Mario Colombo

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Biografia di Mario ColomboDa giovane partigiano a raccoglitore di memorie resistenziali

Transcript of Mario Colombo

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    A cura di

    Annalisa Castiglioni

    Daniele Mantegazza

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    PREFAZIONE

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    PRESENTAZIONE

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    Mario Colombo

    Da partigiano a raccoglitore delle memorie resistenziali

    Intervista a cura di

    Annalisa Catiglioni

    Daniele Mantegazza

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    Mario Colombo

    La giovinezza e la mia resistenza

    Sono nato ad Olgiate Olona il 9 luglio 1930, terzo di cinque fratelli, da Alfredo e da Maddalena Celora. Mio

    padre era capo dei giardinieri di Villa Restelli, una casa di campagna di una famiglia della ricca borghesia

    milanese lallora proprietario, Piero Restelli, era il presidente della Cantoni, una grande industria tessile di

    Legnano - con un ampio parco che degradava ed ancora degrada sullOlona, che stata non solo il luogo

    della mia infanzia, ma anche loccasione che mi ha spinto, molto giovane, ad essere coinvolto e a partecipare

    alla Resistenza e, in et matura, ad occuparmi delle memorie della lotta di Liberazione nei luoghi in cui sono

    nato e ho vissuto.

    La mia infanzia trascorsa sotto il segno della normalit: famiglia, scuola elementare, nel pieno dellera

    fascista, quando il Duce era ancora percepito dalla maggioranza degli Italiani come il salvatore della patria e

    come colui che aveva dato un impero allItalia, celebrando nel presente i fasti dellantica Roma, e poco

    oratorio perch il campo privilegiato dei miei giochi era il parco della Villa, nel quale invitavo i miei

    compagni ed amici a trascorrere le ore di svago.

    La Villa Restelli a Olgiate Olona

    Il regime militaresco del fascismo, con le sue articolazioni giovanili dei figli della lupa fin dai sei anni e poi

    dei balilla a nove e dieci anni e con le riunioni del sabato, fatte di esercizi ginnici e di esercitazioni con il

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    famoso moschetto di legno, lasciava un segno indelebile sullanimo di noi ragazzi. Ho ancora vive nella

    memoria le epiche battaglie che combattevo coi miei amici contro ragazzi di pari et di Marnate, il paese

    prospiciente Olgiate, sulla riva sinistra dellOlona ed il campo di scontro erano esattamente le balze e i prati

    che attorniavano il fiume e lampia valle nei pressi dei due paesi.

    Erano sassaiole con i tirasas, fabbricati con opportuni rami di albero a V e con brandelli di camera daria

    delle ruote di biciclette, ed erano frecce che andavano dalluna allaltra parte del fiume, con dei pericoli che

    oggi farebbero rabbrividire anche il genitore meno sensibile. La sorte o la provvidenza faceva s che

    Mario Colombo in terza elementare

    normalmente nulla succedesse di grave, se non qualche escoriazione, per, una volta, mi rammento che un

    ragazzo marnatese venne colpito nellocchio da un freccia di ferro, fabbricata con le bacchette degli ombrelli

    usati, e port i segni di quegli scontri cruenti ed incoscienti per il resto della sua vita.

    Finite le scuole elementari, invece di avviarmi a qualche lavoro, diventando garzone di artigiani o

    commercianti, come la maggior parte dei miei compagni di scuola, i miei genitori mi hanno iscritto e

    mandato alle scuole commerciali nella vicina citt di Busto siamo nel 41, lo dico per i pi giovani: non

    esisteva la scuola media unificata, arrivata agli inizi degli anni sessanta cos come avevano fatto coi miei

    fratelli maggiori. Tutti i giorni, con la mia bicicletta, mi recavo a scuola, ma ormai anche lanimo di noi

    ragazzi, pur nella inconsapevolezza dellet, era mutato perch non si giocava pi alla guerra, ma eravamo in

    guerra, una guerra sanguinosa, voluta da Mussolini, nonostante limpreparazione dellesercito fascista e che,

    immaginata di breve durata, viste le iniziali e strepitose vittorie della guerra-lampo di Hitler, molto presto

    si sarebbe avvertita anche nella mia quotidianit.

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    Infatti nel 1942, morto Piero Restelli, la Villa, dove in una parte, costituita dai locali di servizio, vivevo con

    la mia famiglia, venne requisita dalla 1a Z.A.T. (Prima Zona Aeronautica Territoriale) per ospitare gli

    ufficiali, con i loro attendenti, impiegati nello stoccaggio di viveri del magazzeno che era stato posto in valle,

    tra Prospiano ed Olgiate Olona, nei capannoni del Cotonificio Bustese, detto popolarmente Tognella dal

    cognome del proprietario. Il magazzeno dellaeronautica era stato trasferito in quel luogo, pi periferico

    rispetto allaeroporto di Taliedo, allora un sobborgo di Milano, nel 1941, per sottrarlo il pi possibile al

    bombardamento dagli aerei nemici.

    Questo gruppo di circa una novantina di militari era comandato dal Maggiore Pirrone, persona assai stimata

    da tutti per la sua assoluta moralit e per il suo attaccamento alla divisa, ed era anche colui che conosceva

    tutti i segreti dellorganizzazione, della recezione, della sistemazione e della distribuzione del materiale.

    Veniamo all8 settembre 1943, data in cui reso pubblico dal Maresciallo Badoglio larmistizio con gli

    Alleati, firmato a Cassibile, localit nei pressi di Siracusa, cinque giorni prima tra il Gen. Castellano ed il

    Gen. Eisenhover, che sanciva la resa incondizionata del Regno dItalia agli avversari di guerra.

    Castellano ed Eisenhover firmano larmistizio

    Avevo poco pi di tredici anni e ho vissuto questa data cruciale della storia italiana dentro le mura della mia

    abitazione nella Villa Restelli, perch tutti i militari della 1a Z.A.T. abbandonarono in fretta i locali,

    lasciando sulle brande delle loro camerette le divise e le rivoltelle di ordinanza. Mio padre mi incaric di

    andare a raccogliere tutte le pistole che vennero seppellite, dopo essere state opportunamente ingrassate ed

    avvolte in carte, sotto una panchina di sasso nel giardino della Villa, mentre le altre armi: moschetti,

    mitragliatrici, tra cui una Breda 765, vennero nascoste da mio padre sotto i graticci delle piante che erano

    custodite nelle serre.

    Lunico rimasto tra tutti i militari fu il Maggiore Pirrone, il quale si tolse la divisa con le stellette e la mise in

    una cassa che venne conservata nella nostra casa, appoggiandovi sopra la pistola. Ho ancora un ricordo

    vivido di questo soldato, dal grande orgoglio patriottico, e di quel giorno in cui disse a mio padre che era

    pronto a sparare con la sua pistola a chi gli avesse tolto le stellette dalla sua divisa.

    Intanto, dopo mezzogiorno dell8 settembre il magazzeno dellaeronautica in valle venne letteralmente

    saccheggiato dalle popolazioni affamate dei paesi che vi si affacciavano: pasta, olio, zucchero, formaggio,

    coperte, vestiti, scarpe, marmellate, riso, farina, maglie di lana, indumenti intimi tutto un bendidio che

    Olgiatesi, Solbiatesi, Marnatesi e Gorlesi avevano dimenticato negli anni ormai lunghi della guerra e che

    portavano via caricando i sacchi sulle spalle o, i pi fortunati, sulle carriole e sui carretti. Era inimmaginabile

    ci che era stato accumulato in quei locali del Tognella: io allora non ne avevo coscienza, ma mi son

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    documentato dopo, sui fogli autografi dellallora parroco di Olgiate, Don Zappa, e sono venuto a conoscenza

    che lammontare di quella roba sfiorava la cifra, impensabile per quei tempi, di 600.000.000 milioni di

    Lire.

    Alcune briciole di quelle vivande erano cadute letteralmente anche sulla tavola della nostra famiglia, quando

    qualche militare passava di nascosto a mio padre alimenti che non rientravano nel pacchetto dei razionamenti

    di guerra.

    Ma lillusione della gente che la guerra fosse finita svan ben presto perch i locali del magazzeno del

    Tognella vennero occupati immediatamente dopo l8 settembre da un Comando tedesco, il segno inequivoco

    nella nostra zona che coloro che detenevano il potere effettivo erano le truppe di Hitler e che la Repubblica

    Sociale Italiana, che, per ordine del Fuhrer, Mussolini costitu formalmente il 23 settembre sulle parti

    dellItalia non ancora liberate dagli Alleati, non era che uno stato fantoccio agli ordini dei Tedeschi.

    Ma il Comando tedesco di Olgiate aveva bisogno di uomini di esperienza che sapessero far funzionare il

    magazzeno e, sebbene non si fidasse pi di tanto dei militari italiani, anche di quelli della RSI, venne subito a

    cercare il Pirrone, che viveva a casa nostra, come un familiare, e gli diede lincarico di gestire il luogo di

    stoccaggio. Era tanto stimato questo ex maggiore dellaeronautica che alcuni ufficiali tedeschi venivano in

    casa nostra, nella Villa, e conversavano con lui amichevolmente

    La sede del Comando tedesco in Valle Olona

    Nel frattempo, dopo che si era formata la RSI, tornarono gli avieri della 1a Z.A.T. nella Villa Restelli ed

    offrirono di nuovo al Pirrone il suo grado di maggiore, ma egli rifiut di indossare una divisa che non aveva

    le stellette dellesercito, ma il gladio, il corto pugnale dei Romani, simbolo del nuovo esercito repubblichino.

    Intanto questo uomo tutto dun pezzo, monarchico fedele, da borghese continuava il suo lavoro presso il

    magazzeno sotto la direzione del Comando tedesco e non faceva meraviglia che egli non fosse punito dalla

    milizia della Repubblica sociale, comandata dal Cap. Pupillo, perch ci era un altro segno delleffettivo

    governo tedesco del territorio.

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    Un altro avvenimento che immise me e la mia famiglia nel flusso pi generale della storia dItalia in quei

    tristi momenti stato il ritorno di mio fratello Giancarlo a casa, uno dei tanti militari che si sbandarono dopo

    l8 settembre, giorno nel quale lesercito italiano, lasciato colpevolmente senza ordini, si sfasci: alcuni

    reparti vennero catturati dai Tedeschi, altri si schierarono contro la Germania nazista, come i soldati di stanza

    nellisola di Cefalonia, altri ancora ruppero le righe e tra questi ogni singolo soldato, con mezzi di fortuna,

    tent di rientrare in famiglia, rischiando molto perch la neonata RSI li avrebbe di l a poco considerati

    disertori se non si fossero di nuovo arruolati nel suo esercito. Giancarlo che faceva parte del terzo Artiglieria

    Celere di Milano, impiegato nella minima ed inconsistente resistenza allo sbarco degli Alleati sulle coste

    sudorientali della Sicilia, avvenuto tra il 9 ed il 10 luglio 1943, una volta ritornato a casa, ebbe la fortuna di

    avere, da parte di un nostro cugino, che era direttore di una filiale della Banca Popolare di Novara, un

    documento come lavoratore socialmente utile e cos pot rimanere nella nostra famiglia in modo

    relativamente tranquillo, esonerato dal servizio militare.

    La permanenza a casa di mio fratello fu per me molto importante perch egli, di idee antifasciste, si mise a

    collaborare con tutta quella parte della popolazione che, in modo coperto ma costante, iniziava a contrastare i

    Tedeschi che dominavano sul suolo italiano. Infatti, approfittando della frequenza in Villa Restelli e nella

    nostra casa, di ufficiali sia tedeschi che repubblichini, egli si mise a falsificare i documenti con i timbri e le

    firme del Comando tedesco, indispensabili per muoversi, soprattutto di notte, per organizzare strategie di

    sabotaggio e di guerriglia da parte dei partigiani che, allora, dopo l8 settembre, iniziavano ad operare.

    Infatti la carta filigranata indispensabile per i falsi era custodita nel Comando tedesco situato in valle ed una

    volta rubata da unoperazione dellAlfredo di Dio di Busto Arsizio, guidata da Luciano Vignati, e a cui ha

    partecipato anche il gorlese Mari Mario, Giancarlo poteva fabbricare i vari permessi, lasciapassare, ecc. che

    risultavano indistinguibili dagli originali perch venivano battuti con la stessa macchina da scrivere del

    Comando egli nel frattempo era stato assunto come impiegato presso il Comando della 1a Z.A.T. ed

    avevano gli stessi timbri e la firma del Comandante che egli era riuscito ad imitare perfettamente.

    Un altro episodio dellattivit partigiana di Giancarlo, di cui ho viva la memoria, riguarda il salvataggio di un

    giovane olgiatese, di cognome Casanova, che doveva essere arrestato dalla Decima Mas.

    (con la freccia) Il fratello Giancarlo con la 102^ Brigata Garibaldi

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    Mio fratello, controllato una sera dai militari e risultato perfettamente in regola con il suo documento

    falsificato, nonostante il coprifuoco, saputo da loro stessi che cercavano il Casanova, si offr di

    accompagnarli alla sua casa. Disse loro di aspettarlo sul davanti dellabitazione, mentre egli sarebbe passato

    da dietro per prenderlo: era la strategia inventata sul momento da Giancarlo per salvarlo, in quanto, quando

    fu sul retro della casa, avvis lamico del pericolo, allertandolo con dei sassi lanciati sulle persiane delle

    finestre, e lo fece scappare.

    Ricordo ancora che il padre del ricercato venne il giorno dopo da mio padre e gli port un gallo come

    ringraziamento per il gesto di Giancarlo.

    Ma anchio in quegli anni ho contribuito, in qualche modo, ad alimentare gli sforzi dei partigiani contro gli

    occupanti tedeschi e i loro alleati repubblichini. Si era saputo in paese non so in quale modo - che nella

    Villa Restelli erano nascoste le armi lasciate dagli avieri l8 settembre. Io andavo ogni tanto nellosteria di

    Domenico Colombo situata nel Piazzaletto Patrioti e loste mi chiese se potessi portargli qualche arma. Io,

    col consenso di mio padre e di mio fratello, lo feci, tanto che gli diedi quasi tutte le pistole mi ricordo

    ancora il numero: 54 -, che erano state seppellite sotto la panchina dei giardino della Villa Restelli e che

    servivano ai partigiani che combattevano sulle montagne dellOssola i nazifascisti.

    Non solo, ma mio fratello e lo stesso Domenico Colombo mi davano il compito, non di frequente per, di

    consegnare armi a dei partigiani sparsi un po dovunque nei paesi della Valle Olona: rammento una volta in

    cui Giancarlo mi mand a Prospiano a consegnare addirittura dei mitra. Mi diedero un furgoncino a pedali,

    con la scritta Vini Colombo Domenico, mi caricarono il cassone di damigiane, le coprirono in modo tale che

    uscissero solo i colli, ma sotto cerano le armi, io pedalavo su quella specie di triciclo ed un mio compagno

    mi aiutava spingendolo a sua volta con la sua bicicletta. Ho dovuto anche superare uno sbarramento tedesco,

    composto da cavalli di Frisia e mi ricordo ancora il militare che, visti i colli di damigiana, si mise a ridere

    pronunciando il verbo drinken, lasciandomi passare.

    Il furgoncino a pedali

    Inoltre alcune volte ho trasportato anche quelli che si chiamavano gli squarciagomma, degli aggeggi

    appuntiti in ferro che venivano fabbricati nella ditta di Olgiate di Carlo Ferrari o dagli operai, naturalmente

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    di nascosto, della Franco Tosi di Legnano e che, buttati sullautostrada che da Milano andava a Varese,

    avevano lo scopo di intralciare e possibilmente di fermare i convogli militari che vi transitavano. Ricordo

    ancora il racconto di mio fratello secondo cui i Tedeschi attaccati una volta ad Olgiate con gli

    squarciagomme ed addirittura con lanci di bombe a mano, sono entrati nel Circolo Verdi, minacciando i

    presenti di rappresaglia, in quanto il Circolo era vicino al luogo dellattacco ed era conosciuto come un

    ambiente frequentato da antifascisti.

    Lincoscienza dellet ci faceva fare azioni pericolosissime con quella leggerezza che solo il senno pi

    maturo ha giudicato come avventatezza.

    E veniamo al 25 aprile 1945, data dellinsurrezione del Nord dItalia che causer la liberazione di tutto il

    territorio nazionale dagli occupanti tedeschi. Non avevo compiuto ancora quindici anni e mi accingevo a

    vivere ancora una volta momenti cruciali di una mia vicenda personale che si inquadrava, per, nella storia

    nazionale, come una tessera che compone un gigantesco mosaico.

    La sfilata dei partigiani dopo il 25 aprile a Milano

    Qualche giorno prima di quella data cos fondamentale per lo Stato italiano, la Villa Restelli fu teatro di un

    episodio a cui assistetti in prima persona: alcuni uomini mascherati, molto probabilmente come seppi dopo

    - partigiani della Brigata Garibaldi , entrarono nei locali, misero al muro gli avieri presenti e qualche civile,

    tra cui mio fratello Giancarlo, requisirono loro le armi, tranne una piccola pistola placcata in argento che era

    nelle tasche di mio fratello, regalatagli dallex Maggiore Pirrone, e le nascosero nella chiesetta di San

    Genesio, sulla discesa che porta a Marnate, da dove si disse vennero prelevate e portate a Milano. Assistette

    alla scena un addetto alla cucina la cui ingenua testimonianza sar decisiva per mettere a repentaglio la vita

    di Giancarlo. Infatti il giorno dopo il rapimento delle armi, giunsero a Villa Restelli alcuni uomini del

    Battaglione Azzurro dellAeronautica, che faceva parte della Decima Mas e che aveva come fine di punire le

    persone ritenute sospette con torture e sevizie, con lintento di indagare sui fatti del giorno precedente.

    Interrogarono tutti i presenti allavvenimento, che naturalmente negarono di conoscere i componenti della

    banda, tranne laddetto alla cucina che, rivolgendosi ingenuamente a mio fratello, gli disse che era stato

    fortunato perch i banditi non gli avevano trovato la pistola. Sentito questo, il comandante di quegli uomini

    accus di complicit Giancarlo per il possesso di unarma che i banditi non avevano requisito al pari delle

    altre lo port in prigione a Lonate Ceppino.

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    Il 25 aprile Giovanni Galbersanini e Dino Segatto, due olgiatesi, con la macchina del Dott. Fraenza, il

    medico condotto del paese, si recarono a Lonate Ceppino, prelevarono dalla prigione Giancarlo e lo

    riportarono sano e salvo alla nostra famiglia.

    Ma questo avvenimento familiare si congiunge nella mia memoria di quel 25 aprile 1945 con un altro fatto,

    teatro sempre la Villa Restelli: era met mattina quando venuto un gruppo di partigiani che hanno piazzato

    quella mitragliatrice Breda che mio padre aveva nascosto dopo la fuga precipitosa degli avieri all8

    settembre. Si temeva che i soldati tedeschi del Comando in valle potessero salire per la strada che passava

    dal Mulino dei Bianchi e potessero entrare in Olgiate per mettere fine allinsurrezione che era iniziata la

    mattina quando la radio aveva comunicato che gli Alleati avevano passato il Po e dilagavano nella Pianura

    Padana. Seppi dopo che poco prima alcuni rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale di Olgiate

    (Macchi, Ferrari, Merelli, Borsetta) erano entrati in Municipio, ne avevano preso possesso, allontanando il

    Commissario prefettizio, ed immediatamente avevano telefonato al Comando tedesco, intimandogli la resa

    con la consegna delle armi. La qual cosa non avvenne perch questo Comando non aveva ordini dai superiori

    di Legnano coi quali non riusciva a mettersi in contatto. Quella mitragliatrice sarebbe servita a sbarrare la

    strada ai soldati tedeschi, ma, per fortuna, non ce ne fu bisogno, almeno per quel giorno.

    Io, intanto, gironzolavo per la Villa e salii anche sulla terrazza che sovrastava ledificio, quando, verso

    mezzogiorno, sentii il rumore ormai familiare di due aerei dellaviazione alleata che popolarmente venivano

    chiamati Pippo e che avevano il compito di scovare ed eventualmente mitragliare i convogli tedeschi che si

    dirigevano in fuga verso il confine svizzero. Quel giorno sulla strada che da Gorla Maggiore portava a Gorla

    Minore transitava un camion che trasportava un gruppo di partigiani della Valle Olona: andavano ad aiutare

    gli insorti di Legnano a liberare del tutto la citt, minacciata almeno cos si diceva da una colonna tedesca

    partita da Milano che intendeva riconquistare limportante centro industriale. Uno dei due aerei, scambiando

    quei partigiani per un convoglio di fuggitivi, si abbass e mitragli il mezzo di trasporto, facendo una

    carneficina di quei giovani: quattordici morirono e molti furono i feriti gravi, solo qualcuno, tra cui Luigi

    Carnelli che diventer sindaco di Gorla Maggiore per tanti anni, miracolosamente usc illeso.

    Un cippo, piuttosto misero ed indecoroso, ricorda ancora il sacrificio di questi partigiani - il pi giovane

    aveva diciassette anni, il pi anziano trentasei che morirono, anche se per un tragico errore, per la nostra

    libert.

    Cartolina ricordo dei caduti a Gorla Minore

    Io, naturalmente del fatto atroce seppi dopo, ma quel giorno, attratto dal rumore degli aerei, e, soprattutto

    affascinato da una macchina fotografica lasciata da qualche aviere, pi per gioco che per altro, sulla terrazza

    della Villa scattai una foto di uno dei due aerei, della quale poi mi dimenticai del tutto. Ma in et matura,

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    quando divenni Presidente dellANPI di Gorla Minore e mi appassionai alla documentazione storica degli

    avvenimenti resistenziali nella nostra zona, rovistando tra gli oggetti del passato, ritrovai non solo quella

    macchina fotografica, ma anche il rullino di quegli anni e mi ricordai di quello scatto che avevo fatto

    sviluppare e che presentava un cielo con un puntino. La tecnologia, dal tempo della guerra, aveva fatto passi

    da gigante, cos feci ingrandire millecinquecento volte quel puntino ed apparve, come in silhouette, laereo

    che aveva provocato la strage pi sanguinosa che era accaduta in Valle Olona nel periodo della resistenza.

    Cos posso considerare quella foto come una cerniera tra il mio essere partigiano ancora inconsapevole per la

    mia et (anche se la drammaticit degli avvenimenti favoriva una maturazione pi precoce) e lessere

    ricercatore di testimonianze resistenziali di cui mi sono occupato in et matura e di cui mi occupo ancora.

    La foto dellaereo che mitragli i partigiani

    Ma la mia resistenza non termin il 25 aprile e nei giorni immediatamente seguenti, perch ancora una volta

    gli avvenimenti familiari si intrecciavano con quelli pi generali. Non ho un ricordo personale preciso di

    quanto avvenne il 26 aprile per la conquista del Comando tedesco, che in seguito ho ricostruito con una

    ricerca storica, ma la mia memoria ha viva limmagine di mio fratello Giancarlo che batteva con la sua

    macchina da scrivere i buoni di prelevamento della merce che si trovava ancora nei capannoni del

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    Tognella e che veniva distribuita alla popolazione. Le operazioni erano capeggiate dal Comandante

    partigiano Lago, nella cui fonderia di Fagnano Olona venne trasferito questo ufficio annonario della

    liberazione quando i dirigenti dello stabilimento di Olgiate chiesero di lasciar liberi i capannoni per poter

    riprendere il lavoro.

    Villa Restelli, ancora una volta, divenne un luogo privilegiato degli avvenimenti accaduti nella nostra zona

    subito dopo la Liberazione perch venne scelta, nel maggio 1945, come luogo in cui consegnare le armi di

    cui molte persone erano venute in possesso durante la guerra. Venivano accatastate in cucina della Villa e i

    Carabinieri ogni giorno venivano a fare un sopralluogo, controllavano ed apponevano i sigilli alla porta cos

    che nessuno potesse prelevare qualcosa. Ma di armi si aveva bisogno, soprattutto occorrevano ai partiti

    politici che, dopo la Liberazione, si andavano organizzando e temevano che il periodo postresistenziale non

    sarebbe stato pacifico. I carabinieri vigilavano ma non sapevano che, oltre alla porta, debitamente sigillata da

    loro, esisteva un passavivande che era contenuto in un armadio, attraverso il quale si poteva accedere nel

    locale e prelevare i fucili e le pistole che poi venivano distribuite ai partiti antifascisti che ce li chiedevano.

    Ed io, ancora quattordicenne, quante volte sono passato da quel bugigattolo nascosto!

    Inoltre, sempre a Villa Restelli era stato costituito anche il Gruppo di Polizia Partigiana da parte del CLN

    locale, in quanto l venivano portati e processati tutti i maggiorenti fascisti della zona ed io, che abitavo nelle

    stanze della dpendance, mi fregiavo sul braccio della fascia tricolore con la scritta Polizia partigiana, perch

    ero stato arruolato come appartenente alla Brigata partigiana Alfredo di Dio. Ed in qualit di poliziotto

    partigiano mi ricordo che venni impiegato, nei mesi dopo la liberazione, come componente della scorta

    dellonorevole Francesco Buffoni, un parlamentare socialista, costretto dal fascismo ad espatriare in Francia

    e poi rientrato e diventato in seguito, oltre che sindaco di Gallarate, anche deputato della Costituente.

    Ricordo che gli facevamo la guardia durante i primi comizi dopo il 25 aprile e lo seguivamo in tutti i suoi

    spostamenti, in quanto si temevano disordini ed attentati in quel clima di raggiunta libert ma ancora

    socialmente e politicamente turbolento.

    Questo mio servizio dur per qualche mese, poi deposi le armi ed inizi per me lepoca del lavoro.

    Avevo quindici anni e la storia italiana, nella sua dimensione locale, mi era passata sotto gli occhi con il suo

    bagaglio di avvenimenti, di paure, di gioie, di relazioni che non solo mi avevano fatto maturare in fretta,

    come del resto i compagni della mia et, ma che resteranno come un bagaglio che la maturit mi far rivivere

    e riscoprire con quella consapevolezza che non potevo certo possedere in quegli anni di unindimenticabile

    adolescenza.

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    Tesserino di poliziotto partigiano di Mario Colombo

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    Mario Colombo partigiano a 15 anni

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    Il lavoro

    Terminata la guerra, si doveva ricostruire lItalia oltre che sul piano della democrazia, anche su quello

    delleconomia, dopo i disastri materiali del conflitto, ed anchio mi accingevo a fare la mia parte come

    giovane lavoratore. Mi impiegai nel 1946 in una ditta tessile di Legnano, il famoso Cotonificio DellAcqua,

    nel cui laboratorio chimico ho trascorso ben dieci anni, mentre nel frattempo, per diventare sempre pi

    esperto della mansione a cui ero stato assegnato, mi sono iscritto ai corsi serali per analista chimico

    dellIstituto Ponti di Gallarate. Sono stati tre anni duri, divisi tra lavoro e scuola, con i viaggi serali a

    Gallarate sul mio motorino ed ero gi fortunato a possederlo ma alla fine ottenni il mio diploma che mi

    permise di addentrarmi nelle ricette chimiche indispensabili per il finissaggio dei prodotti tessili che la

    fabbrica in cui lavoravo produceva. Era il tempo delle fibre sintetiche e noi lavoravamo il rayon, una fibra

    che si otteneva dalla cellulosa e che, con un processo chimico determinato, si trasformava in tessuto che il

    Cotonificio DellAcqua esportava in tutto il mondo.

    Certificato di servizio del Cotonificio DellAcqua

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    Ed stata questa dimensione internazionale della Ditta che ha segnato il mio destino professionale.

    Nel 1956 avevo ventisei anni e mi ero sposato da tre mesi con Regina Frontini, una ragazza di Prospiano

    i dirigenti del Cotonificio mi offrono la possibilit di andare in Irlanda del Sud ad impiantare ex novo,

    assieme ad un mio collega, una tessitura con reparto di finissaggio, di cui dovevo diventare il capo. Questa

    decisione del Cotonificio fu dettata dal fatto che molti dei suoi clienti si trovavano nelle nazioni che

    aderivano al Commonwealth britannico, quellorganizzazione soprattutto economica che aveva sostituito,

    dopo la seconda guerra mondiale, limperialismo del Regno Unito, e che aveva clausole protettive per cui gli

    organismi economici dei paesi che non ne facevano parte non potevano esportare ed importare liberamente in

    esso: il comune benessere questo il significato della parola inglese era circoscritto allInghilterra che

    per lunghi anni ha tratto parecchi benefici da questa struttura economica.

    Mario e Regina nel giorno del loro matrimonio

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    La Ditta in cui lavoravo, per aggirare questi ostacoli, decise di costruire uno stabilimento a Naas, una

    cittadina a sudovest della capitale Dublino, che oggi conta circa ventimila abitanti ed considerata una delle

    cittadine dormitorio per i tanti pendolari che lavorano nella capitale ma che allora era un piccolo borgo di

    1.500 abitanti. Io mi trasferisco con mia moglie in quel luogo, naturalmente poco industrializzato ed ancora

    dalla vita e dallatmosfera campagnola, contribuisco a costruire e ad avviare la tessitura, a cui viene dato il

    nome inglese di Naas Cotton Mils, e trascorro ben cinque anni con tutti i vantaggi e gli svantaggi del

    lavoratore allestero: i primi di ordine professionale ed economico perch avevo migliorato di molto la mia

    qualifica e la mia retribuzione, i secondi perch si rischiava di perdere i legami con la propria terra e la

    propria storia, a cui io ero molto legato per le vicende che da adolescente avevo vissuto. Intanto mi godevo

    gli agi del benessere con mia moglie e con la mia prima figlia Annalena che era nata a Dublino nel 1958.

    Labitazione della famiglia Colombo a Naas

  • 28

    Ricordo con piacere quel periodo, pieno di soddisfazioni sul versante professionale, ma ci di cui vado pi

    orgoglioso, anche per aver concretizzato le mie idee socialiste, di aver iniziato in quella cittadina a

    celebrare il 1 maggio come festa dei lavoratori, una tradizione che non esisteva e che io, innestandomi sul

    sentimento religioso del popolo irlandese, ho reso festivo nella mia fabbrica, organizzando una processione,

    di cui ancora si conserva il ricordo anche per una statua della Vergine Maria che campeggia ancora sul muro

    delledificio, adesso adibito a sede di pi ditte..Non tanti anni fa una ricostruzione giornalistica di un

    quotidiano di Dublino ha rievocato ancora quellavvenimento.

    Processione del 1 Maggio 1957 a Naas

  • 29

    Il ritorno nel 2004

  • 30

    La cittadina di Naas

  • 31

    La produzione di tessuti sintetici, intanto, si rinnovava ed il rayon venne sostituito dal poliestere. La mia

    fabbrica non era attrezzata per questo cambiamento, per il quale occorreva investire in nuovi macchinari, ed

    io, richiamato in patria dai dirigenti del DellAcqua, sentii da loro una proposta che ripugnava al mio senso

    morale: avrei dovuto dar fuoco allo stabilimento irlandese per incassare i soldi dellassicurazione.

    Al mio deciso rifiuto, mi ordinarono di ritornare in Irlanda, ma qualche tempo dopo mi concedettero una

    licenza premio. Mentre ero di nuovo in Italia, mi avvisarono che la fabbrica era andata a fuoco. Non seppi

    mai come ci avvenne, ma fui avvisato dalle mie maestranze che, prima dellincendio, qualcuno aveva

    salvato parecchi attrezzi, per i quali io, che ero il responsabile, firmavo dichiarazioni della loro scomparsa

    nel rogo, con il rischio concreto di essere accusato per truffa davanti alle autorit giudiziarie irlandesi.

    La situazione diventava sempre pi difficile, tanto che mi decisi a telefonare ad un mio carissimo amico, che

    era il figlio del direttore generale della Bayer, la grande azienda chimica tedesca, il quale subito mi procur

    un altro posto di grande responsabilit in unaltra fabbrica irlandese lEnnis Carpet Factory, il cui

    proprietario era, per, un noto imprenditore cotoniero tedesco, Adam Koch. Questo nuovo posto di lavoro si

    trovava ad Ennis, una cittadina sul fiume Fergus, situata nella parte centro- occidentale dellIrlanda, oggi con

    circa 25.000 abitanti, ma allora di sole 2.000 anime, circondata da boschi in cui si poteva cacciare e anche un

    luogo di pesca formidabile. Era il 1961 quando con la mia famiglia mi trasferii l a continuare nella nuova

    ditta tessile il mio ruolo di capo del reparto finissaggio e del laboratorio chimico.

    La cittadina di Ennis Co. Clare

  • 32

    Nei primi tempi in cui avevo assunto il nuovo posto di responsabilit, la Ditta non mi aveva ancora procurato

    labitazione e, per circa sei mesi, ho vissuto in un hotel di lusso della cittadina. In quel periodo, durante molti

    fine settimana, incontravo nella sala da pranzo dellalbergo un misterioso personaggio almeno allora per

    me che mangiava da solo, su di un tavolo, mentre vicino a lui, su un altro tavolo, sedevano il pilota

    dellaereo personale con cui viaggiava e la sua guardia del corpo, coi quali ultimi ebbi modo di scambiare

    qualche parola, essendo loro italiani.

    La guardia del corpo si chiamava Rino Pachetti, un ferroviere livornese antifascista che seppi dopo

    durante la resistenza comand partigiani del raggruppamento Alfredo di Dio, prima nel Lecchese e nel

    Comasco e poi nel Varesotto e nel Novarese, insignito della medaglia doro al valor militare. Costui nel

    dopoguerra, dopo aver prestato servizio nella questura di Milano, era diventato uno stretto collaboratore di

    quellaltro uomo taciturno e riservato che durante i fine settimana veniva col suo jet a Ennis e si rilassava con

    battute di caccia e con lunghe ore di pesca e che rispondeva al nome di Enrico Mattei, il capo partigiano

    cattolico, che, nel dopoguerra, messo a capo della liquidazione dellAGIP, lAzienda Generale Italiana

    Petroli, voluta dal fascismo, non solo non la sciolse ma nel 1953 fond lENI, lEnte Nazionale Idrocarburi

    che divenne uno degli strumenti della ricostruzione economica italiana e che lo fece diventare uno degli

    uomini pi potenti dellItalia repubblicana. Mattei, la cui vicenda personale ed il cui talento imprenditoriale

    vennero poi ricostruiti nel 1972 dal regista Francesco Rosi nel film Il caso Mattei con linterpretazione

    indimenticabile di Gian Maria Volont, era allora allapice del successo tanto che la sua creatura industriale

    competeva a livello internazionale con le famose sette sorelle, le aziende mondiali della raffinazione e

    della commercializzazione del petrolio, ma io devo confessare che tra il 1961 e gli inizi del 1962 quel nome

    per me non significava nulla ed ero propenso a credere, con la diceria popolare, che era un ricco figlio di

    pap altrettanto ricco che si poteva permettere un aereo personale a reazione, quando tutti gli altri privati

    erano ancora ad elica. La sua morte, avvenuta molto probabilmente per un attentato nellottobre del 1962,

  • 33

    quando il suo aereo precipit in fase di atterraggio nelle campagne del Pavese, lo fece conoscere a tutti e tutti

    si resero conto del suo enorme potere.

    Il destino mi riannodava ancora, in un certo senso, alla resistenza e, dopo essere ritornato a lavorare in Italia,

    quando incominciai a frequentare gli ambienti dellAlfredo di Dio di Busto, fu una gradita sorpresa ritrovare

    in qualche occasione Rino Pachetti e conoscere la sua storia partigiana.

    Il lavoro ad Ennis dur fino al 1963, allorch, per voglia di cambiare e su sollecitazione del mio importante

    amico tedesco, feci domanda per essere assunto dal Ministero dellIndustria egiziano, che aveva bisogno di

    un tecnico per impiantare lindustria cotoniera dopo che Nasser nel 1952 aveva guidato la rivoluzione,

    spodestando la monarchia del re Faruq ed era diventato il secondo Presidente dellEgitto nel 1954. Fra 1500

    domande da tutto il mondo, venne scelto il mio curriculum, ma poich mia moglie era stanca di girare il

    mondo al mio seguito e si rifiutava di venire in Egitto, per non dire sfacciatamente di no, risposi che ero

    disposto ad accettare lincarico soltanto se si fosse raddoppiato lo stipendio, nellassoluta convinzione che i

    funzionari del Ministero egiziano avrebbero risposto picche. Invece accettarono in toto quella proposta ed io

    con la mia famiglia trascorsi tre anni, dal 1963 al 1967, a Damanhur, una localit nel nord dellEgitto, tra Il

    Cairo ed Alessandria, dove, anche l, contribuii ad impiantare una fabbrica, la pi grossa produttrice di

    tappeti non solo egiziana ma anche del nord Africa.

    La fabbrica di Damanhour

  • 34

    Ma quelli non erano tempi pacifici per il Medio Oriente, con le ostilit tra il neonato Israele e i Paesi arabi

    che avevano sposato la causa dei Palestinesi e quando nel 1967 si addensavano i venti di guerra che

    avrebbero provocato la famosa guerra dei sei giorni del giugno 1967 in cui gli arabi venero schiacciati dalle

    truppe israeliane di Moshe Dayan, abbandonai lEgitto e feci ritorno in patria, da dove non mi allontanai pi

    per il lavoro. Costruii la casa a Prospiano della mia famiglia , alla quale si era aggiunta unaltra figlia, Enrica

    nata nel 1968 a Gorla Minore, e dopo aver lavorato, sempre come capo reparto chimico alla Cantoni di

    Legnano e alle Stamperie di Brebbia, sono andato in pensione nel 1990, a sessantanni, continuando per

    lattivit lavorativa come consulente per un altro decennio.

    Ma il radicamento nel mio paese e nella mia zona di nascita, mi ha permesso di coltivare quella passione per

    la ricerca delle memorie resistenziali che per me ha sempre significato riandare a quegli anni di vita

    adolescenziali che mi hanno profondamente segnato sia come visione del mondo sia come orientamento

    politico.

  • 35

    Raccoglitore di testimonianze resistenziali

    Dopo il mio lungo peregrinare per lavoro allestero, nel 1967 ritorno, come ho detto, in Italia e mi iscrivo

    subito allANPI di Castellanza, entrando anche nel direttivo. Nel frattempo frequento pure lambiente degli

    ex partigiani di Busto Arsizio che ruotavano intorno allAlfredo di Dio di Luciano Vignati e divento amico di

    Ugo Chierichetti, suo braccio destro per le vicende resistenziali, che era stato anchegli un uomo della

    resistenza e che aveva collaborato con la missione Crysler (di cui tra poco parler) ed in alcune riunioni,

    incontro, come ho gi detto, anche Rino Pachetti il quale mi sar prezioso per contattare una persona che

    sentivo sempre nominare tra i protagonisti della storia resistenziale bustocca e che poi diventer non solo il

    centro focale e pi importante delle mie ricerche sulla resistenza, ma anche mio amico.

    Per la verit, le prime volte che veniva citato questo personaggio era per informarmi che i pezzi da novanta

    della vicenda resistenziale di Busto Arsizio, legata ai partigiani azzurri della Democrazia Cristiana, quali

    Giovanni Marcora, Luciano Vignati, Eugenio Cefis e lo stesso Ugo Chierichetti erano andati ad incontrarlo o

    a Nizza o a Lugano, in luoghi fuori dai confini italiani, ma l per l non feci caso a questo particolare, che mi

    divenne chiaro quando mi misi direttamente in contatto con lui.

    Questo uomo della resistenza si chiamava Aldo Icardi ed era

    un italoamericano che durante la guerra era stato arruolato

    nella Office Strategic Service (O.S.S.) e, dopo un severo

    addestramento, era stato paracadutato sul Mottarone nel 1944

    nellambito della missione Crysler, la quale aveva lo scopo di

    collegare le formazioni partigiane della Val dOssola con gli

    Alleati, e tra le formazioni resistenziali, soprattutto quelle di

    ispirazione cristiana o comunque anticomuniste. Il tenente

    Icardi si distinse per le sue capacit operative e, come agente

    segreto, venne in contatto con numerosi esponenti della

    resistenza bustocca e questo avvenne ancora maggiormente

    quando il comandante della missione segreta, il Maggiore

    William Holohan, mor assassinato e Icardi ne assunse il

    comando. Al momento della liberazione, quando la citt di

    Busto era minacciata dalla cosiddetta colonna tedesca Stamm,

    in realt formata da avieri della Lutwffe, che alla fine si arrese

    ai partigiani azzurri di Luciano Vignati e a quelli rossi di Cino

    Moscatelli, il mediatore

    di tale operazione fu

    Icardi verso il quale i

    Bustocchi liberi furono

    talmente riconoscenti che

    gli attribuirono la

    cittadinanza onoraria.

    Anche gli Americani riconobbero il valore ed il coraggio di questo

    uomo che, tornato negli USA, fu insignito della Legion of merit, una

    decorazione militare istituita da Franklin Delano Roosevelt, mentre in

    Italia il Governo del tempo gli confer la medaglia dargento al valor

    militare.

    Ma dopo laltare degli onori, venne la polvere delle accuse perch nel

    1953 un tribunale italiano, a Novara, lo condann in contumacia

    allergastolo. La sentenza fu emessa perch ritenuto responsabile di un

    delitto infamante nella sostanza e nella forma: luccisione del suo

  • 36

    superiore, il Magg. Holohan, dapprima avvelenato con un grammo di cianuro, poi finito con due colpi di

    pistola, infine messo in un sacco a pelo e gettato sul fondo del Lago dOrta.

    Aldo Icardi che, nel frattempo, ritornato in patria, si era laureato in giurisprudenza ed esercitava la

    professione di avvocato, scrisse nel 1954 un libro intitolato American Master Spy. A true story by Aldo

    intervista, stata pubblicata dal Comune di Gorla Maggiore nel 2000.

    Io ho conosciuto personalmente lex tenente

    italoamericano, dapprima attraverso una fitta

    corrispondenza via e-mail e poi anche di

    persona quando ebbe la compiacenza dagli

    USA di venirmi a trovare in Italia, a suo

    rischio e pericolo perch formalmente

    condannato e quindi ricercato. Conoscendolo

    e leggendo le sue ragioni, io mi sono

    convinto della sua innocenza e questa mia

    convinzione stata supportata anche da

    testimonianze autorevoli come quella di

    Mario Borghi, intimo di Ferruccio Parri, il

    presidente del Consiglio dal giugno al

    dicembre del 1945, che ha dichiarato, prima di morire, di aver discusso con lui del caso Icardi riportandone

    la convinzione che lillustre uomo politico e statista italiano lo ritenesse innocente.

    Tra il 2000 ed il 2001, mi adoperai anche presso i nostri governanti perch si rivedesse lingiusta sentenza

    nei confronti di Icardi e segnatamente trattenni un corrispondenza con la segreteria dellallora Ministro della

    Giustizia Piero Fassino, interessato alla vicenda, ma la caduta del secondo Governo Amato nel maggio del

    2001 interruppe ogni contatto e Aldo Icardi morto nel novembre 2011 senza aver avuto la soddisfazione di

    vedersi riconosciuta la sua innocenza, pervicacemente sostenuta per tutta la vita e riconosciuta negli USA.

    Ma linteressamento alla storia della missione Crysler ha avuto

    unimportanza decisiva anche per le ulteriori ricerche resistenziali,

    infatti lanno dopo, con un team di persone, Annalisa Castiglioni,

    Rosella Formenti e Daniele Mantegazza ci siamo messi alla ricerca

    del ruolo avuto dalle donne nella resistenza della Valle Olona e di

    Busto Arsizio e ne scaturito un libretto, Donne per la libert,

    edito dal Comune di Gorla Maggiore ed ormai introvabile, che ha

    lumeggiato non solo il contributo femminile alla lotta partigiana

    nella nostra zona, ma anche una tappa fondamentale per la storia

    dellemancipazione delle donne nella societ italiana perch da l

    nato il loro impegno nella societ e nella politica, senza eroismi

    particolari ma con un coraggio ad affrontare i pericoli e con uno

    sguardo pi pacificato sulla realt anche avversa, essenziali per

    sconfiggere, prima culturalmente e giuridicamente poi, il

    maschilismo imperante anche nellItalia repubblicana.

    Da cosa nasce cosa, da ricerca nasce ricerca e nel 2002, scopriamo,

    sempre con Annalisa Castiglioni e Daniele Mantegazza, la storia di

    Lorenzo Banfi, uno dei pochi superstiti delleccidio di Cefalonia di militari italiani da parte di truppe

    tedesche, subito dopo la proclamazione della resa incondizionata dell8 settembre, quel fatto che lallora

    Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, aveva autorevolmente definito il primo atto della

    Resistenza, di unItalia libera dal fascismo. La storia particolare di un uomo semplice, raccolta nel libretto

    Cefalonia. Una storia particolare nella tragedia, edito dal Comune di Gorla Maggiore, che nel rievocare la

    sua avventura-disavventura ricorreva alle parole fondamentali della vita, quali paura, amicizia, timore, fatica,

  • 37

    spavento, amore, si coniugava e veniva inquadrata nella storia con la S maiuscola in quel desiderio di far

    comprendere, soprattutto alle giovani generazioni, come la vicenda quotidiana di ciascuno di noi non sia

    avulsa dal fiume generale della storia e come noi siamo una tessera del mosaico complessivo, una tessera

    anche la pi piccola, ma indispensabile per i colori ed il disegno del quadro

    La mia passione per la storia locale nel momento cos fondante della

    vicenda nazionale, quale il periodo della Resistenza, nasce da questa

    visione del mondo ed anche i miei interventi nelle scuole, come Presidente

    dellANPI di Gorla Minore e poi anche di Gorla Maggiore, per far

    conoscere la storia resistenziale partono dalla consapevolezza che gi ai

    giovani occorre offrire i semi di un concepirsi allinterno di una societ pi

    grande, come cittadini che godono diritti ma a cui sono richiesti dei doveri

    per una vita in comune.

    Con la ricerca sulle staffette della Valle Olona, si venne a conoscere,

    soprattutto per la testimonianza di Irene Dormelletti, limportanza che

    rivest nelle vicende resistenziali della Valle Olona Samuele Turconi, un

    allora giovane militare sbandato di Legnano che divenne il capo di un GAP

    (Gruppi di Azione Patriottica) con sede a Gorla Maggiore e che guid molti

    giovani gorlesi in azioni di sabotaggio, soprattutto contro i treni che nel

    1944 trasportavano armi e viveri per i soldati nazifascisti impiegati nella

    repressione della Repubblica dellOssola. Attraverso la sua testimonianza, si riusc a dare i contorni agli

    avvenimenti resistenziali della Valle Olona e allimpegno dei giovani partigiani, almeno di quelli inquadrati

    nelle Brigate Garibaldi, a supportare le azioni che gravitavano attorno alla citt di Legnano e che erano

    culminate nellattentato allAlbergo Mantegazza, effettuato dal Turconi con un suo compagno nel novembre

    1944 e che provoc la morte di quattro persone tra i nazisti e i repubblichini che frequentavano quel posto tra

    lauti banchetti, quando il resto della popolazione non riusciva a sfamarsi per le restrizioni di guerra.

    La vicenda di Samuele Turconi, arrestato nelle carceri di Varese, torturato e poi trasferito a San Vittore a

    Milano, condannato a morte, fortunosamente salvatosi e liberato

    il 24 aprile 1945 da un guardia carceraria partigiana, ha

    contribuito a delineare il contesto nel quale maturata la strage

    di partigiani avvenuta a Gorla Minore che ho pi sopra

    ricordato.

    Allinizio del mio interessamento storiografico, negli anni 80

    dello scorso secolo, questa tragedia era ancora ricordata come

    avvenuta per un gruppo di persone che su di un camion

    festeggiava il giorno della liberazione e che per sbaglio venne

    mitragliato da quellaereo che io, giovane adolescente, avevo

    fotografato dal terrazzo della Villa Restelli. Invece le ricerche e

    le testimonianze hanno appurato inequivocabilmente che quel

    camion trasportava giovani partigiani che, allertati da una

    staffetta partita al mattino da Legnano, andavano a dar man forte

    ai resistenti della citt. Quindi quel tragico avvenimento si

    inquadra nella lotta resistenziale della Valle Olona e se anche

    accaduto per un errore di valutazione di un pilota alleato,

    tuttavia su quella strada corso sangue partigiano, di cui fatta

    la libert e la democrazia italiana.

    Queste ricerche, che hanno messo in luce anche il contributo di un altro importante partigiano, Mario Cozzi,

    che guid i giovani gorlesi dopo lallontanamento di Samuerle Turconi da Gorla Maggiore, sono state

  • 38

    pubblicate nel 2003 da Annalisa Castiglioni e da Daniele Mantegazza, con il titolo di Appunti per una storia

    della resistenza gorlese e costituiscono un contributo fondamentale per la memoria di Gorla Maggiore e di

    tutta la Valle Olona.

    Nel 2004 cadeva il 60 anniversario della Repubblica partigiana

    dellOssola, quellesaltante fatto resistenziale della nostra zona che

    per 40 giorni aveva prefigurato uno Stato democratico nel cuore del

    nazifascismo europeo, ed io, attraverso alcune conoscenze, ero

    riuscito ad avere la promessa da parte di Eugenio Cefis, vice

    comandante della formazione Valtoce, creata da Alfredo di Dio ed

    operante militarmente, assieme ad altre formazioni partigiane di

    vario orientamento politico ed ideologico, di unintervista su quei

    fatti resistenziali, dei quali aveva raramente parlato. Ma la morte di

    quello che era stato un importante manager di Stato, subentrato alla

    presidenza dellENI ad Enrico Mattei, e di un potente dirigente

    dazienda, quale presidente della Montedison, avvenuta nel maggio

    2004, imped la realizzazione di questo interessante progetto, al

    quale mi ero preparato con laiuto di Annalisa Castiglioni e di

    Daniele Mantegazza.

    Ma quel tentativo serio di ripercorrere le vicende resistenziali

    ossolane attraverso la voce di uno dei maggiori protagonisti militari

    non fu invano perch dal materiale preparatorio scatur un libretto, dal titolo La repubblica partigiana

    dellOssola, edito dal Comune di Gorla Minore per il 25 aprile del 2005, attraverso il quale si delineava la

    storia di quella repubblica partigiana - a cui la resistenza della nostra zona aveva contribuito con la raccolta

    di armi e di viveri - mettendone soprattutto in risalto i settori della giustizia e della scuola come esperimenti

    anticipativi di quello che sarebbero state le istituzioni dello Stato repubblicano, quali luoghi in cui si

    persegue la dignit e la libert della persona, cos come viene

    sancito incontrovertibilmente dalla nostra Carta costituzionale

    che della lotta antifascista il frutto pi prezioso e pi alto.

    Nel 2006, sulla scia delle problematiche sollevate

    dallistituzionalizzazione della giornata del ricordo, stabilita

    dal Parlamento italiano, ho cercato di far luce sul mistero

    della foibe, dando al mio studio una dimensione temporale che,

    partendo dalla prima guerra mondiale e dai primi movimenti

    fascisti nella zona, arrivasse alle violenze dei partigiani di Tito

    che non volevano solo vendicarsi dei responsabili dei regimi

    dittatoriali, ma anche annettersi parte del territorio italiano,

    tentativo sventato dagli accordi internazionali di pace. Mai

    come in quelle terre martoriate le supposte divisioni razziali

    combinate con ideologie totalitarie ed interessi nazionali hanno

    generato morte, dolore, sradicamento di moltissime persone

    dalla loro terra natia. Il libretto Foibe. Quello che abbiamo

    dimenticato stato pubblicato dal Comune di Gorla Maggiore

    per il 25 aprile del 2006 al fine anche di sottolineare che lo

    spirito democratico della Costituzione sa indagare la

    soppressione della dignit umana da qualunque parte essa

    provenga.

    Negli anni successivi, tra il 2006 ed il 2007, attraverso contatti con Bill Corvo, il figlio di Max Corvo,

    comandante dei servizi segreti in Italia durante la seconda guerra mondiale, una conoscenza favorita da Aldo

  • 39

    Icardi, sono riuscito a far luce su due episodi capitati durante il

    conflitto nella nostra zona che erano fino ad allora rimasti

    nellincertezza: il primo riguardava latterraggio di un aereo

    americano nel campo di aviazione di Venegono che si diceva si

    fosse consegnato spontaneamente ai Tedeschi, mentre in realt il

    B 24 fu costretto ad atterrare per unavaria e lequipaggio fu

    arrestato e deportato in Germania; il secondo concerneva

    labbattimento di un aereo americano, avvenuto il 19 aprile 1945

    nei boschi di Gorla Minor,e con la cattura di cinque membri

    dellequipaggio da parte dei Tedeschi e con il salvataggio di altri

    cinque avieri da parte dei partigiani gorlesi, i quali li aiutarono,

    tramite un sacerdote del seminario di Venegono, a raggiungere il

    confine svizzero. Queste note furono pubblicate dai comuni di

    Gorla Minore e Maggiore con il titolo Accadde nei nostri cieli, in

    occasione del 25 aprile 2007.

    Ma forse, il lavoro a cui sono maggiormente affezionato stata

    la ricerca svolta in collaborazione con Paolo Paoletti riguardante,

    se si vuole, un fatto trascurabile delle memorie resistenziali ma

    dal valore simbolico fondamentale: lannuncio al mondo, trasmesso la sera del 25 aprile 1945, dellavvenuta

    insurrezione finale dellItalia dal dominio nazifascista, data che fu scelta poi per celebrare la festa della

    Liberazione. Ebbene, quellannuncio venne irradiato via etere da una stazione radio situata ad Olgiate Olona

    dai partigiani di Busto Arsizio, capeggiati dal Comandante Gino Oggioni, e venne ripreso il giorno

    successivo da Radio Londra, riferendo a tutto il mondo che lItalia era insorta. Le note e i documenti sono

    stati raccolti nel libro intitolato La radio della Liberazione, edito nel 2008 significativamente dai Comuni di

    Olgiate Olona, dove sono nato, dal Comune di Gorla Maggiore,

    di cui sono Presidente della sezione dellANPI locale,e dal

    Comune di Gorla Minore, dove risiedo e dove ho trovato sempre

    valida collaborazione da parte dei membri dellAmministrazione

    comunale e del Sindaco Giuseppe Migliarino.

    Per chi come me, seppur con linconsapevolezza

    delladolescente, aveva sperimentato le paure della guerra e per

    altri che avevano provato il dolore di vite umane mutilate o

    spezzate quel radiomessaggio non era solo una notizia ma

    soprattutto apriva una nuova epoca, era lalba di un nuovo giorno

    in cui la libert e la democrazia sarebbero state ben presto il

    collante del comune vivere civile, dopo gli orrori della dittatura e

    della guerra. Con quellannuncio la speranza di una vita

    dignitosa diventava un sentiero ancora percorribile per la societ

    italiana e che essa sia stata trasmessa da una stazione radio del

    mio paese natale e che io sia riuscito a ricostruire questo

    avvenimento con uninoppugnabile documentazione storica

    costituiscono il coronamento delle mie ricerche che sempre sono state svolte nello spirito di far comprendere

    come il nostro vivere in libert sia il frutto di tanti piccoli episodi messi in campo da persone che avevano

    idealit diverse, ma che erano accumunate da una visione non individualistica della vita.

  • 40

    Ho svolto altre ricerche sulla storia della seconda guerra

    mondiale nella zona, come quella relativa al bunker tedesco

    che si trova nei pressi della ex stazione di Prospiano e che, da

    vari indizi, come la costruzione da parte di maestranze

    altoatesine e dal fatto che sul posto era collocata una bomba

    per lautodistruzione, doveva essere una struttura segreta

    (qualcuno avanza lipotesi che fosse un luogo

    dellOperazione Odessa, che aveva lo scopo di far espatriare

    criminali nazisti nel Paesi sudamericani con ricchezze di

    vario genere), ma vorrei terminare la mia odissea nel mare

    delle testimonianze resistenziali, ricordando che nel 1989,

    nelle sale della Villa Durini, quando Gorla Minore era

    amministrata dal Sindaco Carlo Lattuada, ho realizzato con il

    contributo del C.I.R.F. (Centro Italiano Filatelia Resistenza),

    allora guidato dal Presidente Gianfranco Pastormerlo, la

    prima Mostra Filatelica della Resistenza, un evento a

    carattere nazionale che venne visitato da tremila persone e

    che mi spinse, lanno successivo, ad organizzare la seconda

    edizione, imperniata su importanti figure della Resistenza

    quali i gi ricordati Alfredo di Dio e Luciano Vignati, senza

    dimenticare la grande figura di Sandro Pertini, il partigiano

    Presidente, che era scomparso nel febbraio di quello stesso

    anno. In quelloccasione venne esposto per la prima volta in

    Italia il cosiddetto francobollo che non mai esistito, un foglietto preparato e realizzato dagli uomini del

    Col. Martin M. Allen del servizio Propaganda Oss americano, scoperto, nel 1946, in occasione della vendita

    della collezione del Presidente Roosevelt, grande collezionista,

    donatogli molto probabilmente nel 1944 e riproducente Hitler con

    una corona di 13 cadaveri.

    Era un nuovo filone che il CIRF inaugurava e che negli anni

    avrebbe portato avanti, allestendo anche mostre filateliche sulla

    Resistenza anche presso il nostro Parlamento.

    Di questa associazione filatelica sono stato per anni membro del

    direttivo ed anche a livello locale ho sempre contribuito a tener

    desta lattivit, come testimoniano gli annulli postali, soprattutto

    per ricordare quei martiri partigiani che sono caduti a Gorla

    Minore

    Per me la filatelia stata un mezzo per divulgare la memoria della

    Resistenza che non tanto la ricostruzione, spesso certosina, dei

    fatti del passato, ma soprattutto un modo di veicolare una cultura

    della solidariet e dellaltruismo senza la quale non ci sarebbe la

    nostra convivenza civile, a tutti i livelli.

    E di quanto ne abbiamo bisogno sono i fatti della nostra cronaca

    quotidiana a ricordarcelo continuamente.