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IL PERIODICO DEL SEMINARIO VESCOVILE DI CREMONA 02 numero Giugno 2017 Anno XXVIII Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) - art. 1, comma 2, DCB - Cremona - Anno XXVIII - N. 2 - Giugno 2017 L’ordinazione presbiterale di don Nicola Premoli Il riepilogo di un anno Riflessioni e impressioni dalla comunità di Seminario Amate i vostri nemici La riflessione biblica di don Bruno Bignami Pastore di una Chiesa povera Mons. Perego ordinato Arcivescovo di Ferrara-Comacchio MEMBRO DI UN ORGANISMO VIVO

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IL PERIODICO DEL SEMINARIO VESCOVILE DI CREMONA

02numero

Giugno 2017Anno XXVIII

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L’ordinazione presbiterale di don Nicola Premoli

Il riepilogodi un annoRiflessioni e impressionidalla comunitàdi Seminario

Amatei vostri nemiciLa riflessione biblicadi don Bruno Bignami

Pastore di unaChiesa poveraMons. Perego ordinatoArcivescovo diFerrara-Comacchio

MEMBRO DI UNORGANISMO VIVO

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Numero 2 Anno XXVIIIGiugno 2017

COPERTINA

Membro di un organismo vivo:l’ordinazione presbiterale

di don Nicola Premoli

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Direttore responsabile Claudio RasoliRedazione Alberto Bigatti, Francesco Mazza,Michele Gardani, Alex MalfasiGrafica Paolo Mazzini, Francesco MazzaDirezione - Redazione - AmministrazioneVia Milano, 5 - 26100 CremonaTelefono 0372 20267 / 21350 - Fax 0372 [email protected]/seminariovescovileStampa Industria Grafica Editoriale Pizzorni (CR)Autorizzazione del Tribunale di Cremona n. 222 del 30.12.88

CHIESA IN CAMMINO

Il periodico del SeminarioVescovile di Cremona

In questo numeroSEMINARIOSEMINARIOSEMINARIO

Il riepilogodi un anno

Riflessioni e impressionidalla comunitàdi Seminario

4

Un pomeriggioper dire grazie

L’incontro per i gruppidel «Rosario perpetuo»

e «Fortes in fide»

6

L’unitàdei cristianiIl 61° Convegno

missionario nazionaleper i seminaristi

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VOCAZIONISPIRITUALITà

Amatei vostri nemici

Il prete e l’odio

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Un bigliettoper la felicità

La vocazione è un invitoalla coerenza

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Il Seminario vive dellacarità di tante persone, laici e sacerdoti.

I più restano anonimi.A tutti i benefattori il nostro sincero

ringraziamento e il ricordo nella preghiera.

Abbonamento on lineè possibile ricevere “Chiesa in Cammino” in formato digitale, sul-la propria mail.

Questo servizio permette di leggere il nostro periodico imme-diatamente, senza dover aspettare le lungaggini delle Poste. Il costo è di 5,00 € l’anno.

Per il versamento della quota si può utilizzare il conto corrente postale n. 11996261 intestato a “Seminario Vescovile via Mila-no 5 - 26100 Cremona” oppure attraverso un bonifico bancario intestato al Seminario Vescovile presso Banca Prossima, codice IT97 D033 5901 6001 0000 0003 195, specificando la causale. Si prega, poi, di mandare una mail a [email protected] per avvisare dell’avvenuto pagamento e per trasmettere l’indiriz-zo mail cui inviare il nostro periodico.

CHIESASEMINARIOSEMINARIO

Faccia a facciacon San Paolo

L’esperienza spiritualeper i giovani della

classe propedeutica

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Il veri perchédell’Eucaristia

Conferitol’accolitato

ad Arrigo Duranti

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Pastore di una Chiesalibera e povera

Mons. Peregoordinato Arcivescovodi Ferrara-Comacchio

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|3Giugno 2017

Ho detto più volte che i parroci sono la for-za della Chiesa in Italia, e lo ripeto. Quan-do sono i volti di un clero non clericale, come era quest’uomo, essi danno vita ad un vero e proprio “magistero dei parro-ci”, che fa tanto bene a tutti. Don Primo

Mazzolari è stato definito “il parroco d’Italia”; e San Giovanni XXIII lo ha salutato come «la tromba dello Spirito Santo nella Bassa pada-na». Credo che la personalità sacerdotale di don Primo sia non una singolare eccezione, ma uno splendido frutto delle vostre comu-nità, sebbene non sia stato sempre compreso e apprezzato. Come disse il Beato Paolo VI: «Camminava avanti con un passo troppo lun-go e spesso noi non gli si poteva tener dietro! E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. è il destino dei profeti» (Saluto ai pellegrini di Bozzolo e Cico-gnara, 1 maggio 1970). La sua formazione è figlia della ricca tradizione cristiana di que-sta terra padana, lombar-da, cremonese. Negli anni della giovinezza fu colpito dalla figura del grande ve-scovo Geremia Bonomelli, protagonista del cattolice-simo sociale, pioniere della pastorale degli emigranti…

…La sua profezia si realizzava nell’amare il proprio tempo, nel le-garsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la mise-ricordia di Dio. Don Mazzolari non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attra-verso l’amore appassionato e la dedizione in-condizionata. Nel suo scritto “La parrocchia”, egli propone un esame di coscienza sui metodi dell’apostolato, convinto che le mancanze del-la parrocchia del suo tempo fossero dovute a un difetto di incarnazione…

…Don Mazzolari è stato un parroco convinto che «i destini del mondo si maturano in perife-ria», e ha fatto della propria umanità uno stru-mento della misericordia di Dio, alla maniera del padre della parabola evangelica, così ben

descritta nel libro “La più bella avventura”. Egli è stato giustamente definito il “parroco dei lontani”, perché li ha sempre amati e cer-cati, si è preoccupato non di definire a tavolino un metodo di apostolato valido per tutti e per sempre, ma di proporre il discernimento come via per interpretare l’animo di ogni uomo. Questo sguardo misericordioso ed evangelico sull’umanità lo ha portato a dare valore anche alla necessaria gradualità: il prete non è uno che esige la perfezione, ma che aiuta ciascuno a dare il meglio…. E se, per queste aperture, veniva richiamato all’obbedienza, la viveva in piedi, da adulto, da uomo, e contemporanea-mente in ginocchio, baciando la mano del suo Vescovo, che non smetteva di amare…

…Alla carità pastorale di don Primo si apri-vano diversi orizzonti, nelle com-

plesse situazioni che ha dovuto affrontare: le guerre, i totalita-

rismi, gli scontri fratricidi, la fatica della democrazia in gestazione, la miseria del-la sua gente. Vi incoraggio, fratelli sacerdoti, ad ascol-tare il mondo, chi vive e opera in esso, per farvi

carico di ogni domanda di senso e di speranza, senza

temere di attraversare deserti e zone d’ombra. Così possiamo

diventare Chiesa povera per e con i poveri, la Chiesa di Gesù. Quella dei poveri è definita da don Primo un’“esistenza scomo-dante”, e la Chiesa ha bisogno di convertirsi al riconoscimento della loro vita per amarli così come sono: «I poveri vanno amati come poveri, cioè come sono, senza far calcoli sulla loro povertà, senza pretesa o diritto di ipoteca, neanche quella di farli cittadini del regno dei cieli, molto meno dei proseliti». Lui non face-va proselitismo, perché questo non è cristiano. Papa Benedetto XVI ci ha detto che la Chiesa, il cristianesimo, non cresce per proselitismo, ma per attrazione, cioè per testimonianza. è quello che don Primo Mazzolari ha fatto: testi-monianza. Il Servo di Dio ha vissuto da prete povero, non da povero prete…

Mazzolari e FrancescoUno stralcio del discorso del Pontefice in visita a Bozzolo nella mattinata di martedì 20 giugno

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4| Anno XXVIII

Vita di Seminario

M i sono fermato un momento per riflettere su quanta gente voglia bene al Seminario: vescovi, preti, fa-miglie, malati, laici, religiosi e religiose, comunità parrocchiali, oratori, anziani nelle case di riposo… Lo dicono le tante attestazioni di affetto e amicizia. Il Vescovo è venuto, col presbiterio, molte volte per incontri, i preti si sono fermati a pranzo per un momento di amicizia e condivisione. Nel prossimo ca-

lendario diocesano è bello che tanti incontri siano fatti in Seminario. La Curia, per tre giorni, si è raccolta insieme per pregare, riflettere e decidere in Seminario. Anche il vescovo Dante è stato con noi, il primo lunedì del mese per la mes-sa e la cena. C’è una proposta per i preti “in entrata”: per chi vuole, il mercoledì sera, prima dei giovedì nei quali c’è il ritiro o il consiglio presbiterale, può “rientrare” in Seminario per un momento di preghiera, cena, riposo, condivisione coi seminaristi. E quanto hanno fatto le comunità parrocchiali che hanno ospitato un seminarista per il servizio di fine settimana? Tantissimo, insieme all’asilo Sacro Cuore di Cremona, La Fondazione “La Pace”, la Federazione Oratori, le famiglie (e quante) e i preti per la lectio divina e la condivisione del Vangelo della domenica, insieme a coloro che ci hanno aiutato per la scuola e le attività pastorali, spirituali, culturali, formandoci nella mente, nel cuore e nell’espe-rienza da condividere. E quanti segni di attestazione, sostegno economico concreto che, attraverso Chiesa in Cammi-no o altre forme, sono arrivate in via Milano 5: il ricordo per una persona che è venuta a mancare, il 40° o il 50° di ma-trimonio, la vicinanza a chi sta studiando attraverso una borsa di studio in memoria del Vescovo don Maurizio Galli…

Tutto questo, come comunità del Seminario, al termine di quest’anno, ci fa dire due cose: la prima è che la parola gratitudine ha in sé la radice “gratis” e questo, oggi, è un privilegio sperimentarlo e poterlo condividere. Il Seminario, come luogo nel quale la risposta al Maestro che chiama a diventare prima discepoli, poi apostoli, è al centro di tante gratuità. Tante collaborazioni. Numerose attenzioni. Perché? Perché nei giovani che lo abitano la Chiesa vede tanta speranza, le persone apprezzano che un giovane si metta in discussione e in cammino, da “dentro” le comunità cristia-ne, i preti e tutti quelli che vogliono bene al Seminario decidono di fare qualcosa (pregano – e quanti!, offrono sofferen-ze e sacrifici, offerte e generi alimentari, si fanno vicini in mille modi). Il secondo tratto sta nel sentire il Seminario den-tro il presbiterio. è una sottolineatura che il vescovo Antonio rimarca con forza. Se ci sentiamo presbiterio, non solisti, gente che canta fuori dal coro, allora il nostro cammino è più sicuro, la nostra paura meno forte, le scelte prese con più serenità. C’è bisogno veramente che il Seminario sia irrigato dalla preghiera della nostra Chiesa diocesana, rafforzato dalla testimonianza di fede e di gioia del presbiterio, corretto, aiutato a crescere nel confronto dai laici che incontriamo ogni giorno sul cammino. Il Seminario: un tempo bello di Chiesa che respira a pieni polmoni la bellezza delle risposte, la gratitudine per ciò che riceve, lo stupore nel meditare ciò che il Signore va compiendo in chi, con umiltà, si dispone a servirlo. Se ci aiutiamo a fare una memoria riconoscente di tutto questo siamo sulla strada buona.

IL rIEPILogo dI UN ANNo

è passato quasi un anno da quando il rettore del Se-minario, don Marco D’Agostino, ci ha chiesto se eravamo disposti ad entrare nell’équipe dei forma-

tori dei seminaristi. «Ok! Una proposta interessante… ma perché proprio noi?». Trattandosi di qualcosa ancora da costruire abbiamo aderito volentieri anche se con un certo timore. I nostri figli ci hanno incoraggiato e sup-portato nell’adesione concreta a questa esperienza.

Un primo impegno, avuto in comune con altre fami-glie, era l’incontro mensile con un seminarista nelle no-stre case per condividere la Parola e la nostra mensa: un

momento di intensa comunione e di preghiera. Grande intuizione: la casa e la chiesa che si “mescolano”e impa-rano a conoscersi!

Gli incontri mensili sull’Esortazione apostolica «Amo-ris Laetitia» ci hanno permesso di capire che è fonda-mentale interrogarsi sull’amore umano, nella sua bel-lezza e povertà, sull’importanza di inventare percorsi di accompagnamento, comprensione e misericordia.

Grazie! Speriamo che questa esperienza possa conti-nuare perché siamo molto contenti che la nostra famiglia si sia allargata.

di Elisabetta eGiuseppe Ruggeri

di don Marco D’Agostino

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Circondati dall ’affetto

Quando casa e chiesa si mescolano

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IL rIEPILogo dI UN ANNo Riflessioni sulleattenzioni rivolte allacomunità di Seminario

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«Ho pensato per i semina-risti una esperienza di condivisione della Paro-

la di Dio con alcuni sacerdoti della diocesi… per dare spazio alla Parola e anche come momento per far co-noscere i nostri preti». Con queste parole del rettore don Marco - mi perdonerà se non sono citate esat-tamente - è iniziata per me la bella esperienza di condivisione mensile con Francesco ed Andrea facendo, assieme anche a mia sorella Stella e mio cognato Sergio e negli ultimi incontri anche assieme a Davide (giovane della Parrocchia), un poco di lectio divina e la cena.

Mi ha molto colpito questo deside-rio del Rettore e ho aderito imme-diatamente, non perché mi ritenessi particolarmente bravo «per insegna-re qualcosa ai seminaristi», ma per il dono che era per me. Ho sempre atteso con gioia l’arrivo di France-sco e Andrea, ho raccontato loro la mia piccola esperienza davanti alla ricchezza della Parola di Dio, ascol-tando e ringraziando per ciò che loro dicevano riguardo il loro cam-mino alla luce di ciò che la Bibbia ci dona. Posso dire di essere stato dav-vero edificato «ascoltando i giovani» - come insegnava S. Benedetto e ha scritto Papa Francesco e ci invita a fare il Vescovo Antonio -.

Un momento profondo quello del-la lectio divina che proseguiva nella gioia della cena dove ci si raccon-tava la vita… Sono stato arricchito come prete, sia perché in qualche modo «costretto» ad essere ancor più serio davanti alla Parola e per-ché mi è stato di grande aiuto l’en-tusiasmo dei seminaristi, il condivi-dere un modo di stare insieme bello e fraterno, un modo di sentirmi più vicino al Seminario e di conoscere meglio i giovani che si preparano al Sacerdozio…

Un grazie davvero grande per la bellezza di questi incontri!

Giugno 2017

di don Marco Genzini

La bellezza diun incontro

è l’inizio di settembre quando don Marco ci invia una mail. Parla di seminaristi, di incontri, di accoglienza, di famiglia. La leggia-mo insieme la sera stessa a cena, ci siamo tutti: io, mio marito

e i nostri tre figli. Soprattutto gli uomini di casa sono perplessi: «Ma il don è sicuro? Ma nella nostra famiglia? Cioè: un seminarista nella nostra famiglia?». Comunque ci fidiamo e diciamo di sì. E così arriva il giorno della cena in cui conosceremo il “nostro” seminarista. Ed ecco Michele. Ha l’età dei miei figli, ha la faccia dei ragazzi di oggi, tut-to è più facile di come sembrava. Iniziano le cene a casa nostra: si leg-ge il Vangelo della domenica, prima di iniziare a mangiare. Nessuno è in imbarazzo, ognuno di noi parla, chiede, ascolta, si confronta. Mi-chele non fa la “predica”, si mette in gioco rispetto a ciò che abbiamo letto, esattamente come noi. E per una volta al mese, nessuno litiga a tavola! Durante la settimana ci sente via whatsapp: ci siamo chie-sti di non lasciare che le nostre vite si incontrino una volta al mese, ma di raccontarci i giorni e le settimane. Tutta la famiglia si coinvol-ge e Michele diventa uno di casa, per me un figlio in più che viene a trovarci una volta ogni quattro settimane per rimettere al centro l’essenziale, cioè Gesù. è stata una grazia per la nostra famiglia, questa esperien-za, come spesso le cose inaspet-tate della vita sanno essere.

Un’intera famiglia coinvoltadi fam. Bosio

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6| Anno XXVIII

Nel pomeriggio di mar-tedì 25 aprile, festa di San Marco evangelista, un nutrito gruppo di persone ha partecipato

all’annuale incontro promosso dal Seminario e dal Centro Diocesano Vocazioni per tutte quelle realtà par-rocchiali di preghiera per le vocazio-ni. I gruppi «Rosario perpetuo» per le donne e «Fortes in fide» per gli uomini si ritrovano periodicamente per chiedere al Signore «numerose, sante e perseveranti» vocazioni alla vita consacrata.

Le diverse comitive, provenienti da molte parrocchie della diocesi, sono state accolte nel grande cortile del Seminario da alcuni stand: quello del

magazine «Chiesa in Cammino» per il rinnovo degli abbonamenti, quello dei fiori e della lotteria il cui ricavato è stato destinato alle missioni.

Alle 14.30 don Davide Schiavon, sacerdote incaricato per la pastorale vocazionale, ha guidato la preghiera del Rosario e al termine ha esortato i vari gruppi a promuovere nelle par-rocchie degli incontri di spiritualità e di riflessione.

A seguire è stata celebrata una so-lenne Eucaristia presieduta da don Marco D’Agostino e concelebrata da don Maurizio Lucini, da don Fran-cesco Cortellini e dallo stesso don Schiavon. La liturgia è stata animata dal coro «San Pio V» di Soncino di-retto e accompagnato all’organo dal

maestro Roberto Grazioli. Lo stesso gruppo al termine della S. Messa ha offerto un piccolo concerto con canti della tradizione mariana. Nell’omelia don Marco ha ringraziato quanti pre-gano quotidianamente per le voca-zioni e ha ricordato che, sull’esempio di San Marco, ogni cristiano deve es-sere un evangelizzatore entusiasta e convinto. Ha quindi esortato ad ave-re fiducia in Dio nonostante le avver-sità della vita: «San Pietro al termine della sua lettera, che abbiamo appe-na ascoltato, ci ricorda che il Signore ha cura di ciascuno di noi. Egli non ci abbandona, ma ci guida e ci pro-tegge». La giornata si è conclusa con l’estrazione dei biglietti della lotteria e l’arrivederci al prossimo anno.

Un pomeriggio per dire grazieL’annuale incontro di preghiera per i gruppi

del «Rosario perpetuo» e dei «Fortes in fide».

di Alberto Bigatti

Vita di Seminario

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rimane in me una sorta di sacro timore: «Sarò in grado di gestire questa ricchezza al meglio e in loro favore? Sa-prò avere parole e silenzi adeguati per lasciar spazio alla voce di Dio?».

Nonostante ciò, con fede, continuiamo a camminare consapevoli che la ricerca del sogno di Dio sulla nostra vita richiede un continuo discernimento, una «infinita rico-gnizione», affinché possiamo realizzare quel: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra».

di don Maurizio Lucini

Infinita

È con un quadro di Magritte dal titolo evocativo: «Infinita ricognizione», che vorrei sintetizza-re il mio primo anno come direttore spirituale.

Nel dipinto sono raffigurati due uomini so-spesi tra cielo e terra impegnati in una conversazione.

Mi piace pensare che gli incontri avuti con ogni singolo seminarista siano stati come dei cammini dentro lo spa-zio infinito della loro interiorità e delle loro coscienze, a volte limpide e soleggiate, ma in altre occasioni solcate da nubi e incertezze. Dentro a questi cieli si intravvede-vano i “lampi” della presenza di Dio: insieme li abbiamo riconosciuti e inseguiti. è sorta, così, in me, al termine di un anno, una sincera gratitudine verso il Signore per avermi dato la possibilità di essere stato di fronte ai sui passaggi nel cuore dei seminaristi, passaggi che hanno fatto bene anche alla mia fede e alla mia personale ri-sposta a Lui. D’altra parte, dinanzi al compito affidatomi,

ricognizione

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Giugno 2017

Vita di Seminario

L’unità dei cristiani:fondamento dell’evangelizzazione

di Alberto Bigatti

Il 61° Convegno missionario nazionale per i seminaristi

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Si è svolto a Monreale dal 27 al 30 Aprile scorsi il 61° convegno missiona-rio nazionale per i seminaristi che ha offerto agli oltre 150 partecipan-ti, provenienti da tutta Italia, una riflessione attorno al tema della missione e di come l’ecumenismo possa produrre effetti positivi

anche sulla scelta missionaria. Era presente anche il nostro Semina-rio, rappresentato dal responsabile del circolo missionario “Ripari”. Nella tre giorni si sono alternati momenti di formazione, attraverso la partecipazione alle conferenze e ai lavori di gruppo, ma anche momenti di svago e di condivisione tra i seminaristi presenti. Mo-mento centrale del convegno è stato l’intervento di Padre Claudio Monge, domenicano e teologo delle religioni, impegnato da oltre 14 anni ad Istanbul. Padre Monge si è soffermato in particolare sulla dimensione ecumenica della missione, affermando che «non c’è lavoro possibile in favore dell’unità, senza aver prima scoperto e apprezzato la diversità che ci contraddistingue». Sono poi intervenuti i rappresentanti di diverse confessioni cristiane, tra questi Fulvio Ferrario, professore ordinario di Teologia sistematica presso la Facoltà valdese di teo-logia di Roma, che ha tratteggiato la figura del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, uomo che tanto ha lavo-rato in favore dell’unità dei cristiani. Accanto a questi momenti di lavoro non sono mancati gli incontri con le comunità che vivono in terra di Sicilia e la visita all’eparcato di Piana degli Albanesi. è stata la figu-ra imponente del Cristo Pantocratore raffigurato in mosaico nel catino absidale della Cattedrale di Monreale ad accompagnare i seminaristi presen-ti a questo convegno. Il suo sguardo penetrante e il suo atteggiamento di giudice misericor-dioso possano condurre ciascun cristiano a riscoprire il proprio impegno nel cammino verso l’unità.

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Speciale

«Nella solennità della Santissima Trinità vieni immerso in questo mistero infinito, con tutta la tua umanità e noi con te»: così ha esordito il vescovo Antonio la sera di sabato 10 giugno, durante l’ome-

lia per l’ordinazione presbiterale di don Nicola Premoli, unico prete novello del 2017.

La liturgia di ordinazione è iniziata dopo la proclama-zione del Vangelo con la presentazione e l’elezione dell’or-dinando che ha pronunciato il proprio “Eccomi” davanti

a tutta la comunità.Il Vescovo quindi nell’omelia si è rivolto direttamen-te al candidato soffermandosi in modo particolare

sulle letture appena proclamate.Partendo dalla lettera ai Corinzi il presu-le ha sottolineato: «Paolo non si rivolge solo a un singolo, non è un discorso pri-vato all’amico, non costruisce una Chie-

sa “dei suoi”, ma si rivolge al popolo e certamente è giusto pensare che abbia un occhio di riguardo per i suoi collaboratori, ovvero i fratelli sacerdoti: è il presbite-rio. è la Chiesa attorno alla comunione tra il Vescovo, i presbiteri e i diaconi. Certo che la lotta alla perfezione è

personale, ma io credo che se non ci aiutiamo, se non ci sosteniamo, se non ci facciamo coraggio a vi-cenda, anche i risultati della lot-ta potrebbero diventare illusori,

Vivomembro di Un organismo

Anno XXVIII

Don Nicola Premoli di Covo è statoordinato presbitero lo scorso

sabato 10 giugno in Cattedrale

di Guglielmo Tarcisio Paluschi

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|9Giugno 2017

vanità delle vanità. Allora tu oggi diventi “presbiterio”. Non un in-granaggio di una macchina, non un operaio alla catena di montaggio, ma un membro di un organismo vivo. E quando gli altri pezzi dell’organi-smo staranno male, accorgitene; e quando starai male tu, conta sull’a-iuto dei fratelli; e quando dovessimo star male tutti insieme, fermiamoci. Prendiamo fiato: il Signore non farà mancare la sua grazia».

Ha continuato il Vescovo: «“Ab-biate gli stessi sentimenti” significa misurarsi con i sentimenti di Cristo, quindi vuol dire fare tutti un passo avanti con coraggio quando lo Spi-rito suggerisce in coscienza che non dobbiamo tacere e dobbiamo im-pegnarci, ma fare anche un passo indietro quando si tratta di ricono-scere che siamo rimasti soli, che ci siamo avventurati su strade che non portano a nulla, che dobbiamo ritro-vare la comunione e la pace. Non lo dico perché noi abbiamo sempre le colpe e gli altri vanno sempre giu-stificati - anche se non sarebbe un cattivo metodo -. Non possiamo e non dobbiamo scordarci di ripartire sempre da noi stessi. è troppo co-modo, infatti, aspettare che cambi-no gli altri. Siamo noi i primi a dover cercare la pace».

Infine il Vescovo ha affermato: «Credo che il primo compito del prete sia di aprire gli occhi e sco-prire quanto Dio ama il mondo e di avere un cruccio, ovvero la preoccu-pazione che tutti scoprano quanto è bello sapersi amati da Dio».

Dopo l’omelia, don Nicola si è por-tato sull’altare, dove la celebrazione è continuata con l’interrogazione circa gli impegni da assumere come presbitero e l’atto di obbedienza. Poi il sempre suggestivo canto delle lita-nie dei santi mentre l’ordinando si è prostrato a terra.

Subito dopo il momento più solen-ne: l’imposizione delle mani e l’ar-ticolata preghiera di ordinazione. Quindi la liturgia è proseguita coi riti esplicativi, ovvero la vestizione con la casula, l’unzione con l’olio del Crisma e la consegna del pane e del vino e, infine, con l’abbraccio di pace col Vescovo e tutti gli altri sa-

cerdoti. La celebrazione è continua con la liturgia eucaristica: la vera prima Messa di don Nicola concele-brata con i vescovi Antonio e Dante e con i nuovi fratelli presbiteri.

Per don Nicola il percorso del Se-minario si è concluso: ora inizia il cammino della vita sacerdotale. Egli è un piccolo esempio di quello che lo stesso vescovo Antonio ha ricor-

dato durante la celebrazione, una verità che ci rende creature preziose agli occhi di Dio e per questo desti-nate da sempre alla gioia vera e pie-na: «Tutti abbiamo una vocazione, tutti siamo strumenti preziosi nelle mani di Dio, tutti abbiamo diritto alla grande felicità di immergerci nel mistero del Dio Uno e Trino e di spenderci insieme a Lui».

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Speciale

sulla via dell’amoreLa prima Messa di don Nicola Premoli a Covo

Nel pomeriggio di do-menica 11 giugno si è tenuta a Covo la prima santa Messa del sacer-dote novello don Nico-

la Premoli alla presenza di numerosi compaesani, amici e parenti. In pri-ma fila i familiari: la mamma Maria e la sorella Elisabetta con il marito Mauro e i nipoti Lorenzo e Gabriele.

Il sacerdote partito dall’oratorio parrocchiale, è stato accompagnato dalla banda del paese fino alla chie-sa, dove, dopo aver assunto i para-menti, è salito all’altare. Accanto a lui una ventina di sacerdoti conce-lebranti, tra di essi il parroco don Lorenzo Nespoli e l’ex vicario don Gabriele Battaini.

è stato proprio don Gabriele a tenere l’omelia: «Le tue mani sono state unte, sono state consacrate dal Santissimo che oggi celebriamo, e nel segno delle mani tutta la tua per-sona, tutta la tua vita. Sei stato reso partecipe del sacerdozio ministeria-le istituito da Cristo».

E così ha proseguito: «Con le tue mani benedici don Nicola, non aver paura di benedire. Benedici gli am-malati, i sofferenti, i vecchi, i bam-bini, i ragazzi del tuo oratorio e la comunità, le famiglie, i credenti ma anche i non credenti e i lontani. Le tue mani servono per il popolo santo di Dio: quando sono alzate al cielo, nella donazione e nella preghiera, per ogni persona che ti è stata af-fidata e per ogni persona che tu ri-corderai nel tuo ministero. Servi la Chiesa lavorando, senza stancarti, accogliendo e prendendoti cura an-che dei poveri e dei più bisognosi».

Infine un ultimo invito: «Inizia il tuo ministero non basandoti sulla sapienza umana, ma seguendo la voce dolce dello Spirito Santo; come Cristo lasciati guidare dallo Spirito, e nella misura in cui lo farai la tua

di Francesco Tassi

vita diventerà irradiazione di santi-tà, di luce, di calore e di amore per i fratelli. Fai tesoro di quello che il Signore ti ha donato!».

Al termine don Nicola ha voluto ringraziare tutta la comunità cove-se per la vicinanza e per il sostegno che ha avuto durante questi anni, alla sua famiglia, ai tanti sacerdoti incontrati, ai seminaristi compagni

di viaggio e alle persone tutte che si sono affiancate a lui percorrendo un tratto di strada.

Conclusa la solenne e sentita ce-lebrazione, tutti i presenti hanno potuto intrattenersi con il novello sacerdote presso l’oratorio parroc-chiale durante un momento di festa organizzato dai più giovani.

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|11Giugno 2017

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno di Seminario anche l’esperienza della propedeutica è giunta alla conclusione.

Tra le varie uscite che hanno scan-dito l’anno dei cinque giovani, l’ultima in programma si è svolta presso la co-munità di Bose di San Masseo, situata appena fuori Assisi.

Il taglio di questa iniziativa era mar-catamente spirituale, ma non sono mancati momenti culturali che hanno permesso di conoscere meglio Assisi e i suoi celebri luoghi di culto. Tra essi si ri-cordano ovviamente le basiliche di San Francesco e di Santa Chiara e la piccola chiesa di San Damiano.

Accompagnati dal vicerettore don Fran-cesco Cortellini, i ragazzi del primo anno hanno diviso il loro tempo tra visita della città, preghiera personale e celebrazioni comunitarie, sia presso la comunità dove erano alloggiati sia presso la Basilica del Santo.

Fulcro di tutta l’esperienza sono state poi le meditazioni tenute dal sacer-dote e monaco di Bose don Daniele che, con ampi riferimenti alla vita e alla chiamata di San Paolo, ha indicato le caratteristiche che la vocazione cristia-na e la conseguente risposta dovrebbero assumere anche nei giorni nostri.

Non da ultimo, la visita presso la basilica di santa Maria degli Angeli ha per-messo un ulteriore momento di raccoglimento e di riflessione personale, con il sacramento della Riconciliazione amministrato dai frati che custodiscono da secoli la chiesa.

Con un ritmo così intenso i quattro giorni sono trascorsi velocemente e ben presto è arrivato il momento del ritorno, ma non è mancata una sosta presso il santuario della Santa Casa di Loreto, ultima tappa di un’esperienza molto significativa che sicuramente aiuterà il futuro percorso dei ragazzi di prope-deutica.

Vita di Seminario

con San PaoloFaccia a faccia

di Alex Malfasi

Poco prima della fine dell’anno i cinque giovanidella classe propedeutica hanno vissutoquattro intense giornate di spiritualità nella comunitàdi Bose di San Masseo, appena fuori Assisi

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12| Anno XXVIII

Vita di Seminario

di Michele Gardani

Giovedì 1° giugno, nella cappella inferiore del Seminario, Arrigo Duranti ha ricevuto il ministero dell’accolitato. Classe 1990, originario di Soncino, ultimo ad aver fre-quentato il Seminario minore, ora ha ter-

minato il quarto anno di teologia. Davanti ad una foltissima assemblea composta da fa-

miliari, amici, ragazzi e ragazze incontrati durante que-sti anni di servizio in parrocchia, tra cui non potevano mancare i membri dell’Unitalsi (di cui Arrigo fa parte), Mons. Napolioni ha presieduto la celebrazione. Insieme a lui, i superiori del Seminario, il parroco di Soncino don Mario Marinoni e il parroco della Beata Vergine in Cre-mona (sua attuale par-rocchia di servizio) don Giulio Brambilla, e mol-ti altri amici sacerdoti che hanno desiderato partecipare a questo momento.

Al centro della cele-brazione ci sono stati due momenti particolar-mente significativi per Arrigo e per tutta le per-sone che hanno parte-cipato: la chiamata alla disponibilità e al servi-zio della Chiesa, cui il seminarista ha risposto con un forte “Eccomi”; e il conferimento del mi-nistero dell’accolitato.

Proprio sulla figura dell’accolito si è soffermato il Ve-scovo durante l’omelia, descrivendolo come colui che si mette sulla via del Signore con i passi quotidiani nella consapevolezza che i «perché» mostrati da Gesù nello spezzare il pane devono orientare tutta l’esistenza, con una traduzione concreta giorno per giorno nella vita. Così quel Pane, che nutre la Chiesa, dall’altare deve ar-rivare al mondo. Accanto a questa accorata descrizione, anche l’ammonimento a non trasformare l’accolitato in un mero esercizio liturgico, ma a farlo diventare una vera occasione d’incontro con il Signore.

Al termine dell’omelia, Arrigo ha ricevuto dalle mani del Vescovo il calice e la patena con il pane per la celebra-

zione eucaristica, segno visibile del nuovo servi-zio ecclesiale che ora è chiamato a svolgere.

Terminata la messa, la festa è proseguita con un momento di festa e convivialità, a cui tutti hanno partecipato con gioia per festeggiare il passo in avanti compiu-to da Arrigo. A lui un ricordo nella preghiera, affinché possa svolgere il suo nuovo ministero con autenticità e possa prendere sempre più consapevolezza della strada sulla quale sta camminando.

I veri perché dell’EucaristiaGiovedì 1 giugno, nella cappella inferiore del Seminario,

conferito l’accolitato ad Arrigo Duranti

accolitato minuscolo

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|13Giugno 2017

Vita della Chiesa

Con «il sogno di co-struire una Chiesa viva, giovane, pove-ra, libera, fedele al Vangelo, aperta al dialogo, rispettosa degli ordinamenti

delle istituzioni e docile al soffio del-lo Spirito» è iniziata, sabato 6 mag-gio, la missione da vescovo di mons. Gian Carlo Perego. Grande è stata la gioia dell’intera Chiesa cremonese e in particolare di Agnadello all’ordi-nazione episcopale di don Gian Car-lo presieduta dal vescovo Napolioni in Cattedrale. A concelebrare circa 150 sacerdoti, di cui una decina di rito orientale cattolico, insieme a 26 vescovi. Presenti nei banchi le auto-rità cittadine civili e militari, i paren-ti e numerosi fedeli laici provenienti da Cremona, Roma (personale Cei, Caritas e Migrantes), Ferrara; senza dimenticare ovviamente una folta delegazione di Agnadello.

Dopo la proclamazione della Paro-la e il canto “Veni, Creator Spiritus”, mons. Perego si è portato davanti a mons. Napolioni per la richiesta di ordinazione episcopale. Quindi la dopo lettura della Bolla papale di no-mina la liturgia di ordinazione è pro-seguita secondo il solenne rito del Pontificale Romano, con grande par-tecipazione e commozione da parte di tutta l’assemblea.

Al termine, con la voce rotta dall’e-mozione, mons. Perego ha preso la parola e ha espresso tutta la sua gra-titudine con lo splendido discorso incentrato sulla metafora delle “due valige”. Una carica di sogni, compre-so quello di una Chiesa «inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti», come dice papa Francesco, e l’altra colma «di ricordi: non fotografie scolorite, ma esperienze vive, attorno alle qua-

pastore di una ChiesaLIBErA E PoVErA

li ritrovo una tradizione cristiana, familiare, parrocchiale, ecclesiale».

Il giorno seguente c’è stata la prima Messa Pontificale ad Agnadello, terra d’origine di mons. Perego. Un paese in festa per il “suo” vescovo, che si è mobilitato per accoglierlo nel mi-gliore dei modi, a cominciare dal bel colpo d’occhio offerto del corteo che ha accompagnato il presule da casa sua sino alla chiesetta di San Bernar-dino (per la vestizione) e da lì sino al sagrato della chiesa parrocchiale di San Vittore: c’erano la locale banda musicale, le associazioni di volon-tariato con i rispettivi gonfaloni, gli amministratori comunali, numero-si cittadini e il gruppo dei figuranti dell’annuale rievocazione storica or-

ganizzata dalla Pro Loco. Sul sagrato della chiesa parroc-

chiale il saluto del sindaco Giovan-ni Calderara e poi di Nour Eddine Benhalla, a nome della comunità islamica locale. Numerosi poi i salu-ti al termine della celebrazione. Le parole al miele che gli agnadellesi hanno riservato all’Arcivescovo sono state da lui ricambiate nell’omelia, incentrata su due concetti: la par-rocchia ed il paese, dove nasce e ma-tura la vocazione e si trova conforto nelle fatiche della vita.

Finita la celebrazione c’è stata la festa in oratorio con rinfresco e con il musical Forza Venite Gente porta-to in scena dai ragazzi e dai giovani della parrocchia.

Il 6 maggio scorso mons. Peregoè stato ordinato arcivescovo

di Ferrara-Comacchionella Cattedrale di Cremona

di Andrea Bani

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14| Anno XXVIII

AMATEi vostri nemici Il prete e l’odio

L’ultima antitesi nel quin-to capitolo del vangelo di Matteo colpisce per la sua radicalità: «Ave-

te inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi persegui-tano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,43-45). Per la verità, nella Bib-bia non si trova in questa forma l’im-perativo di odiare il nemico, mentre nel Levitico è ben presente l’invito ad amare il prossimo (Lv 19,18). Il motivo dell’amore per il nemico si fonda in Dio, che fa sorgere il sole o dona la pioggia senza fare preferen-ze di persone.

Poi, quasi a rincarare la dose, Gesù non dimentica di affermare che è troppo comodo amare coloro che sono in grado di ricambiare. è molto più impegnativo perdonare nella gratuità, come pure dare il sa-luto a tutti, piuttosto che fermarsi solo con i propri fratelli. In sostanza, la nuova giustizia predicata da Gesù chiede che nessuno sia escluso dal-la cerchia delle persone da amare. Ogni forma di esclusione è contra-ria al Vangelo perché al di fuori dei criteri dell’agire di Dio Padre. La sua

paternità si rivela gratuita e aperta, senza misura, senza la richiesta di patentini o carte d’identità. C’è una sovrabbondanza nello stile di Dio che disarma colui che sa aprire gli occhi e scopre l’eccedenza del per-dono. Per questo l’invito finale di Cristo è di essere perfetti alla ma-niera del Padre: nel Vangelo di Luca questa perfezione è tradotta con il termine «misericordia».

Questo messaggio porta la comu-nità cristiana a uscire dalla logica del dovuto e del calcolo: l’amore va sempre oltre. Dovremmo avere il co-raggio di dire che la Chiesa più che la comunità dell’eccellenza, è quella dell’eccedenza. Anche se con ogni probabilità Gesù non intende qui of-frire una regola anche per la società civile, che ha bisogno di strutturarsi con leggi che mettano fuori gioco i nemici pericolosi, tuttavia ricono-sciamo quanto sia vera l’espressione secondo la quale non c’è giustizia senza perdono.

E nell’esistenza del prete? Non esiste sacerdote che non abbia de-trattori, calunniatori o diffamatori. La vita sembra dirci che tutto ciò è inevitabile. Basta dire un no a qual-cuno, sia pure motivato e con garbo, per aizzare i peggiori istinti all’attac-co del prete, che spesso rischia pure di subire in solitudine alcune rea-zioni scomposte. La solidarietà della

comunità cristiana, talvolta, non è né calorosa né percepibile. Tuttavia, pregare per questi nemici è ancora possibile. Spesso si tratta di persone che non condividono granché della vita ecclesiale, sono pieni di pregiu-dizi anticlericali oppure sono vitti-me della società che pretende tutto e subito. Il buon parroco dentro di sé sa riservare tempi di preghiera perché il Signore muova i cuori alla conversione.

Il rospo è invece molto più amaro quando il nemico è interno alla co-munità. Passino quelli che sono iper critici, a cui non va mai bene niente. Passino i freddi calcolatori, che si fan-no vedere solo quando c’è qualcosa che li interessa. Ma come la mettiamo se il nemico veste i panni di chi è così intransigente da essere in grado di se-gnalare, nomi e cognomi alla mano, chi merita il sole o la pioggia di Dio e chi no? L’acerrimo nemico è il con-trollore del sacro, il custode di una dottrina senz’anima o delle rubriche senz’amore. In questo caso la pazien-za è a durissima prova. è necessario un «di più» che costa. Il discorso della montagna associa amore e preghiera, che si fa ancora più intensa affinché il Signore preservi il proprio animo dall’odio o dall’indifferenza. Già am-moniva sant’Agostino: «l’ira è un’er-baccia, l’odio è l’albero». è veleno letale per la comunità cristiana.

di don Bruno Bignami

Spiritualità sacerdotale

Caravaggio,Flagellazione di Cristo, 1606-1067

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|15Giugno 2017

Per quanto si possa riflettere sulla vocazione, non si riesce mai a togliere, a questa parola, un certo “alone” di eccezionalità che da sempre la connota. Quando non si tratta di fastidio, co-

munque è sempre una sorta di timore reverenziale a per-meare le reazioni che tale idea suscita.

è pur vero che l’aspetto più visibile alla gente, cioè il numero di persone che sembrano aver ufficialmente ade-rito ad una vocazione, con la sua esiguità, sembra avallare una interpretazione simile.

Ma noi possiamo provare, almeno nelle nostre teste, a cambiare le cose, attraverso un semplice ragionamento. Proviamo a vedere se le seguenti affermazioni, che dipen-dono l’una dall’altra, stanno in piedi. Se così è, la voca-zione dovrebbe diventare un fatto “normale”. Se, invece, anche una sola di esse non regge, fa cadere anche tutte le altre e allora siamo veramente autorizzati a trattare la vocazione come un caso speciale, riservato a pochi eletti.

Dunque. Dio, da sempre, manda segnali all’umanità, per il suo bene. La Bibbia descrive tutti gli sforzi del Si-gnore per educare il Suo popolo. Sempre nelle Bibbia, ve-diamo che tutte le volte che il popolo ebraico ha ascoltato Dio, gliene è venuto del bene, viceversa ha avuto grandi problemi quando ha fatto il contrario. La stessa cosa pos-siamo constatare noi, nella nostra esperienza personale: la fedeltà al Vangelo, anche quando ci ha richiesto molto, non ci ha mai “traditi”: sfidati, sì, ma sempre in vista di un bene maggiore. Possiamo quindi dire che Dio “chia-ma” a cose impegnative, ma che non si tratta mai di un imbroglio. Seguire la propria coscienza, attraverso la qua-le Dio ci parla, perciò ci conduce a compiere scelte che,

portandoci su di un piano superiore, avvicinano a Dio e realizzano il nostro bene. Rispondere di sì a tali stimoli dovrebbe quindi essere naturale, rappresentare la “nor-malità” per un cristiano.

Il ragionamento fila? Rimane in piedi? Oppure ha qual-che anello debole che ne inficia la validità? A me sembra che l’impianto tenga. Se così è, allora possiamo tranquil-lizzarci sull’idea di vocazione. Ascoltare la propria signi-fica dunque accettare il suggerimento di Gesù di provare ad imitarlo; rinunciare alla via più facile, anche se meno etica; non ignorare il senso di inadeguatezza che abbiamo dentro, quando facciamo qualcosa di sbagliato; non met-tere limiti alla nostra voglia di essere conformi a Cristo; non guardare con sospetto le pagine di Vangelo più impe-gnative; essere onesti con noi stessi quando sentiamo che una certa frase della Buona Novella è rivolta proprio a noi.

Per un cristiano, la vocazione è, in altre parole, un invi-to alla coerenza. Rispondere di sì a piccole o grandi chia-mate vuol dire trarre le logiche conseguenze da un’im-magine di Dio che ci ama e che non ci imbroglia. Magari, così, la vocazione fa un po’ meno paura. Appare un po’ più “logica”.

Ma possiamo provare a tradurla in una maniera ancor più convincente. Dio ci ha preparato un posto, su misura, nel Suo Regno, che, al momento, magari non ci piace tan-to perché abbiamo paura di perdere qualcosa. Temiamo di perdere, perché non sappiamo bene quanto è grande ciò che troveremo. Conoscendo il Signore poco a poco, impareremo a fidarci, il timore diminuirà e comprendere-mo la vera funzione di quel posto personalizzato che Lui ha pensato per noi: diventare felici ed aiutare gli altri ad esserlo altrettanto. Insieme a Lui.

La vocazioneper il cristiano

è un invitoalla coerenza

di don Davide Schiavon

Un biglietto“ordinario”

per la felicità

Centro diocesano Vocazioni

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Buona estate!