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Marco Castellani FORME DI RAZIONALITÀ LIMITATA. APPROCCI SOCIO-COGNITIVI AL DECISION MAKING DSS PAPERS SOC 5-02

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Marco Castellani

FORME DI RAZIONALITÀ LIMITATA.APPROCCI SOCIO-COGNITIVI

AL DECISION MAKING

DSS PAPERS SOC 5-02

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INDICE

Premessa: piani di riferimento ............................................ Pag. 5

1. Richiami di critica simoniana ...................................................... 9

2. Forme e modelli di RL: verso una teoria della ricerca............ 17

3. Formalizzazioni procedurali ed euristiche adattive ................ 27

4. Estensione del modello di ricerca e prospettive per gli studi empirici ......................................................................................... 39

5. Conclusioni................................................................................... 47

Riferimenti Bibliografici............................................................. 50

Appendice: ASPIRATION ADAPTATION THEORY ............ 59

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Premessa: piani di riferimento

Questo paper si propone di offrire una rassegna sintetica di quelle

formalizzazioni del criterio simoniano di razionalità limitata (da qui in

avanti RL) che possano rappresentare un punto di raccordo fra le principali

aree di studio interessate al decision making. L’obiettivo perseguito,

attraverso un’esplorazione del quadro teorico prodotto in ambito socio-

cognitivo ed economico-sperimentale alla luce della recente modellistica, è

quello di abbozzare una sorta di registro comune nella varietà delle

applicazioni che pongono al centro della propria analisi questo concetto,

considerato fondamentale tanto per le discipline economiche quanto per

quelle socio-organizzative. Tale intento è mosso soprattutto dall’esigenza di

voler delineare una traccia sulla quale innestare una riflessione ad ampio

raggio intorno alle problematiche tipiche del processo decisionale,

mantenendo come costante punto di riferimento la radice degli assunti

originali di Simon nell’ambito delle decisioni individuali. Il primo paragrafo

dell’elaborato sarà dedicato ad una rapida escursione sui fondamenti

generali della RL, con accento sui caratteri distintivi della critica simoniana

e sugli aspetti rilevanti ripresi dalla letteratura socio-cognitiva. La parte

restante, invece, verterà su un esame più specifico del terreno formale

rintracciabile nell’approccio “euristico” interdisciplinare ed in quello rivolto

più alla teoria della ricerca. È un’impostazione volta ad attenuare il carattere

asistematico di questo genere di studi, che sembra delinearsi come una sorta

di percorso ‘a salti’ e non come un sentiero metodologico definito e

modulato su fasi interrelate. Buona parte degli approcci alla RL, infatti, si

rivelano inconsistent, ossia tra loro discordanti in termini di disegno

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complessivo e quindi formale (Sent, 1998, p.36). Ciò accade, in linea di

massima, per l’interpretazione stessa che i singoli contributi offrono della

prospettiva simoniana, sicché le rispettive formalizzazioni possono

divergere ampiamente proprio su questioni discriminanti. Una ragione

plausibile ed intuitiva di questo fenomeno risiede nelle fondamenta del

complesso simoniano, i cui tratti essenziali non possono avvalersi, in termini

di assunti e postulati, del repertorio che garantisce alle analisi standard di

ascendenza neo-classica una cumulabilità di studi piuttosto omogenea.

Come noto, la natura epistemologica della RL s’identifica nel passaggio da

una logica deduttiva e prescrittiva ad una logica induttiva e descrittiva.

Questo slittamento concentra l’attenzione di Simon sullo studio del

comportamento dell’agente “reale” e lo conduce su terreni il cui dominio

appartiene tipicamente ad altre scienze sociali. La terminologia, da non

confondere con quella di stretta derivazione psicologica, che viene utilizzata

in questo senso è per l’appunto “economia comportamentista” (Simon,

1987). L’esigenza di una formalizzazione efficace, da opporre in qualche

modo all’apparato della razionalità assoluta, è stata da sempre al centro delle

preoccupazioni di Simon, sin dai primi sviluppi rivolti al sistema delle

preferenze (Casiccia, 2000, p.236). La traccia inaugurata dalla formulazione

originaria della critica alla razionalità olimpica, ha poi esteso alle discipline

attigue i propri punti cardine, contribuendo sostanzialmente a delineare due

piani di ricerca, tra loro collegati ed entrambi riconducibili all’impronta

cognitivista alla quale attinge l’avvio della rappresentazione simoniana.

Il primo di questi piani innerva gran parte dell’individualismo

metodologico e declina l’azione individuale e sociale su criteri di razionalità

“soggettiva”, eterodossa rispetto al taglio “oggettivo” della rational choice.

Tale impostazione sostiene la centralità degli elementi “basici” dell’azione,

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quali desideri, credenze, opportunità, poco considerati (o per nulla)

nell’impianto a razionalità assoluta e in termini d’interdipendenza rispetto

alla decisione degli agenti. Le riflessioni che scaturiscono da questa

architettura, fondatamente ricollegabile alla produzione teorica della

cosiddetta folk psychology (Semin e Gergen, 1990; Greco, 1995),

confluiscono nella vasta opera di rielaborazione degli assunti razionali

operata da Elster su una varietà di fenomeni ben noti all’interno delle

scienze sociali, quali l’autoimpedimento, le controfinalità, il wishful

thinking, le conseguenze non intenzionali, e via dicendo (Elster, 1979). La

tradizione sociologica che s’innesta su questa direttrice ha il merito di

portare al centro del dibattito il rapporto tra i sistemi di credenza individuali

(belief system) e i quadri culturali-normativi degli agenti, tema spesso mal

coniugato dal cognitivismo di prima generazione (Provasi, 1995). Sempre su

questo primo piano, di sociologia dell’azione tipicamente individualista

metodologica, il recupero dell’accezione simoniana di razionalità, si traduce

nella diffusione di quella che può essere denominata, con maggiore

proprietà, razionalità “cognitiva” (Boudon, 1992). Essa incorpora di fatto

aspetti, descrittivi o normativi, che costituiscono la base della scelta

individuale. L’espressione utilizzata per indicare queste motivazioni per

l’agente, è quella di “buone ragioni”, concetto che Boudon stesso vede quale

perno della sociologia della conoscenza e della sociologia in generale

(Boudon, 1995, tr. it 1997, p.48) e come ruolo critico nell’offrire alla

razionalità cognitiva una sorta di completamento rispetto alla classificazione

della razionalità “assiologica” weberiana (Boudon, 1992, tr. it. 1996, p.48)

Il secondo piano (paragrafi 3 e 4) è quello che, sulla scia stessa delle

intuizioni di Simon, fa della RL una “rappresentazione” piuttosto che una

teoria, constatata la ridotta capacità predittiva dei propri assunti (Simon,

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2000a). Tale piano, necessariamente interdisciplinare, mantiene il concetto

di “ricerca euristica” quale punto di riferimento e criterio di governo per

l’indagine di esiti soddisfacenti (Gigerenzer, 2001), con una

caratterizzazione riconducibile alla dimensione “procedurale” della

razionalità, che attiene più in dettaglio all’elaborazione informativa da parte

dell’agente e al procedimento attraverso il quale il decisore giunge ad

inferire un piano d’azione (Rizzello, 1997, p.112). In letteratura questa fase

riproduce la pars costruens rispetto alla critica simoniana classica,

inquadrabile invece come pars destruens nei confronti dell’impianto a

razionalità assoluta. Su questa idea di RL come rappresentazione, la

letteratura organizzativa estende l’ampiezza degli studi euristici al fenomeno

di adattamento dinamico dei livelli di aspirazione (par. 4).

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1. Richiami di critica simoniana

La molteplicità di tematiche coinvolte dal concetto della RL risiede

principalmente nella consapevolezza di un uso quanto mai esteso e residuale

dell’oggetto teorico in questione. ‘Esteso’ in quanto esso investe un numero

di discipline elevato, ‘residuale’ in quanto diventa il criterio che permea

ogni contesto decisionale nel quale non si possa di fatto ricondurre il

meccanismo di scelta a processi massimizzanti o di ‘migliore alternativa’

(Filippi, 1985). Simon prende le mosse dalla considerazione che l’agente

neo-classico, nella trattazione micro di ispirazione ipotetico-deduttiva, si

muova sostanzialmente su un orizzonte di preferenze assegnate, senza

problemi di ricerca delle informazioni in termini di tempo e costo, in uno

scenario del quale conosce gli stati del mondo. In queste condizioni egli

conosce altresì le conseguenze delle singole alternative e sa calcolare

perfettamente il meccanismo che lo conduce all’alternativa ottima. E’ stato

adeguatamente evidenziato come questo combinato di ipotesi, oltre che

assumere una veste a-prioristica, rappresenti un “paradigma” della scelta

razionale piuttosto che un “modello” (Hogart e Reder, 1986). I due cardini

sui quali poggia il paradigma della “razionalità economica” possono essere

individuati nella perfetta conoscibilità del mondo (tramite accesso ai suoi

stati) e nella illimitata capacità computazionale dei suoi agenti (Provasi,

1995). Il carattere oggettivo del quadro analitico a razionalità assoluta, resta

dunque estraneo agli aspetti di strutturazione problematica e di generazione

delle alternative che interpretano il significato procedurale del decision

making rispetto al modello di realtà del decisore (Codara, 1998, p.24) e che

inquadrano la decisione come un ‘processo’ di costruzione mentale (Viale,

1992). Il decisore massimizzante, più che agire, reagisce, senza svolgere

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alcuna attività di elaborazione delle informazioni, di “diagnosi” dell’ambito

di scelta, o di richiamo degli eventi e di rappresentazione. Il ruolo di quella

che, con una terminologia corrente, potremmo definire ‘architettura

cognitiva’, appare marginale, se non assente, data la connotazione quasi

comportamentista del registro dell’agente. A questo framework, che connota

il cosiddetto homo œconomicus, si aggancia poi la letteratura sulle decisioni

in condizioni di incertezza, che estende la forma ‘pura’ della razionalità

assoluta (o “olimpica”, come ebbe a definirla polemicamente Simon), al

concetto probabilistico di occorrenza dell’evento, cui l’agente assegna

un’utilità attesa in modo da sfruttare il criterio di massimizzazione. Ciò

avviene attraverso una sorta di “misura del grado di credenza” (Resnik,

1987, tr. it. 1990, p.77) grazia alla quale i decisori giungono ad una

misurazione di ogni stato del mondo, ossia dei possibili esiti delle situazioni

incerte, moltiplicandoli poi per l’utilità loro assegnata, e scegliendo

l’opzione col valore più elevato. Per giungere a questa formulazione,

vengono introdotti nuovi postulati sulle stime per le varie conseguenze o

outcomes. In dettaglio essi sono la validità dell’usuale ordinamento di

preferenza su qualsiasi prospetto (lotteria), la preferenza crescente rispetto

alla probabilità, la continuità secondo l’indice di utilità di Von Neumann e

Morgenstern, l’indipendenza forte e la validità dei principi di combinazione

tra probabilità (Hargreaves Heap et. al., 1981, tr. it. 1996, pp.24-25). Il

terreno sul quale si muove questa estensione del paradigma a razionalità

assoluta resta quello “normativo” che, pur in condizioni di incertezza

parametrica, rappresenta il comportamento di un decisore ideale (Rumiati,

1990, p.15).

L’impianto simoniano parte proprio dal tentativo di offrire una

formulazione più realistica dei processi decisionali e si affida da un lato ai

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contributi seminali di James, contenuti in The Principles of Psychology,

dall’altro alle intuizioni di Barnard espresse in The Functions of The

Executive. Si può evidenziare come dal primo di essi, Simon derivi l’idea

d’incompletezza e frammentarietà dei processi conoscitivi umani soprattutto

in relazione alla capacità di anticipazione degli esiti dei propri

comportamenti, nonché il concetto di attività selettiva dell’attenzione

(James, 1890). Tutti questi temi confluiranno poi nella traccia cognitiva che

segnerà l’ambito di lavoro della RL lungo l’intera attività simoniana. Dalla

seconda opera, un vero e proprio classico del settore, viene invece

recuperato l’esame del rapporto tra fattore limitante e fattore strategico,

modificato rispetto all’accezione originaria à la Commons. In particolare

esso è centrato sulla necessità da parte del decisore di concentrarsi,

all’interno di un processo di scelta, sull’azione critica (fattore strategico)

capace di intervenire sul fattore limitante. Tale fattore rappresenta, nel

quadro di un sistema di condizioni ad un determinato stato, quell’elemento

che, se fosse modificato o mancante, consentirebbe il raggiungimento del

fine in questione, fermo restando lo stato delle altre componenti (Barnard,

1938). Questi due aspetti, che confluiscono nella versione originaria della

RL all’interno degli studi amministrativi (Simon, 1947), sono stati

richiamati per evidenziare la visione “a forbice” del processo decisionale,

che vede il comportamento razionale umano costretto tra due lame: le

capacità cognitivo-computazionali dell’attore e la struttura dell’ambiente

specifico, o task environment (Simon, 1990). Lungo tutto l’arco della

produzione simoniana, si assiste ad una investigazione accurata di questa

traccia pressoché trascurata dalla versione assoluta della razionalità

strumentale, data la capacità degli agenti di contare su una visione

panoramica delle alternative date. Ambito oggettivo di scelta e ambito

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soggettivo di elaborazione cognitiva delle informazioni costituiscono

dunque la prospettiva inaugurata da Simon. Il succo della tesi originaria

della RL, sulla scorta dei risultati ottenuti dalla psicologia sperimentale, è

che l’agente reale abbia limitazioni nella fase di percezione (percezione

selettiva), di memorizzazione, di rappresentazione delle alternative e di

strutturazione problematica. In senso procedurale egli non può formulare

tutte le alternative possibili e confrontarle, da un lato per le caratteristiche

della propria architettura cognitiva, dall’altro perché l’ambito di scelta che

fronteggia è contraddistinto da elementi di scarsità informativa e temporale.

La razionalità dell’agente non può quindi essere assoluta, ma limitata

(bounded). La mente del decisore non è più una sorta di black box, ma

diviene contemporaneamente punto di partenza e punto di approdo

dell’indagine sul comportamento degli agenti. La portata del concetto di RL

sulla cognitive revolution è tuttora dibattuta, nel senso che alcune posizioni

epistemologiche sostengono come in realtà sarebbe preferibile l’uso del

termine intelligent rispetto a quello bounded, che invece presupporrebbe

l’esistenza di una unbounded rationality sul modello di quella neo-classica,

infatti: “By rationality we mean a mental process based on reason. By an

‘intelligent’ reasoning process we mean one that is feasible and effective

given the nature and circumnstances of the type of reasoner who is to be

supposed to do it.” (Marris, 1992, p.199). L’aspetto che si rivela centrale in

questa fase e che poi accompagna gran parte della letteratura simoniana è

proprio quello riguardante le capacità degli agenti rispetto alla “complessità”

dell’ambiente. Se infatti da una lato l’introduzione della RL contribuisce a

far luce sull’a-priorismo degli assunti e dei postulati della razionalità

assoluta, tramite la constatata limitazione nell’attività computazionale,

d’altro canto lo studio del comportamento umano si accompagna alla

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possibilità di esplorare l’ampiezza nel produrre nuove rappresentazioni

simboliche della situazione (Egidi, 1997). In breve, ad una limitata capacità

computazionale si accompagna una più estesa varietà di manipolazione

simbolica. Se infatti nell’impianto a razionalità assoluta le alternative sono

di fatto “date”, in quello a RL devono essere in qualche modo “inventate”

dall’agente, in un processo generativo dei corsi d’azione possibili (Simon,

1956). Questo procedimento di costruzione, per ovviare ai condizionamenti

temporali e computazionali, nonché alle complicazioni inferenziali, è di tipo

euristico. L’attribuzione originale data da Simon al significato di ‘euristica’

è piuttosto estensiva ma adeguata, ossia una sorta di rule of thumb (regola

del pollice), con la quale gli agenti procedono per passi successivi. Secondo

l’approccio della Scuola euristica alla RL, la sua connotazione non è

riconducibile all’uso che ne fa la psicologia cognitiva per spiegare le

deviazioni da parte del giudizio umano dalla normatività statistica, come

accade nel noto programma ‘heuristic and biases’ (Tversky e Kahneman,

1973). Essa consiste più semplicemente in un procedimento abbreviato, con

determinati caratteri di rapidità e frugalità (Gigerenzer, 1997) coi quali gli

agenti giungono alla presa di decisione. Vale la pena di ricordare come la

natura stessa del significato di bias ed euristica in senso normativo sia

tuttora dibattuta, stante la disputa tra bayesiani e frequentisti1.

La forma originaria che Simon attribuisce a questo procedimento

semplificato è quella ‘search and satisficing’, nella quale gli agenti passano

in rassegna per via seriale le alternative che essi hanno generato, e si

fermano quando tale ricerca (search) raggiunge un determinata o implicita

soglia di soddisfazione (satisficing). Queste sono le due direttrici chiave del

1 Per una ricostruzione delle rispettive posizioni si veda, nell’ordine: Gigerenzer (1991,

p.102 e segg.), Kahneman e Tversky (1996, pp.582-583) e Gigerenzer (1996, p.592).

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procedimento a RL: ricerca e soddisfazione (Simon, 1979, tr. it.1985,

p.300). Se la ricerca dovesse attenersi ad una regola di arresto di impronta

normativa, ad esempio in termini di utilità, l’agente dovrebbe essere in

grado di calcolare il punto nel quale il guadagno marginale previsto, in

conseguenza di un ulteriore determinato arco di tempo della ricerca, eguagli

o il costo direttamente sostenuto per quell’arco di tempo ricerca o il suo

costo opportunità (Stigler, 1961). La regola d’arresto pensata da Simon non

collima con questa soluzione, verso la quale invece manifesta un esplicito

atteggiamento critico (Simon, 1987a) e si concentra invece su quello che

diventa il meccanismo principale di tutto il suo impianto, quello dei “livelli

di aspirazione”. In breve, quando l’agente nella sua esplorazione seriale

giunge all’esame di un’alternativa che appaga un certo livello di aspirazione,

allora tale alternativa viene considerata soddisfacente e intrapresa quale

corso d’azione. I livelli di aspirazione funzionano quindi da meccanismo di

adattamento ad un comportamento soddisfacente. In una prospettiva di feed-

back del processo decisionale, ripresa anche dagli studi organizzativi, il

meccanismo dei livelli di aspirazione funziona su due coordinate. La prima:

quando l’elaborazione cognitiva delle informazioni, attraverso

organizzazione-inferenza-rappresentazione dei corsi d’azione, eguaglia o

supera il livello di aspirazione iniziale allora l’agente reputa soddisfacente

l’alternativa corrispondente e la intraprende. In caso contrario vi sarà

insoddisfazione e quindi un abbassamento del livello di aspirazione e la

riconsiderazione di un’azione già rifiutata (Nozick, 1993, tr. it. 1995, p.35) o

la prosecuzione nella ricerca. Lo studio di questa dimensione, o meglio, del

rapporto fra queste due dimensioni appare decisivo anche nel contributo che

esso può offrire all’analisi del fenomeno dell’innovazione e della teoria della

ricerca, come il procedimento a RL può essere definito (March, 1994). La

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seconda: il livello di aspirazione funziona in modo adattivo, ossia, quando la

rappresentazione cognitiva dello ‘spazio del problema’ risulta agevole,

l’agente tende ad alzare i suoi livelli di aspirazione, viceversa tende ad

abbassarli (Simon, 1987a), adeguando verso il basso la propria soglia di

soddisfazione in un sentiero di aspettative adattive. L’agente simoniano,

quindi, adotta procedure semplificate per far fronte a situazioni nelle quali

non può adottare soluzioni ottimizzanti, infatti: “… la microeconomia

normativa, mostrando l’impossibilità dell’ottimizzazione nel mondo reale,

dimostra che l’uomo economico è in realtà un satisficer, una persona che

accetta alternative «abbastanza buone» non perché si accontenta del poco,

ma perché non ha altra scelta” (Simon, 1981, tr. it. 1985, p.346). In prima

battuta, se l’esame delle alternative fosse effettivamente seriale e seguisse in

via lineare la regola d’arresto del criterio search and satisficing, l’agente si

potrebbe trovare nella condizione di non giungere mai ad un’alternativa

soddisfacente capace di appagare i livelli di aspirazione o di giungervi

scartando, di fatto, alternative “più soddisfacenti” che non vengono

esaminate (March, 1994, tr. it. 1998, pp. 28-29). Questa osservazione è stata

opportunamente evidenziata in tutte quelle formalizzazioni che traducono

l’aspetto procedurale della RL, quali ad esempio quelle lessicografiche. In

linea di massima, l’architettura simoniana può trovare adeguate

specificazioni e modellizzazioni nel momento in cui essa sia studiata in

contesti di scelta iterate o in contesti di ragionamento ipotetico. Nel primo

caso i livelli di aspirazione, o il criterio utilizzato in genere, possono trovare

un meccanismo di fissazione esplicito con cui confrontare il valore

dell’esperienza (Selten, 2001). Nel secondo, diviene necessario un

ancoraggio ad una forma implicita dei livelli di aspirazione, o in termini

degli attributi considerati discriminanti, o sui presupposti “ecologici” che

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guidano sia la ricerca delle alternative sia la regola d’arresto, come accade

ad esempio nelle euristiche adattive (Gigerenzer, 2001). Il primo ambito, nel

quale gli agenti possono contare sulla valutazione degli esiti delle proprie

scelte e adeguarvi il processo in termini di ricerca e regola d’arresto può

essere inquadrato come razionalità ex-post, ed il secondo come razionalità

ex-ante (Selten, 2001, p.28). Simon enuclea così questi due aspetti: “Se

risulta molto facile trovare delle alternative che soddisfino i criteri, gli

standard vengono gradualmente elevati. Se invece la ricerca continua per

lunghi periodi senza generare alternative soddisfacenti, gli standard vengono

gradualmente abbassati.” (Simon, 1987b, p.34). Intuitivamente, la

riflessione sulla RL diviene cruciale proprio nella fase di individuazione

delle dimensioni critiche sulle quali modellare le originarie intuizioni

simoniane e affinarle all’interno delle dinamiche del processo decisionale.

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2. Forme e modelli di RL: verso una teoria della ricerca

Il passaggio del fuoco analitico dalla razionalità assoluta alla RL riveste

precise forme nell’ambito delle applicazioni economiche sia in ambito

macro (Sargent, 1973), sia in ambito micro, soprattutto in riferimento alla

possibilità di ricondurre di fatto la RL nell’alveo della massimizzazione

vincolata (Stigler, 1961). Questo aspetto di elaborazione della RL non

sembra attenersi all’ispirazione originaria simoniana, dato il suo ricorso alla

strumentazione tipica della razionalità assoluta. Per comprendere tale ottica,

che indusse Simon a sostenere: “Stigler ha versato di nuovo la teoria della

ricerca nella vecchia bottiglia della massimizzazione dell’utilità, con il costo

di ricerca uguagliato al suo rendimento marginale” (Simon, 1979, tr. it.

1985, p.300) occorre analizzare un punto fondamentale. Nelle situazioni

reali, il processo decisionale caratterizzato da RL, vede gli agenti “costretti”

a cercarsi le alternative da esaminare, in un processo di costruzione mentale

che chiama in causa il concetto di frame e di belief system. Una teoria della

razionalità limitata, quindi, o più precisamente una sua “rappresentazione”,

deve innanzitutto contemplare una teoria della ricerca (March, 1994).

Alternative, conseguenze e preferenze degli agenti rivestono uno specifico e

determinante ruolo sull’attenzione individuale nella ricerca delle

informazioni e quindi nella rappresentazione dello ‘spazio del problema’.

Semplificando, il fulcro intorno al quale si regge una qualunque teoria della

ricerca che possa dirsi esplicativa del comportamento umano, riguarda il

dilemma se prendere una decisione ad un determinato tempo t o se

procurarsi ulteriori informazioni. Buona parte dell’economia

dell’informazione, seguendo il già ricordato approccio di stampo rational

choice, sostiene un’impostazione fondata sul calcolo costi/benefici

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marginali, come accade ad esempio in alcune scelte d’investimento

(Grossman e Sanford, 1976). La plausibilità di questa soluzione appare

falsificata da numerose ricerche sperimentali nelle quali si evidenzia come

gli agenti sostanzialmente ancorino il processo di ricerca ad attributi

considerati discriminanti rispetto al contesto decisionale. Più in generale,

l’idea di ricorrere ad un criterio costi-benefici nel razionalizzare la ricerca, è

in linea di principio, come criterio orientativo, corretta in senso formale. Il

problema è piuttosto quello dell’accuratezza con la quale gli agenti

effettuano la stima di tali costi-benefici che sono spesso “ambigui,

sovrapponibili e mutevoli” (March, 1994, tr. it. 1998, p.37). Il richiamo è

evidentemente rivolto ad eventuali dilemmi di “regresso” nella loro

valutazione, (ossia il costo sostenuto per determinare un costo e così a

seguire), in uno scenario in cui la ricerca di ulteriori informazioni può essere

altrettanto ardua, se non più complessa, della scelta iniziale (Simon, 1987b,

tr. it. 2000b, p.34). Per questi motivi, se un problema di ricerca viene

ricondotto ad un’operazione di massimizzazione di profitto atteso depurato

dal costo della ricerca stessa, allora l’individuazione della scelta migliore

diviene un ostacolo relativamente semplice (Simon, 1972, tr. it. 1985, p.260)

in quanto riduce ex-post l’indeterminatezza della situazione di scelta. Il

punto critico del ricorso alla massimizzazione in questi casi è quello dei

deliberation costs (tipicamente costi di attenzione ma anche computazionali,

che insistono sulla determinazione dei costi stessi) intrinseci nel carattere “a

cascata” del problema di regresso, e della loro esplicitazione o

scomposizione da parte del decisore. Utilizzando la notazione di Conlisk, la

struttura a cascata del problema di regresso è tale per cui, se P è il problema

iniziale e l’operatore F(P) rappresenta l’introduzione dei deliberation costs

nel problema stesso, allora il regresso sarà del tipo P, F(P), F2(p), …. Fn(P).

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Forme di razionalità limitata 19

Come fronteggiare questo dilemma di metadecisione? Se vi sono numerosi

esempi del trattamento del problema di regresso fino a F(P), dove ad

esempio la modellistica punta su un combinato di ottimizzazione e regole

comportamentali adattive rispettivamente per P e F(P), diventa più

complesso formalizzare le fasi successive (Conlisk, 1996). In tutte questi

scenari sul ruolo e sul significato dei costi, Radner integra le osservazioni di

Conlisk sostenendo come in realtà sia necessario sviluppare una tassonomia

più circoscritta del termine “razionalità limitata”, per poter imbastire una

qualsiasi formalizzazione. Va distinta una costly rationality, alla quale

attengono ad esempio i costi di osservazione, computazione e

comunicazione e una truly bounded rationality, la quale rappresenta

l'incapacità di avere cognizione delle implicazioni della propria conoscenza.

In ambito costly rationality si può rivelare utile un’estensione delle regole

standard riconducibili agli studi seminali di Savage, nello specifico alle

scale numeriche probabilistiche degli eventi e alle scale numeriche di utilità

sugli outcomes. Seguendo la suddetta impostazione, sarebbe necessario

considerare, oltre ai costi connessi all’attività di processamento delle

informazioni, i cosiddetti costs of delay (costi di ritardo), ossia i costi legati

al deterioramento temporale delle informazioni stesse. Se esse sono ottenute

al periodo t sul periodo t-1, ad esempio, risulterebbero già depauperate dal

fatto di riferirsi ad un periodo precedente a quello nel quale avviene la stima

e soprattutto dall’arco di tempo impiegato per effettuarla. Questo tema vale

specialmente per il concetto di processamento delle informazioni in quanto

sinonimo di “analisi dei dati” (si pensi alle statistiche sulle vendite

effettuate, ad esempio) e, in linea col problema di regresso sopra

evidenziato, richiederebbe una sorta di “analisi dell’analisi”. In termini

computazionali e cognitivi, questo fenomeno ha l’effetto di ricadere a sua

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20 Forme di razionalità limitata

volta su una decentralizzazione informativa con ulteriori costi di

comunicazione e trasmissione. Nello scenario truly bounded rationality,

detto “di indeterminatezza”, ci si riferisce invece a tutte quelle condizioni

per le quali non sia di fatto percorribile, per l’agente o il gruppo di agenti,

l’estensione del paradigma di Savage e delle sue intuizioni (Radner, 1996).

Ciò entrerebbe in collisione col problema che gli agenti non devono soltanto

fronteggiare i delay costs, o più banalmente i costi connessi alla ricerca delle

informazioni (di osservazione, comunicazione, memoria, di tempo,

accuratezza, regresso, e via dicendo), o ancora i costi connessi all’incertezza

(parametrica) su eventi empirici ma si trovano a dover interpretare inferenze

logiche, ossia “uncertainty about logical implications of what we know”

(Radner, 1996, p.1372), nella misura in cui esse intervengano rispetto ai

primi. Conviene fare un breve esempio al riguardo. Supponiamo che il

decisore faccia dipendere la propria scelta da un’inferenza su più elementi,

ad esempio due, ossia A (es: l’indicatore αz del rispettivo settore di mercato

per un certo bene z tende ad un determinato valore ß) e B (es: gli

investimenti in quel settore hanno un certo tasso di crescita) del semplice

tipo: se A allora B. Il comportamento del decisore si conforma a questa

inferenza su A e B, ad esempio decide anch’egli di investire sulla base di

questa regola. Intuitivamente, supponiamo che l’agente abbia affrontato ed

esplicitato alcuni costi connessi alla determinazione di A e B, ma per ragioni

di tempo, accuratezza, limitazione dell’attenzione, non sia in grado di

giungere a determinare uno dei due eventi, ad esempio B. Egli, ipotesi del

tutto plausibile, cercherà sulla base dell’inferenza di giungere ad una ragione

per la presa di decisione. Supponendo che l’indicatore αz non tenda al valore

ß (non A), ma non si sappia nulla del livello degli investimenti in quel

settore, che cosa farà in queste condizioni l’agente? Investirà o non

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Forme di razionalità limitata 21

investirà? Il dilemma è riconducibile a un ambito di studi amplissimo nella

psicologia cognitiva, quello del modus ponens e del modus tollens, nonché

di tutte quelle fattispecie che ad esso possono essere ricondotte, come

accade per il “problema di Wason” (Wason e Evans, 1975; Johnson-Laird e

Wason, 1970 e Cosmides, 1989). Potremmo definire i costi connessi a

questo genere di dilemmi come procedural- logical costs.

Per modellare un processo che tenga conto dell’impossibilità per gli

agenti di ricorrere a criteri di ottimalità per far fronte ai propri limiti, alcune

impostazioni si muovono nel solco delle intuizioni dello stesso Savage. Una

di esse offre una prospettiva assiomatica nella quale la struttura delle

preferenze degli agenti sia rappresentata in modo da stabilire una relazione

tra il set delle informazioni e lo spazio delle possibilità che l’agente stesso

edifica. In particolare, è possibile delineare le preferenze condizionali sulla

base delle sole informazioni che siano “consistenti” col quadro cognitivo

dell’agente, sicché le preferenze sui mondi non-possibili inclusi nella

rappresentazione dell’agente medesimo non risultino discriminanti. In

questo senso l’ambito “complesso” che deve affrontare l’agente è in pratica

una rappresentazione soggettiva sotto forma di preferenze condizionali,

laddove l’azione, seguendo per l’appunto l’impostazione di Savage, è una

relazione tra stati del mondo e conseguenze. L’idea di base è che vi sia un

frame effect che di fatto inneschi reazioni diverse alle informazioni, e che

gli agenti organizzino rappresentazioni differenziate su “pezzi di

informazione” in cui incorporano diversi costi computazionali per

fronteggiare il task (Lipman, 1999). Un’estensione proposta dallo stesso

Lipman del proprio framework, attiene alla possibilità di suddividere il set

delle informazioni in due unità, una connessa agli eventi esterni e un’altra

che governa le azioni possibili. Variando la prima, si può studiare come lo

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22 Forme di razionalità limitata

stato delle informazioni si modifichi per incorporare la nozione di costi di

computazione. Al riguardo sembra ragionevole supporre che gli agenti

elaborino maggiori informazioni per avere stati più definiti in

corrispondenza di alti valori attribuiti alle medesime nella rappresentazione

(Lipman, 1999). Se il punto critico evidenziato da questi approcci, come

appare piuttosto chiaramente, riguarda la necessità da parte degli agenti di

costruire spazi di elaborazione e modelli cognitivi “locali” dell’ambito di

scelta, allora diviene fondamentale la nozione di incertezza dalla quale si

sviluppa la trattazione rispetto a quella di ascendenza neo-classica.

Alcuni studi di matrice post-keynesiana, sulla scia di Paul Davidson,

hanno offerto al riguardo una distinzione tra contesti caratterizzati da

Fundamental Uncertainty e contesti di Bounded Rationality, ricorrendo ad

un concetto ripreso dalla letteratura economica ma mutuato da una

terminologia di fisica, quello di processo ‘ergodico’ (ergodic) e ‘non-

ergodico’ (non-ergodic). Nel primo caso il decisore, come l’agente

simoniano, sarebbe in tendenza razionale ma limitato cognitivamente, in

termini sia conoscitivi sia di capacità di calcolo. L’ambiente nel quale può

aver luogo un processo decisionale a RL sarebbe “ergodico”, ossia in

condizioni nelle quali un evento verificatosi nel passato consente di fare

previsioni su stati del mondo futuri, secondo la nota metafora del “future

embedded in the past”. L’ambiente ‘ergodico’, in tale accezione, avrebbe

caratteri di immutabilità (Dunn, 2001) e consentirebbe comunque, nel lungo

periodo, la governabilità dell’incertezza comportamentale. Ambienti ‘non-

ergodici’, viceversa, sarebbero caratterizzati da Fundamental Uncertainty,

che, rispetto a quella ‘comportamentale’ ascrivibile all’impianto simoniano,

non si accorderebbe con alcuna rappresentazione del futuro in termini di

outcomes, e nemmeno con processi di apprendimento case-based o

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Forme di razionalità limitata 23

similarity-based. L’impressione è che in questa prospettiva il decision-

making possa rifarsi ad un profilo case-based in contesti a RL, ‘ergodici’,

mentre debba necessariamente ricorrere ad una nuova caratterizzazione in

contesti ‘non-ergodici’, ove gli stati del mondo futuri non sono prevedibili in

termini di corsi d’azione “… because they are yet to be created” (Dunn,

2001, p.21). Vengono così alla luce due piani distinti: incertezza

comportamentale-RL da un lato, con un agente dotato di autonomia

decisionale, ancorché limitata, nella determinazione degli eventi, e

Fundamental Uncertainty-complessità dall’altro. E’ una visione della RL

simoniana con tratti comportamentisti, in cui il ruolo della varietà

sull’elaborazione informativa in termini cognitivi e di rappresentazione da

parte degli agenti appare ridotto ad operazioni case-based. In questo senso

sembra venir meno il collegamento con la radice concettuale della

razionalità limitata: lo spazio dei processi cognitivi sul concetto di belief

system. Il rilievo è che non sembra esservi spazio per un corso d’azione non

routinario, strategico, in un processo di adattamento-decisione da parte

dell’agente ad un ambiente complesso. In realtà, è proprio in questi contesti

che la rappresentazione cognitiva degli agenti assume un ruolo decisivo

nella definizione dello ‘spazio del problema’ e diventa oggetto dello studio

sul processo di scelta soddisfacente, come accade per le rappresentazioni

mappali in termini di antecedenti-conseguenti da parte dei decisori. Una

caratterizzazione dell’ambiente declinata sul concetto di task environment è

offerta dagli studi di policy attraverso un’immagine stilizzate ma efficace,

quella dell’agente deliberatamente razionale, il cui processo decisionale può

essere ricondotto a tre componenti principali: task environment,

rappresentazione dello spazio problematico, limiti dell’architettura cognitiva

del decisore (Jones, 1998). Per poter studiare lo stretto rapporto tra i quadri

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24 Forme di razionalità limitata

cognitivi degli agenti (i processi coi quali essi affrontano la complessità

degli scenari tramite priorità fra obiettivi, combinazioni di strumenti

utilizzabili, ragionamento adattivo e così via) e le opportunità/costrizioni

imposte dall’ambito specifico, ossia il particolare task environment, è

necessaria una preliminare discriminazione tra immediate task environment

(possibilità di sviluppo delle strategie dalle circostanze contingenti), lifeline

environment (opportunità di apprendimento di strategie durante l’intero arco

dell’esistenza) e biological environment (processi evolutivi generativi). Al

di là di questa tripartizione, anche se è soprattutto sul primo piano che si

concentrano i riflessi del decision making in contesti di RL, occorre

ricordare come un punto universale caratterizzante sia quello secondo il

quale gli agenti, nell’interpretazione del task environment, non operano

soltanto un adattamento ai dati, ma li elaborano in informazioni attraverso

processi cognitivi per impostare strategie nei confronti degli obiettivi (Jones,

2001, pp. 8-9).

Al di là degli aspetti metodologici complessivi evidenziati

dall’approccio bounded rationality-fundamental rationality, e legati

soprattutto alla definizione della condizione di incertezza e complessità

(Dequech, 2001), è necessario rilevare come lo sviluppo delle varie

formalizzazioni, abbia un versante rivolto allo studio delle limitazioni

percettive e di attenzione (Broadbent, 1971) e un altro attento all’analisi

della capacità degli agenti di “costruire” cognitivamente l’ambito di scelta, à

la Weick, piuttosto che agire in via meramente responsiva. L’impronta

stessa delle analisi manageriali o socio-organizzative tende a concentrarsi

più sul rapporto fra ambiente e quadri cognitivi, in termini di elaborazione di

alternative, di governo nel conflitto tra obiettivi, laddove gli studi

psicologico-cognitivi mirano soprattutto ad approfondire i processi di

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Forme di razionalità limitata 25

ragionamento in situazioni “neutre” dal punto di vista ambientale, dette

appunto context-free (Porac e Shapira, 2001). La letteratura sulla teoria

comportamentista dell’impresa ha avuto il merito di porre al centro del

proprio interesse il concetto di RL come processo di ricerca, ma la sua

analisi resta in parte incompleta sul funzionamento e sui meccanismi che

innervano tale processo. Parte degli studi su questo terreno hanno rivolto gli

sforzi a casi sperimentali ed empirici per indagare le modalità con le quali

gli agenti affrontano il processo decisionale. In gran parte delle ricerche di

economia sperimentale sulle strategie soddisfacenti, lo spazio delle

alternative possibili è comparato o con uno stato corrente o con un livello di

aspirazione. Per comprendere adeguatamente l’esame dello spazio delle

alternative da parte degli agenti, la strada sperimentale si affida, a seconda di

quali siano gli obiettivi che essa si prefigge, sia a condizioni di ripetibilità

della scelta, sia a scenari a “scelta secca”, nei quali si ha a che fare con

l’abilità degli agenti di stimare i valori delle alternative (non date ma

generate) in via cognitiva, in assenza della possibilità di testare le alternative

medesime. In questo secondo caso “…possibilities are evaluated by

thinking, by imagining possible futures should that alternative (spouse,

production process, business model, car, etc.) be adopted” (Gavetti e

Levinthal, 2001). Si avverte quindi la necessità di inquadrare il processo

decisionale a RL in una prospettiva più ampia rispetto a quella, comunque

minimale, che intende slegarsi dagli assiomi della rational choice. Due

aspetti motivano tale esigenza: l’incapacità, mostrata dai metodi

massimizzanti vincolati sulle fasi di esplicitazione dei costi, a eludere il

regress problem (Gigerenzer e Selten, 2001) e l’obiettivo di rappresentare

un quadro più realistico dell’ambito di scelta. In tema di RL è dunque

ragionevole tenere in considerazione la struttura complessiva sulla quale

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26 Forme di razionalità limitata

viene modellata la stessa ricerca delle alternative ed il punto cruciale sopra

esposto, ossia che gli agenti possano incorrere in inferenze scorrette. Per

poter tenere sotto controllo in qualche modo questo aspetto diviene

necessario considerare il modo col quale esse incidono sul processo stesso di

ricerca. La sistematizzazione generale di un processo decisionale a RL,

dovrebbe per questi motivi contemplare un’adeguata formalizzazione sia

della conoscenza dell’agente2 sia, di riflesso, della sua (limitata) memoria

(Rubinstein, 1998, p.63). Una strada seguita in questo senso è quella di

formalizzare gli elementi procedurali ricorrenti nella sperimentazione sul

decision making, l’altra si avvia ad un esame dei procedimenti sui quali la

letteratura economica e cognitiva hanno fatto convergere i propri sforzi,

quello delle cosiddette rules fo thumb (regole del pollice), procedure

semplificate, ricorsive, adottate da parte degli agenti per ovviare ai dilemmi

legati al regresso e più in generale alla costly rationality. Per questo motivo

secondo alcuni autori tra i deliberation costs e gli errori di scelta viene a

stabilirsi un trade-off (Gifford, 2001, p.11). Il ricorso alle rules of thumb

richiama la necessità, avvertita dalla maggioranza degli studiosi sul decision

making, di concentrare gli sforzi sull’idea che “…bounded rationality is not

the study of optimization in relation to task environments” (Simon, 1991,

p.35). Una direttrice di questa indicazione è senz’altro quella percorsa dalla

cosiddetta Scuola euristica, l’altra è quella degli studi organizzativi

sull’estensione del modello di ricerca, che tendono a elaborare, come sopra

ricordato, in senso più esteso il processo decisionale a RL introducendo il

concetto di “ricerca termostatica” (March, 1994, tr. it. 1998, p.39).

2 Per uno studio classico in questa direzione si veda Hintikka (1962).

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Forme di razionalità limitata 27

3. Formalizzazioni procedurali ed euristiche adattive

Un punto di partenza che possa in qualche modo chiarire il rapporto tra

l’utilizzo delle informazioni e la valutazione delle alternative è offerto dagli

studi sul problem solving. È utile ricordare brevemente alcune procedure

esaminate in questo campo, prima di esporre le euristiche adattive. La

Weighted Added Strategy (WADD) è caratterizzate da un’esplorazione

complessiva delle informazioni, che si sviluppa attraverso l’assegnazione di

un grado di significatività (statisticamente un peso) agli attributi delle

singole opzioni. La strategia, di ampia valenza normativa in ambito di

psicologia economica, si avvale di un processo compensatorio, ossia di un

processo di valutazione che può portare al bilanciamento da parte di un peso

più elevato rispetto ad uno più scarso, attraverso l’esplicitazione dei trade-

offs (Frisch e Clemen, 1994). Le procedure lessicografiche (LEX) viceversa,

si avvicinano maggiormente al carattere adattivo delle euristiche satisficing.

Il loro metodo di scelta àncora la valutazione dell’opzione ad un attributo

specifico e preminente rispetto agli altri, sicché la scelta cade sull’opzione

col livello più elevato solo di quell’attributo. Si passano in rassegna altri

attributi solo a parità di valore sull’attributo principale, in una strategia

definibile come Choice Heuristic (Payne e Bettman, 2001, p.127), che evita

di fatto i conflitti fra attributi. Le strategie soddisfacenti (SAT) ricorrono ad

un procedimento simile da un punto di vista concettuale, ma fanno

dipendere la valutazione degli attributi da un livello assegnato o implicito.

La ricerca si ferma al primo raggiungimento da parte di uno o di più

determinati attributi del livello significativo, con un carattere selettivo,

sequenziale e non-compensatorio. Da un’integrazione di questi due metodi

d’indagine si può derivare poi la cosiddetta Elimination By Aspect (EBA),

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28 Forme di razionalità limitata

spesso analizzata per verificare comparazioni con altri processi a RL

(Rieskamp e Hoffrage, 2000), la cui strategia di valutazione fra le alternative

porta a trascurare le opzioni che non raggiungono un minimo valore

selettivo sull’attributo predominante, sicché l’eliminazione prosegue per il

secondo attributo considerato discriminante, fin quando non resta una

singola opzione.

La Scuola di ricerca definibile come “euristica”, laddove con tale

termine non s’intende una stretta deviazione dalla norma statistica ma più in

generale un procedimento semplificato di giudizio sulle alternative, si

conforma alla nozione utilizzata da Simon quale “meccanismo” capace di

condurre la scelta verso esiti soddisfacenti. Questo genere di ricerca, fondato

sull’esplorazione seriale delle alternative (search) e su regole empiriche

basate sulla conoscenza del dominio da parte dell’agente, ha come

caratteristica principale la regola d’arresto sulla base della quale si giunge

all’alternativa soddisfacente (satisficing) (Simon, 1992, tr. it. 2000b, p.93).

La declinazione del processo euristico ha un quadro articolato su alcuni

principi circostanziati, e si delinea come una sorta di framework, o di

“programma”. Queste indicazioni sembrano centrali nell’evoluzione di una

formalizzazione con sviluppi il più possibile coerenti con l’impianto

simoniano, in particolare per quanto attiene all’aspetto “adattivo” e a quello

di un’agevole procedura inferenziale con la quale gli agenti formulano i

propri corsi d’azione. Sotto questa luce, il “programma”, traducibile con la

nota metafora dell’Adaptive Toolbox, si propone come uno dei sentieri di

formalizzazione della RL più proficui nell’ambito degli studi sperimentali

ed empirici nelle scienze umane. I due perni su cui ruota l’impianto adattivo

sono:

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Forme di razionalità limitata 29

- I criteri della RL non collimano con quelli generalmente ascrivibili a

“ottimizzazioni” vincolate (Gigerenzer e Selten, 2001, p.4 e segg.), a

meno che con tale terminologia non ci si intenda riferire, in via

estensiva, ad una ottimizzazione del quadro cognitivo dell’agente in

termini procedurali. Sinteticamente, un percorso di scelta dell’agente

può essere “limitato” in senso cognitivo, ma rappresentare per

l’agente una soluzione ottima nell’universo delle soluzioni da lui

individuate, senza che tale percorso collimi necessariamente con

quello “ottimo” nell’universo delle alternative dell’intero sistema. E’

in questo senso che la RL non ha a che fare con regole d’arresto in

termini di ottimizzazione, della quale rischierebbe di riprodurre una

forma “nascosta” (Gigerenzer e Selten, 2001).

- La RL non ricalca i contorni dell’irrazionalità in termini di

deviazione da norme di logica o probabilità, e dai correlati

scostamenti dai canoni di giudizio umano con le cosiddette “fallacie”.

Per questo essa non può essere richiamata solo per spiegare l’errore

umano rispetto alla teoria probabilistica come accade in taluni studi di

psicologia cognitiva e di economia sperimentale (Kahneman et. al.,

1982; Thaler, 1991). Essa implica la necessità di ripensare la stessa

rappresentazione delle informazioni, non adeguatamente considerata

nell’ambito di studi ora ricordato, soprattutto a causa della scarsa

attenzione rivolta alla struttura dell’ambito di scelta.

Per le osservazioni espresse al primo punto, la RL può essere

correttamente riprodotta con regole d’arresto fast and frugal, ossia rapide e

frugali grazie al ricorso ad euristiche. In forza invece di quanto esposto al

secondo punto, i tools, ossia gli strumenti utilizzati in questi studi, devono

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30 Forme di razionalità limitata

avere un carattere “adattivo” e possono quindi condurre ad un’estensione del

criterio di RL alle nozioni sociali di “norma” e di “quadro culturale”

dell’agente (Gigerenzer e Selten, 2001, p.1). La loro applicazione, inoltre,

può essere utile allo sviluppo di architetture cognitive nella simulazione

basata su agenti, laddove si voglia realizzare una manipolazione simbolica

su elementi specifici dell’ambito di scelta con criteri di soddisfazione in

luogo di quella “basica” tipica di questi impianti3.

I punti focali riguardano l’ambito della ricerca (generazione, dal punto

di vista cognitivo) delle alternative e l’individuazione di quella ritenuta

idonea al corso d’azione da intraprendere attraverso la presa di decisione. Va

identificata al riguardo una SIMPLE SEARCH RULE, ossia una regola

sobria di ricerca ed una SIMPLE STOPPING RULE, ossia un’altrettanto

agile regola d’arresto. Gli studi avviati da questo “programma” di ricerca,

principalmente riconducibili al lavoro dell’ABC Research Group (Center for

Adaptive Behavior and Cognition) del Max Planck Institute for Human

Development, promuovono l’idea che le strategie cognitive degli agenti

siano guidate, in termini adattivi, da una razionalità ecologica focalizzata su

un’area determinata di applicazione, piuttosto che su un settore generale di

riferimento. A differenza dei procedimenti basati sull’utilità soggettiva

attesa (SEU), quelli adattivi sono domain specific. Ciò significa che questi

meccanismi sono spesso pensati alla stregua di building blocks cognitivi

combinabili per dar vita anche a più euristiche (Gigerenzer, 2001, p.38). I tre

“attrezzi”, o building blocks, sono:

-le regole di ricerca (SEARCH RULES);

3 Per il rapporto tra RL ed architetture degli agenti in ambito simulativo si veda Terna

(2000).

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Forme di razionalità limitata 31

-le regole d’arresto (STOPPING RULES).

-le regole strettamente decisionali (DECISION RULES).

La fase di SEARCH, di ricerca, può essere spiegata in termini di

SEARCH FOR ALTERNATIVES (ricerca delle alternative, set di scelta) e

SEARCH FOR CUES (ricerca delle “indicazioni”, dei criteri per valutare le

alternative stesse). Queste sono le due direttrici del processo di ricerca, una

che esamina le alternative disponibili e disegna il set dei possibili corsi

d’azione (search for alternatives) ed uno di individuazione del criterio

(search for cues) col quale valutarle. Secondo questa prospettiva, il concetto

simoniano di soddisfazione riguarderebbe solo la search for alternatives e

non la search for cues, nel senso che l’utilizzo di un criterio per la

valutazione delle alternative è insito nella concezione di livello di

aspirazione: “Cues can be thought of as implicit in his concept of an

aspiration level.” (Gigerenzer, 2001, p.44). Nella formulazione simoniana

originaria, il criterio che governa la ricerca è quello dei livelli di aspirazione,

che si alzano e si abbassano in via adattiva rispetto all’ambito di scelta. Tale

adattamento non si traduce in una semplice operazione di adeguamento

“automatico”, ma è filtrata dal quadro cognitivo dell’agente. Nella proposta

originaria simoniana i criteri sono, per così dire, incorporati ed impliciti nel

concetto di livello di aspirazione, che si propone quale meccanismo che

consente all’agente di raggiungere una scelta soddisfacente. In questo modo

essi governano tutti tre gli aspetti regolativi del processo decisionale a RL,

ossia SEARCH RULES, STOPPING RULES e DECISION RULES. La

direzione adattiva sulla quale insiste Simon e che si rivela di grande

interesse per gli studi a matrice socio-organizzativa, è la seguente: il criterio,

ossia il livello di aspirazione, si abbassa quando gli agenti non riescono a

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32 Forme di razionalità limitata

trovare alternative soddisfacenti. Gli studi che confortano questa intuizione

sono quelli empirici sulla ricerca di primo impiego effettuata da Soelberg e

quelli sperimentali classici sul problem solving. Ciò che può essere

analiticamente scisso nella trattazione su questo genere di euristiche in

termini di ricerca di alternative, ricerca del criterio, regola d’arresto, appare

invece come un unico building block nell’impostazione simoniana, nella

quale l’agente si ferma nel trattamento sequenziale delle alternative proprio

perché il criterio utilizzato consente di raggiungere una determinata soglia di

soddisfazione sulla quale l’agente prende la propria decisione.

Le STOPPING RULES non sono altro che le regole d’arresto nella

ricerca delle alternative. Anche in questo campo le formalizzazioni

sviluppate dagli studiosi di RL sono numerose. L’impostazione ABC, in

linea con l’ispirazione originaria simoniana, non contempla il ricorso a

criteri di massimizzazione in termini di rapporto costi-benefici, ma apre il

campo all’uso di euristiche “soddisfacenti” che, nonostante il carattere

frugal, possono risultare molto precise rispetto alle forme canoniche della

computazione lineare algoritmica.4 Tra queste modellizzazioni, viene qui

presentata a titolo esemplificativo l’euristica TAKE THE BEST, proposta

dallo stesso Gigerenzer, che modella un criterio soddisfacente, anche se il

suo utilizzo ricorre soprattutto per scelte duali fra oggetti definiti (“a” o

“b”). È importante fare riferimento a questo procedimento in quanto ad esso

possono poi essere ricondotte le riflessioni sui livelli di aspirazione.

L’architettura TAKE THE BEST (Gigerenzer, 1997) è piuttosto semplice e

rappresentabile in una sorta di griglia (fig. 1) nella quale le colonne indicano

gli oggetti (o alternative- alternatives) e le righe i criteri (o predicati-cues).

4 Si veda, al riguardo, uno studio comparativo riportato da Gigerenzer e Goldstein (1999)

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Forme di razionalità limitata 33

a b c d

Recognition + + + - Cue 1 + - ? ?

Cue 2 ? + - ?

Cue 3 - + ? ?

Cue 4 ? - - ?

Cue 5 ? ? - ?

Fig.1 Il Take the Best Algorithm(fonte: Gigerenzer e Goldstein, 1996)

Il funzionamento di questo procedimento è il seguente: le alternative (a,

b, c…) sono esaminate a due a due, attraverso criteri ordinati sotto forma di

predicati (cues) in via decrescente secondo la validità intrinseca che l’agente

assegna ai medesimi. Il primo di questi predicati è di tipo esclusivamente

soggettivo ed è quello basico, detto “di riconoscimento”, i successivi (da cue

1 a cue 5, nell’esempio) sono di carattere “ecologico”, attengono all’ambito

specifico della scelta. Il loro valore può essere dicotomico, continuo, o

anche diversamente elaborato. Nell’esempio essi possono assumere i valori

positivo (+), negativo (-) o incerto (?). Il procedimento è piuttosto sobrio.

Supponiamo che l’agente si trovi ad affrontare un semplice scenario del

tipo: quale azienda tra “a” e “b” ha il maggior numero di occupati? Come

già evidenziato, il primo predicato è soggettivo, di identificazione, e

potrebbe essere del tipo “riconoscere l’oggetto/non riconoscere l’oggetto”.

Esso, ovviamente, è l’unico predicato che può essere solo positivo o

negativo, visto che l’agente o riconosce l’oggetto o non lo riconosce.

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34 Forme di razionalità limitata

Supponendo che l’agente sappia identificare entrambi gli elementi (avremo

allora due + sulla prima riga, quella di identificazione) allora, non essendo il

predicato di identificazione discriminante, passa a considerare il primo

predicato “ecologico” (cue 1). Esso potrebbe essere, ad esempio, “l’azienda

ha sottounità/non ha sottounità”, supponiamo che l’agente sappia che

l’azienda “a” abbia sottounità e l’azienda “b” no (avremo un + e un – sulla

riga corrispondente). Se questa fosse la condizione, non serve procedere

oltre: l’azienda “a” ha più occupati dell’azienda “b”. In pratica solo 4 valori

(l’area contornata ed evidenziata) su 12 sono considerati. Il procedimento è

rapido (fast) e semplice (frugal), visto che è molto veloce e non richiede

calcoli di alcun tipo. Supponiamo ora di dover ripetere il tutto per gli oggetti

“b” e “c”. Entrambi superano l’identificazione (due + sulla prima riga), al

primo predicato l’agente sa che l’azienda “b” non ha sottounità (-) ma non

sa nulla sulle eventuali sottounità dell’azienda “c” (dunque avremo un ?).

Bisogna allora procedere al secondo predicato, (ad esempio “l’azienda

investe sulla riqualificazione del personale/non investe sulla riqualificazione

del personale”). L’agente sa che l’azienda “b” soddisfa questo predicato

(avremo un +) e l’azienda “c” no (avremo un -). A questo punto il criterio è

discriminante, dunque ci si ferma. Lo spazio dei valori è di 6 (l’area

contornata) su 12. Se ad esempio uno dei due oggetti non supera il predicato

di riconoscimento (caso del confronto tra “c” e “d”) ci si ferma

immediatamente in favore dell’oggetto riconosciuto. Va da sé, infatti, che

l’agente non può operare su alcun predicato se non riconosce l’oggetto

(infatti la colonna sotto l’oggetto “c” è formata da soli ?). In questo senso il

riconoscimento o l’identificazione è una sorta di soglia d’entrata nella scala

dei predicati ed è discriminante solo nel caso in cui l’agente non identifichi

l’elemento in questione. Meno l’oggetto è specifico, maggiore è la

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Forme di razionalità limitata 35

possibilità di riconoscimento da parte dell’agente. La ricerca delle

alternative si svolge attraverso un confronto a due a due e quella del criterio

per via seriale sui predicati via via decrescenti. Per questo motivo il criterio

che alla fine discrimina è THE BEST rispetto agli altri. Il procedimento di

ricerca è, come appare del tutto evidente, limitato e soprattutto “non

compensatorio”, nel senso che nessun valore dei predicati successivi a

quello considerato migliore per identificare l’alternativa, può bilanciare il

valore del predicato discriminante. Questa situazione è esemplificata dai due

+ per i cues 2 e 3 relativamente all’oggetto “c”. Questi due valori non

possono in alcun modo influire sull’alternativa scelta poiché appartengono a

predicati non considerati. Appare del tutto evidente la distanza tra questo

approccio e quelli inferenziali basati su trasformazioni lineari nelle quali, di

contro, vengono considerati tutti gli attributi (nel nostro caso i cues da 1 a 5)

mediante pesi che rappresentano in percentuale, l’importanza data a quel

valore sull’attributo.

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36 Forme di razionalità limitata

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Forme di razionalità limitata 37

RECOGNITION

+ +

OTHER CUES

KNOWN? GUESS

- - + -

NO

YES

CHOOSE THE BEST CUE

+ - OR + ?

NO

CHOOSE THE ALTERNATIVES TO

WHICH THE CUE POINTS

START

Fig. 2 Flow-chart del Take the Best Algorithm (fonte: Gigerenzer e Goldstein, 1996)

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38 Forme di razionalità limitata

La ricerca (si veda la fig. 2) è sequenziale, semplice, frugale, basa la

propria regola d’arresto su un processo non compensatorio e per questo

motivo viene definita ONE REASON DECISION MAKING. Essa, inoltre,

viola il principio di utilizzo di tutte le informazioni disponibili, poiché

utilizza solo quelle che soddisfano l’individuazione del criterio BEST,

ottimale (“ottimale” rispetto al quadro cognitivo dell’agente). Questo

meccanismo del processo decisionale è governato da un’euristica di

identificazione che induce a rigettare un’alternativa sulla semplice base

dell’assenza di un predicato di riconoscimento. La terminologia utilizzata in

questi casi è IGNORANCE-BASED DECISION MAKING, che rappresenta,

generalmente, la prima fase di tutti le decisioni di tipo ONE REASON.

L’importanza di questa famiglia di euristiche, dunque, sembra risiedere

proprio nell’aspetto di “razionalità ecologica” sotteso al loro procedimento.

Ambiti diversi possono richiedere euristiche specifiche, senza che si corra il

rischio di dover fronteggiare una quantità ingovernabile di procedimenti. Al

riguardo l’analisi empirica ne ha testato la robustezza al cambiamento

ambientale e la capacità di generalizzazione (Todd, 2001). Il punto cruciale

del procedimento è proprio quello di identificazione dei predicati, ossia dei

criteri sui quali valutare le alternative. Ad alcune intuizioni dei primi lavori

della Scuola euristica, centrate sul valore dei predicati, secondo le quali

“The predictors are ordered according to their (perceived) validity, with

Predictor 1 at the top” (Gigerenzer, 1997), sono poi seguite altre

specificazioni in termini di validità ecologica, ossia la frequenza con la

quale i singoli cues predicono correttamente il criterio rispetto alla classe di

riferimento, o di valori discriminanti (Gigerenzer e Goldstein, 1999, p.85). Il

meccanismo che regola la scelta, dipende in ultima istanza dall’ordinamento

dei predicati (a valori binari o continui) e quest’ultimo a sua volta è il frutto

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Forme di razionalità limitata 39

di un rapporto statistico riferito alla probabilità sul combinato a due a due

rispetto ai casi considerati. La fase cruciale è in tutta evidenza quella

“ecologica”, di assetto dei predicati, e da un punto di vista cognitivo assume

un’importanza basilare, visto che l’agente sposta su di essa la regola

d’arresto nella ricerca. Se i principi evidenziati dalla letteratura adattiva

possono apparire fondati ai fini di un’analisi di accuratezza del giudizio

umano in condizioni d’incertezza e di limitatezza di tempo e risorse, essi

non sembrano gettare luce sull’aspetto dinamico della formulazione dei

predicati, soprattutto in rapporto alle informazioni che gli agenti manipolano

per giungere ad una rappresentazione efficace e coerente all’interno

dell’ambito decisionale. Ad esempio, poiché la scelta dell’alternativa

soddisfacente dipende dall’ordinamento dei predicati, sembra plausibile

pensare che se l’ordinamento dei predicati non riflette un’efficace o

adeguata rappresentazione dell’ambiente sulla scorta delle informazioni

disponibili, allora l’agente potrebbe promuovere alternative soddisfacenti

rispetto al criterio ma di fatto insufficienti rispetto ad altre. In ottica

simoniana, va ricordato come in realtà non esista un metodo ottimale (in

senso economico) per la STOPPING RULE, per fermare la ricerca, laddove

essa sia sequenziale e non consenta di fare alcuna inferenza sulle alternative

future. Nel TAKE THE BEST il meccanismo consente di agganciare la scelta

fra alternative ai predicati, ma ciò è possibile in quanto le alternative stesse

sono date. Il set delle alternative è di fatto disponibile, oppure risulta da

un’operazione di individuazione dell’agente, ma si tratta pur sempre di un

insieme “chiuso”.

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40 Forme di razionalità limitata

4. Estensione del modello di ricerca e prospettive per gli studi

empirici

La necessità di affrontare il tema della RL all’interno di una

rappresentazione più estesa del decision making, nasce per concepire un

processo di scelta centrato su aspetti che, nelle trattazione sul problem

solving, rivestono un ruolo secondario. Gran parte di questi impianti, pur

mutuando le intuizioni originarie sulla nozione di RL, sviluppano l’analisi

dei processi di ragionamento in contesti spesso non significativi per l’analisi

socio-organizzativa. Ciò avviene ricorrendo ad una “razionalità ecologica”

dipendente in linea di massima da una fase di ordinamento dei criteri. Il

rapporto di filiazione dal paradigma della rational choice fa sì che molti

aspetti di questo prospetto della presa di decisione, in termini diagnostici, di

acquisizione e di sfruttamento delle informazioni, di assunzione di rischio,

non siano parte integrante dell’analisi stessa. Sin dai lavori seminali sulla

teoria organizzativa dell’impresa di March e Simon, si è avvertita l’esigenza

di far confluire questi aspetti all’interno di un modello semplificato,

cognitivo, della situazione obiettiva (Simon, 1956). Quella che viene

riconosciuta come “definizione della situazione”, non è dunque una mera

sistematizzazione di dati, ma una fase procedurale nella quale l’agente fa

leva sul proprio sistema di credenze e sulla propria assunzione di ruolo

all’interno dell’organizzazione in cui opera. Lo sviluppo delle idee seminali

espresse dai lavori organizzativi di Simon, ha seguito molteplici direzioni,

da quelle volte a indagare l’influenza dell’incertezza strategica, a quelle del

conflitto (individuale, organizzativo, interorganizzativo), a quello dei climi

organizzativi, o ancora alla Governance (Grandori, 2000). Vi sono però

alcuni elementi basici dai quali si sviluppa un filone rivolto più a una

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Forme di razionalità limitata 41

formalizzazione del criterio di RL in termini di adattamento delle aspirazioni

come meccanismo della ricerca delle alternative. Due sono gli aspetti che è

importante evidenziare rispetto alla via indicata da Simon con i livelli di

aspirazione, ferma restando la loro funzione “termostatica” nel processo

decisionale. Da un lato, come accade negli studi di psicologia economica,

tale livello può essere formalizzato o indicizzato laddove gli agenti siano in

grado di stabilire una soglia numerica delle variabili obiettivo in questione

ed alzarla o abbassarla in relazione agli esiti (reali) raggiunti5. Dall’altro, il

livello di aspirazione può essere trattato come una sorta di equivalente

funzionale per il meccanismo del criterio di soddisfazione, soprattutto nelle

situazioni di scelte non iterabili, nelle quali la letteratura ha dato prova del

ricorso degli agenti a inferenze qualitative, infatti: “Quantitative information

is used to argue that some influences are important and others unimportant,

but only rarely are any arithmetic calculation made. I admit that this is an

impression that has not yet been substantiated by systematic empirical

research.” (Selten, 2001, p. 32). Questa prospettiva dei livelli di aspirazione

consente di concentrare l’attenzione sui fattori organizzativi e istituzionali

che intervengono nel loro aggiustamento dinamico rispetto ai quadri

cognitivi degli agenti, in modo da analizzarne la natura endogena rispetto

alla comparazione che nel tempo gli agenti effettuano con le prestazioni

attuate (March, 1994, tr. it. 1998, p.41). L’elaborazione del modello mostra

come la ricerca possa essere innescata in primis dai fallimenti, per cui se gli

esiti sono al di sotto dell’aspirazione del decisore allora la ricerca si

intensifica (principio termostatico), in questo senso la prestazione si adegua

alle aspirazioni. Se viceversa gli esiti superano le aspirazioni la ricerca si

5 Nell’appendice sono riportati, a titolo di esempio, i tratti principali dell’ASPIRATION

ADAPTATION THEORY.

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42 Forme di razionalità limitata

allenta a fronte della soddisfazione registrata, ed aumenta l’inerzia. La

ricerca è dunque un fenomeno più complesso dell’immagine che esce dagli

studi di ascendenza rational choice. Essa appare guidata sia dal successo sia

dall’insuccesso in condizioni di scelta iterate, e questo sembra essere in linea

con le indicazioni simoniane, tali per cui “Se l’esperienza supera il livello di

aspirazione, si registra soddisfazione; se il livello di aspirazione è più alto si

registra insoddisfazione” (Simon, 1981, tr. it. 1985, p.369). L’altro corno del

dilemma, come appare intuitivamente da questa impostazione, è quello della

modificazione dei livelli di aspirazione in relazione all’inerzia. Già nella

stesura della Teoria dell’organizzazione Simon evidenziava questo punto

sostenendo che se è vero che i successi portano alla soddisfazione e

all’inerzia, essi dovrebbero alzare quello che egli chiama “valore atteso della

ricompensa” e quindi i successivi livelli delle aspirazioni, innescando un

meccanismo di adattamento che consente di ampliare la ricerca. Più

banalmente: il decisore, di fronte agli insuccessi (iterazione della scelta) o

alla difficoltà di rappresentazione della situazione (ragionamento ipotetico)

o ad entrambe, reagisce abbassando i propri livelli di aspirazione e quindi si

accontenta delle alternative soddisfacenti, oppure reagisce dando impulso

alla ricerca? Questo aspetto critico si ricollega ad uno dei temi cardine

dell’analisi socio-organizzative, quello dell’innovazione. In tal senso parte

della letteratura ha evidenziato, rispetto agli studi classici, come la radice del

processo innovativo consista essenzialmente in un’impresa cognitiva che

combina sistemi d’azione e nuovi indirizzi nei repertori di conoscenza

(Ciborra e Lanzara, 1999, p.5).

Il meccanismo dei livelli di aspirazione e in generale della

soddisfazione, è dunque più articolato rispetto alla formulazione originaria

simoniana, che in linea di massima postulava un orizzonte di riferimento sul

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Forme di razionalità limitata 43

modello del tâtonnement, ossia che gli agenti proseguissero nella ricerca

sino a che non fosse stata trovata un’alternativa soddisfacente, mentre in

caso contrario essi adeguassero verso il basso i livelli di aspirazione (Simon,

1987a, tr. it. 2000b, p.34). L’introduzione di fattori quali l’inerzia e

l’assunzione di rischio nell’affinamento del processo decisionale possono

essere utili nella comprensione di questo delicato meccanismo e, soprattutto,

chiarire quali siano i fattori che influenzano la direzione scelta dagli agenti a

fronte di un mutamento negli esisti e nelle aspettative. È chiaro come il

dilemma delle aspirazioni adattive, ovvero se di fronte all’insuccesso

prevalga l’effetto di una loro riduzione o uno stimolo a rafforzare la ricerca,

sia di grande interesse per le scienze sociali. Se infatti negli studi rational

choice ‘puri’ non è primario il fenomeno del cambiamento delle preferenze,

trattate come date ed immodificabili, nell’elaborazione estensiva esse

possono adeguarsi agli esiti delle decisioni, sia intenzionali sia

inintenzionali. I lavori di Elster sulle preferenze adattive e controadattive

riflettono questa problematica. In via più diretta, come gli agenti adeguano

le proprie preferenze rispetto alla soddisfazione che deriva da successi o

insuccessi? Come si modifica la struttura delle preferenze in senso endogeno

rispetto ai livelli di aspirazione oltre che alle opportunità e quindi, in ultima

analisi rispetto ai corsi d’azione disponibili?

È proprio grazie a Elster che la ricerca sulla razionalità ha saputo

mettere in discussione l’indipendenza tra l’elemento soggettivo, ossia le

preferenze, (che nello schema elsteriano sono rappresentate dai “desideri”) e

quello oggettivo del vincolo di bilancio (le “opportunità”). Elster ribalta

questo principio fondante l’impianto micro neo-classico, ritenendolo una

semplificazione eccessiva ed argomentando come nella realtà empirica si

possano determinare dinamiche individuali e sociali che distorcono tale

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44 Forme di razionalità limitata

supposta indipendenza. Se infatti le preferenze sono adattive, quindi

risentono dell’influenza del contesto (Elster, 1983, tr. it. 1989, p.137 e segg.)

l’agente, in presenza di opportunità che non corrispondono in qualche modo

ai suoi desideri, ridimensiona quest’ultimi rispetto alle prime. In un contesto

delle preferenze controadattive, viceversa, l’agente ritiene di non poter

governare i propri desideri, per esempio a causa del noto meccanismo della

debolezza della volontà, e restringe l’ampiezza delle proprie opzioni di

scelta attraverso strategie di autoimpedimento (Elster, 1979, tr. it. 1983). Più

in generale, lo schema elsteriano è volto a far luce su quegli aspetti di

distorsione che collegano i desideri e le convinzioni attraverso un altro

consueto meccanismo, quello del wishful thinking, ossia quel fenomeno per

il quale gli individui sono portati da un lato a credere vero ciò che

desiderano (wishful thinking diretto) e, dall’altro, a cercare un numero di

prove sufficienti ad avvalorare una credenza che rispecchi i propri desideri

(wishful thinking indiretto).

L’aspetto della direzione presa dalla ricerca degli agenti in termini di

aspirazioni adattabili non gode di un’area di studi empirica privilegiata che

possa far luce sugli aspetti principali. Al riguardo, quella sperimentale

sembra la via in grado di tenere sotto controllo il più possibile le variabili

intervenienti e offrire alla ricerca sul campo ipotesi di lavoro già delineate,

soprattutto in riferimento alla necessità degli agenti di far fronte ad

alternative non predeterminate e a livelli di aspirazione non certi.

La proposta avanzata da March, all’interno di un modello “esteso” della

presa di decisione soddisfacente, è quella che vi siano due piani della

ricerca. Il meccanismo principale resta nell’ottica simoniana: a fronte di

prestazioni che si rivelino superiori alle aspirazioni (ossia agli obiettivi in

senso operativo), la ricerca si allenta, viceversa essa si rafforza. Questo

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Forme di razionalità limitata 45

aggiustamento però, può non essere prevalente rispetto ad un altro fattore,

quello della ricerca in condizioni di inerzia. L’inerzia, ossia il differenziale

tra esiti effettivi ed esiti possibili, interpretabile anche come l’equivalente

delle strategie non utilizzate dagli agenti, è un fattore che tende a crescere in

condizioni di successo. Può funzionare, se accumulata in periodi fruttuosi,

come camera di compensazione per situazioni avverse, ma l’altra faccia

della medaglia è che essa altererebbe le aspettative se gli agenti adeguano al

ribasso le prestazioni per non sopravanzare gli obiettivi. All’interno di

un’organizzazione, l’inerzia facilita il perseguimento da parte dei singoli di

obiettivi più a breve/medio raggio e sfasati rispetto a quelli organizzativi,

soprattutto a causa dell’allentarsi, provocato dall’inerzia stessa, dei sistemi

di coordinamento e regolativi. Ovviamente le due dimensioni della ricerca,

quella “base” (che aumenta in situazioni di insuccesso e diminuisce in quelle

di successo) e quella in condizioni d’inerzia (che ha l’andamento opposto)

non sono facilmente confrontabili. Per poter avere una visione più

complessiva del movimento della ricerca in condizioni di inerzia, fattore

peraltro difficilmente stimabile, sarebbe opportuno individuare il rapporto

tra quei caratteri che la teoria dell’inerzia organizzativa definisce “centrali”

e “periferici” (Kelly e Amburgey, 1991), e quelli ricollegabili alla

discrezionalità dell’agire nell’organizzazione stessa.

Il punto critico dell’indagine resta quello per cui la ricerca “base” può

essere indotta sia dai successi, sia dai fallimenti. Su quali siano i fattori che

possano spiegare l’adattamento dei livelli di aspirazione in rapporto allo

stimolo per la ricerca, March avanza l’ipotesi secondo la quale la ricerca

spinta dal successo, a differenza di quella indotta dall’insuccesso, determini

l’esplorazione di alternative con più elevato livello di rischio (March, 1994,

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46 Forme di razionalità limitata

tr. it. 1998, p.44). La soglia d’assunzione di rischio6 può alzarsi o abbassarsi

a seconda della capacità di stima da parte degli agenti e della loro

propensione. I fattori che interpretano la propensione al rischio sono

molteplici e, al di là di quelli riconducibili alla psicologia personale7, essi

possono trovare un’espressione adeguata rispetto all’obiettivo e quindi

all’aspirazione. Su questa direttrice è possibile individuare un andamento

quasi simmetrico della propensione al rischio rispetto al rapporto tra

prestazioni e aspirazioni, in casi di correlazione positiva tra rischio e ritorno

atteso. In breve, quando questo rapporto è inferiore all’unità (ossia le

aspirazioni superano le prestazioni) la propensione al rischio tende ad essere

moderata in condizioni stabili ed elevata in condizioni limite (forti

insuccessi). Quando le condizioni limite assumono carattere di

sopravvivenza la dinamica si fa più complessa e possono intervenire fattori

d’immobilismo.

In via speculare quando il rapporto è positivo (le prestazioni superano

le aspirazioni) la propensione al rischio appare moderata in condizioni

stabili ed elevata in condizioni di consistente successo, situazioni nelle quali

intuitivamente l’agente può contare su una sorta di copertura. Anche sul

meccanismo dell’assunzione di rischio va tenuto in considerazione il

feedback per il quale saranno poi i successivi livelli di tale assunzione ad

influenzare via via i risultati e quindi il conseguente rapporto con le

aspirazioni.

6 March si rifà al concetto di rischio rispetto ad un’alternativa, come grandezza

rappresentativa della variazione negli esiti possibili. In questo senso, come indicatore,si può ricorrere alla varianza della distribuzione probabilistica rispetto ai valoridell’esito. Tale misura sarà, al pari della media, ossia del valore atteso della medesimadistribuzione, argomento della funzione che interpreta la decisione rispetto al rischio.

7 In riferimento alla leadership legata alla propensione al rischio individuale si veda unostudio sperimentale proposto da van Knippenberg e altri (2000).

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Forme di razionalità limitata 47

Al di là di questi aspetti, appare chiaro come un ruolo predominante sia

svolto dalla regolazione effettuata dalla stessa organizzazione

sull’assunzione di rischio, ossia entro quali margini e su quali organi

decisionali il rischio sia tollerato o incentivato, sulla base della cultura

organizzativa e manageriale. Tale prospettiva, da sempre al centro di

numerosi filoni di studio teorici ed empirici sulle scelte strategiche, riporta

sul terreno culturale-istituzionale della scelta il processo decisionale, in

un’ottica di assunzione di rischio come “scelta” (March, 1994, tr. it. 1998,

p.54).

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48 Forme di razionalità limitata

5 Conclusioni

Il quadro teorico inaugurato dall’introduzione del criterio di RL offre

allo studio del decision making alcuni caratteri procedurali. Seppur in

tendenza razionali e guidati da un atteggiamento goal-oriented, gli agenti

non sono in grado di giungere ad una soluzione ottima “assoluta” a fronte

delle limitazioni imposte dall’ambiente e da quelle riconducibili alla

cognizione individuale. La strutturazione problematica che conduce alla

scelta è di tipo euristico ed adattivo in senso cognitivo. Ciò significa che gli

agenti stessi adeguano le proprie strategie all’ambito specifico

(organizzativo, istituzionale) attraverso una costruzione-rappresentazione

dotata di senso. Il concetto mutuato dagli studi di psicologia che sorregge

tale prospettiva è quello di belief system, ossia il sistema di credenze del

decisore.

Dai filoni brevemente esposti in questo paper, i quali si sono

maggiormente occupati di dare una forma al concetto di RL restando

nell’alveo delle intuizioni simoniane, possiamo trarre spunto per individuare

una traccia possibile:

-I lavori di March hanno ben evidenziato come un modello esteso del

processo decisionale costituisca di fatto un sistema, nel quale sia poco

significativo isolare singole variabili dal complesso. Per comprendere quello

che è definibile come “aggiustamento” delle aspirazioni, appare necessario

ricostruire la direzione e l’influenza esercitata dagli altri elementi basici

nella specificità dell’ambito di scelta. Al riguardo, se gli studi di psicologia

economica (quello di Selten ad esempio) offrono una rappresentazione

progressiva ed asimmetrica delle aspirazioni, allora uno dei punti cruciali è

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Forme di razionalità limitata 49

quello di esplorare le condizioni del task environment che possono in

qualche modo condizionare il diverso assetto verso l’alto e verso il basso del

meccanismo simoniano, soprattutto rispetto ad eventuali asimmetrie di altre

variabili.

-La varietà e la variabilità dei costi (computazionali, di regresso, logici,

di attenzione e così via) che intervengono nella presa di decisione, come dà

conto la letteratura esaminata, sono difficilmente riconducibili alla sintetica

misura di un indicatore o di un criterio generale di riferimento. Una via

operativa percorribile sembra quella di ancorare il costo allo spazio d’azione

possibile degli agenti.

-L’indagine complessiva, sia sul concetto di adattamento delle

aspirazioni rispetto alla fase di ricerca sia su quello di assunzione di rischio,

non può essere disgiunta dallo studio della rappresentazione cognitiva del

decisore, in modo da rendere esplicita l’attribuzione di significato sulla

quale l’agente fa leva per elaborare le informazioni e passare in rassegna le

alternative seguendo un percorso seriale. È il belief system del decisore, in

ultima istanza, a rappresentare l’unità analitica di riferimento principale,

poiché esso di fatto filtra la percezione di successo/insuccesso rispetto agli

esiti raggiunti, e quindi governa sia l’assunzione di rischio sia la fase

d’apprendimento. Il punto sul quale le discipline sociologiche tendono a

concentrarsi è quello di individuazione di quegli aspetti organizzativo-

istituzionali che risultano discriminanti nell’agevolare o nell’ostacolare una

determinata rappresentazione problematica da parte del decisore e quindi nel

definire di fatto il rapporto tra quadri culturali e quadri cognitivi individuali.

- Il punto cruciale di uno studio sulla ricerca di alternative, rispetto

all’andamento del meccanismo aspirazione/soddisfazione, come evidenziò

lo stesso Simon in uno dei suoi ultimi scritti (Simon, 2000a), è quello

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50 Forme di razionalità limitata

dell’origine dei corsi d’azione. Ogni analisi del processo decisionale a RL,

quindi, deve avere come punto di riferimento privilegiato la fase di

generazione delle alternative all’interno della rappresentazione dello spazio

del problema. È questo processo, al quale l’agente ricorre per definire i

propri “mondi possibili” all’interno dell’ambito di scelta, che orienta la

presa di decisione e la sua successiva valutazione in senso adattivo rispetto a

prestazione ed aspirazione.

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Forme di razionalità limitata 51

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Appendice: ASPIRATION ADAPTATION THEORY

Sono qui evidenziati, senza concepire una descrizione esaustiva di

questa teoria, alcuni aspetti che interessano la dinamica dei livelli espliciti di

aspirazione, ossia quei livelli di aspirazione che possono essere ancorati ad

un valore numerico sulla variabili obiettivo. Cercando di offrire

un’escursione più concettuale che formale ed attenendosi il più possibile alle

notazioni e agli esempi offerti dall’esposizione originale, si può evidenziare

come l’agente possa contare su un certo numero di variabili strumentali

X1,…,Xs (ad esempio prezzi, quantità, investimenti e così via). Un piano A è

una combinazione, un assetto, dei valori x1,…,xs assumibili da tali variabili,

mentre un’azione x’ è invece un cambiamento di piano, una regola per un

cambiamento di piano. Matematicamente A= (x1…xs) è un vettore, mentre

x’= A(x) una funzione che assegna un piano ad ogni valore di x. Le variabili

obiettivo sono G1,…,Gm e tra esse non c’è comparabilità e possibilità di

composizione tramite funzioni aggregate. L’ipotesi operativa è che le

aspirazioni sulle variabili obiettivo si adattino in via discreta su una scala L

(Aspiration Scale). Una “scala di aspirazione”, quindi, per una variabile

obiettivo, esprime una sequenza graduale di “valori di aspirazione” per ogni

valore della variabile obiettivo. Ad ogni variabile obiettivo è associabile una

“scala di aspirazione” di quattro tipi (a valori finiti, aperta verso l’alto,

aperta verso il basso, aperta verso l’alto e verso il basso). Se gli obiettivi

dell’agente sono ad esempio “m”, avremo “m” variabili obiettivo G1,…,Gm

ed “m” scale di aspirazione L1,…,Lm ad esse associate. A questo punto si

può definire “livello di aspirazione” il vettore a= (a1,…,am) dei valori

associati ad ogni scala di aspirazione, con aj che appartiene a Lj. Un generico

valore aj del vettore dei livelli di aspirazione rappresenta un livello di

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aspirazione parziale per la variabile obiettivo Gj corrispondente e a seconda

del tipo di scala (chiusa, aperta, e così via) esso potrà essere quello minimale

o massimo possibile. Una raffigurazione generica semplificata di un

processo di influenza qualitativo tra variabili, attraverso uno schema a

doppia entrata può essere di questo tipo, supponendo un caso di 2 variabili

obiettivo e 3 variabili strumentali:

G1 G2

------------------

A1 0 -

A2 + -

A3 0 +

------------------

Da un punto di vista algebrico lo schema è una matrice i cui elementi

rappresentano il segno dell’influenza tra le variabili strumentali A e le

variabili obiettivo G. Il generico bi,j rappresenta quindi la direzione

dell’influenza tra la variabile Ai e la variabile Gj (che può essere negativa,

nulla, o positiva). Questa semplice raffigurazione di influenza tra variabili è

quella che generalmente viene utilizzata per la mappatura dello spazio del

problema da parte degli agenti, soprattutto in termini causali qualitativi. Un

ulteriore strumento che serve a spiegare il meccanismo di adattamento dei

livelli di aspirazione è quello di ordine d’urgenza (urgency order), si tratta

di una funzione che assegna un grado di precedenza ad una variabile rispetto

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alle altre (con una permutazione). Essa, intuitivamente, dipende dai livelli di

aspirazione. Se per esempio l’indicatore dei profitti è basso, allora la

redditività (es. G1) otterrà la precedenza sulle quote di mercato (es. G2).

Dunque il massimo livello di aspirazione per tutte le variabili potrebbe non

essere quello ottimale date le condizioni della griglia di aspirazione. In più,

verso il basso, abbiamo una variabile di rientro (retreat variable) che indica

quale variabile obiettivo si assesta su un livello di aspirazione non-

minimale, ossia un livello di aspirazione di una scala aperta verso il basso.

Se infatti una scala di aspirazione è chiusa verso il basso, ha un valore

minimale, non è necessario imporre alcun adeguamento verso il basso dato

che quello è un valore sotto il quale non si può andare.

Brevemente, il succo di questo meccanismo è il seguente. L’agente

fissa una scala L di livelli di aspirazione rispetto alla variabile obiettivo G1

(ad es. redditività, intesa come profitto su quota capitale) in riferimento alle

combinazioni delle singole azioni. Ad esempio, con r=redditività, avremo Lr

= (K% / k>h), ossia tutte quelle percentuali K che superano un certo livello

h, quindi la scala è aperta superiormente. Questo valore dovrà essere poi

combinato con i valori delle scale delle altre variabili obiettivo. Se ad

esempio le altre variabili obiettivo sono tali per cui i propri indicatori sono

m per G2 (es. quote di mercato, ossia vendite sul totale del comparto delle

vendite del comparto industriale) ed e per G3 (es. frazione di capitale

posseduta, ossia capitale posseduto come frazione del capitale totale

dell’azienda), potremmo avere anzitutto un diagramma di influenza del tipo

(fonte: Selten, 1998):

A1 Nessuna variazione di piano 0 su r, 0 su m, 0 su e

A2 Diminuzione dei prezzi - su r, + su m, 0 su e

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A3 Aumento dei prezzi + su r, - su m, 0 su e

A4 Riduzione dei costi + su r, 0 su m, - su e

A5 Allargamento linea produttiva- su r, + su m, - su e

A6 Ridimensionamento l.p. + su r, - su m, + su e

Sulla base poi delle scale di aspirazione fissate (Lr, Lm, e Le), si

potrebbe identificare, rispetto alle combinazioni dei livelli di aspirazione,

rispettivamente quale sia l’ordine di urgenza fra le variabili obiettivo. Se ad

esempio la combinazione dei livelli di aspirazione iniziale è (r=6%, m=15%,

e=30%) ed il primo livello di aspirazione è r≤ 6%, m≤ 70%, e≤ 30%, allora

l’urgency order sarà r, e, m con m quale retreat variable, che funziona un

po’ come una sorta di campanello. Le regole di adattamento sono: una

downward rule, secondo la quale laddove non vi sia un livello di aspirazione

intermedio possibile, allora viene effettuato un passo d’aggiustamento verso

il basso sul livello di aspirazione parziale della retreat variable (come

avviene nell’esempio appena descritto); una upward rule, secondo la quale

se un livello di aspirazione intermedio è possibile, allora viene preso il passo

d’aggiustamento più urgente verso l’alto; una end rule, secondo la quale se

c’è un livello di aspirazione intermedio possibile ma nessun passo

d’aggiustamento possibile verso l’alto, allora quello viene tenuto come

livello di aspirazione (Selten, 2001, p.19).

Al di là dell’articolato impianto che muove i livelli di aspirazione, tutto

il complesso appare guidato comunque dal dispositivo dell’urgency order,

che regola il nuovo assetto dei livelli di aspirazione verso l’alto o verso il

basso, a seconda della precedenza locale assegnata alle variabili dopo aver

effettuato un confronto tra valori di alternative (variable values). Vi sono

alcuni caratteri dell’Aspiration Adaptation Theory che devono essere

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richiamati. Anzitutto l’esame dei livelli di aspirazione procede attraverso

preferenze locali su aggiustamenti progressivi, ma ciò avviene in via

asimmetrica, nel senso che è più agevole adattare verso il basso i livelli di

aspirazione e da qui proseguire, mentre è necessario ricorrere all’ordine di

urgenza per una selezione tra livelli di aspirazione possibili verso l’alto. Gli

altri punti che vanno in direzione dei caratteri della RL in senso classico

sono l’incomparabilità fra obiettivi e il ricorso ad aspettative qualitative di

influenza tra variabili. Un’estensione dei rilievi dell’Aspiration Adaptation

Theory si ricollega poi agli studi sull’assunzione di rischio rispetto alle

variabili obiettivo (risk-related goal variables).

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