Massimo Pazzini_ IO HO MOLTA PAURINA

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catalogo mostra IO HO MOLTA PAURINA del pittore riminese Massimo Pazzini. 29 maggio| 05 giugno 2011. Verucchio, Piazza malatesta n°20. Testi a cura di Roberta Aliventi. Grafica Giovanni Baschett

Transcript of Massimo Pazzini_ IO HO MOLTA PAURINA

2Roberta Aliventi

Con immagini veloci, simili ai disegni dei bambini, Massimo Pazzini crea un’antologia delle nostre paure più comuni. La paura sentita nel suo essere tensione spontanea, costantemente in bilico tra fantasia e realtà, che innesca reazioni improvvise, difficili da controllare. L’occhio del pittore si distacca dalle strutture logiche degli adulti e ci restituisce l’aspetto irrazionale della paura con la scelta di una grafia infantile, accompagnata dall’uso di colori saturi. Pazzini inoltre frantuma il quadro in tanti piccoli ri-quadri autonomi. Da questa pluralità visiva l’opera trova la forza della propria

unità e diviene un collage di idee e storie. Lo spettatore si trova così di fronte ad una narrazione spezzettata e allo stesso tempo continua, che lo porta a specchiarsi nelle proprie paure. L’artista dosa serietà e leggerezza, riuscendo a giocare sull’emotività. L’ironia che traspare dai quadri non soffoca la riflessione, anzi la esalta innescandola come un processo spontaneo. Riquadri di solo colore si alternano alle scene, dando respiro alla composizione. L’equilibrio formale viene raggiunto da questa pluralità di colori, di immagini che scorrono senza mai sovrapporsi,

riuscendo ad essere significanti sia da sole sia raccordate alle altre. Ogni quadro si propone come un micro-cosmo dalla struttura circolare.

3olio su tela ~

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Così i lupi furono gli animali feroci che per primi riempirono la mia fantasia. La paura che avevo di loro era alimentata dalle fiabe che mi raccontavano le contadinelle bulgare. [...]La sera, quando i miei genitori uscivano, io restavo a casa con loro. Nella grande stanza di soggiorno, correvano lungo tutte le pareti bassi divani turchi. Oltre ai tappeti sparsi dappertutto e ad alcuni tavolinetti, erano i soli arredi permanenti della sala di cui io riesca a ricordarmi. Quando si faceva buio, le ragazzine venivano colte dalla paura. Allora ci accucciavamo tutti insieme su uno dei divani ac-canto alla finestra, loro mi prendevano nel mezzo e cominciavano a raccontare storie di lupi mannari e di vampiri; appena finita una storia, subito ne com-inciavano un’altra ed era una cosa terribile; eppure io, stretto tutt’intorno dalle ragazze, stavo bene ed ero contento. Tale era la paura che nessuno di noi osava muoversi e alzarsi, e quando i genitori ritor-navano a casa ci trovavano ammucchiati sul divano tutti tremanti.

Da E. Canetti, La lingua salvata(ed. La biblioteca di Repubblica, 2002, pp. 18-19)

5olio su tela | 70x50 cm

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Quando Sancio udì le parole del suo padrone cominciò a piangere con una grandissima tenerezza, e a dirgli:- [...] Per quell’unico Iddio, non mi faccia, signore, un tale torto; che se poi non vuole la signoria vostra desistere del tutto dall’intraprendere quest’impresa, la rimandi, almeno, fino a domani; che da quanto a me mostra la scienza che appre-si quand’ero pastore, mancano meno di tre ore all’alba, perché la bocca del Corno ci sta sul capo, e forma la mez-zanotte sulla linea del braccio sinistro. - Come puoi tu, Sancio - chiese don Chisciotte -, vedere dove forma codesta linea, o dove sta codesta bocca o collottola che tu dici, se è così oscura la notte che non si vede in tutto il cielo una sola stella?- Così è - disse Sancio -; ma la paura ha mille occhi, e vede anche le cose che stanno sottoterra, figurarsi poi quelle di lassù, nel cielo; d’altra parte, per ovvio ragionamento, si può facilmente capire che manca poco a far giorno.

Da M. De Cervantes, Don Chisciotte della Mancia (ed. Einaudi, 2000, pp. 185-186-187)

7olio su tela | 70x50 cm

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Psiche, prostrata a terra e seguendo con lo sguardo il volo del marito, fin dove poteva vederlo, si straziava l’animo con lamenti disperati; poi, quando lo sbatter d’ali e la grande altezza glielo rapirono, portandolo via lontano, si buttò a testa in giù dalla riva del fiume vicino. Ma il fiume gentile, di certo per rispetto al dio che fa bruciare persino le acque, temendo per se stesso, la prese subito in seno a un suo gorgo, senza farle male, e la depose sulla riva lussureggiante d’erba. [...]

Da Apuleio, Le Metamorfosi, libro V, XXV.(ed. Bur, 2005, p. 361)

9olio su tela | 100x80 cm

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[...]e disse: << Gerïon, moviti omai:

le rote larghe, e lo scender sia poco;pensa la nova soma che tu hai >>.

Come la navicella esce di locoin dietro in dietro, sí quindi si tolse;e poi ch’al tutto si sentì a gioco,

là ’v’ era ’l petto, la coda rivolse,e quella tesa, come anguilla, mosse,e con le branche l’aere a sé raccolse.

Maggior paura non credo che fossequando Fetonte abbandonò li freni,per che ’l ciel, come pare ancor, si cosse;

né quando Icaro misero le renisentì spennar per la scaldata cera,gridando il padre a lui << Mala via tieni! >>,

che fu la mia, quando vidi ch’i’ erane l’aere d’ogne parte, e vidi spentaogne veduta fuor che de la fera.[...]

Da Dante, La Divina Commedia, canto V vv. 97-114(ed. Garzanti, 2000, pp. 190-191)

11olio su tela | 70x60 cm

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[...]E l’incerto, cupo fruscio di seta delle tende scarlatteMi agghiacciò - mi riempì di fantastici terrori giammai prima provati.Sicché per placare la corsa del mio cuore andavo ripetendo- E’ qualche visitatore che chiede d’entrare per l’uscio della mia stanza -Qualche tardivo visitatore che chiede d’entrare per l’uscio della mia stanza -

E’ questo soltanto e nulla più.

Subito il mio animo ebbe sollievo - senza esitare più a lungoSignore - dissi - o signora, umilmente vi chiedo perdonoMa è che stavo sonnecchiando - mentre voi così gentilmente avete grattato Così piacevolmente avete battuto - battuto all’uscio della mia stanzaChe io sono appena sicuro di avervi udito - e qui spinsi l’uscio nel vuoto -

C’era il buio e nulla più.

Da E. Flaiano, Traduzione del Corvo di E. A. Poe(E. Flaiano, Scritti postumi, Bompiani, 1988 p. 119-1120)

13olio su tela | 100x70 cm

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PRIMA VEGLIATRICE Se almeno potessimo gridare per svegliarci! Sento gridare dentro di me, ma non conosco più il cammino dalla mia volontà fino alla mia gola. Sento la necessità feroce di avere paura che qualcuno possa bussare a quella porta. Perché non bussa nessuno? Sarebbe impossibile, ed io ho necessità di aver paura di questo, di sapere di che cosa ho paura ... Come mi sento strana! ... Mi pare di non avere più la voce ... Parte di me stessa si è addormentata ed è restata a contemplare ... Il mio terrore è cresciuto ma non riesco più a sentirlo ... Non so in quale parte dell’animo lo si sente ... È stata messa alla percezione del mio corpo una cappa di piombo [...]

Da F. Pessoa, Il marinaio(trad. A. Tabucchi, ed. Einaudi, 1996)

15olio su tela | 80x70 cm

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C’era una volta un ragazzetto chiamato Giovannin senza paura, perché non aveva paura di niente. Girava per il mondo e capitò a una locanda a chiedere alloggio. - Qui posto non ce n’è, - disse il padrone, - ma se non hai paura ti mando in un palazzo.- Perché dovrei aver paura?- Perché ci si sente, e nessuno ne è potuto uscire altro che morto. La mattina ci va la Compagnia con la bara a prendere chi ha avuto il coraggio di passarci la notte. Figuratevi Giovannino! Si portò un lume, una bottiglia e una salsiccia, e andò. [...]Appena schiarì il cielo, si sentì un canto: Miserere mei, miserere mei, ed era la Compagnia con la bara che veniva a prendere Giovannino morto. E lo vedono alla finestra che fumava la pipa. Giovannin senza paura con quelle monete d’oro fu ricco e abitò felice nel palazzo. Finché un giorno non gli successe che, voltandosi, vide la sua ombra e se ne spaventò tanto che morì.

Da I. Calvino, Giovannin senza paura ( I. Calvino, Fiabe italiane, Einaudi, 1956, vol. I, pp. 3-4)

17olio su tela | 60x45 cm

18Simona Calzone

La Paura

Paura........ansia.....: bestie da cacciare....mali da estirpare...ma è proprio così?Da sempre la paura accompa-gna l’uomo. In ogni cultura del mondo, la paura si manifesta con le stesse espressioni fac-ciali, così come le cosiddette “emozioni di base” : la felicità, il disgusto, la rabbia, la tristezza, la sorpresa, il disprezzo e la paura appunto. Perché dovremmo mai cacciarla dal nostro giardi-no?? E’ un fiore utile quanto la gioia! Nessuno vuole più pro-vare ansia o paura, addirittura essere in ansia è spesso vissuto come sintomo di debolezza, ma esse sono funzionali alla nostra sopravvivenza....cosa accadreb-

be se non provassimo più pau-ra? Probabilmente ci estingue-remmo in breve tempo! Diverso è il discorso quando si inizia ad avere “paura della paura”: le ansie si intensificano a tal punto da compromettere il benessere psicofisico e la qualità della vita; anche solo l’idea di provare uno stato emotivo che si avvicina alla paura, provoca reazioni emoti-ve, fisiologiche e comportamen-tali spropositate e incontrollabili, divenendo così, veri e propri disturbi. Già nell’antica Grecia veniva descritto uno stato nel quale si sperimentano paure irragionevoli. Solo nel secolo scorso questo tipo di problema ha preso il nome di Fobia, dal

nome del dio Febo Apollo che incuteva terrore nei suoi nemi-ci. La fobia è una reazione di paura spropositata dinanzi all’ “oggetto fobico” sia esso un luo-go, un animale o una situazione. Sono questi i casi in cui sarebbe opportuno considerare l’ipotesi ristabilire l’equilibrio emotivo tra i fiori del nostro giardino!

olio su tela ~19

A CuRA DI: Roberta Aliventi

PROGETTO GRAFICO: Giovanni Baschetti