Massimo Recalcati - L'Ultima Cena. Anoressia e Bulimia - ebook

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Massimo Recalcati L'ultima cena: anoressia e bulimia Presentazione di Fabiola De Clercq Bruno Mondadori

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  • Massimo Recalcati

    L'ultima cena: anoressia e bulimia Presentazione di Fabiola De Clercq

    Bruno Mondadori

  • Questo libro affronta una delle forme pi attuali e in-quietanti del disagio drlla modernit: l'anoressia-buli-mia. Massimo Recalcati, mettendo a frutto la propria esperienza clinica, ne tratteggia i principi che la gover-nano: la passione per il niente, l'appetito di morte, la spinta melanconica alla Cosa, la domanda d'amore, la contemplazione estetica dell 'immagine allo specchio, l'imperativo morale della rinuncia, il rifiuto e l'offesa della tavola dell'Altro. Ne emerge, attraverso la media-zione essenziale dell'insegnamento di Freud e Lacan, una teoria psicoanalitica dell 'anoressia-bulin1ia ricca di suggestioni.

    Massimo Recalcati lavora a Milano come psicoanalista. membro della Scuola Europea di Psicoanalisi e docente della Sezione Clinica di Milano del Campo Freudiano. Collabora con la cattedra di Teorie e tecruche delle dina-miche di gruj>po della facolt di Psicologia dell'Universit di Padova. E direttore scientifico dell'ABA (Associazione per lo studio e la ricerca sulla bulimia e anoressia). Tra le sue pubblicazioni: L'universale e il singolare (Marcos y Marcos, Milano 1995) ,Introduzione alla psicoanalisi con-temporanea (Bnmo Mondadori, Milano 1996).

    ISBN 88-424-9428-3

    Lire 20.000

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  • Testi e pretesti

  • Massimo Recalcati

    L'ultima cena: anoressia e bulimia

    Presentazione di Fabiola De Clercq

    tJ:l Bruno Mondadori

  • Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Milano, 1997

    L'editore potr concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste vanno inoltrate a: Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell'ingegno (AIDRO), via delle Erbe 2, 20121 Milano, tel./fax 02/809506.

    Progetto grafico: Massa & Marti, Milano

    La scheda bibliografica riportata nell'ultima pagina del libro.

    In copertina: Georg Flegel, Natura morta con pesce e cervo volante, 1635

  • Indice

    11 Presentazione

    Introduzione 19 l. Ancora ...

    21 2. L 'ultimo Convivio

    25 3. n discorso anoressico-bulimico

    l. n pieno e il vuoto 29 1.1 n vuoto e la sostanza 31 1.2 n corpo come luogo dell'Altro 35 1.3 La pulsione orale: mangiare il vuoto 42 1.4 n vuoto della brocca 44 1.5 Bisogno e domanda

    48 1.6 Domanda e desiderio

    51 1.7 n sogno della bella macellaia 57 1.8 Circuito de] godimento e circuito

    del desiderio

    67 1.9 n desiderio della larva 69 1.10 Lacan e l'anoressia: un'aporia feconda

    75 1.11 Un desiderio debole

    80 1.12 La madre-coccodrillo

    86 1.13 Un'identificazione adesiva

    91 1.14 Metafora paterna debole

    2. Via estetica e via morale nell'anoressia-bulimia

    95 2.1 Le due vie

  • --ia ISterica =a primaria dell'anoressia ere del significante

    124 2.13 La funzione dello specchio 131 2.14 Il potere dell'immagine

    137 2.15 n godimento dell'immagine 141 2.16 n corpo-magro come feticcio 145 2.17 Anoressia-bulimia e adolescenza 150 2.18 L'alpinista di Binswanger 153 2.19 Perch le donne? 159 2.20 Ravage 161 2.21 L'Ultima cena 168 2.22 Il sistema del super-io

    anoressico-bulimico

    173 2.23 Malattie della volont 179 2.24 La "spinta alla Cosa"

    3. L' olofrase anoressico-bulimica 190 3.1 Un mistero in piena luce

    193 3.2 Fenomeno e struttura

    194 3.3 Anorexie hystrique o anorexia nervosa?

    197 3.4 Nevrosi o psicosi?

    201 3.5 La clinica freudiana: distinzione strutturale di nevrosi e psicosi

    204 3.6 Il concetto di borderline: una terza struttura soggettiva?

  • Indice

    210 3.7 Una clinica a metafora debole 216 3.8 L' olofrase anoressico-bulimica 221 3.9 Logiche del trattamento 231 3.10 Diventare segno 236 3.11 Il corpo che muore 240 3.12 Una clinica del preliminare 247 3.13 La rettifica soggettiva 248 3.14 Certezza e verit 253 3.15 L'anima bella 257 3.16 Inconscio e interpretazione 265 3.17 L'opacit della lettera 269 3.18 Condizione dell'interpretazione:

    l'enigma al posto dell 'evidenza 270 3.19 Ostacolo all 'interpretazione:

    l'evidenza al posto dell'enigma 274 3.20 Un eccesso eli evidenza 276 3.21 Il furto dell'evidenza 280 3.22 La borsa e la vita

    4. n ritorno dello spettro 287 4.1 La carne impassibile 293 4.2 Sindrome culturale? 298 4.3 Patologie della modernit 301 4.4 Il rifiuto e l'offesa 305 4.5 "L'appetito tenuto a /reno" 309 4.6 Anoressia-bulimia

    e il discorso del capitalista 313 4.7 "Il ritorno dello Spettro" 322 4.8 L'avere e/o l'essere 324 4.9 La ricerca del fallo

    331 Bibliografia 341 Indice dei nomi

  • Presentazione

    Qualche mese fa mi sono immersa nell 'acqua calda al termine di una giornata come un'altra. Il tepore del-l'acqua, il soffitto bianco, il colore neutro delle pare-ti. Un benessere infinito mi ha avvolta. Mi sembrava di guardare per la prima volta sopra di me un paralu-me. Una palla in carta giapponese, in carta di riso e bacchette di legno rudimentali. Il risultato perfetto. essenziale questo pallone di carta. enorme e leg-gero, gonfio di aria, sospeso.

    Forse per ricevere dentro di s un'immagine sem-plice e forte si deve essere stati scavati dal dolore.

    Qualcosa ha torturato la vita di chi sceglie la via dell 'anoressia e della bulimia. Deve essere stato un dolore che non ha pi lasciato tregua. Si provato di tutto per dirlo con parole che non si sono trovate o che, trovatele, non hanno avuto ascolto.

    Il progetto anoressico-bulimico il frutto di un male di vivere intenso, di un vuoto profondo e di un costante desiderio di riempirlo . Questo male di vive-re dunque un male del vuoto, come questo libro di Massimo Recalcati ci dice.

    A questo male allora preferibile la scelta anoressi-co-bulimica. Le emozioni sono blindate, l'alternativa una caduta verticale che non ha fine.

    Vi quindi un tornaconto in questi sintomi. Si potrebbe dire, paradossalmente, che l'anoressia e la bulimia sono in qualche modo una soluzione, una

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  • .::ura. T una l'arrenzione e la tensione sono incanalate verso il pensiero ossessivo del cibo-corpo-peso. La mente piena di questo pensiero e di questa sostan-za, ogni suo spazio intriso di cibo, ogni spazio occupato dal calcolo infinito di calorie, erri, grammi, centimetri.

    La scommessa con la sostanza-cibo il propulsore della propria esistenza. Resistergli come cedergli, non mangiare o mangiare per riprendere a resistere la sola condizione che permette di vivere. Non vi pi vuoto, se non nel proprio corpo. Se non si ceduto al bisogno del cibo, se si pu controllare questo bisogno, non si ha bisogno di niente. Se il proprio corpo resta vuoto si pu avere per qualche ora l'illusione di un'au-tonomia dall'altro, si pu raggiungere una separatezza, si pu credere di essere immortali, forti, speciali.

    Sottrarre per sottrarsi all'altro, all 'appetito e allo sguardo divorante dell 'altro, diventa la premessa sulla quale si fonda questa nuova modalit di esistere. Si trovata finalmente una identit.

    Tre grissini dopodomani sono legittimi, il pezzetti-no del quarto grissino, lasciato nel piatto accanto, ribalta la logica, abbatte lo schema. Si infranto il giuramento sacro con se stessi. Si sprofonda senza argini nell'oscenit dell'abbandono. Ora si deve man-giare tutto. La magrezza il segno della propria capa-cit di resistere, una capacit da ostentare che diven-ta l'unica condizione per essere accettati, per essere degni, riconosciuti e adeguati.

    La magrezza l'unica chance, l'unica possibilit di rendersi visibili all 'altro, visibili e allo stesso tempo irraggiungibili. Ci si rende invisibili per essere visibili.

    Il progetto anoressico non un enigma. un para-dosso. Questo progetto si fonda sulla capacit di con-

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  • Presentazione

    trollarsi, si confonde con l'illusione di controllare tutto e tutti. Ma niente scontato. In ogni attimo il giuramento sacro di non perdere di vista l'obiettivo del corpo-magro deve essere rinnovato. Non ci si pu fermare , non permesso sedersi, coricarsi, stare. n rischio quello di perdere il controllo di tutto, la conseguenza quella di lievitare a vista d 'occhio, all 'infinito, per sempre.

    Mangiare tre grissini e mezzo tra due giorni alle dodici e trenta, da sola, legittimo. Mangiarli alle dodici e quarantacinque capovolge invece l'ordine di un giustiziere interno che non perdoner. Il penti-mento non sar sufficiente per lavare il peccato, la trasgressione . Si dovr espiare pi intensamente ancora mettendo in atto un ' ulteriore riduzione di quello che ci si era concesso. Un digiuno pi marca-to, chilometri in pi da percorrere in aggiunta a quel-li gi stabiliti. Si dovr consumare, bruciare, cancella-re il segno di un cedimento imperdonabile.

    questo il cedimento che la persona bulimica non si perdona e che crede di poter cancellare aggiungen-do un'altra crisi bulimica alla precedente, sospesa nell 'illusione di poter vomitare una trasgressione con un'altra trasgressione.

    n passaggio all 'atto continuo degli episodi bulimici segue in qualche modo la logica del chiodo schiaccia chiodo. La speranza quella di riuscire a infilare la via rigida dell'anoressia. O tutto o niente. Sembra non ci sia uno spazio per interrogarsi sul senso di questo comportamento, sul senso di questa sofferenza.

    Nel frattempo ci si pesa con gli occhi, con le mani. Ci si pesa indossando indumenti che misurano i volu-mi del corpo. Il soggetto anoressico-bulimico si osserva , si confronta agli altri , conta le sue ossa,

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  • Presentazione

    misura lo spessore della sua carne con ogni mezzo. sempre consapevole, in tempo reale, di ogni cambia-mento ponderale anche senza l'uso della bilancia, uti-lizzando solo il controllo tattile. Si pesa con le mani. L'uso della bilancia, del numero impresso che questa restituisce, serve per identificarsi allo stesso numero: sono trenta chili e quattrocento.

    Nel cuore di ogni persona bulimica pulsa l'ideale anoressico. La persona bulimica cerca, senza mai tro-varla, la sua pace nell'illusione anoressica. Il corpo diventa il luogo, il continente dove si combatte una guerra, una lotta silenziosa e infinita con l'altro.

    L'anoressia una soluzione, una risposta alla paura. Una risposta alla rabbia, alla rabbia che non si pu dire. L'esilio anoressico in cima alla vetta pi alta del mondo permette di sottrarsi ai desideri propri e dell'altro, allo sguardo divorante di un altro che non riconosce il soggetto, che non legittima una separa-tezza, mentre da sempre alimenta e nutre una fusione e una confusione mortifera.

    L'anoressia una ricerca estenuante di una invisibi-lit che possa rendere visibile almeno il corpo. un tentativo disperato e disperante di scavarsi un posto nell'altro senza essere l'altro. Scavarsi un posto sot-traendosi a un'abbondanza divorante e minacciosa, cer-cando come un faro di segnalare il proprio desiderio.

    L'ultima cena un libro importante. Lo gi per me e spero possa diventarlo per molti altri, per alme-no due ragioni

    La prima che l'anoressia-bulimia viene descritta non come una patologia dell'alimentazione ma come una "scelta" del soggetto. Una scelta, per quanto ter-ribile siano i suoi effetti, per rendere possibile una separazione dall'altro. esattamente per questa

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  • Presentazione

    ragione che ho definito in Tutto il pane del mondo l'anoressia come l'Antimadre. Una scelta per la sepa-razione da un altro materno che non lascia essere, che divora tutto e rispetto al quale il padre non ha esercitato il suo ruolo che , appunto, quello di limi-tare, di contenere l'impeto bulimico della madre.

    La seconda ragione che invece della tecnica, per me pericolosa, del maternage nella cura, come tenta-tivo di dare alla persona anoressico-bulimica quello che essa non ha avuto nell 'infanzia, l'autore propone una direzione della cura centrata sul lavoro del sog-getto. Chi ha avuto contatti con queste pazienti sa quanto questo sia difficile da realizzare proprio per-ch l'anoressia non la vera malattia del soggetto ma il suo progetto di cura. Una specie di cura autoindot-ta. Lasciare l'anoressia non facile. Significa abban-donare un sistema intero di regole, di abitudini, di pensieri, di azioni che ha avuto per chi ne soffre la funzione di una zattera di salvataggio. difficile allo-ra paterne fare a meno.

    Solitamente, i testi cosiddetti "lacaniani" sono dif-ficili da leggere. Anzi, soprattutto in Italia, essi sono per definizione testi quasi esoterici, destinati a pochi. L'ultima cena invece un testo scritto con rigore scientifico, denso, ma chiaro.

    Massimo Recalcati sa riportare con lucidit l'effica-cia dell'insegnamento di Lacan, introducendovi per il proprio punto di vista in modo sempre originale. Di qui, per esempio, l'idea di una melanconia di fondo della persona anoressico-bulimica che d luogo a quella "spinta alla Cosa" , "pousse--la Chose", che , come scrive, il vero marchio della sua passione.

    Fabiola De Clercq

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  • Ad Anastasia, viva

    Essa aveva ragione, naturalmente: togliete la malattia al malato, e non vi sar dolore; date da mangiare all'affa-mato e non vi sar dolore. Ma l'uomo, nella malattia, che cos'? E che cos' nella fame? Non , l'uomo nella fame, pi uomo? Non pi genere umano?

    Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia

  • Introduzione

    L'amore domanda l'amore. Non cessa di domandarlo. Lo domanda ... ancora. Ancora il nome proprio della faglia da cui nell'Altro parte la domanda d'amore.

    J. Lacan, Il Seminario XX, Ancora

    l. Ancora ...

    Ancora, ancora, ancora ... la domanda che risuona senza parole e in una forma disperata nell'attacco bulimico.

    Il "cattivo infinito" della domanda bulimica- non c' mai Altro sufficiente a poterla colmare- mostra, nel suo punto pi estremo, l'intersezione con la domanda d'amore in quanto tale. Perch l"'intransi-tivit" di questa domanda- per usare un'espressione di La c an - consiste proprio nell'eccedenza che la anima rispetto al soddisfacimento possibile offerto dalla consumazione dell'oggetto. L'amore, infatti, non una merce tra le altre. Non si pu consumare. ci che sa bene l'anoressica che scegliendo di man-giare il niente rifiuta il mondo dell'avere e reclama il suo diritto a essere, il suo diritto all'amore.

    La domanda d'amore senza fondo. questa una delle verit che la bulimica incarna. Per questo proprio lo scacco che essa incontra - non si pu tro-

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  • L'ultima cena

    va re la soddisfazione della domanda d'amore nella pura consumazione dell'oggetto, n nella sua facile reperibilit garantita dal discorso sociale - a rivelare il senso della protesta dell'anoressica: nessun oggetto vale l'amore, nessun oggetto pu trattenere ci che non nell 'ordine dell 'avere , nessun oggetto pu riempire il vuoto d'essere del soggetto, nessun ogget-to mai abbastanza. questa la funzione del niente nell'anoressia: niente vale se non segno dell'amore. Di questa verit svolge la prova - come si dice in matematica - la bulimica che in ogni crisi esibisce la vanit e l 'inconsistenza di fondo della sostanza . Niente, infatti, nemmeno l'oggetto-cibo pu suturare la mancanza che abita il soggetto. Nondimeno, per, !'"ancora" della bulimica indica la presenza nell'og-getto-cibo di qualcosa di reale che non mai del tutto simbolizzabile. Indica il resto puramente pul-sionale dell 'oggetto orale. Indica la cifra - interna, anche se irriducibile, all 'oggetto del nutrimento- del godimento della pulsione orale. Godimento legato non alla realt della sostanza - perch la pulsione, come sottolinea Lacan, non si chiude sull'oggetto-ma a quella del vuoto. Perch la pulsione orale non si risolve nell'assorbimento dell'oggetto ma costeg-gia, circonda il vuoto lasciato dalla perdita - inscritta da sempre nel soggetto in quanto promossa dall 'a-zione alienante del linguaggio- dell'oggetto. Perch quando la bulimica mangia, non mangia cibo ma mangia ci che non si pu mangiare, mangia ci di cui il cibo fa da simulacro. Mangia la Cosa. L'ogget-to da sempre perduto del primo soddisfacimento. Mangia il vuoto. Un vuoto non commestibile e che proprio per questo causa la pulsione orale come spinta a una divorazione infinita.

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  • Introduzione

    esattamente questa struttura pura della pulsione come rotazione intorno al vuoto che la bulimia mette in evidenza. Ancora, ancora, ancora ... "Quando man-gio cerco di mangiare una cosa buona, una cosa buo-nissima. Cerco sempre questa cosa buona, buonissima, senza trovar! a mai", mi diceva Anita. Perch in effetti la Cosa buonissima perduta da sempre. la Cosa di cui parlano Freud e Lacan. la Cosa che patisce del significante. la Cosa di cui solo un resto non simbo-lizzato persiste a orientare il cammino del soggetto alla sua ricerca. Cos, Anita cercava la Cosa nella sostanza, nell'oggetto-cibo . .. Ma ogni volta al suo posto incon-trava la delusione del non-incontro. Eppure il reale non simbolizzabile dell'oggetto-cibo fa esistere, in un certo senso, infinitamente la chimera dell'incontro con la Cosa. Funziona da causa per il desiderio. "Mangio allo stesso modo con il quale leggo i libri. Li divoro. Voglio arrivare subito in fondo per sentire che cosa c', per vedere che cosa c' in fondo, alla fine". Anco-ra, dunque. Pagina dopo pagina. Sempre pi frenetica-mente. Mangiando il tempo. Sempre pi voracemente. Divorando tutto. Ancora , ancora, ancora fino in fondo, fino all 'infimo, all'immondo, al putridume, ancora, ancora fino allo scandalo - magico e osceno -della comparsa, provocata, del vomito, del disgusto estremo. Fino al punto dove questa ricerca senza respi-ro d'avere incontra l'inconsistenza dell'essere; il vuoto, ancora, ancora il vuoto, invece del pieno.

    2. L'ultimo Convivio

    La scena dell 'Ultima cena si presta a dare la giusta cornice al dramma anoressico-bulimico. Come nel

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  • L'ultima cena

    testo evangelico che racconta l'ultima volta di Ges Cristo tra gli uomini, anche per l' anoressica-bulimi-ca, sul luogo del Convivio discende l'ombra del tra-dimento, della delazione e della catastrofe imminen-ti, l'ombra della rottura del patto, della menzogna, l'ombra del sacrificio finale , l'ombra della morte. L'Ultima cena un dramma dove il consumo convi-viale del cibo sospeso al compiersi di un destino fatale. Dopo scender la notte tetra dei Getsemani e la fatica atroce del Calvario e della Crocifissione. Dopo scender la notte fredda della solitudine. Il patto con l'Altro rotto . il lamento costante dell'a-noressia-bulimia: l'Altro tradisce, abbandona, l'Al-tro del non-amore. La notte anoressico-bulimica la notte di una solitudine infinita. Nondimeno, lo spiri-tualismo dell'anoressica resta uno spiritualismo di maniera, esteticizzante, senza rapporto con l'univer-sale del discorso. Resta uno spiritualismo vincolato all ' estetica dell'immagine , al culto mondano e moderno del corpo-magro. Esso non apre al salto mistico al di l del conosciuto o al rischio incalcola-bile di uno strappo dal mondo, quanto piuttosto all'esigenza di un dominio, di un controllo integrale, senza resti, dell 'Ideale sulla pulsione. L'esigenza di un "sistema perfetto", diceva Manuela, "che permet-te di non perdere niente".

    Nondimeno, il corpo dell 'Altro - transustanziato simbolicamente nel pane offerto al Convivio evange-lico dell 'addio- tradisce sempre un resto reale che la prestidigitazione anoressica vorrebbe invece cancel-lare. Un resto reale che indica in fondo il fallimento stesso della transustanziazione. Non tutto infatti simbolizzabile. ci che spingeva Freud e Lacan a mettere l' accento sulla domanda silenziosa, muta ,

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  • fntrvxfu::.ione

    contenuta nella pulsione. n reale della pulsione orale non del tutto sublimato nell 'ostia sacra. Per questo, esattamente per questo, la bulimia oscena. Perch mostra - al di l del rito del Convivio simbolico - il resto reale del godimento che l'azione sublimatoria della Cucina e della commensalit non riescono mai del tutto a inscrivere nel campo del linguaggio. Per-ch la pulsione punta a soddisfarsi. Punta a mangiare non il cibo ma il vuoto come cavit, come residuo -impossibile da mangiare- della Cosa.

    L'Ultima cena la scena che ispira la tensione ano-ressica verso l'identificazione idealizzante all 'Anores-sia e, in una simultaneit tragica , il proposito sempre fallito e sempre rinnovato della bulimica.

    L'Ultima cena non mai davvero l'ultima. Non sar mai veramente l'ultima. Al trascendentismo cri-stiano che l'anoressica pretenderebbe alla base della sua ascesi -l'Ideale di un trionfo finale dello Spirito sulla carne - , la bulimica sostituisce in realt la ruota perpetua del Samsara; il ciclo infinito, senza pace, delle infinite reincarnazioni dell 'oggetto per-duto e delle infinite illusioni di poterlo nuovamente possedere.

    L'Ultima cena la scena madre del sogno anoressi-co di una sublimazione integrale del corpo pulsiona-le. Integrale al punto che la rinuncia stessa al sod-disfacimento pulsionale che realizza la forma pi alta di soddisfacimento possibile. Sogno, dunque, di una padronanza: sar l'ultima volta, l'Ultima cena, l'ulti-ma veramente ! Poi basta. Poi solo la flagranza incommestibile dell 'Ideale. Solo il trionfo superbo, narcisistico, infatuato, dell 'Io ideale.

    Ma in questo sogno - il cui destino fallimentare grava sulle spalle della bulimica che esattamente

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  • L'ultima cena

    l'incarnazione esistenziale di questo fallimento -l'occasione simbolica del Convivio , ogni volta, un'occasione mancata. La tavola dell'Altro viene disertata e le sue regole offese: l'anoressica col suo rifiuto radicale del cibo e la bulimica nella sua vora-cit senza fondo, mettono in risalto la rottura della commensalit con l'Altro. L'anoressica-bulimica tiene la posizione del Giuda al Convivio dell'Altro. Accetta l'offerta dell 'Altro - il pane inzuppato come effigie del dono simbolico dell 'Altro -, ma solo per rifiutarla in un secondo tempo. Per dire di no. Pro-ver cos a svendere l'Altro per trenta denari (per trenta chili?) ... Ma quale Altro? L 'Altro che l'ha voluta, che l'ha spinta a tradire, a compiere ci che il destino gli aveva assegnato. L'Altro maiuscolo, quel-lo che l'ha inscritta forzatamente in un ordine gi scritto. Non, dunque, la cattiva volont degli altri (i genitori, i familiari ecc.), ma la legge dell'Altro, che innanzi tutto la legge simbolica, quella che assegna i posti ai soggetti che siedono alla sua tavola. L'ano-ressica-bulimica, diversamente da quello che crede, non tradisce solo gli altri che, come lei, sono invitati al Convivio, ma tradisce soprattutto l'Altro. Vuole sottrarsi all'Altro del linguaggio e alle sue leggi per preservare la propria integrit in modo assoluto. lei infatti a sentirsi il Giuda rei etto dall 'Altro. Per questo ribalta questa esclusione dall'amore nell 'odio mortale verso I' Altro e verso la sua tavola. Sar allora davvero Giuda. Vivr nella colpa e nel disprezzo. Tradir, inganner, nasconder la verit, si nascon-der. Cercher forse di pagare in tutti i modi il prez-zo del suo tradimento, ma solo indirettamente. Per-ch imputer sempre all'Altro la causa del suo male. E diventer uno scheletro vivente per farla pagare

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  • l>ttrodu;:.ione

    all 'Altro , per ricattarne la volont, per estorcere all'Altro quell'amore di cui si sentita privata, a quell'Altro che l'ha cacciata dalla sua tavola.

    3. n discorso anoressico-bulimico

    I codici nosografici standardizzati nel pi recente DSM (IV ) distinguono !"' anoressia nervosa" dalla "bulimia" . Questo libro scandaglia invece i principi del discorso anoressico-bulimico a partire da una tesi che l'esperienza clinica suffraga ampiamente: anores-sia e bulimia non sono semplici alternative in antago-nismo tra loro , ma due facce della stessa medaglia, dove l'anoressia indica la realizzazione dell'Ideale del soggetto, mentre la bulimia il suo naufragio legato all 'irruzione del reale pulsionale sulla scena dell'Idea-le. Dove, in altri termini , l' anoressia realizza una padronanza attraverso un 'identificazione idealizzan-te e una pratica di privazione, mentre la bulimia manifesta lo sfaldamento di questo stesso sistema che cede sotto i colpi di una compulsione a ripetere sregolata. In questo senso la bulimica virtualizza l'og-getto dell'angoscia anoressica , mentre l'anoressica edifica l'Ideale della bulimica che resta sempre l'Idea-le anoressico del corpo-magro.

    La logica che ispira il discorso anoressico-bulimico una. Ecco perch utilizzer per lo pi la formula "anoressia-bulimia ", anzich anoressia o bulimia; si tratta di evidenziare il pi possibile la dialettica tra la pulsione e l'Ideale come dialettica che acquista un valore specifico nel discorso anoressico-bulimico, all'interno del quale il polo bulimico e il polo anores-sico costituiscono indici di una sola oscillazione piut-

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  • L'ultima cena

    tosto che indicare due posizioni soggettive differen-ziate. Staccare la bulimia dall'anoressia o viceversa mutila, a mio parere, la possibilit di definire con rigore la logica del discorso anoressico-bulimico. Questa logica ha in effetti per lo pi una prima arti-colazione di tipo anoressico (nell'anamnesi clinica delle nostre pazienti l'esordio della malattia coincide con l'esercizio di pi o meno drastiche misure di restrizioni alimentari per poi radicalizzarsi eventual-mente in un'anoressia restrittiva in senso proprio) e solo in un secondo tempo essa tende a evolvere nella bulimia. E, nondimeno, questa stessa evoluzione non abolisce la funzione regolativa dell'Ideale anoressico del corpo-magro il quale continua, in realt, a gover-nare la stessa bulimia. Perch l'esercizio bulin1ico del vomito finalizzato a preservare l'immagine anores-sica del corpo-magro. In questo senso si pu dire che la bulimia un dialetto dell'anoressia; la lingua madre resta, in effetti, quella anoressica mentre la posizione bulimica non altro che un deragliamento del progetto anoressico, un suo cedimento fatale, anche se la bulimica "aggiunge" all'Ideale del corpo-magro e della privazione masochista dell'anoressia il godimento, mai del tutto simbolizzabile, della pul-sione orale.

    L'uso dell'espressione "discorso" merita anch'essa una breve delucidazione. L'insegnamento clinico di Lacan consiste nel pensare le posizioni del soggetto in termini strutturali. L'anoressia-bulimia non una struttura. Le strutture sulle quali si fonda la clinica psicoanalitica nella sua matrice freudiana sono infat-ti quelle di nevrosi, psicosi e perversione. L' anores-sia-bulimia indica piuttosto un fenomeno. Un feno-meno che per alcune sue caratteristiche specifiche -

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  • Introduzione

    serialit, monotonia discorsiva, rigidit identificato-ria, narcisismo esaltato - tende a occultare anzich rivelare la struttura del soggetto. E tuttavia esiste qualcosa che si configura come "discorso anoressi-co-bulimico" e che ordina in un certo senso il rap-porto del soggetto con l'Altro. La parte clinica di questo libro considera dunque questi tre vertici (struttura, fenomeno, discorso) secondo una logica complessa.

    Se la distinzione tra struttura e fenomeno permette di ricondurre la diagnosi psicoanalitica al suo fonda-mento (dietro al fenomeno anoressico-bulimico si deve sempre ricercare la struttura differenziale del soggetto: nevrosi/psicosi/perversione), con il concet-to di "discorso anoressico-bulimico" si prova a indi-viduare la specificit di questa posizione soggettiva che non pu essere semplicemente abolita dal rinvio alla struttura. Perch con questo discorso e con la sua logica che la direzione della cura si deve misura-re. Cos utilizzando l'insegnamento clinico di Lacan e della sua scuola, unito alla mia pratica analitica, mi sono sforzato di isolare i principi di questo discorso: la passione per il niente, la dominanza imperativa della legge superegoica, l'inclinazione extrametafori-ca-olofrastica, la "spinta melanconica alla Cosa", la "scena primaria dello specchio", l'appetito di morte, il fondamento isterico, l'omologia "al" e, insieme, la sovversione "del" discorso del capitalista. Di tutti questi principi questo libro prova a offrire un'artico-lazione teorica d'insieme. evidente che le approssi-mazioni e le sviste eventuali di questa costruzione vanno attribuite solamente a me.

    Milano, settembre 1996

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  • Ringraziamenti

    Questo libro attinge gran parte del materiale clinico sul quale costruito, dal mio lavoro presso l'ABA (Associazio-ne per lo studio e la ricerca dell'anoressia e della bulimia), di cui ho l'onore di coordinare l'attivit scientifica. I miei colleghi dell'ABA di Milano (Giovanni Balsari, Maria Bar-buto, Italo Bosani, Franz Comelli, Massimo Felici, Gio-vanna Ferrari, E be Fiordelli, Ronny J aff, Maria n gela Luzi, Pamela Pace, Francesca Senin) sono stati interlocu-tori preziosi e discreti della mia ricerca e spero che, alme-no nell'orientamento di fondo che essa esprime, potranno riconoscervisi. Ringrazio l'amico Uberto Zuccardi Merli il quale ha seguito e discusso con me, con intelligenza ed entusiasmo, nelle pi svariate e imprevedibili occasioni, l'elaborazione delle tesi del libro e Chiara Padovani che per prima ha letto e commentato questo lavoro dandomi, come sempre, consigli essenziali. Ma soprattutto l'esisten-za di questo libro riconoscente a due amiche la cui vici-nanza nella vita e nel lavoro stata ed per me sempre pi preziosa. Pamela Pace che mi ha "iniziato", sin dai tempi dell'Universit, allo studio dell'anoressia ( viva ancora in me l'impressione suscitata dalla lettura della sua tesi di laurea dedicata al Leib anoressico), e Fabiola De Clercq il cui stile inconfondibile nell'accoglimento e nel-l'ascolto delle "persone" anoressiche-bulimiche stato e rimane per me una lezione fondamentale.

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  • l. n pieno e il vuoto

    1.1 Il vuoto e la sostanza

    La psicoanalisi insegna ad assumere il sintomo non come l'alterazione di una funzione (per esempio l'in-sonnia che disturba la funzione del sonno), ma come l'indice fondamentale della verit rimossa di un sog-getto. Da questo punto di vista - che il punto di vista generale della dottrina psicoanalitica - il pre-supposto decisivo sul quale si sostiene la nostra pra-tica analitica con soggetti affetti dai cosiddetti disturbi alimentari (anoressia e bulimia) consiste nell 'assumere questi disturbi non come malattie del-l ' appetito - patologie dell'alimentazione -, ma innanzi tutto come posizioni soggettive. Presupposto tanto elementare quanto cruciale nell'orientare la cura non nella direzione di una normalizzazione della funzione organica alterata - quella, appunto, dell'appetito- ma in quella dell'ascolto della parola del soggetto e dell'apertura dell'inconscio che tale parola consente.

    Il tratto discorsivo dominante dell'anoressia-buli-mia quello della passione. L'anoressia-bulimia in effetti una passione del soggetto. Una passione cau-sata da un oggetto-sostanza (il cibo) che si d come oggetto-causa, mai del tutto simbolizzabile, sia l dove orienta il soggetto verso il suo rifiuto ostinato (anoressia), sia quando se ne impossessa in modo

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  • L'ultima cena

    demoniaco imponendogli una sua assimilazione tanto vorace quanto infinita (bulimia).

    Nondimeno questa passione per l'oggetto-cibo -che sembra avere la caratteristica dell'attrazione irre-sistibile per un oggetto-sostanza reale- si rivela, nella sua radice ultima, come una passione per il vuoto.

    Al fondo dell 'oggetto-cibo (dove rifiuto e assimila-zione sregolata costituiscono di fatto, nel discorso del soggetto, due poli di una stessa tensione) c' infatti il vuoto. Ma non il vuoto dello stomaco, non un vuoto "anatomizzato" che pu essere riempito dall'oggetto-sostanza, ma quel vuoto- non empirico quanto antologico - che riguarda il cuore stesso del soggetto. Quel vuoto che il soggetto porta con s dalla sua origine. Quel vuoto che si sottrae a ogni possibile misura, a ogni calcolo, a ogni rappresenta-zione. Quel vuoto che costituisce il punto pi intimo del soggetto e, insieme, l'estraneit pi radicale. Quel vuoto che apre nel soggetto una mancanza radicale, incolmabile (precisata dall 'insegnamento di Jacques Lacan come "mancanza-a-essere"), che non pu essere saturata da nessun oggetto. Perch ogni oggetto si rivela vano rispetto a questa mta impossi-bile. Perch il vuoto che abita il soggetto non dipen-de dalla sostanza dell 'oggetto ma inerisce alla stessa stoffa di cui fatto, per cos dire, il soggetto stesso.

    L 'anoressia-bulimia allora una passione per il vuoto nel senso che, pur orientando il soggetto verso direzioni opposte (la scelta anoressica la scelta del rifiuto dell'oggetto-cibo, quella bulimica la spinta alla sua divorazione illimitata), il soggetto che vi implicato punta comunque a raggiungere e a conser-vare il vuoto. Perch l'abolizione del vuoto signifi-cherebbe in effetti l'abolizione stessa del soggetto.

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  • IL pieno e il vuoto

    Il vuoto infatti la condizione perch possa esiste-re, insieme alla mancanza, il desiderio. Cos l'anores-sica lo difende disperatamente nel modo dell'identi-ficazione, gettando tutto il suo essere in questa impresa, impegnando tutto il suo essere nel farsi essa stessa vuoto puro, pura mancanza a essere. La buli-mica lo trova invece ogni volta al termine delle sue abbuffate. Lo trova al fondo della sostanza-cibo. Lo trova nel punto in cui il suo godimento tocca il limite dell'inconsistenza dell'oggetto. Attraverso il vomito ella fa infatti vuoto nel suo corpo. Svuota il proprio corpo dal peso della sostanza. Cos al termine di ogni crisi di fame mostra in realt all'Altro che niente -niente dell'oggetto-sostanza - potr mai riempirla veramente. Perch il suo vuoto non il vuoto di un contenitore ma quello - strutturale - della mancanza a essere.

    1.2 Il corpo come luogo dell 'Altro

    Il destino del soggetto quello di essere subordinato alle leggi dell'Altro. Alle leggi del linguaggio. que-sto un punto centrale dell'insegnamento di Lacan. questo il modo attraverso il quale egli rimedita intor-no all 'Edipo freudiano: il principio della castrazione che istituisce il complesso edipico non si riduce alle vicissitudini immaginarie del romanzo familiare del nevrotico, ma si ritrova gi in questa perdita origina-ria di godimento che l'entrata del soggetto nel campo dell 'Altro inevitabilmente porta con s. Un meno, una lacuna, un vuoto inerisce dunque all'ordi-ne del soggetto come effetto preciso di questa azione simbolica dell'Altro.

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  • L 'ultima cena

    questa la Legge della struttura: esilio , svuota-mento del godimento dal corpo come risultato del trattamento significante. Ed proprio questo tratta-mento - che il significante impone forzatamente al soggetto - a pulsionalizzare il corpo, a bucarlo, ad aprire in esso la mancanza. proprio il trattamento significante a produrre il corpo pulsionale come tale, differenziandolo cos dal mero organismo vivente.

    La psicoanalisi introduce in effetti una differenza di fondo tra il corpo umano e l'organismo vivente. Quest'ultimo governato da leggi biologiche fissate ereditariamente e iscritte nel patrimonio genetico di una specie. L 'istinto ne l 'espressione diretta in quanto fornisce all'organismo uno schema di rispo-sta alle sollecitazioni interne e ambientali determina-to naturalisticamente e sedimentato geneticamente. Il mondo umano invece non riducibile al campo biologico-naturalistico dell'istinto . Il mondo umano non ha niente di naturale. Esso piuttosto il "pro-dotto" di una lavorazione: quella che il significante promuove imprimendo sulle cose umane il sigillo -la marca- dell'Altro.

    Affermare che il corpo umano in quanto tale non ha niente di naturale significa dire che esso , sin da prima della sua nascita, un corpo abitato, segnato, marcato dal linguaggio. Cos la nascita biologica non anticipa semplicemente la nascita psicologica, perch in realt la nascita di un bambino gi anticipata dal-l' Altro: anticipata dalla scelta del nome, dallo spa-zio che i suoi familiari gli preparano in casa, dalle attese immaginarie che lo investono gi prima, in fondo , del suo stesso concepimento . Cos il suo corpo verr vestito, educato alla pulizia , tagliato (il cordone ombelicale, le unghie, i capelli) e tatuato a

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  • Il pieno e il vuoto

    seconda della cultura d'appartenenza in cui s'inscri-ver. In questo senso preciso i segni che producono il corpo sono di linguaggio e non di natura. Lacan sin-tetizza questa dipendenza strutturale del corpo dal linguaggio affermando che il corpo il luogo dell'Al-tro. Dove il luogo dell'Altro esattamente quello da dove si effettua il trattamento significante del corpo. Cos lo svezzamento, l'educazione sfinteriale, l'inter-dizione dell'incesto, indicano gli orientamenti di fondo ai quali il soggetto costretto a subordinarsi a partire dalla sua appartenenza al campo simbolico. Sono tappe, scansioni, passaggi obbligati a causa dei quali una perdita si apre nel corpo, facendo del corpo stesso una struttura bucata (le famose zone erogene di Freud), abitata da una mancanza. ci che Lacan ha chiamato alienazione significante per la quale il soggetto costretto a passare nella sua entra-ta nel campo dell'Altro e che ha come effetto fonda-mentale quello di offrire al soggetto stesso un'iscri-zione simbolica, ma solo in cambio di una perdita d'essere, di una perdita di godimento. 1

    Nell'articolo "Precisazioni sui due principi dell'ac-cadere psichico", Freud esplica gi a suo modo que-sto problema sostenendo la necessit che il principio di piacere sia destinato a subire una sorta di sostitu-zione da parte del principio di realt. Questa sostitu-zione - effetto per Freud delle esigenze del discorso

    1 Cfr. ]. Lacan, Il Seminario XI, I quattro concetti fonda-mentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino 1979, in partico-lare le pp. 207-233. Un commento sistematico e illuminante di questi passaggi lacaniani si trova in J.-A. Miller, Du sympt6me au /antasme et retour, Corso al Dipartimento di psicoanalisi dell'Universit di Parigi, \1Il, 1981-82 (inedito).

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    della Civilt - subordina l'Io-piacere all'Io-realt e differisce la spinta al soddisfacimento dell'Io-piacere calibrandola sui limiti imposti dalla durezza della realt. Nondimeno residua per Freud- al di qua del principio di realt - un elemento del Lust-prinzip che recalcitra contro l'istanza adattiva dell'Io-realt. Non si d infatti mai come possibile un assorbimento pieno del principio di piacere sotto il dominio del principio di realt: questa sostituzione non cio priva di resto. Dove in questo residuo - il residuo del principio di piacere che non si lascia simbolizzare nel principio di realt - si manifesta, nel medesimo tempo, l'al di l del principio di realt e l'al di l del principio di piacere. Perch questo residuo l'indice dell'attaccamento del soggetto a un godimento extra-significante, non sottomesso alla legge della Civilt e, al tempo stesso, inassimilabile all'equilibrio omeosta-tico del principio di piacere. Questo residuo di godi-mento - prodotto e scarto del discorso della Civilt - ci che Lacan chiama oggetto piccolo (a).

    L'anoressia-bulimia mostra efficacemente la fun-zione dell'oggetto piccolo (a). L'anoressia e la bulimia sono infatti decisamente al di l del principio di pia-cere. Mangiare fino a scoppiare o rifiutare il cibo fino a lasciarsi morire di fame sono posizioni del soggetto incomprensibili se si ricorre alla logica edonistica del principio di piacere (per la quale, come Freud preci-sa, l'apparato psichico mirerebbe esclusivamente a procurarsi piacere e a evitare il dispiacere), o a quella adattiva del principio di realt (per la quale il sogget-to rinuncerebbe al proprio soddisfacimento pulsio-nale in cambio della sua integrazione nel discorso della Civilt). L'anoressia-bulimia non risponde dun-que n alla logica del principio di piacere n a quella

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  • Il pieno e il vuoto

    del principio di realt. Nell'anoressia-bulimia il sog-getto realizza a tutti gli effetti una forma di godimen-to pulsionale che travalica la cornice equilibrata del principio di piacere (un godimento che dunque al di l del principio di piacere) e che rifiuta come tale l'imposizione dell'educazione pulsionale dettata dal principio di realt, poich per raggiungere il proprio godimento sia l'anoressica sia la bulimica non esitano a mettere a repentaglio addirittura la loro vita. Prima delle esigenze di sopravvivenza della vita viene infatti l'attrazione irresistibile causata dall'oggetto piccolo (a) che, come tale, non pu mai essere del tutto sim-bolizzato, cio integrato con le esigenze del principio di piacere e del principio di realt.

    1.3 La pulsione orale: mangiare il vuoto

    Mi raccontava di come era riuscita a mangiare il suo piatto preferito, cucinato per lei dalla madre. Me lo rac-contava indugiando sui particolari culinari, sulla compo-sizione del brodo e delle salse, sul tempo della cottura, sul tipo di contorni scelti ... Antonella non era pi un'a-noressica-bulimica. Il suo godimento non si scandiva pi nel rifiuto ostinato, n in una compulsione fuori discor-so, ma s'inscriveva nuovamente in un legame con l'Al-tro, si simbolizzava, tollerava la sublimazione. Una subli-mazione che poteva esercitarsi anche sull'oggetto stesso della pulsione. Cos poteva ricostruire il discorso della Cucina come magnifica sublimazione del vuoto della Cosa ...

    Che cosa significa per l'essere umano mangiare? Domanda obbligatoria per provare ad afferrare la specificit della posizione anoressico-bulimica che

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  • L'ultima cena

    sembra, secondo strategie opposte, mettere in que-stione innanzi tutto proprio il rapporto simbolico dell'essere umano con il cibo.

    Nei Tre saggi sulla teoria sessuale Freud definisce la pulsione come una perversione dell'istinto biologi-co-animale.2 Uno dei tratti specifici che la qualifica-no rispetto all'istinto infatti proprio l'esistenza, nel montaggio pulsionale, di due soddisfacimenti distinti. L'idea di Freud quella per cui sulle zone erogene del corpo (oralit , analit , genitalit) si sommano, per cos dire, due soddisfacimenti differenziati: uno di tipo biologico-naturale che coincide con l'esplica-zione di una funzione istintuale e con il soddisfaci-mento specifico di un bisogno (ho fame e soddisfo questo bisogno mangiando cibo), l'altro di tipo ses-suale che coincide con la realizzazione di un soddi-sfacimento speciale, irriducibile alla dimensione del-l'appagamento del bisogno. Ed proprio questo secondo soddis/acimento che, accavallandosi sul primo, introduce nel soggetto la dimensione struttu-ralmente "perversa" della pulsione.

    Il soddisfacimento pulsionale non coincide con il soddisfacimento del bisogno naturale perch la pul-sione non una forza , un dato naturale, quanto piut-tosto , secondo Freud, intrecciata sin dall 'origine con l'Altro. Essa non a rigore naturale, ma si pro-duce come effetto dell ' inclusione del soggetto nel campo simbolico delle relazioni con l'Altro; come effetto della cancellazione, per cos dire, della natu-ra. La pulsione, infatti, domanda non il soddisfaci-mento del bisogno ma un altro soddisfacimento: non

    2 S. Freud, Tre ~aggi sulla teoria sessuale, in Opere, a c. di C. Musatti , Boringhieri, Torino 1980, vol. TV.

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    dunque semplicemente l'appagamento del bisogno di mangiare, ma il soddisfacimento libidico dell'ora-lit (della domanda orale) come zona erogena inve-stita dall'azione pulsionale.

    L'insistenza di Freud sulla natura sessuale della pulsione intendeva rimarcare la specificit della posi-zione umana rispetto a quella istintuale-animale. La pulsione uno snaturamento dell'istinto, una defor-mazione dell'istinto causata dalla relazione del sog-getto con l'Altro. Cos, per quel che riguarda lo spe-cifico della pulsione orale, possibile distinguere il bisogno di mangiare (soddisfacimento istintuale) dalla ricerca del soddisfacimento pulsionale al quale la bocca del bambino si vota nell'attivit ripetiti va del succhiare. Nel succhiare non solo per placare la fame (il bambino sazio resta in effetti attaccato al capezzolo pur essendo stato sfamato), ma soprattut-to per raggiungere un godimento d'altro genere, un godimento, appunto, di ordine sessuale.

    A rigore, dunque, la pulsione orale non ha un oggetto specifico, un oggetto preformato. L'oggetto della pulsione - come Freud precisa in Pulsioni e loro destini- la parte pi "variabile" del montaggio pulsionale. Anche per questo la pulsione profonda-mente differente dall'istintualit animale. La pulsio-ne orale non scaturisce da un programma genetico-biologico predefinito, ma gira attorno a un vuoto. n suo soddisfacimento non nel pieno che pu fare dell'oggetto (come, per esempio, un'automobile pu fare il pieno di benzina), ma nella ripetizione del giro attorno al vuoto dell'oggetto. Infatti il "primo ogget-to del soddisfacimento" (che il postfreudismo ha incarnato nel reale del seno materno) dato per Freud come da sempre perduto.

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  • L'ultima cena

    Dunque la pulsione implica un deficit - una specie di difetto di natura - come intrinseco: l'impossibilit di raggiungere, di ripetere il godimento mitico del primo soddisfacimento. Quel godimento (che Lacan, seguendo Freud, chiama "godimento della Cosa")3 infatti interdetto all'essere umano. Perch a causa dell 'azione del linguaggio esso avr a che fare- come indica con precisione Freud - non con la Cosa in se stessa quanto piuttosto con oggetti-surrogati, sostitu-tivi di quel godimento assoluto, da sempre per per-duto, che la Cosa evoca. In questo senso Lacan avverte sulla necessit di non confondere la pulsione con l'oggetto su cui essa dovrebbe richiudersi, poi-ch questo oggetto di fatto non che la presenza di una cavit, di un vuoto occupabile, dice Freud, da qualunque oggetto, e la cui istanza noi non conoscia-mo se non nella forma dell'oggetto perduto (a). L 'oggetto (a) non l'origine della pulsione orale. Non introdotto a titolo del nutrimento primitivo, introdotto dal /atto che nessun nutrimento soddis/er mai la pulsione orale, se non contornando l'oggetto eternamente mancante.'

    Si tratta dunque di differenziare con precisione lo statuto dell'oggetto del bisogno da quello della pul-sione. L'oggetto del bisogno c', l, qualcosa che

    ' Cfr. ]. Lacan, Il Seminario VII, L'etica della psicoanalisi, Einaudi, Torino 1995.

    ']. Lacan, Il Seminario XI, cit., p. 183 (corsivi miei). Una sintetica e lucida ricostruzione della teoria della pul-sione in Lacan, utile per avere una visione d'insieme delle questioni qui trattate, si trova in L. Colombo, Nota sulla teoria della pulsione in Jacques Lacan, in M. Recalcati, Il vuoto e il resto. Il problema del reale in ]. Lacan, Cuem, Milano 1993, pp. 129-134.

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    serve a riempire un vuoto "anatomizzato" che si radica nel reale del corpo, che serve a rendere il vuoto pieno. Cos l'incorporazione del nutrimento placa l'urgenza della fame nell'uomo come nell'ani-male. Ma l'uomo, diversamente dall'animale, inventa altres un discorso alimentare, inventa la gastrono-mia, arricchisce l'oggetto del bisogno di ricami, con-torni, spezie, lo manipola, lo snatura, lo trasforma, lo trasfigura. storicamente questa la funzione della Cucina: allontanare, staccare, trasfigurare l'oggetto del bisogno nell'oggetto della pulsione. n presuppo-sto di tutte queste operazioni si trova nella suprema-zia dell'ordine della Cultura e del linguaggio su quel-lo della Natura. Il discorso della Cucina sottopone infatti - sino alla loro completa snaturazione - gli elementi naturali alla manipolazione significante.5

    L'alimento viene cos deviato dalla sua origine natu-rale attraverso la manipolazione gastronomico-culi-naria perch ne venga valorizzata al massimo la fun-zione di oggetto pulsionale, ovvero quella di intro-durre nel campo del soddisfacimento del bisogno un altro soddisfacimento: un soddisfacimento pulsionale. Da questo punto di vista l'azione della Cucina omogenea a quella dell'azione pulsionale con la quale il bambino punta a ricercare il primo soddisfa-cimento perduto attraverso la suzione dei "surroga-ti" del seno. Esistono cio due declinazioni possibili della fame, distinte e, nello stesso tempo, accavallate l'una sull'altra . La fame del cibo come oggetto del bisogno, del cibo come oggetto che sfama, e la fame che nessun oggetto pu sfamare perch la fame

    ' ].P. Aron , Cucina, in Enciclopedia, Einaudi, Torino 1978, p. 215.

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  • L'ultima cena

    non del cibo ma del seno, del seno come significante del primo oggetto (perduto) di soddisfacimento.

    Non si mangia, dunque, solo per sfamarsi. Si man-gia anche per godere. Non si mangia allora solo cibo. Si mangia anche dell'Altro. Si mangia , si potrebbe dire, l'Altro. O, pi precisamente, si mangia non il pieno dell'oggetto-cibo ma il vuoto dell 'Altro. Si mangia- ecco l'insegnamento strutturale dell 'ano-ressia-bulimia - il vuoto. Perch mangiare il seno effettivamente mangiare il vuoto, poich il seno l'oggetto perduto del primo soddisfacimento. Il seno a cui punta la pulsione orale non in realt un oggetto-sostanza quanto un fantasma . il fantasma orale per eccellenza. Mangiare allora mangiare il fantasma, cercare il fantasma del seno nella foresta delle manipolazioni significanti della Cucina.

    In questo senso, come insegna Roland Barthes, la Cucina giapponese offre un modello , elevando pro-prio il vuoto al centro del suo discorso. Il cibo si assimila allo scritto, niente di naturale , ma pura marca significante. Esso viene spogliato, svuotato dalla sua naturalit per essere esibito come artefatto, sembiante, puro effetto del taglio significante. Cos l'azione dei bastoncini non quella violentatrice del sezionare il cibo (a cui rimandano invece le posate occidentali) ma quella che punta a prelevare, nella scomposizione del cibo, il suo "interstizio" origina-rio, il suo vuoto interno. Allo stesso modo abolita l'idea di un Centro-Sostanza che il contorno dovreb-be porre in risalto costruendovi attorno la giusta cor-nice. La cucina giapponese costruita sul puro orna-mento: Nessuna vivanda provvista di un centro (centro alimentare implicato presso di noi dal rito che consiste nell 'ordinare il pasto, nel guarnire o

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  • Il pieno e il vuoto

    rivestire i cibi); tutto qui ornamento d'un altro ornamento.6

    Mangiare l'ornamento mette in rilievo l'assenza di profondit, di sostanzialit dell'oggetto-cibo. La valorizzazione della sua leggerezza, compiuta in spe-cial modo dalla Cucina orientale, la valorizzazione dell'assenza, del punto vuoto della Cosa perduta come centro aggregatore del discorso della Cucina. la valorizzazione dell'oggetto-seno, dell'oggetto pulsionale, della non-Cosa (dell'A-cosa come ha scritto una volta Lacan) attorno a cui ruota il movi-mento della pulsione. Perch l'oggetto della pulsione - la Cosa come traccia del primo soddisfacimento perduto - in realt il vuoto. E il vuoto, come tale, impossibile da mangiare. Nondimeno proprio su questo impossibile che si costruito il discorso della Cucina: sublimazione culturale-linguistica di questo vuoto al centro dell'oggetto del bisogno. Allora tutto il sapere culinario - raccolto nella scrittura delle ricette e nella loro conservazione storico-tradizionale - produce una moltiplicazione delle manipolazioni significanti dell'oggetto-cibo che punta in realt a catturare il fantasma del seno, a fare entrare in un discorso simbolico l'impossibile da mangiare, il vuoto della Cosa.'

    L'anoressia e la bulimia non sono quindi compor-

    6 R. Barthes, L'impero dei segni, Einaudi, Torino 1984, pp. 26-27.

    7 Su tutti i temi qui indicati, si vedano in particolart; gli ottimi lavori di A. Zenoni, Le corps de l'etre parlant, Edi-tions Universitaires-De Boek, Bruxelles 1991 , e Il linguag-gioe gli oggetti della pulsione, in "La Psicoanalisi", Astro-labio, Roma 1995, n. 17.

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  • L'ultima cena

    tamenti "naturali". N sono delle semplici deviazioni di un comportamento naturale - che tale non -come quello dell'alimentazione. Anoressia e bulimia non sono distorsioni dell'appetito quanto piuttosto modi per recuperare il vuoto della Cosa, il vuoto -impossibile da mangiare - del fantasma del seno. L'anoressica incarnando tale vuoto nel proprio esse-re, la bulimica inseguendolo nel tutto, ricercandolo al fondo del tutto, l dove la consistenza immaginaria della sostanza-cibo svela l'inconsistenza di un pieno che - tramite il vomito - si offre come privo di sostanza.

    1.4 n vuoto della brocca

    Il soggetto si ordina, dunque, attorno a un vuoto. Non per quello anatomico dell'organismo ma quel-lo scavato dal significante: la mancanza a essere come supporto del desiderio, come struttura ultima del desiderio.

    L'anoressia e la bulimia -lo abbiamo visto- metto-no in causa il vuoto. Ma non ancora il vuoto come causa. Mettono in causa il vuoto assunto per nella sua forma empirica del vuoto di un contenitore. La sua topologia ingenua; essa svuota il vuoto del suo valore di mancanza. Riconduce il vuoto all'anatomia dell'organismo: lo realizza nello stomaco. Quando invece il vuoto reale il punto attorno al quale ruota-no le rappresentazioni del soggetto poich il reale del vuoto a esibire fortemente l'effetto del trattamen-to significante sul corpo. Il reale del vuoto indica infatti la perdita dell'oggetto del primo godimento, della Cosa, come perdita prodotta dall'azione'letale

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  • Il pieno e rl vuoto

    del significante sul soggetto. a questo vuoto fonda-mentale che Lacan riconduce in effetti la serie degli oggetti pulsionali (seno, feci, urina, sguardo, voce): questo vuoto ne la matrice che desostanzializza l'og-getto mostrando come al suo cuore ci sia, in realt, non la sostanza, ma la perdita, il niente.

    Tuttavia per l'anoressica, diversamente da quanto sostengono Heidegger e Lacan, non il vuoto che fa la brocca ma la brocca che contiene il vuoto.

    L'interrogazione di Heidegger sul vuoto sviluppa-ta in Das Ding e riattraversata da La c an nell'Etica della psicoanalisi riprende una figura classica del taoismo, quella del vaso o della brocca vuota. La tesi che Heidegger recupera da Lao-Tzu che ci che costituisce l'essenza della Cosa, ci che fa di una brocca una brocca, non sono le pareti d'argilla ma il vuoto stesso che le pareti d'argilla contornano. cio il vuoto a essere il fondamento dell'oggetto e non l' og-getto a costituire il vuoto. L'errore dello sguardo naturalistico-obiettivistico, proprio del senso comu-ne come dello spirito scientista, consiste invece nel vedere la brocca come contenitore del vuoto, quan-do invece la brocca pu costituirsi solo attorno al vuoto. dunque il vuoto a rendere possibile la broc-ca e a definirne l'essenza.

    Quest'idea del vuoto come fondamento dell'ogget-to - centrale nel taoismo - ripresa ampiamente, attraverso Heidegger, da Lacan. infatti, per Lacan, la cancellatura della Cosa operata dal significante a far sorgere al centro del reale quel vuoto che costi-tuir il fondamento (infondato) del desiderio del sog-getto, la causa del desiderio del soggetto. In questo senso il fraintendimento anoressico-bulimico circa l'anatomizzazione del vuoto doppio. Fraintendi-

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  • L'ultima cena

    mento non solo topologico ma anche, se si pu dire cos, antologico: il vuoto del soggetto non si misura anatomicamente (non il vuoto dello stomaco o della bocca) ma strutturale. Dipende dalla soggezione del soggetto alla legge dell'Altro, al campo del linguag-gio. Dipende dalla soggezione del soggetto a ci che causa il suo desiderio. L'anoressica-bulimica invece rende, per un verso, fisico il vuoto. La sua imposta-zione , in questa prospettiva, rigidamente aristoteli-ca: il vuoto lo spazio di un contenitore.

    1.5 Bisogno e domanda

    La dimensione della fame resta comunque centrale nell'esperienza anoressico-bulimica. Una mia pazien-te mi disse: "La fame nella testa". Aveva ragione. Se il corpo il luogo dell'Altro, la fame non solo una spinta al nutrimento ma anch'essa, nel suo fon-damento, un prodotto dell'azione del linguaggio sul-l'uomo. Un prodotto, se si vuoi dire cos, "mentale".

    Anoressia e bulimia mettono bene in evidenza i limiti di una concezione cognitivo-comportamentista del soggetto. Si tratta infatti, come abbiamo gi detto, di comportamenti che fanno saltare sia la logi-ca del principio di piacere sia quella del principio di realt. Mangiare fino a scoppiare, vomitare venti volte al giorno, rifiutare il cibo sino a lasciarsi morire sono comportamenti contro-natura. Freud direbbe "masochistici". E, come la clinica insegna, non c' modo di modificare questa situazione aggredendo direttamente la patologia del comportamento ali-mentare, provando, per esempio, a normalizzare la funzione dell'appetito. Perch evidentemente il

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  • Il pieno e il vuoto

    malato non l'appetito. Dunque i programmi di rie-ducazione cognitivo-comportamentale non servono alla cura. Essi curano la fame nell'illusione di ripristi-nare un equilibrio alimentare perduto. Ma la fame nella testa. E dunque non pu essere aggiustata aggiustando la funzione dell'appetito.

    Freud aveva distinto con precisione- nella sua cri-tica ante litteram al comportamentismo - la dimen-sione del bisogno da quella del desiderio. Se il biso-gno indica la dimensione fisiologico-biologica del-l'urgenza, uno stato di necessit che sospinge alla propria risoluzione (come effettivamente la fame sospinge a mangiare), il desiderio invece al di l del bisogno poich non rivolto verso degli oggetti (come la fame rivolta verso il cibo), ma verso un soggetto il cui primo modello, da sempre perduto, costituito dall'Altro materno e pi in particolare dal-l'oggetto della pulsione orale (il seno). Del resto, perch il bisogno possa essere soddisfatto necessa-rio che il bambino lo faccia passare dalla strettoia della domanda. Solo attraverso la domanda il biso-gno, infatti, pu indirizzarsi all'Altro e dunque esse-re soddisfatto.

    Lacan apporta a questo schema - gi freudiano -un maggior rigore. Se il soggetto nasce nel campo dell'Altro, strutturalmente costretto a far sfilare i propri bisogni attraverso il filtro del significante. In questo senso la domanda la dimensione del bisogno modellata dal significante, subordinata al significante.

    Prendiamo come esempio il grido di un bambino che ha fame. n suo un grido. solamente la fun-zione mediatrice dell'Altro che permette al grido di diventare domanda, per esempio domanda di cibo, e in questo senso Lacan precisa la pulsione orale come

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  • L'ultima cena

    domanda rivolta all'Altro. Se allora l'Altro non inter-preta il grido che gli indirizzato, non si costituisce la funzione dialettica dell'intersoggettivit ed come se il grido diventasse un urlo infinito, perduto in un abisso senza nome. solo l'azione interpretante del-l' Altro che fa del grido una domanda. In questo senso nel campo delle relazioni umane non esistono in fondo bisogni naturali perch la dimensione del bisogno a rigore da sempre subordinata a quella del significante. L'effetto di questa subordinazione precisamente la domanda, che altro non allora se non l'articolazione significante del bisogno o, se si vuole essere pi rigorosi, la cancellazione del biso-gno operata dal significante della domanda.8

    Lacan ha avuto modo di dire che "non si mangia mai da soli". Ci significa che l'essere parlante pu mangiare solo se si trova inscritto nel campo dell'Al-tro costituito dal linguaggio e che come esseri umani si mangia sempre alla tavola dell'Altro. Dove il man-giare non mai semplicemente lo sfamarsi ma anche e soprattutto l'assunzione delle regole della convivialit, dello stare assieme, del gusto, della tra-dizione familiare e culturale. In una parola, del lin-guaggio. L'esistenza stessa di una "Cucina", di una cultura gastronomica, mostra bene come l'elemento alimentare sia strutturalmente deviato dal solco della natura e alienato nel campo dell 'Altro. C' infatti tutto un sapere (depositato storicamente nelle ricette e nei trattati sul gusto e sull'alimentazione) che inve-ste l'alimento e lo distacca irrimediabilmente dalla

    Su questi temi si veda ]. Lacan, La signz/icazione del fallo, in Scritti, a c. di G . Contri, Einaudi, Torino 1974, p. 688.

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    sua radice naturale. Era ci che, per esempio, faceva prediligere a Sartre quei cibi dove maggiormente era percepibile e visibile il lavoro umano, l'artificio, la mediazione culturale, l'egemonia del sembiante. In questo senso il cibo - passato dal filtro significante del discorso della Cucina - un fatto di cultura (il passaggio dal crudo al cotto segna in effetti per Lvi-Strauss l'operazione simbolica con la quale la Cultu-ra, nella prospettiva strutturalista, si sostituisce alla Natura). 10 Di qui, se si vuole, l'atteggiamento forte-mente ambivalente dell 'anoressia-bulimia rispetto alla tavola dell'Altro.

    Da una parte le anoressiche-bulimiche tendono a rompere la regola generale della convivialit. Esse rifiutano di mangiare , mangiano da sole o fanno scempio di tutto il codice simbolico della convivialit, divorando quantit di cibo spropositate, senza crite-rio, fuori orario, seguendo solamente l'impeto di una voracit barbara. In questi modi esse puntano a con-traddire la legge dell'alienazione significante: si nega-no alla tavola dell'Altro. n rifiuto di alimentarsi (ano-ressia) , il mangiare niente o il mangiare tutto senza distinzione dei sapori, del crudo e del cotto, sovver-tendo ogni ratio simbolica (bulimia), sono infatti l'e-spressione pi immediata di questa negazione.

    Dall'altra parte l' anoressica-bulimica sviluppa un vero e proprio sapere sul cibo. Non solo un sapere

    9 }. -P. Sartre, Conversazioni con ]. -P. Sartre, in S. De Beauvoir, La cerimonia degli addii, Einaudi, Torino 1983 , pp. 398-400. n fondamento teorico di questa posizione si trova in realt formulato in J. -P . Sartre, L'essere e il nulla, il Saggiatore, Milano 1980, pp. 720-733.

    10 Cfr. C. Lvi-Strauss, Il crudo e il cotto, il Saggiatore, Milano 1990.

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    dietologico (le calorie, le combinazioni dietetiche, i prodotti pi speciali, ipocalorici per mantenere il corpo-magro ecc.), ma anche un vero e proprio sape-re gastronomico, unito spesso a una particolare peri-zia nella manipolazione culinaria. Ma sempre l'Al-tro che vuole vedere mangiare: che l'Altro mangi infatti per lei una garanzia. Innanzi tutto la garanzia di potersi sottrarre alla tavola dell'Altro. In secondo luogo la garanzia sul suo senso di colpa (anche l'Altro gode) e infine sul fatto che non sar lei a essere sbafa-ta dall'Altro, almeno fintanto che l'Altro mangia ...

    1.6 Domanda e desiderio

    Una tesi si pu ricavare facilmente dagli studi dedi-cati al tema della cosiddetta nascita psicologica del bambino:" la cura dei bisogni non sufficiente a garantire la nascita psicologica dell'essere umano.

    Il soggetto non un aggregato di bisogni primor-diali ma fondamentalmente desiderio di essere desiderato, , come scrive Lacan riprendendo la lezione hegeliana, "desiderio dell'Altro". Dove desi-derio dell'Altro indica desiderio non di qualcosa, non di cose, ma desiderio di desiderio, desiderio di essere ci che pu mancare all'Altro, ci che pu scavare una mancanza nell'Altro.

    Se i bisogni naturali sono necessariamente obbligati a passare per la via stretta della domanda rivolta

    11 Si veda per esempio R. Spitz, Il primo anno di vita del bambino, Giunti Barbera, Firenze 1962, e M. Mahler, La nascita psicologica del bambino, Boringhieri, Torino 1978, per citare solo due classici.

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    all 'Altro, la dimensione del desiderio si scava, come scrive Lacan, al di qua e al di l della domanda. 12

    Al di qua perch tocca il piano della mancanza a esse-re che abita il soggetto in quanto parl-essere, in quan-to subordinato al campo del linguaggio. Si tratta dun-que non di una mancanza di qualcosa ma di una "mancanza a essere", una mancanza che pertiene al soggetto come tale, come distinto dalla pienezza stu-pida delle cose, come mancanza d'essere. La doman-da trae il proprio movimento da questa mancanza che ne costituisce il suo al di qua. Ma la dimensione del desiderio anche, come Lacan precisa, al di l della domanda. al di l della domanda perch non c' soddisfazione della domanda che possa soddisfare pienamente il desiderio. Perch ogni soddisfazione della domanda lascia un resto ('' residuo di una oblite-razione", scrive Lacan), un resto che non si pu sod-disfare. Questo resto esattamente l'origine del desi-derio. il desiderio. Il desiderio come tale eccede infatti ogni domanda pur costituendone la matrice. Il desiderio non mai desiderio di qualcosa quanto desiderio d'altro. Il desiderio erratico, eccentrico, in costante oltrepassamento di qualunque soddisfazione possibile. In questo senso Freud definiva precisamen-te nell'Interpretazione dei sogni il desiderio inconscio come un desiderio "indistruttibile". Da questo punto di vista l'anoressica a illustrare

    perfettamente, secondo Lacan, queste differenze dia-lettiche tra bisogno, domanda e desiderio .

    Il soggetto anoressico ha avuto un Altro materno pronto a rispondere con sollecitudine ai suoi bisogni.

    12 J. Lacan, La sigmficazione del/allo, cir., p. 688.

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    Cn Altro che si occupato delle sue cure ma ha tra-scurato di passare assieme al cibo il proprio deside-rio, il proprio dono d'amore. Sentirsi "zero", "un nulla", "senza identit", come spesso lamenta l'ano-ressica-bulirnica, l'espressione della mancata azione particolarizzante del desiderio dell'Altro sul sogget-to. Anzich particolarizzare il soggetto accogliendo la sua domanda d'amore, l'Altro dell'anoressica lo ha infatti rimpinzato di cose, lo ha ridotto a un sacco vuoto da riempire, a un oggetto del suo proprio godimento. L'effetto particolarizzante invece pro-prio della risposta dell'Altro alla domanda di ricono-scimento che il soggetto, al di l della cura dei biso-gni, gli indirizza. L'Altro materno dell'anoressica-bulimica ha invece risposto alla domanda d'amore offrendo cose, cibo, "mangime". Ha risposto dal registro dell'avere. Ha dato cio ci che aveva. Al contrario, l'anoressica punta al desiderio dell'Altro. Vuole dall'Altro non ci che l'Altro ha ma ci che l'Altro non ha. Vuole dall'Altro il segno della sua mancanza. In questo senso l'anoressica mostra con evidenza l'eterogeneit tra la dimensione della doman-da e quella del desiderio.

    L'anoressica chiama in causa non tanto l'Altro della domanda quanto l'Altro del desiderio. Non basta infatti che l'Altro ricopra il vuoto del bisogno con il cibo ma occorre che dia al soggetto qualcosa di proprio. Non a caso Lacan osserva che sono le figlie curate con pi amore quelle che diventano anoressiche. Dove per l'amore va qui inteso come qualcosa che l'Altro d al soggetto. Dunque come una cosa tra le altre. L'Altro dell'anoressica pu anche aver dato- come precisa Lacan -l'amore, ma lo ha dato esattamente nella stessa logica con la

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    uale ha dato il cibo. Lo ha dato come si d ci che :1 ha e non come il dono della propria mancanza. Lo i a fornito cos come ha fornito al bambino le cure di .:ui questi aveva bisogno. Senza dunque che l'amore ~otesse introdurre una differenza essenziale rispetto alla mera soddisfazione della domanda. Rifiutando m vece qualunque dono possa provenire dall'Altro, respingendo ogni cosa che viene dall'Altro, l' anores-ica mostra il fondo del desiderio come irriducibile

    alla logica dello scambio. Non c' in effetti un ogget-to capace di riempire la mancanza a essere che il desiderio rivela alla sua radice. Nessun oggetto in grado di colmare questa mancanza. In questo senso l'anoressica prova a schierarsi radicalmente dalla parte del desiderio. Ella desidera niente. Vuole man-giare il niente ("rien" ), precisa Lacan. " Vuole vera-mente esibire la differenza antologica tra l'essere e l'avere. Esigendo il niente scopre la radice ultima del desiderio. Perch niente, nessun oggetto, nessuna cosa, nessun bene potr mai saturare la beanza del desiderio. La radice etimologica del termine francese rien si trova infatti nel latino rem che significa pro-prio "La Cosa": oggetto mitico- perch da sempre perduto - di un godimento assoluto.

    1.7 n sogno della bella macellaia

    Voglio offrire una cena, ma non ho altre provviste tranne un po' di salmone affumicato. Penso di uscire a comprare qualcosa, ma mi ricordo che domenica

    "J. Lacan , Il Seminario XI, cit. , p . 106.

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    pomeriggio e che tutti i negozi sono chiusi. Voglio telefonare a qualche fornitore , ma il telefono gua-sto. Cos devo rinunciare al mio desiderio di fare un invito a cena. "

    questo il sogno di una paziente di Freud, sposa-ta con un "bravo e onesto macellaio all'ingrosso ". Proveremo a prendere questo sogno come esempla-re per cogliere in primo luogo la disgiunzione tra domanda e desiderio e, in secondo luogo, come tale disgiunzione ruoti , nell'interpretazione del sogno, proprio attorno alla pulsione orale e alla sua spinta al di l dell'oggetto-cibo, al di l dell'oggetto della domanda. Prenderemo, infine, questo sogno come indicativo del fondamento isterico dell 'anoressia. Se infatti nell 'isteria il tema centrale quello relativo alla disgiunzione tra domanda e desiderio, tra godi-mento e desiderio- disgiunzione che rende possibi-le al soggetto porsi come causa del desiderio del-l' Altro - , l'anoressica esibisce con chiarezza e con rigore questo sacrificio del godimento nel nome del desiderio.

    Lacan in effetti ha lavorato questo sogno a pi riprese nel corso del suo insegnamento proprio per-ch qualcosa di fondamentale per quel che concerne la struttura stessa del desiderio vi si manifesta. In questo sogno la bella macellaia - mettendosi in una posizione anoressica - mette in scacco la domanda -"voglio offrire una cena" - per poter sostenere il proprio desiderio. Ella, di fatto , non mangia niente. Il suo proposito di convivio fallisce. E nondimeno proprio in questo fallimento che qualcosa del suo

    14 S. Freud, L'interpretazione dei sogni, in Opere, cit., vol. III, p. 142 .

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    desiderio si manifesta. Il sogno in questione - Freud che lo precisa- infatti il sogno di un'isterica. E nell'isteria ci che sostiene il soggetto l'opzione-si potrebbe dire a senso unico - per il desiderio. Per il desiderio in quanto tale, al di l della sua soddisfa-zione possibile. Anzi. Nell'isteria il soggetto dispo-sto a giocare tutto il suo essere per il desiderio, sino al punto per di lasciare il desiderio stesso nell'in-soddisfazione. Perch la soddisfazione del desiderio - nella logica isterica - ne causerebbe la morte. Per l'isterica, infatti, ci che conta poter desiderare anche se il prezzo di questo potere il sacrificio della soddisfazione. Cos, nella realt, la bella macellaia fa sapere al marito di desiderare moltissimo una cola-zione a base di caviale salvo poi impedire al marito di realizzare la sua fantasia, in modo da mantenere, appunto, il proprio desiderio nell'insoddisfazione ...

    Nel commento sviluppato da Jacques-Alain Miller alle pagine della Direzione della cura, dove Lacan decifra questo sogno, viene messa in evidenza pro-prio la disgiunzione tra domanda e desiderio come disgiunzione tripartita intorno ai tre protagonisti della vicenda: la paziente, il marito e l' amica. 15 L'a-mica domanda di essere invitata a cena, ma il suo desiderio va al di l di questa domanda; ella vuole

    " Il commento pi sistematico di Lacan si trova in ]. Lacan, La direzione della cura e i principi del suo potere, in Scritti, cit., pp. 615-623 . Tra le numerose letture di questo sogno, segnaliamo, per lucidit, quella milleriana in J.-A. Miller, Trio da melodramma, in "La Psicoanalisi", Astrola-bio, Roma 1995, n. 17. Una lettura che riprende le tesi di Miller in modo pi esteso si trova in C. Soler, L'isterica e La donna. Clinica differenziale, in "La Psicoanalisi", Astrolabio, Roma 1994, n. 15, pp. 36-50.

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    essere corteggiata dal marito delia bella maceilaia, il quale non nasconde alla moglie di avere un debole per lei. La domanda del marito gira attorno alle donne dalle forme rotonde - come sono quelle della moglie-, ma il suo desiderio sembra essere in realt calamitato dalla magrezza. Egli si sta impegnando in una dieta e si sente attratto dall 'amica magra della moglie. Il suo desiderio fa dunque eccezione rispetto alla sua domanda. La paziente infine sembra farsi carico della domanda dell 'amica organizzando la cena, ma il suo proposito destinato a fallire perch il suo desiderio non quello di far incontrare l'ami-ca al marito.

    Il clivaggio tra domanda e desiderio dunque la matrice del sogno della bella macellaia. Il significante chiave che fa ruotare tutto l'ingranaggio quello rappresentato dall 'unico alimento che resta nella dispensa delia paziente e che insufficiente per rea-lizzare il suo proposito di invitare a cena l'amica del cuore: un pezzo di salmone affumicato. Eppure proprio quello - il salmone affumicato - l'alimento preferito dell 'amica.

    Come si vede il registro alimentare (il salmone affumicato e il caviale) viene oltrepassato da una domanda che non evidentemente di cibo (salmone e caviale si prestano bene tra l'altro a segnalare che in gioco non il semplice soddisfacimento del biso-gno di mangiare) , ma implica piuttosto il desiderio dell 'Altro in quanto tale. Come nella logica dell 'ano-ressia anche in questo sogno allora, attorno al rifiuto di realizzare l'appetito, si gioca la partita del deside-rio. questo clinicamente ci che ci segnala la strut-tura isterica dell 'anoressia: mantenere il desiderio insoddisfatto come risorsa estrema del soggetto per

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    poter essere nel desiderio e opporsi a ogni sua possi-bile riduzione a oggetto del bisogno.

    Nel suo commento Miller individua tre identzfica-zioni/ondamentali che scandiscono l'architettura del sogno.

    La prima identificazione femminile, fa perno sul salmone affumicato che , appunto, un significante dell'amica. Lacan afferma chiaramente come questo significante - quello del salmone - sia il sostituto del significante-caviale che connota il desiderio insoddi-sfatto della paziente. Che cosa vuole dire, dunque, per la paziente identificarsi all'amica magra? Per rispondere a questa domanda indispensabile allar-gare l'angolo della visuale al desiderio del marito che, come abbiamo visto, attratto proprio dal signi-ficante "magrezza". Egli infatti domanda donne for-mose (la donna formosa la donna con la quale godere), ma il suo desiderio va al di l dell'oggetto della domanda. Esso si rivolge alla donna magra. La bella macellaia costruisce, dunque, la sua identifica-zione all'amica magra per potersi fare ella stessa l'i-deale femminile rappresentato dall'amica e diventare cos causa del desiderio dell'Altro (nel sogno, infatti, niente si consuma - c' uno scacco generalizzato della domanda - proprio perch il desiderio possa mantenersi vitale). Non mangiare, diventare magra, magra come l'amica, significa non rispondere alla domanda di soddisfacimento, non essere cio l' og-getto-di-cui-poter-godere ma l'oggetto-che-manca, l'oggetto assente, l'oggetto che non c', che non si ha e che proprio perch non si ha si desidera.

    La seconda identificazione l' identificazione maschile. Anche qui il supporto dell'identificazione - come afferma Lacan - la "fetta di salmone". La

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    -fetta" indica infatti il significante del desiderio del-L\ltro. Perch il marito che usa quest'espressione parlando eli un "pezzo di sedere di una bella figlio-la-. La bella macellaia si pone cos al posto del mari-to guardando l'oggetto del desiderio rappresentato dal corpo-magro dell'amica. Che cosa ci sar nella magrezza dell'Altra capace di sedurre il desiderio dell'uomo?

    Infine la terza identificazione , come si esprime Miller, l'identificazione con l'oggetto del desiderio maschile, di cui il supporto ancora la fetta di sal-mone: si tratta, in questo caso, di essere il fallo, foss'anche un po' magro. Ecco l'identificazione ulti-ma al significante del desiderio. 16

    Quando qui Lacan evoca il fallo lo evoca alla stre-gua di "significante del desiderio", ovvero come significante della mancanza. Allora "essere-il-fallo" indica per una donna il posto da occupare nella rela-zione con un uomo perch possa non essere ridotta a un mero oggetto di soddisfacimento, perch possa non solo provocare la spinta pulsionale ma anche e soprattutto causare il desiderio.

    Nel sogno della bella macellaia, il rifiuto di nutrirsi - questo sogno un sogno anoressico poich nessu-no si nutre di cibo - si connota dunque come l'indi-ce della manovra isterica del soggetto: ripudio della posizione di oggetto del godimento maschile per indicarne l'al di l nella trascendenza insoddisfatta del desiderio . Dove l'essere-il-fallo indica propria-mente il porsi del soggetto nella posizione di oggetto che causa il desiderio, sottraendosi dalla posizione eli

    16 Cfr. J.-A. Miller, Trio da melodramma, cit., p. 39, e J. Lacan, La direzione della cura ... , cit., p. 622 .

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    oggetto del soddisfacimento. Allo stesso modo un 'al-tra celebre isterica di Freud, come Dora, reagir con una risposta anoressica ai corteggiamenti invadenti del Sig. K, rifiutando cos di sentirsi usata come merce di scambio dal padre, il cui desiderio era tutto preso dalla relazione con Madame K. Anche qui il valore isterico di questa risposta orale ha in ultima istanza la stessa ispirazione del sogno della bella macellaia: chiudersi alla dialettica della domanda per aprire la dialettica del desiderio; negarsi come ogget-to del soddisfacimento per acquisire il valore fallico di un oggetto che vale proprio perch non lo si pu avere mai del tutto.

    1.8 Circuito del godimento e circuito del desiderio

    Nel sogno della bella macellaia emerge con chiarezza la funzione dell'oggetto orale nell'isteria. Oggetto di disgusto o di rifiuto che segnala la necessit per il soggetto di mantenere divaricati il godimento dal desiderio per evitare di subire un declassamento a oggetto del godimento dell'Altro. Il disgusto (buli-mia) o il rifiuto (anoressia) , se mantengono questa dialettica con l'Altro, indicano l'esistenza di una struttura nevrotica del soggetto di tipo isterica, poi-ch essi funzionano alla stregua di manovre soggetti-ve per far sorgere al posto dell'Altro delle cure, l'Al-tro del desiderio. Nondimeno la clinica insegna la non completa sovrapponibilit dell'anoressia-bulimia alla struttura isterica del soggetto. Sia nel senso che non si pu escludere una anoressia-bulimia a struttu-ra psicotica, sia in quello per cui all 'interno dello stesso discorso anoressico-bulimico si a\'\'erte una

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    sorta di disarticolazione strutturale tra desiderio e godimento che non risponde per completamente alla logica del discorso isterico.

    La posizione del soggetto anoressico-bulimico in effetti una posizione segnata da una sorta di paralleli-smo strutturale tra il circuito del godimento e il circui-to del desiderio.

    Dal punto di vista clinico, il circuito del godimen-to deve essere rubricato sotto il segno della pulsione di morte e dell'al di l del principio di piacere, di cui il masochismo offre una concisa rappresentazione laddove esibisce il soggetto come strutturalmente contro se stesso. Questo circuito ha la caratteristica di essere un circuito chiuso, avviluppato su se stesso. La temporalit che lo orienta infatti quella della compulsione a ripetere. una temporalit bloccata, congelata. una temporalit autistica che tende a escludere l'Altro. Il godimento infatti, come La ca n ha precisato, non sul lato dell'Altro ma sul lato della Cosa. Dalla parte dell'Altro, orientato verso l'Altro, infatti il desiderio (che in quanto umano sempre desiderio dell'Altro) e non il godimento. 17

    Il circuito del godimento un circuito autoerotico. Tutto gira attorno al corpo ma senza paradossalmen-te implicare in questo giro l'Altro. Questo circuito segnato da un pieno, o meglio, da un troppo-pieno. La dimensione del godimento infatti una dimensio-ne reale in quanto esclude per principio la dimensio-ne della mancanza e quella del senso. Il suo modello

    17 La "formula" completa : il desiderio viene dall'Altro e il godimento dal lato della Cosa. Cfr. J. Lacan, Del Treib di Freud e del desiderio dello psicoanalista, in Scritti, cit., p. 857.

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    clinico pi evidente rappresentato dalle crisi cicli-che, in perpetua ripetizione, della bulimia: l'alter-nanza ripetuta di abbuffate e vomito. Questa alter-nanza pu essere descritta come una serie continua di addizioni e sottrazioni di godimento:

    +-+-+- ...

    Questa serialit ciclica. Gira su se stessa. Il suo punto di partenza il vuoto aperto dal significante nel reale. Ma non c' un punto di arrivo se non la ripetizione della serie fine a se stessa. Questo indica il fondamentale autoerotismo del circuito del godi-mento.

    La sottrazione (-) l'indice dell'esperienza del vomito bulimico. Un vomito che per lo pi in rela-zione con l'incorporazione in eccesso del godimento, nel senso che esso consente al soggetto di evacuare, di svuotarsi del godimento in eccesso incamerato dall'attacco bulimico. L'addizione ( +) infatti il tempo della voracit bulimica. Ma altre volte il vomi-to diventa la scansione dominante: non si mangia pi per mangiare ma si mangia per vomitare. La sottra-zione diventa allora la vera addizione. Mentre l'addi-zione serve alla sottrazione.

    Da una parte dunque il vomito funzionale all'i-terazione continua della serie delle abbuffate perch svuotando il corpo dal godimento lo prepara a un nuovo eccesso. Dall'altra, per, esso pu avere la funzione di invertire la direzione del soggetto: non vomita per continuare a mangiare ma per continua-re a vomitare che mangia. Il vomito, cio, non pie-gato alle esigenze del mangiare, del riempirsi, ma

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    mette in luce il godimento speciale del vuoto, insie-me all'inconsistenza dell'oggetto-cibo, che rivela alla sua radice non una sostanza bens l'annientamento di ogni sostanza.

    Cos da una parte il vomito prefigura arcaicamente l'azione della funzione paterna in quanto instaura una soglia, scrive un limite, un argine: "Pi di cos non puoi, pi di cos impossibile!" Esso mette dunque in funzione l'alternanza minima tra la pre-senza e l'assenza che costituisce l'articolazione essen-ziale della funzione simbolica come tale (ilfort-da del gioco del rocchetto del piccolo Ernst commentato da Freud): oscillazione di presenza e assenza. Anche se nel caso della addizione-sottrazione bulimica, pi che di una scansione simbolica di presenza-assenza, si tratta in realt di un'alternanza tra il vuoto e il pieno che anzich costituire anticipa solamente, per cos dire, la dialettica simbolica vera e propria.

    I soggetti anoressico-bulimici che non riescono a vomitare sono quelli che pi di altri mostrano una fortissima angoscia persecutoria verso l'oggetto-cibo, perch una volta incorporato, esso promuove nel soggetto vissuti violenti di indegnit, malignit, deva-stazione sotto il segno di un'angoscia radicale. Il vomito serve allora al soggetto anche per attenuare questi effetti. questa la sua funzione essenziale di supplenza del Nome del Padre nei soggetti anoressi-co-bulimici a struttura psicotica: conservazione della propria unit immaginaria minacciata dai vissuti di frammentazione del corpo causati dalla sua deforma-zione reale provocata dall'assimilazione del cibo. Come prefigurazione primordiale della funzione paterna- primordiale perch reale e non simbolica -, il vomito erige una sorta di diga rispetto a un Altro

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    maligno che si presentifica immaginariamente nella persecutoriet dell'oggetto-cibo.

    Se invece il vomitare rovescia il circuito dell'addi-zione-sottrazione del godimento, allora l'atto del mangiare si rivela nella sua natura pulsionale pi pura. La bulimica infatti non mangia per mangiare ma mangia per godere. Non del cibo evidentemente, ma del niente che finisce per trovare , grazie allo svuotamento reso possibile dal vomito, al fondo della sostanza che ingurgita.

    Nell 'anoressia cosiddetta "restrittiva" il circuito del godimento invece legato al primato che l'Ideale tende a realizzare sulla pulsione. Questa dominanza punta a chiudere la via del desiderio. Il soggetto ano-ressico infatti proclama con una certa superbia che non desidera niente, che non vuole niente, che non manca di niente. Il niente che la bulimica ritrova al fondo della sostanza-cibo, l'anoressica lo mette di tra-verso all 'Altro. La sua una chiusura rispetto al desi-derio dell'Altro, o per poter sconfessare la castrazio-ne dell 'Altro e godere in pace del suo corpo-feticcio ( il tratto perverso reperibile in molte anoressiche), o per provocare nell 'Altro l'apertura di una mancanza, n dove proprio l'Altro a essere preso in ostaggio ( il tratto isterico di fondo dell'anoressia-bulimia) , nel ricatto anoressico ("guarda che muoio ... "). n problema della clinica dell'anoressia-bulimia da

    un punto di vista generale legato alla difficolt di arti-colare una domanda di cura che sia veramente tale, ovvero una domanda soggettivata. Questa difficolt un effetto del parallelismo tra il circuito del godimen-to e quello del desiderio. Nel senso che l'organizza-zione chiusa, autistica del godimento non entra, per cos dire, nella dialettica del desiderio. Anzi. Nell 'ano-

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    ressia-bulimia il circuito del godimento che s'impo-ne sul movimento del desiderio rendendo, per esem-pio, difficile lo sviluppo del transfert nella cura.

    Il circuito del desiderio, diversamente da quello del godimento, non chiuso su se stesso ma aperto in direzione dell'Altro. La natura intersoggettiva del desiderio stata messa in risalto, prima di Freud e di Lacan, da Hegel. Il desiderio desiderio dell'Altro, desiderio di riconoscimento, il desiderio di essere desiderati. questo il succo essenziale della dottrina hegeliana del desiderio. '" Dunque, quando Lacan afferma che il desiderio "viene dall 'Altro", intende proprio rimarcare la struttura pienamente intersog-gettiva, spalancata sull'Altro, del desiderio. Se il godimento avviluppato su se stesso - un pieno che respinge l'alterit dell 'Altro - , il desiderio al contrario un'apertura all'Altro. Esso non un pieno ma un vuoto. Il vuoto della mancanza a essere. Il desiderio infatti, come abbiamo visto, radicato nella mancanza. l 'istanza della mancanza. il modo in cui la mancanza viene all'esistenza. Deside-rare infatti mancare. Solo chi manca pu desidera-re. Il desiderio il segno della mancanza. Dunque il circuito del desiderio ordinato attorno a un vuoto. E questo vuoto apre il soggetto verso l'Altro, lo sospinge a ricercare nell 'Altro il modo per superare la sua mancanza, per trovare una risposta alla sua mancanza, per trovare quel desiderio che cerca per potersi sentire desiderato.

    18 Cfr. G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito , Nuova Italia, Firenze 1976, in particolare il capitolo dedi-cato all"'Autocoscienza".

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  • Il pieno e il vuoto

    L'anoressia-bulimia un modo di articolazione del circuito del desiderio. una posizione soggettiva che, nel caso dell'anoressia, tende a mantenere lo spazio del desiderio di fronte a un Altro materno invasivo, che fraintende costantemente la differenza costitutiva tra desiderio e bisogno, e che tratta il primo come se fosse un bisogno di qualcosa misconoscendone il carattere antropogenico: il desiderio , infatti, deside-rio dell'Altro e non di "pappa". Nel caso della buli-mia, invece, segnala l'impasse del desiderio. Nel sog-getto bulimico prevale infatti sul circuito del deside-rio il circuito del godimento. La crisi bulimica indica una sommersione del desiderio da parte del godimen-to. solo con l'evacuazione resa possibile dal vomito che il soggetto ritrova il vuoto, che non diventa per mancanza poich sospinge - secondo la logica della ripetizione- in modo acefalo il so