Materiali e soluzioni innovative per il packaging...

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© PST Galileo - Settembre 2012 Materiali e soluzioni innovative per il packaging alimentare Priorità nella gestione dei rifiuti Film bio termoformati Bio-Espansi Biodegradabili La prassi del confezionamento risponde alle attuali esigenze dei consumatori che richiedono una maggiore possibilità di scelta, prodotti convenienti e diversi sistemi e condizioni di distribuzione e produzione. Garantendo la qualità del prodotto, l’imballaggio consente il trasporto e la distribuzione locale, regionale e globale del prodotto stesso, rendendo in tal modo disponibili importanti risorse alimentari ad una parte consistente della popolazione mondiale. Grazie all’imballaggio è inoltre possibile consumare per tutto l’arco dell’anno la maggior parte dei tipi di frutta e di ortaggi, locali e di importazione. Sempre grazie agli imballaggi, è possibile fare un uso maggiore di cibi pronti, cibi in scatola e surgelati, in una diversa e vasta varietà di formati, per risparmiare tempo sia sulla cottura che sulla loro preparazione. L’imballaggio, come qualsiasi altro prodotto, al termine del suo utilizzo si trasforma in un rifiuto e come tale deve essere trattato e gestito. La soluzione che garantisce la maggiore eco- sostenibilità è definita con il termine di minimizzazione e necessita dell’introduzione del concetto di eco-progettazione. Si tratta di una progettazione di prodotto che estende le proprie competenze non soltanto alla fruibilità e funzioni del prodotto nella sua fase di utilizzo bensì al suo intero ciclo di vita. Un monitoraggio continuo di materiali e tecnologie innovative consente di esplicare tre importanti funzioni che l’imballaggio deve assicurare: protezione e conservazione del contenuto, comunicazione al consumatore. In questa ottica, i biopolimeri, cioè i polimeri derivanti da risorse rinnovabili, riciclabili e biodegradabili, rappresentano una categoria di materiali di particolare interesse per il packaging. I biopolimeri derivano generalmente da mais, canna da zucchero, amido di patata o olio di ricino; si differenziano dagli altri polimeri sia per caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità sia per prestazioni meccaniche. Per biodegradazione si intende il processo che consente a determinati microbi di digerire intere strutture molecolari presenti nei materiali polimerici. Le plastiche effettivamente biodegradabili sono quelle in grado di essere completamente digerite dalle colonie microbiche con relativo rilascio di biogas e biomassa. Polimeri biodegradabili vengono generalmente impiegati per la realizzazione di film flessibili estrusi in impianti di blow-moulding e, per termoformatura, di vaschette di vario tipo principalmente per il settore del packaging alimentare, ad esempio per i fast food, dove volumi elevati e relative problematiche di smaltimento trovano nei biopolimeri biodegradabili e compostabili una risposta significativa in termini di salvaguardia ambientale. Bolzano - 14 Settembre 2012 Relatore Dott. Fabio Meneghetti, MaTech – PST Galileo

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© PST Galileo - Settembre 2012

Materiali e soluzioni innovativeper il packaging alimentare

Priorità nella gestione dei rifiuti

Film bio termoformati Bio-Espansi Biodegradabili

La prassi del confezionamento risponde alle attuali esigenze dei consumatori che richiedono una maggiore possibilità di scelta, prodotti convenienti e diversi sistemi e condizioni di distribuzione e produzione.

Garantendo la qualità del prodotto, l’imballaggio consente il trasporto e la distribuzione locale, regionale e globale del prodotto stesso, rendendo in tal modo disponibili importanti risorse alimentari ad una parte consistente della popolazione mondiale.

Grazie all’imballaggio è inoltre possibile consumare per tutto l’arco dell’anno la maggior parte dei tipi di frutta e di ortaggi, locali e di importazione.

Sempre grazie agli imballaggi, è possibile fare un uso maggiore di cibi pronti, cibi in scatola e surgelati, in una diversa e vasta varietà di formati, per risparmiare tempo sia sulla cottura che sulla loro preparazione. L’imballaggio, come qualsiasi altro prodotto, al termine del suo utilizzo si trasforma in un rifiuto e come tale deve essere trattato e gestito.

La soluzione che garantisce la maggiore eco-sostenibilità è definita con il termine di minimizzazione e necessita dell’introduzione del concetto di eco-progettazione. Si tratta di una progettazione di prodotto che estende le proprie competenze non soltanto alla fruibilità e funzioni del prodotto nella sua fase di utilizzo bensì al suo intero ciclo di vita.

Un monitoraggio continuo di materiali e tecnologie innovative consente di esplicare tre importanti funzioni che l’imballaggio deve assicurare: protezione e conservazione del contenuto, comunicazione al consumatore. In questa ottica, i biopolimeri, cioè i polimeri derivanti da risorse rinnovabili, riciclabili e biodegradabili, rappresentano una categoria di materiali di particolare interesse per il packaging.

I biopolimeri derivano generalmente da mais, canna da zucchero, amido di patata o olio di ricino; si differenziano dagli altri polimeri sia per caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità sia per prestazioni meccaniche. Per biodegradazione si intende il processo che consente a determinati microbi di digerire intere strutture molecolari presenti nei materiali polimerici.

Le plastiche effettivamente biodegradabili sono quelle in grado di essere completamente digerite dalle colonie microbiche con relativo rilascio di biogas e biomassa.

Polimeri biodegradabili vengono generalmente impiegati per la realizzazione di film flessibili estrusi in impianti di blow-moulding e, per termoformatura, di vaschette di vario tipo principalmente per il settore del packaging alimentare, ad esempio per i fast food, dove volumi elevati e relative problematiche di smaltimento trovano nei biopolimeri biodegradabili e compostabili una risposta significativa in termini di salvaguardia ambientale.

Bolzano - 14 Settembre 2012Relatore Dott. Fabio Meneghetti, MaTech – PST Galileo

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Espanso da amido e cellulosa Packaging derivante dai miceli dei funghi

Di generazione successiva è invece il PHA, un poliestere lineare termoplastico sintetizzato da batteri non patogeni, a partire da zuccheri o lipidi, con proprietà meccaniche molto simili a quelle del polipropilene; di grande interesse risulta la possibilità di produrlo con proprietà elastomeriche.

È un polimero che risulta biodegradabile ed è certificato idoneo per contatto alimentare secondo normativa statunitense FDA. Grazie alla sua biocompatibilità trova inoltre interessanti spazi anche nel settore medicale. Nella forma elastomerica si presenta come l’ideale sostituto del TPU o del PVC plastificato. Di recentissimo sviluppo è invece il biopolimero denominato PHBH, prodotto per sintesi batterica, che si presta a trovare ampio spazio di utilizzo nel settore agricolo, dell’automotive ma soprattutto nel settore del packaging alimentare.

Anche per quanto riguarda i prodotti espansi si può parlare di ecocompatibilità e addirittura di biodegradabilità: dalle prime schiume poliuretaniche parzialmente derivate da soia, impiegate inizialmente nel settore auto, si è arrivati oggi a espansi al 100% di derivazione naturale, soprattutto PLA ma anche amido e cellulosa; con questi materiali si ottengono prodotti dall’aspetto del tutto simile al polistirene espanso, con caratteristiche meccaniche molto simili. Queste schiume trovano applicazione nel settore dell’imballaggio, dell’edilizia o dei trasporti.

Rispetto alle bioplastiche tradizionali espanse merita attenzione il packaging derivante da scarti di agricoltura e funghi “espansi”. Questo materiale è prodotto a partire da scarti di cereali assieme ai miceli (mycelium) dei funghi, ovvero le radici del fungo stesso, costituite da numerosi filamenti bianchi che ramificano in ogni direzione.

Quest’ultime, poste in determinate condizioni ambientali (al chiuso, al buio, senza acqua e senza aggiunta di sostanze chimiche sintetiche), crescono assimilando gli scarti agricoli, agendo come un collante, legandoli assieme per formare un insieme strutturale e compatto.

La tecnologia che porta alla realizzazione di questo materiale naturale non fa uso, rispetto alle bioplastiche tradizionali, dei frutti di coltivazioni ma sfrutta gli scarti derivanti dall’agricoltura (per es. pula del riso) e dall’industria (per es. dalla lavorazione del cotone); Attualmente trova applicazione come packaging per oggetti di elettronica o per prodotti alimentari (bottiglie di vino ecc.).

Per l’applicazione di grafiche, scritte e loghi sul packaging di tipo plastico, si possono utilizzare i nuovi inchiostri ‘bio’ che permettono al prodotto completo di ottenere la certificazione di compostabilità.

L’ecoprogettazione e l’attenzione rivolta alla scelta oculata dei materiali in un’ottica di rispetto ambientale non rappresentano gli unici obiettivi per le aziende del packaging: questo settore sta infatti investendo molto per un continuo miglioramento delle prestazioni del proprio prodotto, legate alla facilità d’uso, a nuove funzionalità e, in ambito alimentare, a una migliore conservazione del prodotto.

La shelf-life è senz’altro un aspetto fondamentale nel settore alimentare e il suo incremento è sicuramente un obiettivo ambizioso e gradito. E’ noto che il deterioramento dell’alimento viene accelerato dalla presenza di gas come l’ossigeno e l’etilene, provenienti dall’alimento stesso e, nel caso dell’ossigeno, anche dall’ambiente esterno all’imballo.

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Inchiostri Compostabili Plastica deformabile a freddo

Le nanotecnologie permettono oggi di realizzare film con nanocariche non solo di argilla, già esistenti da qualche anno sul mercato, ma anche di ioni ferro che, reagendo con l’ossigeno, ne riducono drasticamente e per lunghi tempi la concentrazione e rendono il packaging attivo.

Inoltre, possono essere inseriti all’interno del packaging fogli al 100% naturali, a base mais o bambù, per assorbire l’etilene prodotto dagli ortaggi o dalla frutta, aumentando la durata degli alimenti senza perdere, anche a seguito dell’assorbimento, la caratteristica di compostabilità.

Un altro ambito in cui lo sviluppo tecnologico può dare il proprio contributo significativo è quello legato alla durata del packaging in funzione della resistenza agli UV.

Fino a ieri questa proprietà era garantita dall’inserimento nel film di assorbitori di tipo organico che però presentano durata limitata, non risultano idonei al contatto alimentare e, col passare del tempo, fanno perdere trasparenza al film.

Oggi si può ricorrere all’impiego di assorbitori inorganici che reagiscono con i raggi UV e li bloccano; essi mantengono una elevata trasparenza del film e non ingialliscono nel tempo.

Test hanno confermato la non migrazione delle sostanze nella superficie, rendendo gli assorbitori inorganici idonei al contatto alimentare; sono applicati nel settore del packaging alimentare e nella protezione di pigmenti per il settore della cosmetica.

Merita una breve descrizione un nuovo materiale plastico che ha trovato applicazioni ‘utili’ nel settore del packaging, grazie ad un particolare comportamento, del tutto anomalo per un polimero.

Si tratta di un polietilene speciale che, disponibile in forma di strisce, piattine e fogli, ha la capacità di piegarsi a freddo e di rimanere nella posizione impressa, garantendo elevata resistenza a sforzo ciclico. Fino ad oggi questa proprietà era garantita solo da materiali metallici come l’alluminio o l’acciaio (il classico filo di ferro).

In alcune applicazioni questo tipo di materiale conferisce un vantaggio d’uso (il sacchetto che rimane aperto), in altre permette di alleggerire il prodotto, sostituendo i metalli sopracitati, in altri casi consente di ottenere un vantaggio ecologico, in quanto, in mancanza della parte metallica, lo smaltimento del prodotto è più semplice, oppure offre un maggior grado di sicurezza a determinati prodotti (ad esempio nei giocattoli piegabili).