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Parte Terza Radioterapia

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CAP 1 RADIOTERAPIA GENERALE Trattamento delle malattie neoplastiche maligne, e di alcune affezioni non maligne 1 con radiazioni ionizzanti quando i risultati ottenibili con esse sono superiori alle altre procedure terapeutiche. Il campo oncologico è quello in cui si usa principalmente la radioterapia in associazione con la chirurgia , in quanto la chirurgia riesce a eliminare solo la componente macroscopica del tumore, mentre la radio elimina i residui microscopici ma non riesce ad eliminare masse troppo grandi. Entrambe hanno selettività topografica d’azione, ossia la loro selettività è legata alla capacità di danneggiare soltanto una zona precisa. La chemioterapia, invece, agisce in maniera molto meno selettiva dal punto di vista topografico, e si basa su peculiarità biochimiche e metaboliche della massa neoplastica. Essa è infatti studiata appositamente per distruggere metastasi e localizzazioni a distanza delle neoplasie. Attualmente solo il 50% dei pazienti oncologici guarisce. I motivi per cui il restante 50 non guarisce sono: • Ritardo diagnostico (20%) • Terapia inadeguata (15-20%) • Incurabilità (15-20%)

Cenni storici Un certo Roentgen nel 1895 scoprì dei raggi che annerivano una lastra fotografica anche dopo essere passati attraverso materiale opaco. Lui fece la prima radiografia della mano. A scopo terapeutico furono impiegate a partire dal 1897 su tumori cutanei e mammari; intorno al 1930 furono eseguiti i primi esperimenti di irradiazione sulle gonadi di montone. Da questo esperimento si scoprì che i tessuti neoplastici e i tessuti normali rispondono in maniera diversa: i primi sono sensibili anche ad una dose frazionata nel tempo, i secondi soltanto ad una dose diretta e contemporanea. Da qui nacque il principio di frazionare la dose per evitare danni ai tessuti sani mentre si distrugge quello tumorale

Radiobiologia Ci sono due tipi di radiazione, elettromagnetiche (raggi X e gamma) e corpuscolate cariche(protoni, elettroni e positroni) o neutre (neutroni). Le modalità con cui questi tipi di radiazione cedono energia sono:

TIPO DI RADIAZIONE MODALITÀ ENERGETICA ENERGIA Effetto Fotoelettrico Bassa Effetto Compton > 0,50 MeV

Elettromagnetica

Effetto Coppia > 1,50 MeV Elettroni Urto anelastico fra il campo elettrico dell’elettrone e quello

dell’atomo incidente. In questo modo si producono effetti ionizzanti sulla materia irradiata

Bassa

Protoni Analogo meccanismo degli elettroni Bassa Le particelle corpuscolate producono effetti ionizzanti con una frequenza inversamente proporzionale all’energia della radiazione. In realtà questo significa che mano a mano che penetrano nel tessuto e dissipano energia aumenta la possibilità di ottenere effetti ionizzanti nel tessuto, ottenendo un picco (picco di Bragg) ad un certo livello. Ad una certa profondità l’energia diminuisce e non si creano più effetti ionizzanti. A livello molecolare questi fenomeni hanno particolari ripercussioni:

Effetti diretti Rottura di legami chimici in molecole colpite dal fascio di radiazione

Effetti indiretti Sono legati alla produzione di radicali liberi reattivi dalla radiolisi ionizzativa dell’acqua, secondo una precisa reazione a catena:

1 Cheloidi, angiomi cavernosi, artrosi e periatrite scapolo omerale

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• Radiazione + H2= ? HO+ + e- • e- + H20 ? HO • H2O+ ? H+ + OH- • H2O- ? H° + OH- • • I radicali evidenziati in rosso sono particolarmente reattivi; data la quantità d’acqua nei tessuti questo

meccanismo è molto più importante di quello diretto. Se poi nei tessuti è presente anche molto ossigeno, si forma anche HO2, molto ossidante; l’ossigeno quindi è un elemento radiosensibilizzante.

Conseguenze Si forma quindi un meccanismo a catena, che porta a danni al DNA, formazione di cromosomi aberranti e quindi morte cellulare, intesa come incapacità di proseguire nel ciclo della mitosi. Esiste una curva di sopravvivenza delle cellule di mammifero, in cui si riporta in scala logaritmica il numero di cellule che sopravvivono ad una dose progressiva di radiazione (rappresentata in progressione aritmetica). Si evince dalla curva che: • All’aumentare della dose, la curva assume una pendenza sempre maggiore, finché a dosi elevate diviene

rettilinea (la frazione di cellule sopravviventi si riduce in maniera più rapida dell’aumento della dose) • Il tratto iniziale per basse dosi, che scende in maniera curva meno intensa, è detto “spalla”. Le cellule

che subiscono un danno da una dose del genere ricevono un danno subletale. Qualora vengano interessate di nuovo dallo stesso danno entro un certo periodo di tempo, moriranno, altrimenti il danno viene riparato e quindi si osserverà, ad una successiva e tardiva riesposizione, lo stesso fenomeno.

• Questo fenomeno avviene costantemente in radioterapia, e le singole cellule vengono sottoposte ad un danno “di spalla” ad ogni frazione di dose (tipicamente 5 la settimana). Ogni volta però il numero di cellule che sopravvivono è minore, e tutta la curva può essere approssimata ad una retta discendente con pendenza tanto maggiore quanto è la grande la frazione di dose.

• • Il motivo per cui si fa questo sta nelle “quattro R della radiobiologia moderna”, e precisamente nella

prima R.

Le 4 R • Riparazione: è più efficace per i tessuti sani che per quelli neoplastici, per questo si forniscono dosi

subletali frazionate, in modo che si faccia sentire la differenza di riparazione fra il tessuto sano e quello neoplastico.

• Riossigenazione: consente di arricchire d’ossigeno le cellule dei tessuti neoplastici sfruttando il suo effetto radiosensibilizzante. Le cellule neoplastiche infatti hanno una pessima irrorazione per problemi di vascolarizzazione e di compressione esterna

• Ridistribuzione: nel progredire dei cicli di terapia, le cellule tumorali muoiono, e quindi sempre più cellule saranno chiamate alla mitosi. La mitosi è la fase in cui la cellula è più sensibile alla radioterapia, quindi dopo alcuni cicli si ottiene una ridistribuzione delle cellule dalle varie fasi del ciclo alla mitosi, con aumento della sensibilità del tumore

• Ripopolamento: effetto collaterale della ridistribuzione è il fatto che la presenza di tante cellule in mitosi aumenta la popolazione, quindi maggiore è la durata della terapia maggiore deve essere la dose totale per ottenere lo stesso effetto

• Una cellula è tanto più radiosensibile quanto maggiore è la sua attività mitotica e tanto minore è la sua differenziazione. Inoltre i tessuti perenni rispondo di più al danno da radiazione rispettivamente di quelli stabili e di quelli labili. Una scala di radiosensibilità è: • Linfociti • Eritroblasti • Mieloblasti • Altre cellule • Cellule ossee

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• Cellule nervose • Cellule muscolari

Metodiche radioterapiche Esistono essenzialmente due tecniche: ? Radioterapia transcutanea Il fasci di radiazione è esterno rispetto al paziente e viene indirizzato sul volume tumorale utilizzando una o più porta di ingresso. Viene utilizzata più di frequente per via della sua accessibilità a tutti i distretti corporei. Il fascio radiante viene collimato in modo da concentrarsi soltanto nella zona tumorale, risparmiando i tessuti circostanti. Vengono utilizzati: • Raggi X convenzionali con potenziali fra 40 e 400 Kv prodotti con tubo di Coolidge (Roentgenterapia) • Raggi X ad alta energia fra 4 e 45 Mv, prodotti da un acceleratore lineare o un betatrone • Radiazione gamma prodotta con cobalto 60 (Cobaltoterapia) con fotoni fra 1,77 e 1,33 Mv • Fasci di elettroni fra 6 e 50 Mv, prodotti con acceleratore lineare o betatrone • Fasci di protoni e neutroni, pochissimi centri dotati di un ciclotrone • • ? Curieterapia • Solo in casi selezionati di tumori molto accessibili (cutanei, cervice, vagina); ha la caratteristica di

utilizzare protocolli che permettono alla dose di radiazione di diminuire bruscamente non appena si allontana dalla zona neoplastica, diminuendo enormemente la dose ai tessuti sani circostanti.

• Si utilizzano: • Sonde di cesio 137 • Forcine o fili di iridio 192 • Semi di iodio 125 • • Nella tecnica endocavitaria (utilizzata comunemente nei tumori dell’utero) prima si inserisce un

applicatore a contatto con la cavità da irradiare (nel fornice vaginale a contatto con il collo uterino), poi vi si carica il materiale radioattivo. Il caricamento modernamente viene fatto da un sistema automatico controllato a distanza dall’operatore, che non si espone alle radiazioni (telecaricamento).

• • La tecnica interstiziale viene utilizzata per neoplasia del labbro, della lingua, della vulva e dell’ano: si

applicano temporaneamente dei fili di materiale radioattivo nei tessuti, che appena erogata la dose richiesta viene rimossa.

Scelta della metodica Bisogna prima di tutto considerare che il tipo di energia da utilizzare dipende dalla profondità della lesione: all’aumentare dell’energia aumenta la profondità del punto in cui si crea l’effetto massimo2. Un fasci di raggi X da 50 Kv ha il massimo all’ingresso, ed un utilizzo dermatologico. A 20 Mv (acceleratore lineare) i raggi X hanno massimo di azione a 5 mm, il cobalto 60, con i suoi 1,5 Mv, ha massimo d’azione a 5 mm., e così via. I fasci di elettroni si distribuiscono al di sotto della cute in modo omogeneo, e poi la loro azione cala bruscamente

2 Questo perché si è detto che per avere l’effetto ionizzante la radiazione deve raggiungere un range di energia minore di quello iniziale, nel quale è massima la probabilità di interazioni ionizzanti. Questo avviene disperdendo energia nell’attraversare i tessuti, e maggiore è l’energia iniziale, maggiore sarà il tragitto da fare per disperdere l’energia in eccesso e raggiungere il range ottimale.

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CAP 2 CARCINOMA MAMMARIO Epidemiologia Carcinoma più frequente nel sesso femminile nel quale è la seconda causa di morte per tumore dopo quello del polmone. Max incidenza paesi industrializzati. Distribuzione bimodale, 45-50 e oltre 70; probabilmente due entità distinte di neoplasia. Fattori di rischio: • Età oltre 50 anni • Menarca precoce (12 anni) • Menopausa tardiva (55 anni) • Nulliparità • Familiarità • Patologia mammaria pregressa • Ipotiroidismo • Obesità, alcool, grassi (? estrogeni) • Uso prolungato di estrogeni (vecchi contraccettivi, terapia sostitutiva in menopausa)

Istologia • Carcinomi duttali, infiltranti e non infiltranti • Carcinomi lobulari, infiltranti e non infiltranti • Malattia di Paget del capezzolo • Carcinoma infiammatorio Di solito è multifocale e multicentrico, talvolta bilaterale (più spesso metacrono che sincrono); preferenziale il quadrante supero esterno, seguito da quello centrale La cellula neoplastica ha t di raddoppio di circa 100 giorni, diametro di 10 um. Raddoppia 20 volte in circa 6 anni, raggiungendo una massa di 0,1 cm, composta da un milione di cellule. La massa di un cm corrisponde a circa un miliardo di cellule

Diffusione L’insorgenza condiziona il successivo interessamento linfatico: dal QSE si va ai linfonodi ascellari omolaterali, dagli interni si va alla catena mammaria interna dello stesso lato. Tardivamente si ha la diffusione ai linfonodi sovraclaveari e agli ascellari controlaterali. La infiltrazione linfonodale avviene per embolizzazione o per diretta estensione: il linfonodo non costituisce una barriera, ma la presenza di metastasi linfonodali non indica necessariamente la presenza di metastasi a distanza. Per via ematica la diffusione è frequente e importante; anche se diffusa la malattia può comunque essere operabile. La diffusione ematica riguarda: • Scheletro (80%), specie bacino, cranio, colonna vertebrale, con lesioni osteolitiche o osteoblastiche • Polmone (60%) • Fegato (60%) • Encefalo (25%) RX torace, eco addome e scintigrafia ossea e cerebrale sono le metodiche di staging. La malattia ha un certo rischio di ripresa dopo al terapia chirurgica legato a: • Numero di linfonodi • Diametro (maggiore di 3cm) • Assenza di R ormonali (grading elevato) • Oncogene Cerb B2 • Cellule aneuploidi (grading elevato) • Attività proliferativa

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Di solito il numero di metastasi linfonodali va di pari passo con la dimensione del tumore

Stadiazione T N M

TIS: in situ T1: < 2 cm T2: 2-5 cm T3 > 5 cm T4 esteso a cute e parete toracica T4c: mastite carcinomatosa

N1 ascellare omolaterale mobile N2 ascellare omolaterale fisso N3 mammari interni omolaterali

M1 metastasi a distanza (compresi linfonodi sovraclaveari)

• Stadio 0: TISN0M0 • Stadio I: T1N0M0 • Stadio IIA: T0-1N1M0; T2N0M0 • Stadio IIB:T2N1M0; T3N0M0 • Stadio IIIA: T0-2N2M0; T3N1-2M0 • Stadio IIIB: T4NM0; TN3M0 • Stadio IV: TNM1

Terapia

Chirurgica • Mastectomia radicale (mammella, grande e piccolo pettorale, dissezione del cavo ascellare). Inventata da

Halsted nel 1894, oggi non si fa più ad esclusione di N2 ascellari • Mastectomia allargata: come la radicale più linfonodi della catena mammaria interna. In disuso • Mastectomia radicale modificata di Patey: si conserva il grande pettorale • Mastectomia semplice: escissione della sola ghiandola mammaria Interventi conservativi: • Quadrantectomia: indicazione nei tumori di 2,6 cm massimo, si asporta solo il quadrante della neoplasia

e si fa la dissezione del cavo ascellare omolaterale. Rappresenta l’intervento chirurgico più praticato . Se si usa anche la radioterapia dopo l’intervento prende il nome di QuaRt, importante perché spesso il tumore è multicentrico e la Rt sterilizza il secondo focus anche se non ancora evidente.

• Tumorectomia: consiste nell’asportazione del tumore e di una piccola quantità di tessuto sano attorno ad esso, più cavo ascellare

• Ampia escissione: forma intermedia fra le prime due La chirurgica conservativa è sempre seguita dalla radioterapia che sia applica sulla mammella residua e sul tessuto sano controlaterale.

Radioterapia • Preoperatoria: solo in caso di tumore localmente molto avanzati per ridurre la massa neoplastica e

renderli operabili • Esclusiva: in donne anziane con carcinoma sensibile agli ormoni • Postoperatoria: per ridurre il rischio di metastasi e di recidive locali. È l’utilizzo più frequente. In

passato veniva aggiunta anche alla chemioterapia radicale perché si pensava che il trattamento sistemico fosse l’unico efficace. Oggi si sa che questo non è vero, e che non sempre il tumore mammario è una malattia sistemica (TIS, invasione di meno di 1cm).

• Trattamento palliativo: tumori molto avanzati; in genere su adenopatie voluminose o su metastasi ossee dolorose

L’obbiettivo della radioterapia è sterilizzare il carcinoma subclinico della parete toracica e linfonodale. Questo protocollo postoperatorio (adiuvante) deve essere eseguito con accorgimenti che permettano di minimizzare la dose al polmone, al mediastino e alla mammella controlaterale.

Chemio + radio Sommano i loro effetti:

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EFFETTO SU CHEMIO SOLA ASSOCIAZIONE CON RADIO

Ripresa della malattia 32% 9% Sopravvivenza libera a 10 anni 34% 48%

Terapia medica Solo per tumori avanzati, si ricorre alla chemioterapia (anche se ora si tende ad utilizzarla anche in fase recente se grading elevato e recettori scarsi). L’ormonoterapia consiste nell’assunzione giornaliero di un anti estrogeno (Tamoxifene) per 5 anni. Oggi si tende a darlo a tutte le pazienti anche se il tumore non esprime recettori per gli estrogeni

Classi di pazienti e protocolli personalizzati Diametro Linfonodi Fattori

prognostici Scelta terapeutica

Negativi NO Quadrantectomia Linfoadenectomia ascellare Radio e ormoni adiuvanti

< 2,5 cm

Interessati SI o NO Come sopra ma anche chemioterapia postoperatoria > 2,5 cm Chemio preoperatoria

Chirurgia conservativa Chemio e radio postoperatoria

T4 Chemio preoperatoria mastectomia Radioterapia Chemio postoperatoria e ormonoterapia

Carcinoma infiammatorio

Chemio fino a massima regressione Radio locoregionale Terapia medica e/o mastectomia

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CAP 3 CARCINOMA DEL COLON RETTO Caratterizzazione Terza neoplasia per incidenza (15%) in entrambi i sessi, ma secondo posto come causa di morte. Età 5°-6° decennio, M>F. Istologicamente sono adenocarcinomi, in tre grading (G1, G2, G3). Diffonde per: • Estensione diretta (vescica, prostata, utero, ureteri( • Linfatica • Ematica • Transperitoneale (tumore di Kruckemberg del retto) • Intraoperatoria La stadiazione è:

T N M Tis: carcinoma in situ T1: invasione della sottomucosa T2: tonaca muscolare T3: sottosierosa o mesoretto T4: peritoneo o organi pelvici

N1: 1-3 pericolici o perirettali N2: 4+ pericolici o perirettali N3: linfonodi lungo i tronchi vascolari

M1: metastasi a distanza

0 TISN0M0 IA IB

T1N0M0 T2N0M0

IIA IIB

T3N0M0 T4N0M0

III TN1-3M0 IV TNM1 Nello stadio I le recidive dopo terapia chirurgica elettiva radicale sono attorno al 5%, nello stadio II al 30, nel III al 70. La ripresa di malattia è condizionata da: • Stadio avanzato e metastasi linfonodali • Grado di differenziazione cellulare • Invasione dei linfatici • Margini di resezione (> 3cm recidive 12%, 2 cm recidive 22%). Se il margine è minore di 3 cm si fa

radioterapia.

Terapia L’approccio dipende dallo stadio. • I: sola chirurgia , sempre con l’asportazione del mesoretto che è sede di ripresa locale nell’85-90% dei

casi. Vedi diagnostica per immagini per le tecniche operatorie che sono: • Amputazione addomino-perineale secondo Miles • Resezione anteriore del retto • Se il paziente non è operabile si fa la radioterapia esclusiva in regione pelvica a 50, Gy

• II e III: la sola chirurgia non basta: • Chirurgia + Rt postoperatoria • Chirurgia + Rt e Ch postoperatorie • Radioterapia preoperatoria + Chirurgia • Rt e Ch preoperatorie + Chirurgia

Il trattamento adiuvante (postoperatorio) è lo standard di riferimento, anche se non si è dimostrato migliore di quello neoadiuvante (preoperatorio).

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PREOPERATORIA VANTAGGI SVANTAGGI

• Definizione patologica: definizione su pezzo operatorio dello stadio della malattia che permette di programmare meglio la terapia non chirurgica

• Fissaggio delle anse del tenue: nel corso dell’intervento queste vengono fissate in alto e non subiscono l’irradiazione durante la radioterapia

• Non viene procrastinato l’intervento chirurgico

• Minor efficienza nel controllo locale di malattia • Maggiore morbilità

POSTOPERATORIA VANTAGGI SVANTAGGI

• Maggiore successo di ridurre il rischio di recidiva locale

• Azione della terapia su tessuti più ossigenati e quindi più radiosensibili

• Riduzione del seeding intraoperatorio • Riduzione dello stato di malattia prima

dell’intervento, che permette a volte l’esecuzione di interventi semiconservativi

Assenza dei vantaggi dell’altra metodica

In stadio IV è possibile solo un trattamento palliativo, in quanto la prognosi è infausta e la sopravvivenza a 5 anni è minore del 5%. Si ricorre o alla chemio isolata, oppure in associazione ad una chirurgia o radioterapia a scopo sintomatico. Comunque non si superano i 30Gy

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CAP 4 CARCINOMA DELLA PROSTATA Neoplasia più frequente nel sesso maschile, al secondo posto come causa di morte. Frequenza aumenta con l’età, apice attorno ai 70 anni. Eziologia sconosciuta, diversi fattori di rischio soprattutto associazione con livelli di testosterone. Origina dai lobi laterali e non ha una associazione con l’adenoma che origina centralmente nella ghiandola. Adenocarcinoma nel 95% dei casi. Grading: Gleason score Marker: PSA

Diffusione: • Contiguità: capsula esterna, vescichette seminali, collo vescicale, trigono uro-vescicale parete anteriore

del retto • Linfatica: linfonodi regionali (ipogastrici, iliaci esterni, otturatori, presacrali) poi quelli aortici e

sopraclaveari • Ematogena: metastasi all’osso (rachide lombare), più tardi polmonari Si trova in forma latente nel 40% delle autopsie sopra 70 anni-

Diagnosi Sintomatologia urinaria, ematuria, oppure segni di malattia : invasione del rachide, del retto, dei plessi nervosi radicolari. Oppure soltanto aumento del PSA durante screening. Diagnosi clinica strumentale con: • Esplorazione rettale • Eco transrettale • Disaggio del PSA • Agobiopsia

Stadiazione T N M

T1: assenza di evidenza clinica • 1a: scoperto con esame istologico, < 5% del tessuto • 2a: scoperto con esame istologico, > 5% del tessuto • 3a: scoperto con agobiopsia, PSA elevato

N0: nessun linfonodo N1: linfo regionali

M1

T2: entro la capsula • 2a: un solo lobo • 2b: entrambi i lobi

T3: oltre la capsula • 3a: connettivo periprostatico • 3b: vescichette seminali

T4: invasione di vescica, retta, parete pelvica o muscoli STADIAZIONE

I: T1aN0M0 II: T1-2N0M0 III: T3N0M0 IV: T4N0M0; TN1M0; TNM1

Terapia Tiene conto di età, stadio e condizioni del paziente.

Chirurgica intento radicale, con prostatovesciculectomia, con o senza linfoadenectomia pelvica in base al rischio di coinvolgimento linfonodale. La tecnica “nerve-sparing” consnete di cosnervare il fascio vascolonervoso prsacrale, evitando l’incontinenza urinaria e l’impotenza sessuale.

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Indicazioni alla chirurgia: • tumore in T2 • età < 70 • buoni condizioni generali

Radioterapia Alternativa negli stessi casi indicati alla chirurgia, con stesse aspettative di vita e con miglior rispetto dei tessuti circostanti (meno impotenza e incontinenza). Viene fatta dall’esterno o meno frequentemente con tecnica interstiziale. • Esterno: fotoni da oltre 10Mv con acceleratore lineare, fino a 70Gy. Se il tumore è extracapsulare si

aggiunge 50Gy nello scavo pelvico. Con gli acceleratori a tecnica conformazionale, più precisi, si superano anche i 70Gy

• Interstiziale: semi di I125 nella ghiandola con applicatori a pistola, lasciati per 1 anno fino a raggiungere 160 Gy

Al contrario della chirurgia la radio può essere utilizzata anche nei trattamenti palliativi, e non costituiscono controindicazioni le condizioni precarie dei pazienti. Infine risulta molto efficace nelle metastasi ossee.

Terapia ormonale Effetto inibente degli analoghi dell’LH sulla produzione del testosterone. Provoca castrazione non chirurgica del paziente e perde efficacia dopo alcuni mesi, per cui va sospesa e ripresa dopo alcune settimane.

Protocolli di trattamento STADIO TERAPIA

I >70 anni I < 70 anni

Solo controlli periodici senza terapia Chirurgia o radioterapia solo su loggia prostatica

II Chirurgia radicale o radioterapia solo su loggia prostatica III Radioterapia su loggia e su linfonodi pelvici + ormonoterapia IV Radio radicale su campi estesi + ormonoterapia

Terapia palliativa

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CAP 5 CARCINOMA DEL POLMONE Sintomatologia, fattori di rischio, istologia: vedi radiologia Si distinguono i 4 tipi istologici: • Carcinoma epidermoide - centrale • Adenocarcinoma - periferico • Microcitoma o a piccole cellule - centrale con elevatissimo indice di raddoppio (5 giorni) • Carcinoma anplastico a grandi cellule - periferico aggressivo Le manifestazioni cliniche variano in base alla sede centrale o periferica (vedi radiologia) La diagnosi clinico strumentale ? vedi radiologia .

Stadiazione T

T1: minore di 3cm senza invasione bronco principale T2: una delle seguenti caratteristiche: • > 3cm • Interessa il bronco principale fino a 2 cm dalla carena • Invade la pleura viscerale • Atelettasia o polmonite ostruttiva parziali T3: una delle seguenti strutture sono invase: • Parete toracica • Diaframma • Pleura mediastinica • Bronco principale oltre 2 cm dalla carena Oppure provoca atelettasia o polmonite ostruttiva di tutto il polmone T4: invade alcune delle seguenti strutture: • Mediastino • Cuore • Vasi principali • Carena • Trachea • Esofago • Vertebre • Noduli separati dello stesso lobo • Versamento pleurico neoplastico

N M N1: peribronchiali e/o ilari omolaterali N2: mediastinici o sottocarenali omolaterali N3: mediastinici o ilari controlaterali, scaleni o sovraclaveari

M1: metastasi a distanza, comprende anche noduli neoplastici in altri lobi

0: TISN0M0 1A:T1N0M0 1B: T2N0M0 2A: T2N1M0 2B: T3N0M0 3A: T1-3N1-2M0 3B:TN3M0 4: TNM1

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Terapia Dipende da stadio, età, condizioni e tipo di tumore. Infatti il microcitoma ha una terapia completamente diversa da tutti gli altri tipi di tumore.

Microcitoma Possibilità limitata alla chemioterapia e radioterapia, in quanto la chirurgia non è attuabile per l’elevato tasso di recidive e la metastasi praticamente sempre già in atto. Si distinguono due protocolli terapeutici. ? Pazienti a malattia limitata: chemioterapia seguita da radioterapia adiuvante (50Gy) sulla stessa sede dopo una remissione avanzata. Talora stesso trattamento all’encefalo per prevenzione metastasi ? Pazienti a malattia estesa: solo chemioterapia, radioterapia solo a scopo palliativo sulla sede sintomatica

Non microcitoma STADIO TERAPIA

I Sola chirurgia, o alternativa radio di 60Gy su emitorace interessato II - IIIA Chirurgia più radio adiuvante di 50Gy. In IIIA spesso anche chemio adiuvante IIIB Chemio e radio combinate, chirurgia inefficace IV Palliazione con radioterapia da 20Gy in 5 frazioni Si usano fotoni da acceleratori lineari, con energia compresa fra 6 e 18 Mev. Sul tumore primitivo si raggiungono anche 65Gy, sul torace al massimo 50.

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CAP 6 CARCINOMI DELL’APPARATO GENITALE 6.1 CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA Quinto posto nella donna, preceduto anche dal carcinoma endometrio (migliori programmi prevenzione, specie Pap-test). Ruolo eziologico importante infezioni genitali da HPV 16 e 18, incerto il ruolo di HSV. Colpite le donne da 30 e 55 anni, picco 48 anni, in maniera proporzionale all’attività sessuale a rischio. • 90% carcinoma epidermoidale (zona di transizione fra esocervice ed endocervice) • Adenocarcinoma • Adenoacantoma • Carcinoma squamoso

Diffusione • Continuità: canale cervicale, istmo, corpo dell’utero in alto. Vagina, fornici verso il basso • Contiguità: vescica, retto, parete pelvica • Linfatica: ipogastrici, iliaci interni, iliaci comuni, otturatori, presacrali, parakmetriali, aortici • Ematica: metastasi rare e tardive, per lo più al fegato e ai polmoni

Diagnosi Le forme invasive sono precedute da forme di displasia in situ (CIN) di 3 gradi successivi. La diagnos i citologica di queste forme costituisce un importante presidio di screening per la sua affidabilità e semplicità. Successivamente si procede all’esame con colposcopio ed eventualemnte la biopsia. Anche negli stadi non invasivi della malattia si applica una terapia: • CIN I: niente • CIN II e III: trattamento delle lesioni con laser • Carcinoma IA: chirurgia radicale non demolitiva con isterectomia semplice (utero, annessi e terzo

superiore della vagina). Gli stadi successivi sono francamente invasivi.

Stadiazione STADIO DESCRIZIONE

0 Carcinoma in situ I • IA • IB

Limitato alla cervice Invasione preclinica, infiltrazione minore di 5 mm Infiltrazione maggiore di 5 mm, comparsa clinica. Da qui in poi è invasivo

II • IIA • IIB

Oltre la cervice ma non al terzo inferiore della vagina Fino ai 2/3 superiori della vagina Evidenza di infiltrazione dei 2/3 mediali, passaggio attraverso i parametri (tessuto fibroso in cui passa l’arteria uterina)

III • IIIA • IIIB

Estensione a parete pelvica, tutta la vagina, idronefrosi neoplastica Terzo inferiore della vagina Parete pelvica o idronefrosi

IV • IVA • IVB

Diffusione oltre la pelvi Tumore agli organi adiacenti (vescica e retto) Tumore a distanza

Terapia delle forme invasive Allo stadio IB e IIA (che vengono accomunati per via del trattamento simile) si fa una chirurgia radicale demolitiva con isterectomia più annessi, linfoadenectomia pelvica e se si trovano linfonodi metastatici fra quelli estratti si aggiungono 50Gy sulla pelvi. Tuttavia si possono anche dare soltanto radiazioni. Si tende anche ad estendere la demolizione ai 2/3 superiori della vagina e ad utilizzare comunque la radioterapia coma adiuvante, a seconda dei centri.

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Allo stadio IIB, IIIA e IIIB il tumore non è più aggredibile chirurgicamente e si fa solo la radioterapia. In questi pazienti si fa una prima radioterapia esterna diretta sulla regione pelvica e lombo aortica, con acceleratore lineare ad alta energia (10Mv) fino alla dose di 50Gy. A distanza di 2 settimane si fa un sovradosaggio di 20-25Gy con brachiterapia endocavitaria con Cs137. Allo stadio IV si ha solo la palliazione con chemio e radio, soprattutto per fermare il sanguinamento vaginale. I casi molto selezionati di pazienti con IVA si può tentare un intervento chirurgico radicale di asportazione di quasi tutto il contenuto della pelvi. La mortalità intraoperatoria è alta, ma in caso di successo c’è una buona sopravvivenza libera da malattia. Nelle forme localmente avanzate si può utilizzare una combinazione di radio e chemio in maniera neoadiuvante (dopo l’intervento): • Chemioterapia neoadiuvante seguita a distanza dalla radio: non da grandi vantaggi perché riduce il

tumore le cellule che residuano sono resistenti sia alla chemio che alla radioterapia • Trattamento combinato radio più chemio: migliore perché le due metodiche si rafforzano l’una con

l’altra, raccomandata dalla NCI.- In questi casi l’intervento chirurgico non ha un ruolo risolutivo.

Fattori di rischio per la ripresa della malattia dopo intervento radicale in fase IB IIA • Margini chirurgici infiltrati • Linfonodi positivi • Infiltrazione parametri • Invasione dello spazio linfonodale vascolare • Diametro del tumore elevato • Profonda penetrazione del tumore nello stroma • Tipo istologico adenocarcinoma • Grading elevato Tali fattori sconsigliano anche in fase IIA l’intervento chirurgico senza l’ausilio della radioterapia. Nelle forme con linfonodi positivi però essa da pochi risultati, e allora viene usata in combinazione con la chemio; mentre invece fattori di rischio come l’infiltrazione estesa e l’interessamento degli spazi vascolari possono essere “controllati” con la sola radioterapia.

Tipi di radioterapia Prima dell’esecuzione è importante una pianificazione che include anche l’uso della TC, RMN, simulatore (per individuare le strutture da non aggredire). La radioterapia esterna precede sempre la brachiterapia per permettere la diminuzione della massa tumorale e migliorare la linearità della superficie tumorale che aggetta nel lume, facilitando l’inserimento della sonda. Con la TC si evidenziano i volumi da irradiare, e si calcola perfettamente la dose utile. La brachiterapia consiste nell’applicazione di un applicatore personalizzato sullo stampo vaginale della paziente, che viene applicato a contatto fino al collo dell’utero: viene collegato con il proiettore che applica a distanza una piccola quantità di materiale radioattivo. Nella vescica e nel retto possono essere inseriti dei cateteri per visualizzare le strutture pelviche con mezzo di contrasto, per valutare meglio la distanza dal tumore e calcolare la dose che può arrivare loro (è la stessa cosa che si può fare con la TC). Si possono dare sia dosi basse per diversi giorni che dosi alte tutte insieme, il risultato cambia di poco.

6.2 CARCINOMA DELL’ENDOMETRIO Costante aumento negli ultimi anni, ha anche superato il carcinoma della cervice uterina, sia per l’aumento della vita che per l’aumento delle sostanze iatrogene. Colpisce in genere le donne in menopausa, con fattori di rischio il diabete, menopausa tardiva, nulliparità, obesità e pubertà precoce, epatopatie (aumento degli estrogeni). Come il carcinoma della cervice, ci sono lesioni precancerose che consistono nella iperplasia e displasia dell’endometrio. Adenocarcinomi con tre gradi di differenziazione, più rari adenoacantomi e carcinoma squamoso.

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Sanguinamento ricorrente dopo la menopausa è il sintomo clinico più frequente, anche se aspecifico. Il primo approccio diagnostico è lo scraping cervicale con colposcopia , ecografia transvaginale ed analisi citologica, in seguito biopsia.

Diffusione • Diretta: miometrio e annessi uterini; l’endometrio non ha sottomucosa e l’invasione del miometrio è

precoce: questo è anche un parametro prognostico importante assieme al grading. Coinvolge precocemente la sierosa peritoneale e poi la vescica e il retto

• Linfatica: altro importante parametro prognostico. Questa diffusione è conseguenza dell’invasione del terzo medio del miometrio dove sono ricchi i linfatici. Progressivamente coinvolti linfonodi pelvici, e poi i lombaortici.

• Ematica: veicola metastasi al fegato, polmone, scheletro, encefalo. Per stabilire il livello di diffusione locale ci si avvale di RM pelvica, TC addome, RX torace.

Stadiazione • Stadio I: confinato al corpo dell’utero.

• IA: endometrio • IB: meno di ½ del miometrio • IC: oltre ½ del miometrio

• Stadio II: confinato all’utero ma anche cervice • IIA: pseudoghiandole cervicali • IIB: stroma della cervice

• Stadio III: oltre utero ma non oltre la pelvi • IIIA: invasione della sierosa e degli annessi uterini, o citologia peritoneale positiva • IIIB: metastasi vagina li • IIIC: metastasi alla pelvi o ai linfonodi pelvici

• Stadio IV: vescica, retto o metastasi a distanza • IVA: vescica, retto, sigma e intestino tenue • IVB: organi distanti o linfonodi inguinali

Terapia Allo stadio I il trattamento è un intervento di isteroannessectomia completo, con asportazione del terzo superiore della vagina e dei linfonodi regionali. Se il grading è alto si usa la radioterapia a fotoni ad alta energia (>10Mv) fino a 50 GY o la brachiterapia endocavitaria, che riduce il rischio di recidiva sul tessuto vaginale residuo. Stadio II si usa fare lo stesso intervento, ma sempre seguita da radio adiuvante della pelvi. Nelle pazienti obese o diabetiche (comorbilità) allo stadio I o II si può usare la radioterapia in alternativa all’intervento chirurgico. In questo caso si usa una dose di 45-50 Gy sulla pelvi e dopo un paio di settimane 25Gy con brachiterapia endocavitaria con sonde di Cs137 Si usava prima il radium, (solfato di radio in polvere), in un contenitore di platino e poi inserito nell’utero con metodo interstiziale. Oggi si usano altri radioisotopi succedanei del radio per tecnica brachiterapica. Stadio III, da qui in poi non c’è indicazione alla chirurgia. Si esegue quindi una radioterapia esterna in regione pelvica e paraortica (linfonodi), seguita da brachiterapia endocavitaria e da terapia medica non ormoni (medrossiprogesterone acetato, MAP) Stadio IV: terapia solo nel IVA con cicli di chemio in associazione ad ormonoterapia, intervallati da irradiazione della pelvi. Nel IVB invece solo palliazione su linfoadenopatie voluminose o metastasi ossee dolorose.

6.3 TUMORI DEL TESTICOLO Piuttosto rari, eziologia sconosciuta ma associazione con il criptorchitismo. Vi sono: • Neoplasie germinali (95%): seminoma, carcinoma embrionale, tumore del seno endodermico, teratoma,

coriocarcinoma • Neoplasie non germinali (5%): Leydigoma, Sertolinoma, Androblastoma, forme di origine connettivale.

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Si descrive solo la terapia del seminoma che è il più diffuso. Esso è anche particolarmente radiosensibile, e la sua modalità di diffusione prevedibile ne rende possibile la guarigione nel 70-100% dei casi. Età 30-40 anni. Iter diagnostico: • Ecografia testicolare • AFP, beta HCG, LDH isoenzima (quest’ultima più spesso associata al seminoma) • Agobiopsia (seeding facile!) In tutti i casi ad ogni stadio viene fatta una orchifunicolectomia radicale transinguinale (mai transcrotale) sezionando il funicolo spermatico all’altezza dell’anello inguinale interno.

Diffusione Ricordare che in tutti i tumori del testicolo la prima stazione linfatica è quella lomboaortica all’altezza della vena scrotale, mai all’inguine (se si trovano metastasi sono retrograde). Dai linfo lomboaortici infatti le metastasi vanno all’inguine (via discendente) al dotto toracico e quindi nel circolo ematico (via discendente). Le metastasi ematiche sono rare, per lo più a fegato, polmoni, scheletro ed encefalo.

Staging Strettamente legato alla diffusione locale Stadio I IA IB IC

(no adenopatie) limitata al testicolo ed epididimo funicolo scroto

Stadio II IIA IIB IIC

adenopatie sottodiaframmatiche di diametro: <2cm 2-5 cm 5-10cm

Stadio III IIIA IIIB IIIC

Metastasi linfonodi sopradiaframmatici Adenopatie mediastiniche e sopraclaveari Metastasi ematogene ai polmoni Metastasi ematogene altre sedi

Terapia Allo stadio I si fa il solito intervento di orchifunicolectomia e poi si danno 30 Gy sulle stazioni linfonodali lomboaortiche ed iliache, descrivendo con il fascio di irradiazione come una mazza da golf con il manico sull’addome e la testa sull’inguine. Se il grado è basso si può anche non aggiungere altro all’intervento con uno stretto follow up. Stadio IIA e IIB si fa una terapia radicale di 40Gy in sede sottodiaframmatica come prima a mazza da golf. Se il tumore è di dimensioni elevate si associa anche radio della pelvi Stadio IIC, IIIA: trattamento chemioterapico per quattro cicli seguito da radioterapia sulle sedi di persistenza della malattia. Negli stadi successivi, rarissimi da vedere, si fa solo palliazione. L’unico caso in cui il seminoma non deve essere trattato chirurgicamente è quando c’è una ripresa di malattia con diametro maggiore di 10 cm.

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CAP 7 CARCINOMA DEL PANCREAS Poco frequente ma molto grave, quindi 4° posto nella mortalità per tumore degli adulti. Difficile diagnosi precoce. Eziologia, fattori di rischio, epidemiologia e tipi istologici vedi radiologia. Insorge sulla testa più spesso, sintomatologia tipica ittero, dolore, calo ponderale. Diagnosi ? vedi radiologia

Stadiazione T N M

T1: limitato al pancreas • IA: <2cm • IB: >2cm T2: duodeno, biliari e tessuto peripancreatico T3: stomaco, milza, colon grossi vasi

N0: assenza linfonodi N1: presenza linfonodi

M1

• Stadio I: T1-2N0M0 • Stadio II: T3N0M0 • Stadio III: TN1M0 • Stadio IV: TNM1

Terapia Trattamento elettivo è la chirurgia, che però è: • Radicale nel 13% • Esplorativa nel 24% • Palliativa 41% • Impossibile 22% Possono essere fatte duodenocefalopancreasectomia di Whipple (carcinoma della testa), pancreasectomia radicale distale, pancreasectomia totale. Durante l’intervento radicale si esegue contemporaneamente radio e chemioterapia. La chemio usata in questo caso è con 5fluoruracile accompagnata da radioterapia con acceleratore lineare con fotoni X a 10 Mv fino a 50,4 Gy in dosi da 1,8Gy. L’area di irradiazione è molto piccola (campo tumorale e margine adiacente di 3 cm) per via della presenza di organi sensibili come il fegato. Si possono fare anche delle radio speciali: • Con acceleratore lineare conformazionale • Brachiterapia interstiziale intraoperatoria con I125 • Radioterapia intraoperatoria con acceleratori lineari miniaturizzati Nelle forme avanzate o comunque inoperabili si usa la radiochemioterapia concomitante a scopo palliativo, e non essendo preceduta dalla chirurgia si spinge fino a 60-65Gy. Terapia di supporto viene fatta anche con la neurotomia del plesso gangliare simpatico o celiaco.

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CAP 8 LINFOMA DI HODGKIN Istologia, epidemiologia e clinica vedi radiologia.

Diagnosi E’ essenzialmente clinica e confermata dalla dimostrazione istologica. Si usa fare in genere fare: • Valutazione clinica • Profilo ematobiochimico • TC addome e pelvi • Linfografia che permette di valutare l’architettura dei linfonodi e non solo il diametro come la TC, ma è

indaginosa • RM se non si fa la TC (gravidanza o sindrome mediastinica) • PET • Laparotomia esplorativa • Biopsia

Stadiazione Si usa in genere farla con RX torace, TC torace e addome-pelvi. In circostanze particolari si esegue la biopsia e la laparotomia esplorativa. Utile anche la scintigrafia con Gl per vedere se il linfoma lo capta, nel qual caso sarà possibile effettuare una scintigrafia di controllo dopo l’intervento per vedere se c’è stata risoluzione. Il sistema proposto è quello di Ann-Harbor, nel quale accanto alla dizione dei vari stadi sono presenti sigle di vario significato.

STAGING SIGLE I: una solo linfonodo o un solo E IA senza sintomi sistemici IB con sintomi sistemici II: due linfonodi dallo stesso lato del diaframma IIA: senza sintomi sistemici IIB: con sintomi sistemici IIE: interessamento di più siti extralinfatici III: siti linfatici sopra e sottodiaframmatici IV: disseminazione ad uno o più siti extralinfatici e linfatici da due lati del diaframma

E: interessamento extralinfonodale P: diagnosi con laparotomia C: diagnosi clinica X: malattia di Bulky (oltre 10 cm di diametro, interessamento mediastinico) S: interessamento splenico B: segni sistemici (febbre, sudorazione, perdita di peso)

Terapia Si basa su chemio e radio associate, in base allo stadio della malattia e a fattori associati. ? IA e IIA si usa il trattamento di irradiazione linfonodale che se la malattia è sovradiaframmatica è classicamente “a mantellina” con linfonodi cervicali, sovraclaveari, ascellari, mediastinici e ilari Se invece è sottodiaframmatica si usa il campo a Y rovesciata con linfonodi aortici, stazioni iliache esterne, interne, comuni ed inguinali ? IB e IIB irradiazione linfonodale totale. L’alta frequenza di recidiva fa associare a questo una chemioterapia di 4-6 cicli. Si usano due protocolli MOPP ed ABDV nei soggetti non responder alla MOPP- • A: adriamicina • B: bleomicina • D: docarbaziona • V: vincristina • M: mecloretamine • O: vincristina (???) • P: procarbazina • P: prednisone

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Tuttavia la tossicità è elevata e si formano spesso leucemie e linfomi NH ? Allo stadio III e IV il trattamento di scelta è la polichemioterapia con radioterapia eventualmente in seguito limitata ai siti coinvolti. Si raggiungono i 40Gy nella radio da sola, i 30-36 se associata alla chemio. ? Nei pazienti pediatrici il protocollo è molto diverso e se il linfoma è in sedi favorevoli e a predominanza linfocitaria ci si limita alla radio con 30 Gy, se non combinazione fra chemio e radio di 20-25 Gy nelle zone coinvolte e basta.

Tipi di radioterapia Si prepara su base RX la sagoma da proteggere; si posizionano gli schermi e si fa una RX di controllo per vedere. Oggi a volte non si fa nemmeno il campo classico a mantellina ma si irradiano solo le zone malate, per via del miglioramento della chemioterapia. Il 90% dei primo stadio e del secondo possono essere curati e si valuta il rischio di effetti collaterali per la possibilità di altri trattamenti come la chemio. Si distinguono due gruppi di pazienti: A prognosi molto favorevole A prognosi sfavorevole • 2A giovani • IA con sclerosi nodulare e poche stazioni

linfonodali

• Età maggiore di 50 anni • VES > 50 • Stadi avanzati Si preferisce la chemio ABVD ev. associata con radio

Per i pazienti a prognosi intermedia si fa la radioterapia a mantellina da sola o a Y rovesciata, eventualmente associata alla chemio. Con la sola radioterapia ci sono rischi di aumentare il carcinoma mammario in donne giovani o il carcinoma del polmone in fumatori. Associando la chemio si abbassano le dosi ma aumenta il rischio di lecuemia. Effetti collaterali sono: • Infiammazione nel campo di irradiazione ? disfagia, esofagite, peritonite • Diminuzione dell’emocromo • Polmonite attinica • Chemio: tossicità per cuore (adriamicina) 80-97% dei pazienti ha remissione completa, ma il 40% ha recidive nelle sedi iniziali della malattia, che rispondono poco alla chemio. Viene quindi usata una chemio ad alte dosi e autotrapianto. Il 20% dei pazienti in stadio avanzato non raggiunge la remissione completa con la chemio, e anche se la radio potrebbe aiutare non è ancora dimostrato, e infatti nei pazienti in stadio avanzato si fa solo 8 cicli di ABVD e basta. Al 4° ciclo si fa una ristadiazione, e se c’è remissione si fa la radio. Anche al 6° ciclo eventualmente si può fare una ristadiazione.

Recidive Frequenti entro i primi 5 anni. Nei trattati con chemio sono nelle sedi in iziali, negli irradiati in genere nelle zone marginali o nelle vene del campo di irradiazione. L’autotrapianto nell’H viene usato: • Per recidive entro 12 mesi (malattia persistente) • Per la seconda recidiva

Altri tipi di irradiazione L’irradiazione total body non è più usata per l’alta tossicità, per la scarsa differenza di sopravvivenza e per il fatto che si usano alla fine dosi più basse e quindi il potere tumoricida diminuisce. L’irradiazione di tutti i linfonodi usa una dose più alta della total body mentre l’irradiazione delle sole stazioni malate può essere fatta: • Prima dell’autotrapianto ? su aree Bulky o sintomatiche

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• Dopo l’autotrapianto ? su pregresse aree Bulky o su aree persistenti

Laparotomia di stadiazione Si faceva l’asportazione della milza e la biopsia dei linfonodi sottodiaframmatici. E’ stata abbandonata perché: • Mortalità perioperatoria • Infezioni • Aumento delle leucemie (inserire fotocopie su TBI e TMO)