorno a noi la gente”, haprevisto prima una serata di educazione allalegalità, con testimonianze di un giovane diLocri della associazione “Ed ora ammazza-teci tutti”, e della figlia del giudice Scopelliti(ucciso dalla mafia in Calabria nel ’91); dasottolineare la presenza di molti nostri gio-vani. E’ seguito un incontro sul Volontariato,con la partecipazione del dottor Gianfrancodi Maio di “Medici senza Frontiere”, e deldottor Raffaele Moffa, che opera nella comu-nità dei “Giovani educatori della Pace” delconvento S. Angelo. La terza serata, priva direlatori, ha visto protagonisti alcuni stranie-ri dei tanti (solo i romeni sono circa 700) cherisiedono a Valmontone; hanno raccontato laloro vita due signore somale, una egiziana, unamarocchina, due romene e un gruppo nige-riano legato da motivi religiosi: sono state pro-tagoniste loro, con le loro storie e difficoltàe speranze, in rappresentanza delle centinaiadi loro simili prese dalle vicende della vita nelnostro paese. Alla fine, i presenti sono statiinvitati a un rinfresco, con molti piatti esoti-ci mescolati a quelli nostrani.

La festa del patrono San Luigi Gonzaga

La Madonna del Gonfalone

Il secondo sacramento dell’iniziazio-ne cristiana è chiamato “Confermazione”o “Cresima”, se la prima denomina-zione rende meglio l’idea della con-tinuità con il Battesimo, la seconda nesottolinea l’autonomia, richiamandoil nome dell’olio con cui si compie l’un-zione. Anche se attualmente si deveregistrare una sua rivalutazione, dopoche atteggiamenti emarginanti l’ave-vano ridotto al rango di appendice sacra-mentale, i problemi restano numero-si: età, collocazione, senso, opportu-nità, interesse... La questione su cuici soffermeremo è quella del rappor-to con il Battesimo – poiché entram-bi comunicano lo stesso dono, lo SpiritoSanto – e la sua dimensione ecclesiale.Le testimonianze della Scrittura sul-la Confermazione attingono ai testi cheparlano del dono dello Spirito: “Pietroe Giovanni pregarono per loro per-ché ricevessero lo Spirito Santo; nonera infatti ancora sceso su nessuno diloro, ma erano stati soltanto battez-zati nel nome del Signore Gesù.

Allora imponevano loro le mani e quel-li ricevevano lo Spirito Santo” (At 8,14-17). L’osservazione rilevante è dupli-ce: l’idea di un completamento delBattesimo per il dono dello Spirito Santoe il fatto di legare questo dono al gestodell’imposizione delle mani. LaLumen gentium indica che “Col sacra-mento della Confermazione (i fede-li) vengono vincolati più perfettamentealla chiesa, sono arricchiti di una spe-ciale forza dallo Spirito Santo e in que-sto modo sono più strettamente obbli-gati a diffondere e difendere la fedecon la parola e con l’opera come veri

testimoni di Cristo” (n. 11). L’uso deicomparativi – “più perfettamente”, “spe-ciale forza”, “più strettamente” – indi-ca la preoccupazione evidente diporre la Confermazione in continui-tà con il Battesimo: “il Battesimo cichiama; la Confermazione ci invia”.Mentre il Battesimo esprime in modopiù diretto la configurazione a Cristo,rendendo il credente partecipe del miste-ro pasquale, la Confermazione fa entra-re il credente nell’esperienza dellaPentecoste, ponendo dinanzi alla mis-sione della testimonianza. Questariflessione richiama due eventi:Pasqua-Pentecoste, che non sono dueavvenimenti giustapposti, ma episo-di in continuità e reciprocità. LaConfermazione è il sacramento che offrela possibilità di rivivere l’esperienzadella Pentecoste che, sempre compresaa partire dalla Pasqua e nel cristianoa partire dal Battesimo, segna una tap-pa decisiva. Il risorto aveva giàcomunicato il dono dello Spirito nelcenacolo (Gv 20,22), eppure fu neces-

sario un nuovo evento che segnò il pas-saggio dei discepoli dalla chiusura allatestimonianza, dal nascondimentodel cenacolo all’apertura della città,dal silenzio del ricordo alla comuni-cazione nelle molte lingue. Il richia-mo alla Pentecoste, porta a rilevare ilsignificato ecclesiologico dellaConfermazione come sacramento checontribuisce a perfezionare e saldarei legami di appartenenza ecclesiale sta-biliti con la celebrazione del Battesimo.Rendendoli partecipi della pienezza deisuoi doni, lo Spirito realizza una piùintima ed effettiva appartenenza

all’assemblea. Questo “vincolo più per-fetto” si esprime sul piano di una vitacomunitaria più intensa: lo Spirito del-la Pentecoste, infatti, che discese suisingoli, mentre erano radunati nella comu-nione, raccolti in assemblea (Atti 2,1),li rese più strettamente “un cuor soloe un’anima sola” (4,35). Questorichiamo ha prodotto una maggiore den-sità comunitaria nella struttura litur-gica facendo dell’assemblea, in quan-to soggetto integrale, il luogo idealeper la sua celebrazione, superando unacomprensione individualistica delsacramento. In questa prospettivaacquista il suo significato la presen-za del vescovo, perché favorisce la comu-nicazione con la chiesa locale, che nonè mai solo la propria parrocchia. Peril Rituale: “Il fatto di ricevere lo SpiritoSanto attraverso il ministero delvescovo dimostra il più stretto lega-

me che unisce i cresimati alla chie-sa, e il mandato di dare tra gli uomi-ni testimonianza a Cristo” (n. 7).Nella memoria della Pentecoste,ai battezzati è data la grazia di nonsentirsi solo destinatari dei doni sal-vifici, di non essere soltantomembri quantitativi dell’assemblea,ma di doversi donare, assumendouna specifica posizione nella mis-sione della chiesa. L’incorporazioneavviata nel Battesimo, si svilup-pa nella maturità, dove diventareadulti non è solo una questione ana-grafica, ma una elaborazione per-sonale delle proprie scelte. Nel pas-sato ci si serviva dell’analogia mili-tare, “soldati di Gesù Cristo” perdire che con il suo salutare schiaf-fetto il vescovo-comandante acco-glieva e inviava la nuova recluta.L’immagine oggi inopportuna,per il richiamo bellico e per la sub-dola tentazione di ridurre la matu-rità all’esecuzione obbedientedegli ordini, può essere corretta conaltri richiami. L’uomo maturo è coluiche non pone se stesso al centro,

ma entra in un dinamismo sociale, facen-do della comunità la destinataria del-la sua azione e dei suoi doni. LaConfermazione diventa così il sacra-mento che riconosce quella soggetti-vità umana in cui l’uomo-cristiano pas-sa dalla condizione di chi riceve, ese-gue ed obbedisce, a quella di chi saaprirsi verso la comunità (e il mon-do). Se già il Battesimo conforma inmodo perfetto al Cristo, la Confermazionelo fa nel senso della missione, così comeè avvenuto per Gesù nell’esperienzadel Giordano e per la chiesa nel donodella Pentecoste.

S a c r a m e n t i1818 MaggioMaggio20072007

di Andrea Pacchiarotti

seminarista

Il mondo occidentale si pre-senta oggi con un nuovo epiù elevato livello di fram-mentazione. Le conseguen-ze immediate sono essen-zialmente due e stretta-mente collegate tra loro: lecoscienze collettive sullabase della classe sociale sidissolvono in identità plurimein base all’età, al genere, algruppo etnico e religioso e allaglobalizzazione si accompagnala valorizzazione delle real-tà locali. Questa differenziazionericade anche sull’ambito dellavoro. Già agli inizi degli anni‘70, in occasione dell’otten-tesimo anniversario dellaRerum Novarum, in unmomento in cui riesplodevanocontraddizioni e urti sociali for-temente ideologizzati, PaoloVI ripropose l’insegnamentosociale di Leone XIII con laLettera Apostolica Octogesimoadveniens. Il Papa si soffermasui complessi problemi del-la società post-imdustriale. Riconoscendo l’insuf-ficienza delle ideologie a rispondere alle sfide del-la disoccupazione, dell’incremento demografico, del-l’urbanizzazione, della condizione giovanile, del-la situazione della donna, dell’influenza dei mez-zi di comunicazione sociale, delle discriminazioni,delle migrazioni e dell’ambiente naturale.L’elemento di rottura con il vecchio sistema fu rap-presentato dalla crisi del “Fordismo”, il modello disviluppo affermatosi a partire dagli anni ‘30 fino acirca gli anni ‘70. Nell’epoca fordista prevaleva unasorta di omologazione dei rapporti di lavoro; eraparticolarmente diffuso il cosiddetto “rapporto di lavo-ro dipendente standard”, connotato dalla subordi-nazione gerarchica all’imprenditore, dall’integrazioneorganizzativa dell’azienda, dall’obbligo a tempo inde-terminato e dall’esclusività del rapporto con l’im-presa. Gli effetti positivi si vedono nella sovrapproduzionea bassi costi, quelle negativi sono stati descritti daC. Chaplin nel celeberrimo film “Tempi moderni”.Le trasformazioni avvenute con il superamento delfordismo si ripercuotono, quindi, nei rapporti di lavo-

ro. La necessità di unasempre maggiore fles-sibilità e mobilità mettein crisi la centralità del

“rapporto di lavoro dipendente standard”. Assistiamoad una maggiore differenziazione del lavoro sia intermini di contenuto, che di erogazione della pre-stazione, al punto che si parlerà di passaggio dauna società del lavoro ad una società dei lavori.Il passaggio da una società industriale a una post-industriale ha comportato grandi trasformazioni. Talecambiamenti tecnologici ed economici, che han-no caratterizzato le società occidentali a partire dagliultimi decenni del XX sec., non solo hanno modi-ficato la vita quotidiana degli esseri umani, ma han-no favorito nuove definizioni del lavoro alla luce del-la sociologia recente.L’esperienza più significativa per la vita della nostraDiocesi è rappresentata dalla città di Colleferro: unasituazione-campione e che per certi aspetti ha fat-to “scuola” (cfr. il film: “Lo chiameremo Andrea” diV. De Sica). Il superamento della tradizionale dico-tomia avvenne negli anni ‘70, quando viene menola grande azienda-capitale (B.P.D., Snia Viscosa,Fiat-Avio; ecc.) a cui faceva da contraltare il sin-dacal-operaismo. Con la fine della grande azien-da si formano le medie imprese all’interno della gran-

de area ex-industriale (Air Bag, Key SafetySystem, Alstom, ecc.) e piccole imprese nei cosid-detti “piani artigianali”. Lo smembramento della gran-de impresa rende difficile l’unità dell’organizzazionesindacale, frammentando il mondo del lavoro e crean-do una sorta di lavoratore-imprenditore. Da que-sta situazione deriva la rottura del consenso poli-tico su cui si reggevano i partiti operaisti. Nella fasedi transizione gran parte della massa operaia havissuto l’esperienza traumatica della <<CassaIntegrazione>> e della <<Mobilità del Lavoro>> conla conseguente riduzione della pensione e, nel frat-tempo, con la corsa alla ricerca del <<lavoro nero>>,di un secondo e terzo lavoro per poter sopravvi-vere.Le nuove economie e le nuove tecnocrazie han-no trasformato profondamente le modalità della pro-duzione e del consumo, talvolta stimolando falsibisogni o bisogni indotti attraverso la seduzione pub-blicitaria. La dirompente velocità di diffusione del-le nuove tecnologie e la straordinaria incidenza suicomportamenti dei singoli hanno creato due cor-renti di pensiero tra loro antitetiche: da un lato icultori delle libertà e delle opportunità, dall’altro idetrattori che scorgono in tali trasformazioni un fata-le giro di vite disumanizzante. Su questi problemiè giunta puntuale la Chiesa, intervenendo con l’en-ciclica di Giovanni Paolo II Laborem exercens (L.E.).Il Papa dedica quest’enciclica al lavoro, chiave ditutta la questione sociale, bene fondamentale del-la persona umana, fattore primario dell’attività eco-nomica. La L.E. struttura una morale ed una spi-ritualità del lavoro all’interno di una riflessione eti-ca, filosofica e teologica. Il lavoro non deve esse-re concepito soltanto nella sua globalità, ma devetener conto della dimensione soggettiva in quan-to espressione della dignità, realizzazione naturalee vocazione soprannaturale della persona.Sul problema del lavoro dalla fine degli anni ‘80 sisusseguopno le voci di chi profetizza la fine dellasubalternità, l’emergere del “self employed”, la dif-fusione dell’autonomia professionale contro chi rile-va, invece, il dilagare dell’insicurezza, l’affermar-si di nuove disuguaglianze. La crisi di antiche soli-darietà. La discussione si sviluppa in due granditematiche: chi sostiene la fine della centralità dellavoro, il passaggio del lavoro all’attività e la per-dita della funzione integratrice svolta dal lavoro nel-la società, e chi, al contrario, sostiene la persistente

centralità del lavoro nellavita dei soggetti e nella socie-tà. I primi partono generalmentedalla rivelazione a livelloquantitativo della perdita del-l’importanza del lavoro-impie-go e dall’aumento della dis-occupazione e, a livello qua-litativo, dalla sua perdita di rile-vanza sociale, dovuta al venirmeno del processo di identi-ficazione con il valore di ciòche si è prodotto. H. Arendt(1997) per prima ha posto ladistinzione tra Labour (lavo-ro), Work (opera) e Action (azio-ne), dove per lavoro si inten-de ciò che bisogna fare persostenersi, con opera ciòche si fa per creare il mon-do e azione sciò che si fa perrealizzare le proprie scelte. Iteorici di questo filone pro-pongono il passaggio dalla cen-tralità del lavoro a quello del-l’attività: mentre il primo è ete-ronomo, in quanto richiede diricoprire un ruolo definito da

altri, l’azione è autonoma, cioè determinata dallalibera scelta del soggetto. Questo passaggio vie-ne letto come “abbandono del regno delle neces-sità, per entrare nel regno delle libertà” (Dahrendorf,1988). Questa filosofia sociologica sta alla basedella legge M. Biagi. I secondi, invece, ritengonoche la crescente disoccupazione non è un indicatoredella perdita di centralità del lavoro, al contrario lasofferenza legata alla sua mancanza ne indica pro-prio l’importanza, perché la mancanza di sicurez-za di lavoro genera instabilità psicologica e socia-le.L’aticolata ed approfondita analisi delle modernee molteplici dimensioni della questione sociale, especialmente della grande svolta del 1989 con ilcrollo del sistema sovietico, sono messe in evidenzadall’enciclica Centesimus annus (C.A.) di GiovanniPaolo II. L’enciclica contiene un apprezzamento perla democrazia e l’economia libere all’interno di un’in-dispensabile solidarietà che, a cento anni dalla RerumNovarum, richiama il principio di amicizia diLeone XIII, di carità sociale di Pio XI e di civiltà del-l’amore di Paolo VI. La C.A. rileva come la dot-trina sociale della Chiesa si sia mossa sulla basedel riconoscimento reciproco di Dio in ogni uomoe ogni uomo in Dio. L’emergere di nuove attività,infatti, non determina la scomparsa del lavoro, mala sua trasformazione in forme diverse da quellatradizionale. Al di là delle diverse posizioni emer-gono temi comuni: la necessità di ristudiare un con-cetto di lavoro che superi l’identificazione con il lavo-ro salariato, ma si distingua rispetto al non lavo-ro e una nuova configurazione del rapporto tra lavo-ro, economia e società che permetta di analizza-re la loro interdipendenza e il ruolo rinnovato dellavoro nella costruzione dell’identità personale.Concludendo, ci sentiamo certi nell’affermare cheil lavoro è e continuerà ad essere un elemento diprimaria importanza nella vita delle persone, poi-ché da esso discendono speranza o disperazio-ne. Nessuno mette in dubbio che anche in futuroproprio il lavoro determinerà la possibilità di sus-sistenza, cioè la porta senza aprire la quale tuttele altre possibilità di vita rimangono inaccessibili.Questa considerazione non sminuisce, ma accen-tua ancor più la rilevanza del lavoro che rimane ilgrande punto di snodo per accadere a quei per-corsi di vita e a quelle identità che persone per-seguono nell’epoca del post-moderno.

S o c i a l e 1919MaggioMaggio20072007

di Alberto Massotti

In religioso ascolto della parola diDio e proclamandola con ferma fidu-cia il sacro concilio aderisce alleparole di s. Giovanni, il quale dice:<<annunciamo a voi la vita eter-na, che era presso il Padre e si mani-festò in noi: vi annunziamo ciò cheabbiamo veduto e udito, affinchéanche voi abbiate comunione connoi, e la nostra comunione sia conil Padre e col Figlio suo GesùCristo>> (1Gv. 1,2-3). Perciò,seguendo le orme dei conciliTridentino e Vaticano I, intende pro-porre la genuina dottrina sulla divi-

na rivelazione e la sua trasmissioneaffinché per l’annuncio della sal-vezza il mondo intero ascoltandocreda, credendo speri, sperandoami. (D. V . 1).

Martedì 27 marzo i Diaconi sono tor-nati ad incontrarsi per riflettereinsieme sulla parola di Dio. Lo han-no già fatto il 27 febbraio ultimo scor-so. Di nuovo lo faranno il 28 aprilee il 29 maggio prossimi venturi. Cichiediamo perché tanta attenzionea questo tema.La parola che Dio rivolge all’uomoè scritta con parole umane, in imma-gini umane e in contesti umani.Facilmente essa può non essere tro-vata nella miriade degli altri messaggi

che la circondano. Per sfuggire a que-sto rischio le persone più sensibili pos-sono essere indotte a scegliere di osser-vare scrupolosamente ciò che nel-la Bibbia viene prescritto, per non alte-rare con una interpretazione umanaciò che in quelle parole è contenu-to. Questo nel presupposto chenella osservanza totale si osservaanche ciò che è prescritto e maga-ri non è ancora capito. Si conservaoggi quello che si capirà domani: “Mariada parte sua serbava tutte queste cosemeditandole nel suo cuore” (Lc 1, 19).È questo il criterio che, opportuna-

mente disciplinato,garantisce sulla fedel-tà all’originale nellatrasmissione orale deltesto. È questo il cri-terio a cui si sono atte-nuti gli agiografi e gliapostoli: “Vi ho tra-smesso dunque,anzitutto, quello cheanch’io ho ricevuto”(1Cor 15, 3).Fuori di quei conte-sti religiosi e quellediscipline questo cri-terio però rischia diconfondere la paro-la con il messaggioe di spostare l’at-tenzione dal mes-saggio alla parola. Neconsegue che nonviene più capito ciòche Dio dice e chela parola, deprivatadel messaggio diDio, rimane parolaumana e come le altreparole umane sog-getta a tutti gli erro-ri che possono com-mettere gli uominiquando parlano. È ilrischio che capita atutti i fondamentali-smi religiosi senzaeccezione per nes-

suno. Oggi contro questo rischio sirisponde con una attenzione più mar-cata al messaggio che quelle paro-le contengono. Può accadere quin-di che si arrivi ad una osservanza del-la parola di Dio più piena e consa-pevole.Ma nella foga della interpretazionepuò anche accadere che alla paro-la venga fatto dire esattamente il con-trario di quello che Dio ha detto e dice.È quello che il demonio voleva chele parole della Bibbia dicesseroquando tentava Gesù nel deserto; èquello che tanti cristiani inconsape-volmente rischiano di fare quando sitrovano su posizioni tra loro contra-stanti o peggio in disaccordo con lalinea ufficiale della Chiesa, come tri-

stemente dimostrano le controversiesui “dico”, sull’eutanasia, sulla fecon-dazione artificiale o sull’uso della dro-ga. Non è inevitabile questa conclusione.Perché la parola di Dio parli è neces-sario che l’uomo taccia - se si par-la in due non si capisce ciò che l’al-tro dice - e che al silenzio segua l’a-scolto religioso. Purtroppo oggi l’uo-mo vive nella confusione e nel tur-binio dei messaggi e non ama l’ascolto.C’è la convinzione che non è impor-tante ciò che è giusto, ma ciò checolpisce. Ne deriva la corsa a par-lare sempre più forte e chi non haniente da dire grida, nella convinzioneche il rumore del grido coprirà il silen-zio del vuoto delle idee. Dio per esse-re ascoltato ha bisogno di silenzioperché egli non parla nel vento impe-tuoso, o nel terremoto, o nel fuococome gli dei pagani ma nel mormo-rio del vento leggero: “Gli fu detto:<<Esci e fermati sul monte alla pre-senza del Signore>>. Ecco, il Signorepassò. Ci fu un vento impetuoso egagliardo da spaccare i monti e spez-zare le rocce davanti al Signore, mail Signore non era nel vento. Dopoil vento ci fu unterremoto, ma ilSignore non eranel terremoto.Dopo il terremo-to ci fu un fuoco, ma il Signore nonera nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu ilmormorio di un vento leggero. Comel’udì, Elia si coprì il volto con il man-tello, uscì e si fermò all’ingresso del-la caverna. Ed ecco, sentì unavoce che gli diceva: <<Che fai qui,Elia?>>”. (1 Re 19, 11-13).L’ascolto della parola di Dio secon-do il prologo della Dei Verbumrichiede che l’uomo faccia silenziointorno a sé e che entri nella caver-na, perché l’ascolto è religioso e laproclamazione della parola ascolta-ta è affidata alla Chiesa. Nei conti-nui ritiri i Diaconi sono come il pro-feta Elia che sale sul monte ed entranella caverna. Essi, lontani dairumori del mondo e nel chiuso delsacro recinto della meditazionecomunitaria, si predispongono ad ascol-tare ciò che Dio dice e la Chiesa pro-clama. Lì imparano a meditare e ariflettere; ma soprattutto imparano adascoltare non se stessi ma la Chiesache ha il compito di parlare in nomee per conto di Dio. Può accadere cheDio parli subito, ma può ancheaccadere che Dio si faccia precedereda altri segni che non parlano di lui.È per questo che non bisogna maistancarsi di ritirarsi nella montagnae non fermarsi al primo segno per-ché non ci capiti di scambiare un diopagano per Iahvè, il Dio cristiano: ilDio che dice la verità e porta la sal-vezza all’uomo.

D i a c o n a t o2020 MaggioMaggio20072007

diacono Pietro Latini

MAGGIOIl sole si leva à hore 10. m. 6. {le nostre ore 5:01}Mezo dì a h. 17. m. 5P1. Martedì buono. SS. Filippo, e Giacomo Apostoli{i loro resti sono conservati presso la Basilicadei Ss. XII Apostoli in Roma; con l’istituzionedella festa di S. Giuseppe Lavoratore, dall’an-no 1955, la loro solennità nel Martirologio Romanovenne spostata al giorno 3 maggio; nell’attua-le Piazza dei Caduti sul Lavoro, antistante il PalazzoVescovile, esisteva una antica chiesa di S. Giacomo,poi demolita: ancora oggi la piazza viene chia-mata, in dialetto, ‘Sàgnaco’}. Entrano li nuovioffitiali dell’Inclita Città di Velletri {avevano unmandato bimestrale}. Li Parrocchiani della Ven:Sacrestia del SS. Salvatore fanno li nuovi Sacrestani,e Sacrestane per il seguente anno {una decisio-ne comunitaria sorprendente} e la Compagnia{Confraternita} della Misericordia in S. GiovanniDecollato {era una chiesetta, staccata dall’al-tra chiesa di S. Antonino - entrambe non più esi-stenti - in cui venivano sepolti i corpi dei con-dannati a morte} fa gli nuovi offitiali, alle qua-li interviene Monsignor Vicario Generale. LaCompagnia della Carità fa festa nella suaCappella nella Chiesa di S. Martino, dove il Magistrato

presenta la soli-ta cera.2. Mercordì se-gue.

P 3. Giovedì meglio. Inventione della SS. Croce{il termine ‘inventione’è derivato dal latino ‘inven-tio, onis’ e sta a significare il ricordo del ritro-vamento, avvenuto nell’anno 326, della reliquiadella Croce di Cristo, fatto che la tradizione attri-buisce a S. Elena, madre dell’imperatoreCostantino, come anche il recupero della stes-sa reliquia, trafugata da un re persiano, avve-nuto nell’anno 628 ad opera dell’imperatore Eraclio;la festa della ‘Esaltazione della Santa Croce’veni-va invece festeggiata, come vedremo, il 14 set-tembre}. Il Magistrato dona libre cinque di cerain candele alla Chiesa di S. Croce {Santa Crocedi Monte Calvario, spesso però chiamata anche‘S. Rocco’ dal nome di una sua Cappella dedi-cata a tale Santo} dé RR. PP. Cappuccini.

4. Venerdì vario.* 5. Sabbato simile. Si và al mercato. La seradòpo l’Ave Maria si fanno fuochi, lumi, et altreallegrezze per tutta la Città in honore della Madonnadelle Grazie Luna piena hor. 1. m. 12. N.S.P6.Domenica vento. Li SS.ri Canonici della Cathedralefanno la festa della SS. Madonna delle grazie {lafesta era stata stabilita nella prima domenica dimaggio dall’anno 1613 e, da tre anni, era ter-minata la costruzione della nuova Cappella} allaquale il Magistrato fa donativo di libre dieci dicera, è scudi venticinque.

7. Lunedì si stà. 8. Martedì si muta. Apparitione di S. Michele

Arcangelo {secondo la tradizione, l’8 maggio del-l’anno 490, l’Arcangelo Michele sarebbe appar-so al Vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, poiSanto, nel luogo dove in seguito verrà costrui-

to un santuario in suo onore, a Monte Sant’Angelosul Gargano}. Il Magistrato presenta alla ChiesaParrocchiale di S. Angelo libre cinque di cerain candele.

9. Mercordì segue.V 10. Giovedì turbato

11. Venerdì bagnato.* 12. Sabbato simile. Si và al mercato.Ultimo quarto à h. 23. m. 0.P 13. Domenica Si muta.†V 14. Lunedì stà fermo. Rogazioni, le Processionivanno dalla Chiesa Cathedrale à quella di S. Martino{nei tre giorni precedenti la festa dell’Ascensione,fin dal V secolo, andò diffondendosi nella Chiesail pio esercizio delle ‘Rogazioni’che consistevain processioni, che si svolgevano al mattino econ itinerari diversi, durante le quali si canta-vano le Litanie, i Salmi…; qui si và alla primaStazione, la parrocchia di S. Martino}.†V15.Martedì segue simile. Rogazioni, le Processionivanno alla Chiesa di S. Angelo {si và alla secon-da Stazione, la parrocchia di S. Michele Arcangelo}Il sole si leva à hore 9. m. 56. {le nostre ore 5:05,c’è un errore di circa 15 minuti in avanti}. Mezodì à hore 16. m. 50.† V 16. Mercordì segue. Rogazioni, le Processionivanno per la Città, e si mettono le Croci bene-dette à tutte le porte del Recinto di essa {una richie-sta di protezione e di benedizione, da parte diDio, sulla città ed i suoi abitanti, racchiusa dalrecinto delle mura, dai flagelli che affligevanoal tempo; si era soliti chiedere anche la bene-dizione per le campagne ed i raccolti del lavo-ro dell’uomo}, intervenendoci Monsignor Suf-fraganeo, il Magistrato, e Popolo in gran con-corso, e con devotione. Vespero Episcopale nel-la Cathedrale. La sera si fa allegrezza con lumi,fuochi, et altro generalmente in honore dell’Ascentionedi N. S. Giesu Cristo.P 17. Giovedì buono. Ascentione {Quaranta gior-ni dopo la Pasqua, nel giovedì della sesta set-timana, la Chiesa celebra l’Ascensione alCielo di Nostro Signore Gesù Cristo}. messa epi-scopale nella Cathedrale, alla quale intervieneil Magistrato.

18. Venerdì segue.19. Sabbato humido. Si và al mercato.

P 20. Domenica vario. Monsignor IllustrissimoSuffraganeo canta Vespero alla Cathedrale doveinterviene il Magistrato con li stendardi, e Palij,facendosi prima la mostra {un corteo, con i drap-pi per i vincitori, nella vigilia della festa di S.Eleuterio} per la Città .* Luna nuova h. 2 m. 15. N.S.Il sole entra in Gemini {cioè nella costellazio-ne astronomica dei Gemelli}.P 21. Lunedì buono. Translatione di S. EleuterioVesc. e Martire Protettore della Città {Il cultodi S. Eleuterio Papa e Martire, vissuto nel II sec.d. C. ed uno dei Patroni della città, è antichissimo:già un affresco del sec. XIII-XIV, conservato nel-la Cappella omonima nella Cattedrale, ne rap-presenta la traslazione, assieme all’altro PatronoS. Ponziano, dal Castello di Tivera presso Cisterna,in cui la tradizione vuole che fossero ritrovati icorpi}. Il Magistrato assiste alla Messa Episco-pale cantata con presentare la solita cera, e doitorce alla Cappella Ginnasia {la Cappella eradedicata ai Santi Protettori} nella Cathedrale,et avanti l’elemosine si mostrano le Reliquie chesi conservano in detta Chiesa, al Popolo. Il gior-no si corrono li Palij {corse a gara}, cioè il pri-

mo dé Cavalli, secondo de Cavalle, terzo de gliAsini, quarto de Giovani, quinto dé Putti {cioèdei fanciulli}, sesto delle Bufale e finito il Corsosi lotta nella piazza di Basso

22. Martedì simile.23. Mercordì seguita.

V 24. Giovedì vario.25. Venerdì turbato.

V 26. Sabbato segue. Vigilia Si và al mercato.S. Filippo Neri . Il Magistrato presenta la soli-ta cera alla Cathedrale, dove si conservano le re-liquie di detto Santo. Vespero EpiscopaleP 27. Domenica buono. Pentecoste {50 giornodopo la Pasqua, la Chiesa ricorda la discesa del-lo Spirito Santo sulla Madonna e sugli Apostoli,riuniti nel Cenacolo; è l’inizio della attività apo-stolica della Chiesa nel mondo}. Messa Episcopalenella Cathedrale. La Compagnia della Pietà vàal vespero nella Chiesa di Santa Maria in via Latadé RR. Monaci di S. Basilio {Congregazione deiMonaci Basiliani o di Santa Maria di Grottaferrata,ordine religioso non più presente} fuori della Città{qualche muro del convento, adattato a laboratorioartigianale, è ancora visibile oggi di fronte all’en-trata del cimitero}.P 28. Lunedì simile. festa nella Chiesa di SantaMaria {la festa della Madonna di Vialata, unaantica immagine che esisteva in una edicola rura-le, veniva celebrata il giorno successivo alla festadi Pentecoste; a seguito dell’abbandono del con-vento, causato dai danni del terremoto nell’an-no 1806, l’immagine venne trasferita nella chie-sa di Lariano} in via Lata {la strada che con-duceva a Lariano} .* Primo quarto h. 17. m. 28.P 29. Martedì turbato. La Compagnia dè Calzo-lai celebra la festa della Madonna di Costantinopoli{il culto e l’iconografia di S. Maria di Costantinopolisi originò da prima dell’anno mille, poi si diffu-se soprattutto nel sud dell’Italia: venne stabili-to il giorno di martedì dopo la Pentecoste per-ché la ‘definizione dommatica della Divina Maternità’come anche una vittoria sui persiani assedian-ti la città di Costantinopoli, avvennero in que-sto martedì} nella sua Chiesa {la Chiesa dellaMadonna di Costantinopoli, ora non più esistente,ricadeva nella parrocchia di S. Clemente ed erastata costruita da pochi anni come sede dellaConfraternita del Suffragio, eretta nell’anno 1630dal Card. Ginnasi; trasferita questa in Cattedrale,venne ceduta alla ’Università dei Calzolari’, percui si trova in seguito denominata anche ‘S. Crispino’},dove il Magistrato presenta le cinque libre di cera;come anco fa alla Cappella del Suffraggio {sededella Confraternita del Suffragio, era dedicataai santi Protettori oltre ché alla Madonna diCostantinopoli} nella Duomo {forse nel sensodi ‘chiesa cattedrale’, quasi un ripensamento del-l’autore} Cathedrale, e si fanno gli offitiali {siprocedeva all’elezione delle cariche} d’ambi duele Compagnie.30. Mercordì segue. quattro tempi {le Quattro

Tempora: come abbiamo visto nella prima set-timana di Quaresima, anche nella settimana diPentecoste era d’uso il digiuno nei giorni di mer-coledì, venerdì e sabato, usanze che in anticoerano poste all’inizio delle stagioni}V 31 Giovedì simile.

S t o r i a&D i o c e s i 2121MaggioMaggio20072007

di Tonino Parmeggiani

Diario Veliterno dell’anno 1640Da un manoscritto di Eugenio Braconi conservato nel Fondo

Manoscritti della Biblioteca Comunale di Velletri (MS VII 25)

Dichiaratione de segni - {legenda}P Significa di PrecettoD Di DevozioneV Vacanza delli fori (sospensione dell’attività lavo-rativa nei tribunali)† Processioni, che si fannoL * Aspetto della Luna col’ soleN.S. Notte seguenteZ Quando si dà la dote alle ZitellePer esigenze compositive con le lettere Le Z abbiamo sostituito i segni originali del-la mezzaluna e della manina

La Sacra Rappresentazione delVenerdì Santo (SRVS) ha origini antiche,perché deriva dalla Processione delCristo Morto, che a Valmontone ebbe ini-zio – a quanto raccontarono gli anziani– nei primi anni del Novecento. Era infat-ti il 1903 o 1904 quando don Angelo Fortuna,curato della parrocchia di S. Stefano dal-la fine del 1893 alla morte (1914), alle-stì per la prima volta una processione delVenerdì Santo che in pochi anni diven-tò la più attesa tra le cerimonia religio-se della settimana santa; cerimonie chein passato erano molto più numerose esoprattutto più sentite dal nostro popo-lo.

Quella processione non aveva nul-la della rievocazione biblica che si face-va nella seconda metà del Novecento edella drammatizzazione della Passione diCristo che si svolge da qualche anno; erauna vera e propria sfilata per le vie buiedel paese cui partecipava tutta la popo-lazione. Per l’occasione un gruppo di ragaz-ze, “le canterine”, cantava un inno(“Stava Maria dolente”) imparato dalleMaestre Pie, le religiose che abitavanonel Palazzo Doria e fornivano l’insegnamentodi base ai fanciulli. Più indietro i “fra-telloni” delle quattro Confraternite val-montonesi avanzavano senza le loro inse-gne caratteristiche, col cappuccio cala-to sulle spalle e la lanterna in mano, impas-sibili nelle lunghe tuniche rosse (quellidel Sacramento), marroni (delle Stimmatedi S. Francesco), bianconere (delSuffragio), bianche (del Gonfalone);intonavano con voce profonda e latino mac-cheronico la versione originale di quel can-to, “Stabat mater dolorosa”, compostonella prima metà del Duecento da fraTommaso da Celano, il biografo di Francescod’Assisi.

E proprio dopo la metà del Duecento(alcuni dicono nel 1267) vennero istituitele processioni del Cristo Morto, quandogli antichi Misteri o Rappresentazioni Sacreuscirono dalle chiese o dai sagrati per por-tarsi nelle strade dei paesi e delle città,e il loro carattere prettamente religiosocominciò ad assumere una coloritura piùpopolare e sociale. Mentre le rappresentazionifatte in chiesa erano stilizzate, essenzia-li (vedi ad esempio le Laudi di Jacopone

da Todi), quelle fatte per le strade eranopiù crude e veriste: Cristo nudo e feritoa sangue, la Madonna addoloratae stra-ziata…

E anche le nostre vecchie processionidi Cristo Morto ricordavano quegli anti-chi caratteri. Le fanciulle che il LunedìSanto avevano fatto la Prima Comunione,e perciò indossavano l’abito bianco macon una fascia nera in segno di lutto, sfi-lavano sorreggendo vassoi nei quali era-no, in numero doppio, gli strumenti del-la Passione: le torce usate dalla turba perarrestare Gesù nell’orto degli Ulivi; la tuni-ca bianca data da Erode a Gesù e quel-la rossa messagli dai soldati romani in segnodi scherno; la colonna della flagellazio-ne; i flagelli (scudisci di cuoio con allepunte palline di metallo che sulla pelleavevano un effetto devastante); la coro-na di spine; i chiodi, il martello, le funi,i dadi; c’era anche la lancia che aveva aper-to il costato di Cristo, la canna con la spu-gna servita per dissetarlo, e per ultimoun angelo che portava l’”amaro calice”.Le ragazze più grandi invece seguivanotenendo tra le mani un fazzoletto bian-co listato a lutto.

Iniziava quindi la sfilata dei perso-naggi biblici, truccati alla meglio e pre-ceduti ognuno da un angelo con un car-tello su cui era scritta in latino la dida-scalia del personaggio stesso. In un cre-scendo davvero suggestivo, consideratosoprattutto il periodo in cui queste sce-ne si svolgevano, ecco passare laSamaritana con un’anfora sulla spalla; Giudacon una corda al collo e il sacchetto deidenari del tradimento; Barabba dallo sguar-do torvo; Pilato e la sua ancella che tene-va il catino in cui egli si era lavato le mani;San Pietro e la portinaia col gallo che ave-va scandito il rinnegamento dell’apostolo.Ecco passare la Maddalena vagante dauna parte all’altra della strada; ecco le TreMarie, alcune ancelle, la Veronica col suda-rio che recava impresso il volto insanguinatodi Gesù; un centurione a cavallo segui-to da una mezza dozzina di pretoriani. Infineil Cireneo caricato della croce e con aipiedi una catena che, strisciando sul sel-

ciato tra il silenzio gene-rale, faceva correre brividisulla schiena degli emo-zionati spettatori. Seguivafinalmente la statua, pesan-tissima, del Cristo Morto,adagiata in un catafalco dacui pendevano drappi neri

e sommersa di fiori, portata a spalla dauomini in completo abito scuro e scor-tata dai “paggetti di San Luigi” incostume seicentesco. Il corteo storico erachiuso dalla statua della MadonnaAddolorata (ancora si conserva in una nic-chia della chiesa di S. Stefano) e dallostuolo dei fedeli valmontonesi, precedutodalla nostra famosa banda musicalemunicipale che suonava la MarciaFunebre.

Per circa cinquant’anni la Processionedi Cristo Morto fu un punto fermo del-la pietà popolare valmontonese, non osta-colata nemmeno dalle due guerre mon-diali. I successoridel curato Fortuna, donMetello Livignani epoi don AngeloMargiotti, con l’aiuto di alcuni volente-rosi le apportarono solo qualche miglio-ramento estetico, ma lo spirito restò sem-pre quello dei primi anni del Novecento:un atto di fede e di amore per Colui cheera morto per la nostra redenzione. E lapartecipazione dei giovani a quella ceri-monia era considerato un vero privilegio,tanto che non esitavano a versare una cer-ta somma stabilita, per prendervi parteattiva.

Come si passò dalla Processione allaSacra Rappresentazione?

L’idea venne a un gruppo di amicivalmontonesi dell’area cattolica che,dopo aver visto la manifestazione di SezzeRomano, pensarono di attuarne unaanaloga nel loro paese. Tra di essi c’erail maestro Gino Fiacchi, per anni presi-dente del comitato, che così mi raccon-tò quella decisione: “Nel 1949, insiemeai colleghi Aldo e Virgilio Ciancio e a VittorioMincio con Armando Margiotti andam-mo a vedere la Sacra Rappresentazionedi Sezze. Ne fummo talmente ammiratiche nel viaggio di ritorno decidemmo diformare un comitato per dar vita alla ‘nostra’Sacra Rappresentazione del Venerdì

2222 MaggioMaggio20072007

di Stanislao Fioramonti

Una tradizione anticache non vuolescomparireLa Sacra rappresentazionedel Venerdì Santoa Valmontone

Tr a d i z i o n i

Santo”.Il primo comitato si formò nel 1950;

era formato da 70-80 persone che si tas-savano mensilmente per tutto l’anno alloscopo di avere alla fine fondi disponibi-li senza sacrifici troppo onerosi. Ne face-vano parte, tra gli altri, Otello Francesconi,Filippo e Guido Fiacchi, ArmandoMargiotti, Otello Francesconi, ModestoLatini, Franco Lanna (Ciretto), RemoCaporossi “voce” della SRVS e tanti altri.Impossibile dimenticare i fratelli Vincenzoe Angelo Recanatesi, quest’ultimo per tren-t’anni esigente regista dello spettacolo,dopo essere stato da giovane uno dei pro-tagonisti delle recite del circolo cattoli-co diretto da don Metello Livignani, verafucina per molti attori nostrani. Primo pre-sidente del comitato e consulente eccle-siastico (fu preparato da alcuni membriun copione del tutto originale, che attin-geva molto all’Antico e al NuovoTestamento) fu l’arciprete don Paolo Cocchia;segretario, da allora e per molti anni, ilcompianto Elio Luconi, che dette un note-vole contributo per l’ottima riuscita del-la prima edizione della SacraRappresentazione.

Era il Venerdì Santo del 1951. Dopolunghi mesi di prove, svoltesi nel palaz-zo Doria e nella villa del marchese Bisletia colle Belvedere, e nonostante lo scet-ticismo di qualche nostalgico che non vede-va di buon occhio le novità, la prima edi-zione fu un successo. Certo, i quadri era-no piuttosto statici, alcuni anzi manca-vano del tutto, mentre ve ne erano altripoi aboliti (i soldati di Erode, le donnepiangenti dopo la strage degli Innocenti);i pretoriani erano solo otto; si sfruttaro-no alcuni costumi della vecchia Processione,e fu acquistata l’attuale statua del CristoMorto, molto più leggera della precedenteperché di gesso (oggi sta sotto l’altare diS. Francesco in Collegiata).

Ma la dimostrazione che quello fuun successo arrivò l’anno seguente,quando a filmare la SR venne sia la “SettimanaINCOM”, il cinegiornale che in queglianni surrogava la TV non ancora nata, siauna troupe della “Twentieth Century Fox”,la famosa casa cinematografica statuni-tense.

Dopo queste premesse, la manife-stazione proseguì anno dopo anni fino al

1959, con la sola eccezione del 1958 quan-do – pur essendo stata fatta un’edizionemattutina al Villaggio Rinascita per la tele-visione italiana – la più suggestiva rap-presentazione serale, nelle classiche sedidi viale S: Antonio e del centro storico,non poté “andare in onda” per una piog-gia battente (insidia questa che tante vol-te ha lasciato l’organizzazione e gli spet-tatori in ansia, per il rischio di rinuncia-

re all’ultimo momento dopo tanto impe-gno).

Con il passare degli anni la nostraSR crebbe in quantità e in qualità; furo-no migliorati o aggiunti alcuni “quadri”(Caino e Abele, la tentazione nel deser-to, la disperazione di Giuda); le scene dimassa si fecero più affollate e spettaco-lari (Giovanni il Battista, la Turba, i Pretoriani)e furono naturalmente le più apprezzatedagli spettatori sulle tribune. I quali diven-tavano sempre più numerosi per il cre-scente afflusso di turisti provenienti daluoghi anche lontani.

Dopo una pausa nel 1960, si effet-tuarono edizioni nel 1961, 1964, 1965 (eper la terza volta venne la TV), 1968, 1973e 1975. Anche quella, che fu la quindi-cesima edizione, sembrò l’ultima: imembri del comitato erano sempre di meno,e i pochi rimasti ci pensavano bene pri-ma di imbarcarsi in una impresa fatico-sa ed economicamente rischiosa. Ma il

1975 era un Anno Santo e il Comitato festeg-giava il 25° d’istituzione, perciò la SRsi fece due volte: la domenica delle Palme(23 marzo) e il Venerdì Santo (28 mar-zo), e ogni volta con i due spettacoli tra-dizionali: ore 19,30 in via S. Antonio, ore21 in piazza Umberto Pilozzi; i 40 qua-dri erano interpretati da quasi 300 atto-ri popolari, alcuni dei quali divenuti tut-t’uno con il loro personaggio: ricordo soloSilvano Ciulli (Mosè), Oliviero Terzini(Lazzaro), Valerio Cannone (Giuda), ClaraMargiotti e Ascanio Belli, da semprel’Addolorata e Cristo crocifisso. Lestrutture erano da alcuni anni quelle diCinecittà o quasi: Trucco della ditta Rocchetti,Costumi Ferroni, Calzature Pompei,Attrezzature Rancati, Luci De Paolis; sologli impianti radiofonici erano (e ancorasono) tutti valmontonesi, della ditta di Franco“Titta” Petrucci.

La Sacra Rappresentazione del1975 fu però l’ultima della seconda serie.Un nuovo Comitato voluto dal Comunene organizzò una edizione nel novembre(sic!) del 1979, finanziata dalla Provincia.Nel 1983 si ebbe un’altra lunga interru-zione e una ripresa nel 1987, con il patro-cinio dell’Assessorato al turismo e il soste-gno del Comitato del Gemellaggio conla cittadina spagnola di Benifayo: per unpaio d’anni la nuova SR, adottando unnuovo copione che prevedeva soprattut-to episodi del Nuovo Testamento e in par-ticolare della Passione di Cristo, fu por-tata sotto un tendone, perdendo il con-tatto con il paese che aveva avuto da sem-pre; quindi nel settembre 1989 fu alle-stita in Spagna, nel paese ‘hermano’. Dal1994 infine viene rappresentata nello splen-dido scenario di piazza Umberto Pilozzi,avendo per fondali il palazzo Doria e laCollegiata dell’Assunta, con palchi perla recitazione e tribune per il pubblico.Nell’edizione dell’Anno Santo 2000sono riproposte alcune scene dell’Anticotestamento e tutto lo spettacolo è ripre-so dalla troupe di Stream e trasmessa ilVenerdì Santo sull’emittente televisiva satel-litare Team TV. L’edizione del centena-rio (2003) è tornata alle origini, svilup-pandosi come una processione lungo lestrade del centro storico di Valmontone,con alcune soste recitate negli angoli piùsuggestivi. La cadenza annuale della mani-festazione in questi ultimi tempi sembrariproporsi con una certa costanza, graziea un comitato organizzatore giovane edentusiasta, che ha saputo salvare, aggior-nandola, una delle più tipiche espressionidella cultura religiosa del nostro paese.

Tr a d i z i o n i 2323MaggioMaggio20072007

V o c a z i o n i2424 MaggioMaggio20072007

Nell’articolo precedente dicevamoche il documento Nuove Vocazioni peruna Nuova Europa, nell’ultimo capitolo,ci propone le cinque caratteristiche cen-trali del ministero vocazionale: semina-re, accompagnare, educare, formare, discer-nere. Sono gli elementi fondamentali checaratterizzano l’opera del pastore nel suoservizio di accompagnamento vocazio-nale e ne segnano, in qualche modo, letappe. Dopo aver considerato seminaree accompagnare, in questo articolo ci fer-meremo a riflettere sugli altri elementi cherestano.

Educare“Educare nel senso etimologico del

verbo, come un tirar fuori (e-ducere) dalui la sua verità, quel che ha in cuore, ancheciò che non sa e non conosce di sé: debo-lezze e aspirazioni, per favorire la liber-tà della risposta vocazionale” (NVNE 35).Si tratta di far emergere la realtà dell’io,così com’è, per portarlo poi a essere comedeve essere. Sull’esempio di Gesù in rap-porto ai discepoli di Emmaus: aiutare aprendere coscienza e verbalizzare se stes-si; ammettere il divario tra le loro spe-ranze e il piano di Dio; aiutarli a liberar-si delle loro paure e difese, consce e incon-sce, nei confronti della vocazione stes-sa.

È indispensabile, inoltre, che il gio-vane accetti di non sapere, di non cono-scersi e non potersi conoscere fino in fon-do. La vita, la sua vita, è mistero. C’è,e ci sarà sempre, una parte dell’io chenon è stata ancora scoperta, ancora nonvissuta e che attende d’essere decifra-ta e realizzata, una parte che domandadi crescere e che offre possibilità esistenzialiancora da attuare.

Un altro elemento, presente sem-pre nel racconto dei discepoli di Emmaus,è l’aiuto a saper leggere la propria vita,ricomponendo i vari elementi attorno adun significato centrale e lungo un “filo ros-so”, il filo del progetto divino.

La preghiera sarà educazione all’a-scolto del Dio che chiama, invocazionepaziente e fiduciosa, senza la pretesa di

una risposta imme-diata, ma con la cer-tezza di essere accol-ta ed esaudita a suotempo.

Formare“La formazione

è in qualche modo ilmomento culminan-te del processo peda-gogico, perché è ilmomento in cui al gio-vane viene propostauna forma, un modo di essere, nel qua-le egli stesso riconosce la sua identità,la sua vocazione” (NVNE36). Gesùchiama ad avere i suoi stessi sentimen-ti, a condividere la sua vita, ad avere lasua “forma”. I discepoli di Emmaus rico-noscono Gesù quando spezza il pane.È la dimensione eucaristica che rivela l’i-dentità del personaggio misterioso… maanche il significato della vita: la vita è unbene ricevuto che tende per natura suaa divenire bene donato, come la vita diGesù.

Un giovane potrà fare la scelta chevuole, ma sempre nella logica del dono.Sarà libero di decidere l’orientamento del-la sua vita, ma non potrà pensarsi al difuori di questa logica del bene ricevuto,bene donato. Per cui la vocazionenasce dalla riconoscenza, dalla gratitu-dine per ciò che si è ricevuto e si è rice-vuto in abbandona (è questa la prospettivaper rileggere la propria storia).

Alla base di tutto questo c’è la sapien-za evangelica del “gratuitamente avetericevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).Questa logica aiuterà a maturare, da unpunto di vista vocazionale, l’atteggiamentodella riconoscenza per cui di fronte all’a-more ricevuto si avverte che non è pos-sibile fare a meno di donarsi. È bello enormale che sia così, non è cosa straor-

dinaria.

DiscernereQuesta fase è caratterizzata dalla

scelta o orientamento vocazionale del gio-vane e dal discernimento da parte del-l’accompagnatore.

Sarà allora importante aiutare la per-sona, in ordine alla scelta o all’orienta-mento vocaziona-le, a maturare sem-pre di più nellacapacità decisio-nale, che spessoviene a mancare neigiovani d’oggi. Dice NVNE al n. 37, “sem-bra utile prepararli progressivamente adassumere responsabilità personali, affi-dare compiti adeguati alle capacità e allaloro età, favorire un’educazione progressivaalle piccole scelte quotidiane di fronte aivalori (gratuità, costanza, sobrietà, one-stà…)”. Da tener presente che a volte l’in-capacità decisionale non è un problemasoltanto del giovane, ma conseguenzaanche d’un accompagnamento vocazionaleche non ha sottolineato abbastanza il pri-mato di Dio nella scelta, una scelta cheviene da Dio. Quando manca questa cer-tezza ci si affida a se stessi e alle pro-prie risorse che inevitabilmente vengo-no riconosciute come precarie e limita-te, per cui diventeranno fonte di paurae di incertezza.

Il documento NVNE al n. 37b offrealcuni criteri di discernimento divisi in quat-tro aree: apertura al mistero, identità nel-la vocazione, progetto vocazionale ric-co di memoria credente, docibilitasvocazionale.

di mons. Leonardo D’Ascenzo

dir. Centro Diocesano Vocazioni

2525MaggioMaggio20072007

In tempi in cuila “perversio-ne” dell’uomoraggiunge cul-mini incredibili– per quanto imass-media evi-denziano – equindi è noto tut-to e subito rispet-to al passato, lacelebre espres-sione che tro-viamo all’ini-zio dell’”Emi-lio”, opera pe-dagogica fon-damentale edinnnovatrice ,scritta nel sette-cento dal gine-vrino Jean Ja-cques Rous-seau, sembra espri-mere lo stato d’a-nimo dei ben-pensanti, che sonoscandalizzati daldegrado mora-le, prima ancora che sociale: “Tutto è benequando esce dalle mani dell’Autore dellecose, ma tutto degenera dalle mani dell’uomo”.Senza entrare nella questione della “natu-ra buona”, con le implicazioni che ne deri-vano, è però indubitabile che i fatti graviche continuamente apprendiamo o consta-tiamo anche nel nostro ambiente di vita, indi-cano una degenerazione progressiva dellanatura umana, dove i segni di bontà ven-gono soffocati o cancellati dal male dilaganteche, purtroppo, non risparmia nemmeno ipiccoli, anzi spesso strumento di oscenitàe crudeli violenze da parte degli adulti, inuna società permissiva , corrotta e corruttri-ce, incapace di mettere in atto tutele a garan-

zia del bene co-mune.Riecheggia un’al-tra celebre fra-se di Rousseau,

all’inizio del “Contratto sociale”: “L’uomoè nato libero e tuttavia è ovunque in cate-ne”, che corrisponde anche all’auspicio del-le persone schiette di rigenerazione della socie-tà, affinché tutti, uomini e donne della ter-ra, possano vivere in serenità e pace, in liber-tà e giustizia!L’educazione è l’unica possibilità che ab-biamo per modificare la situazione attuale,e porre le premesse di una società nuova,rigenerata nel recupero dei principi e dei valo-ri di rispetto della persona e di convivenzacivile. L’educazione è stata finalizzata nelpassato - e deve continuare ad esserlo nelpresente - al rinnovamento della società, per-ché i soggetti che si educano, devono esse-re preparati all’inserimento attivo nella comu-nità, nella quale dovranno svolgere speci-

fici ruoli, responsabilmente, nella consapevolezzadel bene comune.Questo noi ci proponiamo di realizzare nel-le nostre scuole, superando ostacoli non lie-vi, interni ed esterni. Infatti non sempre glieducatori individuano una linea chiara e tro-vano un’intesa operativa, per il raggiungi-mento sicuro del fine. Non sempre gli altrisoggetti educativi, a cominciare dai geni-tori, collaborano, per indifferenza o scarsaconsapevolezza del fine di formare dei buo-ni “cittadini” dellasocietà futura. Inoltretanti, troppi sono gliostacoli esterni, per cuile “regole”, faticosa-mente mantenute all’in-terno dell’istituzio-ne, spesso si dissolvonofuori, come neve al sole.

Paradossalmente Ro-usseau, per ovviare aipericoli della societàdel suo tempo, ha postoil suo allievo imma-ginario, Emilio, nel-la “solitudine” dellacampagna, lontano da ogni esempio e sti-molo negativi. In tal modo ha evidenzia-to l’esigenza di ricostruire la società su basiradicalmente nuove.Si evoca così il “mito del selvaggio” : lapersona “innocente” e incorrotta, che vivein sintonia con la natura, senza artifici edingiustizie prodotte dalla disuguaglianza, sca-tenante gli egoismi umani.Non possiamo certo smantellare le nostrescuole, per seguire l’esempio dell’educazione

individuale di Emilio, in campagna, fuoridalle città sempre più disordinate , insicu-re ed inquiete per la bassa “qualità” dellavita, ma certamente dobbiamo evitare la deca-denza delle scuole, sommerse dalla mole deiproblemi attuali. Dobbiamo creare oasi distudio sereno e proficuo, per determinareun’inversione di tendenza.La prima “verità”, davvero “rivoluzionaria”per l’educazione è che il bambino “non èun uomo in miniatura”, come pensavanoe come ancora sono tentati di pensare gliadulti, nel pretendere prestazioni e risulta-ti non rispettosi della natura: “la natura vuo-le che i fanciulli siano fanciulli prima di esse-re uomini”. È veramente la condanna irre-vocabile dell’”adultismo”, perché ai fan-ciulli devono essere riconosciute le loro pecu-liarità, per la “felicità” del loro stato di “inno-cenza”.Da tale riconoscimento scaturisce un ruo-lo completamente diverso dell’insegnante,che è stato motivo di “scandalo” nel “seco-lo dei lumi” ed è tuttora sconcertante: uninsegnante che non insegna “la virtù e la veri-tà” ma si limita a tutelare “il cuore dal vizioe la mente dall’errore”. Questa educazio-ne, cosiddetta “negativa”, consiste nel fareassolutamente “il contrario” di quello chehanno sempre fatto gli insegnanti, senza preoc-cuparsi dello sviluppo naturale del fanciullo.A ben vedere, però, il ruolo dell’educatorenon è annullato, ma è trasformato ed, in real-tà, è molto più impegnato: agisce indiret-tamente ma continuamente, per predispor-re le circostanze favorevoli ad un “natura-le” apprendimento. Il processo formativo,pertanto, si sviluppa nella gradualità.Rousseau enuncia paradossalmente quellache per lui è la più grande, la più impor-

tante, la più preziosaregola dell’educazio-ne : “non già di gua-dagnare tempo ma diperderne”. Si deve, in-fatti, escludere ogni for-zatura ed ogni accel-erazione nel processodi insegnamento-appren-dimento, perché il“tempo” da considerarenon è quello del docen-te ma quello dell’alunno,i cui ritmi si devono ris-pettare per l’efficaciadei risultati.

L’educatore, da Rousseau in poi, non è piùsulla sua cattedra sopraelevata, che non hapiù senso né funzione : è allo stesso pianoed in mezzo ai suoi alunni, non per impor-si su di loro ma per servirli, riconoscendo-ne la “centralità” come soggetti principalidell’educazione.Tutti gli sviluppi della pedagogia dell’Ottocentoe del Novecento hanno in Rousseau l’an-ticipatore, come ideatore appassionato di unanuova educazione e di una nuova società.

a cura delprof. Antonio Venditti

“L’educazione

è l’unica possibilità

che abbiamo

per modificare

la situazione attuale

e porre le premesse

per una società nuova”

Protagonista in questo mese di maggio, è Mariache dopo l’annuncio dell’angelo si muove “fret-tolosamente” verso una città della Giudea, AinKarim, il cui nome significa “la sorgente dellavigna”. Il Bimbo che porta in grembo la spingegià verso quel viaggio che Egli stesso compirà,da adulto verso Gerusalemme. Se questo primoviaggio di Gesù nel grembo di sua madre è col-mo di esultanza, il secondo sarà colmo del pre-sagio di ciò che gli dovrà accadere.Nell’esultanza che avvolge la scena dellaVisitazione, si coglie il realizzarsi delle promes-se messianiche. Le promesse antiche incontranola novità della loro attuazione e questo incontrosigilla la pienezza dei tempi, sigilla quel centroattorno al quale ormai tutto il rotolo della storiaumana si deve avvolgere. L’incontro esplode nella fede di Elisabetta:“Benedetta Colei che ha creduto” e nell’altra bene-dizione, quella di Maria per le grandi opere com-piute dall’Onnipotente.

Fra i tanti commenti pittorici della Visitazione abbia-mo scelto quello di un pittore cinquecentesco, JacopoCarrucci, (1494-1556), detto il Pontormo dal suoluogo d’origine, Pontorme di Empoli in Toscana.Pontormo è un artista assolutamente originale, ilsuo linguaggio figurativo si slega da ogni rego-la formale e cromatica precedente e si colloca inuna dimensione irreale e carica di aspetti concettualiricchi di tensione emotiva; egli pur ispirandosiparzialmente alla lezione michelangiolesca e a quel-la di Andrea del Sarto non ebbe maestri e non lasciòeredi. Artista tormentato, dallo spirito acuto, mainquieto, era continuamente teso verso una per-fezione mai raggiunta.Vasari descrive come proverbiale la sua maniadi disfare i suoi lavori perché mai soddisfatto: «Eglilavorava guastando e rifacendo oggi quello cheaveva fatto ieri, si travagliava di maniera il cer-vello che era una compassione». Solitario e scon-troso, il Pontormo, come un visionario, dipingefigure che anelano ad altro, figure in continuo movi-mento, benché immobili.La Visitazione (202x156cm), realizzata per la Pievedi Carmignano segna il punto più alto dell’atti-vità dell’artista; fu probabilmente eseguita per lafamiglia Pinadori: il Vasari non cita quest’operache all’epoca era probabilmente nascosta in unavilla della famiglia per sottrarla a distruzione cer-ta, viste le tendenze riformistiche di carattere savo-naroliano cui essa allude. Infatti l’incontro tra ledue donne, tradizionalmente simbolo del passaggiodall’Antico al Nuovo Testamento, nell’ambito del-la situazione politico-religiosa di Firenze, pote-va essere inteso come l’abbraccio tra la vecchiachiesa romana e la nuova cattolicità riformata.Per la pala di Carmignano Pontormo studiò uninnovativo schema compositivo disponendo a rom-bo le quattro figure femminili, con Maria ed Elisabettain primo piano di profilo e un passo indietro leancelle rivolte verso lo spettatore. Nel dipinto il gruppo di donne è inserito in unospazio delimitato a sinistra da una quinta mura-ria, priva di qualsiasi connotazione architettoni-ca decorativa, sì da non disturbare la serena com-postezza degli sguardi tra Maria ed Elisabetta; adestra è visibile un palazzo con un doppio ordi-ne di finestre centinate dotato di un sedile: vi siscorgono due piccole figure, una seduta e l’altrain piedi mentre esce da un portone. Per la mag-gior parte degli studiosi, le due figure rimango-no ignote, mentre alcuni identificano nella per-sona seduta un possibile autoritratto dell’artista. Gli abiti delle due donne, dalle tinte forti e dis-sonanti, si richiamano e si respingono insieme.

Unico è il mistero che le avvolge, ma lontana èla natura delle rispettive maternità.Maria è al centro della scena; forse si è inginoc-chiata per salutare Elisabetta, riconoscendo in leil’opera divina. L’anziana cugina non glielo ha per-messo e, nella mano sinistra ancora s’indovinail movimento fermo di chi impugna l’altro e lorialza con forza.Ed ora gli sguardi, penetranti ed eloquenti, s’in-crociano in un attimo eterno. Anche Elisabetta rico-nosce il Mistero che è in Maria. La testimonianzadelle due donne è silenziosamente scritta nelle vestie nelle loro figure allungate oltre misura.Gli abiti si gonfiano in modo innaturale, comenubi gravide di grazia sospese in un cielo senzavento, ma, mentre in Maria abito e manto formanoun tutt’uno, in Elisabetta è il manto a gonfiarsipiù vistosamente. Maria è tutta piena di grazia,è la Madre del Signore, tabernacolo della Sua Presenza;Elisabetta invece è rivestita di grazia a motivo delfiglio che porta in seno.Nelle forme allungate delle due cugine avvertiamola tensione verso l’alto, il desiderio di un divinoche sembra essersi fatto, d’improvviso, lontano.È la stessa tensione che si avverte nelle cattedraligotiche, svettanti verso il cielo alla ricerca di uninfinito che nell’orizzonte quotidiano è impalli-dito, cattedrali stupende, ma lontane dalla soli-da certezza che trasmettevano le basiliche roma-niche, le quali erano espressione della fede di unpopolo che, uscito dalle catacombe, poteva solen-nemente esprimere le sue verità eterne.Qui, le due donne sono testimoni del Mistero, den-tro un mondo sordo alla voce di Dio, un mondofreddo e distaccato come la città che le accoglie.Elisabetta, carica della tradizione degli antichi padri,è tutta sbilanciata verso Maria. Il volto è scolpi-to dentro la serenità di chi sa di non aver credu-to invano, eppure su quello stesso volto resta, unvelo di melanconia. Elisabetta è l’immagine diuna fede che non può nutrirsi di sola tradizione:la fede ha radici nel passato, ma vuole rami gio-vani pronti a diramarsi nel cielo dell’oggi. Maria, dal canto suo, indugia un attimo prima diabbracciare la cugina. Trattiene lo slancio di leie ne ricerca lo sguardo. Le promesse fatte ai padri

si sono adempiute: l’Emmanueleè presente, non più per mez-

zo di patriarchi e profeti, ma per mezzo del Figlio.Maria è l’immagine della novità del Vangelo chepur tuttavia non può fare a meno delle tradizio-ni antiche. Maria pure ha avuto bisogno di esse-re sorretta nella fede: Elisabetta, la cui materni-tà sconfigge la tragedia della sterilità, confermala verità e la bontà dell’annuncio angelico.Dio è qui, ma chi ne è consapevole? Chi con que-ste donne è, oggi, testimone del Mistero della Presenzadi Dio nel mondo? Sono le domande che si agi-tavano nel cuore di Jacopo Carrucci così lonta-no nel tempo, eppure così vicino all’uomo moder-no nello spirito. Pontormo, che appena venticinquenne si era chiu-so nella Certosa di Val d’Ema - forse anche persfuggire alla peste in Firenze - e aveva lungamentemeditato la passione di Cristo, avvertiva la ten-sione di un mondo in continuo mutamento, dovel’uomo ricollocato al centro del cosmo dal Rinascimentorischiava di perdere il suo riferimento a Dio. Neidue volti queste e altre domande, forse le nostredomande, su Dio e sul dolore. Due volti che siaffacciano dietro l’abbraccio delle cugine e chedisturbano, inquietano e interpellano l’osservatore.Le due donne ci obbligano a prendere posizio-ne e a non fuggire dalla domanda sul Mistero.Se ci soffermiamo un attimo a contemplarle nonfatichiamo a ritrovare nei loro lineamenti gli stes-si tratti delle due donne in secondo piano. SonoMaria ed Elisabetta che con occhi mesti scruta-no il futuro, scrutano le generazioni di credentiche le chiameranno, entrambe a diverso titolo, bea-te. Immergiamo lo sguardo nei loro occhi e subi-to i colori degli abiti tornano a impressionare lanostra retina. Il verde carico di blu di Maria: cioèil colore della storia (verde) impregnato di miste-ro (blu), il verde luminoso di Elisabetta segno diuna storia trasfigurata dalla speranza, e infine ilrosso che carico di luce si tramuta in rosa è sim-bolo dell’amore umano, della vita umana illuminatadalla Carità divina.Nella Visitazione Pontormo rinuncia a qualsiasielemento descrittivo di contorno, abbandona ogniriferimento naturalistico e punta all’astrazione espres-sionistica dei colori. L’artista mira ad una sinte-si assoluta, in cui l’avvenimento sacro si svolgesu un piano di tensione religiosa e cerebrale, lefigure magicamente concatenate grazie ad un gio-co psicologico-formale sembrano danzare eruotare lentamente.È in questa opera che Jacopo raggiunge le vettepiù sofisticate del proprio codice artistico che ten-de alla visione della forma oltre la forma; egli con-densa, attraverso l’espressione degli sguardi, ledinamiche psicologiche spirituali che interagisconotra Maria ed Elisabetta e, attraverso un proces-so di traslazione, arrivano fino a noi che osser-viamo.Pontormo ci aiuta così a vedere nell’episodio del-la Visitazione il kairós eterno, scritto nei cieli esempre attuale in ogni epoca e in ogni tempo. Inqueste due donne e nei loro figli si incrociano epo-che e generazioni, s’incontrano Dio e l’uomo, lasolidità della tradizione e l’assoluta novità del Vangelo.È il già di Dio che esplode nel non-ancora del-l’uomo.L’intimità di questo incontro così alto è voluta-mente violata dalla presenza delle due figure fron-tali: siamo chiamati tutti alla beatitudine della fedeche esse hanno meritato, siamo chiamati ad esse-re testimoni del loro medesimo mistero. A noi larisposta, a noi spetta accendere la luce del già diDio nell’oscuro non-ancora delle città degli uomi-ni.

VISITAZIONE, 1528-1530 - Pontormo

Olio su tavola - San Michele a Carmignano

La Visitazionedi don Marco Nemesi

Art e2626 MaggioMaggio20072007

Il latte, in quanto primo nutrimento deibambini, ha da sempre ricevuto l’at-tributo di bevanda di vita, che si addi-ce in particolar modo agli dei. Già intesti ed illustrazioni dell’antico Egittoè possibile vedere il re che viene allat-tato da una dea, per lo più dalla deaIside: si tratta in questo caso di un ritua-le simbolico, che permette al sovranodi assumere le energie degli dei; in altreraffigurazioni invece il re beve latte dal-la giovenca celeste.Nella religione Veda il “soma”, la bevan-da sacrificale deificata, era paragona-to al latte e questo stesso, riscaldatodurante il rito, rappresentava una cor-rente divina di vita. Nei riti di inizia-zione del culto di Attis assumere il lat-te unito al miele era un partecipare aduna specie di sacramento, e non a casoin diverse tradizioni il latte e il mielevengono associati nella configurazio-ne di un’esistenza paradisiaca. A que-sto proposito ricordiamo che Canaanera la terra promessa “dove scorre lat-te e miele” (Es. 3,8), dove vi era nutri-mento in abbondanza. Nella Bibbia quin-di il latte è l’originaria sostanza vita-le, proveniente da Dio, da cui Giobbe,

nel suo linguaggioimmaginifico, faderivare il mira-colo della vita. Aquesto concetto silega l’immagine

del bambino che compare nel libro deiSalmi (Sal 131,2). Qui il salmista stes-so paragona la sua anima riconciliatacon Dio ad un bambino svezzato, cheriposa sereno sul seno della madre.Passando al Cantico dei Cantici pos-siamo notare come i passi relativi a que-sto argomento siano portatori di tan-ti messaggi simbolici: il latte nel giar-dino dello sposo celeste è il nutrimentosoprannaturale della vita (Ct. 5,1). Lasposa, prefigurazione della Chiesa, vie-ne così presentata : “I tuoi seni sonocome due cerbiatti…C’è miele e lat-te sotto la tua lingua (Ct.4,5-11). E anco-ra latte a proposito delle benedizionidestinate a Giuda intorno all’attesa esca-tologica: “In quel giorno le montagnestilleranno vino nuovo, e latte scorre-rà per le colline” (Gl. 4,18). La stes-sa Gerusalemme viene presentata dalprofeta Isaia con l’immagine della madreche nutre abbondantemente il suo popo-lo.Nel Nuovo Testamento l’immagine dellatte viene accostata ai primi rudimenti

della fede. In San Paolo si allude pro-prio ad un popolo ancora in difficol-tà : “Vi ho dato da bere latte, non unnutrimento solido, perché non ne era-vate capaci” (1Cor. 3,2). Nella lette-ra agli Ebrei, questo popolo viene ripre-so per il basso livello della fede e l’al-lusione alimentare torna di nuovo, inquanto vengono visti come “bisogno-si di latte e non di cibo solido. Ora, chisi nutre ancora di latte è ignaro delladottrina della giustizia, perché è anco-ra un bambino” (Ebr 5,12s). In San Pietrotroviamo invece il desiderio del latteparagonato all’anelito verso la salvezza,quindi una bevanda che redime e con-duce alla vera vita. I Padri della Chiesahanno visto in questo alimento il Logos,il sangue di Cristo, insomma un nutri-mento divino, infatti la notte di Pasquaai neofiti si offriva latte e miele a signi-ficare l’adempimento della promessa.Anche nella scultura tombale dei sar-cofagi spesso compare il Buon Pastorementre dà alle sue pecore il latte in pic-coli recipienti come bevanda, che per-mette l’accesso alla vita eterna.Nell’iconografia mariana molta popo-larità si è sviluppata intorno al temadi Maria che allatta; esistono addirit-

tura opere in cui la Madonna lancia ungetto di latte dal suo seno verso un per-sonaggio, ad esempio Bernardo diChiaravalle, e questo sta a rappresentarela volontà di impartire una particola-re benedizione. La Maria tenera madrecompare sin dall’inizio come Maria lac-tans nell’esempio classico dell’affre-sco nelle catacombe di Priscilla. In diver-se icone bizantine ritroviamo laVergine “Galaktotrophusa”, da conventicopti e nelle chiese di Bauit. L’Egittofu sicuramente il primo paese a pre-sentare questa immagine sotto l’influssodel culto di Iside ancora in voga allafine del V secolo. Il suo carattere trop-po naturale e umano ha fatto però cade-re nell’oblio questa raffigurazione, anchese il tema è stato ripreso in Grecia eRussia. Questo tipo di iconografia è ispi-rata dal Vangelo di Luca che dice : “Beatoil grembo che ti ha portato e il senoda cui hai preso il latte” (Lc. 11,27) .La mano destra di Maria dà il seno alBambino che ella sorregge con la manosinistra. Il Bambino tiene la mano disua Madre con la mano sinistra e bene-dice con la destra. La stessa iconografiaviene ripresa anche da alcuni pittori fiam-minghi del XIV e XV secolo.

Cu l t u r a 2727MaggioMaggio20072007

di Emanuela Ciarla

docente di materieletterarie e sommelier

Venerdì 23 marzo si è svolta, nellaParrocchia di S. Maria del Carmine,una veglia liturgica missionaria. Trai nomi citati come martiri della cari-tà, uccisi cioè mentre adempivano aduno dei comandamenti di Gesù chespesso e volentieri dimentichiamo percorrere dietro al Nulla (dare la vitaper i propri amici), c’era anche PadreDaniele Badiali. Il libro che racco-glie le sue numerose e preziose let-tere si può richiedere al SeminarioRegionale di Bologna. Il libro por-ta come titolo: “Dio al di sopra di tut-to”. Non ha prezzo. L’offerta sarà devo-luta alle missioni di Padre Daniele. “Mi spaventa questo mondo pieno ditutto e vuoto di Dio. Mi spaventa ilmio cuore pieno di me stesso e vuo-to di Dio … Sto qui in ginocchio, nonho altro”. Così scriveva PadreDaniele a casa dalla sua missione inPerù, sulle Ande. Era andato acercarLo lì, il Signore, con l’O.M.G.(Operazione Mato Grosso), fuggendo un mon-do devastato dalla ricchezza. “Solo per ilVangelo, solo per cercare Gesù lo faccio …Per l’uomo non mi muoverei, mi sembratutto un imbroglio, tutto un discorso socia-le che punta alla giustizia, quando a me del-la giustizia degli uomini non importa piùdi tanto …. Importa invece della giustiziadi Dio che guarda caso coincide con la mise-ricordia e la carità …”Caro Padre Daniele …hai finalmentreincontrato Gesù che tanto chiamavi e bra-mavi nelle tue lettere? Alla morte di una tuaparente, ti chiedevi: “DOVE SEI ZIA?” CaroPadre, ora te lo chiedo io: “DOVE SEI DANIE-LE?” Non riuscivi a rispondere alla doman-da mentre scrivevi, e neppure io riesco arispondere alla domanda mentre scrivo, mala risposta la intuivi nel dare via la vita pergli ultimi, i dimenticati, i poveri. Come lovorremmo anche noi, come vorremmo tro-vare Gesù (magari senza penare troppo) …Ma qui se ne sono perse le tracce. A vol-te, è proprio dura: il frigo e la dispensa trop-po pieni, la TV sempre accesa, le urla delmondo, gli inviti incessanti a spendere perl’ultima novità. Ogni alba siamo chiamatia ripeterci la stessa angosciosa domanda:“L’anima mia ha sete di te o Dio, quandovedrò il tuo volto?” Abbagliati da luci arti-ficiali e non dall’unica luce che può dira-dare le tenebre … Gesù si è ritirato, è scap-pato, si è nascosto, impaurito (oso dirlo?)da quest’uomo che tutto produce e tutto maci-na. Tutti i nostri lavori, le fatiche, le preoc-cupazioni hanno solo questo scopo, esse-re un segno dell’assenza di Dio. Le tue let-tere sono un solo ed unico commento allagrande tragedia dei nostri giorni: seppelli-re Dio sotto le macerie del nostro alluci-nato benessere: “Sarà sempre più difficileincontrare le tracce di Dio quando tutto sem-bra fatto apposta per eliminarle”. Ti eri inca-tenato a questa missione: “Solo la carità puòaprire nel nostro mondo la breccia per la

quale può entrare Gesù”. Noi, noi cristia-ni che ci siamo incatenati al conto in ban-ca, alle vacanze, all’auto di lusso, ai con-dizionatori, ai cellulari, ai televisori al pla-sma, al festival di Sanremo, noi che ci sia-mo liberati dalla presenza di Dio e incate-nati al Nulla, noi, cristiani della domeni-ca, distratti, pigri, sonnolenti, egoisti,appollaiati nei nostri cantucci di lusso, chedevolviamo un euro per liberarci dai sen-si di colpa, che ci commuoviamo per le vit-time di turno per riprendere alacremente lacorsa al guadagno, al commento, allemaleparole, NOI, noi che abbiamo a che farecon te, Padre Daniele? Che le leggiamo afare le tue lettere, che cosa può produrre unaveglia dopo l’altra, un Rosario biascicato,un Padre Nostro imparato a memoria? …la tua vita, Padre, può servire a noi, noi che,qui, nelle nostre riunioni, processioni,confessioni, preghiamo il Padre di tenercisempre in vita, allontanando la malattia, lasofferenza, la morte? E’ bello partecipareai trionfi di Cristo, alla Sua Gloria celeste,ma in quanto alla Croce! E’ bello leggerele tue lettere, Padre, io mi commuovo, spes-so mi fermo a riflettere ma poi: guai, guaiad un dolore mal sopportato, alle spese dicasa che si allungano, agli zingari che infet-tano i semafori e non ti lasciano in pace,guai ai carcerati rimessi in libertà con il con-

dono e l’amnistia, guai alla Messa trop-po lunga, troppo affollata, troppo inpiedi, guai ai troppi impegni familiariche non ti danno tregua, guai alla nazio-nale che non vince, al vicino di casache russa. Beato tu, Padre, che hai dato la vitaper i poveri, i veri amici di Gesù, bea-to tu Padre che hai corso la vera cor-sa e lottato la vera battaglia e hai bagna-to il sangue di questa terra come ilgiusto Abele. Poveretti noi, superfi-cialmente felici, presi dalle nostre fol-lie, impauriti da tutto ciò che può atten-tare al nostro benessere, poveretti noi,genitori, che programmiamo la vitadei nostri figli attraverso un artico-lato percorso di guerra (computer, cel-lulari, macchine, discoteche, vestitifirmati…) e li disabituiamo al rac-coglimento, alla preghiera, alla bon-tà. Ricordo che la morente BenedettaBianchi Porro diceva alla sorella Carmen:

“Ricordati di essere più buona che brava”.Chi oserebbe dirlo? Scrivevi, Padre Daniele: “Il cammino ver-so Gesù è sempre più ripido e duro, e dal-l’altra parte ti si offre sempre più una vitatranquilla e comoda.”E’ stata bella la veglia ricordando il tuo egli altri sacrifici, il tuo libro è nella mia libre-ria, in buona compagnia, tra Peguy e nonso chi altri, magari un altro martire, un san-to, magari solo un … cristiano. Il prossi-mo anno, la prossima veglia, ci farà com-pagnia, che so, Annalena Tonelli. Leggeremola sua biografia, le sue lettere (A proposi-to, davvero un bel libro “Io non sono nes-suno”. Un altro libro da leggere e da infi-lare negli scaffali: i santi ammuffiscono sul-la carta).Abbiamo programmato tutto, è vero.Abbiamo regolato la nostra vita senza Dio.E’ vero. Resta da regolarla con la morte.Per alcuni sarà un istante, per altri una lun-ga agonìa, lontano dai vivi, lontano da chista bene. Meglio non affaticare gli occhi ela mente con queste sgradevoli visite.Ah, ma intanto non è stata liquidata la suc-cessione di Dio. Chi ne è l’erede? Sciocchiche siamo ma, appunto, la morte …Abbiamo o non abbiamo il fegato di dir-celo chiaramente? Tanto tempo fa, che nessuno ricorda quan-do, si diceva: “La pace sia con te”. Troppoimpegnativo. Sapeva di sagrestia.Poi abbiamo escogitato: “Buon giorno …buona sera … Arrivederci… Addio”.Laico. Secolare.Finchè non impareremo a dire:“ A nessun luogo … al niente …”Così continueremo, barche controcorrente,risospinti senza posa verso il mondo, ver-so il niente, verso la polvere….Scriveva Padre Daniele:“Come vorrei giungere alla morte ascoltandoquelle dolci parole consolanti di Gesù:“Ti sono perdonati i peccati perché moltohai amato”.

di Alessandro Gentili

L e t t e r a t u r a2828 MaggioMaggio20072007

C i n e m a 2929MaggioMaggio20072007

Con Centochiodi siamo davanti ad una sor-ta di testamento autoriale del grande regi-sta bergamasco che, da spirito libero qua-le è sempre stato, ha dichiarato di volersidedicare, d’ora in poi, solo al documenta-rio, il mezzo espressivo a lui più caro. Esceglie di congedarsi dal grande schermocon una storia composita, a metà strada trail thriller e l’apologia, con evidenti riferi-menti cristologici e francescani.Un grave reato è stato commesso all’internodella biblioteca dell’Università di Bologna:manoscritti miniati e preziosi incunaboli,patrimonio dell’umanità, sono stati getta-ti in terra e trafitti da lunghi chiodi.L’autore del folle gesto è un giovane pro-fessore universitario di filosofia delle reli-gioni – interpretato da Raz Degan – che fug-ge via dal suo reato e dalla sua professio-ne trovando rifugio sulle rive del Po, a BagnoloSan Vito, dove una piccola comunità gli offrecon naturalezza riparo e accoglienza. In que-sta dimensione di autoesilio, votato alla sem-plicità e spogliato del peso freddo di unacultura codificata e di carta, il professorerinasce nei panni di un moderno Nazareno:si rifugia in un rudere sulle rive del fiume,trasformato con l’aiuto degli abitanti del postoin un centro di aggregazione per l’intera comu-nità contadina; partecipa alle feste popolari;si fa carico della multa per abusivismo inflit-ta alla comunità di pescatori; racconta para-bole evangeliche, diventando a poco a pocola guida spirituale dell’intera comunità. Finoa quando una sera, mentre è a cena con tut-ta la comunità riunita intorno alla tavola,viene rintracciato e arrestato dalle forze del-l’ordine.Quella tratteggiata da Olmi è dunque la sto-ria di una crisi: la crisi di un uomo che nonsi riconosce nel suo passato, che si spogliadi tutto quello che ha imparato per rag-giungere una nuova vita, più sempli-ce e più vera. È la storia di un uomoche alla fine paga per le sue colpe, facen-dosi carico delle colpe di un intero mododi pensare e di operare.Nel colloquio con il vecchio sacerdo-te, in carcere, è racchiuso tutto il signi-ficato del suo gesto: “Quante verità sonostate proclamate dentro questi libri? Acosa sono servite? C’è più verità in unacarezza che in tutte queste pagine”, eancora “Le religioni non hanno mai sal-vato nessuno. È Dio il massacratore delmondo, non ha salvato nemmeno suofiglio in croce…”. Poco dopo il pro-fessore ottiene la libertà provvisoria,

e scompare nelnulla.Non si può nontener conto, percomprendere ilfilm, del bagaglioculturale e cine-matografico cheha sempre carat-terizzato la pro-duzione di Olmi.Nato da una fami-glia contadina eprofondamentecattolica nellaprovincia diBergamo, forte-mente influenza-to dalle sue ori-gini povere erurali, il regista hasempre offerto, nei suoi film,una visione di privilegio pergli umili, per quelle personesemplici che vivono in costante rapporto conla natura e, spesso, sono vittime della soli-tudine dell’uomo.È proprio in questa genuina umanità che sirispecchia il senso della vita secondoOlmi.Anche la fede, non è nulla senza l’uomo.“Qualsiasi forma di chiesa decreta che il dog-ma più importante è l’uomo ”, racconta Olmi,“Io sono contrario a qualunque sudditan-za. La vera religione è la scelta personaledi ciascuno” e ribadisce di aver voluto por-tare sullo schermo “il Cristo delle strade,e non l’idolo degli altari e degli incensi”.Olmi contro la lettura e la religione quin-di? Assolutamente no. Olmi muove la suacritica contro l’agitare i libri (di qualsiasi

fede e religio-ne) per nascon-dere dietro quel-le pagine, dicui ci si pro-clama unici eindefe t t ib i l iinterpreti, pro-getti di ege-monia cultura-le o politica. IlSacro per ilregista è troppoimportante per

essere chiuso dentro limiti inva-licabili. Pur necessari, i librinon parlano da soli e non sono

nulla se non affiancati dalle parole e dallecarezze, “da un caffè con un amico”. La veraeducazione non è il rispetto delle regole, ladisciplina, lo studio quotidiano tenuto in cosigrande considerazione dal reverendodell’Università; la vera educazione è il rispet-to degli uomini. Centochiodi non è sicuramente un film difacile comprensione, e richiede un pubbli-co comunque attento e già istruito al lin-guaggio cinematografico di Olmi, fatto diampie inquadrature, un ritmo lento che seguelo scorrere del fiume, lunghi silenzi pen-sati per lasciar parlare le immagini e unafotografia di altissima qualità, grazie ancheal lavoro del figlio Fabio. Non mancano certo i punti deboli. Troppo

artificiale il doppiaggio, soprattutto nel-le fasi iniziali del film: la falsa vocedi Raz Degan va ad incrinare la com-pattezza non solo stilistica ma anchesonora del film; meglio sarebbe statose l’attore avesse parlato in quell’ita-liano un po’ stentato che l’ha semprecaratterizzato e che lo avrebbe reso un“Cristo” meno declamatorio e sicura-mente più umano.Nonostante questo, il film rimanenella mente e nel cuore e, anche se adun primo sguardo può non piacere, riescecomunque a stupire, e a lasciar spa-zio a molte considerazioni, lanciandointerrogativi e provocazioni. Come soloi film di qualità sanno fare.

Centochiodi(ITALIA, 2007)

di ErmannoOlmi; con RazDegan, Luna

Bendandi,Amina Syed,

MicheleZattara,

DamianoScaini, Franco

Andreani.Genere: com-

media - Colore- 92 minuti

di Valentina Fioramonti

Ermanno Olmie Raz Degan

1 martedì - S. Gi-useppe Lav. (mf)

Velletri - Santa Maria dell’Acero: Festa Diocesananel Centro di accoglienza e spiritualità

2 mercoledì - S. Atanasio (m)Velletri - Parr. S. Clemente I: Triduo in onore diMaria Santissima Madre delle Grazie

3 giovedì - S. Filippo e Giacomo (f) PVelletri - Parr. S. Clemente I: Triduo in onore diMaria Santissima Madre delle Grazie

4 venerdì S. FlorianoPrimo Venerdì del mese Monastero invisibileVelletri - Parr. S. Clemente I: Triduo in onore diMaria Santissima Madre delle GrazieColleferro - Parr. S. Barbara: AdorazioneSantissimo per tutto il giorno

5 sabato S. Irene di LecceVelletri - Processione dei Ceri in onore di MariaSs.ma Madre delle Grazie Patrona della Diocesi.

6 domenica V PASQUA C I sett.Giornata di sensibilizzazione per il sostegno eco-nomico della Chiesa Cattolica Festa di Maria Ss.ma Madre delle Grazie

8 martedì Madonna di PompeiSegni - Istituto del Verbo Incarnato: Madonna diLujàn, Patrona dell’Ive e 3°anniversario dell’e-rezione canonica dell’Istituto.

11 Venerdì - S. Ignazio da LàconiIncontro del Vescovo con i Resp. Uffici di Curia

12 sabato Ss. Nèreo e Achìlleo (mf)Segni - Parr. S. Maria degli Angeli: Servizio dio-cesano per la pastorale giovanile: Le Notti di Nicodemo(18.30 accoglienza -20.30 cena - 21.00 adora-zione Eucaristica)USMI - Roma - Giornata per Giubilari - Divino AmoreFocolare Femminile di Velletri Valmontone

13 domenica VI PASQUA C II sett.I I I giornata delPellegrino dell’OperaR o m a n aPellegrinaggi -

14 lunedì S. Mattia(f) P

16 mercoledì S.UbaldoVelletri - Noviziatodi Don Orione: Fes-ta di S.Luigi Orione

17 giovedì - S.Pasquale BaylonAnniversario di Or-dinazione Presbite-rale di Don MauroDe Gregoris (17.05.-1970)

1 8 venerdì S.Giovanni I (mf)Ritiro del Clero Vel-letri - Centro S. Maria dell’Acero

19 sabato S. Celestino V

20 domenica ASCENSIONE C P41a Giornata Mondiale per le comu-nicazioni socialiVelletri - Centro S. Maria dell’Acero

Itinerario biblico-vocazionale per giovani “nessunoha un amore più grande...”

21 lunedì S. Cristoforo Mag. (mf)VII sett. di Pasqua III sett.Velletri - Catt. S. Clemente I: S.Eleuterio ves. mar-tire, compatrono di Velletri

22 martedì S. Rita da Cascia (mf)Anniversario presa possesso del Titolo Suburbicariodi Velletri-Segni di S.Em.za Card. Francis Arinze(22.05.2005)Festa liturgica in: Colleferro - Parr. S. GioacchinoParr. Maria SS.ma Immacolata

Valmontone - Parr. S. Sebastiano Velletri - Parr. S. Lucia

24 giovedì Madonna Ausiliatrice Colleferro - Suore Figlie di Maria Ausiliatrice: Festadelle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice

25 venerdì S. Beda (mf)Anniversario creazione e pubblicazione Cardinaliziadi S.Em.za Card. Francis Arinze (25.05.1985)Consiglio Presbiterale

26 sabato S. Filippo Neri (m)Veglia diocesana di PentecosteLariano - Parr. S. Maria Intemerata: Processionesolenne per S. EurosiaAnniversario di ordinazione Presbiterale di DonJohn Zuhlsdorf (26.05.1991)

27 domenica PENTECOSTE C PVelletri- Centro di Spiritualità S. Maria dell’Acero- Incontro di Spiritualità per adultiLariano - Parr. S. Maria Intemerata: Festa patro-nale di S. Eurosia

28 lunedì S. Emilio VIII sett. T.O. IV sett.

31 giovedì Visitazione B.V. Maria (f) PIn tutte le Parrocchie: Conclusione celebrazio-ni del Mese MarianoConsiglio Presbiterale

1 venerdì S. Giustino(m)

Primo Venerdì del mese Monastero invisibileColleferro - Parr. S. Barbara: Adorazione San-tissimo per tutto il giorno

2 sabato Ss. Marcellino e Pietro (mf)Mov. Cursillos di Cristianità - Parrocchia delSS.Nome di Maria Landi: Giornata di ritiro

3 domenica SS. TRINITA’ T.O.C.Ss. Carlo Lwanga e c. P

4 lunedì - S. Quirino IX Sett. T.O. I sett.

5 martedi - S. Bonifacio (m)

6 mercoledì - S. Norberto (mf)

7 giovedi - S. Antonio M. GianelliVelletri - Parr. SS. Salvatore: Triduoin preparazione al Corpus Domini

8 venerdì - S. MedardoIncontro del Vescovo con i Resp.Uffici di CuriaVelletri - Parr. SS. Salvatore: Triduoin preparazione al Corpus Domi-ni

9 sabato - S. Efrem (mf)

10 domenica CORPUS DOMI-NI C PCelebrazioni e ProcessioneCorpus Domini in tutte le cittàAnniversar io ord inaz ionePresbiterale di Mons. ManciniAngelo (10.06.1995)

MAGGIO

Ap p u n t a m e n t i3030 MaggioMaggio20072007

GIUGNO

Per formulare i nostri più fervidi e filialiauguri al Santo Padre Benedetto XVI, inoccasione del suo ottantesimo complean-no e per l’inizio del terzo anno di pontifi-cato, abbiamo preso in prestito uno stral-cio di quanto il nostro Cardinale FrancisArinze (successore del cardinal Ratzingeral titolo suburbicario della nostra Chiesalocale) ha scritto sul numero n° 3/ 2007 del-la rivista 30 Giorni, nella quale formulaper il Papa cinque preghiere.“Ammiro il papa BenedettoXVI perché GesùCristo è al centrodel suo ministe-ro, della sua pro-clamazione, deisuoi discorsi edelle sue omelie.Egli ci ricordacontinuamenteche la nostra fedeè un incontronon con una ideama con GesùCristo.” Il car-dinal Arinze nel-la sua esposizio-ne sottolineandoi segni peculiaridel carattere delsuo ministeropetrino e poipassa a formulare

le sue preghiere:“Possa il Santo Padreavere sempre la gioiadi sapere che egliprega e lavora in uni-tà e comunione con isuoi fratelli vescovi:“con tutti quelli checustodiscono la fede cat-tolica trasmessa dagliApostoli” (MessaleRomano, Preghieraeucaristica I).Possa, per-ciò, l’evangelizzazio-ne progredire effica-cemente. Possa eglivedere sempre piùsantità nella Chiesa trai laici, le persone con-sacrate e i chierici. L’ecumenismosta a cuore a papa BenedettoXVI. Soltanto nei mesi dinovembre e dicembre 2006 haricevuto in Vaticano l’arcive-scovo di Canterbury, l’arcive-scovo ortodosso di Atene e ditutta la Grecia, ha visitato a Istam-bul il Patriarca Ecumenico eil Patriarca Apostolico arme-no di Istambul e

Turchia e ha ricevuto nella nun-ziatura apostolica in Turchiail metropolita siro-ortodosso. Possail Signore far sì che il giornoin cui i cristiani torneranno adunirsi non sia lontano. Il Dialogo interre-

ligioso e interculturaleha ricevuto grande atten-zione da parte del SantoPadre. Possa egli avere lagioia di osservare sempremaggiori progressi in que-sti sforzi e in queste ini-ziative”.La Diocesi tutta, al segui-to del suo pastore ilvescovo Vincenzo, si uni-sce alla preghiera dellaChiesa Universale e in par-ticolar a quella del CardinalArinze, perché il Signorecontinui ad alimentare ecustodire il cuore di padre

di Benedetto XVI.

L’allora Cardinale Ratzinger, al centro, durante le celebrazioni per i suoi settanta anni nel Santuario dellaMadonna delle Grazie all’interno della Cattedrale di San Clemente, si riconoscono da sinistra Tarcisio Bertone,ora segretario di Stato del Vaticano, Georg Ratzinger (fratello del Papa), L’Arcivescovo Joseph Clemens allorasegretario del Cardinale Ratzinger, il vescovo Andrea Maria Erba e, ultimo a destra, Mons. Bovone, Segretario

della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Sopra il saluto della Diocesi in piazza San Pietro,sotto il cardinale Francis Arinze