Marco Cossutta - Enrico Malatesta. Note Per Un Diritto Anarchico

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Transcript of Marco Cossutta - Enrico Malatesta. Note Per Un Diritto Anarchico

  • Comitato scientificoGiuseppe Battelli Universit degli Studi di Trieste, Stefano Amadio Universit degli Studi di Trieste, Giliberto Capano Universit degli Studi di Bologna, Fabio Cossutta Universit degli Studi Trieste, Marco Cossutta Universit degli Studi di Trieste, Giuseppe Longo Universit degli Studi di Trieste, Maurizio Manzin Universit degli Studi di Trento, Paolo Moro Universit degli Studi di Padova, Gisella Paoletti Universit degli Studi di Trieste, Marina Sbis Universit degli Studi di Trieste, Roberto Scarciglia Universit degli Studi di Trieste, Valter Sergo Universit degli Studi di Trieste, Giacomo Todeschini Universit degli Studi di Trieste, Miriam Totis Presidente dellOrdine degli Assistenti Sociali del Friuli Venezia Giulia

    Presentazione della collana in/TigorNellimmaginario collettivo lUniversit viene percepita, in prevalenza, come una isti-tuzione e tuttal pi un luogo fisico. Andando oltre questa pur legittima e diffusa percezione, la chiave di volta per cogliere il senso della collana in/Tigor va piuttosto cercata nel significato originario del termine universit: a lungo attivo nella lingua italiana per designare le corporazioni e, quindi, pi modernamente declinabile come comunit indivisa di coloro che, pur con funzioni e competenze diverse, condividono larte (intesa quale attivit/lavoro) dello studio.Se la finalit operativa della collana individuabile nella diffusione dei risultati di valide analisi scientifiche e dei frutti del migliore insegnamento e della pi proficua collaborazione con le aree professionali dialoganti con la stessa universit, il fonda-mento profondo della stessa sta nel voler proporsi come segno di una data concezione e conseguente sperimentazione di universit. Quale?La collana, lo suggerisce lo stesso nome, trova la propria simbolica collocazione nelle-dificio di via Tigor. Ma ci non va affatto inteso come riferimento esclusivo e nega-tivamente identitario, bens come luogo che, se non nega le proprie concrete radici storiche, si apre e si offre in quanto agor virtuale nella quale incontrare sia ciascuna delle specifiche comunit di studio e di lavoro che costituiscono linsieme complessivo dellAteneo di Trieste e di altri Atenei, sia ciascuna delle aree professionali che operan-ti nella societ civile dialogano con lo stesso mondo universitario.In tal senso, e in un momento di drammatica messa in discussione dello stesso si-gnificato fondativo delluniversit, e di insidiosa deriva verso deformanti declinazioni aziendaliste o tecnoburocratiche, questa agor intende proporsi come spazio che rivolgendosi a coloro che ancora credono al decisivo ruolo delluniversit pubblica in quanto veicolo di scienza e conoscenza, crescita della formazione critica, educazione a una cittadinanza consapevole invera linscindibile unit di studio, insegnamento, legame con la societ civile, ribadendo con forza come n luno, n gli altri potrebbero esprimere integralmente la propria intrinseca potenzialit qualora, invece di realizzare unarmoniosa fusione, perseguissero lobiettivo di uno sviluppo separato.Ecco allora che la collana in/Tigor si concepisce come una universitas di persone libe-ramente accomunate dallamore per la conoscenza e liberamente operanti, a prescin-dere e nel superamento di ogni predefinita cristallizzazione di ruoli, secondo i princpi sopra delineati.

  • Collana in/TigorDipartimento di Studi Umanistici

    Universit degli Studi di Trieste13

  • copyright Edizioni Universit di Trieste, Trieste 2015.

    Propriet letteraria riservata.I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale di questapubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi.

    E-ISBN 978-88-8303-609-5

    EUT Edizioni Universit di TriesteVia E. Weiss, 21 34128 Triestehttp://eut.units.ithttps://www.facebook.com/EUTEdizioniUniversitaTrieste

  • ERRICO MALATESTA.NOTE PER UN

    DIRITTO ANARChICO

    Marco Cossutta

    EdizioniUniversitdi Trieste

  • VSOMMARIO

    IX DELLE DIGRESSIONI A MO DI PREMESSA1. Il diritto anarchico; 2. Sui luoghi comuni come fondamento dellargo-mentare giuridico; 3. Lordinamento giuridico anarchico; 4. Sulle pagine che seguiranno; 5. Per una attualit metodologica dellanarchismo (1984).

    PARTE PRIMA 3 PER UNA PROSPETTIVA GIURIDICO-POLITICA ANARChICA Al di l dellideologia e dellutopia: note preliminari per un anarchismo filosofico.

    CAPITOLO PRIMO 5 IL CAPO MORALE DEL PARTITO ANARChICO ITALIANO

    1. Un pensatore classico dellanarchismo: Errico Malatesta; 2. Un propagan-dista e non un dottrinario dellanarchismo; 3. Malatesta giurista? (e la dif-ficolt di estrapolare un discorso giuridico); 4. Alcune note metodologiche.

    CAPITOLO SECONDO 23 PERCh SIAMO ANARChICI?

    1. A partire dallindignazione morale; 2. La tensione ad un sapere an-ipotetico; 3. Il binomio politica-morale; 4. Libert ed uguaglianza; 5. Lemancipazione; 6. La regolarit nelluguaglianza e nella libert.

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    CAPITOLO TERZO 41 ABOLIZIONE DI OGNI GOVERNO E DI OGNI POTERE

    ChE FACCIA LA LEGGE1. La critica al diritto vigente; 2. Per una libert selvaggia?; 3. Le apo-rie dellideologismo e dellutopismo; 4. Sullideologia; 5. Sullutopia; 6. Ancora su ideologismo, utopismo e libero pensiero; 7. Le possibili derive dellanarchismo.

    PARTE SECONDA PER UN ANARChISMO QUALE MODERNA DECLINAZIONE

    DELLA CLASSICIT GIURIDICO-POLITICA 69 Lanarchismo tra modernit e classicit: una nota introduttiva

    CAPITOLO QUARTO 71 QUESTA LA GENERAZIONE DI QUEL GRANDE

    LEVIATANO1. Una precisazione; 2. Sulla modernit politico-giuridica; 3. La negazione della politica come controllo sociale (spunti dal pensiero classico); 4. Libert e politica nella modernit: il male necessario; 5. Su ideologia e totalitarismi; 6. Il diritto naturale della forza.

    CAPITOLO QUINTO 95 UN ANARChICO PU BEN ESSERE UN BUON

    CONOSCITORE DEL DIRITTO1. Alzare il velo sulla Gorgone del potere; 2. Il diritto come strumento di dominio; 3. Limplicita critica al positivismo giuridico; 4. Lequivoco della-narchismo quale anomia; 5. Per un uso alternativo del diritto.

    CAPITOLO SESTO 113 LUOMO ISOLATO SAREBBE, SE PUR RIUSCISSE

    A VIVERE, LA PI MISERABILE DELLE BESTIE1. Homo homini lupus; 2. La libert come sregolatezza; 3. La libert come responsabilit; 4. Regolarit, autonomia, libero accordo; 5. Ancora sulluso alternativo del dritto.

    CAPITOLO SETTIMO 131 IO NON hO MAI DETTO DI AVERE SICUREZZA

    ASSOLUTA DI ALCUNA COSA1. Anarchismo e scienza; 2. La critica al determinismo scientista; 3. La dialettica come fonte di ogni giudizio di valore; 4. Lanarchismo quale non teoria; 5. Lipoteticit del sapere scientifico e la prospettiva anarchica; 6. Anarchismo e prospettiva politica moderna; 7. Una prima conclusione.

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    PARTE TERZA LANARChISMO FRA FILOSOFIA E DOGMATISMO 151 Lanarchismo tra filosofia e dogmatismo: una avvertenza preliminare

    CAPITOLO OTTAVO 155 SE RESPINGIAMO LA LEGGE [] LO FACCIAMO

    PER RAGGIUNGERE QUALCOSA DI MEGLIO1. Malatesta e il diritto; 2. Sulla necessit della repressione della delin-quenza; 3. Il fatto antisociale e la figura del delinquente; 4. Fra reato e devianza; 5. Per una difesa sociale non indirizzata dal facilonismo; 6. Non poniamo rimedi peggiori dei mali: Merlino e le critiche a Malatesta; 7. La riproposizione della difesa sociale diffusa; 8. Facilonismo irresponsabile op-pure an-archismo?

    CAPITOLO NONO 183 IL SUFFRAGIO ALLARGATO E POI IL SUFFRAGIO

    UNIVERSALE CAMBIARONO LE COSE1. Leresia di Merlino; 2. Lo sviluppo della polemica; 3. Una digressione per richiamare un ricordo personale; 4. Ancora sulle ragioni dellastensio-nismo anarchico; 5. Su maggioranza e minoranza; 6. Merlino non abiura. Sulla ricerca di forme intermedie; 7. Ancora sulla polemica.

    CONCLUSIONI 215 UNA BREVE CONSIDERAZIONE CONCLUSIVA A PARTIRE

    DALLA polemica

  • IX

    SOMMARIO1. Il diritto anarchico; 2. Sui luoghi comuni come fondamento dellar-gomentare giuridico; 3. Lordinamento giuridico anarchico; 4. Sulle pagine che seguiranno 5. Lineamenti per una attualit metodologica dellanarchismo (1984).

    1. IL DIRITTO ANARChICO

    Nella titolazione del presente contributo compare, quasi quale os-simoro, lespressione diritto anarchico; la legittimit del suo utilizzo dipendente, come verr osservato, dalla argomentazione intorno alla sussistenza di una forma di regolamentazione giuridica in assenza del potere (an-archica). Per ora ci si limita ad affermare come una siffatta idea formulabile soltanto abbandonando la prospettiva politica e giuri-dica moderna, della quale lanarchismo si sostiene essere la radicale ed inarrestabile critica.Ci posto, una prospettiva giuridica anarchica andr costituendosi in-torno a tre punti tra loro intimamente correlati: regolarit, autonomia, libero accordo. Questi si pongono come antitetici alla presupposizione della natura sregolata dellessere umano, teorizzata dalla prospettiva giuridica e politica moderna, che su questa fonda, come avremo modo desaminare, la necessit di una regolamentazione giuridica eteronoma dei rapporti sociali.Va altres evidenziato come una prospettiva giuridica anarchica, da un punto di vista metodologico, non potr che essere valutativa; ricono-

    DELLE DIGRESSIONI A MO DI PREMESSA

  • Xscer come giuridica una proposizione non per la sola fonte da cui pro-mana, ma soprattutto in considerazione del suo contenuto di libert ed uguaglianza.La regolarit richiama la prassi sociale; quindi, quellinsieme di com-portamenti regolari che vengono determinati non dallimposizione sta-tuale, ma dagli interessi e dai valori presenti in un dato contesto sociale.Il libero accordo, in cui si esplica la propensione/capacit allautonomia da parte dei consociati, non si palesa come incontro di pure volizioni solo se legato a quelle prassi sociali (la regolarit) che sorgono, si svi-luppano e vigono allinterno di un determinato contesto sociale. Tali prassi sono informate da quelli che vengono definiti ndoxa o luoghi comuni. Il libero accordo non il frutto dellincontro di due volont ar-bitrarie (da cui il diritto come modalit di convivenza degli arbitr), ma, per essere legittimato come fondamento di un rapporto giuridico, deve ricondursi ai luoghi comuni. In questa prospettiva, laccordo istituisce giuridicamente, nel contesto sociale in cui viene stipulato, una regola di fatto gi presente per tramite del comportamento regolare.In questo senso, ad un diritto statuale (legge) si oppone un diritto di for-mazione sociale, ad una fonte legislativa accentrata un insieme diffuso di fonti operanti nella societ: in quanto la fonte regolamentativa espressione di quegli stessi rapporti che necessitano regolamentazione.Si palesa pertanto unesperienza giuridica che non riconosce un unico centro di produzione, ma anzi ritiene che la formazione della regola giu-ridica avvenga diffusamente nel contesto sociale quando lo stesso esiga momenti di regolamentazione istituzionalizzata. Sono autonomi i soggetti, i quali regolano giuridicamente i propri rapporti tramite il libero accordo; parimenti autonomo lintero complesso sociale in cui tali rapporti si situano, poich da questo che promanano valori ed interessi (riconducibili alla nozione di luoghi comuni), che ritroveranno istituzionalizzazione nellaccordo, dando vita ad un diritto sociale.Il contenuto valoriale e gli interessi (i luoghi comuni) sono gli indica-tori rispetto ai quali la risultante del libero accordo va valutata. Nello specifico di una prospettiva giuridica anarchica i luoghi comuni devono ritrovare valutazione avuto riguardo alla libert ed alluguaglianza.La risultante del libero accordo, per quanto sempre rivedibile (da qui li-dea di un diritto fluido), nel momento in cui istituzionalizzata impone lo stare alla decisione. Si pu perci riconoscere come il diritto anarchico non il frutto di un atto di potenza, ma, al contrario, di un esperire dialettico. In questo

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    senso si assume che la propensione anarchica alla regolamentazione, se correttamente intesa, sia la pi compiuta forma desperienza giuridica volta a fondare un diritto sociale.

    2. SUI LUOGhI COMUNI COME FONDAMENTO DELLARGOMENTARE GIURIDICO

    Avuto riguardo allesperire dialettico ora richiamato va riconosciuto come il libero accordo il frutto del dire e del contraddire delle parti coinvolte nel processo di regolamentazione; pertanto la procedura che permette listituirsi dellaccordo riconducibile al modo della controver-sia. Le parti impegnate nel controvertere controllano reciprocamente, attraverso il dispiegarsi del proprio dire, la congruit delle loro opinioni, ovvero la corrispondenza di ci che viene affermato o negato, ad un luo-go comune (nel senso di ndoxon); ovvero controllano la corrispondenza delle loro asserzioni al contesto storico, o culturale, o linguistico in cui tutti si muovono e che condiziona ogni argomentazione1. Sicch i luoghi comuni appaiono delle opinioni largamente condivise e dotate di quella autorevolezza da far presumere che siano proprie ai compartecipi ad un contesto sociale. Nessun dubbio sussiste sul fatto che i luoghi co-muni, a cui viene fatto riferimento, ritrovino la loro collocazione allin-tero della classicit. Infatti, nei Topici, Aristotele, nel momento in cui ricerca un metodo per condurre un argomentare che non sia in contraddizione rispetto alla tesi che noi stessi difendiamo (I, 100 a, 20), accanto agli elementi pri-mi e veri, che traggono la loro credibilit da se stessi (I, 100 b, 18), ritrova, al fine di sorreggere la conclusione, elementi fondati sullopi-nione: fondati sullopinione per contro sono gli elementi che appaiono accettabili a tutti, oppure alla grande maggioranza, oppure ai sapienti, e tra questi o a tutti, o alla grande maggioranza, o a quelli oltremodo noti o illustri (I, 100 b,21-24)2. Non si tratta di persuadere (se cos

    1 E. Berti, Nuovi studi sulla struttura logica del discorso filosofico, Padova, 1984, pp. 369-370. La citazione estrapolata dal saggio di Berti richiama la prospettiva dellermeneutica giuridica su cui Giuseppe Zaccaria ha indagato; cfr. dellautore i saggi ermeneutica e giurisprudenza, Milano, 1984 sul pensiero di Gadamer e di Esser nonch larte dellinterpretazione. Saggi sullermeneutica giuridica contemporanea, Padova, 1990.

    2 Per Aristotele, come noto, gli elementi fondati sullopinione danno vita al sillogismo dialettico. I passi aristotelici sono citati dalla traduzione italiana curata da G. Colli,

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    fosse si ricadrebbe nella eristica, ovvero nel campo di un ragionamento che sembra fondato sullopinione, pur non essendolo; ancora Topici, I, 100 b 25)3, piuttosto di accertare, ovvero mostrare, se la tesi avversa si opponga o meno arbitrariamente ed un patrimonio di sapere comune e non rifiutato da nessuna delle parti4.La controversia si sviluppa dunque lungo lasse della retorica; la conclu-sione di un ragionamento retorico una forma di specifica verit parti-colare (eiks): , cio, unapparizione la quale non pu essere tenuta ferma - alla maniera delle affermazioni analitiche o di principio per-ch si mostra da s in itinere, esigente per sua natura di sempre nuovi ampliamenti e garanzie5.Allinterno di questo quadro lesperienza giuridica si costituisce, quin-di, come riconoscimento di verit; per, come Enrico Opocher puntua-lizza, il suo far valere un far valere secondo verit e la volont, i fini, le azioni, i rapporti che costituiscono lesperienza metagiuridica, vengono, attraverso il diritto, fatti valere per quello che sono effettiva-mente stati. La lotta per il diritto della quale parla lo Jehring, si viene cos rivelando come una lotta per la verit. Non certo la Verit con la v maiuscola, come gli innumerevoli cacciatori di affermazioni metafisiche potrebbero sospettare. Il diritto, in ci umanissimo tra i valori, non ha proprio nessuna verit metafisica da scoprire. Ci che gli interessa sono le piccole, quotidiane verit degli accadimenti, ci che avvenuto, che

    Bari, 1985; per una utile ricognizione delle traduzioni del sostantivo ndoxos si rimanda a G. M. Azioni, noxa e fonti del diritto, in F. A. Ferrari M. Manzin, la retorica fra scienza e professione legale. Questioni di metodo, Milano, 2004, pp. 121 e segg. (il volume raccoglie contributi di F. Cavalla; J. Wolenski; J. A. Garca Amado; M. Jori; R. Poli; D. Canale; A. Brighenti; V. Vincenti; G. Cantucci; M. Maglietta; P. Moro; G. Fornasari; E. Randazzo; A. Mariani Marini; R. Bertuol; S. Bovini e F. Pupo).

    3 Non questa la sede per indagare il possibile innesto sullaristotelico discorso lungo della prospettiva tratteggiata dalla nuova retorica ed in particolare da C. Perelman L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dellargomentazione. la nuova retorica, trad. it., con prefazione di N. Bobbio, Torino, 1989.

    4 F. Cavalla, il controllo razionale tra logica, dialettica e retorica, in atti del XX congresso Nazionale della Societ italiana di Filosofia Giuridica e politica, Padova, 1998, p. 46 (con contributi di M. Taruffo; B. Montanari; G. Fiandaca; P. Comanducci-R. Guastini; G. Pecorella; M. Jori; A. Pintore; D. Zolo; A. Margara; V. Albano; L. Alfieri; P. Borsellino; G. Incorvati; L. Ferrajoli; V. Villa; M. Fracanzani; M. A. Cattaneo; G. Insolera; P. Pittaro; G. Melis).

    5 ibidem, p. 50.

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    avviene e che potr avvenire, nelle vicende degli uomini e dunque, della loro storia6.Come viene riconosciuto in questa prospettiva, la giustizia assoluta estranea allesperienza giuridica; in tal senso, la giustizia assoluta si configura come la negazione del diritto a favore di forme esperienzia-li metagiuridiche (morali, ideologiche, formali); infatti, omologando la singolarit a fronte del valore assoluto, si perde la persona umana: ecco perch lidea assoluta della giustizia, ha in s qualcosa che ripu-gna allindividualit, qualcosa di inumano che, nella loro saggezza, gli antichi romani seppero esprimere in una profonda sentenza: summus jus, summa injuria7.Abbandonando perci nella controversia giuridica ogni velleit di giun-gere a conclusioni necessarie dedotte da premesse pre-assunte e non problematicizzabili come, ad esempio, le norme giuridiche allinterno di una certa tradizione geometrico-legale8, questa ritrova il proprio punto di riferimento fondamentalmente nellentimma, il quale si palesa, se-guendo ancora le indicazioni di Aristotele, come un sillogismo fondato su premesse probabili: la premessa che esprime ci che probabile dovr fondarsi sullopinione: in realt, probabile appunto ci che no-toriamente per lo pi si verifica o non si verifica in un certo modo, oppure non . Ad esempio, probabile che gli invidiosi detestino, o che gli amanti amino (analitici primi, II, 27, 70 a, 2-6)9.Lentimma dunque unargomentazione che ha raccolto in s, e la-scia intorno a s non senza richiamarla, unarea di vissuta incertezza; sicch, allinterno di questa prospettiva largomentazione non prova da sola la certezza che quanto si espone effettivamente persuasivo poich tale certezza evidenziata solo quando interviene il consenso dellascol-tatore (o quando questi non trovi argomenti da opporre)10.

    6 E. Opocher, lezioni di filosofia del diritto, Padova, 1983, p. 311.

    7 E. Opocher, lezioni di filosofia del diritto, Padova, 1965, p. 128.

    8 Cfr. F. Gentile, intelligenza politica e ragion di stato, Milano, 1983, nonch, dello stesso autore, la controversia alle radici dellesperienza giuridica, in P. Perlingieri (a cura di), Soggetti e norma, individuo e societ, Napoli, 1987, pp. 143-144 (con contributi di C. Argiroffi; P. Barcellona; G. Capozzi; A. Carrino; A. Catania; F. M. De Sanctis; V. E. Cantelmo; P. Stanzione; G. Marino; L. Orsi).

    9 Si cita dalla trad. it. a cura di M. Gigante e G. Colli, Roma-Bari, 1988.

    10 F. Cavalla, il controllo razionale, cit., p. 43.

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    Da quanto finora esposto possiamo giungere ad una conclusione ed as-sumerla a tesi: la controversia il terreno di soluzione dei problemi giuridici, la soluzione verr ottenuta per mezzo del cosiddetto discorso lungo, ovvero della retorica, quindi con tecniche che mirano a persuade-re (nel senso sopra indicato); il giudizio possiede la capacit di attrarre il consenso senza per presentarsi come la risultante di una dimostrazio-ne frutto di un ragionamento deduttivo.A guisa di corollario potremmo aggiungere che la certezza (del diritto) si acquisisce per mezzo dello svolgersi di argomenti intorno ai luoghi comuni; lattinenza dellargomento ai luoghi comuni a far certificare la sua accettabilit sociale, in definitiva a far riconoscere il suo collocarsi sullorizzonte della certezza del diritto, quindi il suo partecipare allatti-vit di ordinamento11.La ricerca anarchica del diritto non pu che collocarsi allinterno di questo alveo, il quale permette la fondazione dellesperienza giuridica non sul potere, ma sullintelligenza, non sul comando eteronomo, ma sullautonomia.

    3. LORDINAMENTO GIURIDICO ANARChICO

    Nellabbinare il concetto di ordinamento giuridico allanarchismo va necessariamente specificato cosa debba, in questo contesto, intendesi con ordinamento giuridico. A tale locuzione non pu attribuirsi il signi-ficato che le proprio allinterno duna prospettiva legata al positivismo giuridico, ovvero di un insieme di disposizioni (auspicabilmente ordina-to, in quanto coerente e organizzato gerarchicamente, nonch completo, in quanto ricomprensivo di ogni possibile caso concreto). Nella prospet-tiva positivistica lordinamento giuridico risulta pre-posto ai singoli acca-dimenti quotidiani, i quali a questo vengono attratti al fine di ritrovare la propria soluzione giuridica. In tal senso, alle pretese delle parti costituite-si nella controversia si sovrappone il pre-scritto del codificatore, in modo tale che il potenziale conflitto non si risolve tanto per lannullarsi (dia-lettico) delle pretese fra loro incompatibili, che porta allannichilimento delloggetto del contenzioso, quanto per il porsi autoritativo di un ordine promanante da una forza estranea al contendere stesso. Viceversa per una prospettiva (anche) anarchica, il comando, anche se formalisticamente giuridico, non ordina lopposizione delle pretese,

    11 Cfr. F. Gentile, ordinamento giuridico tra virtualit e realt, Padova, 2001.

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    la comprime con la propria forza. Lo scontro fra le pretese rimane irrisolto; infatti, queste permangono al comando, che, in quanto pre-scritto al sorgere delle pretese stesse, non le pu comprendere, solo dominare attraverso la forza che lo sorregge. Si palesa, quindi, una visione dellordinamento giuridico tutta protesa al controllo sociale e caratterizzata dalla volont di racchiudere la soluzione della controver-sia nella legge, manifestazione per eccellenza della sovranit, la quale ritiene di poter prevenire il sorgere stesso del problema giuridico rap-presentandolo artificialmente ed esaurendolo nella propria manifesta-zione di volont.Di converso, una prospettiva (anche) anarchica ricerca il diritto proprio nel problema, attraverso il controvertere sullo stesso; sicch lordina-mento giuridico (anarchico) si palesa come il costante sforzo di ricercare lordine giuridico del problema nel problema stesso, non di ricondurlo ad un ordine autoritativamente predeterminato al suo stesso sorgere. Lordinamento qui colto, quindi, nel suo essere processo dellordinare, che, in quanto non autoritativamente imposto, non pu che manifestar-si nella discussione sul problema e non nellapplicazione allo stesso di una regola pre-posta. Il diritto anarchico stato precedentemente definito come un diritto fluido, ovvero non come un insieme di disposizioni codificate, ma come il frutto, sempre rivedibile, di una ricerca della soluzione giuridica del problema da effettuarsi ogni qual volta il problema sorga (in una inesau-ribile esperienza giuridica). Come evidente da quanto sopra esposto, la certezza del diritto, allinter-no di questa prospettiva, si acquisisce nel controvertere dialettico.Una conclusione che sia la corretta risultante degli argomenti svolti nel processo giusta, nel senso che un giudizio il quale coglie ed istituzio-nalizza lapparire della cosa controversa, un giudizio il quale riesce, per mezzo di una ricerca alla quale partecipano le parti, a risolvere la crisi.Ma questa crisi che la controversia risolve non coinvolge soltanto le parti in causa e, per loro tramite, il terzo chiamato a sovraintendere il dire ed il contraddire; il controvertere evidenzia, per cos dire, una crisi politica in quanto coinvolge (sia pure in forma mediata) lintera comunit ed anche la comunit, non soltanto le parti, ad esigere la sua soluzione.In questo senso possibile affermare come la comunit partecipe al processo di risoluzione della crisi; ci almeno per due ordini di argomen-ti. Il primo dato dalla presenza ineliminabile allinterno della contro-versia dei luoghi comuni, delle opinioni che sono proprie ai protagonisti

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    diretti della controversia in quanto parte di una comunit. Infatti, il dire ed il contraddire sul singolo problema ricompreso in un orizzonte ben pi vasto ed offerto, per lappunto, dal dispiegarsi dei luoghi comuni. il rapporto con una realt valoriale, non formalisticamente ricompressa nelle mere regole (procedurali e sostanziali), ma non per questo giuri-dicamente irrilevante, a premettere lincedere verso la soluzione della crisi. Se per un verso, la comunit partecipa al processo di soluzione della crisi offrendo alle parti i propri luoghi comuni, intorno ai quali confrontarsi, per altro, e questo il secondo aspetto, la comunit stessa partecipe alla crisi perch subisce le conseguenze della risoluzione, del giudizio, il quale si incunea nella vita della comunit come un prece-dente, dando vita al consolidamento di antichi, oppure alla formazione di nuovi luoghi comuni. Ogni giudizio diviene foriero di una evoluzione dei luoghi comuni perch nella controversia che questi si vivificano e, quindi, si modificano evolvendosi. In questo senso e in considerazione dei due aspetti di coinvolgimen-to della comunit, una soluzione sar giuridicamente giusta se riesce a compenetrare la propria conformit alle regole generali con il suo essere in armonia con la comunit (nel caso anarchico a compene-trare gli interessi delle parti con le pi generali istanze di libert ed uguaglianza).

    4. SULLE PAGINE ChE SEGUIRANNO

    Ci premesso, nel chiudere questa, forse digressiva, parte introdutti-va12, va riconosciuto come nelle pagine che seguiranno si potr leggere un tentativo di attualizzazione del pensiero anarchico, non tanto a parti-re dal suo incarnarsi in un movimento politico, quanto avuto riguardo ad un suo riconnettersi, se autenticamente sviluppato, al pensare dialettico.Tale tentativo, anche in altri luoghi di recente sviluppato13, in vero ri-trova origine in antiche riflessioni, ancorate allo scorso millennio, sorte

    12 Che riprende temi gi precedentemente trattati in Dieci riflessioni intorno al processo come algoritmo, in P. Moro (a cura di), etica, informatica, diritto, Milano, 2008 e in Se respingiamo la legge lo facciamo per raggiungere qualcosa di meglio: errico malatesta ed i possibili lineamenti di un diritto anarchico a partire dalla questione criminale ora in corso di pubblicazione.

    13 Cfr. alla ricerca dellanarchismo tra modernit e classicit. introno ad un recente libro di Giampietro Berti, in Tigor. Rivista di scienze della comunicazione, V (2013), n. 1; vedi anche Bookchin, VI (2014), n. 2.

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    intorno allo studio dellanarchismo che caratterizz linizio del cammi-no scientifico di chi scrive14.Di questa tensione d conto un elaborato, inedito, datato 1984, che rac-coglie un intervento presentato nel settembre dello stesso anno allincon-tro internazionale anarchico organizzato a Venezia sul tema Tendenze autoritarie e tensioni libertarie nelle societ contemporanee dal Centro Studi Libertari Archivio Giuseppe Pinelli.Queste righe, a trentanni dalla loro stesura15, vengono qui proposte al lettore ed anteposte al testo quale ideale suo antefatto, non tanto per il loro valore scientifico ma in vero di tale attributo, come pi volte con benevolenza mi stato da Illustri Colleghi evidenziato, difficilmente si possono fregiare anche quelle varie centinaia di pagine che lo scrivente ha da allora in poi dato alle stampe quanto per ragioni affettive. Linnesto di queste riflessioni, scritte allora da un anarchista per gli anarchisti, in unindagine che prende le mosse da un rinnovato interesse per il pensiero anarchico ed in particolare per Errico Malatesta (in vero contingentemente indotto dai professori Massimo La Torre ed Alberto Scerbo16), mi offre lagio di ricordare con fiero orgoglio la mia attiva par-tecipazione al movimento antagonista e la mia specifica militanza anar-chica a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta dello scorso secolo. Al di l di ci bene specificare che il presente lavoro viene suddiviso in tre parti; i primi tre capitoli, seguendo litinerario malatestiano, sono

    14 Cfr. Diritto e anarchismo. componenti giusnaturalistiche del pensiero anarchico, Trieste, 1987.

    15 Il testo, sopravissuto a quattro traslochi, stato riprodotto nella sua versione originale senza apportarvi alcuna correzione sostanziale. Lo stesso appartato di note, che presenta caratteristiche leggermente difformi da quelle sin qui e di seguito utilizzate, non stato modificato.

    16 Vedi lincontro su Diritto e politica nel pensiero libertario classico promosso presso lUniversit degli Stud Magna Graecia di Catanzaro. Il seminario, svoltosi il 21 febbraio 2013 e organizzato allinterno del Dottorato di Ricerca in Teoria del diritto e Ordine Giuridico Europeo dal coordinatore dello stesso, il professore Massimo La Torre, e dal professore Alberto Scerbo, ha visto la partecipazione, oltre dei due promotori, dei professori Pietro Adamo, Daniela Andreatta, Giampietro Berti, Carlo De Maria, Enrico Ferri e dello scrivente. Gli atti dello stesso sono in corso di pubblicazione. A questo seguito, il 28 febbraio 2014 un ulteriore incontro di stud, sempre organizzato dal medesimo Dottorato, su crisi della modernit e pensiero antiautoritario con la partecipazioni dei professori Pietro Adamo, Enrico Ferri, Ruth Kinna, Massimo La Torre, Marina Lalatta, Luciano Nicolini, Saul Newman, Alberto Scerbo nonch dello scrivente.

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    dedicati al tentativo di circoscrivere il fenomeno oggetto dindagine: ovvero cosa possa intendersi per prospettiva anarchica. La seconda par-te, costituita di quattro capitoli, raccoglie delle riflessioni intorno alla prospettiva politica e giuridica moderna e sulla critica a questa appor-tata dallanarchismo per giungere a sostenere la tesi di come questo si manifesta quale moderna declinazione della classicit politica in radica-le opposizione alla rappresentazione offerta dalla modernit. Nel far ci lanarchismo fonda la propria prospettiva politica e giuridica sullauto-nomia. Nella terza parte, che raccoglie gli ultimi due capitoli, viene esa-minato, per un verso, la specifica posizione malatestiana sul fenomeno giuridico e, per altro, la nota polemica incorsa fra il nostro e Merlino sulla questione elettorale, il tutto al fine di meglio evidenziare i pregi ed i difetti della prospettiva anarchica costretta tra operativit e teoreticit.Nel licenziare questo lavoretto non posso esimermi dal ringraziare la direzione ed il personale delle Edizioni Universit di Trieste parimenti ai curatori della collana in/Tigor che ospita la monografia.Desidererei ancora collegare le pagine che seguiranno alla cara memoria delle sorelle Gigetta ed Elvira Urro nonch di Pietro Abelardo Scala; alla loro memoria ed alla loro Madrina sono dedicate.

    5. LINEAMENTI PER UNA ATTUALIT METODOLOGICA DELLANARChISMO (1984)

    Per una definizione del termine in questione

    Lanarchismo, come fenomeno politico, quel movimento che tende alla costituzione duna societ anarchica. Definizione in s tautologica e quindi come tale logicamente incedibile ma priva di ogni intellegibilit se non viene data specificazione allattributo anarchico della societ.Esso, come noto, deriva dal greco classico ajn (senza) ajrchv (governo) e quindi, alla luce di ci, potremmo definire lanarchismo come quel movimento che tende alla costituzione di una societ senza governo. Ma anche questa definizione non corretta17, infatti il suo vizio logico: non concepibile una societ senza governo, in quanto ogni conviven-za sociale pensabile solamente come ordine. Conseguentemente a ci

    17 Cfr. J. Clark, che cos lanarchismo, in Volont, XXXVI (1982), n. 2, pp. 22 e segg. nonch V. Gueli, voce anarchismo, in enciclopedia del diritto, pp. 384 e segg.

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    lanarchia un tipo di societ (quindi di ordine) caratterizzato dallas-senza di un governo o gestione sociale gerarchica18.In questo senso lanarchismo (movimento che tende allanarchia) pu venir definito come una alternativa totale alla strutturazione societaria gerarchica.Il termine gerarchico specifica un modello sociale che, a detta dellanar-chismo, fonda le sue radici nel dominio delluomo sulluomo. Questi rapporti di dominio si attuano sia allinterno di un ambito economico (rapporti di sfruttamento) sia allinterno di un ambito politico (capacit decisionale monopolio di una lite).Lo Stato viene individuato dallanarchismo come listituzione politica fondante ogni societ gerarchica e conseguentemente a ci, contro di esso si rivolgono gli attacchi del movimento anarchico.Quindi possiamo anche definire lanarchia come lassenza dun potere statuale nella comunit umana.Come certamente emerso da questa poche battute, una definizione teorica del fenomeno implica non poche difficolt; lanarchismo, infatti, non si presenta come un corpo dottrinario organico. Infatti, se come teoria filosofica esso comporta una opposizione totale ad ogni tipo di societ gerarchica (pars denstruens), opponendo a questa, come ipote-tico modello, una qualche forma di libera cooperazione tra individui liberi19 (pars construens), logico aspettarsi da una siffatta teoria filo-sofica, che attribuisce tanta importanza alla libert, anche una libera interpretazione dei mezzi per raggiungere il fine ultimo. Uno dei massimi studiosi dellanarchismo lo defin come un fiume sot-terraneo che a volte scompare sotto la terra per riapparire inaspettata-mente in altro luogo e poi ricomparire nuovamente, senza riuscire a far comprendere quale sia la sua reale portata (nel nostro caso filosofica) e

    18 Taluni studiosi affermerebbero anche la presenza dellattributo non-coercitivo accanto allattributo non-gerarchico come caratterizzante la societ anarchica. Da parte mia ritengo che il carattere coercitivo sia ineliminabile ogni qualvolta si voglia parlare di sistema societario; esso infatti necessariamente abbinato a delle regole comportamentali o norme giuridiche. indubbio che le norme giuridiche anarchiche non assumano fra le loro caratteristiche fondanti la coercitivit, ma ci non significa che ne siano prive. In ogni caso per una trattazione pi specifica dellargomento rimando a P. Marconi, la libert selvaggia. Stato e punizione nel pensiero libertario, Venezia, 1979.

    19 G. Woodcock, lanarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, trad. it., Milano, 1980, p. 3.

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    quale la sua meta specifica, al di l dun generico mare. Daltro canto altrettanto difficile valutare, per continuare con la metafora, quali af-fluenti apportino il loro contributo per ingrossare questo sinuoso corso dacqua.Si tratta quindi di stabilire alcuni punti basilari, assunti come rappresen-tativi dellanarchismo anche se non da tutti univocamente condivisi20.Questo modo di procedere potrebbe portarci ad abbozzare un idealtypus di anarchismo ma non questo il nostro intento attuale e quindi ci li-miteremo a considerarne alcuni aspetti a nostro avviso caratterizzanti.Il nostro punto di partenza la considerazione che lanarchismo si con-trappone allattuale strutturazione sociale in nome dun nuovo ordine sociale. Lo sforzo concettuale di concepire un ordine sociale migliore di quello esistente. Questa tensione, che per lo meno vecchia quanto Platone la cui Repubblica stabil il modello per le utopie dei filosofi successivi [] stata appunto la forza originaria che ha mosso i pionieri dellAnarchismo21.Per lanarchismo dunque lindividuazione nella societ gerarchica di mali da combattere avviene tenendo come punto di riferimento una naturalit che stata infranta. Labolizione della societ gerarchica e ledificazione di rapporti di non-dominio fra gli uomini sono necessari per ripristinare un ordine naturale che stato infranto dalla presenza della statualit.Quindi le societ storicamente realizzate vengono poste a confronto con lo stato di natura o, per meglio dire, con le potenzialit naturali pre-senti nelluomo.Ai fini del nostro discorso non ha alcuna rilevanza che questo stato di natura, a cui il pensiero anarchico fa riferimento, sia effettivamen-te riscontrabile, totalmente o parzialmente, nella realt storica. Questa naturalit potrebbe anche essere un concetto ipotetico, come di fatto , senza per che la sua meta-storicit vada a menomare la sua importanza metodologica22.La contrapposizione socialit/naturalit pu, infatti, venir definita come contrapposizione fra lessere ed il voler-essere e, quindi, ricondotta sul piano del desiderio. La presunta naturalit della societ anarchica non

    20 C. Metelli di Lallo, componenti anarchiche di J.-J. Rousseau, Firenze, 1970, p. 9.

    21 B. Russell, Socialismo anarchismo sindacalismo, trad. it. Milano, 1978, p. 15.

    22 Cfr. C. Metelli di Lallo, op. cit., p. 27.

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    niente altro che leffettiva volont di vivere in una societ priva di rapporti di dominio.Lanarchismo fonda strumentalmente la critica della societ gerarchica su di un piano naturale (e, quindi, sotto certi aspetti oggettivo). In realt tale oggettivit non sostenibile, mancando i dati storico-scientifici a cui riferirsi; essa risulta quindi essere solamente il paravento della sogget-tivit del voler-essere (a prescindere dalla oggettivit). In definitiva una fictio logica per fondare un sistema di critica sociale.La naturalit a cui fare riferimento non una et delloro od un mito del buon selvaggio pre-istorico ma assume caratteristiche meta-storiche23.Quindi, i giudizi sulla societ, ancor prima di derivare da considerazioni di fatto, sono desunti da considerazioni di valore. In tal modo il voler-essere primeggia sullessere. La critica allessere (sociale) giustifica-ta non tanto dalle condizioni oggettive (giudizi di fatto) quanto dalla volont soggettiva (giudizi di valore). In ultima analisi la societ viene giudicata dalle aspirazioni individuali alla libert; quindi, rispetto al desiderio che il sistema sociale viene valutato. Il metro di giudizio anar-chico dunque a-storico, perch svincolato dalla modificabilit delles-sere, dalla sua oggettivit. Le cause storico-sociali non influiscono sul nucleo fondativo del pensiero anarchico perch questo non si fonda su di esse (o perlomeno non principalmente su di esse), esso le trascende fondandosi sulla soggettivit del voler essere. Lanarchismo interviene sulla oggettivit quindi nella storia; in questo suo intervenire esso mo-difica i propri strumenti. La prassi, infatti, deriva di volta in volta dalla realt nella quale opera.Ci verr determinato in primo luogo dalla situazione di ciascun po-polo e secondariamente da quelle aspirazioni che si manifesteranno e agiranno con maggior forza in essi, ma certamente mai da direttive o orientamenti dallalto e, in generale, da una qual si voglia teoria conce-pita alla vigilia della rivoluzione24.Questa flessibilit della prassi non si ripercuote sul nucleo fondativo, non modificabile, come accennavamo sopra, dalla oggettivit. Lanarchismo,

    23 Cfr. N. Berti, Kropotkin: scienza ed anarchia, in Volont, XXXV (1981), n. 2, pp. 14-23.

    24 M. Bakunin, Stato e anarchia, trad. it. Milano, 1973, p. 294; sul problema della scienza rivoluzionaria vedi anche M. Bakunin, Dio e lo Stato, trad. it. Pistoia, 1974, p. 84.

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    in altri termini, interviene nella storia ma contro la storia25. Esso non nasce dalla storia, attingendo alla fonte dei valori socio-culturali presenti in un determinato momento storico, bens dalla libera volont del sin-golo la quale si erge contro la storia. Il nucleo costitutivo del pensiero anarchico in tal modo a-storico, determinato da un voler-essere di per s immutabile.La stessa naturalit delluomo va contro loggettivit storica, per situarsi su un piano individuale, soggettivo; la riscoperta della naturalit umana, auspicata dai pensatori anarchici, va situata allinterno di questa chiave di lettura. Ancora prima che oggettiva, verificabile nella realt, essa un atto di volont, una spinta individuale di ribellione contro lo stato di cose presenti, contro la storia che opprime la soggettivit. La naturalit il dover/voler-essere liberi. Sulla base di questo voler-essere la societ esistente viene valutata. I principali mali, rispetto alla naturalit pocanzi descritta, possono veni-re individuati: a) nel principio di autorit, il quale si attua a danno della libert dei singoli; b) nel principio di ineguaglianza fra gli uomini, quale che sia la forma Stato (la diseguaglianza individuata sia a livello deci-sionale sia economico); c) nella centralizzazione del potere che inaspri-sce, tramite lorganizzazione burocratica ed impersonale, la limitazione della libert e delliniziativa individuale. Intorno a questi punti minimi si dispiega tutta la critica anarchica alla societ autoritaria, ed intorno ad essi ruotano le analisi dei fautori della libert selvaggia26.Va in questa sede specificato che metodologicamente lanarchismo si fonda su di un concetto negativo. Ossia le specifiche forme di vita so-ciale, il nuovo ordine della societ pi giusta, non vengono assoluta-mente individuate n, stando alla premessa meta-storica, possono venire individuate. Lo stesso Bakunin afferma che la scienza pi razionale e pi profonda non pu individuare le future forme di vita sociale. Essa pu soltanto definire le condizioni negative, deducendole logicamente dalla critica rigorosa dellattuale societ. Cos la scienza socio-economica, avanzando tale critica, giunta alla negazione della propriet individuale eredi-taria, e di conseguenza allastratto e possiamo dire negativo, concetto

    25 Cfr. N. Berti, lanarchismo: nella storia ma contro la storia, in Interrogations. Rivista internazionale di ricerche anarchiche, I (1975), n. 2.

    26 Cfr. C. Metelli di Lallo, op. cit., pp. 12-13, non che V. Gueli, op. cit., p. 386.

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    della propriet collettiva quale condizione necessaria del futuro ordine sociale. Cos, ancora, pervenuta a negare lidea stessa dello stato e del sistema statale, vale a dire di ogni sistema di governo della societ dallalto verso il basso, in nome di qualsiasi diritto teologico o metafisico divino o intellettuale-scientifico, e quindi a enunciare il concetto dia-metralmente opposto (e perci negativo) dellanarchia, vale a dire della libera ed indipendente organizzazione di tutte le unit o singole parti, costituenti i comuni, della loro libera federazione dal basso verso lalto non agli ordini di una qual si voglia autorit27.Il concetto astratto e negativo, a cui si riferisce lAutore citato, altro non , a mio avviso, che il desiderio soggettivo ad a-storico, al quale fa riferimento tutto il corpo dottrinario anarchico. La stessa definizione di anarchia discende da questo processo metodologico. A ci fa eco una definizione di anarchismo ed anarchia elaborata da una componente del movimento anarchico di lingua italiana.Per essa lanarchismo innanzitutto un sistema di valori [] leti-ca della libert, la scienza della libert, il progetto della libert, [nel momento in cui diviene la volont di realizzare il pi compiutamente possibile il sistema di valori in un sistema sociale tramite la conoscenza linterpretazione e la trasformazione della realt sociale] ; [] lapplica-zione di tale sistema di valori ad un modello di societ costituisce lanar-chia [che va intesa non come] una particolare raffigurazione [] della societ ideale [ma come] quanto di comune e di generalmente valido si pu trovare nelle varie raffigurazioni delle utopie anarchiche. [ Nella societ anarchica] si realizzano [] il massimo grado [ di ] libert [ e di ] uguaglianza (un binomio in cui il secondo termine non [] che lespressione sociale del primo []). Lanarchia cio si configura come lattuazione globale di un modello sociale anti-autoritario. [In que-sta struttura sociale, fondata su forme associative libere e liberamente modificabili,] alla legge imperativa, ossia al potere sovrano dello Stato, si sostituisce laccordo solidale; allo sfruttamento del lavoro lautoge-stione dei lavoratori; alla propriet privata [] il possesso sociale (per le forme di produzione sociali) ed individuale (per le forme di produzione individuali). Allaccentramento del potere politico e dello Stato [] il decentramento e la federazione; alla delega la democrazia diretta. Alla divisione [] lintegrazione del lavoro [] sia manuale che intellettuale []. Lanarchia cos intesa non un mito ma un vero e proprio fine

    27 M. Bakunin, Stato e anarchia, cit., p. 233.

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    perseguito [] un fine con cui ogni momento lazione pu e deve con-formarsi per verificare la sua coerenza28.Il pregio di questa definizione quello di far cogliere parallelamente la pars destruens e, per negazione della prima, la pars costruens. Essa ci permette di meglio individuare i punti critici rispetto allattuale configu-razione sociale e le alternative proposte dallanarchismo. dunque possibile tracciare una prima somma di elementi costitutivi dellanarchismo.Anzitutto sottolinierei linesistenza di un anarchismo, inteso quale cor-po dottrinario costituito, dal quale derivare un organico filone di pen-siero. Viceversa esistono vari anarchismi diversificati luno dallaltro, ma tutti riconducibili ad uno stesso tipo ideale. Questa strutturazione pluralistica il fondamento metodologico di un corpo dottrinale anti-dogmatico, il quale fonda la sua critica alla societ in nome di un pre-sunto stato di natura meta-storico.Il suo sforzo teorico-pratico di porre in contrapposizione lessere (so-ciale) con il dover-essere (naturale), fondando la lotta politica su questa antinomia basilare. Alla socialit viene contrapposta la statualit, come fattore innaturale ed alienante luomo.

    analisi del termine in questione

    Dalla bozza di definizione dellanarchismo possiamo dedurre che il fenomeno in questione sia composto da due elementi: ossia due fat-tori concorrono contemporaneamente a formare il corpo dottrinale anarchico.In tal senso si pu affermare che lanarchismo possieda una essenza non modificabile dalla oggettivit storica e quindi come tale a-storica ed una esistenza modificabile dalla fattualit. Perci lanarchismo non nasce dalla oggettivit storica non prodotto del tempo ma al contrario, come precedentemente specificato, un nucleo forte affronta e si adegua di volta in volta alla realt sociale in cui si trova ad operare come movi-mento politico tendente alla realizzazione di una societ non gerarchica (di liberi ed eguali).Espresso in termini diversi il concetto sopra esposto, possiamo definire tre momenti basilari dellazione filosofico-politica anarchica: il momen-to critico della realt sociale, il momento di oggettivazione della critica

    28 AA. VV., che cosa sono i G.a.F, Torino, 1976, pp. 9-10.

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    tramite la prassi rivoluzionaria ed il momento propositivo, progettuale duna nuova configurazione sociale. Questi tre passaggi costituiscono il fulcro inseparabile dellanarchismo. Va specificato che lanarchismo ri-fiuta ogni machiavellismo politico nella sua azione, infatti, i mezzi usati per attuare la liberazione delluomo debbono essere coerenti con il fine. I mezzi come abbiamo gi sviluppato vengono di volta in volta deri-vati dalla oggettivit storico-sociale, allinterno della quale lanarchismo si trova ad operare concretamente. Essi si adeguano, mutano, possono coesistere allinterno di stesse realt, sono di fatto immanenti, ma deb-bono, per conservare la qualifica di mezzi-strumenti di liberazione rifar-si ad una unica entit o nucleo forte non suscettibile di modificazioni storico-sociali.La coesistenza di una pluralit di vie (di diverse possibilit) tutte tenden-ti alla liberazione (anarchica), tutte gravitanti attorno ad un unico cen-tro, costituisce il freno ad ogni svolta totalitaria della teoria anarchica.Di fatto, in questo modo, impossibile stabilire su un piano veritativo lesistenza di un metodo (anarchico) unitario di interpretazione della realt dal momento che, come abbiamo osservato, lanarchismo postula lesistenza contemporanea di pi possibili interpretazioni della realt.Si pu quindi affermare che il punto centrale dellanarchismo, al di l di perseguire un generico fine (la costruzione della societ dei liberi ed uguali29), sia la sua struttura pluralistica. Essa diviene non sempli-cemente affermazione di principio ma punto fondante la metodologia anarchica, ossia dellapproccio anarchico con la realt. In questo senso il pluralismo non solamente lantitesi della coercizione e della centra-lizzazione (quindi fattore meramente sociale) ma momento metodologi-co fondante lanarchismo. Una interpretazione della realt rientra nel variegato mondo dellanarchismo se, oltre a rispettare le premesse, di fatto pluralista, ossia non si autoproclama come interpretazione verita-tiva della realt ma, al contrario, solamente una delle possibili interpre-tazioni della stessa. In tal modo il divenire storico dellanarchismo (la sua esistenza) un fatto empirico, sperimentale, di volta in volta verificabile e ristrutturabi-le, non un fatto dogmatico. Lanarchismo infatti persegue un fine deter-minato (anche se generalissimo) ma non determina il mezzo per il suo raggiungimento. Lo strumento per edificare concretamente la societ anarchica dunque rapportato ad una trasformazione sociale indivi-

    29 Cfr. J. Clark, op. cit., p. 28.

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    duata in termini di processi di mutamento e di conseguenza tendente a elaborare una strategia su pi fronti30.In questo contesto non esiste un unico mezzo per arrivare al fine, per meglio dire, non pensabile ununica linea di tendenza fondante linter-vento dellanarchismo nella realt sociale. La esistenza dellanarchismo assume la configurazione di imperativo ipotetico; mutando determinate condizioni esso pu venir modificato senza venir meno alla sua caratteri-stica anarchica. Infatti esso non ha valore di per s, ma soltanto riferito alla realizzazione del fine. chiaro quindi che definiremo la metodolo-gia come essenza dellanarchismo ed il suo contenuto31 come esistenza dello stesso.La suddivisione qui proposta diviene intelligibile tenendo conto della postulazione volontaristica dellanarchismo. Esso infatti, in quanto cor-po dottrinale antidogmatico e pluralista, non pu ammettere una razio-nalit sinottica ma, al contrario, si fonda su una razionalit limitata32. In questo senso lanarchismo non ammette una capacit di analisi globale ed onnicomprensiva della realt sociale e, conseguentemente a ci, un dato a cui fare riferimento; detto in altri termini inconcepibile nella concezione anarchica lesistenza di una teoria globale della societ a cui fare riferimento. Quindi lanarchismo nel suo divenire storico si rif solamente a teorizzazioni parziali; perci la teoria anarchica non pu venir definita razionalistica o scientifica (come ad esempio il marxismo) ma volontaristica. Lanarchismo di volta in volta sperimenta fra le varie alternative dettate dalla volont umana e non attua un dato o stato di natura prestabilito.Lanarchismo, dunque, nella sua componente contenutistica, non pu venire definito come lattuazione graduale di un ordine prestabilito delle cose ma piuttosto come momento empirico di ricerca e sperimentazione (sociale). Esso non postula un punto statico e presupposto darrivo (una marxiana risoluzione di ogni antagonismo) ma, come abbiamo visto, si definisce di volta in volta come negazione del dominio; il tal senso la-narchismo costante conflitto e negoziazione fra varie alternative (tutte tendenti verso il fine volontaristico dellessere liberi).

    30 T. holterman, Una concezione anarco-socialista della legge, in Volont, XXXIV (1980), n. 3, p. 25.

    31 Per contenuto viene intesa in questa sede la forma politica che assume la teoria nel suo oggettivarsi.

    32 Cfr. S. Veca, la societ giusta, Milano, 1982, pp. 32 e segg.

  • XXVII

    Lanarchismo non individua un dato (contenutistico) a cui fare riferi-mento e quindi si caratterizza come ricerca e sperimentazione. Ma, come premesso, la ricerca e la sperimentazione dellanarchismo (conte-nutistico) deve sottostare ad un dato (metodologico) non modificabile. ladoperare un metodo antidogmatico e pluralista nel proprio divenire storico, che caratterizza lessere anarchica di una teoria o movimento politico. La caratterizzazione metodologica in senso anarchico di una teoria avviene sia rispetto al momento propositivo di critica sociale (aspirazione ad una societ di liberi ed eguali) sia rispetto al momento di oggettivizzazione della critica (quindi di strutturazione di un movimento politico tendente al nuovo assetto sociale).In questo senso possiamo individuare nella metodologia anarchica una duplice valenza; da un lato essa momento propositivo e discriminante nei confronti dei movimenti tendenti alla liberazione, quindi metodolo-gia politica; dallaltro metodologia scientifica rispetto allo studio dei fenomeni sociali ed in particolare del rapporto individuo/Stato.

    Per una attualit dellanarchismo

    Ogni autore che si ponga di fronte ad una problematica come quella inerente lattualit dellanarchismo, si trova alle prese con una duplice ed antitetica tendenza. Da un lato si assiste infatti ad un rinnovato interesse scientifico per lanarchismo33 e, conseguentemente ad esso, una rivi-sitazione del fenomeno come tendenza anticentralista ed antilegalista, ossia come aspirazione ad una convivenza sia pure politico-giuridica, ma dove lautorit politica tende al limite dellunanime consenso di tutti i consociati34. Daltro canto si assiste ad una crisi dello stesso inteso come fenomeno politico. Da ci si pu dedurre che se lidea anarchica pu, per certi versi, ritrovare un proprio spazio e ruolo allinterno dellattuale dibattito sulla liberalizzazione dello Stato essa perde per le proprie ca-ratteristiche e fondamenti storici di movimento di massa. In definitiva si pu ipotizzare una attualit anarchica nelloffrire campi di riflessione sul rapporto individuo/Stato, ma daltra parte una sua crisi, oramai endemi-ca, quale componente antiautoritaria del movimento operaio35.

    33 Queste riscoperta ha interessato tutti i campi delle cosiddette scienze umane, dalla storiografia, alla sociologia, al diritto, alla filosofia della scienza.

    34 V. Gueli, op. cit., p. 389.

    35 nota la crisi dellanarchismo politico e tradizionale; essa ha portato, nel secondo

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    La causa fondamentale di questo duplice fenomeno pu venir indivi-duata, a mio avviso, nella modificazione della istituzione Stato. Negli ultimi decenni, infatti, si assistito ad una modificazione sostanziale del modello organizzativo statuale. Da una configurazione statuale, che anarchicamente poteva venir definita come istituto essenzialmente co-ercitivo e protettore degli interessi delle classi possidenti, si passati ad un concetto di Stato estremamente ampio: Stato quasi come sinonimo di ente politico comprendente e regolante, per la sua stessa definizione (Stato sociale), ogni momento della vita sociale.In questo contesto, non si pu pi parlare di uno Stato inteso come istitu-zione genericamente opposta agli interessi individuali ma, al contrario e sotto certi aspetti, come tutore e garante degli stessi (Stato assicuratore).Il ruolo del movimento operaio, linterlocutore classico dellanarchismo, sostanzialmente mutato. Esso da classe emarginata da ogni momento decisionale e dalla ripartizione della ricchezza sociale, diviene, nel-lo Stato sociale, parte integrante del processo decisionale-produttivo. Quindi lanarchismo si trova di fronte ad un contesto modificato, sia rispetto alla struttura di dominio (lo Stato) sia rispetto al suo referente storico (il movimento operaio). Lanarchismo politico va perci, sotto certi aspetti, considerato obsoleto. Infatti, esso cristallizzandosi come movimento classista e continuando a protendersi verso la rivoluzione proletaria , di fatto, anacronistico.Tuttavia ritengo che questa crisi didentit non stia a significare una non-attualit complessiva dellanarchismo; infatti, come abbiamo visto esso riacquista vitalit come momento critico nellattuale rapporto in-dividuo/Stato. A tale rapporto ritengo sia sotteso il fenomeno della de-soggetivizzazione individuale. Questo fenomeno endemico alla stessa struttura dello Stato sociale. Il discorso a riguardo pu venir chiarificato tenendo presente che nel corso del suo sviluppo lo Stato ha progressiva-mente dilatato i compiti da esso assunti. Infatti, da uno Stato di diritto, il cui compito precipuo era di accrescere nel singolo sicurezza median-te la riduzione dellincertezza36, si passa, attraverso varie trasforma-

    dopoguerra, allo scioglimento, di fatto, di tutte le organizzazioni anarchiche di massa, sia specifiche che sindacali.

    36 Cfr. la relazione di Francesco Gentile, tenuta al congresso di filosofia del diritto a Palermo nel maggio del 1983, ora in corso di pubblicazione. [Si tratta della Relazione presentata al XIV Congresso Nazionale della Societ Italiana di Filosofia Giuridica e Politica, ora in R. Orecchia (a cura di), il problema del metagiuridico nellesperienza

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    zioni, allo Stato sociale. Questultimo altro non che la risultante delle successive dilatazioni dei compiti assunti dalla statualit. Nello Stato sociale la componente sicurezza37 portata al paradosso; esso infatti lo Stato-sicurezza per eccellenza. Intorno al concetto di sicurezza si dispiega, a mio parere, tutta lattivit statuale e, quindi, il suo rapporto con il singolo.Una esemplificazione di tale affermazione pu venir riscontrata nel no-stro ordinamento costituzione: fine ultimo dello Stato , come recita larticolo 3, comma 2 del dettato costituzionale, rimuovere gli ostacoli di origine economico-sociale, che, limitando di fatto la libert e legua-glianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona uma-na; ossia, in altre parole, fornire al singolo sicurezza.Da ci deriva limmagine duna statualit protesa verso la protezione del singolo; listituzione offre allindividuo quella certezza che altrimenti egli non potrebbe riscontrare o, da un punto di vista anarchico, sarebbe costretto a ricercare in se stesso, nella proprie potenzialit.Lo Stato invece, tramite il suo dettato costituzionale e per mezzo di istituzioni preposte, deresponsabilizza in parte lindividuo offrendogli la certezza-sicurezza della quale abbisogna per il raggiungimento del pieno sviluppo della sua personalit. Ma una istituzione statuale cos strutturata nei suoi rapporti con il sin-golo non pu che sollevare delle problematiche. Infatti, considerando, ad esempio, litinerario formativo della norma giuridica suddiviso in tre fasi38: una prima fase di giudizio di fatto sulla realt da normativizzare; una seconda fase di giudizio deontologico sulla realt ed una terza fase di normativizzazione vera e propria, tale itinerario pu venir applicato pure allambito della formazione-sviluppo della persona umana. Il le-gislatore, stabiliti i diritti ed i doveri del singolo, si assume il compito di fissare le tappe e la direzione dello sviluppo del cittadino.

    contemporanea del diritto. i doveri fondamentali nella societ dei diritto. il diritto e alcune nuove discipline di frontiera, Milano, 1984, pp. 117-142.]

    37 Alla necessita della sicurezza individuale si richiama hobbes nel fondare lo Stato leviatano. Lo Stato con la sua autorit, derivata dal timore che incute pone fine alla guerra di tutti contro tutti. Esso il garante della pace e dellordine; in definitiva della sicurezza. Il singolo, come noto, aliena se stesso, rinunciando ad essere soggetto di diritto, ovverosia, ad essere artefice della propria esistenza, ottenendo in cambio la sicurezza.

    38 Cfr. S. Cotta, voce Diritto naturale, in enciclopedia del diritto.

  • XXX

    Il legislatore stabilisce, in tal modo, quali siano e come debbano essere rimossi gli ostacoli che limitano la esplicazione dellindividuo. Si pu quindi affermare, allintero di questo contesto, che listituzione statuale emettendo giudizi di fatto e giudizi di valore determini insindacabilmen-te liter formativo del cittadino. Il singolo viene perci progressivamente desoggettivato mentre lo Stato acquista man mano soggettivit sottraendola agli individui. A tale riguar-do uno studioso afferma che lo Stato, per la sua qualit di soggetto pub-blico, si vede riconoscere una essenza affatto separata, indipendente ed autonoma, estranea rispetto a quella dei singoli che la compongono39. Al singolo desoggettivato viene imposta la soggettivit dello Stato; il mo-mento deontologico diviene sempre pi prerogativa dellistituzione Stato.Lo Stato, in questo contesto, libera lindividuo dal problema della scelta. La responsabilit di questa ricade sullistituzione, la quale soddisfa ogni domanda individuale, sia essa materiale, quindi inerente a problema-tiche politiche ed economiche, sia essa spirituale, riguardante invece problematiche dordine morale. Lindividuo non deve far altro che rico-noscere lo Stato per essere tutelato globalmente; ossia, in altri termini, riconoscere alla istituzione principe il diritto di entrare nella sua sfera privata, individuale. In questo contesto, per lanarchismo, lindividuo totalizzato.La contropartita che lo Stato offre al singolo per avergli sottratto il pote-re va individuata, appunto, nella sicurezza. Ma nella prospettiva anarchi-ca, la ricerca da parte del singolo della sicurezza insita nellistituzione, va intesa in senso pi ampio rispetto a quello proposto dai filosofi con-trattualisti come, ad esempio, hobbes. Per essi, infatti, la sicurezza esclusivamente politica, la protezione che il singolo riceve dal sovrano; nella prospettiva anarchica, invece, il concetto di sicurezza molto pi ampio. La sicurezza non soltanto politica, ma investe la sfera psicolo-gica del singolo, liberandolo, come si accennava precedentemente, dalla responsabilit della scelta, che diviene prerogativa dellistituzione. questultima che detiene e determina la verit, non lo sforzo individua-le, la ricerca del singolo. Per lanarchismo lindividuo, nel delegare alli-stituzione Stato il compito di organizzare la vita sociale, cede se stesso, la propria autonomia decisionale, la propria essenza umana.

    39 F. Gentile, intelligenza politica a ragion di stato, Milano, 1982, p. 12. Sempre a tale riguardo, lAutore citato afferma che lo Stato [] riproduce esattamente, sia pure per artifizio, le condizioni del singolo, del proprio suddito, della persona privata.

  • XXXI

    Ritengo che posto in questa prospettiva lanarchismo possa ritrova-re una propria attualit, sviluppando le sue tendenze pluralistiche ed antistatuali allinterno di un contesto di rivalutazione individuale nei confronti della statualit. Ma, a mio avviso, questa attualizzazione pre-suppone che lanarchismo abbandoni la sua oramai superata facciata contenutistica rivalutando, invece la sua essenza metodologica di teoria della libert. In tal senso, lanalisi metodologica dellanarchismo pu offrire nuove prospettive per una resistenza individuale e collettiva alle istituzioni, nel momento in cui esse interferiscono nella sfera privata del cittadino, espropriandolo della propria autonomia-libert nel campo delletica, pri-vandolo della propria capacit di giudizio.

    Da molti anni oramai si parla di una attualit del pensiero anar-chico, di un possibile spazio di queste richieste esasperate di libert tra le maglie, sempre pi strette, dellonnipresente potere statuale. Linterrogativo ruota introno ad un punto nodale: pu una teoria che pone al suo centro lindividualit trovare attualit in una panoramica dominata dalla sopraffazione della volont individuale? In un mondo plasmato da una tecnologia spersonalizzante per la quale luomo og-getto intercambiabile? Non voglio dare qui una risposta a tali interrogativi, non compito del mio lavoro rispondere a tale quesito. Bisognerebbe spingersi troppo ol-tre il tracciato del presente contributo che, pur con i suoi limiti, cerca di inserirsi in un contesto filosofico-politico, investendo campi che allap-parenza hanno poco a che vedere con tale disciplina.Sul ruolo del partito, del sindacato, dellimmaginario sociale, della de-mocratizzazione dello Stato (intesa come intromissione sempre pi pressante degli apparati statuali nella vita privata), sul socialismo reale, su questi temi, ed altri, cosa hanno ancora da proporre (per dirla con Trotzkij) questi cani spenti, gente il cui tempo tramontato? Che rapporto esiste fra la libert selvaggia ed i movimenti di protesta, le richieste di autonomia politica, economica, culturale, che si levano sia nellOccidente capitalista sia nellOriente socialista? C una pre-senza, una traccia, un riferimento ai pensatori anarchici nel porre desi-deri di vita che gli apparati istituzionali esistenti non possono/vogliono soddisfare?Nel pormi questi interrogativi mi riferisco a quei movimenti che non tengono conto delloggettivit economica-storico-politica, la quale li de-

  • XXXII

    termina inevitabilmente perdenti; essi traggono la loro spinta propulsi-va dalla soggettivit del voler-essere.Forse, per strana ironia della storia, da questa soggettivit contro loggettivit che si pu desumere lattualit di un pensiero come quello anarchico; dallimpossibilit di eliminare dallorizzonte sociale laspira-zione umana di libert e giustizia. Si pu quindi affermare, sotto questo profilo, la costante attualit dellanarchismo, il suo costante riapparire sulla scena storica ogni qual volta si aspiri alla liberalizzazione. Questa aspirazione non pu essere stornata dalla panoramica umana a meno di non voler ridurre luomo ad un essere non-pensante, ad un automa, ad un abitante del 1984 di orwelliana memoria; fino ad allora esiteranno individui votati alla ricerca di una societ giusta e libera, schiacciati da regimi brutali ed ipocriti, stretti fra i propri sogni e la propria lucidit40.

    40 L. Mercier Vega, S. Weil sur front daragon, citato da M. Abenson, presentazione alla edizione francese, di L. Mercier Vega, la rivoluzione di Stato, trad. it. Milano, 1981.

  • PARTE PRIMA

    PER UNA PROSPETTIVA GIURIDICO-POLITICA

    ANARChICA

  • 3Al di l dellideologia e dellutopia: note preliminari per un anarchismo filosofico

    Prendendo le mosse dal pensiero di Errico Malatesta, cos come si venuto sviluppando nella sua maturit politica (nel primo dopoguerra), si tenta di legare lintima essenza di un pensare an-archico alla tensione alla conoscenza propria di un pensare filosofico, informato dallincedere dialettico del tutto domandare.Il tutto domandare appare infatti il momento propulsivo per ogni moto anti-dogmatico, a cui lanarchismo, negazione assoluta del principio, non tanto di autorit, quanto del potere, partecipa pienamente sino a fondersi con lo stesso.Ci non di meno, il pensiero anarchico, cos come si manifestato an-che nella speculazione malatestiana, non appare avulso da derive ide-ologiche ed utopistiche, dalle quali deve necessariamente liberarsi al fine di sviluppare a pieno la sua tensione filosofica e rappresentare un momento propositivo anche in ambito giuridico. Pur tuttavia, non cogliere tale tensione filosofica nellanarchismo rende difficoltoso, se non impossibile, lo sviluppo di una prospettiva giuridica non fondata sul potere; lincedere dialettico va, infatti, profondamente innestato nel tessuto sociale tanto da assumerlo a principio fondante e prassi gestionale della societ non-autoritaria. da questa pratica che promana il collante di una comunit di liberi ed uguali, una comunit sempre rivolta alla ricerca di un precario equilibrio fra le opposte pre-tese, un equilibrio che in ambito giuridico-politico sar la risultante n della media aritmetica, n dellimposizione eteronoma, ma di un dialogo che la prassi dialettica dovr indirizzare al fine di preservare la liber e luguaglianza.

  • 4Un ordinamento giuridico anarchico non pu immaginarsi prescinden-do dalla tensione dialettica, privo di questo fondamento lanarchismo, anche in campo giuridico, devia nellutopia. Appare, quindi, un anarchismo che, nel legare la morale alla politica, si erge (forse paradossalmente) a critico delleguaglianza livellatrice pro-pria a certa tradizione moderna, uneguaglianza che perde il reale essere umano colto nei suoi concreti rapporti sociali a tutto vantaggio di una sua rappresentazione omologante. Va in definitiva ritrovato un anarchi-smo, che nonostante lostentazione del rifiuto di ogni forma regolamen-tativa (eteronoma), ricerca la fondazione del rapporto sociale su regole (autonome), atte a dare vita ad un costante ordinamento giuridico della societ, il quale sia capace attraverso il pieno coinvolgimento dei conso-ciati di trasformare il conflitto in controversia, e di offrire a questa una soluzione frutto del dire e del contraddire, in un dialogo in cui le parti coinvolte sono necessariamente libere ed uguali (ma non per questo omologate).

  • 5CAPITOLO PRIMO

    IL CAPO MORALE DEL PARTITO ANARChICO ITALIANO*

    SOMMARIO1. Un pensatore classico dellanarchismo: Errico Malatesta; 2. Un pro-pagandista e non un dottrinario dellanarchismo; 3. Malatesta giurista? (e la difficolt di estrapolare un discorso giuridico); 4. Alcune note metodologiche.

    1. UN PENSATORE claSSico DELLANARChISMO: ERRICO MALATESTA

    Signori giurati! Io sono un pregiudicato. La storia dei miei rapporti con lautorit una storia lunga e noiosa. Lunga perch disgraziatamen-te non sono nato ieri ed in questi giorni ricorso il cinquantacinque-simo anno del mio primo arresto. noiosa perch sempre la stessa storia. Quanto voi avrete assistito a questo dibattimento, saprete che cosa sono stati tutti gli altri miei processi. In fondo si tratta di questo: che io sono sempre stato fermo a tenere le promesse che da giovinetto feci a me stesso di consacrare la mia vita alla lotta per la emancipazione umana, e la polizia dallaltra parte, attraverso tanti cambiamenti di uo-mini e di governi stata anche essa ferma a mantenere, a compiere la sua missione di soffocare, perseguitare il mio pensiero ed ostacolare la mia propaganda1.

    * Francesco Saverio Merlino, contrasto personale (1897).

    1 Si tratta della dichiarazione rilasciata da Errico Malatesta al processo che lo vide protagonista, fra gli altri assieme ad Armando Borghi e Corrado Quaglino, nel 1921

  • 6Con queste poche frasi2, pronunciate il 27 luglio del 1921 di fronte alla

    davanti alla Corte dAssise di Milano con la generica imputazione di istigazione sovversiva a seguiti di articoli apparsi sul quotidiano anarchico Umanit Nova da egli diretto. I tre imputati erano gi incarcerati, con limputazione altrettanto generica di attivit sovversiva, dallautunno precedente. Va rilevato che, anche in considerazione della lunga detenzione che precedette linizio del dibattimento del primo processo, che data marzo 1921 a fronte di arresti compiuti nellottobre dellanno precedente, gli imputati iniziarono uno sciopero della fame, che peggior notevolmente lo stato di salute delloramai settantenne Malatesta. A seguito di tale episodio, un gruppo di anarchici nel marzo dello stesso anno organizz un attentato che si voleva indirizzato contro il questore di Milano, ma che invece provoc, nel teatro milanese Diana, ventuno morti e una ottantina di feriti fra gli spettatori l convenuti. In entrambe i processi gli imputati, difesi anche da Merlino, vennero assolti. Sulla strage del Diana si sofferma, fra gli altri, G. Berti, errico malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932), Milano, 2003, pp. 705-718. Sulla figura di Armando Borghi si rimanda alle indicazioni contenute alle nota 16 del presente capitolo, per quanto concerne Corrado Quaglino (1900-data di morte sconosciuta) cfr. lomonima voce redatta per il Dizionario biografico degli anarchici italiani da T. Imperato.

    2 Cfr. E. Malatesta, Dichiarazioni e autodifesa alle assise di milano, ora in id., Scritti, vol. II, Umanit Nova pagine di lotta quotidiana e scritti vari del 1919-1923, Ginevra, 1935 (ristampa anastatica, Carrara, 1975, dalla quale si cita), p. 296. Il volume in questione fa parte di un trittico (il primo volume degli Scritti porta la sottotitolazione Umanit Nova pagine di lotta quotidiana, ed esce a Ginevra nel 1934 con prefazione di Luigi Fabbri; il terzo volume, sottotitolato pensiero e volont Rivista quindicinale di studi sociali e di coltura generale (Roma, 1924-1922) e ultimi scritti (Roma,1926-1932), viene pubblicato anchesso a Ginevra nel 1936 ancora con prefazione di Luigi Fabbri), che rappresenta a tuttora la pi vasta raccolta di scritti malatestiani a disposizione del lettore. Come sottolinea Gino Cerrito nella presentazione alla riedizione anastatica dellopera (cfr. Scritti, vol. I, Carrara, 1975, pp. I-V) i volumi in questione rappresentavano, nellintenzione dei curatori, i primi di una serie che avrebbe raccolto gran parte dellopera letteraria del pensatore anarchico. Il progetto non pot venire realizzato; pertanto, in attesa dellauspicabile compimento della raccolta di scritti malatestiani curata da Davide Turcato per i tipi delle editrici Zero in Condotta (Milano) e La Fiaccola (Ragusa), di cui sono apparsi i primi due volumi, Un lavoro lungo e paziente . il socialismo anarchico dellAgitazione. 1897-1898, con un saggio introduttivo di R. Giulianelli e Verso lanarchia. malatesta in america. 1899-1900, con un saggio introduttivo di N. Pernicone, questa rappresenta ancora, come sopra accennato, la pi organica raccolta di scritti malatestiani. Va in ogni caso rilevato come il trittico degli Scritti sopra citato, per precise scelte redazionali, non raccoglie che i contributi posteriori al 1919, lasciando agli altri volumi progettati, ma mai pubblicati, la testimonianza degli scritti anteriori a tale data. Mancano, pertanto nella raccolta qui richiamata fondamentali contributi di Malatesta quali Fra contadini. Dialogo sullanarchia (1883), lanarchia (1884) questi possono agevolmente ritrovarsi, fra i vari luoghi, nella raccolta antologica Gli anarchici,

  • 7Corte dAssise di Milano, chiamata a giudicare, assieme ad altri suoi compagni di lotta, lormai quasi settantenne Errico Malatesta, egli rias-sume la propria esistenza di indomito militante anarchico. Dalle campa-gne pugliesi e dai monti del Matese, allErzegovina in rivolta e allesilio prima svizzero, poi argentino, poi francese e poi inglese e poi ancora negli Stati Uniti, sino al suo ritorno in suolo italico allindomani della Grande Guerra, per venire qui acclamato dalla masse popolari quale il lenin italiano3, Malatesta ha testimoniato con la propaganda del fatto lideale anarchico, al quale si vot ancora studente nel 1870, anno del suo primo arresto4.

    Torino, 1971, curata da G. Bravo , al caff. conversazioni sullanarchismo (scritto a pi riprese nel 1897, 1914 e 1922 di cui si segnala la recente edizione Aprilia, 2010), nonch la nota polemica, avvenuta nel biennio 1897-1898, fra Errico Malatesta e Francesco Saverio Merlino raccolta fra i vari luoghi in anarchismo e democrazia, Ragusa, 1974.Vanno altres segnalate almeno altre due importanti raccolte di scritti malatestiani: Scritti scelti, Napoli, 1947 (raccoglie scritti apparsi fra il 1920 ed il 1931) e Scritti scelti, Napoli, 1954 (raccoglie scritti apparsi fra il 1891 ed il 1913) entrambi a cura di G. Berneri e C. Zaccaria nonch i due volumi curati da Gino Cerrito, Scritti scelti, Roma, 1970 e Rivoluzione e lotta quotidiana, Milano, 1982. Una elencazione dei principali contributi di Malatesta, con le relative traduzioni, curata da U. Fedeli, posposta a L. Fabbri, malatesta. luomo e il pensiero, trad. it. Napoli, 1951 (ma Barcelona, 1935).

    3 Il 24 dicembre (1919) [] rientrava da Genova Malatesta nella vita pubblica italiana. Lo accolse una enorme folla plaudente, fra una selva di bandiere rosse. Le navi ancorate nel porto fecero urlare le sirene e issare i pavesi in segno di gioia. In un gran comizio pubblico [] anche Malatesta prese la parola per ringraziare e per dire subito quel che poi ebbe a ripetere dovunque in seguito: che era venuta lora della rivoluzione e bisognava prepararvisi in fretta per farla al pi presto, prima che lora propizia passasse, L. Fabbri, prefazione a E. Malatesta, Scritti, vol. I, cit., p. 10. Cfr. anche G. Woodcock, lanarchia, Storia delle idee e dei movimenti libertari, trad. it. Milano, 19806

    (ma 1962), p. 311 nonch G. Berti, errico malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932), cit., pp. 645-651. Va comunque specificato come il nostro rifiutasse con veemenza lappellativo di lenin italiano, considerando gi allora il regime bolscevico un regime dittatoriale in netto contrasto con il pensiero ed il movimento anarchico; cfr. in proposito L. Fabbri, malatesta. luomo e il pensiero, cit., pp. 35-39.

    4 Leconomia del presente contributo non prevede la redazione di una nota biografica; per un primo approccio, si segnalano la voce malatesta, errico redatta nel 2007 da G. Berti per il Dizionario biografico degli italiani, e dello stesso autore, lomonima voce redatta nel 2003 per il Dizionario biografico degli anarchici italiani. Vanno segnalati gli studi di M. Nettlau, errico malatesta. Vita e pensieri redatto nel 1922, il sopra richiamato volume di Luigi Fabbri, al quale va aggiunto lo scritto di A. Borghi, malatesta in sessantanni di lotte anarchiche uscito a New York nel 1933 (edizione

  • 8Malatesta ha consacrato5 la propria esistenza alla rivoluzione e, assu-mendo la rivoluzione anarchica a proprio credo, per la sua realizzazione ha profuso tutte le sue energie fisiche ed intellettuali.Molti, fra gli studiosi che si sono occupati del pensiero anarchico, ri-tengono che il nostro (Santa Maria Capua Venere 1853 Roma 1932) sia da annoverarsi fra i pi importanti pensatori anarchici6, se non il principale (ad eccezione di Kropotkin) teorico anarchico a cavaliere del Diciannovesimo e Ventesimo secolo tanto da considerare la sua opera al pari di quella degli altri classici dellanarchismo, da Godwin a Stirner, da Prouhon a Bakunin ed allo stesso Kropotkin7.

    italiana Milano, 1947); fondamentale appare il pi recente contributo di G. Berti, errico malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale, cit. Interessante, per i riferimenti bibliografici risulta, fra i molti, il breve studio di G. Landi, malatesta e merlino dalla prima internazionale alla opposizione al fascismo, in Bollettino del Museo del Risorgimento, XXVIII (1983), pp. 121-156. Cfr. anche di G. Cerrito, Sullanarchismo contemporaneo, in E. Malatesta, Scritti scelti (1970) e introduzione a E. Malatesta, Rivoluzione e lotta quotidiana, cit. Cenni biografici si ritrovano altres allinterno dei principali stud sul pensiero e sul movimento anarchico; cfr., a titolo desempio, G. Woodcock, lanarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, cit., pp. 286-312, G. M. Bravo, introduzione a Gli anarchici, cit., pp. 57-64 e 803-807; id., lanarchismo, in Storia delle idee politiche economiche sociali. Vol. V. let della Rivoluzione industriale, Torino 1972, pp. 304-307.

    5 Tale lessico risulta indubbiamente mutuato dal contesto religioso, ma appare riscontrabile con frequenza nella pubblicistica anarchica a cavaliere fra Otto e Novecento. Cfr. in proposito E. Malatesta, Fra contadini, in Gli anarchici, cit., p. 899 ove il nostro scrive: voglio entrare anchio nel partito e mettermi a propagare queste sante verit (corsivo nostro). Va rilevato come nellanonima presentazione dello stesso scritto malatestiano edito a Ragusa, 1972, si faccia riferimento a Giorgio, uno dei due protagonisti del dialogo, come lanarchico che con fede di apostolo spiega al proprio compagno di lavoro cosa vogliono gli anarchici, p. X (corsivo nostro). Altrettanto indicative dellutilizzo di tale lessico appaiono alcuni passi contenuti in canzoni anarchiche coeve; vedi, a titolo desempio, il noto inno della rivolta, ove si afferma che sul labbro il nome santo di Anarchia, insorgeremo, cfr. in argomento L. Settimelli-L. Falavolti (a cura di), canti anarchici, Roma, 1973, pp. 55-57.

    6 A ben vedere, Malatesta pu annoverarsi fra i principali pensatori socialisti rivoluzionari a cavaliere dellOtto-Novecento, linfluenza del suo pensiero si estende oltre i confini del movimento anarchico, ove il nostro non pu che primeggiare indirizzando lo sviluppo di tale compagine rivoluzionaria, che negli anni della militanza malatestiana assume una fondamentale rilevanza nel movimento operaio internazionale (rilievo ora inimmaginabile anche in grazie ad una riscrittura della storia del movimento operaio in chiave marxista).

    7 Cfr. fra i molti G. Berti, il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, Manduria-

  • 92. UN PROPAGANDISTA E NON UN DOTTRINARIO DELLANARChISMO

    Prima di addentarci lungo litinerario prefissatoci, Malatesta e le-sperienza giuridica, riteniamo duopo premettere come il nostro, al pari della maggior parte dei pensatori ascritti al variegato mondo dellanar-chismo8, non ha inteso quale principale obiettivo della sua penna la fondazione di una organica dottrina anarchica; piuttosto egli riconosce nella scrittura un supporto (indispensabile) per promuovere e sviluppa-re nelle masse oppresse una prassi sociale anarchica, quindi una lotta al potere costituito improntata sui princip antiautoritari. Non assistiamo, quindi, nel suo incedere intellettuale al dispiegarsi di speculazioni teoriche volte a tratteggiare un organico sistema di pensie-ro anarchico, ma alla produzione di scritti che, posti accanto ad altre forme di intervento politico, possano dar vita e fortificare una prospet-tiva di lotta sociale protesa alla creazione di una societ senza dominio: la societ anarchica.Malatesta si pone, pertanto, quale propagandista, non anela a rappre-sentarsi quale dottrinario dellanarchismo; egli aspira ad essere un prati-co (nel senso di praticante) dellanarchia. essenzialmente un agitatore ed in quanto tale appare avulso da ogni velleit accademica ed intellet-tualistica, da ogni tensione ad una teorizzazione la quale sia slegata dalla quotidiana lotta per lemancipazione.Scrive sulle pagine del primo numero del quotidiano anarchico Umanit Nova, il 29 febbraio 1920: pur facendo una certa parte alle disquisi-zioni teoriche ed alle espressioni letterarie, noi non intendiamo fare dellaccademia. [] Noi dobbiamo portare la nostra propaganda in mez-zo alle masse profonde. Dobbiamo far sentire la nostra voce e la nostra

    Bari-Roma, 1998, il quale qualifica Malatesta come lultimo pensatore classico della storia dellanarchismo. Egli appare come un sintetizzatore che, alla luce dellesperienza storica, sistematizza la dottrina al fine di tramutarla da verbo ad azione, p. 371. Cfr. in argomento anche A. J. Cappelletti, lidea anarchica. appunti di viaggio dalle origini ai giorni nostri, trad. it. Milano, 1996 (ma 1985), p. 95 nonch lo stesso Berti, Unidea esagerata di libert. introduzione al pensiero anarchico, Milano, 2006, p. 141.

    8 Sottolinea G. Berti, il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, cit., p. 6, come lanarchismo [] non possiede una dottrina codificata, ununivoca linea teorica di sviluppo, una scuola omogenea di pensiero. Cfr. anche G. M. Bravo, lanarchismo, cit., p. 247.

  • 10

    azione in tutte le lotte operaie, in tutti i movimenti popolari. Dovunque e sempre, noi dobbiamo suscitare nei sofferenti la coscienza viva e lim-pazienza delle ingiustizie di cui sono vittime: ispirar loro fiducia nelle proprie forze e spingerli ad agire essi stessi, direttamente, in cooperazio-ne coi loro compagni di fatiche e di aspirazione9.Malatesta, forgiatosi allazione gi negli anni giovanili con i tentativi insurrezionali promossi in Italia dagli internazionalisti, rifugge ogni in-tellettualismo; si manifesta, nella sua interezza, quale agitatore anarchi-co, che non si prefigge come principale obiettivo lessere un dottrinario dellanarchismo10. Per quanto, come avremo agio dosservare, il suo pensiero apporti un contributo fondamentale al tratteggio dellidea anarchica, egli appare indubbiamente proteso pi allazione che alla riflessione dottrinaria. I suoi sono, nella loro totalit, scritti di propaganda, nel senso pi nobile del termine, vogliono rendere pubblica (al popolo) lidea anarchia; la sua dunque unopera di propagazione dellideale anarchico e della prassi a questo legata, a partire dai fatti quotidiani e per mezzo dello scritto che li analizza. Non a caso Luigi Fabbri11 sottotitoler pagine di lotta quotidiana la pi importante raccolta di scritti malatestiani ancor oggi disponibile. Che lanarchismo di Malatesta sia, per cos dire, rivoluzionario e non teorico comprovato dalla scelta del referente a cui principalmente si rivolge, dal linguaggio con cui redige i testi e dalla forma di questi,

    9 i nostri propositi, ora in E. Malatesta, Scritti, vol. I, cit., p. 39.

    10 In questo senso il nostro si differenza notevolmente da autori quali William Godwin e Max Striner o, per altri versi, Pierre-Joseph Proudhon, che non parteciparono al movimento anarchico; ma si discosta anche da autori come Bakunin o Kropotkin, i quali, pur ponendosi quali agitatori anarchici, unendo cio la dottrina alla prassi, hanno pur tuttavia lasciato una organica produzione distinguibile dagli scritti di mera propaganda. In proposito di tale distinzione cfr. le riflessioni di Gian Mario Bravo, il quale, nella gi richiamata introduzione a Gli anarchici, pp. 10 e 12, tratteggia una distinzione fra anarchici-filosofi ed anarchici-politici. Cfr. anche id., lanarchismo, cit., pp. 248 e segg., nonch G. N. Berti, Unidea esagerata di libert, cit., pp. 20-22.

    11 Luigi Fabbri (1877-1935) pensatore e militante anarchico di primissimo piano, redattore di importanti riviste anarchiche del primo Novecento, fra le quali vanno menzionate Il Pensiero e Volont, autore di studi quali Dittatura e Rivoluzione (1920), in cui con lucidit critica il regime bolscevico che andava ad instaurarsi nella Russia rivoluzionaria, la controrivoluzione preventiva. Riflessioni sul fascismo (1923) e malatesta. Vita e pensiero (1933). Per un primo approccio cfr. lomonima voce redatta da S. Fedele per il Dizionario biografico degli anarchici.

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    nonch dal modo in cui i temi vengono trattati: sempre a partire da accadimenti della quotidianit. Linterlocutore privilegiato appare anzi-tutto, sia direttamente che indirettamente, il popolo, meglio i ceti socia-li popolari, in primis i braccianti agricoli ed il proletariato urbano, gli strati cio meno abbienti e pi emarginati della popolazione del neonato Regno dItalia, che si avvia, passando per lesperienza dellitalietta (ma anche attraverso i Fasci siciliani, la Settimana rossa, il massacro della Grande guerra ed il Biennio rosso), al Ventennio fascista, ove il nostro verr messo a tacere. I temi dei suoi interventi trarranno spunto quasi esclusivamente da accadimenti concreti; un fatto, una polemica offrono a Malatesta lopportunit di intervenire anche sviluppando ed approfon-dendo riflessioni sul pensiero anarchico, ma queste sin dal loro sorgere difficilmente appaiono slegate dalla quotidianit. Lo stile malatestiano non quindi n accademico, n ampolloso; egli, infatti, non si rivolge ai ceti colti della societ a lui contemporanea, gente, che in generale ha perduto il suo tempo col latino e col greco12; il linguaggio volutamente semplice, sobrio in quanto deve essere com-prensibile con immediatezza, deve essere atto a giungere ad interlocuto-

    12 Fra contadini, cit., p. 894. Sottolinea Luigi Fabbri nel gi citato malatesta. luomo e il pensiero come non si riscontra mai alcun atteggiamento professorale o cattedratico nella prosa di Malatesta; niente ricerca di effetti letterari, n astruserie dottrinarie, n ostentazioni culturali; nessuna parola difficile del gergo scientifico e filosofico, n citazioni dautori. Ci gli nuoceva forse un po tra quella speciale categoria di lettori, cui il capir bene e presto ci che leggono fa leffetto di trovarsi di fronte a uno scrittore senza profondit od originalit, e che originalit e profondit scorgono solo in ci che non riescono a capire o capiscono a fatica []. Ma lo scopo di Malatesta era anche quello di reagire contro questa tendenza alloscurit di linguaggio nella propaganda, pp. 32-33. Di uguale parere appare anche Placido La Torre, il quale rileva come la sua concezione e aspirazione anarchica non di origine libresca, (anche se egli libri l