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Medioevo

III - V secolo:la cittàsi trasformaAlberto Crosetto

La crisi ge-nerale, eco-nomica e po-litica, che in-vestì l'Imperoromano durante latarda antichità (III - IVsecolo d.C.), ebbe delleripercussioni concrete sulla vita dimolte cittadine. Incominciò così un progressiva riduzione delle grandiaree urbane di epoca primo imperiale e uno spostamento delle zone re-sidenziali verso luoghi più difesi. Riteniamo che, ad Aquae Statiellae, inquest'epoca, si sia incominciato ad accentrare l'abitato sul colle, men-tre molte parti della cittadina, sia zone residenziali (come ad esempiola domus di via Carducci), sia aree pubbliche (come pensiamo sia statala zona di Piazza Addolorata) conoscano un completo abbandono, fino alpunto da non essere più ricordate come tali. La mancata manutenzioneportò alla perdita di molti assi stradali.

Nel corso del IV secolo e in particolare durante il secolo successivo si an-darono a formare le prime comunità cristiane nella regione, attraversouna evangelizzazione legata alle principali direttrici stradali, da Milanoverso il Piemonte settentrionale e dalla Liguria co-stiera verso quello meridionale. Non a caso Acquipossiede una delle più antiche attestazioni paleo-cristiane dell'attuale Piemonte: l'epigrafe funerariadi Licentius, murata nell'androne di palazzo Thea.L'indicazione dei consoli in carica colloca la sepol-tura di questo cristiano nel 401.

La presenza di una sede episcopale, fondamentalesegno di continuità di vita della città, è certa alme-no dal V secolo, grazie alla iscrizione funeraria di unvescovo, del quale possediamo solo la terminazionedel nome proprio [---]ditarius. Le ricerche sulla di-sposizione dei primi edifici di culto in Italia hannomostrato una certa omogeneità degli impianti pri-mitivi: strette analogie si riscontrano con Acqui so-prattutto tra le altre città piemontesi. In genere sitrovava una chiesa episcopale, collocata in area ur-

�Piatto di importazione afri-cana del IV secolo.

�Crismon (particolare)dall'epigrafe di Desiderius.

bana, e una chiesa cimiteriale, all'esterno del cen-tro abitato. Per la nostra città, nonostantel'assenza di dati archeologici, si è proposto di col-locare la primitiva cattedrale, dedicata a SantaMaria come quasi tutte le altre piemontesi, neipressi dell'attuale. L'esistenza di un cimitero tardoantico - altomedievale (Piazza Conciliazione) abreve distanza dal luogo di culto e la collocazionedella stessa epigrafe paleocristiana citata indiret-tamente favoriscono questa ipotesi.

L'attestazione di numerose sepolture vescovili,contenuta nei necrologi della lista episcopale ac-quese e confermata dal ritrovamento di epigrafi

funerarie paleocristiane, attribuisce grande importanza alla chiesa diSan Pietro, attorno alla quale si crea, almeno a partire dal V secolo,un'ampia area cimiteriale. La sua priorità e la sua singolare importanza,legata proprio a queste deposizioni illustri, spiega la presenza di perso-naggi non di secondo piano nella società acquese, come il comitiacusDesiderio, un funzionario del fisco imperiale, sepolto a San Pietro nel432. L'ampiezza del cimitero paleocristiano (il cui uso prosegue ancorain epoca medievale) non è stata fino ad ora accertata, ma sembra siestendesse attorno all'edificio di culto, in modo particolare nella zonaad est, dietro le absidi, e a sud, come paiono indicare le ripetute segna-lazioni di ritrovamenti.

�Epigrafe di Licentius mura-ta in palazzo Thea.

La sepolturacristiana:chiese, reliquiee cimiteriAlberto Crosetto

Nel corso della tarda antichità, siincomincia a diffondere nel mondoromano l'uso della sepoltura ad inu-mazione, mentre tende progressi-vamente a scomparire il rito dellacremazione. A partire dal IV-V seco-lo, a cristianizzazione ormai avve-nuta, assistiamo nelle città allo svi-luppo della sepoltura ad sanctos: ifedeli sono convinti del potere sal-vifico che emanano i corpi santi o lereliquie e che impregnano i corpiche sono attorno a queste. Vicino a queste chiese, sorte sulla tomba diun martire o che sono venute in possesso di prestigiose reliquie apostoli-che (anche solo ex contactu, cioè bende che, ad esempio, sono statemesse a toccare la tomba di San Pietro a Roma), si creano vasti sepol-creti.

In Italia settentrionale i vescovi si fanno preferibilmente seppellire nel-le basiliche consacrate agli Apostoli, a uno di essi o ai famosi diaconiStefano o Lorenzo. Anche le sepolture vescovili funzionano da richiamoper le sepolture dei fedeli. Ad Acqui, non sappiamo con certezza se ladedica a San Pietro della principale chiesa cimiteriale della città na-scondesse una più antica titolatura agli Apostoli (basilica Apostolorum),ma possiamo affermare che essa fu destinata alla sepoltura dei primivescovi della diocesi e queste stesse tombe, in assenza di martiri locali,costituirono un particolare stimolo per il popolo. Mentre le tombe menoimpegnative sono sempre ricavate scavando una semplice fossa dentroil terreno, altre sepolture più elaborate presentano spesso una cassa, ingenere rettangolare, coperta talvolta da un doppio spiovente in tegole,con coppi nei punti di giuntura, come si riscontra nel cimitero di piazzaConciliazione. L'orientamento comune delle tombe, in relazione allafede cristiana nella risurrezione, risulta est-ovest, con la testa poggian-te ad ovest.

A partire dal VI secolo, prendono importanza i santi locali, spesso i primivescovi, ma Acqui non sembra essere toccata da questo nuovo uso. Allaprecedente area sepolcrale (San Pietro) e all'espansione di quella vicinaalla cattedrale, si aggiunge una nuova fondazione, San Giovanni, atte-stata nel X secolo, grazie ad una citazione della lista episcopale relativaalla sepoltura del vescovo Ristaldo. La chiesa fu poi donata alla primacomunità francescana e, completamente ricostruita, è giunta a noi conla dedica a San Francesco. Il cimitero è comunque da considerare moltoantico: indagini archeologiche in corso Roma hanno portato al ritro-va-mento di 31 tombe ad inumazione, poste su più livelli. Uno di quellipiù antichi è carat-terizzato da fosse terragne antropomorfe e da cassecon lastre di pietra, che tagliavano strutture pavimentali o riutilizzava-no i muri di un edificio residenziale di epoca romana. Tutte le sepoltureerano prive di corredo, ma le tipologie tombali suggeriscono una collo-cazione altomedievale, confermata definitivamente dalle determina-zioni al radiocarbonio della tomba 6, che hanno indicato una datazionecalibrata alla prima metà del VII secolo.

�Tomba dal cimitero di Cor-so Roma.

Lo scavo archeologico dipiazza Conciliazione

(Istituto Internazionale di Studi Liguri)

Dal 1995 al 2000 piazza Conciliazione è stata oggetto di un'ampia e im-pegnativa ricerca archeologica realizzata dall'Istituto Internazionale diStudi Liguri - in collaborazione con il Pontificio Istituto di ArcheologiaCristiana, con le Università di Genova e Vercelli e sotto la direzione diCarlo Varaldo e Philippe Pergola - che ha interessato oltre 800 mq del va-sto spazio aperto formatosi, tra gli anni Trenta e gli anni Settanta delNovecento, dalla progressiva demolizione delle vecchie case del quar-tiere della Pisterna.

Progettazione e pianificazione delle ricerche di scavo sono state prece-dute da una campagna di prospezioni georadar estese a tutta la piazza eche hanno permesso di concentrare in due aree l'avvio delle ricerche.

Dopo la rimozione di uno strato ghiaioso steso in anni recenti per livella-re e regolarizzare il piano, sono affiorate le macerie delle demolizionidelle case del borgo della Pisterna. Si è venuto così configurando il tes-suto urbano del quartiere, con vari edifici prospettanti sulle antiche viaDella Torre, dei Blesi, del Pozzo, Famelunga, Conciliazione, con localipavimentati a grandi lastre di pietra, a mattonato o in semplice terrabattuta, separati tra loro da piccoli cortili e ritane per lo scolo delle ac-que. Testimonianza di un'attività produttiva é un piccolo forno in mura-tura usato per produzione metallurgica documentata fino ai primi de-cenni del Novecento.

Le evidenze bassomedievali sono costituite, in larga parte, da grandibuche di rifiuti e non da strutture in elevato, che risultano tutte, sullabase dell'analisi delle fosse di fondazione, databili all'età moderna.L'assenza di piani d'uso, di strati di crollo, di strutture murarie e di ognievidenza archeologica positiva potrebbe suggerire la permanenza a cie-

lo aperto, fino al XVIsecolo, di buona par-te dell'area di piazzaConciliazione, sog-getta quindi a feno-meni di erosione delsedimento e dilava-mento; non si puòneppure escludereche ci sia stato unmassiccio interventodi demolizioni, segui-to dalla completaasportazione del de-trito di risulta, al finedi creare un'ampiaarea di rispetto at-

�Panoramica dell’area discavo: tracce dell’ insedia-mento altomedievale.

torno al castello, la cui forma attuale risale soprattutto all'interventotardo quat-trocentesco dei marchesi di Monferrato.

Le uniche significative attestazioni relative al Basso Medioevo eranodelle grandi buche circolari che contenevano materiali ceramici dei sec.XII e XIII, fra cui alcuni rari frammenti di smaltate monocrome di produ-zione islamica di XII secolo.

Questa attività di discarica basso-medievale è segno di una vitalità diaree abitative circonvicine ed è ampiamente documentata da riempi-menti ricchi di reperti ceramici di graffita arcaica piemontese, graffitapolicroma, ingobbiata monocroma e maiolica ispano-moresca; novitàassoluta è data dal ritrovamento di scarti di fornace (distanziatori a"zampa di gallo" e scarti di prima cottura di graffita policroma), primaattestazione sicura della produzione locale di tale tipologia.

Sequenza stratigrafica eperiodizzazioneSulle complesse vicende e trasfor-mazioni relative ai contesti di etàromana, tardoantichi ed altome-dievali di piazza Conciliazione sipuò proporre, in forma schemati-ca, una prima periodizzazione.

Le prime tracce di frequentazionedel sito sono costituite da grandibuche per la discarica di residuidomestici e scarti di produzioneartigianali (metallurgiche e cera-miche) databili tra la fine del Isec. a.C. e gli inizi del I d.C.

L'urbanizzazione dell'area prendel'avvio in età imperiale ed è docu-mentata dall'impianto di un complesso edificio porticato con perimetra-li strutturati sugli assi W-E e N-S, che subisce una riduzione e chiusuradegli spazi in una successiva fase d'uso databile nell'ambito del II-III se-colo.

Sul fronte nord dell'area di scavo è stato individuato un tratto di stradacon pavimentazione ad acciottolato - importante elemento per la cono-scenza della topografia di Aquae Statiellae che risulta perfettamenteallineato con l'asse di un analogo tratto stradale individuato nel vicinoscavo di via Cassino -, nonché ampie porzioni degli edifici urbani esegui-ti in buona muratura di pietre squadrate e malta.

Un momento di crisi, databile tra II e III secolo, è testimoniato da unostrato di parziale abbandono composto prevalentemente da terreno ar-gilloso di origine colluviale, cui fa seguito una nuova fase di utilizzazio-ne degli edifici urbani, che vengono ristrutturati e modificati nel loroassetto. In entrambe le aree indagate sono stati infatti evidenziati tam-ponamenti delle aperture porticate con materiali per lo più di reimpie-go e con semplice fango quale legante; si tratta, probabilmente, di unamodifica della destinazione d'uso databile tra III e IV secolo.

�Panoramica dell’area discavo: le strutture di etàromana.

A questo momento risale forsel'attivazione di un impianto pro-duttivo, con la costruzione di unpiccolo forno con piano di fondocostituito dall'affiancamento diquattro tegoloni sui quali è stataimpostata la struttura circolaredella calotta realizzata con mate-riali di reimpiego.

In immediata successione cronolo-gica a questa attività lavorativa siè documentata una fase di abban-dono: il selciato stradale vieneobliterato da uno spesso livello dilimo. L'area, ancora in parte se-

gnata dall' emergenza delle rasature delle strutture murarie, vienesfruttata, tra IV e V secolo, a scopo sepolcrale. A conferma di tale indi-cazione, alcune delle sepolture si appoggiano ai muri degli edifici d'etàimperiale - perché alcuni tratti risultavano ancora visibili -, mentre al-tre tombe li tagliano, evidentemente perché ormai erano obliterati da-gli strati su cui si imposta l'area sepolcrale.

All'abbandono del sepolcreto fa seguito la deposizione di ulteriori sedi-menti di origine colluviale su cui si impostano, in un momento ancorasuccessivo, le tracce archeologiche di un insediamento con edifici co-struiti in legno e materiale deperibile. Di essi è stato possibile individua-re e definire, da un punto di vista planimetrico, almeno due edifici, conl'annesso cortile recintato, un silos e strati di "butto" di residui di pasto.Più in generale, i fenomeni documentati, con fosse di spoliazione e bu-che di rifiuti, sembrerebbero indicare un utilizzo frazionato e diversifi-cato degli spazi, con una concentrazione dell'abitato nella parte altadella piazza, dove sono stati localizzati almeno due nuclei abitativi, eduna attività di discarica e di spoliazione nel settore inferiore della piaz-za.

L'area viene successivamente abbandonata, rimanendo inedificata edutilizzata come discarica a cielo aperto nel basso medioevo (XIV-XV se-colo), quando è probabile la persistenza di una fascia di rispetto difensi-va attorno al castello. In questa sequenza ben si inseriscono i dati acqui-siti in relazione all'urbanizzazione di questa porzione del quartiere dellaPisterna che, su base archeologica, risulta occupata da edifici solo inetà moderna.

Questo nuovo impianto è certamente condizionato dalla nuova funzionestrategica del colle soprastante e porta ad una rotazione di 20° dei nuo-vi assi stradali rispetto a quelli dell'impianto romano. Esso è caratteriz-zato da un'edilizia a scala quasi rurale, che si inserisce in uno spazio de-limitato invece da edifici di ben altra consistenza architettonica. Sonoquesti i palazzi che prospettano sul perimetro della piazza attuale e, so-prattutto, sulle altre vie del quartiere della Pisterna, espressione dellafioritura economica e culturale di Acqui tra tardo Quattrocento e primoCinquecento.

�Scarico di ceramica roma-na.

La necropoliDella vasta area cimiteriale di piazza Conciliazione sono state messe inluce, complessivamente, circa 80 tombe - che vanno ad aggiungersi alledodici già individuate nel 1979 -, che risultano articolarsi in due fasi suc-cessive, separate dallo strato dell'ultimo crollo dell'edificio romano i cuifragili tamponamenti tardoantichi non ne hanno potuto risparmiare ilcollasso. Si tratta di sepolture articolate in quattro distinte tipologie: letombe a cappuccina con tegoloni di copertura, le tombe in cista liticarealizzate con grandi lastre quadrangolari, le tombe con muretti latera-li e lastre lapidee di copertura, le tombe terragne; particolarmente nu-merose le deposizioni infantili, mentre il corredo era in pochi casi pre-sente sotto forma di bottiglie vitree. Quasi tutte seguivano, più o menoregolarmente, l'orientamento W-E (con il capo ad ovest), allineandosialle strutture degli edifici imperiali che, non è escluso, possono avercondizionato, almeno in parte, la topografia stessa del sepolcreto.

Di particolare interesse la t.15, in cista litica, che reimpiegava, nelle la-stre perimetrali, due frammenti di un'iscrizione votiva di I-II secolo rela-tivi ad una Tertia, Marci filia.

Con i dati emersi dallo scavo 1998 risulterebbe meglio definita l' orga-nizzazione dello spazio cimiteriale e, in particolare, tipologia, orienta-mento e modalità costruttive riscontrate per le sepolture dei settori XI eXIX (tombe 11, 43, 56, 59) sembrano suggerire la presenza di un'area"privilegiata" o comunque "diversa" e tipologicamente isolata, contrad-distinta da una cura e da un impegno maggiore nella realizzazione deisingoli spazi sepolcrali. Tale "impegno", testimoniato materialmentedall'utilizzo e dalla posa in opera di pesanti lastre di copertura, dallacura prestata nella realizzazione dei muretti che delimitavano lo spaziosepolcrale, dal recupero e dal reimpiego di semicolonne e di cornici inmarmo, dovrà trovare una spiegazione nelle dinamiche religiose, o so-cio-economiche che stanno alla base della deposizione degli inumati inquesta parte dell'area cimiteriale.

Gli elementi raccolti e la probabile provenienza dal sepolcreto di piazzaConciliazione della lapide cristiana di Licentius, del 401, conservata nel �Tombe del IV secolo in cor-

so di scavo.

vicino Palazzo Tea, convergerebbero per una datazione della necropolial IV-V secolo. Sulla base di ritrovamenti occasionali nelle vicine vieCaccia e piazza dei Dottori, documentati nel corso dei lavori di rifaci-mento del basolato stradale (1998), sembrerebbe che il sepolcreto siestendesse ampiamente a sud della piazza, verso la zona della Catte-drale. Ed è proprio l'impianto della Cattedrale a costituire il nuovo polodi aggregazione dell'abitato nel nuovo assetto che la città assume con lacristianizzazione degli spazi urbani, nei quali anche l'area cimiteriale dipiazza Conciliazione viene a svolgere un suo preciso e determinante ru-olo.

�Una delle tombe con corre-do.

I LongobardiCristina Morra

Nel 1973 in regione Bossalesio, lungo la valle del Medrio, venne indivi-duata e scavata una necropoli databile tra la fine del VI e la prima metàdel VII secolo d.C., formata da 6 tombe a cassa in muratura o lastre dipietra contenenti sepolture a inumazione singola. Il tipo di cimitero, afile parallele allineate in direzione est-ovest, caratteristico delle popo-lazioni germaniche, è riferibile probabilmente ad un piccolo nucleo fa-migliare, che gli oggetti di corredo rinvenuti denotano appartenere algruppo delle popolazioni longobarde.

I Longobardi erano un popo-lo nomade di ceppo germa-nico, probabilmente origi-nario della Scandinavia. Sispostarono successivamentealla foce dell'Elba, dovesono documentati nel I se-colo d.C., poi sulla spondasettentrionale del Danubio edi qui, alla fine del V secolod.C., in Pannonia (attualeUngheria). Qui si consolidòla loro identità culturale epolitica, con l'affermazionedi una monarchia in sostitu-zione dell'assemblea degliuomini liberi. Le loro princi-pali attività erano l' alleva-mento e la caccia ma colti-vavano anche il grano e illino.

La migrazione in Italia, cau-sata dalla rottura dei delica-ti equilibri esistenti fra lediverse popolazioni barbari-che e l'impero bizantino, av-venne nel 568-569: uomini,donne, bambini e servi contutte le masserizie attra-versarono le Alpi Giulie,scesero a Cividale del Friulie di qui, senza incontrareresistenza, occuparono l'Ita-lia settentrionale e quindiquella centro-meridionale,con l'esclusione di Ravenna,

�Carta delle migrazioni deiLongobardi in Europa.

parte del Lazio, Puglia, Calabria e le Isole, che rimasero sotto il poteredi Bisanzio.

Il Regno longobardo ebbe come capitale Pavia ed era organizzato in du-cati governati da duchi che obbedivano direttamente al re. Ebbe finenel 774, in seguito alla conquista da parte di Carlo Magno re dei Fran-chi.

Le tombe longobarde riflettono nei loro corredi il carattere schietta-mente militare della popolazione: i corredi funebri maschili consistonoin armi e oggetti d'ornamento per l'armatura; i corredi femminili in gio-ielli e accessori da abbigliamento. Oltre alle armi da combattimento,caratteristica del costume maschile degli uomini liberi era la cinturamilitare utilizzata per la sospensione della spada e dello scramasax (col-tello a lama robusta): si tratta di un cinturone in cuoio ornato da sottilicinghiette pendenti, di numero variabile. Il costume femminile era ca-ratterizzato da fibule in bronzo o in oro utilizzate per fermare la blusa eil mantello, da collane e spilloni e infine da piccoli oggetti d'uso corren-te, quali coltellini, forbici, pettini, pinzette, riposti in piccole borse ap-pese alla cintura.

La conversione dalla fede ariana al cattolicesimo, iniziata nel 600 pervolere della regina Teodolinda e conclusasi nell'anno 700 circa fa cessa-re la deposizione di corredi nelle sepolture.

�Disegno ricostruttivo costu-me femminile e maschile.

L'arredo liturgico e lascultura altomedievaleAlberto Crosetto

Fin dall'epoca paleocristiana, le necessità della liturgia hanno portatoalla creazione all'interno dei principali edifici di culto di una netta sepa-razione tra il luogo destinato ai fedeli e il presbiterio, destinato ai sa-cerdoti. Tale divisione si concretizzò con la realizzazione di barriere,variamente articolate, formate in genere da lastre (plutei e transenne)e pilastrini in pietra locale o marmo. Talvolta, la separazione era più ar-ticolata, arricchita da un architrave, poggiante su colonnine. Non man-cava inoltre un ambone, una struttura elevata dalla quale veniva pro-clamata la Parola di Dio.

Per Acqui possediamo le immagini di un piccolo gruppo di reperti sculto-rei, purtroppo dispersi in massima parte, che possiamo attribuire a duediversi interventi di sistemazione dell'arredo liturgico nella chiesa diSan Pietro: uno avvenuto nel corso del tardo VII - inizio VIII secolo e unaltro, successivo, in età carolingia (tardo VIII - IX secolo).

Al primo appartiene un frammento di archivolto, rilavorato in epoca ro-manica e reimpiegato come sostegno per una bifora del campanile, checonserva la traccia del suo originario impiego, evidente per il differenteprofilo delle curvature. La decorazione è costituita da una semplice cor-nice incisa nella pietra a cordone rigato, sottolineata da una fascia atriangoli, che seguiva il profilo inferiore dell'arco. Sull'altro lato la cur-vatura era invece sottolineata da una cornice di tipo classico e lo spaziotra gli archetti era occupato da un ampio tondo inciso, percorso da se-micerchi intrecciati.

Mentre non può che essere generica la datazione di un pilastrino conterminazione a boccia, ancora esistente, si devono globalmente attri-buire ad epoca carolingia tutti gli altri frammenti dell'arredo liturgicodella chiesa: si riconoscono almeno due pilastrini e il frammento di un

�Archivolto da San Pietro(fronte e retro).

parapetto di ambone. A questi si deve aggiungere il pluteo, esposto nelmuseo.

Un pilastrino presenta una decorazione con una treccia di nastri bisolca-ti formanti una bordura perimetrale e cellette al centro delle quali sitrovano un fiore a sei petali lanceolati e un compatto grappolo d'uva.L'attribuzione al tardo VIII - primi decenni del IX secolo si basa sulle ana-logie decorative con altri reperti, come alcune lastre verticali dalla cat-tedrale di Torino e una dall'abbazia di Novalesa.

Il secondo elemento, di datazione simile, è invece percorso da una de-corazione in nastri bisolcati che disegnano il motivo del doppio galloneritorto e intrecciato ad otto. Anche il frammento di una lastra lateraledi ambone sembra collocabile nello stesso periodo. Un motivo a caulico-li piegati a sinistra costituiva il bordo superiore dell'elemento, mentretutto lo spazio era percorso da una fitta matassa di nastri a tre vimini in-trecciata in modo non sempre regolare. Allo stesso periodo sembra dariportare l'unico pluteo ancora conservato. Si tratta di una lastra fornitadi dentello per l'inserimento nel pilastrino corrispondente. La decora-zione è costituita da una fascia superiore, con treccia a tre capi di na-stro bisolcato, e da un motivo verticale, non delimitato da listelli comeil precedente, costituito da tre cerchi annodati tra loro, intrecciati concroci di occhielli in nastro bisolcato, eseguito da una mano sicuramentemeno esperta, ribassando la superficie.

�Scultura altomedievale daSan Pietro.

La piscina termale della"bollente" nel medioevoAlberto Crosetto

Le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza Archeologicadel Piemonte (1986-1987) hanno permesso di osservare che le strutturedelle terme romane non vengono bruscamente abbandonate. Solo nelcorso del pieno medioevo, si assiste ad alcune trasformazioni evidenti:le antiche terme sono demolite, coperte da depositi di terreno e a fian-co dell'antico calidarium si costruisce un edificio con grandi strutture agradoni. Possiamo riconoscere tali murature come appartenenti ad unagrande vasca termale, grazie ad un documento della fine del Duecento,

�Immagine della fontana ba-rocca in un disegno di Fran-cesco Gonin.

che attestata l'esistenza di una piscina,detta nel documento medievale "per gra-dus disposta", cioè fornita di gradini. La co-struzione di questa imponente strutturatermale è un evidente segno di continuitàdello sfruttamento delle fonti, confermatanel corso dello stesso secolo da citazioniche lasciano immaginare una vivace ripresaabitativa della zona.

Lo sviluppo dello sfruttamento delle pro-prietà terapeutiche delle acque, segnalatedalle visite pro balneis nel corso del XV se-colo, viene confermata dal 1458 dalla con-cessione di parte del loro uso ai Francesca-ni. Dallo stesso documento, in ogni modo,si capisce l'esistenza presso la Bollente diun bagno pubblico (balneus communis), lacui integrità deve essere mantenuta adogni costo. L'uso delle acque prosegue sen-za soluzione di continuità, scandito solodai personaggi illustri in visita, come i Mar-chesi di Monferrato, o ricordato per avve-nimenti degni di nota, come nel 1478 lamorte di un ragazzino, un figlio di SimoneSismondi, per la cronaca, caduto in rivofontis bulientis.

Nel corso del Cinquecento si perdono poi le tracce della stessa grandepiscina pubblica a gradoni, fatto che viene confermato anche dal riscon-tro archeologico di un totale riempimento della vasca con successivi de-positi di strati di fango e terreno. Un gruppo di ceramiche databili al tar-do XV - prima metà XVI secolo, la maggior parte delle quali decorate agraffito, viene abbandonata dentro il deposito. Il contatto di questi vasicon il fango bollente e i resti organici ha portato ad una diffusa corrosio-ne delle superfici e curiosa variazione della colorazione originaria.

Attraverso le descrizioni settecentesche conosciamo la situazione urba-nistica ormai stabilizzata, con la piazzetta dell'Archivolto e quella, piùampia, del Mercato, che presto prese il nome del Ghetto, quando que-sto si dovette creare a seguito degli ordini di Vittorio Amedeo II e fu fis-sato nel 1731 attorno alla fonte. E' su questi due slarghi che prospetta lafonte della Bollente, strutturata nelle sue forme barocche. Scomparsala piscina medievale, rimangono ancora tracce degli antichi bagni con-servati in strutture di proprietà della comunità israelitica. L'ultimagrande trasformazione coincide con la demolizione del ghetto e la co-struzione della fontana monumentale ottocentesca.

�Scavo delle fasi Bollente.

Ceramicae tavolanel medioevoCristina Morra

Nell'alto medioevo gli oggetti inceramica utilizzati in cucina e indispensa sono pochi mentre pre-valgono i recipienti in legno e pie-tra ollare. La scarsità dei ritrova-menti è giustificata dalla povertàmateriale di un'epoca di instabilitàpolitica, travagliata da continueguerre, epidemie e carestie.

Più numerose sono invece le cera-miche che venivano impiegate sul-la tavola durante il periodo suc-cessivo (XIV - XVI secolo). Nel Pie-monte del secolo XIV erano diffusi,come prodotti di pregio, boccali inmaiolica arcaica decorati in verdee bruno.

In piazza della Bollente ad Acquiscavi archeologici hanno riportatoalla luce una piscina in muratura,di epoca medievale, costruita persfruttare le acque termali. Fra lemacerie che la colmavano sonostate recuperate numerose cera-miche di probabile produzione lo-cale, destinate alla tavola e alladispensa, databili fra la fine del XVe la prima metà del XVI secolo.Anforette ricoperte all'interno da vetrina servivano per contenere liqui-di, quali acqua, vino o olio. Come si deduce da raffigurazioni pittorichee da miniature dell'epoca, la tavola delle famiglie borghesi era semprericoperta da una tovaglia, su cui venivano disposti piatti e scodelle, ge-neralmente uno ogni due persone.

Per la mescita del vino venivano utilizzati boccali in ceramica e bicchie-ri di vetro. Ogni commensale aveva a disposizione, per accompagnare ilcibo alla bocca, un piccolo tagliere di legno o anche di pane, che, inzup-pato di sugo, dopo il pasto veniva buttato ai cani o dato ai poveri. Cuc-chiai e coltelli erano usati, mentre la forchetta compare solo nel XVI se-colo e diventa di uso comune dopo il 1750. Molto utilizzate erano le sto-

�Esemplari di ceramica graf-fita piemontese.

viglie in legno tornito, che rara-mente si sono conservate, data laloro deperibilità. Sulle tavole deiricchi potevano comparire le sto-viglie in peltro.

Si cucinavano zuppe e minestre,torte di verdure, carni arrosto ac-compagnate da salse, pescid'acqua dolce, formaggi e torte difrutta. Il pane consumato in cittàera quello bianco, mentre il vinopoteva essere bianco o rosso, masempre a bassa gradazione alcoo-lica. Il cuoco faceva largo uso dispezie: non solo sale e pepe, ma

anche zenzero, cannella, coriandolo, noce moscata e chiodi di garofa-no. Veniva infine data grande importanza all'estetica delle preparazionigastronomiche, cercando di abbinare gusto e colore per il piacere degliocchi e del palato.

I tipi principali di ceramica da mensa diffusi in Piemonte a partire dalXIV secolo sono l'ingobbiata monocroma e la graffita, così detta perchéla decorazione veniva graffita con uno strumento a punta sul corpo ce-ramico, poi dipinta in verde e giallo; quindi l'oggetto era sottoposto auna doppia cottura. Ancora più pregiata e quindi più rara era la maioli-ca, ricoperta da uno smalto opaco a base stannifera.

�Immagine di banchetto: mi-niatura di Cristoforo dePredis (Biblioteca Reale diTorino).