Marzo 2012 - PARROCCHIA DI TORRI DEL...

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Marzo 2012 - Anno 14 (n° 160) Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco Appena finito il grande Giubileo del 2000 il beato Giovanni Paolo II nella lettera programmatica del post Giubileo invitava la comunità cristiana a puntare in alto con il perentorio invito di Gesù risorto rivolto a Pietro “Duc in altum” al di fuori di ogni appiattimento di mediocrità veniva indicato con forza l’orientamento fondamentale da assumere con responsabilità e determinazione per il nuovo millennio: “In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della SANTITA”. Santità intesa come “misura alta della vita cristiana ordinaria”, come impegno che non riguarda solo alcuni cristiani, ma tutti. Possiamo sentire rivolto lo stesso invito alla nostra comunità parrocchiale che esce in questi giorni dalla grande esperienza della Missione parrocchiale. L’invito rivolto a tutti e a ciascuno: “Siate santi”. Santità è il nome della nostra vocazione di battezzati. Chiedere a un catecumeno: “Vuoi ricevere il battesimo”, significa al tempo stesso chiedergli:” vuoi diventare santo?”. Non ci sono scappatoie per nessuno: “Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione”. Diventare santi è desiderio significativo e possibile anche oggi, per tutti: Se il Concilio ha voluto dare al capitolo V° della lumen Gentium il titolo: “Universale vocazione alla santità nella Chiesa!”, è proprio perché sia evitato il rischio di relegare la santità nell’eccezionale. E l’unica tristezza di un cristiano è quella di accorgerci di non essere ancora santi. Santi nel quotidiano . Mettiamoci dunque in cammino: la santità è appunto il cammino con Dio che ci converte, per portarci alla condivisione della vita divina, fin d’ora qui sulla terra. Conversione è la parola-consegna della quaresima: siamo quindi nel tempo migliore per realizzare la figura fondamentale della vita cristiana: “Nella sequela di Cristo –mossi dallo Spirito- in cammino verso il Padre”. Non ci è richiesto di fare miracoli: se mai, l’unico miracolo di cui abbiamo bisogno, è la fede che diventi vita, nella quotidianità delle nostre giornate. Ho detto quotidianità, perché è proprio la quotidianità che Cristo ha santificato nei suoi trenta anni vissuti a Nazaret. Quando parliamo dell’imitazione di Cristo, di solito, noi concentriamo la nostra attenzione quasi esclusivamente sui tre anni di ministero pubblico, sulla sua bontà misericordiosa verso i peccatori, sui suoi atteggiamenti verso i piccoli, i poveri, i sofferenti… Ma dove si tocca con mano che cosa vuol dire incarnazione del Verbo tra gli uomini, è il considerarLo a Nazaret, immerso nelle

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Marzo 2012 - Anno 14 (n° 160)

Mensile della Comunità Parrocchiale di Torri del Benaco

Appena finito il grande Giubileo del 2000 il beato Giovanni Paolo II nella lettera programmatica del post Giubileo invitava la comunità cristiana a puntare in alto con il perentorio invito di Gesù risorto rivolto a Pietro “Duc in altum” al di fuori di ogni appiattimento di mediocrità veniva indicato con forza l’orientamento fondamentale da assumere con responsabilità e determinazione per il nuovo millennio: “In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della SANTITA”. Santità intesa come “misura alta della vita cristiana ordinaria”, come impegno che non riguarda solo alcuni cristiani, ma tutti. Possiamo sentire rivolto lo stesso invito alla nostra comunità parrocchiale che esce in questi giorni dalla grande esperienza della Missione parrocchiale. L’invito rivolto a tutti e a ciascuno: “Siate santi”. Santità è il nome della nostra vocazione di battezzati. Chiedere a un catecumeno: “Vuoi ricevere il battesimo”, significa al tempo stesso chiedergli:” vuoi diventare santo?”. Non ci sono scappatoie per nessuno: “Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione”. Diventare santi è desiderio significativo e possibile anche oggi, per tutti: Se il Concilio ha voluto dare al capitolo V° della lumen Gentium il titolo: “Universale vocazione alla santità nella Chiesa!”, è proprio perché sia evitato il rischio di relegare la santità nell’eccezionale. E l’unica tristezza di un cristiano è quella di accorgerci di non essere ancora santi.

Santi nel quotidiano. Mettiamoci dunque in cammino: la santità è appunto il cammino con Dio che ci converte, per portarci alla condivisione della vita divina, fin d’ora qui sulla terra. Conversione è la parola-consegna della quaresima: siamo quindi nel tempo migliore per realizzare la figura fondamentale della vita cristiana: “Nella sequela di Cristo –mossi dallo Spirito- in cammino verso il Padre”. Non ci è richiesto di fare miracoli: se mai, l’unico miracolo di cui abbiamo bisogno, è la fede che diventi vita, nella quotidianità delle nostre giornate. Ho detto quotidianità, perché è proprio la quotidianità che Cristo ha santificato nei suoi trenta anni vissuti a Nazaret. Quando parliamo dell’imitazione di Cristo, di solito, noi concentriamo la nostra attenzione quasi esclusivamente sui tre anni di ministero pubblico, sulla sua bontà misericordiosa verso i peccatori, sui suoi atteggiamenti verso i piccoli, i poveri, i sofferenti… Ma dove si tocca con mano che cosa vuol dire incarnazione del Verbo tra gli uomini, è il considerarLo a Nazaret, immerso nelle

cose di ogni giorno, quelle che non fanno notizia; di Lui non si parlava se non per dire che era il figlio del falegname. Ma anche quei trent’anni sono Vangelo: la quotidianità è elevata, innalzata a dignità sublime, dopo che Gesù si è unito in un certo modo a ogni uomo: Ha lavorato con le mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Gesù con la sua vita ha consacrato la quotidianità; per farsi santi non occorre fare cose straordinarie, ma occorre vivere il presente facendo con amore la volontà di Dio che lì si manifesta, giorno dopo giorno, momento dopo momento. Domenico Savio domandò un giorno a Don Bosco: che cosa devo fare per diventare santo?. Don Bosco non gli consigliò di fare penitenze o lunghe preghiere: gli disse semplicemente: “fai bene i tuoi doveri e aiuta i tuoi compagni a diventare più buoni”. Liberiamoci dalla falsa idea che Dio esige troppo da noi: Dio è Padre buono e compassionevole, conosce la nostra fragilità, le nostre incertezze, le nostre paure, sa che siamo limitati. Se non siamo capaci di fare grandi cose, gesti eroici …non avviliamoci, facciamone di piccole, alla nostra portata, ma con amore: le scelte più semplici e normali quali la preghiera quotidiana, la lettura del Vangelo ogni giorno, la Messa domenicale e la confessione mensile. Praticando fedelmente queste regole di vita certamente diventeremo santi.

Don Giuseppe

CHIAMIAMO

LE COSE

CON IL

LORO

NOME

Che cosa desidera l’anima più della verità? Si domandava il grande S. Agostino. Quale verità? Oggi su tutto ognuno dice la sua e la confusione o i “dogmi” del TV–pensiero regnano sovrani. Ma questo, e lo si vede benissimo nei giovani, che sono i primi a farne le spese non favorisce la libertà. Spesso anzi acuisce l’intolleranza. Infatti, solo quando il sentiero è ben segnato e i piedi poggiano su pietre ben solide noi procediamo sicuri. Se i sassi sono scivolosi e traballanti avanziamo a fatica e ci sentiamo minacciati. Come non si stanca di ripetere il Papa. La prima responsabilità storica di noi cristiani del terzo Millennio è difendere la ragione nella sua capacità di ospitare la realtà intera. “Occorre tornare alle cose come stanno” scriveva Husserl, uno dei più grandi filosofi contemporanei. Occorre tornare al primato della realtà e, quindi, a chiamare le cose con il loro nome. Oggi sollecitato da alcuni lettori, vorrei tornare su una delle parole – chiave del nostro percorso. Quale realtà corrisponde alla parola famiglia nelle società avanzate del XXI secolo? Di famiglia si parla ancora, ma mi sembra un puzzle con i pezzi intercambiabili. Tuttavia l’esperienza di famiglia comune ad ogni uomo, pur nelle innegabili trasformazioni connesse alle vicende storiche e culturali dei vari tempi popoli, ci rimanda ad alcuni tratti indistruttibili, scolpiti in una roccia dura come il diamante. L’amore fedele tra un uomo e una donna, aperto alla vita e capace di prendersene cura, caratterizza “il vero bene comune” su cui si fonda ogni civiltà. Un bene prezioso da trasmettere alle generazioni future, per condividerlo con esse. Eppure i mass-media continuano a

Propositi maturati durante

le Missioni 2012 nel Bicentenario della nostra

Chiesa parrocchiale:

1. Preghiera quotidiana 2. Lettura del Vangelo ogni giorno 3. Messa domenicale 4. Confessione mensile

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sostenere chi pretenderebbe che i “propri desideri affettivi” fossero riconosciuti quali “diritti fondamentali” (basti vedere le coppie di fatto). Come se il vivere sotto lo stesso tetto “in ragione dell’esistenza di vincoli affettivi” fosse sufficiente a costruire un unico nucleo familiare. Ma le cose non stanno così: non bastano i vincoli affettivi a costruire una famiglia. Nel rispetto delle scelte di tutti, una famiglia è tale solo se poggia su tre fattori inseparabili: la differenza sessuale (uomo-donna), l’amore come dono di sé e la fecondità. Di questa proposta integrale si nutrono le speranze più elevate dei giovani, cioè le speranze di una vita pienamente riuscita. Ma accogliere integralmente la realtà della famiglia non è un compito che può essere lasciato semplicemente alla libertà individuale. La famiglia, infatti, mette in campo la dimensione comunitaria e sociale dell’umana esistenza e questo implica la necessità di sostenerla anche attraverso politiche essenziali al buon governo di ogni società democratica. La legge ha il compito di educare la persona a vivere secondo virtù. E questo significa che leggi che non rispettano la realtà delle cose (come sono le leggi che chiamano “famiglia” le convivenze di diversa natura) non sono neutre e provocano un danno alla convivenza sociale. Il “buon senso” del nostro popolo è più orientato alla difesa dei capisaldi di questa vita buona di quanto lo siano certi intellettuali o certi politici. Il comune di una grande città italiana, all’avanguardia di politiche sociali, ha attivato nel gennaio 1999 la cosiddetta “attestazione di famiglia affettiva”, una specie di “registro delle coppie di fatto” tuttora oggetto di dibattito nel nostro Paese: il dato sorprendente è che in questi anni i cittadini che hanno scelto di avvalersene sono pochissimi. La realtà è testarda e finisce per aprirsi sempre una strada nella vita degli uomini. La famiglia è tale solo se poggia sulla differenza sessuale tra uomo e donna, sull’amore come dono di sé e sulla fecondità.

Angelo

IL PROFETA GIONA “Giona” è uno dei 73 libri della Bibbia, è un libro didattico che ha suscitato molte discussioni tra gli studiosi. Il nome Giona significa “colomba”. Il libro di Giona è collocato tra i libri profetici, ma probabilmente non appartiene a questo genere letterario. Si tratta piuttosto di una parabola in prosa che cerca di trasmettere alcuni insegnamenti. Appartiene dunque al genere didattico. Il suo autore è ignoto: il titolo è derivato dal nome del protagonista: sembra che sia stato scritto dopo l’esilio, nel V secolo a.C. Come può essere nato questo libro? Forse come reazione alle prospettive eccessivamente particolaristiche a cui potevano condurre i libri di Esdra e di Neemia. L’unico obiettivo dell’autore sembra essere quello di far capire ai lettori del suo fine e ironico racconto che tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza, Dio vuole che tutti gli uomini si salvino. Anche i nemici del popolo di Dio. La figura di Giona vuole essere il ritratto del giudeo meschino che preferisce la propria gloria al bene degli altri uomini. Qui viene narrata una vicenda: la conversione di un re e di una città che certamente è accaduta e che il profeta addotta e amplifica per dimostrare e visualizzare un atteggiamento benefico di Dio verso i non Ebrei e un

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atteggiamento religioso dei non Ebrei verso il Dio biblico, che è Dio di tutti. La misericordia di Dio viene messa in luce in un messaggio pieno di delicatezza. Dio è buono con tutti i personaggi del racconto. E tutti i personaggi sono nobili e buoni, persino i marinai, che fanno l’impossibile per non dover gettare Giona fra le onde. Sono tutti buoni meno Giona, l’unica figura rigida e intransigente, molto simile al figlio maggiore che Luca descrive nella parabola del figliol prodigo. Viene messo in evidenza l’egoismo dell’israelita che fa di tutto per non dover accettare che altri uomini siano salvati, adirandosi perfino con Dio. E anche Dio viene presentato per quello che è: amore fedele e misericordioso. Le ultime righe del libro sono un’appassionata affermazione della misericordia di Dio verso tutto il creato: “Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere tra la mano destra e la mano sinistra, e una grande quantità di animali?”. Il libro è fortemente segnato da un modo di pensare cattolico, cioè universale. Sembra che l’autore ispirato abbia intuito che il popolo di Israele è soltanto un esempio e un o strumento della salvezza che Dio vuole donare a tutti gli uomini.

Gianni

VENERDÌ 24 FEBBRAIO ORE 20.30 CATTEDRALE DI VERONA

IL VESCOVO

HA CONSEGNATO AI RAPPRESENTANTI DELLE PARROCCHIE IL

LIBRO DI GIONA Venerdì 24 febbraio nel Duomo a Verona il nostro vescovo Mons. Giuseppe Zenti ha consegnato ai delegati delle parrocchie il libro da approfondire durante la Quaresima nei centri d’ascolto. Il libro in questione quest’anno è quello del profeta Giona con sottotitolo: “profeta riluttante di un Dio misericordioso”. Nell’intervento del vescovo in cattedrale ci ha spiegato chi era questo profeta e quale missione Dio gli affidò. E’ un libro molto semplice, scorrevole e ironico. E’scritto sottoforma di racconto, di parabola (Gesù lo stesso quando

Il Libro di Giona sarà l’argomento

degli incontri di catechesi

che si terranno nei Centri di Ascolto

durante la Quaresima

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vuol far capire a tutti il messaggio usa le parabole perché più semplici.) di facile lettura e di grande efficacia comunicativa. In tutto il libro Giona non si rassegna ad accettare un Dio misericordioso, preferendogli il Dio del giudizio inesorabile: il messaggio centrale perciò diventa la conversione del profeta a servire il progetto di Dio che vuole la salvezza di tutti gli uomini, superando la ristrettezza della mentalità religiosa tradizionale ebraica, annunciando un Padre che ama tutti gli uomini e tutti vuol salvare. Dio è buono, fedele e grande nell’amore verso tutti soprattutto verso i peccatori, i malati, gli stranieri, gli impuri, gli emarginati. Dio dà fiducia alle persone al di là degli errori e delle debolezze, al di là dei limiti e dei tradimenti, perché Dio ha fiducia nell’uomo ed è misericordioso sempre verso tutti. La missione è sempre la stessa: denunziare il male; lanciare un invito alla conversione; dare una possibilità di cambiamento, far intravedere una speranza per il futuro (vedi la conversione di San Paolo).

Un messaggio che Gesù successivamente annuncerà per tutta la Palestina. Oggi la lettura di questo libro dell’Antico Testamento pone gli stessi interrogativi alla nostra Chiesa: i cristiani, infatti, si trovano a vivere ed ad annunciare il Vangelo in una società fortemente secolarizzata e globalizzata, dove il credente di religione diversa, l’indifferente, l’ostile, il diverso, è il vicino di casa e lavoro. Così diventa viva e coinvolgente anche per noi questa perla di saggezza racchiusa nella Bibbia. Un’ultima spiegazione del nostro vescovo a riguardo di quando si legge spesso nella Bibbia dell’ “IRA di DIO”: ciò non è indicativo di un sentimento di rabbia verso gli uomini, ma si riferisce ad un sentimento di dispiacere quando qualcuno si avvicina al peccato, al male. Vuol dire che Dio si dispiace molto quando qualcuno si avvicina al demonio. Infine Monsignor Zenti conclude con un augurio di buona lettura e buona Quaresima.

Anna

CENTRI DI ASCOLTO QUARESIMA 2012

FAMIGLIE OSPITANTI

ANIMATORI

GIORNO

ORA

1

Benaglio Catullo e Caterina

Tonelli Lucrezia, Vedovelli Caterina

Mercoledì

15.00

2

Pescetta Ottorino e Luigina Suor Luisangela

Venerdì

20.30

3

Bertera Ferruccio e Renata

Carli Nadia

Martedì

20.30

4

Corradi Santa

Vedovelli Valeria

Martedì

20.30

5

Presso “Casa del Padre” Suor Adele

Mercoledì

15.00

6

Giacometti Chiara (S. Faustino) Suor M. Ausilia, Zanolli Rosanna

Martedì

15.00

7 Sala Parrocchiale di Pai Menapace Anna, Bertuzzi Claudia Martedì 20.30

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RICORDO DI MONS. LUCIANO DE AGOSTINI

Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli Torri del Benaco 11 giugno 2002

TESTAMENTO SPIRITUALE

Intendo soprattutto ringraziare il Dio della mia vita, della mia storia, per il bene immenso che mi ha da sempre e abbondantemente dato, per i meravigliosi doni che mi ha elargito con immensa generosità, per avermi messo a fianco lungo il cammino della mia esistenza, persone meravigliose che mi hanno fatto toccare con mano, la Sua continua e concreta benevolenza: I miei Genitori, i Fratelli e le Sorelle. I Sacerdoti Fratelli e le Sorelle. I Sacerdoti della mia Parrocchia di origine, Sona. Il Vescovo Mons. Giuseppe Carraro, Padre della mia Vocazione Sacerdotale. Gli altri Vescovi che sono stati veri Padri nella Fede. Tutti gli Educatori e i Sacerdoti del Seminario, in particolare Mons. Giovanni Falzoni e Mons. Andrea Veggio. Tutti i Sacerdoti e Laici che ho incontrato lungo il mio Ministero Sacerdotale. Ma un grande profondo e filiale grazie, rivolgo alla Vergine Santissima, Mamma di Gesù e Mamma mia. L'ho sempre sentita come una cara Mamma, sempre al mio fianco. Con la Sua materna protezione, con la Sua delicata guida, mi ha sempre consigliato di fare tutto quello che Gesù mi chiedeva, ogni giorno della mia vita. Chiedo a tutti di pregare per me, affinché il Buon Dio, per il quale ho vissuto tutta la mia vita, mi accolga il più presto possibile con sé nella felicità del Paradiso. Da parte mia assicuro di intercedere grazie e benedizioni dal Signore per tutti Voi!

In Cristo! Don Luciano De Agostini

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Verona 25.2.2012

Non è facile in poco spazio parlare della nostra vita di questi anni insieme a don Luciano. Per noi suore vietnamite della congregazione Amanti della Santa Croce egli è stato non solo un sacerdote e una guida, ma anche un padre e un familiare. Nella primavera del 2003 in tre sorelle venimmo accolte a Torri del Benaco. Il nostro arrivo nella Diocesi di Verona era pieno di incognite, arrivando noi da un paese molto lontano, con una lingua molto diversa, un clima più caldo e differenti condizioni di vita. Ma le nostre paure vennero presto superate grazie all’accoglienza che da subito don Luciano ci aveva riservato e da come lui seppe ben presto introdurci nella vita comunitaria parrocchiale. Il sentirci parte di una grande famiglia ci aiutò anche a sopportare meglio il distacco dalla nostra famiglia di origine in Viet Nam. Nel 2006 don Luciano fu trasferito a Verona nella parrocchia di Porto San Pancrazio e noi, come sue figlie, lo seguimmo. Era cambiato l’ambiente, ma non la nostra famiglia che non solo era diventata più forte ed unita, ma si era ingrandita con l’arrivo di nuove sorelle. Dopo solo un anno però, don Luciano fu costretto a lasciare la parrocchia per motivi di salute e divenne Cappellano dei Canonici della Cattedrale. Pur rimanendo noi residenti a Porto San Pancrazio, egli continuò ad essere la nostra paterna guida. Nel 2008, grazie ad un temporaneo miglioramento delle condizioni di salute, don Luciano accettò un nuovo incarico presso la parrocchia cittadina di San Tomaso Cantuariense. Per noi sorelle Amanti della Santa Croce fu l’occasione per dividerci in due comunità: una rimase a Porto San Pancrazio mentre l’altra si insediò a San Tomaso. In entrambe le parrocchie eravamo attive nella pastorale parrocchiale. Lo scorso anno alcune di noi vennero incaricate di svolgere un nuovo servizio presso la Cattedrale di Verona. Nella scorsa estate don Luciano ebbe nuovi problemi di salute che lo costrinsero, per la seconda volta in pochi anni e con rinnovata sofferenza, a lasciare la guida della parrocchia. Fu nominato Canonico della Cattedrale, carica che non ebbe modo di svolgere a causa dell’aggravarsi della malattia e dei lunghi ricoveri in ospedale. Noi sorelle, sempre vicine a lui, ci trovammo coinvolte nella sua assistenza, opera che condividevamo insieme alla sorella Renza e agli altri suoi fratelli. Nonostante le croci del corpo che lo debilitavano sempre più, egli non smetteva mai di incoraggiarci nello svolgimento dei nostri compiti ed era lui stesso a trasmettere a noi la forza necessaria per potergli stare vicino. Le benedizioni che sempre ci impartiva al termine di ogni visita rimarranno per sempre impresse nei nostri cuori. Dopo un breve ritorno a casa avvenuto a Natale, ritorno che don Luciano aveva desiderato con tutte le sue forze, fu ricoverato per l’ultima volta fino alla sua morte avvenuta la sera di sabato 11 Febbraio 2012, festa della Madonna di Lourdes. Quel giorno noi sorelle eravamo tutte unite in silenziosa preghiera attorno al suo letto. La sua forza, la sua grande fede, il suo amore ed il suo coraggio ci sostengono non solo nella sofferenza per la sua mancanza, ma anche nella continuazione del progetto pastorale che lui ha sempre desiderato e portato avanti. Nella certezza che lui ora vive nell’amore eterno di Dio Padre, sappiamo anche di poterlo invocare. Se lui non ci aveva mai abbandonate quando era fisicamente presente in mezzo a noi, tanto meno ora che si trova in Paradiso potrà abbandonarci e continuerà ad essere per noi quel padre a cui continuamente ricorrere. Caro don Luciano, grazie per tutto quello che ci hai dato in questi anni, e grazie Signore per avercelo donato come segno del tuo amore per noi.

Sr. Maria

RICORDO DI MONS. LUCIANO DE AGOSTINI

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Intervista a Don Luciano

II nostro Parroco, che compie a giugno i 30 anni di Sacerdozio Dedichiamo questa volta uno spazio del giornalino a Don Luciano, per conoscerlo un po’ più da vicino, per costringerlo affettuosamente a fare un bilancio di questi suoi 30 anni di ministero Sacerdotale. La sua è una fede salda, sicura, robusta, quella fede che dà veramente significato ad una vita. È la fede in Dio che egli ci vuole partecipare con l’entusiasmo delle sue convinzioni, con l'esuberanza delle sue iniziative. Così Egli ha voluto gentilmente rispondere alle mie domande, improvvisate quanto le sue risposte:

Com'è nata la tua vocazione al sacerdozio? Tutto ha avuto inizio durante tre sere di riflessione e preghiera in onore di S. Luigi Gonzaga, che in Sona, il mio paese natale, veniva venerato come patrono dei giovani. Nella preghiera ho avuta chiara la percezione che il Signore mi chiamava a diventare Sacerdote. Però non sapevo cosa dovevo fare. A chi ti sei rivolto per un consiglio? Per primo, mi sono rivolto al mio curato, il quale non mi ha creduto. Allora mi sono confidato con il Parroco che ha cercato di darmi aiuto con vari consigli. Mi ha fatto conoscere il Seminario e mi ha presentato al Rettore e ad altri Superiori. Ma loro non sapevano quali iniziative prendere, perché avevo ormai 18 anni. L’allora Vescovo, Mons. Giuseppe Carraro, risolse il problema accogliendomi in casa sua, in Vescovado. E colà rimasi per un intero anno; era il 1959. Da allora Mons. Carraro divenne il mio primo e fondamentale Padre Spirituale. Lo vedevo studiare, pregare, in particolare celebrare la S. Messa. Tutto ciò mi è stato di splendido esempio e grande sostegno per la mia vocazione appena iniziata. Tanto che ancor oggi, quel santo Vescovo rimane per me un riferimento importante per il mio sacerdozio. Quali studi hai dovuto intraprendere, data la tua situazione un pò anomala? Infatti, fino a 17 anni ho lavorato, prima in campagna con la famiglia, poi sono stato assunto in un calzaturificio. Dai 18 anni ho ricominciato, percorrendo tutto il curriculum di studi che vanno dal ginnasio, attraverso il liceo fino alla teologia. Sua eccellenza il Vescovo, mi aveva anche suggerito di recuperare qualche anno di studio, ma io ho preferito arrivare al Sacerdozio il più preparato possibile. E quando è arrivato il grande Evento?

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Il 27 giugno 1971 sono stato consacrato nella Cattedrale di Verona, proprio dalle mani del Vescovo Mons. Carraro.

Il 28 giugno potei celebrare una messa di ringraziamento al Vescovo nella sua Cappella in Vescovado e, la domenica 4 luglio ho celebrato la Santa Messa Solenne nella mia Parrocchia di Sona. Dove hai iniziato a svolgere il tuo Ministero Sacerdotale e dopo quali tappe sei finalmente arrivato a Torri del Benaco? Dal ’71 al ’72 sono stato assegnato, come vice Parroco, alla Parrocchia di Dossobuono; dal ’72 al ’79 sono passato a Valeggio sul Mincio e nel ’79 a Domegliara. Nel 1984 sono stato nominato Direttore del Centro dì Spiritualità e Formazione Pastorale "Domus Pacis" di Legnago; nel ’93 mi è stata assegnata la Parrocchia di Terranegra e sono stato nominato Vicario Foraneo del Legnaghese. Nel ’97 come sai, sono arrivato tra voi qui a Torri del Benaco. Nel tuo Ministero Sacerdotale, quali sono state le tue scelte preferenziali? In ogni Parrocchia, nella mia azione pastorale, ho privilegiato la famiglia, i giovani e gli educatori. Queste priorità le ho potute concretizzare in modo unico e speciale al Centro Formativo e Spirituale della "Domus Pacis" di Legnago. In questo Centro e nelle varie Parrocchie ho promosso corsi formativi per la famiglia, per i giovani e per gli educatori. Nel corso di questi trent’anni non hai mai avuto qualche ripensamento o qualche dubbio sulla tua scelta del sacerdozio? A questa domanda, fattami sia da laici che da Sacerdoti in svariate occasioni, ho risposto sempre con profonda sincerità: Non mi sono mai pentito di questa mia scelta, ma al contrario, mi sento ogni giorno più soddisfatto del meraviglioso dono del "Sacerdozio” che il Signore, nella sua immensa bontà, mi ha donato. Nei vari cambiamenti, mi è stato facile accettare la volontà del Vescovo. Mi è

dispiaciuto, è vero, dover abbandonare realtà parrocchiali in cui avevo dato il meglio di me, però nel giorno dell'Ordinazione Sacerdotale avevo promesso al Vescovo e ai suoi successori: ubbidienza e riverenza. Questo mi ha sempre fatto accettare con disponibilità e fiducia i cambiamenti da loro disposti. Nel cambio di Parrocchia mi sono sempre presentato con l’atteggiamento di chi vuol conoscere, ascoltare ed incontrare chiunque e senza un programma prestabilito. Insieme al CPP ho invece cercato di individuare e realizzare il programma pastorale più adeguato alle esigenze della Comunità Parrocchiale. Proprio accettando le scelte del Vescovo, mi sono sempre trovato bene, in ogni Parrocchia in cui ho svolto il mio ministero. Ci è ormai noto che la tua azione Pastorale non è circoscritta al solo ambito Parrocchiale e Diocesano. La Provvidenza mi ha portato ad allargare il mio orizzonte missionario su due realtà importanti:

Il primo impegno mi ha permesso di realizzare, in collaborazione con Telepace, l’emittente Cattolica Telepace Ostrava nella Repubblica Ceca. Questa Tv è ora una splendida realtà, dovuta anche all'esperienza di Don Guido Todeschini. Telepace Ostrava sta gradualmente raggiungendo, con le proprie trasmissioni, decine di migliaia di famiglie.

Il secondo impegno è stato il gemellaggio tra la diocesi di Verona e la diocesi di Phan Thiet, in Vietnam, attraverso il véscovo locale Mons. Nikolas. Questo impegno è iniziato quattro anni fa, quando invitato da Mons. Andrea Bennati, incaricato dalla Diocesi di Verona per i Vietnamiti in Italia, ci siamo recati in Vietnam, per conoscere quella realtà ed esaminare le possibilità di un qualche aiuto. Dopo un primo intervento concreto, dato per costruire una Chiesa con la collaborazione anche dei miei famigliari ora l'impegno si è consolidato per la generosa partecipazione di molti parrocchiani di Torri. Con l'adozione a distanza si aiutano infatti alcuni Chierici a diventare Sacerdoti.

RICORDO DI MONS. LUCIANO DE AGOSTINI

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La collaborazione ora prosegue nell'intento di aiutare Religiose e Chierici a venire in Italia per completare gli studi. Hai qualche sogno nel cassetto?

Si, il mio grande sogno è quello di avere dei ragazzi e delle ragazze di Torri che con l'aiuto delle famiglie, dei catechisti, degli animatori e mio personale, rispondano generosamente alla chiamata di Dio come Religiose e come Sacerdoti. Non ti sembra piuttosto utopistico questo sogno, in questo periodo storico e nella nostra realtà?

Certamente no, perché conosco giovani e religiosi che si sono consacrati a Dio pur provenendo da famiglie atee e anticlericali. Dio chiama e, se noi collaboriamo con Lui, potremo avere anche la sorpresa di vocazioni e consacrazioni là dove non ce lo aspettavamo. Dopo quattro anni, come ti trovi a Torri?

Onestamente dire che mi trovo bene è sbagliato. Dico, con tutta la sincerità del mio cuore che mi trovo sempre meglio. Ma per le persone più bisognose del nostro paese e per gli anziani ed ammalati, qual è il tuo impegno pastorale?

Poiché la priorità del Ministero Pastorale, oggi, è quello della famiglia, degli educatori e dei giovani, ho pensato, come del resto propone la Chiesa, di costituire un gruppo di giovani ed adulti chiamati: “i Ministri Straordinari della Comunione”, per portare agli ammalati Gesù Eucaristia tutte le volte lo chiedono e per coltivare quel dialogo, quell'amicizia e quella fraternità che li farà sentire meno soli. Io assicurerò la mia presenza per la visita e la confessione natalizia e pasquale e anche per tutte le volte che l'ammalato lo richiederà. Nello stesso tempo assicurerò la visita agli ammalati ricoverati negli ospedali, purché la cosa mi venga comunicata. Prendo anzi l'occasione, ancora una volta, per ribadire a tutte le famiglie di Torri, di informarmi subito del ricovero di un loro congiunto.

A Torri si dice che tu tendi a delegare ai tuoi collaboratori laici, compiti ritenuti di competenza del Parroco, venendo a mancare di conseguenza un tuo contatto più frequente, diretto e personale con la gente.

Più di trent’anni fa c'è stato il Concilio Vaticano II che ha parlato della Chiesa "Tutta Ministeriale", cioè, ogni cristiano deve essere impegnato attivamente nella propria Comunità parrocchiale e nei vari ambiti di vita che frequenta. Il prossimo anno il Vescovo darà l'annuncio del Sinodo Diocesano (e tutta la Comunità sarà aiutata a capire di che avvenimento si tratta) dove sarà messo in forte risalto il ruolo dei Cristiani nella Parrocchia e nella società. Non si deve dimenticare il calo impressionante del numero dei Sacerdoti. Anche questo orienterà ogni cristiano a rendersi utile perché la propria Comunità non sia privata di tutte quelle iniziative parrocchiali, necessarie per la crescita umana e cristiana di ogni persona. Si conclude qui la mia intervista con Don Luciano, un Sacerdote dalle idee chiare, con tanta voglia di lavorare e..., possibilmente, di far lavorare. In una società sempre più distratta, se non indifferente o addirittura ostile verso il messaggio cristiano, c'è veramente bisogno di Sacerdoti decisi, che non si lascino intimorire né demoralizzare dalle tendenze correnti. A Don Luciano, quindi, la nostra simpatia, la nostra fiducia e la nostra riconoscenza.

William (Luglio 2001)

RICORDO DI MONS. LUCIANO DE AGOSTINI

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Domenica 12 febbraio. Campane a morto. Subito, la curiosità di sapere chi ha raggiunto la pace. Il telefono: è morto don Luciano. Prima ancora del dispiacere mi arrivano alla mente mille ricordi: Grest, adolescenti, gruppi di lavoretti femminili, gite, cene, risate e tanta allegria. Non potrò mai dimenticare quel periodo meraviglioso trascorso assieme a don Luciano. Con lui sono cresciuta, migliorata e mi sono sentita accettata. Era un uomo tutto di un pezzo. Rigido, rigoroso e allo stesso tempo dolce e comprensivo. Aveva un buon feeling con i bambini e tutti gli volevano bene. Ricordo ancora una bimbetta che aspettava il pullmino, seduta sulle sue ginocchia e dispettosa gli tirava i capelli. Lui rideva divertito. Sembravano nonno e nipotina. Spesso gli chiedevo come fosse nata la sua vocazione e lui, illuminato, rispondeva: “Sentivo sempre Qualcuno che mi chiamava per nome. Io, pur non vedendo nessuno sentivo che quel qualcuno voleva che mi consacrassi a Lui”. Ora, don Luciano sei tornato a casa, da Colui che tanto ti ha amato. Sono ricordi che non potrò mai dimenticare. Da te ho ricevuto tanto e la mia riconoscenza sarà pregare per te, ringraziarti e chiederti perdono. Non ti dico addio, ma arrivederci perché, alla fine ci ritroveremo tutti in Dio.

Loredana

RICORDO DI MONS. LUCIANO DE AGOSTINI

GIOVANI VERSO LA GMG 2013

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POSSO IO ESSERE FELICE? Disincantati, cinici, delusi, pragmatici. Cosi li dipingono i media e cosi appaiono secondo un certo cliché del mondo adulto. Ma i ragazzi di oggi sono davvero cosi? Un brano di Nicola Abbagnano mette in guardia i giovani dalle utopie. “Si dice che le giovani generazioni sono completamente aliene da ogni sogno utopistico e che la loro mentalità è fredda e realistica. Se è cosi, si tratta di una fortuna. L’utopia non è oggi un aiuto ma un ostacolo alla ricerca di soluzioni felici e durature” In parte è vero. Tutte le ideologie degli ultimi secoli, per una sorta di eterogenesi dei fini, sono finite in tragedia. Comunismo e nazionalsocialismo hanno macchiato il ventesimo secolo del sangue di milioni di morti. L’attuale crisi mondiale è l’esito di un disumano e sfrenato liberalismo economico. E il relativismo, ancora più pericoloso perché più subdolo, serpente velenoso, sibila oggi il “diritto al figlio perfetto, su misura, quando si vuole, maschio o femmina e magari con gli occhi azzurri e capelli biondi. E milioni di aborti in trenta anni suggeriscono un sinistro ritorno di quell’eugenetica con cui, in un passato non lontano, si era manifestato il mito del superuomo. Gli esempi sono innumerevoli: anche gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità sono declinati nel terrore…Detto questo, non bisogna neppure cadere nell’errore di ritenere un pregio e un segno di acquisita

maturità l’essere disillusi dalla vita, freddi e cinici, costretti dalla cruda realtà, a strisciare i piedi nel cammino della vita, bastonati e senza un senso. Zombi che sopravvivono, vivi ma morti dentro. No. La vita è bella. Ed è sempre degna di essere vissuta. Lo si è visto a Madrid, l’estate scorsa. Lo si vede in molte persone giovani, non solo anagraficamente: molti vecchi rimangono giovani non perché vivono nell’isola di Peter Pan, ma perché il loro spirito è giovane. “Di certo, c’è una gioventù “forte”, con alle spalle molte famiglie forti, che stanno già costruendo il loro futuro e non aspettano altro che il tempo faccia il suo corso. C’è una gioventù fragile che soccombe sotto i colpi del cinismo e del disfattismo e, tuttavia, non rinuncia a cercare interlocutori per sopravvivere. La sua fragilità esplode in richiami che portano il nome di dipendenze, violenze, di protesta che il mondo degli adulti non deve ignorare”. Ragazzi disillusi, come amareggiati dalla vita, perché ne è stato rubato il senso, il senso di studiare, di lavorare, di amare soprattutto, lo scopo, il valore, il significato per cui mettersi” in gioco” e donarsi, se si può dire cosi. Senza una meta è difficile, anzi, è pericoloso mettersi in marcia. Non si riesce ad individuare il senso, quello vero. Proprio i giovani, per natura, sono chiamati e sentono l’esigenza di ricercare la verità per cui vivere. Erano due milioni nell’agosto dell’estate madrilena, sotto il sole che arroventava la terra rossa aragonese. Americani, Australiani, Europei, Ecuadoriani, ma anche dal Mozambico, dal ricco Qatar, dal crogiolo del continente indiano, dalla Cina degli infanticidi femminili che non riconosce la libertà di culto, nei fatti, ai suoi quattrocento cittadini venuti a Madrid. Erano due milioni e riempivano i grandi viali alberati di canti, di inni, di abbracci. Stanchi, polverosi per il marciare, come soldati, spossati dalle notti per terra, ma felici, sorridenti di faticare, un po’, per qualcosa, per Qualcuno. Eppure tutto questo non ha avuto risonanza sui media, sordi perché storditi dalle grida di un manipolo di

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“indignados”. L’indignazione e la disillusione per ogni speranza sembra ormai soffocare ogni respiro, ogni slancio. E i giovani, nella loro naturale impetuosità, passione e capacità di sacrificio, ne sono le prime vittime. Suicidi e decremento demografico parlano chiaro: proprio loro, nell’ età in cui diventano capaci di generare vita, hanno paura di vivere perché manca loro un senso. Il nostro Vasco personifica questa crisi: dalla vita “spericolata”, vissuta al massimo al ”Vivere non è facile”. Anzi, prosegue: “La cosa più semplice sarebbe stata quella di non essere mai nato. Invece la vita arriva impetuosa ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova. Ti prego perdonami, se non ho più la fede in Te”. Una preghiera, a suo modo?. Forse. Di certo un’ammissione: la vita chiede di essere vissuta, di non essere noiosa. E per uccidere la Noia (secondo Baudelaire, il male peggiore della società post- moderna) due sono le alternative: forti emozioni e adrenalina per cui, finito lo sballo, cadi da una “scala più alta”, oppure, come si diceva, vivere per qualcosa/Qualcuno e trovare una roccia su cui radicarsi. I severi palazzi asburgici di una Madrid viennese, sembravano sciogliere, liquefare la loro irrigidita compostezza, non tanto perché rosolati dal sole, quanto perché invasi da un oceano di sorrisi, da una felicità indefinita che questi giovani sentivano (e sentono) rigirarsi nel petto, nel cuore… non si sa dove. Ma c’è e bussa, chiede, anzi costringe, di essere comunicata: non è arginabile, nella sua straripanza. Suggerisce uno sguardo nuovo. Si percepisce a pelle e dagli sguardi che brillano. E il brillare degli occhi di questi giovani è un segno indistinguibile: non è sintomo di febbre o di un colpo di calore. E’ invece sintomo di una gioia ritrovata, di una felicità duratura che appaga cuore, mente e la sete di infinito dell’uomo. “La ricerca della verità è l’aspirazione più alta dello spirito umano” dice il Papa. E’ stato l’incontro con una Persona reale a trasformare questo oceano di gocce, di giovani unici, irripetibili, incommensurabili

nella loro dignità. Tutti diversi e pur tutti uniti, non dalla provenienza ma da Gesù. “Zittiamoli! Bigotti! Fantasie, castelli in aria e utopie. Tali sono per chi confonde il Cristianesimo con una morsale da schiavi e la Fede con un vago sentimentalismo cieco e oscurantista. Eppure questi stessi detrattori sono freddi perché disamorati. Invece l’amore è la benzina per il motore dell’uomo. E’ l’amore per la fidanzata, moglie/marito, figli, amici, genitori, Dio a far uscire questi giovani dal torpore e tepore del letto per andare a scuola, al lavoro, nelle mattine fredde e uggiose dell’inverno. Senza qualcuno che ti ama, che ti dica che “è un bene che tu esista”, “grazie di esistere”, si muore. Solo se si ama si può rendere nuovo il mondo. Questa è la vera rivoluzione. Non utopia, sebbene impresa esigente. La vita ha senso se si trasformano i propri sogni in progetti. Se impedisci ad un uomo di sognare, lo uccidi nello spirito e quindi nel corpo. Il senso della vita non è crogiolarsi nei dubbi, naufragare nei tanti “perché?”, ma rispondere a Qualcuno ricercando la Verità, la Bellezza, ciò che è buono. Giustamente Alessandro D’Avenia, giovane scrittore e professore, nella sua analisi a tutto tondo nel mondo dei giovani, scrive: “Una vita senza sogni è un giardino senza fiori. Ma una vita di illusioni, è un giardino di fiori finti”. E questi giovani, i fiori veri, li hanno seminati. Ora, senza paura, bisogna coltivarli.

Giuseppe

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IN CAMMINO VERSO LA GMG 2013 PRESENTATO IL LOGO

Già iniziato il conto alla rovescia per l’appuntamento di Rio de Janeiro. Un grande cuore, che racchiude, stilizzati, a partire dalla zona superiore, in verde, la Croce pellegrina e il “Pao de Acucar”, il “Pan di Zucchero”, la famosa collina di Rio de Janeiro. Al centro, in giallo oro, il Cristo Redentore, simbolo della città e, nella parte bassa, in blu, è riportato il litorale brasiliano. Simboli e colori brasiliani per il logo, presentato martedì scorso, della GMG do Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013) che ha per tema “Andate fate discepoli tutti i popoli”. Vista nel suo complesso l’immagine rappresenta, infatti, Gesù che chiama i suoi e li invia ad annunciare il regno dei cieli. L’autore del logo si chiama Gustavo Hunguenin, un grafico di 25 anni, nativo di Cantagalo, risultato vincitore tra 200 partecipanti. In un’intervista al sito dell’archidiocesi di Rio, Hunguenin, che frequenta un gruppo di rinnovamento carismatico cattolico, ha affermato che il suo lavoro è stato frutto di fede e di preghiera. Sono felice che questa immagine venga associata all’incontro di tanti giovani con Cristo e con il Papa nelle giornate di Rio.

Leo

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Il 15 gennaio 2012, in occasione del tesseramento, si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Direttivo. Il risultato ha visto un ringiovanimento delle cariche con ben quattro giovani neoeletti, uno dei quali è l’attuale capogruppo. Il più giovane, a detta del Presidente provinciale, della zona Baldo-AltoGarda, se non della Provincia di Verona. Un doveroso ringraziamento al capogruppo dimissionario Bernardino Salaorni per aver guidato il gruppo per tre mandati consecutivi. Buon lavoro al nuovo direttivo

Giorgio

È nata

EMILY

Congratulazioni alla mamma a papà Stefano

È tornata al Padre

ERMINIA

CONSIGLIO DIRETTIVO GRUPPO ALPINI “F.LLI LAVANDA”

-------------------------------------TRIENNIO 2012-2014

1. BATTISTELLA DEMIS (Capogruppo)

2. FAVA MARCO (Vice Capogruppo)

3. PERONI FIORENZO (Vice Capogruppo)

4. SICOLI FRANCESCO (Segretario-Cassiere)

5. CONSOLINI GIORGIO (Consigliere)

6. VEDOVELLI GIOVANNI (Consigliere)

7. BATTISTOLI ERMANNO (Consigliere)

8. ZUCCHETTI BERNARDO (Consigliere)

9. GUGLIELMONI FIORENZO (Consigliere)

10. BATTISTELLA MICHELE (Consigliere)

AAPPPPUUNNTTAAMMEENNTTII SSEETTTTIIMMAANNAALLII MMAARRZZOO 22001122

OGNI DOMENICA ore 10.00: S. MESSA DELLE FAMIGLIE

ore 17.00: ADORAZIONE EUCARISTICA E CANTO DEL VESPERO.

OGNI LUNEDÌ ore 9.00-12.00: ADORAZIONE EUCARISTICA E CONFESSIONI.

OGNI MARTEDÌ ore 15.00: CATECHESI SCUOLA MEDIA.

OGNI GIOVEDÌ ore 15.00: CATECHISMO SCUOLA ELEMENTARE. ore 17.00: ADORAZIONE EUCARISTICA.

OGNI VENERDÌ ore 20.30: INCONTRO ADOLESCENTI.

OGNI SABATO ore 15.00 - 18.00: TEMPO PER LE CONFESSIONI

OGNI MERCOLEDÌ

DI QUARESIMA

ore 19.45: STAZIONE QUARESIMALE “LA PENITENZIALE”

ore 20.00: S. MESSA

OGNI VENERDÌ

DI QUARESIMA ore 15.00: VIA CRUCIS

DOMENICA 11 ore 11.15: S. MESSA PER GLI ANNIVERSARI DI MATRIMONIO

MERCOLEDì 14 ore 20.00 INCONTRO DI PREGHIERA IN ONORE DI S. ANTONIO

DOMENICA 25 FESTA DEL PERDONO

ORE 17.15: PRIMA CONFESSIONE

CELEBRAZIONE DELLA LITURGIA PARROCCHIA DI TORRI

ORARIO FERIALE ore 7.00 Lodi ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

PARROCCHIA DI PAI

ORARIO FESTIVO

Sabato ore 19.30 Domenica ore 10.00

ORARIO FESTIVO

Sabato ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

Domenica ore 8.30 S. Messa ore 10.00 S. Messa ore 11.15 S. Messa ore 17.00 Vespero ore 18.00 S. Messa

Bollettino di informazione Parrocchiale stampato in proprio La Redazione: Don Giuseppe Cacciatori – Daniela Pippa – Addea Cestari - Anna Menapace - Nuccia Renda – Rosanna Zanolli - William Baghini.

Collaborazione fotografica: Mario Girardi / Impaginato da: Francesco Greco / Stampato da: Daniela Pippa