Matteo 19,3 ss...gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: E lecito...

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Matteo 19,3 ss “...gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “E lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?”. Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così”” • Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale: unità ed assoluta indissolubilità del matrimonio rato e consumato . • Scioglimento del vincolo coniugale in favore della fede. • Pastorale dei divorziati civilmente risposati. • Lavoro professionale dei magistrati ed avvocati.

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Matteo 19,3 ss “...gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “E lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?”. Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così””

• Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale: unità ed assoluta indissolubilità del matrimonio rato e consumato.

• Scioglimento del vincolo coniugale in favore della fede.

• Pastorale dei divorziati civilmente risposati.

• Lavoro professionale dei magistrati ed avvocati.

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“L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall'alleanza dei coniugi, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino.” (Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes n. 48)

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La comunità coniugale, viene dunque costituita da un atto singolare (un reciproco dono personale di natura pattizia) in un momento determinato,

…non da una semplice situazione di convenienza protratta nel tempo,

…né dalle relazioni sessuali,

…né dalle cerimonie festive integranti la celebrazione delle nozze.

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CCC 1610 La coscienza morale riguardante l'unità e l'indissolubilità del matrimonio si è sviluppata sotto la pedagogia della Legge antica.

La poligamia dei patriarchi e dei re non è ancora esplicitamente rifiutata.

Tuttavia, la Legge data a Mosè mira a proteggere la donna contro l'arbitrarietà del dominio da parte dell'uomo, sebbene anch'essa porti, secondo la Parola del Signore, le tracce della “durezza del cuore” dell'uomo, a motivo della quale Mosè ha permesso il ripudio della donna (Cf Mt 19,8; 1610 Dt 24,1).

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CCC 1611 Vedendo l'Alleanza di Dio con Israele sotto l'immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele, (Cf Os 1-3; Is 54;

Is 62; Ger 2-3; 1611 Ger 31; Ez 16; Ez 23) i profeti hanno preparato la coscienza del Popolo eletto ad una intelligenza approfondita dell'unicità e dell'indissolubilità del matrimonio (Cf Ml 2,13-17).

I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della tenerezza degli sposi.

La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici un'espressione unica dell'amore umano, in quanto è riflesso dell'amore di Dio, amore “forte come la morte” che “le grandi acque non possono spegnere” ( Ct 8,6-7 ).

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La Chiesa dei primi secoli si trovò a svilupparsi tra gli ebrei e più ancora in ambito ellenistico e in quello romano.

Si distinguono chiaramente due fasi: prima l’impegno sponsale, e poi le nozze. Ciò che contava era la volontà di essere marito e moglie (il consensus). Non era “un fatto privato” ma sociale.

I cristiani non introdussero una forma nuova di sposalizio, aggiunsero soltanto degli elementi nuovi derivanti dalla sacramentalità.

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Effesini 5, [21]Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.[22]Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; [23]il marito infatti è capo

della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. [24]E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.

[25]E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, [26]per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, [27]al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunchè di simile, ma santa e immacolata. [28]Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. [29]Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, [30]poiché siamo membra del suo corpo. [31] Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola . [32]Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! [33]Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

• I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, sono il segno del mistero di unità e di fecondo amore che intercorre fra Cristo e la Chiesa, e vi partecipano.

• La moglie vede Cristo attraverso il marito, e questi parimenti vede la Chiesa attraverso la moglie.

• Il matrimonio, cammino di santità.

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Durante i primi secoli di storia della Chiesa non esisteva una elaborazione teologica sul concetto di sacramento in generale.

Ma già agli inizi del secolo II vi sono testimonianze che manifestano come la Chiesa non considerasse il matrimonio dei cristiani come vicenda profana, ma al contrario, lo sottoponesse alla vigilanza dei capi ecclesiastici e vi intervenisse con norme ecclesiastiche.

Sant’Ignazio scrive a Policarpo: “E’ giusto poi per quelli che intendono ammogliarsi e per coloro le quali devono essere maritate, che con il parere del vescovo facciano l’unione in modo che le nozze siano secondo il Signore Gesù e non secondo passione.” (Lettera a Policarpo, 5, 2)

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Un’altra prova che il matrimonio non fosse ritenuto realtà esclusivamente profana è costituita dalla benedizione nuziale impartita dal clero ai novelli sposi durante le nozze, che è sufficientemente testimoniata negli ultimi decenni del IV secolo, ma esprime un costume ormai venerato per tradizione.

San Giovanni Crisostomo parla dei sacerdoti che sono chiamati e vi intervengono con preci e benedizioni per stringere la concordia del matrimonio ed è considerato sacrilegio se la benedizione nuziale viene profanata con una trasgressione.

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Nei primi secoli è pure affermata la santità specifica del matrimonio.

Il punto di riferimento nei Padri per arrivare a questa dottrina è il battesimo degli sposi e l’indissolubile unità del matrimonio cristiano secondo il paradigma dell’unione sponsale tra Cristo e la Chiesa.

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Nel secolo XII si assiste a un crescente sollecitudine di garantire la pubblicità dell’espressione del consenso delle parti in ordine al matrimonio.

Questo mira a impedire matrimoni clandestini e ad accertare tempestivamente che non vi fossero impedimenti, soprattutto di parentela tra i nubendi, nonché a contrastare i matrimoni all’insaputa dei genitori oppure preceduti dal rapimento della sposa.

Fu il concilio di Trento a stabilire per la validità del matrimonio la formalizzazione legale del consenso in presenza del parroco e di due o tre testimoni.

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Nei secoli XVII e XVIII il regalismo e l’illuministo argomentarono riguardo alla separabilità fra contratto e sacramento per difendere la competenza del potere civile in questioni matrimoniali fino a quel momento riservate all’autorità ecclesiastica.

In Francia, dopo la Rivoluzione (1791), introdussero la norma secondo cui la legge considerava il matrimonio unicamente come contratto civile e ne stabiliva la forma civile di celebrazione davanti al pubblico ufficiale.

La Chiesa insegnò come il contratto e il sacramento non sono due aspetti dissociabili perché Cristo ha elevato il contratto alla dignità di sacramento e perché il vincolo che unisce i coniugi è segno dell’unione nuziale tra Cristo e la Chiesa.

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E' sempre più diffuso il caso di cattolici che, per motivi ideologici e pratici, preferiscono contrarre il solo matrimonio civile, rifiutando o almeno rimandando quello religioso.

La loro situazione non può equipararsi senz'altro a quella dei semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra almeno un certo impegno a un preciso e probabilmente stabile stato di vita, anche se spesso non è estranea a questo passo la prospettiva di un eventuale divorzio.

Ricercando il pubblico riconoscimento del vincolo da parte dello Stato, tali coppie mostrano di essere disposte ad assumersene, con i vantaggi, anche gli obblighi.

Ciò nonostante, neppure questa situazione è accettabile da parte della Chiesa.

L'azione pastorale tenderà a far comprendere la necessità della coerenza tra la scelta di vita e la fede che si professa, e cercherà di far quanto è possibile per indurre tali persone a regolare la propria situazione alla luce dei principi cristiani.

Pur trattandole con grande carità, e interessandole alla vita delle rispettive comunità, i pastori della Chiesa non potranno purtroppo ammetterle ai sacramenti. (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio n. 82)

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In alcuni territori motivi di carattere più sociale che non autenticamente religioso spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa.

La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che riguarda solo chi si sposa.

Esso è per sua stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli sposi davanti alla società.

E da sempre la sua celebrazione è stata una festa, che unisce famiglie ed amici.

Va da sé, dunque, che motivi sociali entrino, assieme a quelli personali, nella richiesta di sposarsi in chiesa.

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Tuttavia, non si deve dimenticare che questi fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti nell'Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la loro retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa intende fare quando celebra il matrimonio.

E, dunque, il solo fatto che in questa richiesta entrino anche motivi di carattere sociale non giustifica un eventuale rifiuto da parte dei pastori.

Del resto, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, i sacramenti con le parole e gli elementi rituali nutrono ed irrobustiscono la fede (cfr. “Sacrosantum Concilium”, 59): quella fede verso cui i fidanzati già sono incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la grazia di Cristo non manca certo di favorire e di sostenere.

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Voler stabilire ulteriori criteri di ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi rischi.

Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati, con grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la tradizione ecclesiale.

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Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati, il pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione.

Anche se a malincuore, egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far comprendere agli interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono essi stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano.

Ancora una volta appare in tutta la sua urgenza la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non solo validamente ma anche fruttuosamente.

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Con l’elevazione a sacramento il matrimonio è perfezionato:

• conferisce al vincolo coniugale una solidità tale che esso non possa essere mai sciolto, una volta consumato, per alcun motivo e da alcuna autorità, fino alla morte di uno dei coniugi.

• i genitori cristiani sono destinati a dare prole alla Chiesa, a procreare concittadini dei santi e familiari di Dio

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Unioni senza alcun vincolo istituzionale pubblicamente riconosciuto, né civile né religioso.

a) Alcuni, infatti, vi si considerano quasi costretti da

situazioni difficili - economiche, culturali e religiose - in quanto, contraendo regolare matrimonio, verrebbero esposti ad un danno, alla perdita di vantaggi economici, a discriminazioni, ecc.

b) In altri, invece, si riscontra un atteggiamento di disprezzo, di contestazione o di rigetto della società, dell'istituto familiare, dell'ordinamento socio-politico, o di sola ricerca del piacere.

c) Altri, infine, vi sono spinti dall'estrema ignoranza e povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a situazioni di vera ingiustizia, o anche da una certa immaturità psicologica, che li rende incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e definitivo.

d) In alcuni Paesi le consuetudini tradizionali prevedono il matrimonio vero e proprio solo dopo un periodo di coabitazione e dopo la nascita del primo figlio.

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Ognuno di questi elementi pone alla Chiesa ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne derivano,sia religiose e morali (perdita del senso religioso del matrimonio, visto alla luce dell'Alleanza di Dio con il suo popolo: privazione della grazia del sacramento; grave scandalo), sia anche sociali (distruzione del concetto di famiglia; indebolimento del senso di fedeltà anche verso la società; possibili traumi psicologici nei figli; affermazione dell'egoismo).

Soprattutto, però, sia fatta opera di prevenzione, •coltivando il senso della fedeltà in tutta l'educazione morale e religiosa dei giovani, •istruendoli circa le condizioni e le strutture che favoriscono tale fedeltà, senza la quale non si dà vera libertà, •aiutandoli a maturare spiritualmente, facendo loro comprendere la ricca realtà umana e soprannaturale del matrimonio-sacramento.

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Il Popolo di Dio si adoperi anche presso le pubbliche autorità affinché resistendo a queste tendenze disgregatrici della stessa società e dannose per la dignità, sicurezza e benessere dei singoli cittadini, si adoperino perché l'opinione pubblica non sia indotta a sottovalutare l'importanza istituzionale del matrimonio e della famiglia.

E poiché in molte regioni, per l'estrema povertà derivante da strutture socioeconomiche ingiuste o inadeguate, i giovani non sono in condizione di sposarsi come si conviene, la società e le pubbliche autorità favoriscono il matrimonio legittimo mediante una serie di interventi sociali e politici, garantendo il salario familiare, emanando disposizioni per un'abitazione adatta alla vita familiare, creando adeguate possibilità di lavoro e di vita.

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C'è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido.

Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.

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Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita.

Siano esortati

•ad ascoltare la Parola di Dio,

•a frequentare il sacrificio della Messa,

•a perseverare nella preghiera,

•a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia,

•a educare i figli nella fede cristiana,

•a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio.

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La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati.

Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia.

C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio.

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La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio.

Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, “assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”

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Come risponderesti a…

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“La legge sul divorzio è stata una conquista sociale

perché lo Stato, riconoscendo che in alcuni casi -di fatto- non

esiste più la comunità famigliare, ha protetto il coniuge innocente. Le ha dato la possibilità di rifarsi

una nuova vita famigliare”

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“Con la legge che lo permette non si

obbliga a divorziare chi non

desidera farlo”

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“La mancanza di maturità che oggi si osserva in

molti giovani rende impossibile il dono

permanente che richiede il matrimonio cristiano”