Martina Sgariglia Zuleika e Salvucci Maria, IE, 2015-16 · PDF fileMartina Testo di Sgariglia...
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Martina
Testo di Sgariglia Zuleika e Salvucci Maria, IE, 2015-16
In una terra lontana viveva Martina, una ragazza simpatica e sincera dai lunghi
capelli biondi che incorniciavano un viso dolce e sorridente nel quale brillavano due
occhi azzurri come l’acqua limpida del mare.
Martina – di Sara Cognetti
La casa di campagna in cui abitava era davvero adorabile: circondata da un verde
prato e da fiori sgargianti e profumati, era continuamente allietata dal cinguettio degli
uccelli e dal mormorio di un ruscello. Martina non se ne sarebbe mai allontanata, ma
un giorno sua sorella Emma cadde gravemente malata. Decise quindi di condurla nel
più vicino paese per farla visitare da un medico. Tuttavia una tragica notizia
l’attendeva.
«Sua sorella non può essere curata, a meno che non ingerisca un infuso di una pianta
che – ahimé! – è rarissima. È questa.» le comunicò il medico indicando l’illustrazione
di un voluminoso manuale di erboristeria che teneva in mano. «La si può trovare
forse nel bosco, ma non ne sono certo».
Martina era disperata, ma si convinse di essere l’unica a poter salvare Emma. Allora
si fece coraggio e inoltrò le sue agili gambe slanciate nel fitto bosco alla ricerca della
pianta salvifica.
Ad un tratto, mentre avanzava intimorita dalle ombre e dall’innaturale silenzio, si
trovò davanti ad una grotta, il cui ingresso inghiottiva il sentiero che stava
percorrendo. Non essendoci né a destra né a sinistra un altro percorso, Martina entrò.
L’ambiente che si trovò davanti era illuminato da un soffuso chiarore. Si guardava
intorno stupita di ciò che vedeva: lo spazio sembrava molto ampio ed era
lussureggiante di piante orribilmente strane.
“Ma come possono essere cresciute queste piante dentro una grotta così poco
illuminata? Da dove proviene la luce?” si chiedeva Martina, mentre continuava a
muovere incuriosita la testa a destra e a sinistra, in alto e in basso.
Avanzò all’interno della caverna fino a quando non si ritrovò davanti ad un capiente
pentolone di ottone in cui bolliva un infuso che emanava un odore poco invitante. Si
avvicinò per vedere meglio, ma una voce terribile la fece arrestare.
Le si parò dinanzi una strega dall’aria perfida. Lunghi e arruffati capelli grigi
scendevano su spalle curve e ossute lasciate scoperte da un vestito malridotto e
rattoppato. Sul suo volto rugoso risaltavano il naso all’insù e due occhi scuri e
penetranti.
La strega Katrina – di Margherita Della Valle
«Come ti permetti di entrare nella dimora della potente Katrina?» latrò la vecchia
megera.
Martina, con il cuore in gola, rispose balbettando: «Io…io…io st…sto
cerc…cercando una p…p…pianta che p…p…possa guarire m..m…mia sorella».
Ma a Katrina non interessavano le scuse della giovane e affermò in tono minaccioso:
«Farò di te il mio squisito pranzo! Ho da poco terminato di affilare i miei coltellacci
con cui ti farò e fettine!».
«M…m…ma se mi m…m…mangia, c…c…ome farà m…m…mia sorella a
salvarsi?» domandò la ragazza mentre già cominciava a correre disperatamente.
Scappava facendosi spazio tra le piante, non sapendo quale fosse la direzione per
giungere all’uscita della grotta.
Ad un certo punto Martina scorse sopra una roccia la pianta che le serviva per
l’infuso salvifico; fulmineamente si arrestò, la sradicò e riprese la sua fuga disperata,
mentre la vecchia megera la inseguiva sghignazzando in maniera orribile.
La pianta non era di grandi dimensioni. Tra le foglie cuoriformi con i margini
seghettati spuntava un fiore giallo che si apriva ad ombrello ed emanava un odore
intenso.
La grotta, con tutto quell’intrico di alberi, sembrava essere un labirinto buio e
tenebroso. Martina fuggiva terrorizzata ed era esausta. Per giunta aveva l’impressione
non proprio rassicurante di ripercorrere continuamente i propri passi in quella cupa e
cavernosa foresta. L’oscurità era attenuata da un innaturale bagliore lunare che
lasciava intravedere tronchi mostruosamente contorti da cui provenivano lugubri
lamenti. Scheletrici rami simili ad artigli rapaci la graffiavano continuamente,
causandole atroci dolori.
La fuga di Martina – Ambra Sfredda
Spinta dal terrore e dalla volontà di salvare l’amata sorella continuò a correre, finché
non si trovò davanti ad un maestoso muro ricoperto d’edera, dietro la quale scorse
una porta di legno. Provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave.
Che cosa fare? Si sentiva come un topo in trappola.
«Cara bambina dai capelli di paglia, tu pensi di sfuggire a me? A me che sono la
strega più cattiva del mondo?» le chiese la megera con tono pungente e spettrale.
«Come osi prendere le mie piante senza il mio permesso?». Visibilmente adirata
accompagnò le parole lanciando un incantesimo distruttore.
Martina riuscì con un agile balzo laterale ad evitare la lingua di fuoco scaturita dagli
artigli nodosi della strega. Il colpo si infranse contro la porta che stranamente
resistette. Solo un ristretto squarcio si era aperto nel legno, attraverso il quale
Martina, essendo mingherlina, riuscì a passare.
«Ma dove pensi di andare?» urlò inferocita la strega che, provando ad inseguire la
ragazza attraverso lo squarcio aperto nella porta, finì per rimanere incastrata.
Nonostante la sua potente magia, non riusciva a liberarsi, come se la porta fosse
intrisa di un potere maggiore.
Prese a supplicare Martina di aiutarla, ma la giovane non aveva nessuna intenzione di
salvarla e, mentre si allontanava, sentiva che la vecchia le indirizzava contro delle
terribili minacce. Tuttavia Martina era attratta da altro.
Il suo volto si illuminò. Non credeva ai propri occhi: era davanti ad un mondo
completamente diverso dalla cupa grotta che aveva appena lasciato. Limpide
cascatelle, prati fioriti, dolci colline, il cinguettio melodioso di uccelli variopinti
formavano un luogo magico, spettacolare, che rendeva Martina felicemente stupita.
Si incamminò per un sentiero che la portò a passare vicino ad una piccola casa di
legno il cui tetto improvvisamente parlò: «Care, abbiamo ospiti per cena!».
Le tegole risposero all’unisono: «Una bambina!».
Le pareti domandarono perplesse: «Una bambina? Da dove spunta fuori? Non si vede
da tempo una ragazza passare da queste parti!».
Martina pensò di dover rispondere. «In verità stavo cercando un posto dove poter
riposare dopo la brutta avventura che ho passa…», ma venne improvvisamente
interrotta.
«Ah, sì! Povera bambina, l’ho vista scappare dalla perfida strega» rivelò una pianta
del giardino che cresceva rigogliosa vicino alla casa.
Martina era sempre più stupita e non impiegò molto a comprendere perché la porta di
legno era riuscita a bloccare la strega: evidentemente tutto ciò che si trovava in quel
mondo era magico, impregnato di una magia buona completamente opposta a quella
della vecchia megera.
«Bambina mia cara, vuoi cuocere e mangiare qualcosa?» le chiese un pentolone
scintillante e lucido su cui ci si poteva addirittura specchiare.
Martina aveva solo un desiderio e perciò rispose: «Vorrei tanto fare un infuso con
questa pianta. Serve a mia sorella che sta per morire».
Il pentolone ripieno d’acqua cominciò magicamente a scaldarsi. L’acqua prese a
bollire e Martina vi gettò dentro la pianta. Dopo nemmeno cinque minuti l’infuso era
pronto e il suo piacevole odore aromatico si sparse tutt’intorno alla casa.
La casa parlante – di Maria Cristina Salvucci
Martina ringraziò tutti e, in groppa ad un meraviglioso unicorno improvvisamente
comparso, tornò all’ospedale del paese e fece bere l’infuso alla sorella che in men che
non si dica guarì.
Martina era così felice che le uscirono calde lacrime dai suoi begli occhi azzurri.
Fine