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ARACNE SCENARIO: QUALITÀ La pratica della qualità nell’impresa del XXI secolo Mario Pagliaro

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ARACNE

SCENARIO: QUALITÀLa pratica della qualità

nell’impresa del XXI secolo

Mario Pagliaro

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ISBN 978–88–548–2161–3

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2008

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Questo libro è per te, Rosaria. Una dolcezza diversa.

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INDICE

Prefazione .................................................................................. 9

Capitolo 1. Quality management ........................................... 17

1.1 La qualità nel mondo produttivo ............................................. 171.2 Creare più valore con la qualità .............................................. 371.3 L’impresa snella ...................................................................... 431.4 Qualità e cultura d’impresa ..................................................... 571.5 Consulenza di direzione: Bluff o valore alle imprese? ........... 641.6 Una crisi manageriale con la qualità: la Fiat ........................... 821.7 Integrare, evangelizzare e attrarre i giovani ............................ 92

Capitolo 2. Sostenibilità .......................................................... 99

2.1 Management ambientale: perché ............................................ 992.2 Strumenti di gestione ambientale ............................................ 1092.3 La sicurezza e la salute sul lavoro ........................................... 1322.4 Strumenti per gestire la sicurezza ........................................... 1392.5 Considerazioni strategiche sulla sostenibilità ......................... 1522.6 Agricoltura biodinamica ......................................................... 1712.7 L’efficienza energetica per lo sviluppo sostenibile ................. 1782.8 Caso di studio. STMicroelectronics ........................................ 192

Capitolo 3. Change ..................................................................... 207

3.1 Programmazione neurolinguisitica ......................................... 2073.2 Conoscenza e comunicazione ................................................. 2213.3 Getting things done ................................................................. 235

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3.4 Vivere Internet ......................................................................... 2393.5 Usabilità: la qualità per il successo sul Web ........................... 2453.6 Per una comunicazione di qualità ........................................... 254

Capitolo 4. Qualità, Italia ......................................................... 267

4.1 Qualità vs. criminalità ............................................................. 2674.2 Scenari per il Mezzogiorno d’Italia ........................................ 2764.3 Internet e il commercio ........................................................... 2874.4 Evoluzione Internet per l’impresa italiana? ............................ 2984.5 La Primavera di Palermo ......................................................... 3094.6 Qualità per le nostre imprese. O non ce la faremo .................. 3124.7 Impresa e Comunicazione ....................................................... 3224.8 Una testa aperta e abbattere le rendite ..................................... 3284.9 Le Partecipazioni statali ........................................................... 347

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PrEfazIoNE

Il fatto, semplice, è questo: dopo 5 anni di recessione, l’economia italiana — la settima nel mondo — vive la crisi più profonda e prolungata dal dopoguerra ad oggi.

La quota delle esportazioni italiane nel commercio mondiale, pari nel 1995 al 4,5 per cento e nel 1996 al 4,2, è costantemente diminuita negli ultimi sette anni, scendendo al 3,7 per cento nel 2000 e intorno al 3,3 per cento nel 2003 (Banca d’Italia); gli investimenti stranieri sono ai minimi da 30 anni; migliaia di imprese sono in grave crisi; la Fiat, Parmalat e la Telecom Italia sono praticamente fallite; e le 3 ex banche di interesse nazionale (Bin) privatizzate possiedono le azioni di buona parte di quel che resta dell’imprenditoria italiana; le grandi imprese pubbliche privatizzate sono divenute monopoli privati per le grandi famiglie che, abbandonata l’imprenditoria e la competizione sui mercati internazionali, si sono trasformati in redditieri indebitati su un mercato interno sempre più asfittico.

La politica vive una crisi ventennale con la distruzione dei vecchi Partiti politici ormai logorati da 40 anni di governo senza alternanza (a causa della presenza del Partito comunista tragicamente più grande in Occidente) che ha visto emergere in pochi mesi e divenire primo Partito politico italiano quello fondato dall’imprenditore milanese del Drive In televisivo; la classe dirigente sembra incapace di rinnovarsi mentre la scuola e l’università — che tale classe dirigente dovrebbero formare — non funzionano più; infine, il tasso di natalità è il più basso al mondo: 1,1 figli per coppia.

“Il ristagno dell’economia negli anni Novanta, decennio fra i più deludenti della nostra storia non è attribuibile al settore bancario e finanziario. Ha tutt’altre, e ben più profonde, radici — spiegava ancora l’economista Marcello De Cecco nel suo Le Privatizzazioni (2000) —. L’Italia non può più permettersi nessuna politica indipendente. Ciampi e

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Prefazione10

Amato sul debito pubblico scartarono l’ipotesi di un semiconsolidamento che avrebbe risolto il problema dello stock accumulato e avrebbe posto la lira al riparo dell’oscillazione dei tassi internazionali, e optarono invece per un sistema totalmente incentrato sulle grandi istituzioni finanziarie di Londra e New York”.

Il risultato è che ogni anno la Repubblica paga oltre 70 miliardi di euro di interessi sul debito, lasciandoci privi di risorse da investire nel progresso del Paese.

Una situazione particolarmente difficile che richiede, nel parere unanime degli economisti che le nostre imprese (e la pubbliche amministrazioni) migliorino radicalmente la qualità dei loro prodotti (e dei loro servizi) e insieme anche la loro produttività.

******

Per arrestare il declino economico, occorre certamente che lo Stato torni a recitare un ruolo da protagonista nell’economia; e insieme, occorre realizzare subito un cambiamento del modo di lavorare e di condurre le imprese: una rivoluzione manageriale centrata sulla qualità che dobbiamo intraprendere tutti, a livello individuale ed organizzativo.

Ora, la vicenda della qualità nel mondo produttivo ha origine da fondamentali ragioni economiche di competitività ed efficienza. Fu infatti Philip Crosby (il padre del quality management), a mostrare negli anni Sessanta ai manager della ITT come il colosso americano delle comunicazioni spendesse il 40% (per le attività di servizio) o il 25% (nella manifattura) del proprio fatturato nel rifare o per completare gli innumerevoli lavori incompleti, errati o in ritardo alla base della produzione di beni e servizi ITT.

Cifre impressionanti (e verificate) che si discostano di molto dai pochi punti percentuali di prodotto non conforme rilevate nei processi di controllo statistico della qualità dell’industria manifatturiera.

In Italia, per esempio, chiunque ha esperienza dei disservizi sistematici delle aziende di servizi (banche, scuole, università, uffici pubblici, ospedali, poste ecc.) costituiti dai ritardi, dalle assenze del personale, dagli errori nelle comunicazioni e nei pagamenti, dalle cure sbagliate, o

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dai ritardi e dagli errori nel trasporto e nella consegna di prodotti difettosi o diversi da quelli richiesti, che — uniti alla cronica inefficienza delle amministrazioni preposte alle autorizzazioni, ai controlli e alla raccolta delle tasse — dovrebbero rendere l’idea dell’enorme costo economico della mancanza di qualità pagato dalle imprese e dai cittadini italiani.

Ma il fatto, semplice ed ineludibile, è che in Italia come negli USA o in Sudafrica, la qualità si misura con il denaro; e che con l’euro — la nuova moneta unica dell’Unione europea che ormai da sei anni non consente più all’Italia o a qualsiasi altro Paese partner la possibilità di svalutare la propria moneta per sostenere le esportazioni — non è più possibile rinviare il rinnovamento del sistema produttivo e delle istituzioni del nostro Paese, costruite sulle esigenze di un mondo che non c’è più e che propone le sfide nuove e urgenti del XXI secolo.

******

Il miglioramento della qualità delle imprese e delle pubbliche amministrazioni è quindi una priorità economica per tutto il Paese che dovrà creare imprenditori e manager capaci di un approccio nuovo ed organico alla gestione finalizzato a conseguire nuovi e molto più elevati livelli qualitativi dei prodotti e dei servizi in un contesto internazionale altamente competitivo che vede ormai i clienti liberi di scegliere fra innumerevoli imprese in aperta competizione, con un semplice “click” sul loro computer.

Il fatto che molte imprese non lo abbiano ancora fatto, o che possano opporre resistenza al cambiamento non elimina il problema: gli enormi costi diretti della non qualità fatti dell’obsolescenza dei prodotti, delle sistematiche ripetizioni del lavoro incompleto od errato, dei ritardi, degli infortuni sul lavoro e dell’inefficienza nell’uso delle risorse vengono comunque pagati sia a livello individuale che di sistema–paese.

In questo senso, non si tratta davvero più di scegliere se aprirsi o meno alle metodologie della qualità totale, perché qualsiasi sia il nome che si intende dare ad un progetto di cambiamento globale del lavoro che ancora fino a tempi recenti era accolto con sufficienza all’interno della comunità produttiva occidentale, non sembrano esserci alternative ad un’evoluzione individuale ed organizzativa che ci renda adeguati

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alle esigenze del nuovo mondo globale del XXI secolo. E, fra queste, quella più grande: la rivoluzione dello sviluppo sostenibile per arrestare il crescente divario fra Paesi ricchi e poveri e rendere possibile “uno sviluppo economico e sociale che non pregiudichi le possibilità di sviluppo delle nuove generazioni” deteriorando in modo irreversibile lo stato dell’ambiente, come sta avvenendo.

****** Il messaggio di questo testo parafrasa il principe de Saint–Exupery:

la qualità è una forma di verità e come tale ha una natura ineluttabile. Per esempio, è un fatto che in America negli anni Cinquanta la qualità dei prodotti sul mercato era così bassa che vi si parlava pubblicamente di “obsolescenza pianificata” fino ad assistere alla progressiva erosione di grandi quote di mercato da parte delle imprese giapponesi culminata alla metà degli anni Ottanta con la conquista di alcuni dei “santuari” dell’economia USA da parte delle imprese del Sol Levante.

Ma mentre ancora nel ’91, secondo l’allora primo ministro francese Edith Cresson il Giappone era “un nemico da battere con i suoi stessi mezzi”, nel frattempo in America (e in primo luogo all’ITT grazie al pionieristico lavoro di Phil Crosby) si concretizzava la reazione delle imprese USA alla sfida della competizione giapponese basata sulla qualità e sull’innovazione; ed oggi praticamente ogni grande o media azienda americana e giapponese produce beni di qualità largamente superiore rispetto a quelli europei (e non solo nei settori tecnologicamente avanzati, dove gli USA e il Giappone hanno conquistato vantaggi competitivi difficilmente colmabili da parte dei Paesi UE).

******

In questo contesto, diffondere fra i giovani, i manager e gli imprenditori le idee e i metodi della qualità è un’evidente esigenza; tuttavia, già la vecchia definizione di qualità data dall’ISO (“l’insieme delle caratteristiche di un’entità che ne determinano la capacità di soddisfare esigenze esplicite ed implicite”) era fortemente astratta e

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difficilmente comprensibile, così come lo era il vecchio standard ISO 9000 per l’assicurazione della qualità che ha contribuito a fare della qualità nell’impresa un settore specialistico per nuovi (e costosi) “esperti”, senza che l’adozione delle pratiche di certificazione d’impresa o di altri sistemi abbia generalmente prodotto reali miglioramenti.

Ma la cultura della qualità riferisce gli imprenditori e i manager ad una filosofia operativa di condurre le loro imprese creando valore in modo continuo e sostenibile, che è tanto più importante per i 4 milioni di piccole e medie aziende italiane della meccanica, della chimica, dell’edilizia, dei servizi, dell’artigianato, del turismo e dell’agroalimentare.

Perché nel libero mercato la competizione si basa proprio sulla qualità; mentre i 1300 morti sul lavoro all’anno, il 30% della ricchezza del Paese prodotta “in nero”, la penuria di brevetti e la qualità scadente dei professori delle università italiane (ultime nei Paesi UE) sono le inaccettabili e tragiche cifre dell’Italia del 2008 che rendono esplicita l’arretratezza e la mancanza di qualità delle imprese, del lavoro e della formazione nel nostro Paese, quando è invece dimostrato che proprio l’innovazione, il rispetto della sicurezza, dell’ambiente e della salute sono strumenti essenziali nel promuovere proprio i profitti attraverso l’aumento della qualità, dell’efficacia e dell’efficienza del lavoro.

Nel Sud Italia, il retaggio del passato è particolarmente pesante: la realtà della Sicilia e del Meridione non era contraddistinta dalla mancanza di denaro o di prodotti (realtà di tipo “sovietico”), ma da un ininterrotto flusso di denaro pubblico. Ora, alcuni temono che l’arretratezza tecnologica e infrastrutturale del Meridione costituisca un handicap strutturale che ne limiterà per sempre ogni prospettiva di sviluppo. Eppure, il Meridione già vive una svolta epocale determinata da 3 fattori che si aggiungono alla fine dell’intervento pubblico indiscriminato:

la globalizzazione dei mercati e l’esplosione del traffico navale; 1. un rinascimento culturale e civile, innanzitutto dei giovani; 2. la diffusione di massa di Internet. 3.

L’enorme aumento degli scambi commerciali si riflette per esempio nel successo del grande porto di Gioia Tauro (Calabria) rapidamente

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Prefazione14

divenuto il primo porto di smistamento (“hub”) del Mediterraneo, e che già consente la soluzione ai problemi di trasporto delle merci del Sud, specie di quelle agricole.

Con Internet, poi, si offre alle imprese e ai cittadini meridionali la parità nell’accesso al mercato globale e quindi la possibilità di far conoscere e vendere i propri prodotti, i luoghi e la cultura millenaria del Meridione al di fuori dei circuiti di comunicazione e intermediazione controllati dalla Fiat di Torino che per decenni ha dominato l’intero mercato della comunicazione in tutta Italia, incluso il Meridione.

I giovani meridionali, poi, affollano le Università (40mila iscritti solo in Calabria, una regione con 2 milioni di abitanti!) avendo compreso come lo studio, il recupero della memoria e l’intrapresa personale siano l’unico modo di creare quella ricchezza cui ambiscono come condizione di una vera libertà.

E questo sta rapidamente cambiando le cose con un tasso di imprenditorialità record toccato proprio dalle Regioni meridionali. “Fare uscire culturalmente la Sicilia dal tunnel della mafia — spiega l’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando — è significato separare la mafia dal genus siciliano. Ora, la teoria della legalità è identitaria: se entra un delinquente e ci rapina, è un crimine. Ma se entra e ci dice che ci rapina nel nome di Allah, allora dobbiamo chiamare l’Imam… Questo, — prosegue Orlando — è il significato dei versetti satanici: i versetti del Corano utilizzati dai terroristi per giustificare i loro crimini e che Rushdie scrisse essere falsi (e per cui gliel’hanno giurata!). Abbiamo recuperato identità e senso del tempo avviando il cambiamento proprio lavorando al recupero dell’identità e della memoria. Perché le identità muoiono di eterno presente.”

******

Questo libro intende contribuire a tale evoluzione. Il lettore vi troverà illustrati numerosissimi esempi concreti insieme alle vicende di chi ha introdotto e sviluppato con successo la gestione della qualità, il “pensiero snello”, l’ecogestione, e l’uso della comunicazione nel mondo produttivo.

Negli auspici dell’Autore, e con il contributo di qualificati interventi esterni dal mondo dell’impresa e di quel che resta dell’alta formazione

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nel Paese, il testo aiuterà la comprensione della natura sistemica e ipercompetitiva — così profondamente cambiata — della realtà economica del 21esimo secolo.

Nel surplus informativo tipico della nostra società, è inoltre nostro auspicio è che il testo possa costituire strumento di semplificazione e di sintesi nel vasto (e confuso) campo della qualità; e che in accordo tanto ai gloriosi principi didattici della filosofia di Platone che a quelli della programmazione neurolinguistica (la Pnl, cui pure è dedicata un’ampia parte), il libro possa essere utilizzato tanto come strumento operativo che come riferimento culturale. Dopotutto, la qualità ha a che fare con l’apprendimento, il rispetto, la cultura del limite e della collaborazione; ma anche con l’entusiasmo, la curiosità, il divertimento e l’evoluzione personale.

E in questo senso, perché autolimitarsi?

Mario Pagliaro Palermo, giugno 2008

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CaPItolo 1Quality management

“La qualità può anche essere misurata con il denaro.Se sommiamo il costo di fare le cose sbagliate e rifarle, il servizio ai clienti, le ispezioni, l’eccesso d’inventario,

il tempo in più non pianificato, le fatture dovute e non pagate, le note di variazione della progettazione, le variazioni degli ordini, ecc.,

il totale è pari o maggiore al 20 per cento del fatturato.Per difetto, il prezzo della non conformità, come l’ho chiamato,

è 5 volte maggiore del profitto prima delle tasse.”

– PhiliP B. CrosBy

1.1 La qualità nel mondo produttivo

Ognuno di noi comprende cos’è la Qualità, ma chi sa come definirla? Una riflessione sul concetto di Qualità che inizi per esempio col si-

gnificato della Qualità nel pensiero e nell’espressione ovvero nella real-tà fisica ha conseguenze di enorme profondità conducendo a nuovi oriz-zonti del pensiero: “la Qualità è lo stimolo continuo con cui il nostro ambiente ci spinge a creare il mondo in cui viviamo. Ora, è chiaramente impossibile prendere ciò che ci ha indotto a creare il mondo e includerlo nel mondo da noi creato. E se lo facciamo ugualmente, quello che defi-niamo è qualcosa di meno della Qualità stessa. (Robert M. Pirsig).”

Ora, questo testo (e l’attività formativa cui fa riferimento) ha anche a che vedere con l’elusiva Qualità oggetto delle profonde (e illuminanti) riflessioni di Pirsig o di Lao–Tzu (Cina, VI sec a.C), ma riguarda innanzitutto una forma più concreta ed elementare che pure ne discende: la qualità nel mondo produttivo. Il tema è di estremo interesse e attualità perché ci sono 20 anni di successi da studiare, comprendere e adattare alla realtà produttiva e sociale italiana e del Meridione.

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Capitolo I18

Robert Maynard Pirsig (Minneapolis, 1922) con il sorprendente Zen and the art of motorcycle maintenence (1974) ha proposto una comprensione nuova del concetto di qualità poi sviluppata compiutamente nella “meta-fisica della qualità” del successivo romanzo Lila (1991). Pirsig, figlio del Dean della facoltà di legge di Minneapolis, dopo avere studiato biochimica e partecipato alla Guerra di Corea, studiò filosofia in India e poi a Chicago finendo per insegnare Retorica all’Università di Bozeman (Montana) dove sviluppò la sua nuova concezione della qualità. Riavutosi da una grave crisi psichiatrica, peraltro ampiamente raccontata in ZAMM, Pirsig pubblicò il suo best–seller mutuandone il titolo dal piccolo volume di Herrigel sullo Zen e il tiro con l’arco. Il libro racconta di un viaggio in motocicletta dal Minnesota alla California in compagnia del figlio Chris; l’autore racconta in parallelo al viaggio la vicenda dell’evoluzione del proprio pensiero ri-ferendovisi come quello di “Fedro”, con chiaro riferimento al nome dello schiavo greco con cui Platone aveva intitolato un suo famoso dialogo. Pirsig cercò una risposta alla fondamentale difficoltà della metafisica occidentale a spiegare il concetto di qualità in termini logici coerenti. Era la qualità da ricercarsi nel semplice e soggettivo gradimento di ognuno (soggettiva)? O si tratta semplicemente di un elemento della realtà materiale percepita, e quindi esprimibile in termini di materia od energia (oggettiva)?Riferendosi anche alle idee espresse 2500 anni prima dal mistico cinese Lao–Tzu nel Tao–The–Ching e a quelle del matematico francese Poincaré, che con La scienza e l’ipotesi (1905) aveva proposto una spiegazione del-la natura della scoperta scientifica rivoluzionaria rimasta sostanzialmente inascoltata perché accusata di “soggettivismo”, Pirisig spiegò che la solu-zione del dilemma risiedeva al di fuori della dicotomia soggetto–oggetto:

la qualità non è né soggettiva, né oggettiva, ma è la fonte di sogget-to ed oggetto e costituisce il centro dell’esperienza umana. Valore e qualità sarebbero pertanto sinonimi ed ogni esperienza, un’esperienza di valore (basso o alto).Da questo capovolgimento concet-tuale, Pirsig ne dedusse fondamen-tali conseguenze di unificazione dell’arte (qualità negli oggetti), re-ligione (qualità nel comportamen-to) e della scienza (come qualità e verità nel pensiero e nell’esplora-zione della realtà), fornendo pe-raltro un’interpretazione naturale

Figura 1.1 Robert Maynard Pirsig ha proposto in 2 libri la comprensione più originale e profonda del concetto di Qualità, fondandovi una completa metafisica.

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Quality management 19

della creatività e della qualità sul lavoro. Nei lunghi anni successivi alla pubblicazione di ZAMM, Pirsig ha esteso l’applicazione della Metafisi-ca della qualità all’analisi antropologica e storico sociale, culminata nel lungo e straordinario nuovo romanzo Lila (1991) dove è peraltro pro-posta un’interpretazione del XX secolo impressionante per originalità e portata; la realtà — secondo Pirsig — sarebbe divisa in livelli gerarchici autonomi (ma non indipendenti) in conflitto fra loro. Alla base di tutto sarebbe la realtà fisica — inorganica cui si contrappone la realtà biologica della vita; dalla vita nascerebbe la realtà (qualità) sociale che a sua volta è l’origine della realtà (qualità) intellettuale. Il fenomeno del cambiamento e dell’evoluzione verso il meglio trovano quindi spiegazione nella forma suprema, e indefinibile, della qualità: la qualità dinamica, fonte del cam-biamento ed evento della percezione. Oggi Pirsig conduce un’esistenza ritirata nel New England per una scelta simile a quella di un autore a lui fortemente affine (Thomas Pynchon) mentre nel mondo, testi, corsi uni-versitari, tesi di laurea, gruppi di discussione su Internet (ww.moq.org), e studi di ogni livello discutono della Metafisica della qualità.

L’idea è quella, elementare, che un’organizzazione di qualità è fat-ta di persone di qualità e poiché il talento si arricchisce con lo studio e l’applicazione (e la verifica), un’organizzazione di qualità fa uso di sistematici (ed innovativi) programmi di formazione; formazione conti-nua perché il grado di evoluzione delle conoscenze e delle tecniche non ha riscontri nel passato conosciuto.

Il punto è il 4.18 del vecchio standard di assicurazione della qua-lità ISO 9001 del 1994, ed è stato enfatizzato con il nuovo standard ISO 9001 di gestione della qua-lità; perché la formazione non è “la risorsa del futuro”, ma quella del presente ed è un fatto — non elementare e molto costoso — che la rivoluzione del lavoro in atto ovunque esige che la forma-zione debba coinvolgere tutti, inclusi (e in via prioritaria) ma-nager e dirigenti.

Così, accade ovunque che le grandi società internazionali di consulenza di direzione si installi-

Figura 1.2 L’americano William Deming: “Le imprese sono sistemi. E il management occidentale deve intraprendere una trasformazione globale”.

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Capitolo I20

no presso multinazionali e grandi imprese, enti di ricerca e amministra-zioni per comprenderne le prassi e la cultura e poi proporre programmi di cambiamento spesso integrali (re–engineering) capaci di promuover-ne la trasformazione che le renda adatte a competere, e quindi a soprav-vivere, nel mondo del XXI secolo.

Ora, per chi abbia fatto parte della Brigata di élite “Golani” dell’Eser-cito israeliano o ne conosca metodi di addestramento e, in azione, la qualità delle operazioni, avrà automaticamente chiaro cosa si intende per “organizzazione di qualità fatta di persone di qualità”. Le reclute (che hanno elevate attitudini personali) vengono addestrate in temati-che disparate incluse medicina, elettronica, psicologia e arti marziali.

L’obiettivo è quello di formare soldati capaci di massimo autocon-trollo e di lavorare in team nella completa adesione e fiducia nella le-adership del comando e quindi — in azione — di portare a termine le operazioni in modo conforme al piano elaborato dagli ufficiali insieme ai loro uomini; possibilmente, senza feriti o vittime in una forma di “conformità” al piano d’azione convenuto.

Naturalmente, possono esserci delle difficoltà impreviste e certo i compiti dei soldati non possono essere standardizzati, ma l’analogia serve anche ad illustrare la natura dinamica della qualità e del lavoro e il fatto che il lavoro moderno evolve in una nuova realtà che richiede, a tutti i livelli, lavoratori capaci di adattarsi a compiti diversi e spesso nuovi che richiedono flessibilità mentale e capacità di adattamento psi-cologico e fisico.

Inoltre, l’analogia con unità di élite militari è pertinente perché lo standard ISO 9000 deriva anche dallo standard AQAP della NATO; e fu la squadra del generale MacArthur, dopo la conquista del Giappone nella II Guerra mondiale, a chiamare da Harvard Homer Sarasohn ad insegnare la “funzione” qualità al management giapponese da cui poi prese il via il dottor Ishikawa (seguito poi da William Edwards De-ming) della Joint Union of Scientists and Engineers (JUSE) giapponese per la rivoluzione della “qualità totale”.

Sulle orme di Homer Sarasohn che — giunto in Giappone con le truppe del generale MacArthur per insegnare la funzione qualità ai manager Giapponesi — aveva (letteralmente) messo sotto chiave per diversi