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1 Oltre quel muro I prigionieri nel campo di Bolzano furono circa 9.500. Le persone a vario titolo coinvolte nelle attività della Resistenza fuori e dentro il lager furono alcune centinaia. Foto e documenti di questa mostra restituiscono voce e dignità a tutti, anche se riguardano necessariamente solo una piccolissima minoranza di coloro che avrebbero meritato di essere citati. FONDAZIONE MEMORIA DELLA DEPORTAZIONE Donne e uomini che si opposero alle SS La Resistenza nel campo di Bolzano 1944-45 BOLZANO Con il patrocinio di Con il contributo della Commissione Europea Mostra documentaria di Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi ANED MILANO Autonome Provinz Bozen-Südtirol Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige BV

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Oltrequelmuro

I prigionieri nel campo di Bolzano furono

circa 9.500. Le persone a vario titolo

coinvolte nelle attività della Resistenza

fuori e dentro il lager furono alcune

centinaia. Foto e documenti di questa

mostra restituiscono voce e dignità a tutti,

anche se riguardano necessariamente solo

una piccolissima minoranza di coloro che

avrebbero meritato di essere citati.

FONDAZIONEMEMORIADELLADEPORTAZIONE

Donne e uomini che si opposero alle SS

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Con il patrocinio di Con il contributo dellaCommissione Europea

Mostra documentariadi Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi

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9 settembre ‘43.Il Corpo d’Armata: bastò uncolpo di cannone per otte-nere la resa del Comandoitaliano.

Bolzano sotto lebombe – Nel riquadroil lager di via Resia

9 settembre ‘43.I soldati italianiprigionieri sfilanodavanti al Monumen-to alla Vittoria.

Il Gauleiter FranzHofer, plenipotenziariodi Hitler nell’Alpen-vorland.

Le province di BBoollzzaannoo,, TTrreennttoo ee BBeelllluunnoonel 1943, di fatto annesse al III Reich.

9 settembre ‘43.I soldati italiani, nelcampo sportivo Drusodi Bolzano, in attesadella deportazione.

L’Alpenvorland,Bolzano nel 1943-45

La guerra, l’occupazione nazista, i lager

Dopo l’8 settembre 1943, la fuga del rea Brindisi, la disfatta dell’Esercito italiano,l’occupazione germanica dell’Italia, Bolzanodivenne il capoluogo della Zona di Operazionidelle Prealpi (Alpenvorland), di fatto annessaal III Reich, governata dal Gauleiter FranzHofer, che comprendeva anche le provincedi Trento e Belluno.

Il nazismo, fin dal 1933, aveva reclusogli oppositori in campi di concentramento,che poi divennero un sistema scien tificamenteorganizzato di migliaia di luoghi di detenzione,di sfruttamento e annientamento di lavoratoricoatti (resistenti, rastrellati, omosessuali,Testimoni di Geova), e di campi di sterminiodi massa (ebrei, zingari). I quattro lageritaliani (Risiera di San Sabba a Trieste, BorgoSan Dalmazzo, Fossoli e poi Bolzano) furono parteintegrante del sistema concentrazionario nazista.

Le deportazioni dal Nord Italia ai lager del IIIReich, attraverso Bolzano, erano rigorosamentee centralmente pianificate.

DOPOL’8 SETTEMBRE ‘43

I principali llaaggeerr nnaazziissttii iinn EEuurrooppaa: eranooltre 1.500 i luoghi di deportazione e orroredelle SS.

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La pianta del lagerin una lettera dell’ot-tobre ’44 di RobertoLepetit. In un secondotempo i laboratori fu-rono spostati all’ester-no del campo per farposto a nuovi “Blocchi”per i prigionieri.

Una lettera invia-ta in via Resia dalsottocampo di ColleIsarco.

Anche il lager di Bolzano aveva alcuni sot-tocampi, nei quali furono rinchiusi in totalecirca 1.500 persone. I lager sfruttavano il la-voro coatto dei prigionieri.

Il comandante, iguardiani del campo ei primi deportati pro-venivano dal campo diFossoli.

Il Blocco Celle, leprigioni nel campo,dove furono assassi-nati molti detenuti,erano il reparto dipunizione del lager.Venivano qui custodi-ti anche i politici adisposizione della Ge-stapo di Bolzano, in-sediata presso il Cor-po d’Armata.

L’area del lagerin alcune foto deldopoguerra di EnricoPedrotti.

Il campo di concentramento di Bolzano

DA 31 PAESI 5 CONTINENTI Circa 9.500 deportati

Le attività del lager di via Resia iniziarono nell’estate del ’44, con il trasferimentodei prigionieri del campo di Fossoli, chiuso in seguito all’avanzata degli Alleati.Quello di Bolzano era un campo di transito (Durchgangslager, Dulag). Vi furonoconcentrati partigiani, antifascisti, ebrei, zingari, rastrellati in tutto il NordItalia, renitenti alla leva, ostaggi, soldati alleati catturati, delinquenti comuni,qualche criminale fascista o nazista, destinati ai “Transporte” verso i lagerdi Mauthausen, Dachau, Flossenbürg, Ravensbrück e Auschwitz.

Il numero di matricola più alto assegnato a Bolzano è statol’11.115, ma la numerazione comprendeva anche i circa3.000 registrati a Fossoli. Gli ebrei (360)non vennero immatricolati.

Qui sopra e adestra altre vedu-te del campo ripre-se da Enrico Pe-drotti.

Deportati totali circa 9.500Deportati identificati circa 8.000

di cui:Ebrei 360Donne: 665, tra le quali almeno 2 incinte

la più giovane Esther Misul, 1 anno, ebreala più anziana Clelia Bassani, 80 anni, ebrea, uccisa a Bolzano

Ragazzi sotto i 18 anni 556Uomini e donne sopra i 65 anni 54Nati all’estero circa 200, provenienti da 31 paesi

Deportati uccisi identificati 48Internati nel Blocco Celle 322Evasi conosciuti 65

Campo DeportatiSarentino 501Galleria del Virgolo 456Vipiteno 271Moso in Passiria 120Merano 103Bressanone 21Colle Isarco 17Certosa Val Senales 3

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Ad alcuni prigionieri erano affidaticompiti di coordinamento e di organizza-zione del lavoro. Capocampo fu, fino al no-vembre 1944, Armando Maltagliati (qui inun disegno eseguito nel campo da LodovicoBelgiojoso). Capo del blocco delle donne eraCesarina (Cici) Salvadé, qui in un ritrat-to eseguito a Bolzano dallo stesso Malta-gliati.

Vicecapobloccodelle donne eraMargareth, mo-glie di IndroMontanelli.

Come negli altri lager delle SS, i prigio-nieri erano contrassegnati da triangoli colo-rati cuciti sulla divisa: rosso per i politici,giallo (senza numero di matricola) per gliebrei, verde per gli ostaggi, rosa per i ra-strellati.

I prigionieri dove-vano indossare sopra ivestiti una tuta, chepoteva essere blu o ka-ki. Sulle spalle era di-segnata una croce convernice rossa.

Neppure alle donne furisparmiata la deportazio-ne nei lager della morte.Maria Arata fu deportata aRavensbrück.

I militari alleati– o sospetti tali –erano contrassegnatida un triangolo az-zurro, come quellodell’italo-americanoMike Bongiorno.

Didascalia da scri vereascaliada sc rivereascalia da scrivere asca-liada scr iverea scaliaDidascalia da scri vereascaliada sc rivereascalia da scrivere asca-liada scr iverea scaliada scrivereda scrivere

Una lettera ai ge-nitori dalla galleriadel Virgolo di Argen-tina De Bastiani sucarta intestata dellaIMI.

I prigionieri di Bolzano erano destinati alladeportazione nei campi del Reich. Molti però venneroimpegnati in lavori forzati nella zona.

Una scelta che si accentuò dopo l’interruzione dellelinee del Brennero, nel febbraio ’45, a seguito deibombardamenti alleati. La vita del campo era scanditadagli interminabili appelli, alla mattina e alla sera;“cappelli su, cappelli giù!”, fino all’unisono, era lalunga e umiliante cerimonia quotidiana, nel geloinvernale, agli ordini del maresciallo Haage.

Fame, denutrizione e percosse erano esperienzaquotidiana.

Ore 5:sveglia!

Freddo fame violenze insulti e lavoro forzato

s Il biglietto di undeportato che lavora-va nella galleria delVirgolo, gettato da uncamion.

RITI E RITMI DEL CAMPO

Centinaia di depor-tati lavoravano comeschiavi nella galleriadel Virgolo, dove laIMI di Ferrara, cheproduceva cuscinetti asfera, aveva spostatoi suoi macchinari.

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Una guardia dellager, nel disegno diArmando Maltagliati.

Tra le primissime conseguenze dell’occupazione nazista dell’Alpenvorland vi fula cattura di numerosi ebrei. Il 16 settembre 1943 partì da Merano un convogliodi 22 ebrei, il primo dal territorio italiano, alla volta del lager di Reichenau.Una sola persona fece ritorno.

L’ingresso aisotterranei delCorpo d’Armata, dovei patrioti venivanotorturati.

Il maresciallo HansHaage, violento vicecomandante del lager,prelevò dal Blocco E eassassinò personal-mente alla CasermaMignone 23 militariitaliani al serviziodegli Alleati. E’ ri-uscito a sottrarsi al-la punizione dellagiustizia.

A Bolzano la struttura repressiva nazista aveva due sediprincipali: il lager di via Resia, dipendente dal Comandodelle SS di Verona, e il Corpo d’Armata, occupato dallaGestapo che aveva giurisdizione per tutto l’Alpenvorland.

Il campo era diretto dal ten. Tito e dal feroce marescialloHaage. Tra i guardiani e i secondini vanno anche ricordatiper crudeltà Michael “Misha” Seifert, Otto Sain, AlbinoCologna, Hildegard Lächert, detta la “Tigre”.

Il comando delle SS (KdS) di Bolzano era diretto dal maggioreRudolf Thyrolf, coadiuvato dal magg. August Schiffer, capodella Gestapo. Quest’ultimo, che aveva già svolto incarichi aKiev e a Trieste, dirigeva le indagini e gli interrogatori,violenti e cruenti: “Pronto ad offrire una sigaretta, a fareun complimento, a pestare di botte, a ordinare una tortura”.“Mein lieber Mann…” era il suo approccio, falsamentecordiale ma minaccioso. Schiffer fu processato da untribunale alleato e impiccato.

Hildegard Lächert,la “Tigre”, 22 anni,professionista del ter-rore e della sopraffa-zione, si esprimeva conurla e nerbo di bue.

La “Tigre” di Bolza-no non era alle primearmi: aveva avuto unlungo apprendistatonei peggiori campi disterminio nazisti.

Nel lager e al Corpo d’Armata due gruppi di criminali

“Mein lieberMann...” e poi, botte

s Il ten. Karl Frie-drich Tito, già coman-dante di lager inOlanda, diresse zelan-temente la strutturadi Fossoli e di Bolza-no. Per i crimini com-messi in Italia non èmai stato condannato.È morto in Germanianel 2001.

“Misha” Seifert e Ot-to Sain, ucraini, ar-ruolati 17enni nelle SS,condannati per stuproe violenze, “promossi”da detenuti a guardia-ni del Blocco Celle. Al-meno 14 sono gli assas-sinî ricordati dai su-perstiti, con partico-lari raccapriccianti.

Heinz Andergassenassassinò Manlio Lon-gon su ordine delmagg. Schiffer. Nel do-poguerra entrambi fu-rono processati e im-piccati dagli Alleati.

LE SS A BOLZANO: AGUZZINI TORTURATORI

Alcuni strumenti con cuiil maggiore Schiffer e i suoiuomini seviziavano i prigio-nieri nei sotterranei delCorpo d’Armata.

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6Nel campo moltissimi assassinati senza nome. Solo 50 identificati

I 23 FUCILATIIL 12 SETTEMBRE 1944

3.500 partiti per il Reich,2.050 non sonotornati

Un furlàn magro biondo co’ ‘na bocheta rossa da butina: l’avea tentà de scapàr via dal campo e l’é finido nela cela nera.

Tri giorni l’à implorado Missa e Oto, tri giorni l’à sigà “No voi morìr”, tri giorni l’à ciamado la so mama.

E nela note avanti dela Pasqua s’à sentido là drento un gran roveio, come de gente che se branca in furia e un sigo stofegado in rantolàr.

Ma dopo no se sente che ‘n ansemàr pesante e rauco e ingordo come quando a le bestie del seraglio i ghe dà carne cruda da màgnar.

L’è Pasqua. De matina. E lu l’è in tera lungo tirado duro come’l giasso: ocio sbarado nela facia nera, nuda la pansa, cola carne in basso ingrumada de sangue e rosegà.

Nela pace de Pasqua tase tuti. Imobili. De piera. E nela cela nera tase el pianto de Bortolo Pissuti. (...)

Un brano della poesiadi Egidio Meneghettisull’uccisione di Bortolo Pezzutti.

Bortolo Pezzutti, 18 anni, arrestato a Lovere nelgiorno di Natale ’44 dai fascisti di Salò perché sirifiutava di togliersi un fazzoletto rosso dal col-lo, internato a Bolzano, tentò la fuga. Fu trucidatoda Michael Seifert e da Otto Sain nelle celle dellager di Bolzano, la vigilia di Pasqua 1945, dopogiorni e giorni di sevizie. Qui sotto il suo nome inun elenco di detenuti nelle celle.

Tra i 23 fucilati il 12 settembre 1944 anche Domenico Di Fonzo (a sinistra) e Dante Lenci, i cuicognomi furono erroneamente indicati come Di Fonso e Leuci nella lapide al cimitero di San Giacomo,in provincia di Bolzano.

Al cimitero di San Giacomo questa lapide ricordail sacrificio di 23 militari italiani, inviati inmissione dal servizio informazioni del Governo diBrindisi e dagli Alleati. Prelevati nel lager al-l’alba del 12 settembre, caricati seminudi su un ca-mion, portati nelle stalle della caserma Mignone,furono uccisi - alla presenza del ten. Tito - unoalla volta con un colpo alla nuca dal marescialloHaage, aiutato dalle guardie Misha Seifert, OttoSain, Karl Gutweniger, Mayr.

Gli ebrei costituivano una esiguaminoranza tra i prigionieri di Bolzano(360 su 9.500) ma fu loro riservatoun trattamento particolarmente duro. Un terzo degli uccisi nel campoè rappresentato da ebrei.

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Il binario di via Pacinotti, nella Zona Industriale di Bolzano, da cui partivano i ‘Transporte’

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7Manlio Longon a capo del CLN di Bolzano

Giuseppe Bombasaro, “Be-pi”, sfuggì agli arresti deldicembre ‘44 e rimase in at-tività fino alla fine dellaguerra. Organizzò con Fran-ca Turra alcune evasionidal campo.

Senio Visentin, “Bezzi”(1917-1966), partigiano comu-nista fece la spola tra ilTrentino e il Sud Tirolo. Col-laboratore della missione al-leata “Vital”, venne arresta-to nel marzo ’45. Torturato, furinchiuso nel Blocco Celle delcampo.

Rinaldo Dal Fabbro, “Vin-cenzo” (1899-1967), entrò comerappresentante del PCI nelCLN. Dopo i primi arrestitentò la fuga ma fu arre-stato a Venezia e ricondottoa Bolzano. Interrogato e pe-santemente torturato, fu in-ternato nelle Blocco Celle.

Il sacrificio di “Angelo”

Manlio Longon co-ordinò le iniziativepolitiche, di soccorsoe militari fino al-l’arresto.

Giannantonio Manci, unadelle guide del CLN di Tren-to, arrestato e torturatopiù volte, si gettò dal 3°piano del Corpo d’Armata diBolzano prima di un nuovointerrogatorio.

Sottotenente di Fante-ria, Manlio Longon fuesonerato dal servizio, inquanto direttore ammini-strativo di una fab bricadi interesse bellico.

Longon con la mo-glie Wilma.

Manlio Longon fu“impiccato” il 1° gen-naio 1945 ai tubi delsotterraneo del Corpod’Armata.

Manlio Longon “Angelo” (1911-1945), dirigente della Magnesio, membro delPartito d’Azione, promotore e animatore della Resistenza italiana in AltoAdige, fu uno dei fondatori e il capo del CLN di Bolzano findall’autunno-inverno 1943. Per oltre 15 mesi organizzò i gruppi partigianiche vennero successivamente inquadrati nella Divisione “CLN Zona Bolzano”e inviò uomini e mezzi alle formazioni combattenti nelle zone limitrofedel Bellunese e nel Trentino. Fece del suo stabilimento una centrale dicospirazione. Catturato il 15 dicembre 1944 dal maggiore delle SSSchiffer, fu torturato per giorni e venne strangolato il 1° gennaio 1945negli scantinati del Corpo d’Armata. Lasciò moglie e quattro figlie.Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

All’ingresso del Corpo d’Armata sono ricordati Manlio Longon e Giannantonio Manci.

Don Daniele Longhi, “Da-ni”, fu tra i fondatori delCLN, in rappresentanza del-la DC. Insieme a don GuidoPedrotti fu attivissimo nelquartiere delle Semiruralinell’assistenza ai deportatiin via Resia. Arrestato congli altri nel dicembre ’44,fu torturato prima di esse-re rinchiuso nelle Celle.

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Il lavoro del CLN di Bolzano fu un esempio di Resistenza “senzaarmi”, in quanto operante nel cuore di una regione annessa alIII Reich, anche se non mancarono episodi di lotta armata.

Il CLN costituì cellule nelle principali fabbriche, creò una retedi staffette, alimentò la propaganda antinazista, diffondendo lastampa clandestina.

Dopo la costituzione del campo, organizzò le evasioni dal campoe dai treni diretti in Germania e l’assistenza ai deportati ecreò basi operative per gli operatori radio delle missionialleate. Nel dicembre ’44 i dirigenti del CLN furono arrestati,portati al Corpo d’Armata, torturati, e poi rinchiusi nel BloccoCelle di via Resia. Sette di loro non tornarono da Mauthausen.

La Resistenza a Bolzano raccolse e organizzò la spontaneareazione della popolazione di lingua italiana alla ferocia dellarepressione nazista: centinaia di persone si impegnarono nellavoro clandestino.

Il CLN diBolzano tra arresti e deportazione

Tullio Degasperi“Ivan” (1906-1945), ca-po di un GAP, traspor-tò armi ed esplosivida Trento, diffuse lastampa clandestina,collaborò con “Giaco-mo” all’organizzazionedi alcune evasioni,fornì informazioni al-la missione “Imperati-ve”. Arrestato il 19dicembre 1944, assiemea tutto il CLN, tortu-rato al Corpo d’Arma-ta, fu deportato il 1°febbraio ’45. Morì aMauthausen.

EERRMMIINNIIOO FFEERRRRAARRII(nato a Condino in provincia di Trentonel 1905) era meccanico-autista dei vi-gili del fuoco. Fu uno dei sette capi-cellula del CLN arrestati nel dicembre1944, interrogati e torturati, e poi de-portati con l’ultimo grande trasportoin Germania (1° febbraio 1945). Ferrarimorì a Mauthausen il 24 marzo 1945.

GGIIRROOLLAAMMOO MMEENNEEGGHHIINNII(nato in provincia di Vicenza nel 1912),capo cellula alla Feltrinelli Masonite,collaborò tra l’altro alla missione al-leata Imperative. Arrestato, torturato edeportato, morì a Gusen il 4 aprile 1945.

AADDOOLLFFOO BBEERREETTTTAANato in provincia di Pesaro nel 1895,abitava a Cardano, dove aveva lavoratoalla centrale elettrica e poi avevapreso in gestione una trattoria che di-venne luogo di incontri clandestini. Ar-restato il 22 dicembre 1944, internatonel campo, morì a Gusen il 2 febbraio1945.

WWAALLTTEERR MMAASSEETTTTII Nato in provincia di Bologna nel 1910,Walter Masetti lavorava alla Lancia eteneva i contatti tra le cellule operaieed il CLN di Longon. Arrestato, tortura-to e internato in via Resia, morì a Gu-sen il 20 febbraio 1945.

RROOMMEEOO TTRREEVVIISSAANNNato a Padova nel 1915, Romeo Trevisan(“Trevi”) lavorava alla Lancia, dove di-rigeva un’attivissima cellula. Arrestatoil 19 dicembre 1944, ferocemente tortu-rato, fu internato nel Dulag e quindideportato. Morì a Gusen il 29 marzo 1945.

DDEECCIIOO FFRRAATTIINNIINato a Castiglione del Lago nel 1905,era dirigente dello stabilimento CEDA diBolzano. Collaboratore del CLN di Lon-gon, fu arrestato il 19 dicembre 1944 sulposto di lavoro. Anche lui, dopo aver su-bito gli interrogatori e le torture, furinchiuso nel Blocco Celle. Deportato il1° febbraio 1945, morì a Gusen il 27aprile 1945.

Il biglietto indi-rizzato alla moglieche Tullio Degasperilanciò dal treno di-retto in Germania,trovato lungo i bina-ri e recapitato.

Erminio Ferrari, ucciso a Mauthausen.

Walter Masetti, ucciso a Gusen.

Girolamo Meneghini (1912-1945), capocel-lula alla Feltrinelli Masonite, ucciso aGusen.

Luciano Bonvicini, dopo gli arrestidel 19 dicembre, riprese in mano le filadell’organizzazione clandestina fino al-la fine della guerra. Fu il sindaco delCLN a Bolzano fino al 1947.

Sandro Bonvicini “Remo” (1925), parti-giano combattente, operò nel Trentino conSenio Visentin e dall’ottobre ’44 a Bolza-no con Enrico Pedrotti e la missione “Im-perative”. Dopo l’arresto dei componentidel CLN raggiunse i partigiani del Bel-lunese.

La squadra di “Angelo”

Enrico Pedrotti “Marco”(1905-1965), operava fra Bolza-no e Trento, in collegamentocon le formazioni partigiane.Collaborò alla missione “Vi-tal” che informò per oltrecinque mesi gli Alleati. Arre-stato il 19 dicembre, subì latortura negli scantinati delCorpo d’Armata e l’isolamentonel Blocco Celle. Nel CLN diBolzano fu anche lo “specia-lista” nella falsificazione didocumenti, grazie alla suaabilità di fotografo profes-sionista. Era un valente mu-sicista e fu direttore fino al1938 del coro alpino della SAT,da lui fondato con i fratelli.A lui si deve – fra migliaiadi altre sue foto - la prezio-sa documentazione fotograficadel lager di Bolzano.

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Il canonico MichaelGamper (1885-1956), leaderpolitico e morale per isudtirolesi antinazisti eguida della casa editri-ce Athesia, riuscì a fug-gire a Firenze.

Esponente di spicco dei Dableiber, ErichAmonn venne contattato da Manlio Longonper giungere a una unità di intenti fra idue movimenti resistenziali, pur nella di-vergenza di prospettive sul futuro assettodella provincia. Alla Liberazione fu vice-prefetto e fra i fondatori della SüdtirolerVolkspartei.

Josef Mayr-Nusser (1910-1945), presidentedell’Azione cattolica giovanile di Bolzano, te-stimone della dimensione religiosa dell’anti-nazismo tirolese, rifiutò di prestare il giu-ramento delle SS di fedeltà a Hitler. Morì distenti durante il trasporto verso un lager.

Per evitare l’arresto dei propri congiunti,Franz Thaler (1926) si consegnò e fu deportato aDachau. Ha descritto la sua dura esperienza nellibro “Dimenticare mai”.

Marianne, Hans e Balbina Gufler negli anni ’50. Nella primavera 1944 i fratelli Hans e LuisGufler di San Leonardo in Passiria disertarono. Successivamente furono arrestati e portati nellager i genitori, le sorelle Anna, Rosa, Balbina e Marianne e il fratellino Heinrich.

Hans Egarter (1909-1966), leader dell’AndreasHofer Bund, stabilì con-tatti con i servizi segre-ti alleati in Svizzera.

La Resistenza sudtirolese

Il coraggiodi direNO al nazismo

In Val Passiria un consistentenumero di disertori compìanche atti di resistenzaarmata. I parenti dei renitentivenivano arrestati e decine diloro furono internati comeostaggi nel campo di Bolzano.Molti giovani combatterononelle fila della Resistenzaitaliana ed europea.

In seguito all’accordo italo-germanico del 1939 (le cosiddette“opzioni”), la maggior parte della popolazione sudtirolese optòper il Reich. Il trasferimento in Germania però andò a rilento,tanto che nel settembre 1943 si trovavano nella provinciaancora due terzi degli optanti.

Fra coloro che avevano scelto di rimanere (i “Dableiber”) si erasviluppato un movimento di resistenza antinazista di ispirazionecattolica. I resistenti sudtirolesi si raccolsero intornoall’“Andreas Hofer Bund”, un’organizzazione di assistenzae propaganda, fondata nel nome dell’eroe tirolese.

Con l’occupazione nazista, molti dei “Dableiber” furonoperseguitati e deportati. Notevole fu tra i sudtirolesiil fenomeno della diserzione e della renitenza alla leva.

“Ludi” Ratschiller (1921-2004), partigianosudtirolese, disertò nel ’43 dalla Luftwaffe, ri-parò nel Bellunese e divenne capo di Stato Mag-giore della brigata Calvi. Arrestato, torturatodalle SS, finì nel campo di Bolzano.

La tessera dell’An-dreas Hofer Bund, l’orga -nizzazione resistenzialesudtirolese.

DECINE DI INTERNATICOME OSTAGGIO

Friedl Volg-ger (1914-1997),braccio destrodi Gamper, tra ifondatori del-l’Andreas HoferBund, fu depor-tato a Dachau.

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Il cardinale Ildefonso Schuster. L’Arcive-scovado di Milano, tramite mons. Bicchierai,organizzò regolari spedizioni di aiuti allaparrocchia Don Bosco di Bolzano.

Nella lettera a una deportata si cita l’Arci-vescovado di Milano come uno dei centri che fa-cevano recapitare i pacchi di viveri e vestia-rio al campo di concentramento di Bolzano.

Le firme del capocampo Armando Mal-tagliati e del maresciallo Haage in cal-ce a una ricevuta di libri per i depor-tati donati da Vito Liberio, direttoredella libreria Cappelli e membro delCLN. La libreria fu uno dei centri del-la Resistenza a Bolzano.

Una richiesta di notizie inviata daEnrico Pedrotti tramite una missionealleata per sapere se due ufficiali del-la RAF, fuggiti da un treno e da lui as-sistiti, erano arrivati felicemente inSvizzera.

La richiesta alla Direzione della Lancia perottenere un passaggio su uno degli automezzidell’azienda. Gli agenti di collegamento fra Mi-lano e Bolzano fruivano spesso di queste oppor-tunità.

L’ing. Vincenzo Ventafridda, direttore delleAcciaierie di Bolzano (Gruppo Falck), aiutò laResistenza, autorizzando il trasporto degli aiu-ti tramite gli autocarri dell’azienda, da Milanoa Bolzano e viceversa.

Millegestisolidali

Soccorso e sostegno spontanei e organizzati

I numerosissimi trasporti di militari italianie di rastrellati civili che, ammassati nei carribestiame, dall’8 settembre passavano per Bolzanodestinati ai lager germanici, determinarono frai bolzanini una spontanea e diffusa reazionedi solidarietà e di opposizione al nazifascismo:donne, uomini e ragazzi delle case rurali epopolari, operai e dirigenti delle fabbriche,cittadini.

Su questo terreno fu costruita la capillare reteclandestina per l’aiuto ai deportati. Le casedi molti bolzanini divennero centri di riunione,depositi di armi, viveri, indumenti, medicinalie materiale di propaganda, basi per le radio-trasmittenti, punti di ospitalità per ifuggiaschi, luoghi per confezionare i pacchi-aiuto e di smistamento della corrispondenza,centri per la falsificazione di documenti e carteannonarie.

Il gen. CorradinoTricoli, aiutante dicampo del principeUmberto di Savoia, esuo figlio Paolo.

Il santino, con-servato da LuigiEmer “Avio”, distri-buito durante lamessa di Pasqua, ce-lebrata dentro ilcampo dal vescovo diBelluno, monsignorBortignon.

Lettera su carta intestata dell’a-zienda, scritta da Silvio Rota, diret-tore della Lancia di Bolzano, allamoglie del generale di ArtiglieriaCorradino Tricoli. Sul retro l’an-nuncio che il generale e suo figlio,il tenente Paolo Tricoli, erano statideportati a Innsbruck.

....Una lettera scritta alla famiglia

da una donna ebrea, Evelina Montefio-re, utilizzando il nome di una prigio-niera politica, Maria Mariani. A Bol-zano, i “politici” potevano scrivereuna lettera al mese, gli ebrei mai.Maria Mariani “cedette” il suo turnoalla Montefiore, che scrisse ad amici,spacciandosi per la Mariani. Costororecapitarono la lettera all’anzianamadre di Evelina, nascosta per sfug-gire alle persecuzioni.

Monsignor GirolamoBortignon davanti aicancelli di via Resia,prima della messa diPasqua, celebrata il1° aprile 1945. Il ve-scovo di Belluno ebbeun ruolo di rilievonelle vicende del la-ger di Bolzano che se-guì da vicino, cercan-do di aiutare in ognimodo i numerosi fel-trini detenuti.

Bortignon

Milano durante il fascismo

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Un biglietto di Virginia Scalari-ni ad Ada Buffulini, che non vennerecapitato perché nel frattempo ladestinataria era stata rinchiusanel Blocco Celle.

Gemma Bartellini fece più volte la spola traMilano e Bolzano, per conto del CLNAI, anche do-po la deportazione in Germania del maritoErmanno.

Enrico Serra “Nigra”, in una foto del ’42 du-rante la guerra d’Africa. Collaboratore di Fer-ruccio Parri, incaricato dal CLN Alta Italia diaiutare la rete di resistenza e di assistenza,andò diverse volte a Bolzano. Fu l’organizzato-re, assieme a “Giacomo”, della fuga di LuigiCinelli e di altri.

In un appunto di“Giacomo” vengono il-lustrati la struttu-ra dell’organizzazio-ne clandestina e ipunti logisticiprin ci pali. ‘Tripoli’si riferisce allaabitazione di ViscoGilardi in via Tri-poli e ‘Marcella’ asua moglie Mariuccia.

Il contenuto dellaspedizione da Milanodi materiali destina-ti ai deportati.

Una immagine d’eccezione: VirginiaScalarini e la partigiana Mira Bal-di, riprese a Milano nell’aprile ’45da un fotografo di strada, mentrenascondono nella borsa 1 milione incontanti per conto del CLN.

Una struttura articolata

Una rara immagine di Lelio Basso senza bar-ba, in un suo documento falso del ’44, intestatoa Luigi Bianchi. “Luigi” (1903-1978) fu respon-sabile nel CLNAI per le attività in Alto Adige.Basso fu a capo della struttura che da Milanoforniva al CLN di Bolzano gli aiuti per i de-portati (vestiario, viveri, medicinali, danaro,volantini e stampa clandestina). Nel settembre1944 fornì a Ferdinando Visco Gilardi i contat-ti per avviare l’attività clandestina: ManlioLongon, responsabile del CLN di Bolzano, e i com-ponenti dell’organizzazione clandestina sociali-sta di Milano detenuti nel campo (Ada Buffulinie Laura Conti).

Gli aiuti del CLN Alta Italia

Anche Lucia Sciomachenoperò come agente del CLNAI.Questa è una autorizzazione(probabilmente falsa) del-l’Unione Centrale Siderur-gica a usare un’auto azien-dale per un viaggio a Bol-zano e ritorno.

UNO SCHEMA IN CODICE

UN MILIONENELLA BORSA

La struttura dell’organizzazione clandestina.

L’organizzazione clandestina era articolata in sei nodiprincipali:

- il CLN Alta Italia di Milano, con Lelio Basso comecoordinatore, coadiuvato da alcuni “agenti” di collegamento(Enrico Serra “Nigra”, Virginia Scalarini, GemmaBartellini, Lucia Sciomachen), che arrivavano a Bolzanocon i camion diretti alle fabbriche della ZonaIndustriale, nascosti fra i macchinari;

- il CLN di Bolzano e il comitato di assistenza, coordinatoda “Giacomo”, Ferdinando Visco Gilardi;

- le fabbriche (Falck, Magnesio, FRO, Lancia, ecc.) in cui le“cellule” operaie ricevevano e smistavano gli aiuti;

- il quartiere delle Semirurali, in cui risiedeva lamaggior parte dei cospiratori che facevano pervenire gliaiuti all’interno;

- l’Ospedale di Bolzano, in cui i medici Bailoni, Rizzi,Settimi, Zanoni, coadiuvati da suore e infermieri,garantirono cure e salvezza ad alcuni fuggiaschigravemente feriti;

- il lager, in cui una struttura interna, guidata primada Ada Buffulini e poi da Laura Conti e ArmandoSacchetta, provvedeva a spedire e ricevere informazioni,lettere, elenchi di deportati, e a distribuire gli aiuti aipiù bisognosi.

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Bartellini

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Turra

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Tempi duri

Fondazione Basso

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Cavasino

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La famiglia ViscoGilardi nel 1943,quattro figli e unnipote adottato, cuisi aggiunsero neldopoguerra altridue bambini.

Il numero di matricola di “Giaco-mo”, che non ebbe mai il triangolorosso, in quanto classificato K.d.S.

Il corridoio del Corpo d’Armata,davanti all’ufficio del maggioreSchiffer. Questi fece passare Fer-dinando Visco Gilardi, sanguinan-te per le torture, davanti allamoglie Mariuccia con l’intento difarli cedere.

L’abitazione della fami-glia Visco Gilardi, base delcomitato di assistenza e ri-fugio di qualche evaso.

La lettera dalla cella 28 in cui “Giacomo”,ritenendo di dover essere fucilato, esprimeva aifigli la sua professione di fede e le sue con-vinzioni culturali e politiche.

La libreria “Gilardi& Noto” in piazza Duo-mo a Milano, dal 1933 al1936 punto di incontrodi molti antifascistimilanesi, fra cui LelioBasso.

Il “contenuto” della cella 28: 2uomini – 2 numeri – K.d.S.: Komman-deur der Sicherheitspolizei: a di-sposizione della Gestapo. La matri-cola 8165 era assegnata a RinaldoDal Fabbro. Il cartellino indivi-duale di ”Giacomo”, posto sopra lospioncino della cella 28.

Mariuccia Caretti “Marcella”(1905-1960), moglie di

Ferdinando Visco Gilardi, madredi quattro figli, non esitò acondividere i rischi dellascelta cospirativa in unconsapevole impegno di lottacomune e di partecipazione allaResistenza, in coerenza con lasua fede evangelica e l’impegnosociale.

Mariuccia confezionò, smistò,consegnò centinaia di pacchi

di vestiario e viveri per ideportati, ospitò alcuni evasi,collaborò come staffetta,raccolse e distribuì i messaggiclandestini da e per il campodi concentramento.

Due giorni dopo l’arresto delmarito venne fermata e

portata al Corpo d’Armata dovele fecero vedere “Giacomo” pestoe sanguinante con l’intento dispaventarla e di indurla aparlare: inutilmente. “Marcella”continuò fino alla Liberazione,con Franca Turra e le altredonne, l’attività di assistenzaai deportati e alle lorofamiglie.

occhielloUna vita di fede e impegno civile

“Giacomo”,l’organizzatore “Marcella”, il bracciodestro

Ferdinando Visco Gilardi “Giacomo” (1904-1970).Evangelico metodista, libraio/editore

antifascista e dirigente industriale, ful’organizzatore della struttura clandestinaesterna al campo. Aveva 41 anni e 5 bambiniquando si gettò, insieme alla moglie Mariuccia“Marcella”, in questa avventura.

Portò a termine 23 evasioni dal campo erealizzò un sistema di comunicazione tra il

lager e il CLN di Milano che non ebbe ugualinell’Italia occupata. Entrò più volte nel campo,travestito da operaio della manutenzione, perstabilire contatti con l’organizzazione internadiretta da Ada Buffulini.

Arrestato insieme agli altri componenti delCLN di Bolzano il 19 dicembre 1944,

ferocemente torturato, fu poi rinchiuso nelBlocco Celle. L’organizzazione da lui ideatasopravvisse alla sua caduta e i contatti deiprigionieri con l’esterno non si interrupperomai.

Alla Liberazione divenne vice-prefetto diBolzano. Il 3 maggio raccolse assieme al

prefetto Bruno De Angelis dai generali tedeschiWolff e Vietinghoff la dichiarazione delpassaggio dei poteri al CLN.

La minuta della “confessione” di “Giacomo”,scritta dopo giorni di torture e fortunosamentenascosta all’attenzione del magg. Schiffer e con-servata.

L’IDEATOREDELLARETE

SORRIDENTE,DOLCE,DETERMINATA

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Museo Trento

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Un’immagine del1946. Le privazioni delcampo sembrano final-mente lontane.

Ada Buffulini per 6 mesi alla guida del comitato del campo

Ada Buffulini con la divisa del campo. Sul petto sono cuciti il triangolo ros-so e la sua matricola: 3795. Il viso e il corpo appaiono gonfi: sono con ogni pro-babilità i primissimi giorni dopo la liberazione.

Uno dei rari biglietti in cuiAda Buffulini utilizzò il nomedi copertura che si era imposta,“Maria”. A destra, il certificatodi rilascio consegnatole il gior-no della Liberazione.

Un foglietto lungo e stretto, scritto concalligrafia minutissima. È uno degli innume-revoli biglietti clandestini inviati da AdaBuffulini a Ferdinando Visco Gilardi “Giacomo”.

Un appunto sui materiali distribuiti da Ada Buffu-lini a diversi prigionieri: maglie, calze, soprabiti. Nel-l’ingrandimento alcune annotazioni scritte in stenogra-fia: a Carletto (Carlo Venegoni, che nel dopoguerra di-verrà suo marito) aveva dato del latte in polvere.

Il triangolo rosso dideportata politica e ilnumero di matricola ori-ginali di Ada Buffulini.

Ada Buffulini pro-veniva da una fami-glia borghese di soli-di principi, istinti-vamente antifascista.La foto la ritrae (se-conda da sinistra) coifratelli e la cognataa Bassano nel maggio1943, mentre fanno laparodia delle adunatefasciste.

Negli anni della Resi-stenza si consolidaronoalcuni rapporti persona-li della gioventù, comequello tra Virginia Sca-larini e Ada Buffulini,qui fotografate in ungiorno di festa, nel 1931.

Ada Buffulini “Maria” (1912-1991). Medico. Aderenteal Partito socialista, venne arrestata a Milano assiemea Maria Arata e a Laura Conti nel luglio del 1944e deportata a Bolzano il 7 settembre.

Rappresentante del suo partito nel comitato clandestinointerno al lager, mantenne i contatti con Ferdinando ViscoGilardi. Ebbe il ruolo dirigente nell’opera di assistenzamateriale e morale verso i deportati e nel lavoro politicodi informazione verso il CLNAI.

Lavorava all’infermeria “dalle 5 del mattino alle 7di sera…”. “A parte questo, devo funzionare da QuartiereGenerale: lettere che partono, lettere che arrivano,messaggi da portare a voce, avvertimenti da fare,raccomandazioni, segnalazioni, ecc.”. “Mi rallegro del mioposto di infermiera che mi permette di girare per il campoe di fare un lavoro di collegamento che in nessun altromodo avrei potuto svolgere.”

Nel febbraio 1945, rinchiusa come “pericolosa” nel BloccoCelle fino alla fine di aprile, fu sostituita da ArmandoSacchetta e Laura Conti. Nel dopoguerra fu dirigentedell’Associazione ex deportati a Milano.

Dentro il lager, “Maria”

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Certificato di liberazione di Ada del 30aprile 1945.

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Laura Conti non amava essere fotografata,e infatti di lei esistono solo poche immagini.In questo disegno del capocampo Armando Mal-tagliati è ritratta, il 14 ottobre 1944, all'in-terno del lager di Bolzano, col suo numero dimatricola, il 3786.

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Incontronel lager

Laura Conti “Luisa” (1921-1993). Studentessain medicina, aderente al PSIUP, fece parte

del Fronte della Gioventù con incarichi dipropaganda presso le caserme e di staffettapartigiana. Arrestata nel luglio 1944 assiemead Ada Buffulini e a Maria Arata, duranteuna riunione in casa di quest’ultima, rimasea San Vittore fino al 7 settembre, quandotutte e tre vennero deportate nel lagerdi Bolzano.

“Luisa” fu assegnata alle squadre esterneche quotidianamente andavano in città

per compiere lavori vari, come le pulizienelle caserme, all’Ospedale Militare, nelleabitazioni degli ufficiali, e così via.Fu attivissima nell’organizzazione internae abile nello scambio di bigliettinie informazioni per tutto il periodo dellasua detenzione. “Luisa” scrisse dopo laLiberazione un breve saggio che descrivevala mappa della popolazione del lager.

Armando Sacchetta (1922-1945), figlio di un funzionariodell’amministrazione delle Finanze, trascorse

l’infanzia in Tunisia. Rientrato in Italia frequentòl’Accademia Navale, divenne Guardiamarina, e quindisi laureò a 22 anni in Giurisprudenza diventandoassistente presso l’Istituto di Diritto Internazionaledell’Università Statale di Milano. Aderì a “Giustiziae Libertà” e collaborò con la missione alleata “Zucca”,agendo dall’interno della Marina Militare.

Ferito a Genova in uno scontro a fuoco all’iniziodell’estate 1944, subì l’amputazione di una gamba al

di sopra del ginocchio. Trasferitosi a Milano, continuòa operare con gli Alleati e con la Resistenza. Nelsettembre 1944 venne arrestato assieme al padre Erminio(deportato a Mauthausen e poi deceduto a Gusen). In ottobre padre e figlio vennero deportati a Bolzano:qui Armando lavorò attivamente nell’organizzazioneclandestina.

Dopo che Ada Buffulini fu rinchiusa nelle Celle,Armando assunse su di sé la responsabilità della

guida del comitato, nonostante i dolori lancinantidella ferita che non guariva e che sopportòstoicamente. Rientrato a Milano il 20 maggio 1945,fu sottoposto a un intervento chirurgico per arrestareun inizio di cancrena, ma non sopravvisse a unaemorragia. Morì il 28 maggio 1945, poco dopo avercompiuto 23 anni. Medaglia d’argento al Valor militarealla memoria.

La lettera di Lau-ra Conti ai genitori,inviata clandestina-mente da San Vittore,prima della deporta-zione a Bolzano. Anchein condizioni di gra-ve allarme, Laura sisforzò di mantenerenella corrispondenzaun tono leggero e ap-parentemente sereno.

L’Avanti! del 29 maggio 1945riporta il cordoglio dei compa-gni di Bolzano e di Laura Con-ti per la scomparsa del giova-nissimo eroe della Resistenza.

Il contenuto diun pacco inviato adArmando perché lodistribuisse.

Di Armando Sac-chetta rimangonomoltissime lettere,per la maggiorparte clandestine.Suoi sono numerosielenchi di deporta-ti, come questo, re-lativo ai reclusinel Blocco Celle.

Nel turbine dell'attività clandestina, tra Laura Conti e Armando Sacchetta sistabilì un legame d'amore che lei stessa annunciò ad "Anita". Dopo la morte di Ar-mando, lei conservò per tutta la vita le stampelle con le quali lui si era mossoper il campo.

Laura Conti lo considerava il suo "capola-voro". Dal campo inviò un articolo di denunciadei soprusi delle SS a Lelio Basso, che lo pub-blicò a febbraio sull'Avanti! clandestino. L'ar-ticolo fu ripreso da Radio Londra, come Lauraaveva suggerito, cosa che seminò il panico trale guardie di Bolzano. Hilde Lächert, la fami-gerata “Tigre”, per qualche giorno non osò pic-chiare le detenute.

Armando Sacchettatrascorse l’infanzia aTripoli, allevato comeun bravo fascista dalpadre, fervente mo-narchico. Questi presele distanze dal regimedopo l’8 settembrequando si consumò larottura tra Mussolinie la monarchia.

Laura Conti e Armando SacchettaUNA CURIOSA E ATTIVISSIMARIBELLE

UN GIOVANECORAGGIOSOE SFORTUNATO

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ISEC

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