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Università degli studi di Ferrara - Facoltà di Architettura Corso Integrato di “Disegno Automatico” A.A. 2002-2003 Modulo di “Sicurezza ed Affidabilità delle Costruzioni” Prof. Arch. Riccardo Cami MSC. Marc Mentat 2001 - Software di Calcolo agli Elementi Finiti Manuale d’uso a cura di Riccardo Cami

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Università degli studi di Ferrara - Facoltà di Architettura

Corso Integrato di “Disegno Automatico” A.A. 2002-2003Modulo di “Sicurezza ed Affi dabilità delle Costruzioni”

Prof. Arch. Riccardo Cami

MSC. Marc Mentat 2001 - Software di Calcolo agli Elementi Finiti

Manuale d’uso

a cura di Riccardo Cami

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Arch. Riccardo Cami MSC. Marc - Software di Calcolo agli Elementi Finiti - Manuale d’uso 2

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INTRODUZIONE

Il presente manuale è dedicato a studenti del quinto anno del corso di laurea in Architet-tura dell’Università degli studi di Ferrara, come supporto agli studi nell’ambito del Corso Integrato di Disegno Automatico, Modulo di Sicurezza ed Affi dabilità delle Costruzioni. Il corso si propone, fra i suoi vari obiettivi, di fare conoscere agli studenti le possibilità offerte dai metodi evoluti di calcolo strutturale con elaboratore elettronico. Di particolare interesse sarà lo studio delle possibilità di elaborazione di modelli grafi ci ottenuti con sistemi avanzati di rilevamento, quali il laser scanner 3D, l’uso del quale viene illustrato nell’ambito del corso stesso.L’integrazione del rilievo mediante scanner 3D e di metodi di calcolo strutturale al com-puter, apre nuove possibilità nel campo dell’architettura, sia per quanto riguarda la ricerca scientifi ca, che in funzione di verifi che strutturali di edifi ci e manufatti.Con i metodi che si illustreranno durante il corso integrato, si vedrà come sia ormai pos-sibile ottenere un modello tridimensionale ad altissimo livello di dettaglio, e utilizzare lo stesso come base per un’analisi del comportamento strutturale, il che permette di ricono-scere e valutare i meccanismi tenso-deformativi in atto. Ciò, oltre ad essere di estrema uti-lità nella redazione di un eventuale progetto di intervento o messa in sicurezza, costituisce un data base di informazioni in formato digitale su cui è registrato dettagliatamente lo stato di un manufatto in un determinato momento nel corso del tempo, in termini di morfologia, irregolarità dimensionali, presenza di distorsioni e lesioni, ovviamente molto più effi cace di un rilievo tradizionale e di una catalogazione fotografi ca. Tale data base può costituire, in particolare per manufatti di valore storico e artistico, non solo uno strumento per conser-varne la memoria storica, ma anche un sistema effi cace di monitoraggio delle condizioni del bene nel tempo.Il software di calcolo strutturale utilizzato nel presente corso è MSC MARC versione 2001, un programma che utilizza il Metodo degli Elementi Finiti e permette di operare ana-lisi lineari e non lineari, presentando grosse potenzialità, non solamente in ambito architet-tonico ma anche meccanico, gelogico, termico.Programmi di questo tipo sono già da tempo utilizzati in ambito ingegneristico civile ed edile per studiare il comportamento strutturale di edifi ci e l’effi cacia degli interventi pro-gettati su di essi, costituendo strumenti di analisi e verifi ca di enorme potenza e versatilità; l’interfacciamento con lo scanner 3D, ancora in fase di studio e perfezionamento, potrebbe portare un signifi cativo miglioramento in termini di precisione del modello di calcolo e di facilità di esecuzione dello stesso. Per l’architetto inteso come costruttore è un potente strumento di controllo e ricerca, di valutazione degli interventi sul costruito, di verifi ca del progetto del nuovo, di compren-sione di come le strutture riescono a sopportare i carichi e del perchè non crollano, dalla cattedrale al singolo elemento architettonico.

Il presente manuale, ben lungi dal voler essere una guida esaustiva alle possibilità d’uso di un programma vasto e complesso come MARC, ha il compito di riassumere l’utilizzo dei suoi comandi principali, e di essere uno strumento di supporto agli studenti nell’approccio al software, nell’ambito di un corso universitario che ha lo scopo di fornire, ai futuri archi-tetti, un assaggio delle possibilità offerte dal calcolo strutturale con l’ausilio dell’elabora-tore elettronico e dalle tecniche FEM (Finite Element Method).

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1- IL CALCOLO STRUTTURALE

1.1- Metodi per il calcolo delle strutture.

Un calcolo strutturale in campo elastico può essere condotto seguendo diverse procedure; possono essere utilizzati i procedimenti classici della Teoria dell’Elasticità, che trattano il problema per via analitica fornendo spesso soluzioni “in forma chiusa”. Tali procedimenti risultano però facilmente applicabili solamente nel caso di problemi semplici, mentre per problemi più complessi l’analisi può diventare estremamente onerosa.Oltre la soglia elastica è possibile utilizzare i cosiddetti “metodi agli Stati Limite” (analisi limite), il cui scopo è quello di individuare carico e meccanismo di collasso della struttura senza dover seguire l’intera evoluzione dello stato tensionale e deformativo durante la fase plastica.Esistono inoltre tecniche evolute di calcolo che vengono condotte mediante elaboratore elettronico. Fra queste il Metodo degli Elementi Finiti (FEM nella dizione inglese) occupa un posto di rilievo per versatilità e accuratezza; esso permette di risolvere i più disparati tipi di problemi, strutturali e non, in campo sia lineare che non lineare.Queste tecniche riducono il problema a un sistema di equazioni algebriche che, per quanto complesso ed esteso, può essere risolto con l’aiuto dell’elaboratore elettronico; possono essere risolti anche problemi notevolmente complessi per geometria e condizioni al con-torno, da casi monodimensionali a casi bi- e tridimensionali; in generale il complicarsi del problema comporta tutt’al più un aumento dei tempi, e la necessità di elaboratori di grande potenza.

1.2- Metodo delle forze, metodo degli spostamenti.

Come è noto dalla Scienza e dalla Tecnica delle Costruzioni, esistono diversi procedimenti di risoluzione in forma chiusa che, considerando il mezzo continuo, permettono di risalire punto per punto allo stato tensionale e deformativo di una struttura conoscendone geome-tria, condizioni al contorno e caratteristiche meccaniche del materiale costituente: i metodi più usati sono essenzialmente due, legati peraltro da una perfetta dualità: il metodo delle forze (o della congruenza), in cui le incognite sono forze (reazioni vincolari, caratteri-stiche della sollecitazione, forze nodali ecc.) e le equazioni risolventi sono equazioni di congruenza (tra le infi nite soluzioni equilibrate si ricerca l’unica anche congruente), e il metodo degli spostamenti (o dell’equilibrio), dove le incognite sono parametri di sposta-mento di punti assegnati della struttura e le equazioni risolventi sono equazioni di equili-brio (tra le infi nite soluzioni congruenti si ricerca l’unica anche equilibrata). Nella pratica applicativa e in generale nell’analisi di strutture altamente iperstati-che, l’approccio agli spostamenti gode di una posizione di grande privilegio rispetto al suo duale, in quanto consente un eccellente automatismo di applicazione e un notevole alleg-gerimento dell’onere computazionale. E’ noto che l’approccio al continuo, pur garantendo una formulazione matematica-mente rigorosa e meccanicamente corretta, si traduce in equazioni solitamente alle deri-vate parziali diffi cili da risolvere nel caso generale e limita quindi il campo d’indagine a geometrie standard e a comportamenti dei materiali generalmente di tipo elastico-lineare; tali soluzioni sono indubbiamente importanti ma non esaustive dei problemi di interesse ingegneristico.

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Il FEM, la cui formulazione più ricorrente è basata sul metodo degli spostamenti, unisce i vantaggi di un metodo discretizzante (che, riducendo il continuo a un numero fi nito - per quanto elevato - di punti e di elementi, riconduce il problema differenziale ad uno algebrico, decisamente più facile da risolvere) a quelli di un metodo interpolante (che con-sente di stimare grandezze statiche e cinematiche anche al di fuori dei punti considerati, mediante apposite funzioni interpolanti).

1.3- Il Metodo degli Elementi Finiti.

I fondamenti del Metodo degli Elementi Finiti sono riportati nei ben noti testi di settore [...], a cui il lettore è rimandato per approfondimenti. Qui si forniscono soltanto alcune generiche informazioni sul Metodo e sul modo in cui esso viene implementato in MARC.Il programma permette di defi nire una mesh, cioè di discretizzare il continuo materiale in elementi (detti appunto fi niti) piani o solidi defi niti dai nodi che li delimitano. Mediante funzioni interpolanti e la risoluzione di calcoli matriciali questo metodo permette di deter-minare lo stato tensionale e deformativo in ogni punto dell’edifi cio, assegnati i carichi agenti, le caratteristiche geometriche e meccaniche dei materiali e le loro leggi costitutive, le condizioni al contorno, le funzioni di carico, ecc. Uno dei problemi fondamentali di un calcolo agli elementi fi niti esteso a un intero edifi cio è, come facilmente intuibile, quello dell’enorme onere computazionale a cui vengono sot-toposti gli elaboratori, che vengono portati al limite delle loro possibilità.

L’idea di sostituire il continuo con una suddivisione astratta dello stesso sembra essere stata avanzata per la prima volta da E. Study nel 1903, anche se solo nel 1956 si ha una formulazione organica del metodo ad opera di Turner, Clough, Martin e Topp. Si espongono ora a grandi linee i fondamenti teorici e le implicazioni pratiche del metodo, servendosi della notazione matriciale che ha il pregio di unire la concisione alla chiarezza espressiva. La discretizzazione sopra accennata consiste nel suddividere la struttura, nella realtà continua, in un certo numero di porzioni di essa chiamate elementi fi niti secondo una maglia più o meno regolare che prende il nome di mesh (tale operazione è detta mesha-tura); i punti di incrocio di tale maglia sono i nodi degli elementi.

Con riferimento al singolo elemento fi nito, si assumono come incognite del pro-blema le componenti di spostamento nodale {s}, in luogo del campo di spostamento {h} defi nito sull’elemento; noto {s} è possibile risalire a {η} tramite opportune funzioni suf-fi cientemente regolari dette funzioni di forma, che consentono di ottenere componenti di spostamento nodale in un generico punto dell’elemento per interpolazione dei corrispon-denti valori nodali:

{η} = [N]{s}

dove [N] è la matrice delle funzioni di forma associate a ciascuna tipologia di elemento fi nito, solitamente di tipo polinomiale. I modelli di spostamento espressi dalle funzioni di forma rifl ettono tanto più il reale comportamento deformativo dell’elemento quanto più la mesh risulta fi tta (e quindi gli elementi piccoli) e quanto più elevato è il grado dei polinomi approssimanti; tuttavia queste esigenze devono nella pratica trovare un compromesso con i problemi legati alla gestione di un’enorme mole di informazioni.

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Sempre tramite gli spostamenti nodali {s} è possibile risalire poi al campo defor-mativo {e} tramite la relazione:

{ε} = [C]{s}

in cui compare la matrice di congruenza delle deformazioni [C] contenente le derivate par-ziali delle funzioni di forma.

Infi ne si perviene al campo tensionale {σ} tramite il noto legame costitutivo:

{σ} = [H]{ε} = [H][C]{s}

essendo [H] la matrice Hessiana della densità di potenziale elastico. L’equazione risolvente è, come già visto nel metodo degli spostamenti, un’equa-zione di equilibrio in cui la incognite sono gli spostamenti nodali {s} e i termini noti sono le forze nodali {f} e {p} equivalenti rispettivamente alle forze di volume {f} e di superfi cie {p} defi nite sul dominio e sulla frontiera dell’elemento:

{f} + {p} = [K]{s}

dove [K], matrice di rigidezza dell’elemento, è defi nita nella forma:

[K] = ∫ V [C]*[H][C] dV

ed {f} e {p} sono defi niti dalle relazioni:

{f} = ∫ V [N]*{f}dV{p} = ∫ S [N]*{p}dS

L’equazione di equilibrio risolvente è conseguenza diretta del noto Principio dei lavori virtuali esprimente l’equivalenza fra lavoro virtuale esterno, compiuto da forze reali di volume e di superfi cie per corrispondenti spostamenti nodali virtuali, e lavoro virtuale interno, compiuto da tensioni interne reali per corrispondenti deformazioni virtuali:

∫V {sδ}* [N]*{f }dV + ∫S {sδ}* [N]*{p}dS = ∫V {εδ}* {σ}dV

dove il pedice d indica la virtualità di spostamenti e deformazioni e l’asterisco indica la necessaria trasposizione che rende possibile l’operazione di prodotto fra vettori; per le uguaglianze viste sopra si può sviluppare infatti:

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∫V {sδ}* [N]*{f }dV + ∫S {sδ}* [N]*{p}dS = ∫V {sδ}*[C]* [H][C]{s}dV

da cui, elidendo {sδ}* in ambo i membri e portando fuori dall’integrale a secondo membro il vettore costante {s}:

∫V [N]*{f }dV + ∫S [N]*{p}dS = ∫V [C]* [H][C] dV {s}

ovvero:

{f} + {p} = [K]{s}

In realtà il problema non sarebbe risolvibile limitando le considerazioni al singolo elemento: in effetti, se le forze di volume {f} sono note (si consideri ad esempio la forza peso), le forze di superfi cie {p} risultano a priori incognite poiché rappresentano le azioni che si scambiano gli elementi fi niti alle reciproche frontiere. L’apparente insolubilità si scioglie però al momento dell’assemblaggio delle equazioni di equilibrio di tutti gli ele-menti fi niti in cui è suddiviso il continuo: si elidono infatti tutte le forze di superfi cie (essendo uguali e contrarie elemento per elemento) tranne quelle relative alla frontiera esterna che sono i carichi applicati. Perché sia possibile compiere l’assemblaggio, occorre però trasferire i dati relativi al singolo elemento dal riferimento locale ad uno globale: questo è possibile trasformando i vettori con la matrice di rotazione R contenente i coseni direttori degli angoli che il rife-rimento locale forma con quello globale:

{s’} = [R]{s}{f’} = [R]{f}{p’} = [R]{p}

pertanto il sistema fi nale diventa:

{f’} + {p’} = [K’]{s’}

[K’] è la matrice di rigidezza globale ottenuta sommando, nodo per nodo, tutti i contributi derivanti dagli elementi concorrenti in quel nodo e ricavata dalla matrice di rigidezza nel riferimento locale tramite la nota proprietà tensoriale:

[K’] = [R]*[K][R]

Per completare il quadro occorre precisare che, di fatto, non tutti gli spostamenti nodali sono incogniti: i nodi di frontiera vincolati hanno infatti spostamenti nulli o tutt’al più cedimenti assegnati; parimenti non tutte le forze nodali sono dati noti: le reazioni vin-colari diventano infatti termini incogniti. Già le operazioni di trasformazione e di assemblaggio sono interamente gestite dal calcolatore in forma automatica. Ad assemblaggio effettuato le equazioni risolventi si pre-sentano, nel caso elastico lineare, nella forma in cui la matrice [K’] è simmetrica e defi nita

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positiva; la soluzione numerica non presenta particolari diffi coltà se non per il numero di incognite spesso elevato. Accorgimenti specifi ci che sfruttano proprietà della matrice di rigidezza e di cui non si entra qui in merito, consentono peraltro di risolvere effi ciente-mente sistemi di dimensioni anche molto grandi. Pertanto, da un punto di vista prettamente operativo, il metodo consiste nella ridu-zione del continuo ad un numero fi nito di suoi punti (nodi) disposti nello spazio secondo un assegnato reticolo (mesh); in tali punti vengono “condensate” tutte le proprietà geometri-che e materiche del restante continuo e le condizioni al contorno in termini di forze e vin-coli (per integrazione nel dominio di volume delle rigidezze dei singoli elementi): è questa un prima approssimazione. Di tali nodi si calcolano gli spostamenti s tramite il sistema risolvente delle equazioni di equilibrio; dagli spostamenti nodali è possibile poi risalire allo stato deformativo ε e tensionale σ. In un secondo momento vengono estesi i risultati nodali ai restanti punti del continuo tramite opportune funzioni interpolanti (funzioni di forma).

Il FEM è quindi indissolubilmente legato alla disponibilità dei nuovi potenti mezzi di calcolo: più che su di un rinnovamento dei fondamenti meccanici del problema struttu-rale, esso si basa su di una loro riorganizzazione sistematica e automatica; ne è risultato un procedimento estremamente potente e versatile, che in linea di principio consente la solu-zione di qualunque problema (non solo strutturale), lineare e non lineare, e che permette di affi dare per intero alla macchina non solo la risoluzione ma anche la generazione del sistema di equazioni.

Occorre precisare che il FEM è per sua natura approssimato ed è quindi importante stimare l’errore connesso con la soluzione: è questa l’importante questione della conver-genza su cui si sono studiati e si stanno elaborando diversi procedimenti atti ad ottimizzare i calcoli e a potenziare i risultati; il problema fondamentale nella convergenza rimane tut-tavia il delicato compromesso già accennato tra numero degli elementi e grado polinomiale delle funzioni di forma. La quasi completa automatizzazione del calcolo potrebbe far sorgere qualche dubbio sulla validità del metodo e sulla attendibilità dei risultati: in realtà la competenza e l’abilità dell’operatore giocano un ruolo indispensabile nella fase di immissione dati, ovvero nella scelta della mesh più opportuna (da infi ttire dove si prevedano concentrazioni di sforzi o forti gradienti di tensione) e del tipo di elemento più adatto, nonché nella sche-matizzazione del comportamento reale del materiale.

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2- APPROCCIO A MSC MARC

2.1- Architettura del programma.MSC MARC è un software per il calcolo con Metodo degli Elementi Finiti sviluppato dalla Analysis Research Corporation, società con sede a Palo Alto in California ed uffi ci in tutto il mondo.Il programma si compone principalmente di tre parti:

a - Preprocessore- È l’insieme delle funzioni che gestiscono l’inserimento dei dati, dalla geometria alla mesh, dalle condizioni al contorno ai casi di carico, ecc.b - Processore- È la parte di programma che gestisce il calcolo vero e proprio, l’assem- blaggio delle matrici, la risoluzione dei sistemi di equazioni, l’interpolazione dei risultati per mezzo delle funzioni di forma.c - Postprocessore- E’ l’insieme di funzioni attraverso cui l’utente gestisce il fi le di output del calcolo, scegliendo i parametri di visualizzazione dei risultati dell’analisi.

Questi tre insiemi di funzioni vengono gestiti in MARC attraverso l’interfaccia grafi ca Mentat, che permette di controllare tutti i dati relativi al problema in modo relativamente agevole e semplifi ca tutte le operazioni di input, calcolo e output, dalla modellazione alla visualizzazione dei risultati.L’interfaccia, pur essendo molto articolata, semplifi ca notevolmente l’utilizzo del pro-gramma, basti pensare che fi no a poco tempo fa (e tuttora in alcuni casi) in programmi di questo tipo tutti i dati dovevano essere inseriti manualmente da tastiera come stringhe alfa-numeriche, mentre ora MARC è pressoché interamente gestito tramite comandi a pulsante, che organizzano ogni operazione in menu principali e secondari e fi nestre di input dati.

Fig. 1 - Schermata iniziale del programma.

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2.2- Le 5 aree dello schermo.

La fi nestra che si offre all’utente all’avvio del programma si può suddividere in cinque aree corrispondenti a diversi raggruppamenti funzionali:1 - l’area maggiore, di default a sfondo nero, al centro della fi nestra, è l’area grafi ca (graphic area), dove vengono visualizzati i modelli e le geometrie defi nite;2 - a sinistra della fi nestra è presente un frame di forma rettangolare alta (menus), che nella parte superiore contiene i pulsanti dei menu, attraverso i quali si gestiscono le varie operazioni di defi nizione della geometria e della mesh dell’oggetto, di input dati e di visualizzazione dei risultati;3 - sempre a sinistra della fi nestra, nella parte bassa del frame sopra menzionato, sono posizionati tutti i comandi relativi alle funzioni di selezione (select), utilizzati per modifi care gli oggetti o per assegnare loro le caratteristiche necessarie;4 - al di sotto dell’area grafi ca centrale c’è un altro frame rettangolare basso (universal/ draw), contenente i bottoni necessari alla gestione dei fi les e alle funzioni di visua- lizzazione del disegno (zoom, rotazione, traslazione, ecc.);5 - nella parte più bassa della fi nestra, c’è infi ne l’area di dialogo (dialogue area), attra- verso la quale possono essere inseriti da tastiera i dati numerici necessari (coordi nate spaziali, intensità di carichi, spostamenti, parametri di defi nizione dei materiali, ecc.) e vengono visualizzate tutte le operazioni compiute dal pro- gramma.

Fig. 2 - Aree dello schermo.

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2.3- Uso del mouse.

In MARC (versione per sistema operativo Windows 2000, NT, XP) il mouse viene gene-ralmente utilizzato nel modo seguente:

Pulsante sinistro (ML)- Selezione singola Box Polilinea (tenendo premuto il tasto CTRL)

Pulsante destro (MR)- Menu precedente (se cliccato in un sottomenu) Fine della lista (nella selezione di elementi)

Entrambi i Pulsanti (ML+MR)- Aiuto (oppure F1) Annulla l’ultima selezione effettuata

N.B.: Premendo il tasto ALT nella tastiera, il mouse può essere utilizzato per le principali funzioni di visualizzazione del disegno nell’area grafi ca in questo modo:

ALT+(ML) trasla vista (pan view) ALT+ (MR) zoom in/out ALT+ (ML+MR) ruota vista

Le stesse operazioni di visualizzazione possono essere compiute selezionando il pulsante DYN.MODEL nell’area 4 - universal/draw, e muovendo il mouse con lo stesso uso dei tasti indicato sopra. Se il pulsante DYN.MODEL è attivo (un quadratino giallo appare a sinistra del pulsante), non si possono operare selezioni; per selezionare degli oggetti nell’area grafi ca è necessa-rio disinserire il comando, cliccando il bottone relativo o premendo ALT.

2.4- Operatività dei comandi.

Per applicare qualsiasi operazione ad una serie di oggetti presenti nel modello (assegnare determinate caratteristiche, compiere delle modifi che, ecc.), è necessario defi nire fi sica-mente su quali oggetti i comandi devono operare; i pulsanti presenti nell’area delle funzioni di selezione servono appunto a questo scopo.I comandi possono operare su:

ALL Existing Selected Unselected Visibile Invisible

È altrimenti possibile specifi care gli oggetti su cui devono agire le operazioni desiderate attraverso la tastiera (specifi candone il numero di identifi cazione), o selezionandoli con il mouse.

Fig. 3 - Area di applicazione dei comandi.

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2.5- I comandi dell’area “universal/draw”.

Come precedentemente specifi cato, come area “universal/drav” viene defi nito quel frame rettangolare basso che si trova immediatamente di sotto dell’area principale di visualizza-zione del modello.In questo frame è racchiusa una serie di pulsanti attraverso i quali si gestiscono;- le operazioni relative alla gestione dei fi les (FILES);- le impostazioni di visualizzazione del modello (PLOT);- la gestione delle viste (VIEW);- una serie di comandi di utilità (UTILS);- dei comandi “scorciatoia” (SHORTCUTS);- la guida in linea (HELP).Oltre a questi pulsanti, ognuno dei quali conduce a un menu secondario, in quest’area trovano spazio alcuni bottoni che permettono di: annullare l’ultima operazione (UNDO), salvare il modello (SAVE), riportare la vista alle impostazioni di visualizzazione di default (RESET VIEW), traslare e ruotare la vista secondo i tre assi del sistema di coordinate di riferimento xyz (TX+, TY+, TZ+, RX+, RY+, RZ+), defi nire una fi nestra di ingrandimento (ZOOM BOX), variare la scala di visualizzazione del modello (IN, OUT).

2.5.1- FILESIn questo menu sono contenuti I comandi di gestione dei fi le, dalla creazione di un nuovo modello (NEW), all’apertura di un fi le esistente (OPEN), al salvataggio (SAVE), al salvataggio con nome (SAVE AS). Attraverso il comando IMPORT è possibile inoltre importare nel fi le di MARC fi les esterni da programmi di disegno, per esempio fi les acis, dxf, dwg, iges, ecc.; questo comando può rivelarsi di grande utilità nel caso in cui si voglia importare una geo-metria costituita con un altro software di disegno ed utilizzarla come base per la generazione di un modello di calcolo agli elementi fi niti.Infi ne il comando EXPORT permette di generare fi les di tipo acis, dxf, fi dap, iges, nastran, stl, vdafs, vrml.

2.5.2- PLOTIl menu contiene la lista degli elementi che possono essere visualizzati o nascosti dalla vista selezionando il relativo pulsante nella colonna a sinistra, denominata DRAW; selezionando o deselezionando il corrispondente pulsante della colonna di destra, denominata LABEL, si visualizza o nasconde il testo identifi cativo che appare a fi anco dell’oggetto; ad ogni elemento esistente nel modello infatti, sia esso un’entità geometrica (punti, linee, superfi ci, solidi), o un’entità costitutiva di un ele-mento fi nito (nodi, bordi, facce, elementi), il programma associa un numero identi-fi cativo, necessario per la generazione del fi le di input del calcolo.Sotto alle due colonne DRAW e LABEL, sono posti i pulsanti attraverso i quali si defi nisce la visualizzazione SOLID o WIREFRAME di elementi o superfi ci.Dopo che si è operata qualsiasi selezione o deselezione, è necessario utilizzare il comando REGEN per rendere effettivamente visibile la nuova visualizzazione.

Fig. 4 - L’area “universal/draw”.

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2.5.3- VIEWIn questo menu sono presenti I comandi per la gestione delle viste. Possono essere attivate e visualizzate fi no a quattro viste contemporaneamente, può essere attivata la visualizzazione assonometrica (ORTHOGRAPHIC) o prospettica (PERSPEC-TIVE), ci sono i comandi per lo zoom.E’ possibile inoltre salvare delle viste e caricare viste salvate in precedenza (SAVE VIEV, LOAD VIEW) e impostare la vista inserendo i dati relativi a punto di vista, target, dimensioni del piano di vista, ingrandimento, piani di clipping.

2.5.4- DYN. MODELSelezionando questo comando (quando la funzione è attiva il quadratino a sinistra del bottone è illuminato) si può utilizzare il mouse per effettuare rapidamente le principali operazioni di visualizzazione:

- muovendo il mouse tenendo premuto il tasto sinistro (ML), si trasla il modello nella vista;- muovendo il mouse tenendo premuto il tasto destro (MR), si ingrandisce/ rimpicciolisce (zoom) il modello nella vista;- muovendo il mouse tenendo premuti contemporaneamente i tasti sinistro e destro (ML), si ruota il modello nella vista.

N.B.: Anziché selezionare il pulsante DYN. MODEL, come spiegato nel paragrafo 2.3, si ottengono i medesimi effetti sulla vista tenendo premuto il tasto ALT e muovendo il mouse come descritto sopra.

2.5.5- UTILSNel menu UTILS si trovano alcune funzionalità che possono rivelarsi, ovviamente, di grande utilità, per esempio:

SNAPSHOT- è un comando che permette di generare delle immagini raster dell’area di disegno e salvarle nei formati più utilizzati. E’ suffi ciente selezio- nare SNAPSHOT, ciccare sulla vista da fotografare in corrispondenza dell’estensione che si desidera ottenere nella generazione dell’immagine, e indicare nome del fi le e cartella di destinazione. E’ possibile scegliere, nei pulsanti numerati nominati PREDEFINED COLORMAPS/ CON- TOURMAPS, fra otto combinazioni di colori predefi nite quella che si con sidera più adatta alla visualizzazione del modello. Per il formato JPEG è possibile settare la risoluzione dell’immagine.

ANIMATION- con questa funzione è possibile generare, per salvataggio di successioni di immagini, dei fi lmati in formato avi. E’ una funzione utile nel caso in cui si compiano analisi strutturali con applicazione di condizioni al contorno per steps secondo funzioni temporali, per cui i risul- tati è opportuno che vengano visualizzati come sequenze di immagini.

Il procedimento per la creazione di un’animazione e di un fi lmato è il seguente:1- aprire il fi le del modello di cui si vogliono visualizzare i risultati;2- impostare la vista desiderata attraverso i comandi di zoom e di rotazione vista;

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3- selezionare UTILS/ANIMATION/INCREMENTS ed inserire nel prompt dell’area di dialogo il numero di fotogrammi da salvare (enter number of increments to save) e, dopo avere premuto INVIO, il numero di steps di cui ogni incremento deve essere composto (enter increment step size); alla pressione del tasto INVIO, il programma inizia a generare la sequenza di immagini. Per esempio: in un’analisi strutturale compiuta con applicazione dei carichi in 30 steps successivi, è possibile salvare 15 incrementi (enter number of increments to save:15) uno ogni 2 steps di carico (enter increment step size:2);4- premendo i pulsanti del sottomenu PLAY è possibile visualizzare l’ani-mazione, interrompere la visualizzazione, visualizzarla al contrario (dall’ultimo al primo incremento), ripetere la sequenza di continuo.

N.B.: Il programma non chiede in quale cartella devono essere salvate le sequenze di immagini, per cui è possibile che in seguito alla loro generazione si sia costretti a cercarle nel disco rigido. Solitamente le sequenze vengono salvate o in una delle cartelle principali del programma o nella partizione principale del disco rigido, e vengono chiamate con il nome “animation” seguito dal numero identifi cativo del-l’incremento salvato. Per ogni incremento vengono salvati due fi les “animation”, uno senza estensione, uno con estensione .rgb, per cui se l’animazione è composta da 30 fotogrammi il programma genera 60 fi les.

5- Una volta creata l’animazione è possibile creare un fi lmato (MOVIE) utiliz-zando la sequenza di comandi MAKE MOVIE/PLAY MOVIE; MARC aprirà auto-maticamente la fi nestra di “Marc Movie”, il software che crea e visualizza i fi lmati. Una volta terminato il processo di creazione è possibile da quest’ultima fi nestra visualizzare il fi lmato e salvare il movie in formato AVI, che può essere visualizzato per mezzo dei più comuni software media player.

DISTANCE- Misura la distanza fra due coordinate nello spazio.

CALCULATE- Funzione di calcolatrice.

SIZES- Cliccando su questo pulsante si accede ad una tabella a tre colonne contenente la lista degli elementi principali che possono essere presenti in un modello (nodi, elementi, punti, curve, superfi ci, materiali, boundary conditions, links, loadcases, ecc.), e per ogni voce il numero e il “peso” nel modello corrente.

LENGHT, AREA & VOLUME DIRECT CALCS- A questo comando, che serve a determinare automaticamente lunghezza, volume, area degli elementi selezionati, si accede ciccando sul pulsante MORE del menu UTILS.

2.5.6- SHORTCUTSCliccando su questo bottone dell’area “universal/draw” si accede ad un menu secon-dario che racchiude i principali comandi di gestione delle viste, visualizzazione ed identifi cazione degli elementi del modello.

2.5.7- HELPComando di accesso alla guida in linea del programma.

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a - PREPROCESSING

3- MESH GENERATION - Creazione del modello di calcolo

Nel menu MESH GENERATION sono contenute le funzioni necessarie alla costituzione del modello; in esso sono presenti i comandi per il disegno e la modifi ca di oggetti geo-metrici o elementi fi niti, per la conversione di curve, superfi ci e solidi in un reticolo di elementi fi niti (=mesh), e per il controllo completo del processo di discretizzazione del continuo.La maggior parte dei pulsanti visualizzati in questo menu contengono a loro volta ulteriori sottomenu.

N.B.: Nel momento in cui si inserisce la geometria del modello è necessario fare atten-zione alle unità di misura che si utilizzano, in quanto altri dati da inserire in seguito dipen-dono da esse (ad esempio la densità di massa, i carichi espressi per unità di lunghezza o superfi cie, ecc.)Per esempio se nella costituzione del modello come unità di base si considerano i metri, la massa specifi ca andrà in seguito inserita come Kg/mc (ad esempio 1800 Kg/mc per un terreno),mentre un carico distribuito potrà essere Kg/m o Kg/mq; se invece si è considerata come unità base il centimetro, bisognerà inserire lo stesso valore come Kg/cmc nel caso della massa (0.0018 Kg/cmc per lo stesso terreno), e come Kg/cm o Kg/cmq nel caso di un carico distribuito.

3.1- Aggiungere/rimuovere/modifi care nodi, elementi, punti, curve, superfi ci, solidi.

Fig. 5 - Finestra “MESH GENERATION”.

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In Marc possono essere utilizzate una serie di funzioni simili a quelle di un programma ele-mentare di CAD. Attraverso i pulsanti in alto a sinistra nel sottomenu “mesh generation” si possono aggiungere, rimuovere, modifi care vari elementi nell’area di disegno.“NODES” (nodi) ed “ELEMENTS” (elementi) defi niscono la vera e propria mesh di elementi fi niti, mentre “PTS” (punti), “CRVS” (curve), “SRFS” (superfi ci), “SOLIDS” (solidi), sono elementi puramente geometrici.La differenza fra queste due classi di oggetti inseribili è la stessa che sussiste fra la geome-tria dell’oggetto e la sua discretizzazione in elementi fi niti: punti, curve, superfi ci e solidi possono defi nire della geometria degli oggetti da analizzare, ma vanno convertiti in ele-menti fi niti prima di procedere con l’assegnazione delle varie caratteristiche meccaniche e geometriche e con il calcolo vero e proprio.Per aggiungere al disegno uno qualsiasi di questi oggetti, è necessario semplicemente clic-care su “ADD” a destra dell’oggetto che si intende inserire, e procedere alla defi nizione delle coordinate del/dei punti che lo delimitano; le coordinate possono essere inserite attra-verso la tastiera o direttamente sullo schermo, nell’area del disegno, utilizzando come sup-porto una griglia di riferimento (di seguito è indicato come renderla visibile e utilizzarla) o punti di disegni esistenti (eventualmente importati da altri fi les di disegno).

Per aggiungere quattro nodi a formare un quadrato di lato 10 unità:Mesh Generation/ Add (nodes)/ (digitare le coordinate xyz separate da uno spazio) 0 0 0/INVIO/10 0 0/INVIO/0 10 0/INVIO/10 10 0

N.B.: Digitando le coordinate dei punti può capitare che un punto risulti al di fuori del-l’area visibile del disegno, nel qual caso è possibile, ciccando sul pulsante FILL in basso nell’area universal/draw, includere tutto il disegno nell’area di visualizzazione.

3.2- Classi di elementi (ELEMENT CLASS).

Il modello di calcolo come già detto consiste nella discretizzazione di un continuo geome-trico, sia esso un elemento lineare, una superfi cie o un solido, in elementi fi niti.Ogni elemento fi nito è un oggetto delimitato da nodi (NODES), bordi (EDGES) e superfi ci (FACES), a seconda che esso sia mono- bi- o tridimensionale:

- Elementi fi niti monodimensionali si presentano come linee sottese fra due nodi (LINE 2); possono presentare anche nodi intermedi (LINE 3), utili ad affi nare la precisione dell’analisi (in quanto solo in corrispondenza dei nodi possono essere visualizzati i risultati del calcolo).

- Elementi fi niti bidimensionali sono superfi ci di forma triangolare o quadrilatera più o meno regolare; anche in questo caso è possibile scegliere fra elementi defi niti solo dai nodi posti ai vertici del poligono (TRIA 3, QUAD 4), ed elementi che presentano nodi intermedi sui lati, (TRIA 6, QUAD 8, QUAD 9).

- Elementi fi niti tridimensionali sono oggetti a geometria solida; possono essere tetraedri (TETRA 4, TETRA 10), pentaedri (PENTA 6, PENTA 15), o esaedri (HEX 8, HEX 12, HEX 20, HEX 27).

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In MARC sono inoltre disponibili molti tipi di elementi per ognuna delle classi sopra indi-cate, a seconda delle proprietà geometriche, dei gradi di libertà dei nodi, dei carichi che vi si possono applicare e dei risultati che è possibile ottenere.

In generale, nelle analisi condotte in campo architettonico, gli elementi di base che è neces-sario conoscere sono tre: uno lineare, uno bidimensionale ed uno solido. Di seguito si riportano le caratteristiche relative a questi tre elementi.

3.2.1- ELEMENTO 52: TRAVE ELASTICA RETTILINEA (LINE 2)

proprietà geometriche:- area A della sezione trasversale (costante o variabile)- momenti d’inerzia Ixx e Iyy della sezione trasversale (costanti o variabili)

gradi di libertà per ogni nodo:- spostamento secondo x’- spostamento secondo y’- spostamento secondo z’- rotazione secondo x’- rotazione secondo y’ - rotazione secondo z’per un totale di 12 gradi di libertà dell’elemento;

carichi:- forze e momenti concentrati nei nodi, con qualsiasi direzione- carichi distribuiti per unità di lunghezza lungo l’asse, uniformi e non, con qualsiasi direzione

Fig. 6 - Abaco degli elementi fi niti.

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risultati:- deformazioni assiali εz- curvature χxx e χyy- angolo di torsione χzz- sforzo assiale N- momenti fl ettenti Mx e My- momento torcente Mz

3.2.2- ELEMENTO 75: GUSCIO SPESSO PIANO (QUAD 4)

proprietà geometriche:- spessore t (costante o variabile);

gradi di libertà per ogni nodo:- spostamento secondo x’- spostamento secondo y’- spostamento secondo z’- rotazione secondo x’- rotazione secondo y’- rotazione secondo z’per un totale di 24 gradi di libertà dell’elemento;

carichi:- forze e momenti concentrati nei nodi, con qualsiasi direzione- carichi distribuiti per unità di lunghezza lungo i lati, uniformi e non, con qualsiasi direzione- carichi distribuiti per unità di superfi cie, uniformi e non, con qualsiasi direzione

risultati:- deformazioni ε11 ε22 ε33- curvature χ11 χ22 χ33- scorrimenti angolari γ23 γ31- tensioni normali σ11 σ22 σ12 σ23 σ31

3.2.3- ELEMENTO 7: PARALLELEPIPEDO TRIDIMENSIONALE (HEX 8)

proprietà geometriche:se l’elemento è generato per espansione di un elemento 75 piano: spessore di tran-sizione

gradi di libertà per ogni nodo:- spostamento secondo x’- spostamento secondo y’- spostamento secondo z’per un totale di 12 gradi di libertà dell’elemento

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carichi:- forze e momenti concentrati nei nodi, con qualsiasi direzione- carichi distribuiti per unità di superfi cie, uniformi e non, con qualsiasi direzione- carichi distribuiti per unità di volume, uniformi e non, con qualsiasi direzione

risultati:- deformazioni εxx εyy εzz- scorrimenti angolari γxy γxz γyz - tensioni normali σxx σyy σzz - tensioni tangenziali τxy τxz τyz

3.3- Geometrie (CURVE/SURFACE/SOLID TYPE).

Il programma ha varie funzionalità per l’inserimento di fi gure geometriche: curve, super-fi ci e solidi. Durante l’inserimento degli oggetti prestare attenzione ai prompt di richiesta input nell’area di dialogo nella parte bassa della fi nestra del programma.

Fig. 7 - Abaco delle curve. Fig. 8 - Abaco delle superfi ci.

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3.4- Sistema di riferimento (COORDINATE SYSTEM).

E’ possibile visualizzare, all’interno dell’area grafi ca, una griglia di punti e relativo sistema di riferimento, in modo da rendere agevole l’input degli oggetti che costituiscono la geo-metria o la mesh del modello.In MARC sono disponibili tre tipi di griglia, rettangolare, cilindrica e sferica, e attraverso il bottone SET è possibile defi nire ampiezza della griglia e spaziatura dei suoi punti costi-tutivi.La griglia inoltre può essere orientata secondo uno dei tre piani nello spazio, posizionata con l’origine su di un qualsiasi punto dello spazio e traslata o ruotata secondo necessità.

Fig. 9 - Griglia di riferimento.

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3.5- Funzioni per la generazione di una mesh di elementi fi niti.

Di seguito si sipiegano le funzioni dei pulsanti del menu MESH GENERATION, che per-mettono di gestire tutte le operazioni di creazione, modifi ca, controllo di elementi geome-trici e fi niti.

3.5.1 ATTACHQuesto comando permette di “attaccare” nodi ed elementi ad oggetti geometrici pre-senti nel disegno, quali punti, curve, superfi ci o intersezioni fra superfi ci; il nodo o l’elemento vengono spostati fi no a combaciare con la geometria indicata secondo la direzione defi nita dalla distanza minima (CLOSEST) o secondo una direzione defi nita dall’utente attraverso tre coordinate (DIRECTED).Questa funzione è molto utile quando si debbano fare combaciare gli elementi di una mesh con una geometria di riferimento, ad esempio nel caso in cui si voglia proiet-tare un reticolo di elementi piano su di una superfi cie curva, magari disegnata per mezzo di un altro software (per esempio di disegno CAD o di modellazione grafi ca), e poi importata in MARC Mentat.

3.5.2 CHANGE CLASSQuesto comando permette di cambiare la classe di un elemento. Naturalmente non si può cambiare la natura di un elemento, per cui sarà possibile cambiare la classe di un elemento solamente nel rispetto delle sue dimensioni geometriche: un elemento lineare potrà essere cambiato in un altro elemento lineare di un’altra classe, ma non in un elemento piano, e lo stesso varrà per gli elementi piani e per quelli solidi. Nel caso in cui, specialmente in selezioni multiple di elementi, alcuni non possano essere cambiati nella classe desiderata, il programma indicherà nell’area di dialogo il numero di elementi che non hanno subito cambiamenti (number of unchanged elements).

3.5.3 CONVERTIl comando consente di intervenire sulla suddivisione degli elementi del disegno, siano essi oggetti geometrici o elementi fi niti; consente inoltre di convertire una geometria in una mesh e viceversa.E’ possibile convertire :

- una geometria in un’altra geometria di diversa natura (GEOMETRY/GEOMETRY): curve in polilinee; curve in NURBS cubiche (interpolated); superfi ci in polyquads; superfi ci in NURBS bicubiche (interpolated);

- una geometria in una mesh di elementi fi niti (GEOMETRY/MESH): punti in nodi; curve in elementi; superfi ci in elementi;

- una mesh in una geometria di elementi (MESH/GEOMETRY): lati di elementi in curve; facce di elementi in superfi ci;

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- una mesh in un’altra mesh (MESH/MESH):lati in elementi;facce in elementi.

E’ suffi ciente inserire il numero di parti in cui deve essere suddiviso l’elemento nelle direzioni u e v.E’ inoltre possibile inserire due “BIAS FACTOR”; questi sono numeri compresi fra -1 e +1. Valori positivi inducono una deviazione nell’introduzione di nuove sud-divisioni nella direzione positiva, mentre valori negativi inducono una deviazione nell’introduzione di nuove suddivisioni nella direzione negativa. La funzione è qua-dratica. Un valore pari a zero non comporta deviazione, le suddivisioni vengono fatte in parti uguali. Possono verifi carsi suddivisioni singolari se il valore di bias è maggiore di 1/3.

3.5.4 EXPANDQuesto comando, permette di espandere gli elementi specifi cando una scala, una rotazione, una direzione ed il numero di volte in cui deve essere ripetuta l’opera-zione. In pratica, si usa generalmente per estrudere elementi piani facendoli diven-tare elementi 3D.Si può decidere di rimuovere, traslare o lasciare nella posizione iniziale gli elementi di base mediante selezione rispettivamente dei pulsanti REMOVE/SHIFT/SAVE.Il comando EXPAND può essere operato su nodi, punti, elementi e curve. Si può inoltre operare l’espansione di elementi lungo una curva (ELEMENTS ALONG CURVE). Generalmente l’operazione di espansione aumenta di un grado la funzione geome-trica dell’oggetto, per cui un punto e un nodo diventano una linea e un elemento lineare, una curva ed un elemento lineare diventano una superfi cie e un elemento piano, mentre superfi ci ed elementi piani diventano solidi ed elementi tridimensio-nali. Elementi solidi non possono essere espansi.

3.5.5 MOVEIl sottomenu MOVE racchiude i comandi che permettono di operare traslazioni, rotazioni, nonché di scalare oggetti nel disegno; le operazioni possono essere effet-tuate su nodi, punti, superfi ci, elementi, curve, solidi.E’ suffi ciente inserire le coordinate numeriche dello spostamento, gli angoli di rota-zione, i fattori di scala, oppure inserire una formula relativamente ai tre assi coordi-nati xyz.

3.5.6 RENUMBEROgni oggetto presente nel disegno viene automaticamente numerato dal programma; quando durante le operazioni di defi nizione di un modello vengono aggiunti, rimossi, copiati degli oggetti, può capitare che la numerazione abbia delle irregola-rità. Il comando permette di rinumerare tutti gli oggetti presenti nel modello; è anche visualizzato il numero totale di oggetti esistenti.

3.5.7 SOLIDSNel sottomenu SOLIDS sono contenuti i comandi di unione, intersezione, sottra-zione, taglio di solidi. Possono essere inoltre convertite le facce dei solidi in super-fi ci, i lati in curve, i vertici in punti, e compiute operazioni sulle singole facce.

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3.5.8 SUBDIVIDE Tramite questo gruppo di comandi, elementi e curve possono essere suddivisi specifi cando il numero di suddivisioni da operare nelle tre direzioni; è possibile specifi care anche il BIAS FACTOR (vedi comando CONVERT precedentemente illustrato).E’ molto interessante la funzione del comando REFINE, che permette, specifi cato un nodo, di aumentare la densità della mesh nel suo intorno, operando delle suddivi-sioni negli elementi adiacenti; la correttezza della mesh (coincidenza di nodi attigui, regolarità degli elementi, ecc.) va comunque controllata accuratamente dall’utente.

3.5.9 SYMMETRYI comandi permettono di duplicare gli oggetti del disegno secondo un asse di sim-metria o un punto.

3.5.10 AUTOMESH Il menu contiene una serie di comandi tramite i quali è possibile defi nire automati-camente una mesh di elementi fi niti data una geometria disegnata.E’ necessario essere a conoscenza del fatto che le operazioni di automeshatura vanno accuratamente controllate e gestite dall’operatore, perché possono nascon-dere irregolarità ed errori che potrebbero infl uire sulla correttezza dei risultati del-l’analisi o impedirne lo svolgimento.

E’ necessario controllare innanzitutto le seguenti condizioni, che devono essere verifi cate in ogni operazione di meshatura:

- Tutti i nodi di tutti gli ele-menti, devono essere combacianti con quelli degli elementi adiacenti. Non deve quindi verifi carsi che ci siano due nodi di elementi attigui molto vicini ma distinti, altrimenti non sus-siste la continuità materiale. Ovvia-mente a meno che la discontinuità non sia voluta, come ad esempio in problemi di contatto (v. capitolo rela-tivo).

Fig. 11 - Nodi di elementi attigui non coincidenti.

Fig. 10 - Comando “subdivide“.

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- Tutti i nodi di tutti gli elementi, in un continuo materiale, devono avere corrispondenza con i nodi degli ele-menti adiacenti (non può esistere che un nodo si trovi in corrispondenza del lato di un elemento adiacente).

- Non ci devono essere nodi doppi sovrapposti.

- Non ci devono essere nodi o elementi inutilizzati sparsi per il modello.

- Tutti gli elementi devono avere il giusto orientamento (ogni tipo di ele-mento deve essere disegnato seguendo una determinata successione nell’input dei nodi che lo delimitano); ad esem-pio gli elementi quad4 devono essere disegnati con sequenza di input dei nodi antioraria.

- Non ci devono essere brusche variazioni di densità della mesh (elementi dalle dimensioni molto diverse fra loro adiacenti o vicini).

- Bisogna limitare l’uso di ele-menti eccessivamente distorti, ad esempio elementi molto irregolari geo-metricamente o che degenerano in altre fi gure (un rettangolo con due nodi adiacenti degenera in un triangolo, per cui si possono avere elementi quad di forma triangolare o hex che dalla forma esaedrica degenerano in tetrae-dri).

Per controllare la presenza di errori nella mesh, sono utili i comandi contenuti nel menu CHECK descritto di seguito; solo l’esperienza, invece, può rendere un model-latore in grado di valutare la correttezza della discretizzazione in elementi fi niti, in termini dimensionali, di densità e di geometria.

Fig. 12 - Errato accostamento di elementi.

Fig. 13 - Orientamento di elementi QUAD 4.

Fig. 14 - Elementi distorti.

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3.5.11 CHECKContiene i comandi di controllo sugli elementi. Ciccando sui pulsanti viene automa-ticamente verifi cata la presenza di elementi:

- male orientati (UPSIDE DOWN);- con distorsione nella forma (DISTORTED) eccedente rispetto ad un parametro (THRESHOLD) che di default è 0.5 ma può essere impostato a piacere (con Thre-shold=1 ogni distorsione dalla geometria regolare è consentita, con Threshold=0 viene segnalato ogni elemento che si discosta dalla geometria perfettamente rego-lare);- con singolarità nella geometria (ASPECT RATIO, INSIDE OUT), per esempio più nodi coincidenti;- con volume nullo (ZERO VOLUME);- che si sovrappongono compenetrandosi o si intersecano (CROSS ELEMENTS).

Con il comando FLIP può essere modifi cato l’orientamento degli elementi, mentre gli altri tipi di irregolarità vanno corretti manualmente; si può anche scegliere di mantenere le irregolarità segnalate dal programma, se si considerano accettabili ai fi ni del calcolo.

3.5.12 DUPLICATERacchiude i comandi che permettono di duplicare nodi, punti, superfi ci, elementi, curve, solidi operando traslazioni, rotazioni, variazioni di scala. La duplicazione viene ripetuta il numero di volte impostato dall’utente.

3.5.13 INTERSECTSi individuano le intersezioni geometriche fra due curve, fra una curva ed una super-fi cie, fra due superfi ci; è possibile effettuare operazioni di “trimming surfaces”.

3.5.14 RELAXIl comando RELAX agisce sulla distribuzione dei nodi all’interno di una mesh, e dove sono presenti irregolarità dimensionali o geometriche opera una ridistribuzione dei nodi selezionati e una lieve variazione nella geometria degli elementi che in essi confl uiscono. E’ utile per rendere meno rigida la mesh soprattutto in corrispondenza di variazioni di densità e di confl uenze di elementi.

Fig. 15 - Comando RELAX

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3.5.15 REVOLVEIn questo sottomenu si possono generare superfi ci di rivoluzione defi nendo la curva generatrice e gli angoli iniziale e fi nale della rotazione.

3.5.16 STRETCHQuesto comando effettua un riposizionamento dei nodi selezionati, con conseguente stiramento degli elementi di cui fanno parte, lungo una linea sottesa fra il primo e l’ultimo dei nodi selezionati. Devono essere selezionati al minimo tre nodi. Può essere utilizzato per effettuare aggiustamenti localizzati nella mesh.

3.5.17 SWEEPRacchiude una serie di pulsanti che permettono di verifi care l’esistenza di oggetti sovrapposti all’interno di una tolleranza impostabile, e di eliminare automatica-mente eventuali “gaps” presenti nella geometria o nella mesh. In pratica si imposta un valore per cui, due punti che si trovino ad una distanza reciproca inferiore al valore stesso, vengono fatti combaciare in un punto unico. Azionando il comando SWEEP/NODES, quindi, tutti i nodi che si trovano ad una distanza reciproca inferiore alla tolleranza impostata, vengono automaticamente fatti combaciare in un unico nodo. Questo comando va sempre utilizzato, in quanto permette, opportunamente impo-stato il valore di tolleranza in funzione dell’ampiezza della maglia della mesh, di riparare eventuali soluzioni di continuità nella mesh stessa, altrimenti diffi cilmente individuabili.Infi ne con i comandi REMOVE UNUSED NODES e REMOVE UNUSED POINTS si ripulisce il disegno, eliminando i nodi e i punti doppi, o quelli che non fanno parte di elementi o oggetti geometrici e potrebbero costituire punti di labilità nel modello.

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4- BOUNDARY CONDITIONS (Condizioni al contorno)

Attraverso i menu BOUNDARY CONDITIONS vengono inseriti i parametri che defi ni-scono le condizioni al contorno, dai vincoli esterni, ai carichi, al peso proprio degli ele-menti costitutivi del modello.Ogni tipo di condizione al contorno viene defi nita inserendo i gradi di libertà o i valori di spostamento o di carico, ed eventualmente tabelle o funzioni di applicazione dei suddetti valori.Va poi indicata la lista di elementi su cui vanno applicate le condizioni al contorno, sele-zionando gli elementi desiderati con il mouse o con il metodo di selezione del programma (vedi paragrafi 2.3-2.4).Possono essere defi nite molteplici applicazioni di condizioni al contorno, che vengono memorizzate nella lista delle applicazioni defi nite.

N.B.: E’ importante prestare attenzione alle unità di misura nella defi nizione dei carichi espressi per unità di lunghezza o superfi cie: se nella costituzione del modello come unità di base si considerano i metri, un carico distribuito sarà espresso in Kg/m o Kg/mq; se invece si è considerata come unità base il centimetro, bisognerà inserire lo stesso valore come Kg/cm o Kg/cmq.

Fig. 16 - Finestra “BOUNDARY CONDITIONS”.

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4.1 - Gestione delle condizioni al contorno.

Generalmente, per defi nire una condizione al contorno per una serie di elementi, si utiliz-zano i comandi NEW, NAME, rispettivamente per creare una nuova applicazione e per darle un nome (ad esempi incastro, carico, peso proprio, ecc.).Con i comandi PREV, NEXT si scorrono le condizioni al contorno defi nite, mentre col pul-sante EDIT si visualizza una tabella che contiene tutte le applicazioni defi nite e consente di scegliere quella da visualizzare direttamente dalla lista.Il comando COPY consente di creare una nuova applicazione copiando quella corrente-mente visualizzata.

4.2 -Boundary Conditions Class.

Le diverse classi di condizioni al contorno che si possono applicare sul modello agli elementi fi niti in MARC sono: Mechanical, Thermal, ,Joule, Fluid, Acoustic, Bearing, Electrostatic, Magnetostatic, Electromagnetic.Per quanto concerne l’utenza cui si rivolge principalmente il presente manuale, le analisi che si compiono più di frequente sono quelle strutturali, per cui si descriveranno le funzio-nalità e le possibilità solamente delle MECHANICAL Boundary Conditions.

4.3 - Tipi di Mechanical Boundary Conditions.

Oltre alle condizioni al contorno di seguito esplicate, MARC contempla anche le seguenti: Fixed Acceleration, Global Load, Centrifugal Load, Fluid Drag Edge Foundation, Face Foundation, State Variable, Nodal Temperature, Release Nodes, di cui non si specifi cherà l’uso. Di seguito si elencano e illustrano quindi le funzioni delle condizioni al contorno che vengono utilizzate più di frequente.

4.3.1 FIXED DISPLACMENTSono condizioni al contorno in termini di spostamenti che si applicano ai nodi. Si defi niscono inserendo valori di spostamento e di rotazione relativamente al sistema di riferimento assoluto, individuato dalla terna di assi visibile nell’area del disegno. Inserendo un valore nullo e selezionando la casella ON viene semplicemente impe-dito ogni spostamento secondo quella direzione; se in una determinata direzione si lascia la casella ON deselezionata, ciò signifi ca che in quella direzione è permesso lo spostamento del nodo. Per esempio selezionando tutte le caselle con valore zero degli spostamenti si impone che ai nodi cui viene applicata questa condizione non sia consentito alcuno spostamento, il che equivale al vincolo di incastro, mentre l’impedimento delle sole traslazioni equivale ad una cerniera esterna, ecc. E’ possi-bile imporre degli spostamenti nodali diversi da zero, che equivalgono a distorsioni impresse.Per ogni valore di spostamento imposto è possibile defi nire una tabella,funzione di applicazione di tale valore (vedi paragrafo 4.4 seguente, relativo alle modalità di generazione di tabelle per l’assegnazione delle Boundary Conditions).

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Il procedimento di defi nizione di una condizione al contorno e di assegnazione della stessa agli elementi è il seguente:

Dal menu principale selezionare 1- BOUNDARY CONDITIONS/ MECHANICAL/ FIXED DISPLACEMENT/ Nell’area del disegno è comparsa la fi nestra in cui vanno inseriti i dati relativi agli spostamenti nodali che si vogliono defi nire; fi nché non si sono defi niti i valori e non si clicca su OK (o con il pulsante destro del mouse, il che è equivalente), o su CLEAR, non possono essere utilizzati altri menu.2- Si inseriscono i valori di spostamento nodale desiderati, selezionando la casella della direzione e inserendo il valore mediante tastiera/ 5- OK (oppure pulsante destro del mouse con il puntatore all’interno dell’area della fi nestra).6- ADD NODES/7- Si selezionano i nodi cui l’applicazione va assegnata

N.B.: Come già detto nei paragrafi 2.3-2.4, la selezione può essere effettuata in vari modi:a- con il mouse, mediante selezione singola (clic con ML), selezione multipla con box (clic ML e trascinare puntatore), o selezione con polilinea (CTRL+ sequenza di clic ML);b- mediante il comando ALL SELECT.(oppure VISIBLE, OUTLINE, EXIST., UNSEL., INVIS., SURFACE).Questo comando utilizzato in seguito ad un comando ADD, applica l’operazione rispetti-vamente a tutti gli elementi selezionati, visibili, outline, esistenti, non selezionati, invisibili o superfi ci.

Fig. 17 - Vincoli agli spostamenti.

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In assenza di altre condizioni defi nite in precedenza, quando si clicca su FIXED DISPLACEMENT o su un’altra condizione al contorno viene automaticamente creata una nuova applicazione a cui viene dato il nome di “apply1”; tale nome può essere cambiato a piacimento utilizzando il comando NAME.Con il comando NEW possono essere create nuove applicazioni secondo necessità.

4.3.2 POINT LOADE’ una forza nodale. Possono essere assegnate 3 forze e 3 momenti secondo i tre assi di riferimento xyz; si inserisce il valore nell’apposita casella mediante tastiera, dopo avere cliccato con il pulsante sinistro del mouse sulla casella relativa alla com-ponente di forza che si desidera inserire.Il metodo di inserimento dei dati è sempre lo stesso, per l’assegnazione è necessario utilizzare le modalità di selezione descritte per il comando precedente.

4.3.3 EDGE LOADE’ un carico distribuito. I valori che si inseriscono si intendono per unità di superfi -cie o di lunghezza, a seconda di quanto specifi cato dall’utente nelle apposite caselle. E’ necessario porre particolare attenzione alle unità di misura ed alla geometria defi -nite per gli elementi.In tutti i casi questo tipo di Boundary Condition si applica sui lati (edges) degli elementi; nel caso in cui si tratti di una PRESSURE la direzione di applicazione sarà sempre ortogonale al lato dell’elemento di assegnazione (con verso entrante o uscente dall’elemento in caso di valore della forza rispettivamente positivo o nega-tivo); nel caso invece in cui il carico assegnato sia di tipo SHEAR, la sua direzione di

Fig. 18 - Forza nodale concentrata.

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applicazione sarà sempre parallela a quella del lato su cui viene applicato, con verso determinato dalla concordanza/discordanza del segno del valore assegnato con il verso positivo degli assi coordinati.

4.3.4 FACE LOADE’ un carico distribuito per unità di superfi cie. E’ possibile defi nire:- un’azione di tipo PRESSURE, ortogonale alla faccia dell’elemento cui viene assegnata (entrante nell’elemento se il valore è positivo, uscente se negativo);- azioni di tipo U SHEAR, V SHEAR, parallele alle facce di assegnazione, con verso concorde con il semiasse positivo degli assi di riferimento, in caso di intensità di carico di segno positivo.

4.3.5 GRAVITY LOAD E’ l’accelerazione di gravità. E’ il fattore moltiplicatore della massa assegnata agli elementi del modello, che ne permette la computazione come peso specifi co nel caso in cui si decida di considerare nell’analisi il peso proprio degli elementi. In generale l’accelerazione di gravità si può considerare di valore pari a 1, anche se precisamente a livello del mare è circa pari a 1Newton, cioè 0,981m/s2.L’accelerazione di gravità può essere impostata secondo le tre direzioni degli assi coordinati, con segno e verso dipendenti seconda dell’orientamento del modello. Si applica agli elementi, e moltiplicata per la massa specifi ca ed il volume dell’ele-mento ne defi nisce il peso.Si dovrà in seguito opportunamente defi nire il valore di massa specifi ca nella sezione riguardante le proprietà del materiale da assegnare agli elementi.

Fig. 19 - Carico applicato sul lato di elementi.

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Fig. 20 - Carico applicato su facce di elementi.

Fig. 21 - Peso proprio.

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4.4 - Generazione di tabelle per l’assegnazione delle Boundary Conditions.

Tramite la defi nizione di tabelle di vario tipo si possono assegnare alle condizioni al con-torno determinate funzioni di applicazione. Le funzioni possono essere dipendenti da vari parametri, (time, temperature, relative density, plastic strain, stress, strain rate, stress rate, magnetic induction,frequency, experimental data), ma solitamente quella che si utilizza più di frequente è la funzione time, che regola l’applicazione di una forza nel tempo.

Il metodo di defi nizione ed assegnazione di una tabella è il seguente:Dal menu principale si azionano i pulsanti:

1- BOUNDARY CONDITIONS/ MECHANICAL/ TABLES Appare una griglia con due assi di riferimento; innanzitutto è utile defi nire le dimensioni ed il passo della griglia di riferimento in modo opportuno per rendere più agevole l’inserimento dei punti identifi cativi della funzione; tale operazione si svolge compilando i campi della sezione LIMITS, sempre nel menu TABLES. In questi campi (XMIN, XMAX, YMIN, YMAX, XSTEP, YSTEP) si defi niscono gli estremi degli assi x e y e il passo della griglia. Con i pulsanti SHOW TABLE e SHOW MODEL, si passa rispettivamente alla visualizzazione della tabella o del modello. Nel campo FORMULA è possibile inserire una funzione matematica (seguendo le regole di inserimento delle espressioni proprie del linguaggio Fortran).

Fig. 22 - Tabella di applicazione dei carichi.

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2- NEW/ (NAME) Con questo comando si aggiunge una nuova tabella e la si nomina; con gli altri comandi si rimuove una tabella (REM), la si copia (COPY), ci si sposta da una tabella all’altra fra quelle defi nite (PREV, NEXT), si visualizza l’elenco delle tabelle esistenti nel modello (EDIT).3- TABLE TYPE/ TIME Come già detto fra le vari tabelle disponibili in MARC generalmente quella più utilizzata è quella che ha in ascisse il tempo.4- ADD POINT E’ possibile aggiungere i punti desiderati direttamente sulla griglia con il mouse, o inserirne le coordinate da tastiera. Con altri pulsanti si rimuove la funzione presente (CLEAR), si trasla il grafi co lungo gli assi (SHIFT), si modifi cano i punti della funzione (EDIT), si rimuove l’intera tabella (REMOVE), si centra la tabella nella vista (FILL), si scala il grafi co (SCALE), si invertono gli assi (SWAP X&Y).

Per assegnare una funzione di carico defi nita da una tabella basta selezionare TABLE nel menu dell’applicazione e selezionare dall’elenco la tabella desiderata.

4.5 - Transformations.

Le Transformations si usano per convertire delle quantità applicate ai nodi da un sistema di riferimento ad un altro. Sono comunemente utilizzate per trasformare l’orientamento di un carico nodale (point load) o di condizioni di vincolo agli spostamenti (fi xed displacement), di solito da un sistema di riferimento locale ad uno locale.E’ necessario defi nire il tipo di trasformazione da applicare inserendo i dati relativi alla stessa e indicare una lista di nodi su cui la trasformazione è da applicare.

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5- INITIAL CONDITIONS

Una Initial Condition è una condizione al contorno che viene applicata al modello all’ini-zio dell’analisi. Ogni Initial Condition, contiene i gradi di libertà e i corrispondenti valori applicati; tali valori possono essere applicati tramite tabelle e funzioni come nel caso delle Boundary Conditions.I tipi di Initial Conditions presenti in MARC sono: DISPLACEMENT, VELOCITY, STRESS, PLASTIC STRAIN, STATE VARIABLE, RELATIVE DENSITY, NODAL TEMPERATURE, POINT MASS, AXISIMMETRIC TO 3D, PORE PRESSURE, PRE-CONSOLIDATION, POROSITY, VOID RATIO

6- LINKS

MARC contiene una serie di funzionalità che permettono di defi nire delle condizioni di vincolo fra diversi nodi del modello. Queste condizioni di vincolo, sono equazioni che creano un legame fra un nodo denominato TIED e uno o più nodi detti RETAINED. I gradi di libertà (per esempio in termini di spostamento, ma possono essere anche temperature) del TIED NODE, dipendono dai gradi di libertà dei RETAINED NODES per mezzo delle condizioni di vincolo (TYING CONDITIONS).Se la condizione di vincolo interessa solamente due nodi è ininfl uente quale dei due sia defi nito come TIED e quale come RETAINED; se invece più nodi sono legati da una con-dizione di vincolo ad un unico nodo, il nodo cui tutti gli altri si riferiscono è il RETAINED, mentre gli altri sono TIED. Per esempio, nel caso di una condizione che imponga l’ugua-glianza fra lo spostamento dei nodi i, k, l in una determinata direzione, e lo spostamento nella stessa direzione di un altro nodo j, il nodo j è RETAINED, i nodi i, k, l sono TIED.

Fig. 23 - Esempio di utilizzo di LINKS (modello di Casa Romei, Ferrara).

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6.1- Tipi di LINKS.

6.1.1 NODAL TIESI nodal ties sono vincoli che l’utente può imporre fra diversi nodi del modello. Nella modellazione di strutture architettoniche sono molto utili per modellare catene metalliche e tiranti rigidi.I principali tipi di legame (TYING TYPES) che si possono utilizzare sono due:- TYPE 100 (All Degrees of Freedom)- Il legame di tipo 100 si traduce in una condizione di uguaglianza fra gli spostamenti di due nodi fra i quali si impone l’esistenza del legame. Non sono permessi spostamenti relativi fra i nodi, in quanto tutti i gradi di libertà del nodo TIED sono legati ai corrispondenti gradi di libertà del nodo RETAINED, mentre è ammesso ogni spostamento assoluto nello spazio (compatibilmente con altre Boundary Conditions defi nite per gli stessi nodi). Con questo tipo di legame si possono riprodurre nel modello condizioni di rigidezze concentrate quali possono essere quelle dovute alla presenza di catene metalliche inserite nelle strutture (archi, strutture spingenti, ecc.).- TYPE 80 (Rigid Link)- Defi nisce un collegamento rigido fra nodi. Neces-sita di due nodi retained, dei quali il primo è quello collegato al nodo tied, mentre il secondo può essere un nodo libero, in quanto serve solamente alla misurazione delle rotazioni.- Con legami di tipo 80 si può modellare una regione rigida di materiale, basta connettere ogni nodo della regione che si intende defi nire come rigida agli stessi due nodi Retained.

Procedimento per inserire un link in un modello che simuli la presenza di una catena metallica:

LINKS NODAL TIES NEW/NAME TYPE/ 100TIED NODE/ selezionare il nodo o inserire il numero corrispondente mediante tastieraRETAINED NODE/ selezionare il nodo o inserire il numero corrispondente mediante tastiera

6.1.2 SERVO LINKSIn questo menu è possibile introdurre equazioni di vincolo omogenee e lineari del tipout = a1 ur1 + a2 ur2 + ...dove ut è il grado di libertà da vincolare; ur1, ur2,..., sono gli altri gradi di libertà dei nodi retained del modello; a1, a2,..., sono costanti.

6.1.3 SPRINGS/DASHPOTSMARC permette di defi nire molle e azioni di fondazione agenti con leggi lineari e non. Con elementi SPRING si possono simulare le azioni elastiche trasmesse dalle fondazioni alla struttura, tralasciando gli effetti dovuti all’attrito.

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Per analisi dinamiche si utilizzano elementi SPRING/DASHPOT (molla/dissipatore).La forza sviluppata da un oggetto SPRING/DASHPOT è:F = K (u2-u1) + C (u. 2- u. 1)dove K è la rigidezza della molla, C è il coeffi ciente di smorzamento, u2 è lo spo-stamento del secondo estremo della molla (terzo e quarto campo), e u1 è lo sposta-mento del primo estremo della molla (primo e secondo campo).Per una spring/dashpot non lineare, la forza può essere specifi cata dall’utente nel menu USER SUBROUTINE USPRNG secondo la relazione:

F = F (u2-u1 , u. 2- u. 1)

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7- MATERIAL PROPERTIES

Una volta defi nito il modello come insieme di elementi fi niti mono, bi o tri dimensionali, è necessario conferire a questi elementi le proprietà meccaniche che ne defi niscono le carat-teristiche materiali.MARC contempla la possibilità di inserire una grande quantità di materiali: ISOTROPIC, ORTHOTROPIC, ANISOTROPIC, HYPOELASTIC, MOONEY, OGDEN, FOAM, ARRUDA-BOYCE, GENT, SOIL, POWDER.Per ognuno di questi materiali è possibile inserire i dati relativi alle proprietà del materiale e alla legge costitutiva che ne descrive il comportamento meccanico.In generale il materiale più semplice da gestire, e quindi di più frequente utilizzo nelle modellazioni, è il materiale ISOTROPIC, quello cioè che presenta uguale resistenza mec-canica indipendentemente dalla direzione della sollecitazione.

7.1- Isotropic Material.

I principali parametri che devono essere inseriti per defi nire un materiale dal comporta-mento isotropo sono i seguenti:

- YOUNG’S MODULUS (E)-Il modulo di Young o coeffi ciente di dilatazione longitudinale rappresenta la forza assiale (espressa solitamente in Kg/cmq) necessaria a produrre sul materiale una contrazione unitaria.

Fig. 24 - Finestra “MATERIAL PROPERTIES”.

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I moduli di Young indicati dalla manualistica per i principali materiali sono:

acciaio 2.100.000 Kg/cmq (210.000 N/mmq) mattoni 50.000-100.000 Kg/cmq muratura 10.000-40.000 Kg/cmq calcestruzzo 220.000-360.000 Kg/cmq legno forte lungo le fi bre 120.000-160.000 Kg/cmq forte trasv. alle fi bre 15.000 Kg/cmq dolce 100.000 Kg/cmq vetro 7.000.000-8.000.000 Kg/cmq

- POISSON’S RATIO (ν)-Coeffi ciente di Poisson o di contrazione trasversale; quantifi ca la contrazione o dilatazione di un materiale, soggetto ad un’azione assiale, nella direzione ortogo-nale a quella di applicazione della forza. Solitamente in un materiale soggetto ad un’azione di compressione longitudinale aumenta l’area della sezione trasversale, mentre se l’azione è di trazione si ha invece diminuzione della stessa.Generalmente il coeffi ciente di Poisson varia da 0.1 per i materiali fragili a 0.3 per quelli duttili e in genere nei terreni; valori più elevati possono esserci nel caso di materiali estremamente duttili come ad esempio materiali plastici e gomme, ma valori superiori a 0.5 possono dare problemi nel calcolo.

Fig. 25 - Input dati per materiale isotropo.

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- MASS DENSITY (µ)- La densità di massa è la massa specifi ca, o peso specifi co diviso per l’accelerazione di gravità. Generalmente in questo campo si inserisce il valore del peso specifi co, che viene nel calcolo moltiplicato per l’accelerazione gravitazionale impostata nelle Boundary Conditions (GRAVITY LOAD). Di seguito si riportano i pesi spe-cifi ci da letteratura dei principali materiali:

acciaio 7.850 Kg/mc muratura pietrame 2.000 Kg/mc mattoni pieni 1.800 Kg/mc semipieni 1.500 Kg/mc forati 1.100 Kg/mc blocchi forati cls. 1.200 Kg/mc terreno 1.800-2000 Kg/mc legno 600-1200 Kg/mc calcestruzzo 2.400 Kg/mc C.A. 2.500 Kg/mc vetro spessore 3mm 7 Kg/mq 4mm 10 Kg/mq 5mm 12.5 Kg/mq

Per ognuno di questi valori può essere defi nita una tabella di applicazione (ad esempio variazione della resistenza a compressione nel tempo).

N.B.: E’ importante prestare attenzione alle unità di misura: se nella costituzione del modello come unità di base si sono usati i metri, la massa specifi ca andrà inserita come Kg/mc (ad esempio 1800 Kg/mc per un terreno), se invece si è considerato il centimetro, bisognerà inserire lo stesso valore come Kg/cmc. (0.0018 Kg/cmc).

7.2- Low Tension Cracking.

Se si vuole inserire una fragilità materiale (Low Tension Cracking), cioè un limite di resistenza meccanica a trazione o compressione, è possibile farlo compilando i campi del sottomenu CRACKING (MATERIAL PROPERTIES/ISOTROPIC/CRACKING):

- CRITICAL STRESS (σcr)- E’ possibile defi nire un limite di rottura monoassiale inserendo il valore limite di sollecitazione del materiale. Valori positivi corrispondono a limiti di resistenza a trazione.

- SOFTENING MODULUS (Es)-E’ il modulo di Young nella fase di snervamento, coeffi ciente che defi nisce il com-portamento lineare nella fase di deformazione plastica; dipende dalla legge costi-tutiva del materiale.La rottura si sviluppa nel materiale perpendicolarmente alla direzione della mas-sima tensione principale, se questa tensione supera il valore di rottura del mate-riale. Dopo che in un punto materiale si è formata la prima frattura, una seconda rottura si genera perpendicolarmente alla prima, e poi una terza e così via.

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In questo modo la frattura si espande ed il materiale perde ogni capacità di soppor-tare carichi.Se nell’analisi si include un valore di “Tension Softening” (Es), la tensione in corri-spondenza della frattura non va immediatamente a zero, bensì il materiale conserva una certa resistenza e capacità deformativi nonostante la rottura. Il comportamento del materiale in fase softening è rappresentato da un ramo discendente nel dia-gramma tensioni deformazioni.

- CRUSHING STRAIN (εcrush)- E’ la deformazione residua presente nel materiale in seguito alla rimozione delle azioni applicate sulla struttura. Si può inserire se si sono previste azioni agenti sulla struttura per un tempo limitato.

- SHEAR RETENTION - E’ un coeffi ciente di riduzione della resistenza del materiale ad azioni taglianti in seguito alla chiusura dei lembi della frattura per rimozione del carico applicato e conseguente ripristino parziale delle capacità portanti.

N.B.: La presenza di fratturazioni nella struttura si traduce in una riduzione delle capacità portanti della struttura stessa. Le tensioni interne in realtà si ridistribuiscono nelle regioni di materiale che cir-condano la frattura che non sono state danneggiate. Questo è un fenomeno complesso che si traduce in relazioni matematiche di grado molto elevato. Per condurre l’analisi tenendo in considerazione questo fenomeno MARC presenta delle funzioni di con-trollo della distribuzione delle tensioni nel materiale (AUTO INCREMENT, AUTO STEP).

Fig. 26 - Comportamento meccanico di un materiale elasto-fragile.

Fig. 27 - Legami costitutivi.

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7.3 Orthotropic Material.

In questo menu è possibile descrivere il comportamento di un materiale che presenta dif-ferenti proprietà meccaniche nelle tre direzioni principali; per questo motivo relativamente ad ogni direzione è necessario immettere i rispettivi valori di modulo elastico (E), coeffi -ciente di Poisson (n), fattore di taglio (G); per ognuno di questi valori può essere defi nita una tabella di applicazione (ad esempio variazione della resistenza a compressione nel tempo).

7.4- Non mechanical material types.

In MARC, a testimonianza del largo campo di applicazione del calcolo agli elementi fi niti, esistono anche una serie di materiali che vengono utilizzati in studi non prettamente meccanici, precisamente questi sono: HEAT TRANSFER, JOULE HEATING, FLUID, ACOUSTIC, BEARING, ELECTROSTATIC, MAGNETOSTATIC, ELECTROMAGNE-TIC.Il programma è in grado di condurre parallelamente analisi di diversa natura.

7.5- Layered materials.

Esistono infi ne anche materiali compositi, che possono essere defi niti per strati come suc-cessioni dei diversi materiali costituiti.

Fig. 28 - Input caratteristiche meccaniche per materiali ortotropi.

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8- GEOMETRIC PROPERTIES

Dopo avere costruito la mesh di elementi ed avere assegnato ad ogni elemento il materiale costitutivo, è necessario defi nire le proprietà geometriche. A seconda delle proprietà geo-metriche defi nite per gli elementi, l’analisi viene condotta diversamente, con maggiore o minore onere computazionale e relativa completezza di risultati.Le proprietà geometriche non dipendono dalla geometria effettiva degli elementi, per cui può accadere che per un elemento piano (ad esempio un QUAD 4) venga defi nita una geo-metria tridimensionale. Il tipo di proprietà geometrica dipende quindi dal tipo di analisi che si intende condurre, e non dalla morfologia dell’elemento.Naturalmente, assegnare una geometria tridimensionale, ha senso se si prevede che nel cal-colo possano svilupparsi delle componenti di tensione e deformazione in tutte le direzioni; in un problema piano è bene utilizzare per gli elementi del modello geometrie piane, il che comporta un notevole risparmio in termini di tempo e complessità di calcolo.Ogni tipo di geometria richiede per essere defi nita i parametri che ne descrivono le dimen-sioni; di seguito si descrivono le principali proprietà geometriche presenti in MARC.

8.1- Proprietà Geometriche 3D.

Gli elementi tridimensionali si utilizzano quando si esegue l’analisi di un problema spa-ziale, per cui si desidera conoscere lo stato deformativo e tensionale in ogni punto del materiale e si prevede che questi stati possano svilupparsi secondo direzioni qualsiasi nello spazio.

Fig. 29 - Finestra “GEOMETRIC PROPERTIES”.

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Di seguito si riportano le geometrie tridimensionali disponibili in MARC e si descrivono per ognuna i dati di input richiesti.

8.1.1- TRUSSE’ una trave soggetta a carichi assiali, è necessario inserire l’area della sezione tra-sversale.

8.1.2- CABLEAnche per il cavo è necessario inserire l’area della sezione trasversale; in aggiunta è possible defi nire come proprietà aggiuntive la lunghezza e la tensione iniziale.

8.1.3- ELASTIC BEAMLa trave elastica è un oggetto con una delle tre dimensioni prevalente sulle altre due (l’asse geometrico della trave); può reagire a sollecitazioni fl essionali.In questo tipo di geometria i dati necessari sono l’area della sezione e i momenti di inerzia relativi agli assi del piano della sezione, nonché il vettore che defi nisce l’asse x locale rispetto al sistema globale di coordinate.Come proprietà aggiuntive si possono inserire la rigidezza torsionale e i fattori di resistenza a taglio della sezione.

8.1.4- GENERAL BEAMÈ una trave infl essa in cui è possibile defi nire la CROSS SECTION: la sezione tra-sversale può essere: circolare cava (CIRCULAR), nel qual caso è necessario inserire lo spessore e il raggio della sezione; generica (GENERAL), per cui bisogna inserire la geometria attraverso il comando BEAM SECTION (vedi paragrafo 9.2 per l’in-serimento della geometria della sezione trasversale).E’ inoltre necessario defi nire il vettore identifi cativo dell’asse x locale.

8.1.5- ELBOWE’ la cosiddetta trave “a ginocchio”. La sezione può essere circolare cava (CIRCU-LAR) o generica (GENERAL).Per sezione circolare bisogna specifi care raggio della sezione e spessore del tubo; per sezione generica sono da inserire: area, momenti principali di inerzia, fattore di rigidezza torsionale, aree reagenti a taglio nelle due direzioni.Si possono inoltre defi nire due forme (SHAPE): curva (CURVED) e rettilinea (STRAIGHT).Per trave curva inserire: raggio di curvatura (BENDING RADIUS), coordinate del centro (CENTER POINT X, Y, Z).Per trave retta basta defi nire il vettore identifi cativo dell’asse x locale.

8.1.6- MEMBRANELa membrana (tensostrutture) è un elemento con due dimensioni prevalenti sulla terza, lo spessore. Non ha rigidezza fl essionale, reagisce solamente ad azioni conte-nute sul suo piano medio. E’ suffi ciente inserire lo spessore della membrana.

8.1.7- SHEAR PANELE’ un pannello reagente principalmente a taglio. La sua geometria viene defi nita con lo spessore.

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8.1.8- SHELLE’ l’elemento piastra, utile nella modellazione architettonica in quanto può essere usato per le pareti degli edifi ci, i solai, ecc. La piastra ha rigidezza fl essionale e può avere spessore costante o variabile. In MARC la piastra a spessore costante si defi nisce inserendo la misura dello spessore nel campo THICKNESS con il pulsante CONSTANT selezionato. Lo spessore variabile si defi nisce inserendo una misura di sezione in corrispondenza di ognuno dei quattro nodi agli angoli della piastra.

8.1.9- SOLIDE’ l’elemento più complesso in quanto privo di semplifi cazioni, soggetto a qualsiasi azione e spostamento nodale. Unico valore da inserire è lo spessore (TRANSITION THICKNESS) automatico di transizione da un elemento brick (parallelepipedo tri-dimensionale) ad un elemento shell (piano a spessore costante o variabile).

8.1.10- SOLID REBAR, MEMBRANE REBAR, SOLID COMPOSITESSono funzionalità avanzate per la simulazione di particolari problemi quali la pre-senza di armature di rinforzo, interazione fra materiali, materiali compositi. Solita-mente materiali eterogenei, ad esempio il cemento armato con la sua armatura, o la muratura, composta di mattoni e di giunti di malta, possono essere ricondotti in un macromodello al materiale omogeneo equivalente.

Fig. 30 - Proprietà geometriche “SHELL”.

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8.2- Disegno di sezioni di travi (BEAM SECTION).

È una funzione che permette di disegnare la sezione della trave.E’ suffi ciente rendere visibile la griglia ed aggiungere le ali della sezione (BRANCHES) attraverso i comandi ADD LINE e ADD ARC. Nell’area di dialogo è necessario inserire: punto iniziale dell’ala, punto fi nale dell’ala, spessore dell’ala in corrispondenza del primo punto, spessore dell’ala al secondo estremo, numero di suddivisioni.

8.3- Proprietà Geometriche in caso di simmetrie (AXISIMMETRIC).

Gli elementi assialsimmetrici si utilizzano quando si esegue l’analisi di un problema spaziale, per cui si prevede una distribuzione assialsimmetrica di tensioni e deformazioni. Generalmente questo si ottiene in modelli simmetrici per geometria, carichi, vincoli.

8.3.1- SHELLCome nella geometria 3D, si riferisce all’elemento piastra, con rigidezza fl essionale e spessore costante o variabile. In MARC la piastra a spessore costante si defi nisce inserendo la misura dello spessore nel campo THICKNESS con il pulsante CON-STANT selezionato.Lo spessore variabile si defi nisce inserendo una misura di sezione in corrispondenza di ognuno dei quattro nodi agli angoli della piastra.La differenza dalla proprietà geometrica che si defi nisce nel menu 3D è nella ridu-zione della complessità dell’analisi, per il riconoscimento delle condizioni di sim-metria.

8.3.2- SOLIDE’ elemento soggetto ad azioni e spostamenti nodali. Anche in questo caso si tiene conto delle condizioni di simmetria assiale, il che semplifi ca il calcolo.

8.3.3- SOLID REBAR, SOLID COMPOSITESUlteriori funzionalità avanzate in regime assialsimmetrico di tensione e deforma-zione.

8.4- Proprietà Geometriche per elementi piani (PLANAR).

Geometrie piane si utilizzano in problemi con stato piano di tensione e di deformazione. E’ sempre opportuno defi nire la geometria dell’elemento in funzione dell’analisi da effet-tuare. In generale casi piani possono sempre essere studiati come particolari casi tridimen-sionali (e quindi si può optare per l’assegnazione agli elementi di proprietà geometriche 3D), ma ciò comporta un inutile aumento dei calcoli che il programma deve risolvere, in quanto le soluzioni a cui si perviene sono identiche.

8.4.1- 2D STRAIGHT BEAME’ la trave piana rettilinea, per cui si devono inserire l’altezza e l’area della sezione rettangolare.

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8.4.2- 2D CURVED BEAMTrave curva che può avere spessore costante o variabile in funzione della dimen-sione agli estremi. Si inserisce anche la larghezza in direzione perpendicolare al piano medio della trave, per conoscere in corrispondenza di ogni punto della linea d’asse le proprietà geometriche della sezione trasversale.

8.4.3- PLANE STRESSStato piano di tensione. Si verifi ca quando la deformazione dell’elemento avviene liberamente in tutte le direzioni. L’assenza di azioni con direzione non contenuta nel piano non impedisce la deformazione, che quindi può avvenire in ogni direzione.E’ necessario inserire lo spessore dell’elemento.

8.4.4- PLANE STRAINStato piano di deformazione. Si verifi ca quando la deformazione dell’elemento è impedita in una direzione (ad esempio nello studio di un arco in realtà facente parte di una volta a botte), per cui all’assenza di deformazioni fuori dal piano corrisponde la nascita di tensioni perpendicolari al piano dovute all’effetto di contenimento dato dalla presenza del materiale attiguo.E’ necessario inserire lo spessore dell’elemento.

8.4.5- PLANE STRAIN REBAR, PLANE STRAIN COMPOSITEFunzioni avanzate.

Fig. 31 - Proprietà geometriche per elementi piani: “PLANE STRESS”.

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8.5- Oggetti con vuoti materiali o problemi di attrito (GAP/FRICTION).

8.5.1- GAP/FRICTION LINKCon questi elementi si simulano il vuoto materiale e l’attrito.

8.6- Proprietà Geometriche per problemi di scambio energetico.9.2.1 HEAT TRANSFER

Altre proprietà geometriche che vengono defi nite per analisi relative agli scambi di calore.

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9- CONTACT

Il contatto fra corpi, consiste nello studio del comportamento meccanico di oggetti che in seguito a spostamenti relativi entrano in contatto fra loro. Il calcolo di questo problema viene gestito in MARC attraverso l’imposizione di equazioni di vincolo alle superfi ci esterne dei corpi, cioè alle facce esterne degli elementi. Il contatto può avvenire tra due o piú corpi, oppure fra superfi ci appartenenti allo stesso corpo (come ad esempio nel caso di un profi lo tubolare che venga schiacciato da un carico fi no a fare sì che le superfi ci interne del profi lo si tocchino). Ciascun corpo puó essere considerato rigido o deformabile, con la differenza che un corpo deformabile è un modello vero e proprio o parte di esso, in cui vengono calcolate le ten-sioni e gli spostamenti nodali dovuti alla sollecitazione, mentre un corpo rigido non è altro che una superfi cie indeformabile che serve da vincolo immobile.

In MARC non è necessario che tutti gli elementi di un corpo, in un problema di contatto, debbano essere defi niti come corpi deformabili (fi g. 33); basta infatti che sia defi nita come corpo deformabile solo una parte del modello, in particolare quegli elementi le cui facce sono interessate dal contatto, ed eventualmente alcune fi le di elementi contigue a discrezione del modellatore; in questo modo si riduce la complessità del calcolo, anche se bisogna prestare attenzione a non considerare deformabile una quota troppo esigua degli elementi di un corpo; in pratica non va considerata come deformabile solamente la fascia di elementi relativa alla superfi cie di contatto, ma è bene estendere la porzione di corpo deformabile anche ad alcune fi le successive, in relazione alla densità della mesh.L’ampiezza delle superfi ci venute a contatto viene calcolata automaticamente da MARC per deformazione progressiva; l’equilibrio delle forze é assicurato ad ogni passo.

Fig. 32 - Finestra “CONTACT”.

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Il contatto puó essere accompagnato da scorrimenti relativi anche di grande entitá. L’attrito tra le superfi ci può essere trascurato oppure rappresentato con criteri quali la legge di Cou-lomb, o l’attrito di taglio, che regolano l’ingenerarsi del primo scorrimento in presenza di attrito in funzione della pressione di contatto, del coeffi ciente di attrito e di altri parametri.

In generale un problema di contatto fra corpi è retto dalla seguente relazione, che impone il vincolo di non-compenetrazione delle masse:

{uA } * {n} < d

dove {uA} è lo spostamento del nodo A, {n} è il versore normale alla superfi cie di contatto e d è la distanza, che può essere imposta a piacere in MARC, al di sotto della quale i due corpi si considerano in contatto fra loro. Concettualmente lo studio del contatto richiede un’analisi di tipo incrementale, dove ad ogni step viene verifi cato che gli spostamenti s dei nodi per cui si defi nisce il con-tatto, non violino la relazione scritta qui sopra, ovvero che non vi siano compenetrazioni di materia tra i corpi a contatto; se ciò accade viene automaticamente applicato un campo di spostamenti nodali fi ttizi, opposti al moto deformativo, che rende congrui gli spostamenti fi nali.

Fig. 33 - Corpi di contatto deformabili.

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MARC prevede diverse opzioni e condizioni di contatto: come si è già detto può essere previsto il contatto (touch) tra più corpi deformabili (deformables bodies), oppure fra corpi deformabili e corpi rigidi (rigid bodies).Nella modellazione occorre tener presente le seguenti restrizioni imposte dal programma:

a) un problema di contatto richiede la defi nizione di almeno un corpo deformabile;b) chiamati ordinatamente 1 e 2 i corpi a contatto, la mesh defi nita come 1 deve in generale avere una maglia più fi ne di quella del corpo 2; inoltre la numerazione degli elementi di 1 deve essere inferiore a quella di 2. In pratica se si studia il contatto fra più corpi è bene modellare per primo quello a mesh più fi tta e in seguito gli altri, a densità decrescente.c) se i due corpi sono costituiti da materiali diversi, il corpo defi nito come 1 deve avere materiale meno rigido (deve essere defi nito prima il corpo con modulo di Young inferiore);d) i corpi deformabili devono essere defi niti prima di quelli rigidi;e) non possono essere messi a contatto nodi per cui siano defi nite condizioni di connessione (links);f) se il modello è composto da più corpi, i quali devono entrare a contatto fra loro ma non sono tutti vincolati esternamente in modo almeno isostatico, per evitare che il programma non riesca ad eseguire il calcolo riconoscendo la labilità del sistema, è necessario imporre come condizioni al contorno delle azioni in termini di sposta-menti, e non di forze.g) non è possibile calcolare il contatto fra più corpi tutti distanziati fra loro, il con-tatto fra corpi distanziati può avvenire al massimo fra due oggetti;h) non è ammesso che un nodo o un elemento appartengano a più di un corpo defor-mabile.

Il volume dei dati di calcolo e del tempo di risoluzione può essere ridotto utilizzando le opzioni della CONTACT TABLE di individuazione del contatto (DETECTION METHOD) e di defi ni-zione del tipo di contatto (CONTACT TYPE). In una tabella vanno specifi cati quali corpi entrano in contatto fra loro, all’opportuno incrocio fra righe e colonne, ed il tipo di contatto.

9.1- Contact Bodies.

Un CONTACT BODY è un set di curve, superfi ci o elementi che funzionano come un unico corpo in problemi di contatto. In un’analisi di questo tipo ci devono essere almeno due contact bodies, e almeno uno di essi deve essere un corpo deformabile (DEFORMA-BLE BODY).

9.1.1- DEFORMABLECome si è già specifi cato, in un corpo deformabile vengono calcolate le tensioni e gli spostamenti nodali dovuti alla sollecitazione; può essere o meno considerata la trasmissione del calore. Un corpo deformabile è composto da uno o più elementi fi niti.Spostamenti e deformazioni possono risultare dal contatto con altri corpi come da effetto di condizioni al contorno dovute a consuete analisi statiche o dinamiche.Non è necessario che il deformable body corrisponda completamente con il corpo

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fi sico modellato, può essere defi nito solo in alcuni elementi di esso, precisamente quelli con le facce interessate dal contatto e quelli ad essi vicini.

9.1.2- RIGIDUn corpo rigido è una superfi cie indeformabile che serve da vincolo immobile.E’ defi nito da entità geometriche quali linee, archi, spline, superfi ci, ecc.Un corpo rigido non ha alcuna deformazione.Il moto di un corpo rigido è defi nito mediante la velocità di traslazione del centro di rotazione e la velocità angolare attorno all’asse di rotazione.

9.1.3- SIMMETRYQuesta funzione permette di imporre facilmente condizioni di simmetria in un oggetto; un piano di simmetria è caratterizzato da forze di separazione molto alte, in modo che sia permesso solamente il moto in direzione tangente alla superfi cie di contatto.

9.1.4- RIGID w HEAT TRANSFERI corpi rigidi che permettono la trasmissione del calore sono composti da uno o più elementi fi niti.Non è necessario che un corpo rigido che permette la trasmissione di calora corri-sponda completamente con un corpo fi sico.Il tipo di elemento scelto in MARC deve essere un elemento che comprenda la tra-smissione di calore

9.2- Contact Tables.

Una contact table è un set di dati che defi nisce le relazioni intercorrenti fra contact bodies in un problema di contatto. Le tabelle vengono utilizzate quando è noto quali sono i corpi che potrebbero entrare in contatto durante l’analisi, e si vuole diminuire il tempo di calcolo dicendo al programma quali superfi ci considerare per il contatto.La defi nizione da parte dell’utente dei possibili punti di incontro riduce notevolmente l’onere computazionale, in quanto, se non viene defi nita alcuna contact table, ogni corpo controlla i possibili contatti con qualsiasi altro corpo esistente nel modello, ed anche con se stesso nel caso in cui il corpo sia deformabile.E’ possibile inoltre defi nire una tabella per evitare che due corpi entrino in contatto, ad esempio nel caso in cui un corpo deformabile si stacchi da un altro corpo durante una prima fase della deformazione e non si vuole che essi si incontrino nuovamente in seguito. In questo caso è suffi ciente defi nire una nuova tabella di contatto dove questi corpi si sono separati.Ogni Contact Table deve essere selezionata nel caso di carico (LOADCASE) se la si vuole attivare nell’analisi nel modo seguente:LOADCASE/ MECHANICAL/ STATIC/ CONTACT/CONTACT TABLE.In questo menu è possibile inoltre rendere inattivi dei corpi di contatto se non si per l’analisi in corso, selezionando le relative caselle di spunta nell’elenco CONTACTBODY RELEASES.Nel caso in cui ci siano contatti iniziali (a tempo zero), per la loro corretta elaborazione nell’analisi la Contact Table deve essere attivata nel menu JOBS nel modo seguente:JOBS/ MECHANICAL/ CONTACT CONTROL/ INITIAL CONTACT/ CONTACT TABLE.

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Infi ne spesso è necessario selezionare l’opzione che permette che si verifi chino anche note-voli spostamenti differenziali fra i nodi, SPUNTANDO LA CASELLA LARGE DISPLA-LACEMENT nel menu JOBS/ MECHANICAL/ANALYSIS OPTIONS/

9.3- Contact Areas.

E’ un insieme di nodi presenti in un corpo di contatto che potrebbero potenzialmente entrare in contatto con altri corpi. Le aree di contatto sono utilizzate per ridurre l’onere computazionale dove è noto per quali nodi è possibile il contatto. Se nessuna area di con-tatto viene defi nita, ogni nodo presente sul contorno o sulla superfi cie di un corpo viene controllato per il contatto.Ogni Contact Area deve essere selezionata nel caso di carico (LOADCASE) se la si vuole attivare nell’analisi nel modo seguente:LOADCASE/ MECHANICAL/ STATIC/ CONTACT/CONTACT AREAS.Nel caso in cui ci siano contatti iniziali (a tempo zero), per la loro corretta elaborazione nell’analisi la Contact Area deve essere attivata nel menu JOBS nel modo seguente:JOBS/ MECHANICAL/ CONTACT CONTROL/ INITIAL CONTACT.

9.4- Exclude Segments.

E’ un comando usato per defi nire un insieme di lati e facce di un corpo di contatto che non si vuole entrino in contatto con altri corpi. Anche in questo caso la defi nizione di questi elementi diminuisce la dimensione dell’analisi, evitando che tutti gli elementi vengano controllati.

Fig. 34 - Tabella delle proprietà di contatto fra i corpi.

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E’ anche un modo per essere certi che entrino in contatto solamente le parti dei corpi che si desidera entrino in contatto; in alcuni casi infatti può succedere che un nodo incontri un corpo nonostante questo non sia previsto. Questo può succedere ad esempio quando il contatto fra corpi avviene in corrispondenza di uno spigolo.Gli Exclude Segments devono essere selezionati nel caso di carico (LOADCASE) se si vogliono attivare nell’analisi nel modo seguente:LOADCASE/ MECHANICAL/ STATIC/ CONTACT/ EXCLUDE SEGMENTS.Nel caso in cui ci siano contatti iniziali (a tempo zero), per la loro corretta elaborazione nell’analisi la Contact Area deve essere attivata nel menu JOBS nel modo seguente:JOBS/ MECHANICAL/ CONTACT CONTROL/ INITIAL CONTACT.

9.5- Glued contact.

Questa opzione può essere usata nella modellazione di elementi particolarmente com-plessi, che possono essere divisi in parti più semplici e “incollati” fra loro senza preoccu-parsi della continuità della mesh e della corrispondenza fra i nodi.Il contatto di tipo GLUE permette di defi nire equazioni di legame fra i due corpi non solo normali, ma anche tangenti alle superfi ci di contatto.Si opera nel modo seguente:- si defi niscono le varie parti costituenti l’oggetto come contact body;- si seleziona l’opzione GLUE nella CONTACT TABLE, facendo comparire la lettera G all’icrocio riga-colonna relativo ai due corpi che si vogliono connettere.

Fig. 35 - Opzione GLUE.

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10- FRACTURE MECHANICS10.1- 2-D Cracks.10.2- 3-D Cracks.

11- MESH ADAPTIVITY11.1- Global Remeshing.11.2- Local Adaptivity.

12- DESIGN10.1- Design Variables.10.2- Design Constraints.

Fig. 36 - Risultati di un’analisi a contatto.

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b - ANALYSIS

13- LOADCASES (Casi di carico)

Per comprendere l’uso dei casi di carico (LOADCASES) in MARC, è importante spiegare prima alcune opzioni che andranno defi nite nel successivo menu JOBS; nel menu JOBS, infatti, si stabilisce il tipo di lavoro che deve essere fatto dall’elaboratore, e per fare questo è necessario avere precedentemente creato uno o più casi di carico .Per potere procedere con l’analisi, l’utente deve quindi creare un JOB, cioè un processo di lavoro.Per ogni processo di lavoro è necessario, nel menu JOBS, scegliere l’ANALYSIS CLASS (MECHANICAL, HEAT TRANSFER, COUPLED, JOULE HEATING, ACOUSTIC, ACOUSTIC-SOLID, BEARING, FLUID, FLUID-THERMAL, FLUID-SOLID, FLUID-THERMAL-SOLID, ELECTROSTATIC, ELECTROMAGNETIC), classe di analisi che si intende condurre.Per ogni ANALYSIS CLASS, devono essere inseriti nel relativo sottomenu una serie di parametri che defi niscono l’analisi; innanzitutto deve essere defi nita la storia di carico; selezionando i loadcases dalla lista dei casi di carico creati in precedenza (AVAILABLE LOADCASES), si crea la sequenza che verrà seguita nel calcolo.I casi di carico verranno analizzati secondo l’ordine in cui vengono selezionati.

Fig. 37 - Sequenza di casi di carico.

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13.1- Defi nizione del caso di carico (Loadcase Class).

In MARC Mentat, ogni caso di carico (loadcase) descrive una parte della storia di carico (load history). Per ogni caso di carico deve essere scelto il tipo di loadcase. A seconda della classe di analisi, è disponibile un certo numero di tipi di loadcases fra cui scegliere.Nel sottomenu relativo al tipo di caso di carico scelto, devono essere defi niti tutti i parame-tri relativi allo specifi co loadcase. L’utente deve selezionare quali fra le condizioni al contorno precedentemente create saranno attive in ogni loadcase. Di default tutte le condizioni al contorno esistenti vengono automaticamente selezionate quando viene creato un caso di carico.Una volta selezionato dal menu principale il pulsante LOADCASES, si accede ad un menu secondario in cui è da scegliere la classe di loadcase desiderata; al solito sono presenti un gran numero di classi di loadcases (MECHANICAL, HEAT TRANSFER, COUPLED, JOULE HEATING, FLUID, FLUID-THERMAL, FLUID-SOLID, FLUID-THERMAL-SOLID, ACOUSTIC, ACOUSTIC-SOLID, BEARING, ELECTROSTATIC, MAGNETO-STATIC, ELECTROMAGNETIC), ci limiteremo a vedere la MECHANICAL.

N.B.: Nel caso di semplici analisi lineari, non è necessario creare un loadcase; le condi-zioni al contorno possono essere selezionate direttamente come carichi iniziali (INITIAL LOADS) nel menu JOBS, nel qual caso i carichi vengono applicati all’incremento 0.

Fig. 38 - Finestra “LOADCASES”.

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13.1.1- MECHANICALAnche questo sottomenu contiene a sua volta tutta una serie di opzioni ognuna della quali conduce a propria volta ad altri sottomenu (STATIC, BUCKLE, CREEP, DYNAMIC MODAL, DYNAMIC TRANSIENT, DYNAMIC HARMO-NIC, SPECTRUM RESPONSE, BODY APPROACH), ci limitiamo ad esaminare il pulsante relativo all’analisi statica, STATIC.Seguendo quindi il percorso

LOADCASES MECHANICAL STATIC

si giunge ad una fi nestra dove è necessario defi nire principalmente due cose: i cari-chi (LOADS) che intervengono nell’analisi, ed il tipo di procedura utilizzata nel-l’applicazione al modello dei suddetti carichi.- Per defi nire i carichi è suffi ciente entrare nel menu LOADS e selezionare i carichi fra quelli disponibili; le voci non selezionate non verranno considerate nel calcolo anche se esistenti nel modello.- Le procedure di applicazione dei carichi sono divise in due classi: STEP-PING PROCEDURE e ADAPTIVE LOADING.

Fig. 39 - Defi nizione di un caso di carico “STATIC”.

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13.2- Calcolo incrementale.

L’assunzione di legami costitutivi di tipo elasto-fragile a trazione comporta la non linearità dell’analisi; ciò signifi ca che si rende necessario un metodo incrementale iterativo di calcolo: si suddivide cioè il carico totale agente sulla struttura in una serie di incrementi (steps); gli stati di sforzo e di deformazione al termine di ogni incremento vengono determinati per via iterativa, equilibrando ad ogni ciclo le ten-sioni che eccedono quella di rottura con un sistema di forze nodali fi ttizie di valore sempre più piccolo al crescere del numero di iterazioni: raggiunto appunto uno stato tensionale ammissibile, si passa al successivo incremento di carico. Lo stato di sforzo e di deformazione corrispondente al carico totale, risulta defi nito alla fi ne dell’intero processo incrementale iterativo, e rappresenta la risposta della struttura in regime non lineare. Queste operazioni sono svolte in automatico dal programma, una volta assegnato il numero degli incrementi in cui si intende suddividere il carico ed il valore spettante a ciascun incremento nonché, naturalmente, i parametri costi-tutivi del materiale.

13.2.1- STEPPING PROCEDUREE’ una procedura di applicazione dei carichi per incrementi successivi costanti; si insericono i parametri numerici relativi al tempo totale di carico (TOTAL LOADCASE TIME), ed al numero di steps in cui questo tempo viene suddiviso (PARAMETERS/ #STEPS).

Fig. 40 - Attivazione delle condizioni al contorno nal caso di carico.

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E’ bene sottolineare che la divisione in steps della fase di carico della struttura, non infl uisce sulla legge di applicazione dei carichi, per cui se sono state inserite delle tabelle temporali per defi nire la funzione di applicazione di un’azione, di queste il programma terrà conto nella suddivisione della stessa.Nella visualizzazione dei risultati ad ogni step calcolato corrisponderanno visualiz-zazioni dei valori determinati nell’incremento relativo.

13.2.2- ADAPTIVE LOADINGSono procedure di applicazione dei carichi incrementali e iterative, cioè secondo incrementi variabili in funzione delle sollecitazioni che si sviluppano nel materiale.Queste procedure sono da utilizzare nel caso di analisi non lineare, e consentono di procedera nel calcolo anche in presenza di fenomeni locali di superamento delle tensioni di rottura del materiale.In MARC ci sono vari tipi di procedure:MECH. LOAD (ARC LENGTH)THERMAL LOADMECH. LOAD (EQUILIBRIUM)MECH. LOAD (MULTI-CRITERIA)Per ognuna di queste sono da defi nire numerosi parametri; quella generalmente più usata è la ARC LENGTH.

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14- JOBS

Un JOB non è altro che la sequenza di casi di carico (LOADCASES), condizioni iniziali (INITIAL CONDITIONS), eventuali problemi di contatto (CONTACT CONTROL), e quant’altro venga impostato per l’analisi.Per ogni processo di lavoro è necessario, nel menu JOBS, scegliere l’ANALYSIS CLASS (MECHANICAL, HEAT TRANSFER, COUPLED, JOULE HEATING, ACOUSTIC, ACOUSTIC-SOLID, BEARING, FLUID, FLUID-THERMAL, FLUID-SOLID, FLUID-THERMAL-SOLID, ELECTROSTATIC, MAGNETOSTATIC, ELECTROMAGNETIC), classe di analisi che si intende condurre.Per ogni ANALYSIS CLASS (nel nostro caso tratteremo solo la MECHANICAL) devono essere inseriti nel relativo sottomenu una serie di parametri che defi niscono l’analisi;

14.1- Storia di Carico.

La storia di carico si indica selezionando i loadcases dalla lista dei casi di carico creati in precedenza (AVAILABLE LOADCASES); in questo modo si crea la sequenza di carico che verrà seguita nel calcolo.E’ inoltre possibile indicare, nel menu INITIAL LOADS, quali sono le condizioni al con-torno da applicare all’istante 0 e i carichi iniziali da attivare, ed eventuali altre opzioni come ad esempio quelle relative a problemi di contatto (CONTACT CONTROL).

14.2- Element Types (Mechanical).

In questo menu per ognuno dei tipi di elementi fi niti disponibili nel programma viene visualizzato il numero identifi cativo e le caratteristiche relative all’analisi che supporta.

14.3- Opzioni del menu JOBS.

Mediante il pulsante ANALYSIS OPTIONS si accede ad una fi nestra nella quale si pos-sono gestire i parametri relativi al tipo di analisi condotta, sia essa elastica, elastoplastica, modale, dinamica, ecc.

Nel menu JOB RESULTS si indicano i tensori e gli scalari per l’elaborazione dei risultati.

Nel menu JOB PARAMETERS si indicano l’allocazione di memoria, le preferenze nume-riche, il numero di modi per l’analisi modale, lo smorzamento, ecc.

Nel menu ANALYSIS DIMENSION si seleziona il tipo di analisi da condurre: 3-D, AXI-SIMMETRIC, PLANE STRAIN, PLANE STRESS, 2-D.

14.4- Avviare il calcolo.

Per avviare il calcolo (“lanciare l’analisi”), dopo avere iccato sui pulsanti di controllo CHECK e RENUMBER ALL, selezionare RUN. Il comando porta ad una fi nestra da cui

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si avvia l’analisi; non resta che azionare i pulsanti SUBMIT 1 e MONITOR, e attendere l’esito del calcolo.Se alla fi ne dell’elaborazione il numero nell’ultimo campo in basso (EXIT NUMBER) è 3004, l’analisi è andata a buon fi ne, altrimenti consultare il messaggio (MESSAGE) che indica i probabili motivi dell’interruzione dell’analisi: errori di input da parte dell’utente, raggiungimento dei limiti di rottura nel materiale, ecc.

Fig. 41 - Avvio del processo di calcolo.

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c - POSTPROCESSING

15- RESULTS

MARC dispone di una serie di funzionalità per la gestione delle informazioni elaborate nel calcolo. I risultati dell’analisi possono essere organizzati attraverso l’interfaccia grafi ca in un notevole numero di modalità di visualizzazione, per permettere all’utente di orientarsi agevolmente nella grande quantità di dati che il programma fornisce.Attraverso il pulsante RESULTS del menu principale, si accede ad una serie di comandi per la gestione delle informazioni fornite dal calcolo; si elencano di seguito le principali funzionalità.

15.1- Menu File.

15.1.1- APERTURA DEI FILES DI RISULTATIIn alto a sinistra nella fi nestra del menu RESULTS, sono raggruppati i comandi per la gestione dei fi les generati dal programma e degli steps di carico nel caso di analisi condotte per via incrementale.Il pulsante OPEN DEFAULT, se è impostata come CURRENT DIRECTORY (menu FILE) la stessa cartella dove è stato salvato il modello, apre automaticamente il fi le generato dal calcolo appena terminato; nel caso in cui si apra un modello sul quale il calcolo è stato condotto in precedenza, o la CURRENT DIRECTORY sia differente, può succedere che questo comando non trovi il fi le dei risultati automaticamente, nel qual caso è necessario cercare tramite il comando OPEN il fi le da visualizzare. I fi les di risultati hanno estensione _job1.t16 o _job1.t19.

Fig. 42 - Finestra “RESULTS”.

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15.1.2- VISUALIZZAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICOSe è stata condotta un’analisi divisa in incrementi, il fi le di output contiene i risultati relativi ad ogni incremento calcolato.Di seguito si riportano le funzionalità che permettono all’utente di muoversi fra i vari incrementi dell’analisi.

SCAN - visualizza una tabella contenente il numero di incrementi e per ognuno di essi il peso del fi le ed il momento relativamente alla storia di carico in cui è avve-nuto lo step. E’ possibile selezionare direttamente da questa tabella l’incremento da visualizzare.

NEXT INC - Dall’incremento visualizzato porta a quello successivo.

SKIP INCS - E’ possibile inserire un numero di incrementi da saltare per la visua-lizzazione successiva.

REWIND - Riporta il modello al primo incremento (tempo 0).

SKIP TO INC - Permette di vedere direttamente lo step desiderato inserendo il numero dell’incremento relativo.

MONITOR - Vengono visualizzati in sequenza tutti gli steps del calcolo, a partire da quello visualizzato nel momento dell’attivazione del pulsante.

15.2- Deformed Shape.

Uno dei risultati più interessanti del calcolo è la confi gurazione deformata, lo studio della quale permette all’utente di ricavare immediatamente informazioni qualitative sul compor-tamento delle strutture sotto carico.E’ possibile visualizzare il modello nella confi gurazione indeformata (OFF) e deformata (DEF ONLY); la deformata può essere visualizzata anche assieme ai contorni dell’indefor-mata per avere un riferimento visivo immediato (DEF&ORIG).

Il pulsante SETTINGS porta ad una fi nestra nella quale sono raggruppati i comandi che permettono di controllare la visualizzazione della deformata, attraverso l’impostazione del fattore di amplifi cazione della deformazione (DEFORMATION SCALING). Può essere inserito un fattore fi sso (MANUAL) oppure si può lasciare che il programma lo gestisca automaticamente per mantenere proporzionata la scala di visualizzazione ed evitare ecces-sive amplifi cazioni, per cui il modello viene deformato a tal punto da risultare irrico-noscibile, o fattori troppo piccoli per cui la deformata non si discosta percettibilmente dall’indeformata.E’ bene considerare che lasciare l’impostazione di visualizzazione della confi gurazione deformata in automatico non permette di rendersi conto della deformazione progressiva delle strutture, in quanto il fattore di amplifi cazione è variabile ad ogni incremento; si con-siglia quindi di impostare opportunamente il fattore di scala manuale e lasciarlo fi sso prima di procedere alla visualizzazione dei risultati.

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15.3- Scalar Plot.

Quest’area raggruppa I comandi di gestione della visualizzazione dei risultati:OFF - Nessun risultato è visualizzato.

CONTOUR LINES - Vengono visualizzati i contorni delle aree che contengono i punti ad uguale valore rispetto al risultato visualizzato.

CONTOUR BANDS - Visualizzazione per aree colorate.

Fig. 44 - “CONTOUR BANDS”.

Fig. 43 - “CONTOUR LINES”.

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SYMBOLS - Visualizzazione con quadratini colorati secondo una scala di valori.

ISO-SURFACES- In elementi ed analisi tridimensionali evidenzia le superfi ci che sono luogo dei punti ad uguale valore.

Fig. 45 - “SYMBOLS”.

Fig. 46 - “ISO-SURFACES”.

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BEAM CONTOURS- I risultati sono visualizzati solo sui contorni della geometria.

CONTOUR CENT- Come contour bands, ma ogni elemento viene colorato in modo omo-geneo.

Fig. 48 - “CONTOUR CENT”.

Fig. 47 - “BEAM CONTOURS”.

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NUMERICS- Di fi anco ad ogni nodo del modello viene scritto il valore corrispondente calcolato.

CUTTING PLANE- mostra bande di valori uguali interpolati nei piani di intersezione.

BEAM VALUES - Visualizza su ogni tratto di trave tre punti signifi cativi dello stato di sollecitazione.

Fig. 50 - “CUTTING PLANE”.

Fig. 49 - “NUMERICS”.

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15.4- Scalar.Attraverso il pulsante SCALAR si accede ad un menu dove si può scegliere il risultato da visualizzare sul modello; possono essere visualizzate componenti di deformazione, di tensione interna, reazioni vincolari, forze applicate, ecc.Una volta scelto lo scalare da visualizzare, all’interno del menu secondario SETTINGS, nell’area SCALAR PLOT, si possono impostare i valori estremi della scala di visualizza-zione ed il numero di livelli in cui questa è suddivisa (2-30).

Fig. 51 - Scelta dei risultati da visualizzare.

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INDICE

INTRODUZIONE............................................................................................................... 2

1- IL CALCOLO STRUTTURALE ...................................................................... 31.1- Metodi per il calcolo delle strutture................................................................... 31.2- Metodo delle forze, metodo degli spostamenti.................................................. 31.3- Il Metodo degli Elementi Finiti........................................................................... 4

2- APPROCCIO A MSC MARC............................................................................ 82.1- Architettura del programma................................................................................... 82.2- Le 5 aree dello schermo............................................................................................ 92.3- Uso del mouse............................................................................................................ 102.4- Operatività dei comandi........................................................................................... 102.5- I comandi dell’area “universal/draw”.................................................................... 11

2.5.1- FILES.......................................................................................................... 112.5.2- PLOT........................................................................................................... 112.5.3- VIEW........................................................................................................... 122.5.4- DYN. MODEL............................................................................................ 122.5.5- UTILS.......................................................................................................... 12

SNAPSHOT................................................................................................ 12ANIMATION.............................................................................................. 12

Procedimento per la creazione di un’animazione e di un fi lmato...................... 12DISTANCE................................................................................................. 13CALCULATE............................................................................................. 13SIZES.......................................................................................................... 13LENGHT, AREA & VOLUME DIRECT CALCS.................................... 13

2.5.6- SHORTCUTS.............................................................................................. 132.5.7- HELP........................................................................................................... 13

a - PREPROCESSING

3- MESH GENERATION - Creazione del modello di calcolo............................... 143.1- Aggiungere/rimuovere/modifi care nodi, elementi, punti, curve, superfi ci, solidi...................................................................................................................... 153.2- Classi di elementi (ELEMENT CLASS)............................................................ 15

3.2.1- ELEMENTO 52: TRAVE ELASTICA RETTILINEA (LINE 2).............. 163.2.2- ELEMENTO 75: GUSCIO SPESSO PIANO (QUAD 4)........................... 173.2.3- ELEMENTO 7: PARALLELEPIPEDO TRIDIMENSIONALE (HEX 8). 17

3.3- Geometrie (CURVE/SURFACE/SOLID TYPE)............................................... 183.4- Sistema di riferimento (COORDINATE SYSTEM)......................................... 193.5- Funzioni per la generazione di una mesh di elementi fi niti.............................. 20

3.5.1 ATTACH...................................................................................................... 203.5.2 CHANGE CLASS........................................................................................ 203.5.3 CONVERT................................................................................................... 20 3.5.4 EXPAND...................................................................................................... 21

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3.5.5 MOVE.......................................................................................................... 213.5.6 RENUMBER................................................................................................ 213.5.7 SOLID........................................................................................................... 213.5.8 SUBDIVIDE................................................................................................. 223.5.9 SYMMETRY................................................................................................ 223.5.10 AUTOMESH ............................................................................................. 22Condizioni che devono essere verifi cate in ogni operazione di meshatura........... 223.5.11 CHECK....................................................................................................... 243.5.12 DUPLICATE.............................................................................................. 243.5.13 INTERSECT............................................................................................... 243.5.14 RELAX....................................................................................................... 243.5.15 REVOLVE.................................................................................................. 243.5.16 STRETCH................................................................................................... 253.5.17 SWEEP....................................................................................................... 25

4- BOUNDARY CONDITIONS (Condizioni al contorno)................................... 264.1 - Gestione delle condizioni al contorno.................................................................... 274.2 -Boundary Conditions Class..................................................................................... 274.3 - Tipi di Mechanical Boundary Conditions............................................................. 27

4.3.1 FIXED DISPLACMENT............................................................................. 27Procedimento di defi nizione di una condizione al contorno e di assegnazione della stessa agli elementi.......................................................... 294.3.2 POINT LOAD............................................................................................... 294.3.3 EDGE LOAD................................................................................................ 294.3.4 FACE LOAD................................................................................................ 304.3.5 GRAVITY LOAD........................................................................................ 30

4.4 - Generazione di tabelle per l’assegnazione delle Boundary Conditions.............. 32Metodo di defi nizione ed assegnazione di una tabella ad un’applicazione.......... 32

4.5 - Transformations...................................................................................................... 33

5- INITIAL CONDITIONS..................................................................................... 34

6- LINKS................................................................................................................... 346.1- Tipi di LINKS........................................................................................................... 35

6.1.1 NODAL TIES............................................................................................... 35Procedimento per inserire un link in un modello che simuli la presenza di una catena metallica..................................................... 356.1.2 SERVO LINKS............................................................................................ 356.1.3 SPRINGS/DASHPOTS................................................................................ 35

7- MATERIAL PROPERTIES............................................................................... 377.1- Isotropic Material..................................................................................................... 37

Principali parametri che devono essere inseriti per defi nire un materiale........... 377.2- Low Tension Cracking............................................................................................. 397.3 Orthotropic Material................................................................................................. 41

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7.4- Non mechanical material types................................................................................ 417.5- Layered materials..................................................................................................... 41

8- GEOMETRIC PROPERTIES................................................................................... 428.1- Proprietà Geometriche 3D....................................................................................... 42

8.1.1- TRUSS......................................................................................................... 438.1.2- CABLE........................................................................................................ 438.1.3- ELASTIC BEAM........................................................................................ 438.1.4- GENERAL BEAM...................................................................................... 438.1.5- ELBOW....................................................................................................... 438.1.6- MEMBRANE.............................................................................................. 438.1.7- SHEAR PANEL.......................................................................................... 438.1.8- SHELL......................................................................................................... 44 8.1.9- SOLID......................................................................................................... 448.1.10- SOLID REBAR, MEMBRANE REBAR, SOLID COMPOSITES.......... 44

8.2- Disegno di sezioni di travi (BEAM SECTION)...................................................... 458.3- Proprietà Geometriche in caso di simmetrie (AXISIMMETRIC)....................... 45

8.3.1- SHELL......................................................................................................... 458.3.2- SOLID......................................................................................................... 458.3.3- SOLID REBAR, SOLID COMPOSITES................................................... 45

8.4- Proprietà Geometriche per elementi piani (PLANAR)......................................... 458.4.1- 2D STRAIGHT BEAM............................................................................... 458.4.2- 2D CURVED BEAM.................................................................................. 468.4.3- PLANE STRESS......................................................................................... 468.4.4- PLANE STRAIN......................................................................................... 46

8.4.5- PLANE STRAIN REBAR, PLANE STRAIN COMPOSITE..................... 468.5- Oggetti con vuoti materiali o problemi di attrito (GAP/FRICTION).................. 47

8.5.1- GAP/FRICTION LINK............................................................................... 478.6- Proprietà Geometriche per problemi di scambio energetico................................ 47

9.2.1 HEAT TRANSFER...................................................................................... 47

9- CONTACT................................................................................................................... 489.1- Contact Bodies.......................................................................................................... 509.2- Contact Tables.......................................................................................................... 519.3- Contact Areas............................................................................................................ 529.4- Exclude Segments..................................................................................................... 529.5- Glued contact............................................................................................................ 53

10- FRACTURE MECHANICS..................................................................................... 5410.1- 2-D Cracks.10.2- 3-D Cracks.11- MESH ADAPTIVITY............................................................................................... 5411.1- Global Remeshing.11.2- Local Adaptivity.12- DESIGN...................................................................................................................... 5410.1- Design Variables.10.2- Design Constraints.

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b - ANALYSIS

13- LOADCASES (Casi di carico).................................................................................. 5513.1- Defi nizione del caso di carico (Loadcase Class)................................................... 56

13.1.1- MECHANICAL........................................................................................ 5713.2- Calcolo incrementale.............................................................................................. 58

13.2.1- STEPPING PROCEDURE........................................................................ 5813.2.2- ADAPTIVE LOADING............................................................................ 59

14- JOBS........................................................................................................................... 6014.1- Storia di Carico....................................................................................................... 60 14.2- Element Types (Mechanical)................................................................................. 6014.3- Opzioni del menu JOBS......................................................................................... 6014.4- Avviare il calcolo..................................................................................................... 60

c - POSTPROCESSING

15- RESULTS................................................................................................................... 6215.1- Menu File................................................................................................................. 62

15.1.1- APERTURA DEI FILES DI RISULTATI................................................ 6215.1.2- VISUALIZZAZIONE DEGLI INCREMENTI DI CARICO................... 63

SCAN ......................................................................................................... 63NEXT INC ................................................................................................. 63SKIP INCS.................................................................................................. 63REWIND .................................................................................................... 63SKIP TO INC ............................................................................................. 63MONITOR.................................................................................................. 63

15.2- Deformed Shape...................................................................................................... 6315.3- Scalar Plot................................................................................................................ 64

OFF........................................................................................................................ 64 CONTOUR LINES ............................................................................................... 64CONTOUR BANDS ............................................................................................. 64SYMBOLS............................................................................................................ 65ISO-SURFACES................................................................................................... 65BEAM CONTOURS............................................................................................. 66CONTOUR CENT................................................................................................. 66NUMERICS........................................................................................................... 67CUTTING PLANE................................................................................................ 67BEAM VALUES .................................................................................................. 67

15.4- Scalar....................................................................................................................... 68

INDICE............................................................................................................................ 69

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