Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

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Manuale di psichiatria Parte Prima ASPETTI GENERALI .1 Introduzione alla psichiatria La psichiatria si pone al confine tra scienze della natura e scienze dell’uomo. La psichiatria ha rapporti con varie discipline. Nella seguente tabella, vengono discussi tali rapporti e gli apporti di ciascuna di queste discipline alla psichiatria. Rapporto e apporti Pro e contro Neurologia Disturbi mentali con accertata base somatica tendono ad essere ricondotti alla neurologia (es. demenze); disturbi mentali senza accertata base somatica restano di competenza della neurologia Un approccio esclusivamente neurologico risulta riduttivo, poiché le disfunzioni mentali, anche quando è presente una base organica accertata, interagiscono in modo complesso con il contesto socioambientale Neurobiologia (neuroscienze) L’approccio neurobiologico si è sviluppato fuori dalla psichiatra, ma è riuscito a trasformarla progressivamente La psichiatria clinica, al momento, non può contare su ipotesi neurobiologiche sufficientemente solide Psicologia I fattori psicologici e le esperienze di vita sono importanti per i disturbi mentali Filosofia Ogni discussione su concetti quali coscienza, volontà, etc, sconfina facilmente in questioni filosofiche Antropologia La malattia mentale coinvolge la totalità dell’individuo, il contesto delle relazioni interpersonali, la cultura, il sistema di valori Sociologia È stato dato particolare rilievo alle determinanti sociali dei disturbi mentali

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Manuale di psichiatria

Parte Prima

ASPETTI GENERALI

.1 Introduzione alla psichiatria

La psichiatria si pone al confine tra scienze della natura e scienze dell’uomo.La psichiatria ha rapporti con varie discipline. Nella seguente tabella, vengono discussi tali

rapporti e gli apporti di ciascuna di queste discipline alla psichiatria.

Rapporto e apporti Pro e contro

Neurologia Disturbi mentali con accertata base somatica tendono ad essere ricondotti alla neurologia (es. demenze); disturbi mentali senza accertata base somatica restano di competenza della neurologia

Un approccio esclusivamente neurologico risulta riduttivo, poiché le disfunzioni mentali, anche quando è presente una base organica accertata, interagiscono in modo complesso con il contesto socioambientale

Neurobiologia (neuroscienze)

L’approccio neurobiologico si è sviluppato fuori dalla psichiatra, ma è riuscito a trasformarla progressivamente

La psichiatria clinica, al momento, non può contare su ipotesi neurobiologiche sufficientemente solide

Psicologia I fattori psicologici e le esperienze di vita sono importanti per i disturbi mentali

Filosofia Ogni discussione su concetti quali coscienza, volontà, etc, sconfina facilmente in questioni filosofiche

Antropologia La malattia mentale coinvolge la totalità dell’individuo, il contesto delle relazioni interpersonali, la cultura, il sistema di valori

Sociologia È stato dato particolare rilievo alle determinanti sociali dei disturbi mentali

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LE MATRICI STORICHE E GLI ORIENTAMENTI ATTUALILa scuola di medicina Ippocratica, per la prima volta, considerò i disturbi psichici “malattie

come tutte le altre” e non soprannaturali o divine.Tra XVII e XVIII secolo, si ha la diffusione dei manicomi, istituti appositi per i malati

mentali. In questo modo, si creano le condizioni per l’osservazione clinica e compaiono medici, gli alienisti, dediti allo studio e alla cura dei disturbati mentali. Si cercano lesioni organiche, ma, al tempo stesso, si ritiene che la maggior parte delle cause delle malattie mentali siano su base passionale.

Nella seconda metà dell’800, ci si rende conto dell’impossibilità di trovare correlati lesionali di tutte le forme morbose, per cui l’interesse viene rivolto alla delimitazione clinica di entità sindromiche, con caratteristiche sintomatologiche e di decorso omogenee (forme morbose). In questo senso:

Il contributo di Kraepelin, che distinse tra malattia maniaco depressiva e demenza precoce

La contestazione al positivismo, negli ultimi decenni dell’800 ed nei primi del ‘900, influenzò le idee ed il modo di operare della psichiatria. Ecco che cosa successe:

La clinica psichiatrica recuperò interesse verso le esperienze soggettive del paziente (vissuti)

Freud sviluppò una teoria del funzionamento psichico che tendeva a ridurre la patologia mentale a conflitti intrapsichici. Ne è derivata una corrente di pensiero che, per quanto di matrice naturalistica, si è posta ben presto in contrapposizione al modello medico, tendendo a interpretare l’intera patologia mentale in chiave psicogenetica

Nei primi decenni del ‘900, l’attenzione fu focalizzata sui determinanti sociali dei disturbi psichici. Anche qui, si passò ben presto alla formulazione di modelli alternativi a quello medico, come quello degli orientamenti relazionali (tutta la patologia mentale sarebbe patologia della comunicazione)

Di origine diversa, sono invece gli orientamenti sociopsichiatrici, secondo i quali ogni condotta deviante sarebbe relativa al contesto, ovvero una risposta logica ad un contesto illogico. Secondo le posizioni più radicali (antipsichiatria), inoltre, le malattie mentali, nel senso medico del termine, non esistono.

Fino ai primi anni ’70, è stata privilegiata l’ottica psicodinamico, adesso, invece, ha ripreso vigore l’orientamento medico-biologico.

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EZIOLOGIA E PATOGENESI

L’eziologia dei più importanti disturbi è sostanzialmente sconosciuta

Difficilmente, comunque, dovremo aspettarci cause uniche, necessarie e sufficienti

È tradizione, in psichiatria, fare riferimento ad una tripartizione di cause. Vedi tabella seguente.

Cause esogene Cause fisiche (tossiche, infettive, traumatiche, etc.) provenienti dall’esterno e, più in generale, tutti i fattori organici che influiscono sull’attività mentale (anche tumori, encefaliti, etc.)

Cause endogene Fattori all’interno dell’organismo, su base genetico-costituzionale. Non vi corrisponde una lesione organica dimostrata

Cause psicogene Fattori che agiscono a livello psichico (avvenimenti, traumi, eventi stressanti, etc.)

Questa tripartizione ha dato origine ad una classificazione eziologia (disturbi esogeni, endogeni, psicogeni) che ha fatto il suo tempo, anche se è ancora abbastanza diffusa nel linguaggio psichiatrico. Il suo limite stava nel considerare che i vari fattori si escludessero a vicenda.

Esempio: è artificioso separare le depressioni endogene (a presunta genesi biologica) dalle depressioni reattive: un’eventuale vulnerabilità biologica rende, in vario grado, suscettibili a manifestare episodi depressivi in relazione ad eventi più o meno rilevanti

La ricerca farmacologia ha stimolato varie ipotesi eziopatogenetiche, mediante lo studio delle risposte ai vari farmaci e del loro meccanismo di azione.

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Oggi, possiamo distinguere vari fattori causali dei vari disturbi mentali. Sono riassunti nella seguente tabella.

Fattori Descrizione Ipotesi di studio In particolare

Congeniti È ampiamente documentato un carico genetico per molti disturbi mentali, in particolare per i disturbi dell’umore

Studi sui gemelli adottivi, per discriminare variabili ambientali da variabili genetiche

Fattori perinatali: ad esempio, la stagionalità di nascita degli schizofrenici

Connessi allo sviluppo e ad esperienze precoci (antecedenti)

Eventi precoci possono agire come sensibilizzatori per successive patologie, sia nel senso di svilupparle che in quello di consentire l’apprendimento di meccanismi di coping, proteggendo da future patologie

Alcuni comportamenti sintomatici possono essere correlati a disturbi nelle relazioni familiari

Le ipotesi sono difficili da verificare

Attuali I fattori immediati delle malattie. Sono i più facili da indagare

Per quanto riguarda i fattori sociali, ricerche hanno riguardato il clima emotivo in famiglia (emozioni espresse), come fattore influenzante il decorso ed il rischio di ricadute

Fattori biologici (tossici, infettivi, etc.), sia intra che extracerebrali: indubbia la correlazione tra alcuni sintomi e patologie con ritmi biologici (circadiano, stagionali)

Eventi stressanti (ES): sembrano addensarsi nei mesi precedenti l’insorgenza di varie patologie

Fattori sociali: condizioni di emarginazione, particolari tipi di relazioni familiari

Concomitanti e di II ordine

Variabili che interagiscono con il decorso, influenzandone l’evoluzione naturale, così che viene a mancare una correlazione lineare con il presunto processo morboso

Fattori inerenti il rapporto tra individuo e malattia (personalità, presa di posizione nei confronti dei disturbi, meccanismi di coping)

Sistema sociale: atteggiamento e presupposti culturali dei familiari e della società

Eventi patologici: essi stessi possono influire circolarmente sul proprio manifestarsi e sulle ricadute

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Meccanismi patogenetici

Ipotesi psicologicheLe teorie psicanalitiche privilegiano i meccanismi intrapsichici (conflitti, rimozioni) e le

vicissitudini emotive-pulsionali (fissazioni, regressioni).Le teorie cognitivo-comportamentali accentrano l’attenzione su errori di apprendimento,

condizionamenti, schemi cognitivi distorti, legati ad esperienze precoci (esempio, teoria dell’infelicità appresa).

Ipotesi biologichePer quasi tutti i maggiori disturbi psichiatrici, si accumulano dati su alterazioni

neurotrasmettitoriali e recettoriali. Manca però una teoria unificante e non è chiaro a quale livello patogenetico si collochino queste alterazioni.

Ipotesi di correlazioneSi cerca di correlare le ipotesi della psicopatologia con quelle della neurobiologia. Uno dei

primi tentativi di correlazione è riassunto nel:

Principio jacksoniano: molti stati psicopatologici sarebbero l’espressione di una dissoluzione funzionale dei centri superiori e della conseguente liberazione dei centri inferiori

Da questo, deriverebbe la concomitanza di sintomi negativi, di deficit (ipovigilanza, alogia, etc.) e sintomi positivi, di liberazione (onirismo, deliri, allucinazioni, etc).

Più di recente, gli studi hanno lavorato all’individuazione dei sistemi funzionali, all’osservazione di modifiche recettoriali e neurotrasmettitoriali in relazione allo stress, alla ricerca di dati circa l’influenza dell’apprendimento sulla struttura neuronale e sulla espressività genica. Ipotesi neuroevolutive prospettano che anomalie maturative precoci (in fase embrionale e/o adolescenziale) siano alla base della schizofrenia. Infine, studi hanno dimostrato che, negli animali, esiste un meccanismo di sensibilizzazione neuronale per stimoli ripetuti subliminari (kindling). Questo potrebbe spiegare un aumento di eccitabilità neuronale, in seguito a particolari esperienze di vita o assunzioni di sostanze.

Nella seguente tabella, sono mostrati i più semplici modelli causali di malattia.

Modelli a una dimensione una causa-una sindrome La malattia (entità morbosa) deriva da un solo e specifico complesso causale

Modelli a due dimensioni vulnerabilità-stress La malattia (tipo di reazione, schema preformato di risposta) scaturisce dall’interazione tra una vulnerabilità (congenita e/o acquisita) e più o meno specifici eventi stressanti

Conclusione: una data sindrome clinica può essere considerata espressione di un’interazione tra fattori causali scatenanti e modalità di risposta; il tipo di risposta è a sua volta funzione sia della storia passata, sia della struttura genetico-costituzionale

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DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONELa diagnosi è fondamentale per formulare la prognosi e la scelta terapeutica.Un limite peculiare della psichiatria, che rende le diagnosi poco chiare e carenti di punti di

riferimento e validatori esterni, è la mancanza di sufficienti indicatori (marker) biologici e non, correlabili con i quadri morbosi.

Questo significa che l’eziopatogenesi del disturbo non è nota

In questi casi, si ricorre alla ricerca di altri fattori, per delineare il quadro sindromico:

Omogeneità di decorso

Familiarità specifica

A questi possiamo aggiungere:

Omogeneità di risposta al trattamento

Stabilità sindromica in contesti socioculturali diversi

Eventuale presenza di marker attendibili

La dicotomia di Kraepelin resta un punto di riferimento

I due grandi raggruppamenti psicosi maniaco-depressiva e demenza precoce includono tutte le forme gravi di disturbo mentale, non reattive agli avvenimenti e non fondabili su base somatica (psicosi endogene o funzionali).

Seguendo l’impostazione sistematica di Schneider, restano a parte, da un lato, le psicosi su base somatica accertata (psicosi organiche acute e croniche), dall’altro, i tipi di reazione agli avvenimenti, le turbe di personalità e altri disturbi non assimilabili direttamente al modello medico di malattia.

In questa concezione, è ripreso il criterio gerarchico di Jaspers. La successione è: disturbi organici, schizofrenia, disturbi dell’umore, nevrosi e disturbi di personalità. Ogni classe può presentare sintomi appartenenti alla classe inferiore, ma non viceversa.

La distinzione tra psicosi e nevrosi ha avuto larga diffusione soprattutto nella psichiatria di ispirazione psicodinamica.

Psicosi Disturbo generalmente grave, con perdita di contatto con la realtà, sintomi inconsueti in soggetti normali (es. deliri, allucinazioni), scarsa coscienza di malattia

Nevrosi Disturbo in genere meno grave, con conservazione del contatto con la realtà, sintomi che in proporzione ridotta possono ritrovarsi in chiunque (es. ansia, ossessioni), buona coscienza di malattia

Il termine nevrosi si è andato perdendo, perché molto contraddittorio. Invece, il termine psicosi è oggi usato per indicare sintomi quali deliri, allucinazioni, incoerenza ideativa, catatonia.

Negli anni ’60-’70, si prese coscienza della scarsa affidabilità della diagnosi psichiatrica, poiché il livello di accordo tra psichiatri diversi era desolante. Per ovviare a questo, si pensò alla definizione di criteri diagnostici semioperativi e condivisibili, che si limitano, salvo poche eccezioni, al livello sindromico-descrittivo.

In questo contesto e con queste idee, è stato elaborato il DSM III (Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders della American Psychiatric Association), pubblicato nel 1980, sotto la

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direzione di Spitzer. L’approccio del DSM III è stato sostanzialmente mantenuto nella versione rivista del manuale del 1987, il DSM III-R, e nella nuova edizione del 1994, il DSM IV.

Ciò che è presente nel DSM sono sistemi categoriali e questo fatto pone i limiti di una diagnostica quasi esclusivamente descrittiva, con modesti progressi a livello di eziopatogenesi.

I principali criteri informatori del DSM sono:

Atteggiamento quanto più possibile ateoretico

Criteri diagnostici di inclusione ed esclusione

Diagnosi multiassiali: la diagnosi può essere posta indipendentemente su vari assi (vedi tabella). La valutazione multiassiale consente di non trascurare le varie informazioni attinenti al disturbo, qualunque sia il rapporto tra gli assi (indipendenti o in relazione)

Le varie unità diagnostiche sono raggruppate in gruppi principali (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi somatoformi, etc). Viene persa la dicotomia tra nevrosi e psicosi. I due termini si pongono trasversalmente ai gruppi diagnostici: all’interno di questi ultimi i disturbi si distribuiscono lungo uno spettro di gravità, da forme conclamate a forme attenuate e subcliniche

Asse I Diagnosi principali

Asse II Disturbi di personalità o ritardo mentale

Asse III Disturbi e condizioni fisiche concomitanti

Asse IV Problemi psicosociali e ambientali (eventi stressanti)

Asse V Livello di adattamento premorboso e attuale

L’approccio gerarchico, impiegato in passato nella classificazione dei disturbi mentali, permette di utilizzare una sola diagnosi, anche in presenza di sintomi riferibili a diverse entità sindromiche. Questo modo di operare, in realtà, risulta essere un impedimento nella ricerca e nella pratica clinica, perché genera difficoltà nel definire le interazioni a livello patogenetico tra disturbi concomitanti.

Negli ultimi decenni, studi hanno evidenziato che lo stesso paziente presenta spesso più di un disturbo contemporaneamente. È stato così introdotto, nel 1970, da Feinstein, il termine di comorbidità. Nel DSM IV, l’approccio gerarchico è stato in larga parte superato. Ciò permette di designare diagnosi multiple di comorbidità tra diversi disturbi mentali.

Comorbidità: concomitanza di entità diagnostiche distinte nello stesso paziente in un dato momento (comorbidità intraepisodica), nell’intero arco di vita (comorbidità nel corso della vita) e nei familiari (comorbidità familiare)

Anche l’ultima edizione dell’ICD (ICD-10), dell’OSM, ha assunto un’impostazione analoga al DSM, cosicché i due sistemi internazionali di classificazione possano avere un buon livello di traducibilità.

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.2 Principi di Psicologia Clinica

C’è chi considera la Psicologia Clinica legata ad un equivoco, dato che l’oggetto di studio potrebbe essere del tutto sovrapponibile a quello della psichiatria, per cui risulterebbe soltanto un artificio legato a problemi di tipo professionale.

Dall’altro lato, c’è chi la considera un’area del tutto a sé stante. Questa è l’impostazione che vede la dimensione biologica e farmacologia da una parte e quella psicologica dall’altra.

Infine, vi è una terza posizione che considera la Psicologia Clinica come un’area del corpo psichiatrico, che contiene modalità diagnostiche e di intervento clinico basate su metodi esclusivamente psicologici.

L’oggetto della Psicologia Clinica è, in larga parte, lo stesso della psichiatria: la sofferenza mentale nelle sue diverse forme e manifestazioni

Analizziamo adesso il termine Psicologia Clinica:

Il termine psicologia deriva da “psiche”, parola greca che significa anima, soffio vitale, mente, ed indica, quindi, un’area immateriale, sfuggente di per sé ad un’oggettificazione e non percepibile con i sensi. Con il termine psicologia si indicano le attività superiori tipiche degli esseri umani (attività che hanno a che fare con: consapevolezza, relazioni affettive e cognitive con il mondo e con gli altri, pensieri, affetti, ricordi, sogni, fantasie). Le attività mentali hanno, di necessità, corrispettivi nel corpo, in particolare nel SNC. La mente implica il cervello, ma non si identifica con esso

Il termine clinica si riferisce al metodo clinico per lo studio del comportamento, strumento costituito principalmente dal colloquio clinico

Colloquio clinico: situazione in cui osservatore e osservato si situano in un “campo”, stabile e ben delineato, costruito per contenere ambedue, ma nel quale le modificazioni che avvengono e che vengono registrate sono prevalentemente quelle dell’osservato, anche se esse cono stimolate dalla situazione che include osservatore e osservato

La psicologia e la psicopatologia dello sviluppo si sono affermate, nel XX secolo, col pensiero di Freud e, negli Stati Uniti, di Meyer. Tale approccio si basa sulla considerazione che gli eventi lascino tracce che influiscono sul successivo modo di affrontare la vita.

A volte, la Psicologia Clinica è vista come una modalità di intervento alternativa a quella della Psichiatria: lo psichiatra dà i farmaci, cercando di abolire i sintomi; lo psicologo clinico cura con le parole, cercando di capire il paziente e di aiutarlo. La Psichiatria è attenta primariamente ai sintomi, mentre la Psicologia Clinica è più diretta alla conoscenza di strutture di personalità retrostanti.

Oggi, non è possibile vedere queste due discipline come diverse a causa di una dicotomia corpo-mente. Ambedue i metodi devono essere applicati per comprendere la sofferenza psichica e le condotte umane. Le attività dello psichiatra e dello psicologo sono solo parzialmente distinte ed hanno una larga parte in comune.

Attenzione centrata su Criteri di intervento

Psichiatra Condizioni di comparsa del sintomo, il suo accompagnarsi con altri sintomi, fattori eziopatogenetici, sistema nosografico

Di psicopatologia e clinica psichiatrica

Psicologo clinico Articolazione dei fattori attuali con la storia, le precedenti esperienze e la personalità

Psicodinamici, sociodinamici e di dinamica istituzionale

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.4 Psicopatologia Generale

GENERALITÀ

Psicopatologia Generale: descrizione e classificazione delle alterazioni psichiche e comportamentali, indipendentemente dagli specifici disturbi mentali in cui si trovano. Alcune di queste alterazioni si ritrovano, in forma attenuata, anche in condizioni normali, altre sono pressoché esclusive di condizioni patologiche

La psicopatologia tradizionale deriva la propria impostazione da:

Psicologia classica: descrive l’attività mentale in termini di facoltà (facoltà cognitiva, facoltà affettivo-istintiva, facoltà volitiva), ciascuna comprensiva di specifiche funzioni (pensiero, intelligenza, percezione, memoria, etc.)

□ Da qui deriva la consuetudine di descrivere i vari sintomi psicopatologici nei termini di alterazione delle singole funzioni

Psicologia soggettiva, empatica ed introspettiva: tutti gli orientamenti volti a conoscere e descrivere le esperienze psicopatologiche dal versante del paziente

A livello interpretativo, la Psicopatologia descrittiva attuale si basa su:

Psicodinamica: i termini psicopatologici sono influenzati dal modello freudiano della psiche (conscio-inconscio, Io-Es-SuperIo) e dai relativi costrutti (conflitto, rimozione, meccanismi di difesa). Rispetto alla psicopatologia descrittiva classica, l’attenzione si sposta dalla forma al contenuto dei sintomi

Comportamentismo, cognitivismo: concetti rilevanti per i meccanismi di apprendimento e formazione dei pensieri

Neurobiologia: una moderna psicopatologia non può rinunciare ai contributi di questa disciplina, i più significativi tra i quali oggi sono quelli riguardanti la memoria la coscienza, l’affettività

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Psicologia soggettiva, empatica ed introspettivaNella seconda metà dell’800, in cui la psichiatria si consolidò come disciplina autonoma, prevalevano le concezioni positivistiche, per cui le descrizioni cliniche si fondavano soprattutto sui comportamenti osservabili, piuttosto che sui vissuti soggettivi.In un’ottica antipositivista, nei primi decenni del ‘900, Jaspers contribuì alla definizione di una psicopatologia scientifica, centrando l’attenzione sui vissuti personali del paziente.Secondo Jaspers, i vissuti possono essere comprensibili, mediante immedesimazione, indipendentemente dal fatto che siano spiegabili o meno con il metodo oggettivo delle scienze naturali. I vissuti incomprensibili sono vissuti abnormi, ovvero che trascendono la gamma delle esperienze normali, ma possono essere eventualmente spiegati causalmente.Jaspers distingue tra:

Comprensibilità statica : dei contenuti attuali di coscienza

Comprensibilità genetica : derivazione dello stato attuale da vissuti antecedenti, mediante relazioni comprensibili prima-dopo

La comprensibilità genetica trova presto un limite insormontabile nelle esperienze psicotiche, per cui si passa all’incomprensibile. Tipicamente incomprensibili sono i sintomi primari, espressione diretta del processo morboso, mentre possono essere derivati comprensibilmente da questi i sintomi secondari.

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Psicologia sperimentale e quantitativa: operano ricerche sui principali fenomeni psicopatologici (allucinazioni, deliri, disturbi ideativi, etc.) e misurazioni delle funzioni che si prestano maggiormente a valutazioni quantitative (intelligenza, memoria)

Le fonti osservative della psicopatologia sono le seguenti:

Comportamenti direttamente osservabili

Vissuti altrui (del paziente in particolare), mediati dall’espressione del linguaggio, colti grazie alla capacità di empatia

Vissuti propri (di chi osserva), colti per introspezione

Fenomenologia: studio dei fenomeni soggettivi della vita psichica morbosa, ovvero relativo alle fonti osservative vissuti altrui e vissuti propri

Infine, è da ricordare che, per cogliere il significato dei sintomi, occorre tener conto del contesto ambientale e relazionale in cui essi si manifestano. Inoltre, la semiotica è di grande aiuto in psicopatologia, in quanto si occupa della descrizione di sintomi e segni in relazione alle modalità pratiche per metterli in evidenza.

Tabella riassuntiva:

Psicopatologia generale

Contributi

Impostazione Psicologia classica Suddivisione in tre componenti: cognitiva, affettivo-istintiva, volitiva

Psicologia soggettiva, empatica ed introspettiva

Valorizzazione delle esperienze soggettive e del mondo interiore dei pazienti

Influenze e contributi attuali

Psicodinamica Concetti di conscio-inconscio, Io-Es-SuperIo, conflitto, rimozione, meccanismi di difesa

Comportamentismo, cognitivismo Modelli di apprendimento e di formazione dei pensieri

Neurobiologia Studi su memoria, coscienza, affettività

Psicologia sperimentale e quantitativa

Ricerche su allucinazioni, deliri, disturbi ideativi, etc.

Fonti osservative Comportamenti manifesti

Vissuti propri e altrui

Strumenti Semeiotica

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COSCIENZA, ATTENZIONE, VIGILANZA

Coscienza: stato di consapevolezza di sé e dell’ambiente. Il campo della coscienza include la totalità della esperienze psichiche coscienti. L’autocoscienza è l’esperienza soggettiva di sé, l’autoriflessione

Vigilanza: stato di veglia, ovvero il grado di attivazione delle funzioni di comunicazione con l’ambiente esterno. È soggetta a variazioni quantitative che determinano il livello di intensità della coscienza

Attenzione: capacità di cogliere selettivamente specifici contenuti di coscienza (sia esperienze interiori che stimoli ambientali). Determina il grado di lucidità della coscienza. Si divide in attenzione passiva (stimoli o contenuti di coscienza richiamano l’attenzione indipendentemente dallo sforzo soggettivo) e attenzione attiva (il soggetto dirige volontariamente l’attenzione verso un dato stimolo o contenuto di coscienza)

La compromissione di queste funzioni interferisce inevitabilmente con il funzionamento dell’intera psiche. Per questo, la loro valutazione è da ritenersi prioritaria.

Qui di seguito, dapprima, vengono descritte le alterazioni selettive di attenzione e vigilanza; successivamente, si passa alle alterazioni meno selettive, coinvolgenti l’intera strutturazione dell’attività di coscienza.

Disturbi dell’attenzioneL’attenzione richiede un adeguato livello di vigilanza ed è influenzata da motivazioni,

interessi, stati emotivi.

Una compromissione dell’attenzione attiva determina l’incapacità di mantenere a fuoco stimoli significativi

Questo si traduce in:

Distraibilità: l’attenzione è continuamente deviata da stimoli irrilevanti

Difficoltà di concentrazione: difficoltà di mantenere a lungo l’attenzione attiva su un dato compito

Alterazioni dell’attenzione sono sempre presenti in disturbi della vigilanza e della coscienza, ma si possono ritrovare anche in soggetti normali in condizioni di stanchezza.

Disturbi dell’attenzione nei diversi quadri sindromici:

Stati depressivi Attenzione ristretta a determinati contenuti

Mania È ridotta l’attenzione attiva, mentre è accentuata quella passiva

Schizofrenia Alterazione del filtro dell’attenzione (selezione di informazioni rilevanti)

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Disturbi della vigilanza (disturbi quantitativi della coscienza)I disturbi della vigilanza sono definiti anche alterazioni ipnoidi della coscienza. Possono

essere descritti secondo una scala quantitativa che va dall’obnubilamento al coma:

Obnubilamento: lieve abbassamento dello stato di coscienza, con sonnolenza, difficoltà di attenzione e di concentrazione, innalzamento della soglia agli stimoli, conseguente difficoltà di comprensione, orientamento, percezione, elaborazione

Torpore: tendenza a cadere nel sonno se non sollecitati da stimoli, i movimenti sono rallentati ed impacciati, ridotta la consapevolezza del mondo circostante, attenuate anche le reazioni di evitamento di stimoli dolorosi

Sopore: il paziente è incosciente, ma può essere risvegliato con sollecitazioni energiche

Coma: il paziente non è risvegliabile neanche con stimoli dolorosi

L’ideazione è sempre più o meno rallentata e talora incoerente.Un aumento della vigilanza è anch’esso un disturbo della vigilanza e, non necessariamente,

migliora le capacità attentive, ma anzi, se eccessivo, può interferire sulla capacità di sostenere a lungo l’attenzione (concentrazione).

Gli stati di stupore sono connessi ad alterazioni di coscienza solo in alcuni casi, per cui è necessaria una diagnosi differenziale.

Stati di stupore (mutismo acinetico): paziente inaccessibile e mutacico, con movimenti rallentati fino all’arresto psicomotorio

Alterazioni ipnoidi della coscienza Patologie organiche cerebrali o extracerebrali, stati di intossicazione

Aumento della vigilanza Condizioni più o meno fisiologiche (stati di esaltazione, ansia), assunzione di sostanze (anfetamine)

Stati stuporosi Disturbi organici, psicosi funzionali (depressione, schizofrenia), isteria, reazioni catastrofiche all’avvenimento

Disturbi della strutturazione di coscienza (disturbi qualitativi della coscienza)Nel fenomeno coscienza intervengono varie funzioni strutturanti, deputate all’integrazione

delle varie attività psichiche.Vi sono variazioni fisiologiche dello stato di coscienza (veglia, dormiveglia, sonno, sogno).

Nei disturbi qualitativi della coscienza, vi è un’alterazione dei processi integrativi dell’informazione, che si traduce in sintomi negativi, di deficit (incoerenza ideativa) e positivi, di liberazione di meccanismi primitivi di pensiero (onirismo)

Alterazioni della vigilanza e dell’attenzione sono componenti pressoché costanti del quadro.

Nel complesso, il quadro può presentare:

Alterazioni del livello di vigilanza (sia riduzione che aumento)

Alterazioni dell’attenzione (distraibilità, difficoltà di concentrazione)

Disorientamento

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Disturbi dell’ideazione

Deliri e dispercezioni

Difficoltà a cogliere la realtà circostante (appercezione) e a fissare le tracce mnestiche

Sul piano semeiotico, il disorientamento è uno dei primi sintomi apprezzabili e valutabili. Tuttavia, il disorientamento non è patognomico dei disturbi di coscienza. Suggerisce, infatti, disturbi su base organica (demenze, oligofrenie, disturbi dell’attenzione e della memoria).

Disorientamento: difficoltà a collocarsi nella realtà attuale. In genere, progredisce da una difficoltà ad orientarsi nel tempo, nello spazio, nel riconoscimento di persone, fino alla mancata consapevolezza della propria persona

Il principale tra i disturbi con compromissione dello stato di coscienza è il delirium o stato confusionale. Sono presenti, inoltre, lo stato crepuscolare e quello oniroide.

Delirium (stato confusionale): disorientamento, distraibilità, disturbi mnestici, incoerenza ideativa, deliri frammentari (per lo più a carattere persecutorio e a notevole partecipazione emotiva), instabilità affettiva (paura, ansia, allarme, giocosità fatua, perplessità), disturbi psicomotori, illusioni e allucinazioni, turbe vegetative (tachicardia, sudorazione, ipertermia, etc.). Tipicamente, i sintomi sono fluttuanti nel corso della giornata e tendono a peggiorare nelle ore serali e notturne. Si distinguono forme ipoattive, con abbassamento della vigilanza, inibizione, scarsa sintomatologia produttiva (pressoché equivalenti all’obnubilamento di coscienza), da forme iperattive (delirium in senso stretto), con ricca produttività delirante allucinatoria di tipo onirico, ipervigilanza, iperreattività, irrequietezza motoria

Amenza: forma grave di delirium, con imponente compromissione somatovegetativa

Stato crepuscolare: restringimento del campo di coscienza con polarizzazione su pochi contenuti ideoaffettivi, orientamento abbastanza conservato, condotta relativamente finalizzata in relazione alla polarizzazione ideativa, percezione distorta del mondo circostante (falsamento sistematico, connesso ai temi ideoaffettivi). Inizio e termine sono di solito bruschi. La durata varia da minuti a giorni. Residua amnesia dell’episodio

Stato oniroide: si ritrovano tutte le componenti sintomatologiche del delirium. La peculiarità consiste nel doppio fronte onirismo-adesione alla realtà circostante, per cui il paziente sembra oscillare tra una percezione dell’ambiente relativamente corretta e l’intrusione di esperienze simile a contenuti del sogno, con produzione delirante e allucinatoria. L’orientamento è discretamente conservato

Delirium Sofferenza organica cerebrale o extracerebrale (dismetabolica, da intossicazione o astinenza da sostanze), psicosi funzionali (melanconia e mania confusa, episodi confusionali in corso di schizofrenia)

Stato crepuscolare Epilessia, isteria, reazioni catastrofiche, sonnambulismo, alcuni stati ipnotici

Stato oniroide Stati tossici e infettivi, epilessia, psicosi atipiche (bouffée deliranti, psicosi puerperali)

Altri stati di coscienza alterata Stati di estasi, trance, meditazione trascendentale, esperienze psichedeliche (da uso di sostanze neurodislettiche, come LSD)

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Page 14: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Tabella riassuntiva:

Attenzione Vigilanza Coscienza

Disturbo Incapacità di mantenere a fuoco stimoli significativi

Alterazioni ipnoidi della coscienza

Alterazione dei processi integrativi dell’informazione, che si traduce in sintomi negativi, di deficit (incoerenza ideativa) e positivi, di liberazione di meccanismi primitivi di pensiero (onirismo)

Alterazioni in condizioni normali

In condizioni di stanchezza Variazioni fisiologiche dello stato di coscienza (veglia, dormiveglia, sonno, sogno)

Tipi di disturbo

Distraibilità

Difficoltà di concentrazione

Obnubilamento

Torpore

Sopore

Coma

Aumento della vigilanza

Delirium: forma ipoattiva (obnubilamento)

Delirium: forma iperattiva (delirium in senso stretto)

Stato crepuscolare

Stato oniroide

Sintomi Alterazioni del livello di vigilanza, alterazioni dell’attenzione, disorientamento, disturbi dell’ideazione, deliri e dispercezioni, difficoltà a cogliere la realtà circostante e a fissare le tracce mnestiche

Sindromi Disturbi della vigilanza e della coscienza, stati depressivi, mania, schizofrenia

Patologie organiche cerebrali o extracerebrali, stati di intossicazione, condizioni più o meno fisiologiche (stati di esaltazione, ansia), assunzione di sostanze (anfetamine)

Sofferenza organica cerebrale o extracerebrale, psicosi funzionali, epilessia, isteria, reazioni catastrofiche, stati tossici e infettivi, psicosi atipiche

Diagnosi differenziale

Stati stuporosi

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Page 15: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

MEMORIA

Un disturbo della memoria è quasi sempre indicativo di una sindrome organica

Nei disturbi funzionali, la memoria può subire interferenze secondarie ad altri processi psicopatologici (disattenzione, disinteresse, polarizzazione su idee morbose, turbe ideative, etc.).

I disturbi della memoria possono essere inquadrati secondo vari fattori:

Tipo di memoria interessato Memoria ultrabreve, breve o lunga

Fase del processo di memorizzazione compromessa

Registrazione, ritenzione, rievocazione o riconoscimento

Genere di causa Organico o psicogeno

In psicopatologia, si distingue tra disturbi quantitativi (eccesso o difetto di memoria) e disturbi quantitativi (distorsioni della memoria).

Disturbi quantitativi

Ipermnesie: aumento delle facoltà menestiche, transitorio o permanente, globale o selettivo. In relazione a stati emotivi pregnanti, possono esserci ricordi vividi o recupero di ricordi apparentemente estinti, tristi nel depresso e piacevoli nell’euforico. Si possono trovare in stati di coscienza alterata (estasi, ipnosi, stati tossici, stati crepuscolari epilettici, stati in imminente rischio di morte) e in situazioni psicopatologiche, come insufficienza mentale e disturbi ossessivi (es. ricordo di tutte le date degli ultimi decenni)

Ipo-amnesia: compromissione parziale delle capacità mnestiche, transitoria o permanente

Amnesia: perdita di capacità mnestiche, transitoria o permanente

AmnesiaIpo-amnesia

Globale o diffusa Coinvolge l’intero passato

Lacunare Coinvolge un certo intervallo di tempo

Retrograda Disturbo della rievocazione

Anterograda Disturbo della fissazione

Retroanterograda Sono presenti sia amnesia retrograda che anterograda

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Page 16: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

L’amnesia è talora selettiva (limitata ad alcuni contenuti psichici). I disturbi selettivi sono, in genere, psicogeni.

Forme psicogene di amnesia: sono correlate a fattori psicologici (traumi intollerabili, fuga da situazioni inaccettabili, conflitti intrapsichici, vantaggi secondari inconsapevoli). Non è alterato il meccanismo fisiologico della memoria. Inquadrate tra i disturbi dissociativi

Forme organiche di amnesia: tra cui la sindrome amnestica, caratterizzata da amnesia per i fatti recenti (disturbo della memoria breve). Sono accompagnate, generalmente, da disorientamento e confabulazioni, cioè falsi ricordi che colmano le lacune mnestiche

Disturbi qualitativi (distorsioni della memoria)Sono detti anche paramnesie.

Disturbi del richiamo

Falsificazioni retrospettive: deformazioni di ricordi esistenti, per lo più su base affettiva (depressione, stati paranoici)

Deliri retrospettivi: deliri riferiti al passato (es. la convinzione di essere perseguitato da anni, in un soggetto ammalato da pochi mesi)

Confabulazioni: falsi ricordi prodotti in corso di lacune mnestiche

Importante per la diagnosi differenziale, da considerarsi un prodotto dell’immaginazione (disturbo del pensiero) e non un vero disturbo mnestico:

Pseudologia fantastica: invenzione di ricordi, per lo più a contenuto grandioso o esagerato, con consapevolezza parziale o assente, sulla base di un particolare contesto psicogeno (personalità istrioniche)

Disturbi del riconoscimento

Paramnesie di identificazione: errata identificazione di situazioni nuove o persone sconosciute con situazioni già esperite o persone note

Vi può essere, anche, confusione tra un presente realmente percepito e un ricordo falsamente creato.

Dejà vu: esperire una situazione attuale come già vissuta in passato (falso senso di familiarità). Si osserva in condizioni non patologiche (stanchezza, particolari stati emotivi) e in sindromi del lobo temporale. Mantiene un livello di ambiguità, ovvero la sensazione di aver già vissuto l’esperienza convive con l’impressione che ciò sia illusorio

Paramnesia reduplicativa: impressione di avere sperimentato, più volte in passato, la stessa esperienza

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Page 17: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Tabella riassuntiva:

Descrizione Tipologie Quadri sindromici

Disturbi quantitativi

Eccesso o difetto di memoria

Ipermnesie Disturbi dell’umore, stati di coscienza alterata, insufficienza mentale, disturbi ossessivi

Ipo-amnesia Amnesia

Amnesia globale, lacunare, retrograda, anterograda, retroanterograda

Sindromi organiche, disturbi dissociativi

Disturbi qualitativi (paramnesie)

Distorsioni della memoria

Disturbi del richiamo

Falsificazioni retrospettive, deliri retrospettivi, confabulazioni

Depressione, stati paranoici

Disturbi del riconoscimento

Paramnesie di identificazione, dejà vu, paramnesia reduplicativa

Stanchezza, particolari stati emotivi, sindromi del lobo temporale

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Page 18: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

INTELLIGENZA

Intelligenza: capacità di risolvere i problemi. Si distingue una intelligenza teorica (capacità di affrontare problemi astratti e di ordine generale, svincolati dal contingente) da una intelligenza pratica (capacità di affrontare problemi pratici di interesse immediato)

L’intelligenza sottende altre funzioni psichiche e, quindi, è difficilmente valutabile in caso di alterazioni psicopatologiche di altro genere (disturbi di coscienza, dell’attenzione, della memoria, gravi disturbi ideativi, dispercettivi, dell’umore).

L’intelligenza tende a declinare con l’età, fin dalla giovinezza.Si distinguono disturbi primari dell’intelligenza ad esordio precoce (insufficienze mentali) e

tardivo (demenze). Sono alterazioni permanenti, stabili o progressive. Ci sono, inoltre, deficit intellettivi secondari ad altri disturbi psicopatologici (confusione mentale, depressione, schizofrenia).

Ritardo mentale

Ritardo mentale (insufficienza mentale, oligofrenia, frenastenia): deficit intellettivo congenito o comunque formatosi prima del completo sviluppo psicointellettivo. I soggetti sono ipersensibili alla stima degli altri, timorosi dei cambiamenti; possono oscillare dall’estrema timidezza alla spudoratezza. Frequente associazione con l’epilessia

Tipo di ritardo mentale QI

Casi al limite 90-70

Ritardo mentale lieve 69-50

Ritardo mentale moderato 49-35

Ritardo mentale grave 34-20

Ritardo mentale gravissimo <20

Le forme più gravi sono spesso conseguenza di lesioni organiche o malattie genetiche.

Pseudoinsufficienza: ritardo mentale dovuto a fattori prevalentemente fisici o ambientali che hanno ostacolato l’apprendimento (difetti di organi di senso, carenze di stimoli, carenze affettive) e quindi potenzialmente reversibile.

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Page 19: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Demenza

Demenza: deficit intellettivo insorgente dopo che le capacità intellettive del soggetto si sono completamente sviluppate (impennata dopo i 65 anni). Le cause di demenza sono sempre organiche, su base degenerativa, vascolare, tossica, etc. Le demenze, spesso, sono processi progressivi e irreversibili. Il soggetto, in fase avanzata, perde la consapevolezza di sé. La sindrome clinica non è un deficit puro dell’intelligenza, ma coinvolge anche la memoria e la personalità

Deterioramento: decadimento intellettivo di grado lieve (tipico di fasi iniziali)

Pseudodemenza: forma di demenza secondaria ad altri disturbi psichici (inibizione su base depressiva) e quindi tendenzialmente reversibili

Nella demenza schizofrenica, vi è un ridotto utilizzo, piuttosto che una perdita di intelligenza, in relazione alla sindrome amotivazionale.

Tabella riassuntiva:

Disturbo Descrizione Tipologie Cause/Sindormi

Disturbi primari

Ad esordio precoce

Insufficienza mentale

Congenito o formatosi prima del completo sviluppo psicointellettivo

Forme gravi Lesioni organiche o malattie genetiche, epilessia

Forme lievi Non associate a disturbi organici specifici

Pseudoinsufficienza

Potenzialmente reversibile

Difetti di organi di senso, carenze di stimoli, carenze affettive

Ad esordio tardivo

Demenza Deficit intellettivo insorgente che coinvolge anche la memoria e la personalità

Organiche, su base degenerativa, vascolare, tossica, etc.

Deterioramento Decadimento intellettivo di grado lieve

Disturbi secondari

Pseudodemenza Confusione mentale, depressione, schizofrenia

Demenza schizofrenica

Ridotto utilizzo, piuttosto che perdita di intelligenza

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Page 20: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

PERCEZIONE

Percezione: processo attraverso il quale le sensazioni diventano significative per il soggetto, tramite la soppressione delle informazioni irrilevanti e l’associazione e integrazione di quelle rilevanti con il patrimonio cognitivo

Le alterazioni delle percezioni di rilievo per la psicopatologia sono quelle che si verificano in condizioni di integrità degli organi di senso.

Anomalie delle percezioniUn oggetto reale è percepito in modo distorto.

Iperestesia/ipoestesia: aumento o riduzione di intensità delle percezioni (colori più vivaci/più sbiaditi, odori più intensi, rumori attenuati, etc.). I due opposti casi possono verificarsi, rispettivamente, nella fase maniacale e depressiva del disturbo bipolare. Iperestesia si può avere anche negli stati d’ansia e di intossicazione, ipoestesia negli abbassamenti di vigilanza. L’intensità della percezione è funzione, oltre che della soglia sensoriale, anche dello stato emotivo e del livello di coscienza

Discromatopsie: alterazioni qualitative dei colori, osservabili in alcuni casi di intossicazione da sostanze (digitale, allucinogeni)

Metamorfopsie: alterazioni di forma e dimensioni. Nello specifico, si hanno: dismegalopsie (distorsioni dimensionali), porropsia (percezione di oggetti a distanza maggiore del reale). Possono presentarsi in attacchi di panico, stati confusionali, sindromi psicorganiche

Sinestesie abnormi: ad una sensazione reale, normalmente percepita, se ne associa un’altra non appartenente allo stesso organo di senso (sensazione di dolore alla vista di una persona, visione di colori alla percezione di certi suoni)

Falsamenti delle percezioni

Illusioni

Illusioni: travisamenti di una percezione; un oggetto reale funge da stimolo per una falsa percezione. L’errore è passibile di correzione ad una successiva verifica

Fattori che favoriscono le illusioni:

Indefinitezza dello stimolo

Particolare atteggiamento di aspettativa, legato allo stato emotivo

Abbassamento dell’attenzione

Le illusioni non sono indicative di una specifica patologia. Possono trovarsi in disturbi dell’umore, ansia, disturbi dello stato di coscienza. È probabile che fenomeni illusionali concorrano a formare alcune complesse esperienze dispercettive in schizofrenia e alimentino i deliri di riferimento.

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Page 21: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Allucinazioni

Allucinazioni: percezioni senza oggetto. Diversamente dai sogni, si verificano in concomitanza di percezioni reali. Diversamente dall’immaginazione, sono dotate di concretezza percettiva e non sono influenzabili dalla volontà

Caratterizzate secondo vari assi

Livello di complessità

Partecipazione emotiva

Influenza sul comportamento

Grado di consapevolezza

Disturbi in cui si possono trovare

Patologie degli organi di senso, sindromi psicorganiche, psicosi funzionali

Fattori di influenza Deprivazione sensoriale Pazienti operati di cataratta, sordi, isolamento ambientale

Stati emotivi Voci accusatorie in stati depressivi

Suggestione Visioni o voci in personalità isteriche

In concomitanza Deliri

Il fatto, che il soggetto non sia in grado di distinguere queste false percezioni dalla realtà, non è del tutto vero. Infatti, si ha l’impressione che egli attribuisca all’allucinazione qualche qualità diversa, rispetto alle percezioni reali. Rispetto a queste ultime, le allucinazioni possiedono meno spesso la qualità di non privatezza: l’allucinato, spesso, non è convinto che gli altri possano condividere la propria esperienza.

Nel corso del tempo, il soggetto può imparare a convivere con le proprie dispercezioni ed apprendere strategie per attenuarne il fastidio. Le esperienze allucinatorie sono spesso dissimulate e negate, altre volte ammesse a domanda diretta.

Il delirio può essere un tentativo di interpretare esperienze percettive abnormi. Viceversa, alcune convinzioni deliranti possono sollecitare dispercezioni.

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Page 22: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Allucinazioni che interessano gli organi di senso:

Allucinazioni Descrizione Tipologie Sindromi

Uditive Il paziente ode suoni più o meno definiti, con provenienza collocata nello spazio esterno. Possono occupare gran parte della giornata, fino a diventare sottofondo di qualsiasi attività

Allucinazioni elementari

Suoni inanimati

Allucinazioni parafasiche

Incomprensibile bisbiglio

Voci Maschili o femminili, spesso di persone immaginarie, talora attribuite a persone reali, amichevoli od ostili, si esprimono in frasi ermetiche sincopate, con neologismi

Colloquio di voci Voci dialoganti tra loro

Sono le allucinazioni più frequenti nelle psicosi funzionali (schizofrenia, meno spesso nella psicosi maniaco-depressiva). Quadri organici e tossici (alcolismo)

Eco del pensiero Voci ripetono i pensieri del paziente

Schizofrenia

Visive Il paziente può vedere immagini elementari (lampi di luce, fosfeni), figure più o meno definite, o anche scene complesse, statiche o animate. Livello di concretezza variabile. Possono combinarsi con fenomeni uditivi

Allucinazioni microzooptiche

Nel delirium, visione, vissuta con terrore, di piccoli animali

Allucinazioni lillipuziane

Visione di piccole figure umane

Disturbi su base organica e con compromissione dello stato di coscienza, di origine lesionale, tossica o dismetabolica

Gustative e olfattive

Si sentono sapori e odori inconsueti, per lo più spiacevoli

Quadri organici ed epilettici, schizofrenia e, meno spesso, melanconia

Somatiche Riguardano la sensazione somatica diffusa (sensazione propriocettiva e viscerale). Hanno spesso la qualità di avvenimenti somatici imposti

Allucinazioni tattili

Sentirsi toccare

Allucinazioni idriche

Sensazioni di umido

Allucinazioni termiche

Sensazioni di caldo/freddo

Allucinazioni chienestetiche

Sensazioni di movimenti di parti del corpo, di volare, di sprofondare

Allucinazioni sessuali

Sentirsi posseduti, violentati

Allucinazioni algiche

Sensazioni dolorose

Disturbi della coscienza dell’Io e del corpo, schizofrenia

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Page 23: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Nei disturbi organici prevalgono le allucinazioni visive, nelle psicosi funzionali quelle uditive

Le allucinazioni tendono ad essere vissute in maniera egodistonica (con maggior presa di distanza) assai più spesso nei disturbi organici, tossici e degli organi di senso che nei disturbi funzionali.

Esperienze allucinatorie particolari:

Allucinazioni Descrizione Esempio Sindrome

Riflesse Uno stimolo di un organo di senso innesca allucinazioni in un altro organo di senso

Un paziente ode voci minacciose ogni volta che vede una certa persona

Funzionali Dispercezioni scatenate da una particolare stimolazione di uno stesso organo di senso

Voci che compaiono aprendo un rubinetto. Non vi è una falsa interpretazione del suono reale

Schizofrenia cronica

Extracampiche Dispercezioni localizzate fuori dal normale campo sensoriale

Visioni dietro le spalle

Ipnagogiche o ipnopompiche

Immagini visive (talora uditive, tattili) che compaiono prima dell’addormentarsi o persistono ad occhi aperti al momento del risveglio

Non hanno significato patologico

Negative Non viene percepito uno stimolo reale

Autoscopia Visione della propria immagine corporea, proiettata all’esterno. Può esser interpretata come un disturbo della coscienza del sé corporeo

In soggetti normali in condizioni di stanchezza, alterazioni dell’umore, abuso di sostanze. Sindromi psicorganiche, epilessia

Autoscopia negativa

Il soggetto non vede la propria immagine riflessa allo specchio

Pseudoallucinazioni

Pseudoallucinazioni: false esperienze percettive, localizzate nello spazio interno percettivo (es., voci dentro la testa). Differiscono dall’immaginazione, in quanto non sono controllabili con la volontà

I soggetti sono in genere consapevoli che gli altri non possono sentire o vedere quanto da loro percepito.

Le pseudoallucinazioni non sono indicative di una particolare patologia: sono frequenti in psicosi funzionali, nell’uso di sostanze allucinogene o come sequela del loro uso, ma possono verificarsi anche in stati emotivi intensi (es. il lutto).

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Page 24: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Quadri sindromiciI quadri caratterizzati da fenomeni allucinatori si definiscono allucinosi. Tra le allucinosi

uditive è da menzionare l’allucinosi alcolica.

Tabella riassuntiva:

Disturbo Tipologia Sindromi

Anomalie delle percezioni

Un oggetto reale è percepito in modo distorto

Iperestesia/ipoestesia Aumento o riduzione di intensità delle percezioni

Disturbo bipolare, abbassamenti di vigilanza

Discromatopsie Alterazioni qualitative dei colori

Intossicazione da sostanze

Metamorfopsie Alterazioni di forma e dimensioni

Attacchi di panico, stati confusionali, sindromi psicorganiche

Sinestesie abnormi Ad una sensazione reale se ne associa un’altra non appartenente allo stesso organo di senso

Falsamenti delle percezioni

Illusioni Travisamenti di una percezione. L’errore è passibile di correzione ad una successiva verifica

Disturbi dell’umore, ansia, disturbi dello stato di coscienza

Allucinazioni Percezioni senza oggetto. Non sono influenzabili dalla volontà

Patologie degli organi di senso; disturbi su base organica e con compromissione dello stato di coscienza, di origine lesionale, tossica (alcolismo) o dismetabolica; epilessia; psicosi funzionali (schizofrenia, psicosi maniaco-depressiva)

Pseudoallucinazioni False esperienze percettive, localizzate nello spazio interno percettivo. Non sono controllabili con la volontà

Psicosi funzionali, uso di sostanze allucinogene, stati emotivi intensi

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Page 25: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

PENSIERO

Pensiero: funzione relativa alla formazione delle idee e alla loro articolazione (associazione, coerenza logica, ragionamento)

Disturbi formali del pensiero e del linguaggioDisturbi dell’ideazione si possono ritrovare nella schizofrenia, in disturbi organici e dello stato

di coscienza, in psicosi affettive, in condizioni fisiologiche (stanchezza) e in seguito all’assunzione di sostanze.

Il pensiero schizofrenico (pensiero dissociato), molto studiato dagli psichiatri, è caratterizzato da allentamento delle associazioni ed è uno dei sintomi principali della schizofrenia. Tuttavia, tale tipo di pensiero non è esclusivo degli schizofrenici e, d’altra parte, non sempre la schizofrenia è caratterizzata da disturbi dell’ideazione.

I disturbi del pensiero sono rilevabili dalla valutazione dell’eloquio e dall’autovalutazione del soggetto. Vi sono alterazioni dei processi ideativi (difficoltà nella fluidità del pensiero, rallentamento, intoppi) percepite soggettivamente, prima di quando possano essere valutate oggettivamente.

I disturbi descritti riguardano essenzialmente il flusso del pensiero, il modo di articolarsi dell’ideazione così come appare dall’eloquio. Tali disturbi sono quelli positivi e negativi del flusso del pensiero e quelli coinvolgenti prevalentemente il linguaggio. Esistono, però, altri disturbi non inseribili in tale categoria (disturbi del controllo del pensiero).

Disturbi positivi del flusso del pensiero

L’eloquio è fluente, ma segue direzioni o ritmi inconsueti, che lo rendono meno comprensibile

Tale tipo di disturbo corrisponde, in parte, al concetto di allentamento delle associazioni.I disturbi positivi si osservano nella schizofrenia e nello stato maniacale, in ugual misura.

Deragliamento: le idee deviano in direzioni apparentemente non collegate con la direzione di partenza; vi è un allentamento dei nessi associativi

Tangenzialità: il soggetto risponde alle domande in modo obliquo, con risposte vagamente attinenti o del tutto irrilevanti

Incoerenza: l’eloquio risulta pressoché incomprensibile, frammentato, disordinato sul piano sintattico e grammaticale. Si associa spesso al deragliamento. Frequente nelle alterazioni dello stato di coscienza

Illogicità: pensiero che non segue le consuete regole logiche

Circostanzialità: pensiero lento, con dettagli più o meno irrilevanti che rendono prolisso il discorso, ma la meta viene conservata. In personalità organiche epilettoidi e nelle oligofrenie

Logorrea (impulso a parlare): aumento dell’eloquio spontaneo, in genere accelerato e difficile a interrompersi

Eloquio distraibile: il discorso viene facilmente deviato da stimoli circostanti. Talora procede per assonanza, più che in base al significato

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Page 26: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Disturbi negativi del flusso del pensiero

Il pensiero è impoverito, scarso di contenuti, rallentato

L’eloquio è poco fluente o veicola poche informazioni. Si può osservare anche una aumentata latenza di risposta (depressione, stati confusionali).

I disturbi negativi del flusso del pensiero sono presenti nelle psicosi funzionali, ma, a differenza di quelli positivi, sono più frequenti nella schizofrenia.

Povertà di eloquio: riduzione dell’eloquio spontaneo, con risposte brevi e poco elaborate

Povertà di contenuto: il soggetto fornisce informazioni molto scarse rispetto alla quantità del discorso; il linguaggio è vago, astratto, ripetitivo

Blocco: il flusso ideativo si arresta improvvisamente; soggettivamente si ha l’impressione che il pensiero sia svanito

Perseverazione: un certo pensiero persiste oltre il contesto che lo ha innescato (es. la risposta ad una domanda persiste anche alle domande successive). Tipica dei disturbi organici (demenze)

Disturbi del controllo del pensiero

Sensazione soggettiva di non essere completamente padroni di dirigere a piacimento i propri pensieri

Pensiero ossessivo: idee che si intromettono nella coscienza in modo insistente, di cui il soggetto non riesce a liberarsi anche se è consapevole della loro assurdità. Ricorrenti alcuni temi: scrupoli morali, religiosi, sessuali, timori di contaminazione, idee di ordine e simmetria

Con il pensiero ossessivo, possono concomitare compulsioni (comportamenti atti a rassicurare da queste idee) che possono assumere carattere ripetitivo e stereotipato (rituali ossessivi).

Il pensiero ossessivo è sintomo cardine del DOC. Occasionalmente si ritrova in stati depressivi, schizofrenia, disturbi organici.

Alienazione del pensiero: sensazione di non essere completamente padrone del proprio pensiero e che questo sia sotto il controllo di agenti esterni (inserzione, sottrazione, diffusione, trasmissione)

Nel pensiero ossessivo, a differenza dell’alienazione del pensiero, non vi è il senso di influenzamento dall’esterno.

L’alienazione del pensiero si ritrova nella sindrome di automatismo mentale (parti del pensiero si attivano indipendentemente dalla volontà).

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Page 27: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Disturbi coinvolgenti prevalentemente il linguaggio

Dissociazione tra pensiero ed eloquio

In casi estremi, l’accelerazione ideativa è così elevata da tradursi in mutismo.Si possono individuare tre categorie di dissociazione tra pensiero ed eloquio:

Descrizione Tipologia Sindromi

Disturbi dell’articolazione del linguaggio

Riguardano la fase efferente fonatoria

Balbuzie

Inceppamento

Afonia isterica Disturbo psicogeno transitorio, legato ad eventi di particolare significato emotivo, in cui vi è impossibilità di parlare se non in modo sussurrato

Isteria

Afasie Difficoltà di comprensione o di espressione

Lesioni corticali del linguaggio

Disturbi funzionali

Mutismo Isteria, depressione, schizofrenia, disturbi organici, stupore catatonico, manierismo

Logorrea Espressione dell’impulso a parlare

Schizofasia (insalata di parole)

Forma di linguaggio particolarmente disorganizzata ed incomprensibile; non sempre è correlata ad una corrispondente gravità del disturbo ideativo

Schizofrenia

Ecolalia Ripetizione automatica di parole o frasi dell’interlocutore

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Page 28: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Deliri

Disturbi di contenuto del pensiero

I tre caratteri peculiari del delirio:

1. Una convinzione con assoluto senso di certezza

2. La non influenzabilità da parte del ragionamento o dell’evidenza

3. La manifesta assurdità del contenuto, da un punto di vista socioculturale

Questa definizione caratterizza il delirio nella sua forma più emblematica, ma nessuna delle tre condizioni è assoluta. Infatti, la tenacia, con cui un paziente è attaccato al proprio delirio, non sempre è irriducibile. Vi sono, per contro, idee tenaci, irriducibili, fanatiche, che non vengono ritenute deliranti, perché sono condivise dalla comunità.

Inoltre, il pensiero può essere delirante anche senza che il suo contenuto sia assurdo (es. il delirio di gelosia quando si è stati effettivamente traditi). In questo caso, la morbosità del fenomeno è indicata dal modo con cui il soggetto adduce prove a dimostrazione delle proprie convinzioni.

Possiamo dare, quindi, una definizione più precisa di delirio:

Delirio: errore morboso di giudizio, legato ad una alterazione della coscienza della realtà (sono compromessi il comune sentimento e giudizio di realtà)

Nella pratica clinica, l’intero contesto psicopatologico aiuta a identificare certe idee come deliranti. La maggiore incertezza si pone nei casi di sistemi ideativi monotematici, coerenti, verosimili, non accompagnati da altri sintomi psicopatologici di rilievo.

È bene fare attenzione alla diagnosi differenziale con l’idea prevalente:

Idea prevalente: contenuto di pensiero a forte tonalità affettiva che domina la coscienza e la vita della persona, non assurdo o di cui il soggetto può riconoscere il carattere eccessivo (accessibile alla critica). Si consolida sulla base di personalità alterate e spinge sovente all’azione. Somiglia all’idea ossessiva, per la dominanza pervasiva del pensiero, ne differisce per la notevole carica affettiva e il carattere egosintonico

Può darsi che vi sia un continuum tra alcune idee deliranti ed i corrispondenti deliri.

Tipi di delirioOccorre distinguere tra:

Delusion : delirio lucido, in stato di coscienza vigile; è un delirio più o meno sistematizzato

Delirium : delirio confuso, in stato di coscienza alterato; è un delirio frammentario sconnesso, mutevole

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Page 29: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Sulla base della concezione di Jaspers:

Descrizione Tipologia Sindrome

Delirio primario

Fenomeno inderivabile a livello psicopatologico (incomprensibile)

Percezione delirante

Una percezione reale viene interpretata secondo un significato abnorme, in genere autoriferito e di grande rilevanza personale

Frequenti in esordi schizofrenici

Intuizione delirante

L’idea delirante irrompe nella coscienza all’improvviso

Rappresentazione delirante

Un ricordo, un’immagine vengono investiti di un significato abnomre

Delirio secondario (deliroide)

Derivabile da altri fenomeni psicopatologici

Interpretazioni deliranti

Tentativo di dare un senso ad esperienze abnormi (es. deliri di persecuzione, conseguenti a voci minacciose)

Elaborazioni deliranti

Elaborazione da un delirio primario

Deliri olotimici Derivazione da uno stato affettivo alterato (es. deliri di colpa)

Psicosi maniaco-depressiva

Deliri caratterogeni

Sviluppo delirante a base cartterogena su innesco di eventi significativi

Il delirio primario alcune volte appare improvviso, altre scaturisce da uno stato d’animo a forte e ambigua tonalità affettiva, come sforzo di dare un senso a questa atmosfera enigmatica (Wahnstimmung: stato d’animo o atmosfera delirante).

Bleuler criticò la distinzione tra delirio primario e secondario, sostenendo che i deliri fossero sempre secondari a disturbi dell’umore (olotimia) o a complessi ideoaffettivi (catatimia).

Nella terminologia attuale, si parla di deliri congrui o incongrui all’umore.

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Page 30: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Fattori caratterizzanti il delirioI deliri possono essere valutati su vari assi:

Tenacia della convinzione

Livello d bizzarria

Livello di sistematizzazione

Estensione (coinvolgimento di varie aree di pensiero)

Coinvolgimento emotivo

Influenza sul comportamento

Tra i deliri che maggiormente spingono all’atto vi sono quelli di gelosia (pericolose condotte aggressive) e quelli di colpa/ipocondria (suicidio).

TeorieNel soggetto delirante, pare vi sia un’alterazione primaria del modo di esperire la realtà.Esiste uno stato d’animo predelirante (Wahnstimmung), da cui germina il delirio nel tentativo

di dare un senso ad esperienze abnormi. Il delirio è, quindi, un tentativo di raggiungere un nuovo assetto cognitivo, meno ansiogeno e più stabile.

Il fenomeno non sembra direttamente legato all’intelligenza: “la critica non viene distrutta, essa si pone al servizio del delirio” (Jaspers). Tuttavia, il delirante sembra difettare di meta-pensiero, cioè di consapevolezza critica delle proprie convinzioni. Un particolare deficit di potere critico potrebbe essere alla base di ogni esperienza delirante, come pure un particolare assetto cognitivo (incapacità di considerare opzioni alternative, tendenza a saltare alle conclusioni).

Possiamo ipotizzare che il delirio primario sia prevalentemente l’espressione di una peculiare esperienza abnorme, mentre il delirio secondario consegua da una alterazione cognitiva su base affettiva o caratterologica, eventualmente in relazione a particolari avvenimenti.

Contenuti del delirio

Deliri di influenzamento: sensazioni di controllo (inserzione, sottrazione del pensiero), esperienze di passività, di essere oggetto di azioni esterne, posseduti, controllati. Probabilmente, in rapporto con esperienze di alienazione e perdita dei confini dell’Io. All’origine di sviluppi deliranti secondari (veneficio, persecuzione)

Deliri di riferimento: avvenimenti intorno al soggetto hanno un particolare significato che lo riguardano, si riferiscono a lui. Di sostegno ad altri contenuti deliranti (persecuzione, grandezza)

Deliri di persecuzione: l’ambiente esterno è ostile al soggetto e sta tramando contro di lui. I presunti persecutori possono essere indefiniti o ben identificati. Originano talora da esperienze allucinatorie. Rientrano in questa categoria deliri di veneficio, di nocumento, di rivendicazione

Deliri di grandezza: deliri di invenzione, salvazione, missione, genealogici, possesso di poteri soprannaturali. Si verificano in sindromi psicorganiche, stati tossici (cocaina, anfetamine), psicosi funzionali (nella mania, hanno spesso un carattere ludico, senza intima convinzione), in quadri paranoici e parafrenici

Delirio di gelosia: convinzione morbosa di infedeltà del proprio partner, con ricerca ossessiva di prove. Sono possibili passaggi all’atto (aggressione, omicidio). Espressione di molteplici patologie, tipico dell’etilismo cronico. Più frequente nell’uomo

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Page 31: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Delirio erotomanico: il soggetto è convinto che una persona sia innamorata di lui/lei. Più frequente nelle donne

Deliri ipocondriaci e somatici: il corpo è malato, anormale o ha subito una trasformazione. Spesso in rapporto di causa e/o di effetto con dispercezioni somatiche. In particolare: delirio di infestazione (convinzione di essere infestati da piccoli animali)

Deliri mistici: riguardano tematiche religiose, spesso su sfondo di grandezza (rivelazione, missione)

Deliri di colpa e di indegnità: il paziente si accusa di colpe mai commesse, spesso inverosimili (es. essere la causa di un terremoto), di non essere degno di stare al mondo. Tipici di condizioni depressive

Deliri nichilistici: il paziente non è mai nato, il mondo non esiste. In sindromi psicorganiche, schizofrenia, depressioni agitate soprattutto dell’anziano (Sindrome di Cotard)

Le sindromi

Delirium Deliri frammentari sulla base di un disturbo della coscienza, con imponenti fenomeni dispercettivi, in prevalenza visivi, e coinvolgimento emotivo

Delirio lucido Sindrome paranoide Deliri mutevoli, poco sistematizzati, frequenti allucinazioni, affettività e comportamento poco adeguati o inadeguati al tema delirante

Sindrome paranoica Delirio coerente, sistematizzato, affettività e comportamento conformi al tema delirante, rare allucinazioni

Sindrome parafrenica Delirio elaborato, fantastico, con produzione allucinatoria, coinvolgimento affettivo e comportamentale moderato (doppio fronte delirio/realtà)

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Page 32: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Tabelle riassuntive:

Disturbi formali del pensiero e del linguaggio(prevalentemente pensiero schizofrenico)

Tipologie Descrizione Sindromi

Disturbi rilevabili dalla valutazione dell’eloquio

Disturbi positivi del flusso del pensiero (allentamento delle associazioni)

L’eloquio è fluente, ma segue direzioni o ritmi inconsueti, che lo rendono meno comprensibile

Deragliamento

Tangenzialità

Illogicità

Logorrea

Eloquio distraibile

Schizofrenia, stato maniacale (in ugual misura)

Incoerenza Alterazioni dello stato di coscienza

Circostanzialità Personalità organiche epilettoidi, oligofrenie

Disturbi negativi del flusso del pensiero

Il pensiero è impoverito, scarso di contenuti, rallentato

Povertà di eloquio

Povertà di contenuto

Blocco

Stati confusionali, psicosi funzionali (più frequenti nella schizofrenia)

Perseverazione Disturbi organici (demenze)

Disturbi coinvolgenti prevalentemente il linguaggio

Dissociazione tra pensiero ed eloquio

Disturbi dell’articolazione del linguaggio (balbuzie, inceppamento, afonia isterica)

Afasie Lesioni corticali del linguaggio

Disturbi funzionali (mutismo, logorrea, schizofasia, ecolalia)

Isteria, depressione, schizofrenia, disturbi organici, stupore catatonico, manierismo

Disturbi rilevabili dall’-autovalutazione del soggetto

Disturbi del controllo del pensiero

Sensazione soggettiva di non essere completamente padroni di dirigere a piacimento i propri pensieri

Pensiero ossessivo Sintomo cardine del DOC; si ritrova in stati depressivi, schizofrenia, disturbi organici

Alienazione del pensiero (inserzione, sottrazione, diffusione, trasmissione)

Sindrome di automatismo mentale

Disturbi di contenuto del pensiero

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Page 33: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

(deliri)

A livello psicopatologico

Delirio primario

Fenomeno inderivabile a livello psicopatologico. Espressione di una peculiare esperienza abnorme

Percezione delirante, intuizione delirante, rappresentazione delirante

Delirio secondario

(deliroide)

Derivabile da altri fenomeni psicopatologici. Consegue da una alterazione cognitiva su base affettiva o caratterologica, eventualmente in relazione a particolari avvenimenti

Interpretazioni deliranti, elaborazioni deliranti, deliri olotimici, deliri caratterogeni

Fattori caratterizzanti il delirio

Tenacia della convinzione

Livello d bizzarria

Livello di sistematizzazione

Estensione

Coinvolgimento emotivo

Influenza sul comportamento

Contenuti del delirio

Deliri di influenzamento

In rapporto con esperienze di alienazione e perdita dei confini dell’Io. All’origine di sviluppi deliranti secondari (veneficio, persecuzione)

Deliri di riferimento Di sostegno ad altri contenuti deliranti (persecuzione, grandezza)

Deliri di persecuzione

Originano talora da esperienze allucinatorie

Deliri di grandezza In sindromi psicorganiche, stati tossici (cocaina, anfetamine), psicosi funzionali, in quadri paranoici e parafrenici

Delirio di gelosia Possibili passaggi all’atto. Tipico dell’etilismo cronico

Delirio erotomanico

Deliri ipocondriaci e somatici

In rapporto di causa e/o di effetto con dispercezioni somatiche

Deliri mistici

Deliri di colpa e di indegnità

Condizioni depressive

Deliri nichilistici In sindromi psicorganiche, schizofrenia, Sindrome di Cotard

Sindromi Delirium Delirio confuso, in stato di coscienza alterato, con imponenti fenomeni dispercettivi

Delusion

Delirio lucido, in stato di coscienza vigile; è un delirio più o meno sistematizzato

Sindrome paranoide, sindrome paranoica, sindrome parafrenica

Diagnosi differenziale

Idea prevalente Contenuto di pensiero a forte tonalità affettiva che domina la coscienza e la vita della persona, accessibile alla critica

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Page 34: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

COSCIENZA DELL’IO E DEL CORPOAlterazioni della coscienza dell’Io e del corpo si possono verificare in soggetti normali

(stanchezza, privazione sensoriale, stati emotivi intensi), in alcuni disturbi d’ansia e ossessivo-compulsivi (depersonalizzazione), nei disturbi dissociativi (personalità multiple), nelle psicosi funzionali (esperienze di passività), nei disturbi somatoformi (dolore psicogeno, ipocondria), in stati organici.

Disturbi della coscienza dell’IoJaspers distingue quattro componenti della coscienza dell’Io:

Descrizione Perdita della componente in

Coscienza di autoattività

Ogni evento psichico è attribuito all’attività dell’Io

Stati di depersonalizzazione, sentimenti di irrealtà, sentimenti di perdita di sentimento, sintomi catatonici

Unità dell’Io In qualsiasi momento io so di essere una sola persona

Sdoppiamento di personalità

Continuità dell’Io

Consapevolezza della propria identità Certi esordi schizofrenici

Confini dell’io

Capacità di distinguere se stessi dal mondo esterno

Esperienze di passività e influenzamento, peculiari ma non esclusive di schizofrenici

Disturbi dell’identità: è alterato il senso di unità e continuità di sé (chi sono? cosa faccio?), sia nel tempo che nell’organizzazione della personalità. Può verificarsi in condizioni normali, in genere in momenti di crisi (cambiamenti interni o esterni, crescita), o in situazioni in cui il cambiamento deriva da uno stato patologico (esordio schizofrenico, stati misti)

Depersonalizzazione: penosa sensazione di estraneità del proprio sé (depersonalizzazione autopsichica), della realtà circostante (depersonalizzazione allopsichica, derealizzazione), del proprio corpo (depersonalizzazione somatopsichica). Si accompagna spesso anche ad un senso di estraneità dei propri sentimenti. Può essere una sindrome autonoma o un sintomo di altri disturbi (schizofrenia, depressione, DOC, attacchi di panico). Talora si verifica in soggetti sani, soprattutto in alcune fasi della vita (adolescenza) o in particolari situazioni (stanchezza, isolamento)

Sdoppiamenti di personalità: varie personalità coesistono o si alternano nel medesimo soggetto

Disturbi concernenti il senso di confine dell’Io: alterato il senso del confine dell’IO verso il mondo (diffusione del pensiero) e il mondo può fare intrusione nell’Io (inserzione del pensiero). Definibili come esperienze di passività. Tipiche ma non esclusive di esordi schizofrenici. Comprendono tre serie di sintomi: 1) percezioni deliranti; 2) dispercezioni (voci dialoganti, eco del pensiero); 3) esperienze di passività (inserzione, sottrazione, diffusione del pensiero, senso di azioni imposte, di corpo comandato)

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Page 35: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Disturbi della coscienza del corpo

Schema corporeo: rappresentazione mentale del corpo nella sua disposizione spaziale e tonico-posturale, direttamente influenzata dalle sensazioni afferenti. È alterato in disturbi neurologici

Immagine corporea: ulteriore livello di integrazione dello schema corporeo con il contesto emotivo-cognitivo. Alterazioni sono osservabili in molte forme psicopatologiche (dispercezioni, idee prevalenti, deliri)

Tre categorie di disturbi:

Disturbi associati a menomazioni fisiche (es. fenomeno dell’arto fantasma)

Disturbi associati a lesioni neurologiche (alterazione dello schema corporeo)

Disturbi propriamente psicopatologi

Disturbi propriamente psicopatologi

L’immagine corporea è distorta e polarizza l’intera esistenza dell’individuo

Ipocondria Idea delirante di corpo minacciato da qualche grave malattia

Dolore somatoforme Corpo sofferente per sindromi dolorose non riconducibili a patologia organica

Avversione(verso il proprio corpo)

La convinzione è in genere un’idea prevalente, talora delirio, ed è spesso accompagnata da distorsioni percettive

Dismorfofobia

(corpo percepito come deforme)

Anoressia mentale

(corpo percepito come troppo grasso)

Transessualismo

(identità di genere sbagliata)

Depersonalizzazione somatopsichica

Copro vissuto come estraneo

Esperienze di passività somatica

Corpo alienato e influenzato dall’esterno

Sintomi di conversione

Menomazioni funzionali (paresi, anestesia, cecità, afonia, etc.), prive di substrato organico, collegate ad eventi traumatici e/o situazioni conflittuali

Alterazioni della coscienza del proprio corpo sono presenti in molteplici quadri psicopatologici, sia come sintomi predominanti sia come sintomi associati (schizofrenia, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, somatoformi e dissociativi, disturbi alimentari psicogeni, dismorfofobia, transessualismo).

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Page 36: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Tabella riassuntiva:

Tipologie Descrizione Sindromi

Disturbi della coscienza dell’Io

Disturbi dell’identità Alterato il senso di unità e continuità di sé

In condizioni normali (momenti di crisi), esordio schizofrenico, stati misti

Depersonalizzazione Sensazione di estraneità del proprio sé,della realtà circostante, del proprio corpo

Sindrome autonoma, schizofrenia, depressione, DOC, attacchi di panico, in soggetti sani (adolescenza, stanchezza, isolamento)

Sdoppiamenti di personalità

Varie personalità coesistono o si alternano nel medesimo soggetto

Disturbi dissociativi

Esperienze di passività

Alterato il senso del confine dell’IO verso il mondo

Psicosi funzionali

Disturbi della coscienza del corpo

Disturbi associati a menomazioni fisiche

Fenomeno dell’arto fantasma

Disturbi associati a lesioni neurologiche

Alterazione dello schema corporeo

Disturbi propriamente psicopatologi

L’immagine corporea è distorta e polarizza l’intera esistenza dell’individuo

Disturbi somatoformi (ipocondria, dolore somatoforme, dismorfofobia, anoressia mentale, transessualismo, depersonalizzazione somatopsichica, esperienze di passività somatica, sintomi di conversione), schizofrenia, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, dissociativi, stati organici

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Page 37: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

AFFETTIVITÀ

L’affettività è il complesso di sentimenti, emozioni, umore

Si pone a livello intermedio tra la vita istintivo-pulsionale e le attività cognitive.

Umore: tono affettivo di base, condizionato da fattori costituzionali, biologici (ritmi circadiani, condizioni fisiche, etc.) e biografici, che spesso sfuggono all’introspezione

Emozioni: stati affettivi limitati nel tempo, quasi sempre reattivi, spesso con marcate manifestazioni vegetative

Sentimenti: stati affettivi più stabili e prolungati, di tonalità piacevole o spiacevole, esprimono la coloritura affettiva con cui l’individuo vive i singoli aspetti della realtà e le diverse persone con cui viene a contatto. Ci possono essere sentimenti somatici localizzati (stimolo doloroso), sentimenti somatici diffusi o vitali (connessi alla cenestesi, come il senso di benessere fisico, stanchezza, malessere); sentimenti psichici soggettivi (gioia, paura, etc.); sentimenti psichici di valutazione di sé o degli altri (vergogna, odio, amore, etc.)

UmoreLe alterazioni dell’umore sono tradizionalmente considerate lungo un’unica dimensione, le cui

opposte polarità sono la depressione e la mania. Oltre a queste, esistono anche stati misti, disforia, ottundimento affettivo.

Le alterazioni patologiche dell’umore si distinguono da stati affettivi fisiologici (es. una normale tristezza) per:

Intensità spesso maggiore

Mancanza di fattori scatenanti o sproporzione tra questi ed entità del disturbo

Decorso pressoché indipendente dagli avvenimenti esterni e protratto almeno per settimane

Particolare fissità del tono dell’umore

Frequente concomitanza di sintomi somatovegetativi

Alterazioni dell’umore sono il sintomo cardine dei disturbi dell’umore, ma si ritrovano anche in altre patologie mentali ed organiche. In questo caso, si parla di disturbi dell’umore sintomatici o secondari.

Flessione del tono dell’umore (depressione)

Senso di tristezza, disperazione, dolore morale. Si associa spesso a inibizione ideativa e psicomotoria

Rispetto alla tristezza normale, è persistente nel tempo, ha scarsa reattività. È una tristezza di qualità diversa, vissuta anche a livello somatico (tristezza vitale): senso di oppressione, sofferenza fisica, mal definibile, diffusa o localizzata (petto, stomaco).

Vi può essere la sensazione di non riuscire a provare alcun sentimento, perdita di interessi, incapacità a provare piacere (anedonia), abulia.

L’ideazione, spesso rallentata, è polarizzata su pensieri negativi, sensazione di non aver più alcuna via di uscita, propositi di suicidio. Può raggiungere un carattere delirante (deliri ipocondriaci, di colpa, di rovina, nichilistici).

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Page 38: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

A livello motorio, si po’ arrivare all’arresto psicomotorio. Altre volte prevale agitazione, ansia, irrequietezza.

A livello somatico vi può essere: anoressia, insonnia, dimagrimento, impotenza sessuale.Alterazioni dei ritmi circadiani (peggioramento mattutino).

Elevazione del tono dell’umore (euforia, mania)

Senso di euforia, di facilità nel perseguire gli obiettivi, di potenza

Il disturbo, in fase conclamata, è detto stato maniacale, in forma attenuata stato ipomaniacale.

L’esaltazione dell’umore tradisce facilmente la sua instabilità: se contrastato, il paziente perde la pazienza, diventa ostile, irascibile.

Concomita accelerazione ideativa, fino alla fuga delle idee, con logorrea e distraibilità. Non sono rari i deliri (di grandezza, potenza).

A livello motorio, vi è un impulso all’attività e disinibizione motoria, fino a gravi stati di agitazione.

L’insonnia, anche grave o totale, non è vissuta dal soggetto in modo negativo.

Disforia e stati misti

Disforia: umore irritabile a tonalità sgradevole

Può essere interpretata come:

Uno stato indipendente da depressione ed euforia, connesso con l’aggressività (III asse affettivo)

Una commistione di polarità negativa e positiva, cioè espressione di uno stato misto

Stato misto: commistione tra le due opposte polarità, depressiva e maniacale, con combinazione delle fasi opposte della varie componenti (umore, ideazione, motricità)

Stati misti sono osservabili nelle fasi di passaggio tra episodi depressivi e maniacali.

Ottundimento e appiattimento affettivo

Riduzione o perdita della sensibilità emotiva, della capacità di provare emozioni

Ottundimento: perdita di sensibilità emotiva

Appiattimento: diminuzione della normale gamma delle emozioni

Si osservano soprattutto nella schizofrenia e in sindromi organiche.

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Page 39: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

AnsiaL’ansia è uno stato affettivo ubiquitario (presente in gran parte della patologia psichiatrica e

frequente anche in condizioni normali).

L’ansia è il correlato emotivo di situazioni di stress

Si sovrappone spesso alla paura, ma, rispetto a questa, l’ansia implica un senso di attesa (il prefigurarsi un pericolo futuro, spesso indefinito) e, al contempo, di inadeguatezza alla situazione.

L’ansia ha una componente psichica, una neurovegetativa ed una motoria. Vi è un circolo vizioso tra sintomi periferici e disagio soggettivo.

Entro certi limiti, l’ansia è fisiologica. Oltre un certo limite si rivela controproducente e interferisce con le prestazioni sia psichiche che motorie.

L’ansia si definisce patologica quando è sproporzionata all’evento scatenante o quando si manifesta in assenza di motivi apparenti o quando si protrae nel tempo

Angoscia: ansia intensa ad elevata componete somatica

Ansia anticipatoria: collegata al prefigurasi di un potenziale pericolo

Ansia generalizzata: apprensività persistente, non collegata ad uno specifico stimolo

Attacco di panico: episodio parossistico, intenso, di breve durata, in cui il senso del pericolo è immanente, con imponenti sintomi vegetativi

Fobie: paure irragionevoli, collegate a specifiche situazioni. L’ansia cresce con l’approssimarsi della situazione temuta, fino ad episodi parossistici (attacchi di panico). Il soggetto è consapevole dell’assurdità delle paure. Ne conseguono condotte di evitamento

Fobie ossessive: paure ossessive che si impongono continuamente alla coscienza. Le condotte di evitamento assumono un carattere compulsivo e ripetitivo

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Page 40: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Tabella riassuntiva:

Alterazioni dell’umore

Criteri di patologia Disturbo Descrizione Caratteristiche

Intensità spesso maggiore

Mancanza di fattori scatenanti o sproporzione tra questi ed entità del disturbo

Decorso pressoché indipendente dagli avvenimenti esterni e protratto almeno per settimane

Particolare fissità del tono dell’umore

Frequente concomitanza di sintomi somatovegetativi

Depressione

(flessione del tono dell’umore)

Senso di tristezza, disperazione, dolore morale

Persistente nel tempo

Anedonia, abulia

Ideazione rallentata e polarizzata su pensieri negativi, talvolta delirante

A livello motorio: rallentamento o agitazione, ansia, irrequietezza

A livello somatico: anoressia, insonnia, dimagrimento, impotenza sessuale

Euforia, mania

(elevazione del tono dell’umore)

Senso di euforia, di facilità nel perseguire gli obiettivi, di potenza

Stato maniacale (fase conclamata)

Stato ipomaniacale (forma attenuata)

Soggetto ostile, irascibile

Accelerazione ideativa, fino alla fuga delle idee, talora deliri (di grandezza, potenza)

Logorrea, distraibilità

A livello motorio: disinibizione fino a gravi stati di agitazione

Insonnia

Stati misti Commistione tra le due opposte polarità, depressiva e maniacale

Disforia

Osservabili nelle fasi di passaggio tra episodi depressivi e maniacali

Disturbi dell’umore sintomatici o secondari

Ottundimento (perdita di sensibilità emotiva)

Appiattimento (diminuzione della normale gamma delle emozioni)

Presenti in schizofrenia e sindromi organiche

Ansia

Criteri di patologia Disturbo Descrizione

Sproporzionata all’evento scatenante

Si manifesta in assenza di motivi apparenti

Si protrae nel tempo

Ansia generalizzata

Apprensività persistente, non collegata ad uno specifico stimolo

Angoscia Ansia intensa ad elevata componete somatica

Attacco di panico

Episodio parossistico, intenso, di breve durata, in cui il senso del pericolo è immanente, con imponenti sintomi vegetativi

Fobie Paure irragionevoli, collegate a specifiche situazioni, con condotte di evitamento

Fobie ossessive

Paure ossessive che si impongono continuamente alla coscienza. Le condotte di evitamento assumono un carattere compulsivo e ripetitivo

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Page 41: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

VITA ISTINTIVA

La vita istintiva costituisce il fondo motivazionale del comportamento, in parte congenito, in parte plasmato da esperienze di vita precoci

Comportamento istintivo: comportamento non appreso, stereotipato, avente, come fine ultimo, la conservazione della vita del singolo o della specie e, come scopo immediato, la riduzione dello stato di tensione indotto da uno stimolo biologico

L’intervento del ragionamento è limitato alla modulazione del soddisfacimento.

Disturbi della vita istintiva (disturbi della condotta): distorsioni nelle condotte connesse alle varie aree pulsionali (aggressiva, alimentare, sessuale), in cui non è possibile scindere il fondo pulsionale dalle componenti affettive e cognitive. Spesso si tratta di conflitti tra pulsioni ed altri fattori motivazionali

Disturbi della condotta aggressiva

Disturbi di personalità (personalità sadiche, antisociali, esplosive), lesioni organiche, abuso di sostanze (alcool), schizofrenia, suicidio (aggressività autodiretta), depressione (abbassamento dell’aggressività)

Disturbi della condotta alimentare

Anoressia mentale, bulimia, schizofrenia

Disturbi della condotta sessuale

Transessualismo, schizofrenia, parafilie, demenze, stati depressivi e ansiosi

Condotta alimentare

Anoressia mentale: patologica paura di ingrassare, che spinge al rifiuto del cibo. Non vi è un’alterazione primaria dell’istinto

Bulimia: patologica avidità per il cibo, che tende a manifestarsi in modo parossistico (abbuffate)

Condotta sessuale

Disturbi dell’identità di genere

Incongruenza tra identità di genere e sesso biologico

Transessualismo, schizofrenia

Deviazioni sessuali (parafilie)

Soddisfacimento sessuale raggiunto con comportamenti e/o partners inconsueti

Parafilie, demenze, stati maniacali

Disfunzioni sessuali Disturbi del desiderio, dell’eccitamento o dell’orgasmo

Stati depressivi e ansiosi

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Page 42: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

VOLONTÀ E PSICOMOTRICITÀ

Volontà: spinta all’azione a livello integrativo superiore. Consta di una componente cognitiva (capacità di decidere tra alternative diverse) ed una energetica (forza di volontà). È direttamente correlata all’attività motoria

Disturbi motori Descrizione Sindromi

Di primo livello Disturbi neurologici del movimento (paresi, discinesie, atassie)

Di secondo livello Aprassie

Sempre indicativi di lesioni organiche

Di terzo livello Disturbi della psicomotricità

Alterazione primaria

(catatonia)

Alterazione secondaria ad altri disturbi psicopatologici

Indicativa di disturbi funzionali

Per il termine catatonia si possono discriminare quattro significati:

1. Una specifica alterazione del tono muscolare

2. Una sindrome clinica nell’ambito della schizofrenia

3. Una qualità particolare di molteplici disturbi psicomotori (impressione di meccanicità, inespressività, indipendenza da stati affettivi e atti volitivi): per questi è ipotizzabile una dissociazione tra volontà, affettività e movimento

4. Una sindrome clinica coinvolgente in vario modo, sia in senso iper- che acinetico, la quale può comparire nella schizofrenia e in vari altri disturbi psicotici, sia organici che funzionali (es. psicosi affettive)

Eccitamento

Iperattività motoria

Si va dall’irrequietezza, all’affaccendamento, all’agitazione psicomotoria, alla crisi di furore. Si può avere crisi pantoclastia (tendenza distruttiva verso tutto ciò che circonda il soggetto) o eccitamento catatonico (afinalistico, disorganizzato, con impressione di meccanicità).

Può essere causata da: psicosi funzionali, psicosindromi organiche, abuso di sostanze, disturbi di personalità e d’ansia.

RallentamentoSi ha in forme depressive, in stati di torpore, nelle demenze e in altri disturbi organici.

Arresto psicomotorio

Riduzione dell’attività fino all’arresto totale

In genere è accompagnato da mutismo. In questi casi si parla di stupore.

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Page 43: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Abulia

Riduzione della spinta volitiva

Ovvero, incapacità di prendere decisioni, di porre in atto decisioni prese.Si verifica in stati depressivi, nella schizofrenia, in personalità abuliche.

Tic

Movimenti rapidi, ripetitivi, involontari

Esacerbati in condizioni di stress.

Impulsività

La condotta esce dal controllo volontario, in genere in forma parossistica

L’azione appare insensata, imprevedibile.Il soggetto priva un eccitamento crescente, un bisogno irresistibile che spinge al

soddisfacimento.L’impulsività può essere primaria (catatonica) o secondaria ad altri fenomeni psicopatologici

(es. voci imperative, epilessia). In altri casi è limitata ad aree specifiche (“manie”).Diversamente dalle compulsioni, l’impulso è vissuto come egosintonico.

Negativismo

Opposizione verso domande, richieste o comandi di altre persone

Rilevabile dall’opposizione ai comandi dell’intervistatore clinico. Il negativismo può essere passivo, quando si ha semplice resistenza all’invito del clinico, o attivo, quando si ha l’esecuzione del movimento contrario. Si parla di negativismo anche nel caso di opposizione ad esigenze interne (es. rifiuto ad alimentarsi).

Il negativismo è tipico della sindrome catatonica, ma si ritrova anche in insufficienze mentali, demenza, patologie organiche.

Mutacismo: ostinato rifluito a rispondere alle domande dell’intervistatore

Obbedienza automatica

Esecuzione passiva di comandi a suggerimenti anche paradossali

Ecoprassia: il paziente imita ogni gesto dell’intervistatore

Tipica della sindrome catatonica.

Manierismi, bizzarrie, stereotipie

Manierismi: comportamenti, frammenti di comportamento, posture, smorfie, gesti, relativamente adeguati alle circostanze, ma strani, caricaturali

Bizzarria: senso più generale di comportamento strano

Stereotipie: attività motorie perseveranti, ripetitive ed incongruenti con il contesto

Nella schizofrenia cronica e catatonica, in insufficienza mentale e mania.

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Page 44: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Catatonia (sintomo)

Rigidità muscolare, per resistenza attiva ai tentativi di movimento, talora con immobilità e mantenimento delle posizioni imposte (catalessia)

Può coinvolgere solo qualche segmento muscolare o essere generalizzata (arresto catatonico). La posizione di arresto può essere conservata su posture bizzarre (accoccolati, atteggiamenti statuari).

Il sintomo più caratteristico della sindrome catatonica.

Flessibilità cerea

Gli arti si oppongono ai movimenti passivi con una lieve tensione superabile

Osservabile in stati di catalessia.

Tabella riassuntiva:

Eccitamento Psicosi funzionali, psicosindromi organiche, abuso di sostanze, disturbi di personalità e d’ansia

Rallentamento Forme depressive, stati di torpore, demenze e altri disturbi organici

Arresto psicomotorio Stupore

Abulia Stati depressivi, schizofrenia, personalità abuliche

Tic Condizioni di stress

Impulsività Può essere primaria (catatonica) o secondaria ad altri fenomeni psicopatologici (es. voci imperative, epilessia) o limitata ad aree specifiche (“manie”)

Negativismo Sindrome catatonica, insufficienze mentali, demenza, patologie organiche

Obbedienza automatica Sindrome catatonica

Manierismi, bizzarrie, stereotipie Schizofrenia cronica e catatonica, insufficienza mentale e mania.

Catatonia (sintomo) Sindrome catatonica

Flessibilità cerea Stati di catalessia

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Page 45: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

PERSONALITÀ, TEMPERAMENTO, CARATTEREPersonalità: insieme delle caratteristiche di comportamento, di pensiero e di modalità di

relazionarsi agli altri, su base sia congenita che acquisitaTemperamento: fondo umorale che imposta le condotte del soggetto. Ha un più diretto

fondamento biologicoCarattere: allude allo stile di comportamento, legato a fattori costituzionali e a modalità

apprese nei primi anni di vitaPersonalità patologiche (disturbi di personalità): personalità poco adattive, tali da procurare

sofferenza soggettiva o disagio nelle relazioni socialiAd un dato temperamento corrispondono varie personalità:

Temperamento Personalità

Depressivo Evitante

Dipendente

Masochista

Passivo-aggressiva

Ipertimico Narcisista

Istrionica

Paranoide

Antisociale

Borderline

Irritabile Bordeline

Antisociale

Ciclotimico Bordeline

Antisociale

Modalità di relazione tra personalità e malattia:

La personalità può essere espressione subclinica di malattia La malattia può residuare in una trasformazione della personalità

La personalità può influire sulla modalità di manifestarsi della malattia (azione patoplastica)

La personalità può esser un fattore di rischio indiretto

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Page 46: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

.5 Semeiotica: il colloquio, l’esame obiettivo, l’anamnesi

INTRODUZIONE

In psichiatria, la principale forma di rilevamento è costituita dal colloquio

Tuttavia, tale tecnica porta con sé molti problemi, che vedremo qui di seguito.

Confusione terminologicaUno stesso termine psichiatrico può essere usato con accezioni diverse nei differenti contesti.

Inoltre, i termini psichiatrici sono entrati ormai nel vocabolario quotidiano.Molto spesso uno stesso termine è usato per descrivere il sintomo, la sindrome e la malattia.

Livello degli indicatori di malattiaNella sintomatologia psichiatrica, si confondono e si intersecano elementi originati a diverso

livello. Questo perché in ogni espressione di malattia convivono:

1. I sintomi originati in via diretta dal processo morboso, non mediati da fattori psicologici (es. febbre, dolore)

2. Le modificazioni individuali conseguenti alla reazione psicologica al malessere, che risentono degli elementi caratterologici o temperamentali

3. Elementi connessi al modo in cui l’individuo cerca di comunicare il suo malessere

Questi tre livelli si ritrovano in ogni condizione di malessere. Mentre, nella semeiotica medica, sono i sintomi di primo livello ad avere il massimo peso, in psichiatria i tre livelli sono poco separabili tra loro.

Valore reale e valore simbolicoUn terzo elemento di confusione può derivare dalla mancata distinzione tra valore reale dei

sintomi ed il loro presunto valore simbolico. Molti sintomi, infatti, hanno un significato clinico che trascende il loro specifico contenuto (caratteristiche formali). Occorre, cioè, distinguere quello che i sintomi sono da ciò che potrebbero voler dire.

I due piani interpretativi, che devono essere tenuti ben separati, sono:

Interpretazione del valore reale (diagnostica): ottica di valutazione clinico diagnostica

Interpretazione del valore simbolico (comprensione): chiave di lettura che mira ad interpretare le dinamiche intrapsichiche di quel paziente in quel momento

L’interpretazione diagnostica è il primo scopa del terapeuta, nel corso del primo contatto con il paziente. Poi, i due livelli interpretativi devono integrarsi.

I sintomi psichiatrici si manifestano essenzialmente come vissuti e comportamenti

I vissuti sono esperienze intrapsichiche, soggettive, non direttamente accessibili a persona diversa da chi le sperimenta. Gli altri possono conoscere il vissuto di una persona soltanto attraverso l’aspetto comportamentale, ovvero attraverso la descrizione verbale del paziente e per via extraverbale (espressione del volto, mimica, gestualità, etc.).

I comportamenti patologici, d’altronde, sono direttamente osservabili solo se in atto al momento del colloquio. Se i comportamenti patologici più significativi sono avvenuti nel passato, essi possono esser conosciuti solamente in quanto riferiti.

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Conclusione: lo strumento principale della semeiotica psichiatrica è la parola, o meglio, la capacità di ascoltare le parole del paziente e di indirizzarle, di esplicitarle, di far rievocare, di esplorare attraverso le parole i vissuti e i comportamenti più salienti ai fini della diagnosi. Il momento fondamentale della semeiotica psichiatrica è, dunque, il colloquio, durante il quale si esercita anche l’osservazione

IL COLLOQUIO PER LA RILEVAZIONE DEI SINTOMI PSICHIATRICI A livello semeiologico, lo scopo del colloquio è quello di rilevare i sintomi

presentati dal pazienteIl primo obiettivo del colloquio semeiotico è quello di orientarsi, in senso diagnostico, per

grandi categorie (es. disturbi psicotici, disturbi d’ansia, demenza, disturbo affettivo).La capacità di trovare gli elementi salienti per una diagnosi dipende, in gran parte, dal sapere

che cosa cercare, per cui è necessario avere una buona preconoscenza dei disturbi psichiatrici. Il procedimento diagnostico risiede in un interscambio continuo tra ipotesi diagnostica (che cosa cercare) e verifica degli elementi che possono supportare o meno l’ipotesi.

Ciò non è sempre facile, perché il paziente può:

Non essere consapevole del sintomo

Essere restio a confessare un disturbo di cui si vergogna

Sottovalutare o travisare alcuni sintomi

Essere incapace di verbalizzare alcuni stati d’animo, per il suo livello culturale

Per ovviare a ciò, occorre mettere il paziente nella migliore disposizione per narrare, seguendolo con interesse, incoraggiandolo e svolgendo il colloquio in un ambiente tranquillo.

Una questione importante è la maggiore e minore direttività del colloquio da parte dell’intervistatore. È bene, inizialmente, cercare di far parlare liberamente il paziente, con una domanda iniziale molto aspecifica. Se il paziente parla disinvoltamente, è utile lasciarlo esporre liberamente e cercare precisazioni solo in seguito. Se, invece, il paziente divaga molto, è meglio guidarlo a restare sui punti significativi. Se, infine, il paziente è restio a parlare, molto imbarazzato o addirittura mutacico, allora diventa necessario interrogarlo con domande dirette.

Discutibile è anche il fatto se sia opportuno che eventuali accompagnatori partecipino al colloquio.

L’ESAME OBIETTIVO PSICHIATRICO

Definizione: insieme delle osservazioni che l’esaminatore registra direttamente sullo stato mentale dell’intervistato, ossia sui cuoi modi di funzionamento intellettivo, emotivo, comportamentale, sulle sue capacità e attitudini

L’esame è obiettivo, in quanto si basa solamente sulle osservazioni dirette, desunte dall’intervista. Tuttavia, certe attitudini, sensazioni od emozioni non possono essere del tutto rilevabili in via oggettiva e ci si deve affidare a quanto riferito dal paziente.

L’esame psichiatrico è anche formale, in quanto registra non il contenuto del pensiero, ma il modo di funzionare di questo, classicamente diviso nelle varie funzioni: memoria, concentrazione, percezione, affettività, etc.

Ne consegue che l’esame obiettivo psichiatrico è una sorta di metaosservazione che il medico fa sulle modalità del colloquio, mentre il colloquio si svolge. A questo segue, alla fine del colloquio, una sintesi delle osservazioni registrate in sede di colloquio.

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Durante il colloquio, i singoli parametri da esaminare sono:

Aspetto: impressione generale che l’esaminatore ha dell’aspetto del paziente (modo di vestire, di acconciarsi, caratteristiche inusuali, espressione del viso, tipo di contatto con il medico)

Attività motoria: il paziente sta eccessivamente fermo, oppure si muove in continuazione; presenza di tic, smorfie, tamburellamento delle dita o irrequietezza delle gambe; mimica adeguata al racconto, esagerata o particolarmente povera e inespressiva

Eloquio: velocità del flusso verbale, volume della voce, tono, qualità della verbalizzazione (notare se è adeguata al livello socio-culturale, se è presente manierismo), vivacità del racconto, aderenza al tema, capacità logica del paziente, incongruenze, eccentricità della parola (neologismi, intoppi, deragliamenti), gestualità che accompagna il parlare

Atteggiamento verso l’esaminatore: se il paziente collabora volentieri, se è aggressivo e rivendicativo, se è passivo, deferente, arrogante, etc.

Funzioni cognitive superiori: in genere non vengono esplorate sistematicamente nella pratica ambulatoriale, perché il porre direttamente le domande, atte a investigare il loro funzionamento, può urtare la suscettibilità del paziente. Di solito, comunque, il colloquio fa capire se il paziente è lucido, orientato nel tempo e nello spazio, normalmente mnesico. Pertanto, l’esame sistematico delle funzioni superiori deve essere eseguito con molto tatto e solamente quando dal colloquio emergano elementi tali da giustificare un tale approfondimento.

Altre funzioni cognitive: concentrazione, livello di informazione, capacità di risolvere semplici problemi matematici. Sono da indagare (con appositi test) solo nel caso in cui se ne sospetti un deficit. Un’osservazione generale, che invece è bene non trascurare, riguarda il livello culturale, l’interesse, la vivacità intellettiva e la capacità di apprendere

Ideazione: direzionalità del pensiero, ovvero scopo e intenzione del ragionamento (ripetitività, deragliamento, incoerenza, intrusioni, prolissità, labilità di associazioni, inconsequenzialità); operazioni logiche messe in atto per seguire la direzione prescelta (coerenza, puntualità dei nessi associativi); aspetti formali e quantitativi (ideazione accelerata o rallentata); contenuto del pensiero (preoccupazioni, paure e fobie, idee ipocondriache, di riferimento, di nocumento, di colpa e di rovina) e in che modo vengono vissute la idee (timore, possibilità, certezza)

Percezione: illusioni e allucinazioni. Qualora il paziente non lamenti spontaneamente fenomeni dispercettivi, l’esistenza di questi disturbi va indagata, con domande dirette, solo nel caso in cui si sospetti o un processo psicorganico o uno stato psicotico (paranoia, delirio)

Umore: uno dei paramenti più salienti. Indicazioni sull’umore si possono ottenere da: a) verbalizzazione diretta dello stato d’animo; b) contenuti del pensiero (idee di inadeguatezza, di colpa, di grandezza, preoccupazioni eccessive); c) comportamento generale del paziente (mimica, gesti)

Esame fisico: viene effettuato solo nel caso ve ne sia bisogno

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Page 49: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

ANAMNESI PSICHIATRICA

Storia psichiatrica

Per tracciare l’anamnesi psichiatrica, si deve tenere di conto dei seguenti elementi:

Familiarità: esistenza di disturbi psichiatrici tra i familiari. Alcune delle patologie psichiatriche, infatti, hanno un andamento familiare (depressioni maggiori e le forme bipolari, disturbi da ansia acuta e agorafobia). La familiarità viene esplorata chiedendo al paziente se vi sono stati disturbi psichiatrici tra i suoi familiari, cercando di sapere quali erano i sintomi, se e come sono stati curati, come si è risolta la malattia. Spesso, il paziente non è in grado di fornire notizie sicure, per cui le diagnosi su base familiare sono diagnosi di probabilità. Per questo motivo, non possiamo considerare la negatività della familiarità come elemento di esclusione di una data patologia psichiatrica

Sviluppo psicomotorio: accertare se i primi stadi di sviluppo si sono svolti regolarmente, onde eludere cerebropatie infantili o altri difetti di apprendimento

Scolarità: livello raggiunto negli studi, eventuali difficoltà scolastiche, rapporti con i compagni, possono evidenziare deficit di apprendimento e/o integrazione. Improvvisi deficit nel rendimento scolastico costituiscono una delle modalità più comuni di esordio della schizofrenia

Eventi e ambiente dell’infanzia e dell’adolescenza: eventi di perdita o separazione e reazione a tali eventi, clima familiare, attitudini educative dei genitori, rapporti tra i membri della famiglia

Personalità: di solito, si indaga con la domanda “qual è il suo carattere quando sta bene?”. L’esame dei tratti salienti della personalità può essere un solido sussidio diagnostico (pazienti con disturbi affettivi di tipo endogeno presentano un carattere attivo, estroverso, socievole, amante della compagnia; gli schizofrenici sono di norma, anche prima dell’esordio conclamato della malattia, chiusi, introversi, timidi, sospettosi; gli ossessivi, meticolosi e pignoli). È importante capire se gli elementi costitutivi del disturbo in atto sono avvertiti come una sorta di frattura rispetto alla personalità precedente (abituale modo di vivere e di reagire)

Storia lavorativa e sentimentale/matrimoniale atmosfera familiare, livello economico ed eventuali cambiamenti di questi elementi

Precedenti psichiatrici: episodi simili a quelli in corso nella storia del paziente e come questi ha reagito. L’inchiesta deve essere condotta puntigliosamente

Eventi: si deve accertare se esiste una relazione tra esordio della malattia ed eventi esterni dotati di particolare significato. In genere, il chiedere semplicemente se è successo qualcosa che ha turbato il paziente non dà garanzie di un rilevamento corretto, per cui è meglio fare affidamento all’inchiesta routinaria, con l’esplorazione sistematica di cambiamenti nelle aree più significative (lavoro, famiglia, denaro, salute, tempo libero, amicizie, vita sentimentale)

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Parte Seconda

LA CLINICA

.8 Disturbi mentali organici

INQUADRAMENTO GENERALE E CLASSIFICAZIONE

Definizione : alcune condizioni psicopatologiche causate da un sofferenza cerebrale diretta o indiretta

Diagnosi : è sufficiente l’esistenza di un rapporto cronologico evidente fra reperto somatico e disturbo psichico ed un andamento parallelo di entrambi

Si distingue tra:

Sindrome mentale organica : costellazione sintomatologia senza un riferimento ad un’eziologia (es. Sindrome d’Ansia Organica, Demenza)

Disturbo mentale organico : una particolare sindrome mentale organica la cui eziologia è nota o presunta (es. Delirium da astinenza alcolica, Demenza multinfartuale)

L’impiego della categoria dei disturbi organici, tuttavia, non implica che i disturbi non organici siano causati solamente da fattori psicologici. Nel DSM IV, questa categoria è stata eliminata. Al suo posto, è stata introdotta la categoria dei disturbi cognitivi, che prescinde da ogni riferimento eziologico e comprende quadri quali il delirium, la demenza, la sindrome amnestica e disturbi cognitivi non altrimenti specificati. Le sindromi organiche d’ansia, dell’umore, deliranti e di personalità, nonché l’allucinosi, vengono eliminate come categorie autonome ed inserite tra le forme funzionali corrispondenti. Per questi quadri, la diagnosi (sull’asse I) deve essere accompagnata dalla dizione dovuti a condizioni mediche (da specificare sull’asse III).

Le sindromi qui descritte possono essere ricondotte ai seguenti quadri:

Quadri con deficit cognitivi globali Delirium

Demenza

Quadri con deficit cognitivi parziali Sindrome amnestica

Allucinosi

Equivalenti funzionali Sindromi organiche dell’umore, d’ansia, deliranti e di personalità

Intossicazione ed astinenza legate all’uso di sostanze

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DELIRIUM O SINDROME CONFUSIONALENel DSM IV, tutti i quadri confusionali confluiscono nella categoria del delirium, che viene

così definita:

Definizione: disorganizzazione transitoria, reversibile e globale delle funzioni cognitive, il cui sintomo principale è dato dalla ridotta capacità a mantenere l’attenzione sugli stimoli esterni e di spostarla in maniera appropriata su stimoli nuovi; concomitano abitualmente disorganizzazione del linguaggio, alterazioni dello stato di coscienza, fenomeni dispercettivi, disturbi del ritmo sonno veglia, disturbi dell’attività psicomotoria e della memoria, disorientamento temporo spaziale

EpidemiologiaGli stati confusionali rappresentano probabilmente la patologia psichiatrica più diffusa.

Quadro clinico e decorso

Esordio Relativamente brusco

Durata Solitamente breve, da alcune ore fino ad un massimo di 7-10 giorni

Andamento Fluttuante nel corso della giornata, con recrudescenza che compare al crepuscolo e nelle ore notturne

Funzioni compromesse

Attenzione, linguaggio, stato di coscienza, percezione, ritmo sonno-veglia, psicomotricità, memoria, orientamento spazio-temporale

Sintomi prodromici

Quando presenti, irrequietezza, difficoltà di concentrazione, ipersensibilità agli stimoli esterni, insonnia, sonno agitato con sogni vividi ed incubi

Periodo di stato Il paziente può presentarsi attonito, perplesso o, al contrario, eccitato, confuso; linguaggio frammentario; movimenti non coordinati; manca ogni forma di iniziativa finalizzata; talora, il paziente non è in grado di riconoscere le persone che lo circondano e presenta turbe della memoria di fissazione e di rievocazione; frequentemente, esperienze allucinatorie e deliranti

Risoluzione Termina per crisi, con un sonno profondo e prolungato fino a 24 ore

Dopo la remissione

Talora, persistono sintomi residui o compare la tendenza al deterioramento delle funzioni intellettive; in alcuni casi, si ha un’evoluzione verso altri disturbi mentali organici ad andamento cronico

Il quadro clinico tende ad assumere caratteristiche particolari, in relazione al fattore eziologico:

Delirium tremens : tremore grossolano, marcata iperattività del sistema nervoso autonomo, con tachicardia e sudorazione, allucinazioni vivide di tipo uditivo tattile o visivo

□ Eziologia: caratteristico delle astinenze da alcool o da sostanze ad azione sedativo-ipnotico-ansiolitica

Amenza : una delle forme cliniche più gravi di delirium, con coinvolgimento affettivo notevole, decadimento delle funzioni cognitive e compromissione delle condizioni fisiche

□ Eziologia: modificazioni patologiche della coscienza

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EziopatogenesiI fattori eziologici possono essere: encefalopatie metaboliche (carenze vitaminiche,

insufficienza epatica e renale, malattie endocrine, etc.), malattie cardiovascolari, stati infettivi, intossicazioni (anestetici, sedativi, digitale, steroidi, analgesici, alcol, benzina, colle, veleni industriali), astinenza da sostanze psicoattivi (alcol, sedativi-ipnotici, amfetamine, cocaina), malattie neuronali (infarto cerebrale, emorragia intracranica, tumori intracranici, malattie degenerative), attacchi epilettici, traumi cranici.

Il cervello immaturo, senescente o che abbia subito danni, sembra più suscettibile allo sviluppo di delirium. Infatti, il delirium è più frequente nei bambini e nei soggetti anziani. Altri fattori predisponenti: deprivazione sensoriale, condizioni di stress.

SINDROMI AMNESTICHESecondo il DSM IV:

Definizione: turbe della memoria di fissazione e di rievocazione, riconducibili a cause organiche specifiche, spesso in assenza di coscienza di malattia

EpidemiologiaLa sindrome amnestica è rara.

Quadro clinico e decorsoSi distingue tra:

Amnesia anterograda: riguarda gli eventi verificatisi dopo l’esordio del disturbo

Memoria istantanea Rimane ben conservata, testimoniando l’integrità delle capacità percettive

Memoria recente Compromessa la capacità di ricordare eventi avvenuti da pochi minuti o poche ore

Consapevolezza di malattia Assente. Il paziente appare sorpreso quando viene messo di fronte all’evidenza dei suoi disturbi

Confabulazioni Riempiono le lacune mestiche

Amnesia retrograda: riguarda gli eventi verificatisi prima dell’esordio del disturbo, dei quali il paziente non ricorda più niente, vengono conservate, tuttavia, alcuni funzioni abituali, apprese nell’infanzia (leggere, scrivere, etc.)

Disturbi associati alle turbe mnestiche:

Disturbi del pensiero: rallentamento dell’ideazione, con tendenza a perseverare sugli stessi contenuti; deficit di comprensione, con difficoltà a coordinare i diversi dati dell’esperienza in maniera logica e coerente

Disturbi dell’affettività: abbastanza marcati; sono presenti ansia, labilità emotiva, oscillazioni dell’umore

La sindrome di Wernicke e la psicosi di Korsakoff sono costellazioni sindromiche nelle quali l’elemento amnestico è dominante.

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EziopatogenesiCause più comune: alcolismo associato a deficit di timina, traumi cranici, infarti cerebrali,

epilessia, malattie degenerative, quali il morbo di Alzheimer, anossia cerebrale, provocata da intossicazione da monossido di carbonio o da tentativi di impiccagione.

TerapiaIl trattamento consiste, innanzitutto, nel rimuovere la causa responsabile del disturbo. Qualora

l’agente eziologico abbia provocato lesioni neuronali irreversibili, come avviene nella maggior parte dei casi, non sarà possibile una restitutio ad integrum, ma solo un parziale recupero delle funzioni danneggiate.

ALLUCINOSI

Definizione: entità sindromica caratterizzata da allucinazioni persistenti o ricorrenti, in assenza di disturbi della coscienza, riconducibili ad una causa organica specifica

Nel DSM IV, l’allucinosi scompare come categoria a se stante e viene fatta confluire nei Disturbi Psicotici dovuti a condizioni mediche o indotti da sostanze.

EpidemiologiaFrequente tra soggetti che abusano di alcol ed altre sostanze psicotrope.

Quadro clinico ed evoluzione

Sintomi Allucinazioni uditive o, meno frequentemente, visive, in assenza di elementi confusionali, di notevole vivacità sensoriale, proiettate all’esterno del soggetto; può essere presente un notevole coinvolgimento affettivo (il soggetto può vivere le allucinazioni in modo angoscioso); possono concomitare tachicardia, sudorazione, tremore (soprattutto nei casi di intossicazione o astinenza da farmaci)

Coscienza di malattia

In taluni casi

Decorso Dipende dall’eziologia: durata di poche ore, nell’ingestione sporadica di un allucinogeno; lunga durata o cronico, nell’uso protratto di allucinogeni; decorso acuto, talora recidivante, più raramente cronico, nell’allucinosi alcolica.

EziopatogenesiCause più comuni: uso di allucinogeni, cannabinoidi, abuso di alcol o sedativi, intossicazione

da digitale.Altre cause: lesioni cerebrali, cecità, sordità.

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Disturbi mentali secondari ad altre condizioni fisiche (disturbo psicotico, d’ansia, dell’umore, catatonico, di personalità)

INTRODUZIONE

Alcuni quadri sindromici si possono manifestare in concomitanza di malattie fisiche

Non è sempre facile, né possibile, determinare con esattezza il rapporto di causazione tra disturbo somatico e sindrome mentale.

Nel DSM IV, le Sindromi Mentali Organiche vengono indicate come Disturbi Mentali dovuti a condizioni mediche (comprendenti i disturbi psicotico, d’ansia, dell’umore, catatonico e modifiche di personalità), perché la contrapposizione delle Sindromi Mentali Organiche alle restanti entità nosografiche pareva escludere per queste ultime qualsiasi substrato biologico.

In molti casi, tali disturbi mentali secondari ad altre condizioni fisiche sembrano rispondere agli stessi trattamenti delle forme corrispondenti, non sostenute da malattie somatiche.

Per la diagnosi differenziale, l’atipicità del decorso e l’assenza di precedenti anamnestici o di familiarità sono caratteristiche distintive di tutte queste forme nei confronti dei corrispettivi funzionali.

Oggi, riguardo a questo tipo di disturbi, è molto diffuso lo studio dei rapporti tra sintomatologia e localizzazione del processo biologico. La speranza di questi studi è quella di individuare un substrato neuroanatomico comune alle due manifestazioni, disturbi mentali dovuti a condizioni mediche e disturbi funzionali.

EPIDEMIOLOGIAQuesti quadri rappresenterebbero circa il 20% di tutti i disturbi mentali dovuti a condizioni

mediche. Le manifestazioni affettive sarebbero le più comuni, mentre i quadri psicotici i più rari.

DISTURBO PSICOTICO DOVUTO A CONDIZIONI FISICHEIn questa categoria sono confluiti la Sindrome Organica Delirante e l’Allucinosi Organica

del DSM III-R.

Definizione Disturbo caratterizzato da fenomeni deliranti o dispercettivi persistenti, indotti da uno specifico fattore organico, in assenza di sintomi confusionali (delirium) o di demenza

Pensiero Deliri di persecuzione e di riferimento, spesso scatenati dall’assunzione di sostanze amfetamino-simili, cocaina. Deliri di gelosia, negli alcolisti

Umore Tendenzialmente disforico; il paziente può apparire perplesso, rallentato o agitato

Linguaggio Può essere sconnesso o incoerente, ma in molti casi rimane ben struttrato

Altro Talora concomitano fenomeni ossessivo-compulsivi, pensiero magico, fenomeni dispercettivi

Ambito lavorativo e sociale

Compromissione marcata

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EziologiaSi può osservare in malattie neurologiche e abuso di sostanze (alcol, amfetamina, cocaina,

cannabis, allucinogeni).

DISTURBO D’ANSIA DOVUTO A CONDIZIONI FISICHEL’ansia è un sintomo frequente in numerose malattie neurologiche. Si può presentare

all’esordio di un quadro di delirium, nella demenza, in disturbi dell’umore dovuti a condizioni mediche e come riposta emotiva ad allucinazioni e deliri su base organica.

Tuttavia, per Disturbo d’ansia dovuto a condizioni mediche si intende una cosa ben precisa:

Descrizione Un fattore somatico noto causa attacchi di panico ricorrenti o manifestazioni tipo ansia generalizzata

In assenza di Delirium, demenza, allucinosi

Remissione Con la risoluzione della patologia organica sottostante

In molti casi, la malattia fisica può costituire l’elemento scatenante ed il quadro ansioso può protrarsi anche dopo la sua remissione, con condotte di evitamento ed episodi critici, e può richiedere un trattamento indipendente.

EziologiaCause: iper o ipo-tiroidismo, varie patologie del SNC, episodi ischemici transitori, malattie

demielinizzanti, traumi cranici, tumori, stati di intossicazione da metalli pesanti, sostanze stimolanti (cocaina, amfetamina, caffeina), sospensione di agenti ad azione sedativa (benzodiazepine, alcol).

DISTURBO DELL’UMORE DOVUTO A CONDIZIONI FISICHE

Definizione: prevalente e persistente depressione o elevazione dell’umore, in presenza di un fattore eziologico organico

Possono associarsi deliri congrui o incongrui all’umore.Nel caso di una sindrome depressiva, i sintomi della sfera vegetativa (iporessia con

dimagrimento, insonnia, marcata faticabilità) vengono solitamente riferiti al disturbo organico.Deve essere esclusa la presenza di delirium.

EziologiaFattori tossici o metabolici:

Episodi depressivi: corticosteroidi, allucinogeni, chemioterapici, contraccettivi orali, alcol, ipnotico, benzodiazepine, sospensione di farmaci stimolanti o antidepressivi

Episodi maniacali: corticosteroidi, L-Dopa, IMAO, cocaina, amfetamina, LSD

Tuttavia, è difficile stabilire se l’insorgenza di depressione o mania a seguito di assunzione di farmaci o sostanze rappresenti solamente la slatentizzazione di disturbo bipolare.

Altre cause: disendocrinie (manifestazioni depressive nell’ipotiroidismo, maniacali nell’iper), processi infettivi (lue, epatite, influenza, mononucleosi, AIDS), malattie neurologiche (sclerosi multipla, Parkinson, ictus).

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Page 56: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

DISTURBO CATATONICO DOVUTO A CONDIZIONI FISICHE

Presenza di catatonia in relazione ad una malattia somatica

La catatonia si può manifestare con rallentamento, sino ad uno stato di catalessia o stupore, o iperattività motoria afinalistica e sganciata da ogni stimolo esterno.

Il paziente può presentare, inoltre, negativismo, postura rigida, movimenti bizzarri, ecoprassia, ecolalia o mutacismo.

EziologiaDa varie malattie somatiche, soprattutto di tipo neurologico.

MODIFICHE DI PERSONALITÀ DOVUTE A CONDIZIONI FISICHE

Definizione Alterazione persistente della personalità o cambiamento di tratto persistente, legati ad un fattore organico

Manifestazioni Marcata instabilità affettiva con oscillazioni dalla depressione all’euforia, dall’irritabilità all’ansia; esplosioni di rabbia o aggressività sproporzionate; ridotte capacità di giudizio e di critica, in particolare nelle in reazioni sociali; apatia ed indifferenza; sospettosità o ideazione paranoidea

Decorso Correlato alla sottostante patologia organica

Andamento sociale Spesso compromesso

Se l’agente etiologico interviene nella vita adulta, si osservano modifiche sostanziali o un’accentuazione delle caratteristiche precedenti.

Sulla base delle manifestazioni prevalenti, il DSM IV distingue alcuni sottotipi diagnostici: labile, disinibito, aggressivo, apatico, paranoide, con caratteristiche miste.

EziologiaI traumi cranici sembrano le cause più frequenti.Altre cause: epilessia, sclerosi multipla, corea di Huntinghton, disendocrinie, quadri

dismetabolici, alcolismo cronico.

TerapiaDeve mirare, se possibile, alla rimozione o al trattamento della causa organica. In alcuni casi,

però, il fattore eziologico può aver provocato danni neuronali persistenti e, quindi, la terapia può essere solamente sintomatica.

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Page 57: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Le demenze

INTRODUZIONE

Gli elementi caratterizzanti sono:

Declino delle funzioni intellettive (a differenza delle insufficienze mentali, in cui la compromissione del livello intellettivo è stata sempre presente)

Compromissione globale delle funzioni intellettive (coinvolge fasie, prassie, gnosie, capacità di astrazione, memoria ed orientamento)

Mancanza di alterazione dello stato di coscienza (la compromissione delle funzioni intellettive non è secondaria a disturbi della coscienza)

NOSOGRAFIA DELLE DEMENZEIl DSM IV distingue i seguenti quadri clinici: Demenza di Tipo Alzheimer, Demenza

Vascolare, Demenza Dovuta ad Infezione da HIV, Demenza Dovuta a Traumi Cranici, Demenza Dovuta a Morbo di Parkinson, Demenza Dovuta a Morbo do Huntington, Demenza Dovuta a Malattia di Pick, Demenza Dovuta a Malattia di Creutzfeldt-Jakob, Demenza Persistente indotta da Sostanze, Demenza Dovuta ad Altre Malattie Generali, Demenza Dovuta ad Etiologia Multipla.

Il criterio diagnostico-classificatorio che utilizzeremo distingue, ad un primo livello, le demenze primarie da quelle secondarie (conseguenti a patologie primitive di altri organi ed apparati); ad un secondo livello, in base al meccanismo etiopatogenetico, distingue le forme degenerative, vascolari, tossiche, endocrino-metaboliche, meccaniche, infiammatorie, neoplastiche e da altre cause; infine, ad un terzo livello, distingue le diverse entità cliniche.

INVECCHIAMENTO E DEMENZASecondo alcuni autori, l’invecchiamento fisiologico sarebbe solo una forma a decorso

lentissimo della demenza primaria ed insorgenza senile, per cui le differenze tra invecchiamento fisiologico e demenza sarebbero solo quantitative e non qualitative.

È certo che l’età è un fattore di rischio per la demenza senile, ma una cosa sono i fattori di rischio ed altra cosa i fattori etiologici. È ampiamente dimostrato, inoltre, che tra invecchiamento e demenza esistano processi comuni, ma questo non giustifica da solo il discorso quantitativo, dato che, oltre un certo punto, intervengono differenze qualitative tali, per cui solo i dementi diventano infermi irrecuperabili, incapaci di vita autonoma. Il fatto è che non siamo ancora in grado di cogliere il punto di passaggio, qualitativo e quantitativo, tra normalità e patologia.

DefinizioneDisturbo mentale, acquisito, obiettivamente verificabile, caratterizzato dalla compromissione della memoria a breve e a lungo termine, accompagnato da un deficit del pensiero astratto, delle capacità di giudizio critico, delle funzioni corticali superiori (fasie, prassie, gnosie) e/o da modificazioni della personalità, in assenza di compromissione dello stato di coscienza, e di entità tale da interferire significativamente con le attività lavorative e sociali o con le relazioni interpersonali.

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Page 58: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

SEMIOTICA CLINICA E STRUMENTALEÈ sempre necessario, in primo luogo, un accurato studio anamnestico-clinico, seguito dalle

indagini di laboratorio e strumentali suggerite dal giudizio clinico.

Esame anamnestico-clinicoL’indagine anamnestica è mirata ad evidenziare:

Anamnesi familiare: presenza di familiari con disturbi psichiatrici, neurologici e/o somatici, in qualche misura correlati alla patologia demenziale

Anamnesi fisiologica: presenza di insufficienza mentale, congenita o acquisita, o di ritardo nello sviluppo psicomotorio; importanti anche le informazioni circa il livello di scolarità, la storia occupazionale, le abitudini dietetiche e voluttuarie

Anamnesi patologica remota: possibili malattie neuro-psichiatriche e/o somatiche, traumi cranici ed altre condizioni morbose

Anamnesi patologica prossima: tempi e modalità di esordio e di evoluzione del quadro clinico

Qui di seguito, vedremo, per ogni aspetto/funzione della psiche, quali sono le informazioni che si devono acquisire in un esame clinico:

Personalità premorbosa: l’attenzione va rivolta allo stile comportamentale del soggetto, al livello di adattamento ed integrazione sociale, al modo ed alla misura del cambiamento di interessi e abitudini, ad episodi confusionali con o senza agitazione psicomotoria, ad alterazioni della vita istintuale, del linguaggio e dell’igiene personale, alle limitazioni della capacità di vita autonoma.

Carattere: alterazioni, più spesso con accentuazione dei tratti di personalità, ma talora anche con la comparsa di caratteristiche opposte a quello preesistenti. In linea di massima, la personalità risulta semplificata, impoverita e più disinibita. Quando le modificazioni del carattere assumo un rilievo preminente, si configura una Sindrome Organica di Personalità (coesistono, da una parte, instabilità affettiva, ingiustificati scoppi d’ira, comportamenti socialmente sconvenienti, dall’altra, apatia, indifferenza, perdita di interesse per le attività abituali e, infine, religiosità, marcata sospettosità).

Memoria: costantemente e precocemente alterata. Prima, si ha la perdita dei ricordi più recenti, a cui segue, più tardivamente, la perdita dei ricordi remoti, fino all’amnesia globale. La compromissione della memoria fisiognomica può giungere fino alla perdita della coscienza e della propria identità. Nelle fasi iniziali, è frequente l’amnesia nominum (perdita progressiva della capacità di denominare gli oggetti o le persone con il loro nome specifico e ricorso a parole passe-par-tout). Non eccezionali le confabulazioni.

Orientamento: compromessa la capacità di riconoscere gli spazi (memoria topografica). I disturbi dell’orientamento, quindi, sono connessi a quelli della memoria. Si può riscontrare il fenomeno della “spinta verso la casa”. Va perduto anche l’orientamento nel tempo: il paziente non sa ricordare date e si alterano, inoltre, anche i parametri temporali, fino all’inversione del ritmo sonno/veglia.

Attenzione: generalmente disturbata. Il soggetto si stanca facilmente e non riesce a portare a termine l’attività iniziata; altre volte, polarizza l’attenzione su di un pensiero e non riesce a spostarla su di un tema diverso.

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Pensiero astratto: difficoltà ad affrontare problemi nuovi, ad acquisire nuove tecniche, a formulare pensieri astratti, ad uscire dal concreto, dal mero significato letterale, a cogliere analogie e differenze. In altre parole, il soggetto perde le attività di base del pensiero (astrazione, analisi, sintesi, etc.) e, parallelamente, perde anche il patrimonio intellettuale e culturale precedentemente acquisito, la scale dei valori logici e le norme etiche e sociali. Di conseguenza, si hanno gravi deficit di critica, autocritica e di giudizio, che lo portano ad anomalie della condotta.

Funzioni corticali superiori: variamente compromesse, fino a culminare della Sindrome Alogica di Reich, caratterizzata da afasia, agnosia ed aprassia (compromissione della componente intellettivo-semantica, senza o con scarsa compromissione degli elementi sensoriali). Per quanto riguarda l’afasia, la produzione del linguaggio è compromessa in misura maggiore della comprensione; con il progredire della malattia, il linguaggio si fa sempre più vuoto, fino alla comparsa del “mutismo demenziale” (il soggetto ha sempre una risposta, anche se vuota di contenuti informativi, es. ecolalia). I disturbi della prassia si manifestano precocemente con gli errori nelle sequenze gestuali complesse (disturbo della cognizione spaziale: errori topografici, errore destra/sinistra, aprassia dell’abbigliamento. L’agnosia è più tardiva e si manifesta con i deficit di riconoscimento fisiognomico.

Linguaggio: i disturbi del linguaggio sono prodotti dal combinarsi dei disturbi della memoria e cognitivi con l’afasia. Progressivamente, il linguaggio si impoverisce, diventa meno comunicativo ed informativo, cresce l’uso delle stesse espressioni e di luoghi comuni. I nessi sintattici diventano più lassi.

Umore: quasi sempre alterato in vario modo e grado. La sintomatologia depressiva è la più frequente. Quando la componente depressiva acquista un particolare rilievo, si parla di Demenza con Depressione.

Ipocondria: può essere presente, fino al vero e proprio delirio di ipocondria e al “delirio di Cotard”.

Compulsività: può essere presente il fenomeno del “collezionismo” (raccolta di materiale, quasi sempre irrilevante e di nessuna utilità, che viene riposto in luoghi “segreti”).

Attività: si può avere rallentamento psicomotorio o agitazione. In alcune fasi della malattia, è frequente l’affaccendamento afinalistico. In questo ambito, possiamo collocare anche la tendenza a fare fagotti per “andare a casa”. Nelle fasi finali, l’irrequietezza motoria è sostituita dall’arresto psicomotorio.

Percezione: i disturbi della percezione possono essere secondari alle alterazioni dell’attenzione e dello stato di coscienza (illusioni, falsi riconoscimenti) o primitivi (allucinazioni).

Contenuto del pensiero: sospettosità, idee prevalenti e vere e proprie idee deliranti. Tali disturbi possono essere innescati dalla perdita delle capacità di critica e di giudizio, da disturbi della memoria, da disturbi percettivi, o dal ridotto apporto sensoriale (sordità) o sociale. Quanto la sintomatologia delirante assume un ruolo di rilievo nel quadro, si parla di Demenza con Sindrome Delirante.

Coscienza: non dovrebbe essere alterata. In alcuni casi, tuttavia, si possono osservare alterazioni della coscienza (stati di torpore di diversa profondità) generalmente di breve durata, che possono ripetersi con una certa frequenza, tanto da caratterizzare il sottotipo Demenza con Delirium.

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Cognitività Ridotta capacità di elaborare le informazioni

Compromissione del pensiero astratto (ridotta capacità di elaborare concetti, di cogliere analogie e differenze fra parole, di comprendere il significato metaforico dei proverbi, etc.)

Perdita del patrimonio intellettivo acquisito in precedenza

Capacità critiche e di giudizio

Alterazione del giudizio critico in situazioni sociali

Scarsa o assente coscienza di malattia

Ridotta capacità di valutare le conseguenze del proprio comportamento, di fare progetti adeguati

Memoria Difficoltà di acquisire nuove informazioni e di consolidare le tracce mnestiche (memorizzazione)

Difficoltà di richiamare alla memoria informazioni acquisite in passato (rievocazione)

Difficoltà di riconoscimento dei ricordi e di localizzarli nel tempo e nello spazio

Disturbi dell’orientamento nel tempo e nello spazio e rispetto alla persona

Funzioni corticali superiori

Afasia motoria e/o sensoriale; linguaggio incoerente

Aprassia (soprattutto costruttiva)

Agnosia

Pensiero Sospettosità, idee prevalenti, idee deliranti

Attenzione Difficoltà a mantenere a fuoco un argomento o a mantenere l’attenzione concentrata o a spostare il fuoco dell’attenzione

CoscienzaVigilanza

Ridotta lucidità della coscienza

Alterazione o inversione del ritmo sonno veglia

Percezione Falsi riconoscimenti, illusioni, allucinazioni

Attività Agitazione o rallentamento psicomotorio

Affaccendamento afinalistico

Umore Umore prevalentemente depresso, ansioso, irritabile o giocoso

Instabilità affettiva, marcate oscillazioni del tono dell’umore, scoppi di rabbia

Apatia, indifferenza o appiattimento affettivo

Personalità, carattere

Accentuazione (anche caricaturale) di tratti preesistenti

Comparsa di tratti contropolari rispetto a quelli preesistenti

Andamento nel tempo

Progressione dei sintomi irregolare, a scalini

Progressione graduale e regolare dei sintomi

Fluttuazione della sintomatologia

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DIAGNOSILa diagnosi di demenza non è una diagnosi di esclusione. Essa si basa su tre criteri (che

abbiamo accennato all’inizio del capitolo):

Declino delle funzioni intellettive

Compromissione globale di tali funzioni

Mancanza di alterazione dello stato di coscienza

Una volta posta una diagnosi generica di demenza, è indispensabile giungere alla formulazione di una diagnosi etiologica.

QUADRI CLINICI

Demenze primarie o degenerative

Malattia di Alzheimer e demenza senile tipo Alzheimer (AD/SDAT)Premessa – La distinzione tra malattia di Alzheimer (AD), che insorge prima dei 65 anni, e la demenza senile (o demenza senile di tipo Alzheimer – SDAT), che insorge dopo i 65 anni, oggi tende ad essere superata dalla visione unitaria, nella quale tutte e due le forme sarebbero di fatto espressioni diverse di un’unica entità anatomo-clinica.

Etiologia – Mancano dati certi ed univoci. L’invecchiamento rappresenta un fattore di rischio, ma non è l’unico. In proposito, vi sono varie ipotesi sull’eziopatogenesi della malattia: ipotesi genetica (è stato proposto un modello ereditario di tipo autosomico dominante, a penetranza pressoché completa), ipotesi tossica (intossicazione da alluminio), ipotesi immunologia (marcata alterazione delle risposte immunitarie), ipotesi dei radicali liberi (ossidazioni incontrollate che portano a morte neuronale).

Neuropatologia – La AD/SDAT è caratterizzata, a livello anatomico, da atrofia corticale (riduzione di sostanza cerebrale) molto marcata. Inoltre, si possono rilevare peculiari lesioni istologiche e degenerazione neurofibrillare.

Clinica – Prendiamo in esame le varie fasi della AD/SDAT:

1. Fase prodromica (o reattiva): fase in cui predominano i sintomi psicopatologici. L’insorgenza si può avere dai 45 anni in poi ed è generalmente subdola e lenta. Il paziente, di solito, riferisce di sentirsi giù, malinconico, di stancarsi facilmente, di essere diventato meno efficiente di prima e di commettere degli errori “inspiegabili” nello svolgimento di attività abituali, di avere disturbi di memoria, di avvertire una sensazione spiacevole di cambiamento. Questo cambiamento è avvertito anche dai familiari, che possono descrivere il paziente come sospettoso o iracondo, meticoloso o trascurato, autoritario o brontolone, taccagno o esigente, egoista o prodigo. La facciata sociale e professionale è ben conservata ed il paziente riesce a non far trasparire i disturbi mnestici e cognitivi. Sono abbastanza frequenti gli episodi demenziali, di breve durata, nei quali il soggetto ha un comportamento palesemente incongruo rispetto alle circostanze e/o alle sue caratteristiche personologiche (disorientamenti spaziali in luoghi ben conosciuti, falsi riconoscimenti, disorientamenti temporali, minzione in luoghi e/o circostanze inappropriati, atti esibizionistici). Con il progredire del deterioramento, questi episodi tendono ad aumentare, fino a diventare un conclamato comportamento demenziale. Con l’instaurarsi del comportamento demenziale, inizia

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la fase successiva (fase neuro-psichiatrica). La durata della fase prodromica può essere da pochi mesi a più di un anno.

2. Fase neuro-psichiatrica: fase in cui predominano i sintomi neuro-psichiatrici. La durata di questa fase può variare da 3 a 7 anni, in media. È in questa fase che, di solito, il paziente giunge al medico. I nuovi sintomi si sommano ai vecchi: alcuni disturbi, che insorgono o si aggravano adesso (come i disturbi cognitivi, l’afasia o il mutacismo), inglobano o impediscono la manifestazione di altri deficit, evidenziati in precedenza. Per quanto riguarda il disturbo della memoria, il soggetto, dalla iniziale difficoltà a memorizzare, passa precocemente ad una amnesia globale, con perdita completa del patrimonio mnestico. È opportuno distinguere questo disturbo demenziale dalla Smemoratezza Senile Benigna, disturbo solo mnestico, non accompagnato da altri deficit cognitivi. Nella fase neuro-psichiatrica, compare e si sviluppa la Sindrome alogica di Reich ed il paziente perde, così, ogni capacità di vita autonoma. Il deficit di intelligenza si esprime con le “azioni a rovescio”, che denunciano gli errori di giudizio critico. Si hanno, inoltre, disturbi attentivi, difficoltà di astrazione, pensiero alogico, incapacità di pianificare una condotta, prevederne le conseguenze ed apportare eventuali correttivi, incapacità di riprodurre sequenze motorie anche semplici, emotività patologica (più di frequente di tipo disinibitorio; più tardi di tipo inibitorio, con apatia ed abulia). La sintomatologia demenziale, anche in questa fase, può essere accompagnata da sintomi accessori: fenomeni di tipo ossessivo e “collezionismo”; deliri di latrocinio, persecutori, ipocondriaci, di gelosia, che, per le caratteristiche stesse della demenza, non arrivano mai a strutturarsi; fenomeni allucinatori (frequenti le allucinazioni ipnopompiche, che si manifestano negli stati di dormiveglia); sintomi depressivi (nella fase prodromica ed all’inizio della neuro-psichiatrica) e sintomi maniacali (in stadio più avanzato), con impulsività, irritabilità, euforia fatua, labilità emotiva, apatia. Frequente è l’affaccendamento afinalistico, fino alla manipolazione di tutti gli oggetti che capitano sotto mano, e, tipica di questa fase, è anche la “spinta verso casa”. Alla fine della fase neuro-psichiatria, il paziente giunge allo sfacelo mentale, nel quale le residue e ridotte espressioni dell’attività psichica sono inadeguate ai fini di una qualsiasi azione “intelligente”, anche minima.

3. Fase neurologica: fase in cui predominano i sintomi neurologici. I disturbi neurologici sono già presenti nella fase neuro-psichiatrica, ma la comparsa di alcuni quadri neurologici segna il passaggio alla fase successiva. Tali disturbi possono essere: disturbi parkinsoniani, disturbi della deambulazione fino all’incapacità di camminare, disturbi del controllo sfinterico. Il soggetto non parla, né emette alcun suono, non si muove spontaneamente, non si alimenta, né mostra di avere bisogni di alcun tipo. La durata di questa fase è, in media, di un anno.

4. Fase internistica: difficilmente delimitabile dalla fase neurologica. Il paziente, ormai stabilmente allettato, va incontro a patologie infettive e insufficienza miocardica, che mettono fine alla vita del paziente. La durata di questa fase non supera, in genere, i sei mesi.

Malattia di pickLa malattia di Pick è una forma di demenza molto più rara della malattia di Alzheimer.

Colpisce, di solito, l’età presenile. A livello anatomico e fisiologico, le disfunzioni sono differenti rispetto alla malattia di Alzheimer. Inoltre, rispetto a questa, le funzioni mestiche e visuo-spaziali restano conservate più a lungo.

Consente una sopravvivenza, in media, di 8 anni.

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Corea di HuntingtonMalattia ereditaria autosomici dominante, clinicamente caratterizzata da disturbi del

movimento, demenza e disturbi affettivi.L’età di esordio è fra 25 e 45 anni.Presenta una devastante perdita neuronale.

Demenze secondarieSi distinguono in:

Demenze vascolari, quali la Demenza multinfartuale, causate dal danno anatomico provocato dall’arteriosclerosi cerebrale

Demenze infettivo/infiammatorie, tra le quali la AIDS-Dementia complex, in cui gli agenti infettivi provocano danni al SNC e al SNP

Encefalopatie spongiformi trasmissibili, tra cui la malattia di Creuzfeldt-Jakob (morbo della mucca pazza), causate da “agenti infettivi non convenzionali” che distruggono le cellule nervose

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.9 Disturbi da uso di sostanze: alcolismo

DEFINIZIONI

Definizione: gli alcolisti sono bevitori la cui dipendenza alcolica ha raggiunto livelli così alti da mettere in evidenza un marcato disturbo fisico o una chiara interferenza con la loro salute fisica e mentale, con le loro relazioni interpersonali e con il loro atomico sviluppo sociale ed economico; oppure quei soggetti che mostrano i segni prodromici di una simile evoluzione patologica

La Sindrome da Dipendenza Alcolica (SDA) ha le seguenti caratteristiche:

Alterazione delle abitudini alcoliche: vi è la ricerca dell’alcol al di fuori di un contesto alimentare o ricreativo e al di fuori della tolleranza socio-culturale

Alterato rapporto uomo-alcol: impossibilità di cessare l’assunzione e perdita di controllo nella limitazione dell’assunzione

Dipendenza fisica: comprende sintomi psicofisici, provocati dalla cessazione o dalla drastica riduzione delle abituali quantità di alcol, e il bisogno di ricorrere all’alcol per evitare la loro comparsa; inoltre, comprende la tolleranza (assuefazione) che determina la necessità di aumentare le dosi per ottenere gli stessi effetti

EPIDEMIOLOGIAI dati relativi alla reale diffusione dell’alcolismo sono molto imprecisi.Negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento del consumo medio di alcol. Vi è, oggi,

una nuova cultura del bere che incentiva l’uso di superalcolici e birra e prevede nuovi ritmi di assunzione (aperitivi, digestivi). Inoltre, si è assistito ad un abbassamento dell’età media in cui si inizia a bere e la riduzione del rapporto maschi/femmine.

EZIOPATOGENESIL’assunzione eccessiva e prolungata di alcol è in grado di provocare gravi danni all’omeostasi

del nostro organismo. La gravità di queste conseguenze non dipende solo dalla durata dell’abuso e dall’alcol ingerito, ma anche da parametri individuali (provenienza etnica, tolleranza congenita, personalità, ambiente sociale).

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FATTORI PREDITTIVIEredità e ambiente concorrono in varia misura a determinare una condizione di alcol-

dipendenza.Fattori di rischio possono essere: la solitudine, la disoccupazione, l’età giovanile, un basso

livello culturale, modelli culturali che utilizzano l’alcol come simbolo di successo e considerano il suo uso quotidiano come normale.

Possono essere considerati fattori predisponenti alcuni disturbi psichiatrici dell’infanzia, come il Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività.

Disturbi psichiatrici particolarmente predisponenti verso la SDA sono l’ansia e la depressione:

Il comportamento alcolico appare secondario, in alcuni casi, al disturbo d’ansia, in particolare al DAP e alla Fobia Sociale

Si è ipotizzata la presenza di una base comune tra alcolismo e depressione; le forme bipolari sembrano maggiormente correlate all’alcolismo e, in particolare, l’uso di alcol aumenterebbe nelle fasi maniacali

Si distinguono due tipi di personalità pre-alcoliche:

Alcolisti di tipo I: predisposti ai disturbi d’ansia e dell’umore, con una forte coscienza verso il problema della dipendenza

Alcolisti di tipo II: prevalentemente di sesso maschile, con esordio precoce, rapido sviluppo di dipendenza e tratti antisociali di personalità

QUADRO CLINICO DELLA SINDROME DA DIPENDENZA ALCOLICA

La caratteristica principale della SDA è l’impossibilità di controllare l’assunzione di alcolici per modalità e quantità

L’uso smodato di alcol risponde, inizialmente, a pressioni psicologiche e successivamente ad un vero e proprio bisogno fisiologico, sorretto da fenomeni di tolleranza e dipendenza

Cosicché, il paziente ricerca la sostanza alcolica solo per prevenire i sintomi di astinenza.

DecorsoNelle prime fasi della malattia, quando la dipendenza si è instaurata da poco, spesso non è possibile rilevare alcun segno fisico e nessuna alterazione dagli esami di laboratorio. Già in questa fase, però, il disturbo può essere causa di disadattamento sociale, familiare e lavorativo.In seguito, compaiono disturbi fisici, quali anoressia, nausea mattutina, vomito, diarrea, palpitazioni, insonnia, amenorrea o impotenza, spesso associati, sul piano psicologico, a irritabilità, nervosismo, vuoti di memoria. Poi si avranno anche i segni dell’insufficienza epatica, renale e pancreatica.Il perdurare di uno stato di alcolismo cronico si associa ai seguenti sintomi: sindrome da astinenza (convulsioni, allucinazioni, delirium), sindromi psicotiche (paranoia, allucinazioni, deliri), deficit cognitivi che vanno da lievi turbe mnestiche, fino alla Demenza e alla sindrome amnestica.

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DISTURBI MENTALI INDOTTI DA ALCOL

Intossicazione alcolica acutaIl quadro sindromico ha caratteristiche differenti a seconda della quantità di alcol ingerita ed

alla predisposizione individuale.

Si possono descrivere vari stadi: da una iniziale disinibizione, fino ad una grave compromissione dello stato di coscienza che può condurre alla morte

Livello di alcolemia Sintomi

Basso L’individuo è gioioso o irritabile, più loquace del solito, con compromissione della critica e del giudizio; l’ideazione è accelerata, le percezioni sono particolarmente vivaci, la mimica e la gestualità accentuate

Medio Tono dell’umore disforico fino all’aggressività, con grave deficit dei meccanismi di autocontrollo

Alto Incoordinazione motoria, disturbi sensoriali, sintomi vegetativi, riduzione dello stato di coscienza fino alla perdita completa

Molto alto Stato comatoso, ipotermia; può sopraggiungere la morte

Lo stato di ebbrezza, in genere, termina 12 ore dopo l’ultima assunzione, residuando uno stato di malessere fisico, con disforia e depressione.

Astinenza alcolicaIn soggetti con SDA, i sintomi di astinenza compaiono dopo 24-48 ore da una drastica

riduzione o cessazione dell’assunzione di alcolici.Il quadro è più grave al mattino, con la comparsa di tremori alle mani ed ai muscoli facciali,

nausea e vomito, aumento della sudorazione, irritabilità.La fase acuta tende a risolversi dopo 2 giorni ed entro una settimana il disturbo scompare

completamente. Possono residuare labilità emotiva, umore depresso e disturbi del sonno.Nei casi più gravi, possono manifestarsi crisi epilettiche (grande male) o vi può essere

un’evoluzione verso il delirium.

Delirio da astinenza alcolica (delirium tremens)L’esordio è generalmente notturno, con insorgenza dopo circa 2-3 giorni di parziale o

completa astinenza, ed è spesso preceduto da una fase prodromica (irritabilità associata a frequenti oscillazioni dell’umore, ansietà, tremori, torpore, insonnia, fenomeni dispercettivi).

I disturbi della coscienza caratterizzano la fase di stato, in cui il paziente passa rapidamente da un parziale disorientamento spazio-temporale, ad uno stato confuso-onirico, in cui sono presenti illusioni ed allucinazioni, vissute con grande partecipazione affettiva.

Sono compromesse gravemente anche le funzioni vegetative (febbre alta, sudorazione profusa causa di disidratazione, tachicardia, rischio di collasso cardiocircolatorio).

La maggior parte della sintomatologia recede in pochi giorni, se il trattamento è adeguato. Residua una fase di sonno profondo e prolungato, dal quale il soggetto si sveglia lucido ed orientato, senza memoria dell’accaduto.

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Page 67: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Allucinosi alcolica

L’allucinosi rappresenta una delle complicanze più gravi dell’alcolismo cronico

Si manifesta dopo un breve periodo di astinenza, in genere 48 ore, in soggetti con una lunga storia di intossicazione alcolica. L’esordio è in genere notturno.

Fase prodromica: insonnia, umore irritabile e labile, tremore agli arti e alla lingua.Fase di stato: compaiono, dapprima, allucinazioni uditive non ben organizzate (suoni

indistinti, ronzii, fischi), che poi si articolano maggiormente e possono associarsi anche ad allucinazioni visive; lo stato di coscienza rimane intatto, a differenza del delirium tremens.

Il contenuto allucinatorio è rappresentato da temi di minaccia, denigratori e persecutori, a volte paradossali anche per il soggetto stesso. Possono instaurarsi comportamenti di evitamento o di difesa e, talvolta, condotte autolesive.

Il decorso può variare da alcuni giorni ad alcune settimane.

DemenzaLa demenza alcolica rappresenta una grave complicanza tardiva (non prima dei 35 anni).Sono presenti marcati disturbi della memoria di fissazione e di rievocazione, deficit del

pensiero astratto e delle capacità di giudizio, modificazioni della personalità, turbe delle funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia).

Il soggetto manifesta una compromissione del funzionamento sociale e familiare, fino alla completa perdita dell’autosufficienza.

TERAPIA

La terapia è finalizzata al raggiungimento di una astinenza duratura

Sul piano operativo è necessario intervenire su più livelli: medico, sociale, riabilitativo.

Misure terapeutiche e riabilitative non farmacologicheNell’approccio psicologico alla SDA, è importante non adottare un atteggiamento

colpevolizzante, anche quando il paziente mostra scarsa collaborazione. Talvolta, dietro la negazione, o altri atteggiamenti oppositivi, si nasconde una richiesta di aiuto.

I protocolli di terapia psicologica (psicoterapia) vengono condotti prevalentemente in centri specializzati e prevedono vari livelli di intervento. La psicoterapia individuale mira al sostegno o al recupero delle risorse personologiche. Le psicoterapie di gruppo sono quelle più utilizzate: la dinamica di gruppo mira a che il soggetto si riconosca come individuo “malato” e quindi bisognoso di cure, attraverso il confronto di esistenze diverse segnate dallo stesso male, in modo che ogni alcolista possa leggere la propria malattia nell’esperienza degli altri. Questo è il modello adottato dagli Alcolisti Anonimi.

Inoltre, sono importanti anche gli interventi diretti sulla famiglia del paziente.

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.10 Disturbi dell’umore

INTRODUZIONEOscillazioni fisiologiche del tono dell’umore svolgono un ruolo adattivo, in quanto,

influenzando la sfera cognitiva e comportamentale, consentono all’individuo di adeguare le proprie reazioni alle condizioni ambientali.

Nei disturbi dell’umore si verifica un’alterazione dei meccanismi fisiologici di regolazione dell’umore: le variazioni dell’umore avvengono spesso spontaneamente, sono di durata ed intensità eccessive e si accompagnano ad un’ampia gamma di sintomi

Kraepelin (1896) distinse tra malattia maniaco-depressiva e demenza precoce.A partire dal 1950, sono state differenziate le forme unipolari da quelle bipolari. Oggi,

tuttavia, prevale nuovamente una concezione unitaria:

I disturbi dell’umore costituiscono un continuum (spettro maniaco-depressivo) che comprende, ad un estremo, i temperamenti affettivi (come ciclotimia e distimia) e le patologie più lievi (es. depressione maggiore), mentre, all’altro estremo, le patologie più gravi (es. disturbo bipolare I)

Ciò nonostante, DSM IV e ICD-10 non hanno ancora accolto in pieno il concetto di spettro maniaco-depressivo e trascurano gli aspetti cardine dei disturbi dell’umore (temperamento premorboso, modalità di esordio, caratteristiche del decorso, familiarità).

EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIOI disturbi dell’umore sono molto diffusi nella popolazione generale (soprattutto depressione).

Circa il 20% della popolazione va incontro, nel corso della vita, ad episodi depressivi o maniacali, con un rapporto di 1:3 tra forme unipolari e bipolari.

Sebbene non siano state chiarite le modalità di trasmissione genetica, gli studi concordano sull’alto tasso di familiarità dei disturbi dell’umore.

Frequenza Rapporto maschi/femmine

Età di insorgenza

Depressione maggiore 5.8% 1:2 40-60 anni

Disturbo bipolare 0.4-1.2% 1:1 20-30 anni

Ciclotimia 0.4-3.5% 1:1 infanzia-adolescenza

Distimia 2.3-3.8% 1:1 infanzia-adolescenza

Tra i pazienti bipolari, è presente un’alta percentuale di celibi, nubili e separati. Ciò può essere spiegato o con la giovane età di questi soggetti, o con l’influenza negativa che la malattia esercita sui rapporti affettivi, oppure con la possibilità che lo stress della separazione costituisca, in soggetti predisposti, un evento scatenante il disturbo.

Il disturbo bipolare risulta, inoltre, più frequente nelle classi sociali più elevate.

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EZIOPATOGENESIL’attenzione è maggiormente centrata sui fattori biologici, anche se, dalla prima metà del

‘900, sono state avanzate teorie di matrice psicodinamica, etologica e cognitiva.

Ipotesi biologicheÈ probabile che una particolare vulnerabilità ereditaria del SNC (sistemi biochimici,

neurotrasmettitoriali, neuroendocrini, etc.) si manifesti, in condizioni ordinarie, attraverso semplici caratteristiche temperamentali e che, sulla spinta di fattori ambientali o quando vi è un carico genetico pesante, dia luogo ai diversi quadri clinici depressimi, maniacali o misti.

Ritmi biologiciLa stagionalità sembra influenzare il decorso dei disturbi dell’umore.La depressione ha una frequenza massima in autunno e in primavera ed il numero di suicidi

risulta più elevato in ottobre e maggio. Al contrario, l’eccitamento ricorre abitualmente in estate.Questo andamento è da attribuire ad una abnorme sensibilità all’intensità della luce o ai suoi

bruschi cambiamenti, che si verificano appunto in autunno ed in primavera.Negli anni ’80, si è individuato un sottogruppo di disturbi dell’umore con decorso

esclusivamente stagionale.

Ipotesi etologiche e modelli animaliLa tendenza alla bipolarità potrebbe rappresentare una sorta di anomalia primordiale che,

rivelatasi funzionale sia per il singolo che per il gruppo, è stata via via sviluppata e trasmessa durante l’evoluzione.

La malattia maniaco depressiva, soprattutto quando in forma lieve, arricchisce il bagaglio esperienziale dell’individuo e ne sviluppa le potenzialità, poiché gli consente di sperimentare una vasta gamma di comportamenti e stati emotivi. Nell’ipertimia e nelle fasi ipomaniacali, infatti, è presente la ricerca di nuovi stimoli ed esperienze e risultano incentivati la creatività e lo sforzo di emergere, di prevalere. Un simile atteggiamento, tuttavia, potrebbe degenerare in comportamenti avventati e rischiosi, se non ci fosse il freno della fase depressiva, che suscita insicurezza, crea dubbi, evidenzia i lati negativi.

Ipotesi cognitiveUn’emozione, e quindi anche lo stato d’animo depressivo, può essere scomposta in due

componenti: pensieri e sensazioni fisiche. I pensieri deriverebbero da regole tacite o esplicite, costruite nella prima infanzia, a partire dai processi di attaccamento e separazione dalle figure genitoriali, e confermate nella seconda infanzia e nell’adolescenza.

Nei primi anni di vita, i soggetti, che andranno incontro ad episodi depressivi, subirebbero spesso un distacco precoce (morte di uno o di entrambi i genitori, allontanamento fisico e/o affettivo dei genitori, indifferenza dei genitori verso i bisogni e le difficoltà del figlio), esperienza che porta a sviluppare un’immagine di sé perdente.

L’equilibrio emotivo sarà mantenuto, grazie al continuo sforzo di nascondere la propria debolezza, finché non si verificano situazioni implicanti una perdita. Questi eventi vengono valutati dal soggetto come un inevitabile risultato della propria incapacità e generano una reazione di disperazione e demoralizzazione, che rapidamente si estende a tutti i settori dell’esistenza, con la comparsa dei pensieri automatici.

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Ipotesi psicoanaliticheLa depressione rappresenta una reazione alla perdita di un oggetto di amore, sia reale che

fantastico.Ci sono molte analogie tra la depressione ed il normale dolore conseguente ad un lutto, che

sono entrambi dovuti a perdita di qualcosa. Ma, mentre nel lutto prevale il dolore per la perdita stessa, nella depressione sono più frequenti i sensi di colpa, derivanti da una precedente ostilità inconscia verso l’oggetto perduto, che viene poi rivolta verso si sé.

La mania rappresenterebbe un meccanismo di negazione o un tentativo di risolvere i conflitti che provocano i sentimenti depressivi.

M. Klein ha ipotizzato che, intorno al 6° mese di vita, ogni bambino attraversa una fisiologica fase depressiva, conseguente alla scoperta che lo stesso oggetto può avere aspetti buoni e cattivi. Se l’esperienza risulta troppo frustrante, si verifica una fissazione in questa “posizione depressiva”, per cui successive esperienze di perdita causeranno la comparsa di un quadro clinico conclamato.

EVENTI SCATENANTI

I primi episodi maniacali e/o depressivi sono spesso precipitati da eventi stressanti di natura psichica fisica o sociale, mentre il successivo decorso appare indipendente da fattori esterni

Gli eventi scatenanti fanno emergere una patologia fino ad allora solo potenziale.Possiamo distinguere le seguenti classi di eventi:

Eventi di perdita (reali o simbolici, già accaduti o solo temuti)

Eventi aspecifici (incidenti stradali, disastri naturali, etc.)

Eventi positivi (promozione, nascita di un figlio, etc.).

È stato visto che, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, i disturbi dell’umore sono aumentati. Questo può essere dovuto al cambiamento dello stile di vita avvenuto in questi anni: ciascuno di noi è sottoposto ad un elevato numero di stimoli attivanti (viaggi, frequenti cambiamenti di partner, etc.), sostiene ritmi incalzanti, usa spesso farmaci e sostanze che possono accrescere l’eccitabilità (caffè, tè, etc.). A ciò si deve aggiungere la larga diffusione dell’uso di droghe (cannabinoidi, cocaina, etc.). Tutti questi fattori facilmente provocano un continuo stato di tensione od una drastica riduzione del numero di ore di sonno, che a loro volta possono scatenare episodi depressivi o maniacali.

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QUADRI CLINICII disturbi dell’umore comprendono due quadri clinici fondamentali, depressione e mania, ed

una varietà intermedia, in cui sono contemporaneamente presenti elementi dell’uno e dell’altro quadro (stati misti).

Depressione maggioreEsordio: improvviso o preceduto, per alcuni giorni o settimane, da sintomi di all’arme (labilità emotiva, tensione, astenia, disappetenza, difficoltà di concentrazione, insonnia, cefalea) senza, tuttavia, una particolare compromissione a livello lavorativo o sociale

Periodo di stato:

Flessione del tono dell’umore

Il soggetto si sente triste, cupo, avvilito, sfiduciato, abbattuto, pessimista, svuotato, angosciato, disperato; oppure prova un senso di agitazione, di irrequietezza, di tensione interna, di irritabilità, di ansia e nervosismo incessanti, che si accompagnano all’incapacità di stare fermo o rilassarsi e ad una sensazione di attesa dolorosa

Malessere fisico Talvolta, tale tristezza può esprimersi anche attraverso un malessere fisico, localizzabile al torace e allo stomaco

Taedium vitae Quando la tristezza è tanto profonda da provocare disgusto verso la vita

Umore statico L’umore depresso è statico, impermeabile agli eventi esterni

Anedonia Viene persa la capacità di provare emozioni e soprattutto di avvertire le esperienze piacevoli

Rallentamento dell’attività motoria

Rilevabile già dall’aspetto esteriore del soggetto: soprattutto nelle forme medie e gravi, appare trascurato, invecchiato, chiuso in se stesso; stanco, dimesso, incerto; manca della normale ricchezza e variabilità di gesti, il volto è atteggiato ad un’espressione di profondo dolore; i movimenti sono lenti, esitanti; evita di manifestare le proprie opinioni rimanendo a lungo in silenzio; il tono della voce è sommesso, fievole, monotono

Il rallentamento si manifesta con un senso di apatia, indifferenza, astenia, mancanza di energia, intensa stanchezza, per cui qualsiasi movimento risulta difficile

Quando è più profondo, compare la tendenza a rimanere a letto o in poltrona l’intera giornata

Abulia Conseguenza del rallentamento motorio

Mancanza di programmi ed iniziative, incertezza, difficoltà nel prendere decisioni; si può giungere fino al blocco completo, per cui il soggetto rimane esitante per ore, incapace di compiere una scelta anche banale

Stupor depressivo Nei casi estremi si ha l’arresto psicomotorio

Agitazione motoria In alcuni casi (più frequente tra le donne), il paziente appare irrequieto, non trova pace, sente il bisogno di camminare; se è seduto, accavalla continuamente le gambe, torce le mani, tormenta i capelli; la sua mimica è vivace ed esprime grande sofferenza; il pianto è drammatico; la produzione verbale aumentata.

L’episodio dovrebbe essere più correttamente diagnosticato come stato misto

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Rallentamento dell’attività ideativa e distraibilità

Si manifesta con un senso di ottundimento, di mancanza di chiarezza, di testa vuota o confusa; il flusso delle idee è cristallizzato su pochi argomenti a contenuto depressivo (ruminazioni mentali o idee coatte)

La facile detraibilità, la difficoltà a spostare l’attenzione da uno stimolo ad un altro, la mancanza di concentrazione rendono difficili leggere, scrivere, seguire una discussione etc.

Flusso di pensieri precipitoso

Il pensiero è veloce, disordinato ed instabile; ruota tormentosamente su temi depressivi, impedendo al soggetto di concentrarsi su altro

La presenza di questo sintomo dovrebbe indirizzare verso la diagnosi di stato misto

Idee prevalenti negative

Visione negativa di se stesso, del mondo, del futuro

Il depresso perde la stima di sé, si sente incapace, insufficiente, fallito, diverso dagli altri, inferiore; queste idee di autovalutazione, che vengono rinforzate dall’effettiva riduzione delle capacità a causa della depressione, sono scarsamente influenzabili dalle rassicurazioni ed i tentativi di dimostrarne l’infondatezza provocano spesso un effetto opposto, trasformandosi in un nuovo motivo di auto-rimprovero

Idee prevalenti di colpa

Il paziente si biasima per la propria abulia, per la pigrizia, per l’egoismo; ripensa continuamente ad eventuali piccoli errori commessi in passato e che nella sua mente si ingigantiscono

Idee di futuro infausto

Il futuro perde la prerogativa di possibilità, diventa ineluttabile e prestabilito

Idee di auto-commiserazione

Il paziente attribuisce la responsabilità del proprio stato al comportamento di familiari, amici o colleghi e, di conseguenza, assume atteggiamenti recriminatori nei loro riguardi

Spesso indice di stato misto

Ipocondria Il dubbio di essere affetto da una malattia somatica spinge il depresso a sottoporsi a continue visite mediche

Le idee ipocondriache traggono origine dai disturbi gastro-intestinali, cardiovascolari, neuro-muscolari, respiratori e genito-urinari che possono accompagnare la depressione

Deliri olotimici Deliri congrui all’umore

Deliri di colpa, di dannazione, d’indegnità, di povertà, ipocondriaci, nichilistici

Deliri incongrui all’umore

Deliri di persecuzione, riferimento, influenzamento, veneficio, inserzione e/o trasmissione del pensiero

Dovrebbero indirizzare verso la diagnosi di stato misto

Vissuto temporale alterato

Scollamento tra tempo oggettivo e soggettivo, che risulta notevolmente rallentato rispetto al primo: il paziente ha l’impressione che tutto si svolga la rallentatore, che ogni cosa sia stagnante

Il soggetto, non avendo più la capacità di proiettarsi nel futuro, si rifugia nel passato, nell’illusione di trovare sicurezza e protezione

Disturbi psicosensoriali

Nelle forme più gravi

Illusioni o allucinazioni

In genere sono fenomeni transitori, frammentari e poco elaborati, come voci che rimproverano precedenti errori o colpe

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Disturbi neurovegetativi

Insonnia; perdita dell’appetito oppure iperfagia con ricerca di carboidrati; riduzione del desiderio sessuale fino al completo disinteresse, amenorrea o impotenza; alterazioni dei ritmi biologici

Andamento circadiano

La sintomatologia raggiunge il suo acme al mattino o al pomeriggio, mentre si attenua dopo il tramonto

Suicidio La morte come unica via di uscita dalla sofferenza

Spesso di tratta di un proposito che non verrà mai messo in pratica; in alcune occasioni, invece, il suicidio giunge improvviso

Consapevolezza di malattia

In genere è conservata

Può mancare del tutto nelle forme più gravi, con profonde distorsioni cognitive e percettive

Durata: in media 6-8 mesi, benché possa essere molto più breve o superare i 2 anni

Risoluzione: talvolta è improvvisa, nel giro di qualche ora; più spesso avviene gradualmente ed il paziente avverte un’attenuazione progressiva dei disturbi; si possono alternare giorni di miglioramento a giorni di peggioramento

La depressione maggiore si può manifestare con le seguenti varianti:

Depressione con melanconia Corrisponde alla depressione endogena della nosografia classica. Abituale assenza di eventi scatenanti, buon funzionamento della personalità premorbosa ed interepisodica, frequente familiarità affettiva

Depressione reattiva Contrapposta alla depressione endogena, ha esordio strettamente collegato ad eventi dolorosi. L’ideazione è prevalentemente polarizzata sull’evento scatenante; mancano inibizione motoria e le idee deliranti

Disforia isteroide Si manifesta prevalentemente tra le donne la cui personalità è caratterizzata da intensa preoccupazione per il giudizio degli altri, incapacità a tollerare i contrasti personali, eccessiva risposta emotiva agli stimoli ambientali. Episodi anche minimamente negativi possono scatenare depressione dell’umore con idee e tentativi di suicidio. Tuttavia, di fronte ad un evento positivo, il paziente cambia rapidamente umore, mostrandosi contento, persino euforico.

Depressione agitata Caratterizzata da irritabilità, tensione, irrequietezza motoria, idee e tentativi di suicidio. Questo disturbo dovrebbe essere collocato all’interno degli stati misti.

Depressione con manifestazioni psicotiche Possono essere congrue o incongrue all’umore, deliri e/o allucinazioni. Costituisce il 10% di tutte le depressione e si manifesta in soggetti con un pesante carico genetico.

Sindrome di Cotard Assai rara, colpisce prevalentemente donne anziane con problemi cerebrali organici e con precedenti episodi maniaco depressivi. Dopo una fase iniziale con ansia e depersonalizzazione affettiva, compaiono deliri nichilistici.

Depressione cronica Comprende tutti quegli episodi depressivi maggiori (10-20%) la cui sintomatologia persiste per più di 2 anni, in assenza di remissioni parziali o totali superiori ai 3 mesi. Superata la fase acuta, si attenuano i disturbi psicomotori e neurovegetativi, scompare

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l’alternanza diurna, mentre permangono ansia, tendenza al pessimismo, mancanza di energia, perdita degli interessi, insicurezza.

ManiaEsordio: in genere, più rapido rispetto alla depressione; può insorgere nel giro di qualche ora; più spesso, è preceduto da alcuni giorni di iperattività, eccessiva gaiezza o irritabilità, loquacità ed espansività inusuali, ridotto bisogno di sonno, segni che gradualmente si intensificano dando luogo al quadro conclamato

Periodo di stato:

Elevazione del tono dell’umore (euforia)

Il paziente appare inusualmente allegro, euforico, felice, esuberante, così ottimista da diventare superficiale; si entusiasma per un nonnulla; afferma di sentirsi molto bene, di essere rinato, al massimo delle proprie capacità, entusiasta della vita

Nei casi estremi, si manifestano sensazioni di beatitudine, illuminazione e profonda sintonia con il resto dell’umanità

Umore instabile Sono sufficienti piccole frustrazioni, minimi contrasti, anche un rumore intenso o una visita non gradita, perché allo stato di benessere subentri rabbia, aggressività

Un ricordo doloroso o avvenimenti solo moderatamente penosi bastano a provocare una profonda tristezza, crisi di pianto e persino idee di suicidio

Fluttuazioni dell’umore di breve durata (pochi minuti o qualche ora)

Disforia In alcuni casi, il paziente può essere volubile, incostante, sempre di cattivo umore, intollerante, scontroso, aggressivo, oppure può esprimere il suo malcontento con lamentosità

Improvvisamente si affaccia un sorriso, una battuta, un atteggiamento amichevole

Incremento dell’attività motoria

Non riesce a stare a lungo fermo; è impulsivo; ha una gestualità esagerata e teatrale; uno sguardo mobile e vivace; mimica mutevole, ricca di smorfie; repentini scoppi di pianto

Nelle forme più gravi: disordine, trasandatezza nel vestire, scarsa igiene personale

Affaccendamento inconcludente

Quando l’eccitamento motorio è più intenso; si può arrivare fino a crisi pantoclastiche e furia maniacale; infine può mettere in atto tentativi impulsivi di suicidio

Aumento delle attività lavorative e hobby

L’aumento dell’attività motoria e la maggiore disponibilità di energie consentono al paziente di eseguire anche i compiti più pesanti senza avvertire stanchezza

Logorrea Aumento della produttività che spesso giunge alla logorrea

Non c’è bisogno di un interlocutore che partecipi attivamente

Linguaggio ampolloso e retorico, ricco di giochi di parole, battute divertenti, volgarità; i concetti vengono spesso associati l’uno all’altro, senza seguire un filo logico nei discorsi, e perdono la loro funzione di trasmettere informazioni

Insalata di parole Nei casi estremi, si ha una totale perdita dei nessi associativi, le parole sono accostate perlopiù in base ad assonanze

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Allentamento dei freni inibitori

Non esistono più regole, vincoli, convenienze da rispettare, mentre tutto risulta semplice, a portata di mano

Pensiero accelerato Il pensiero è accelerato e frammentato; le idee si affollano nella mente, producendosi con grande fluidità e a ritmo incessante; nei casi più gravi si ha fuga delle idee

Sensazione di apertura mentale

Sensazione di apertura mentale, di inusuale chiarezza, di aumento dell’efficienza intellettuale

Deficit cognitivi Deficit dell’attenzione, di concentrazione, di sintesi e di riflessione

Il paziente è incapace di occuparsi a lungo di un argomento, di portare a termine un compito e, nelle forme più gravi, persino di completare una frase

Disturbi psicosensoriali Illusioni, favorite dai deficit attentivi, e allucinazioni di tipo uditivo e visivo, in genere fugaci e frammentate

Perdita di continuità temporale

Il paziente non è in grado di veder il proprio agire proiettato nel tempo; vive esclusivamente nel presente, i cui confini vengono dilatati fino a comprendere passato e futuro

Idee di grandezza Con ipervalutazione della propria forza fisica, dell’aspetto estetico, delle capacità intellettuali e delle disponibilità economiche; queste cose vengono riferite in tono scherzoso, più per vanagloria che per effettivo convincimento

Deliri congrui all’umore Deliri di grandezza, tra cui sono frequenti le tematiche religiose; in questi ultimi casi si possono associare allucinazioni visive ed uditive

Deliri di persecuzione, scatenati dalle reazioni di ostilità degli altri nei confronti della mancanza di tatto e della litigiosità del paziente

Deliri incongrui all’umore Deliri di persecuzione, scatenati da sensazioni di influenzamento corporeo, eco del pensiero, voci dialoganti tra loro; nelle forme più gravi compaiono un offuscamento della coscienza e stupor catatonico, mutismo, negativismo

Rapporti interpersonali

In un primo momento, il paziente può risultare piacevole, perché deduttivo allegro, sorridente; rapidamente, però, diviene insopportabile, perché fa lunghissime telefonate o visite a qualsiasi ora, senza tener conto delle esigenze dell’interlocutore, è eccessivamente assertivo, vanaglorioso, prolisso, inopportuno, privo di tatto

Disturbi neurovegetativi

Marcata riduzione del bisogno di sonno, in alcuni casi assenza di sonno per alcuni giorni; appetito aumentato, con dimagrimento a causa dell’iperattività; aumento dell’attività sessuale

Mancata coscienza di malattia

Pur avendo superato in passato episodi analoghi, il paziente è fermamente convinto di star bene e, se contraddetto, può reagire con aggressività

Durata: da alcuni giorni fino a 4-6 mesi; è rara l’evoluzione cronica

Risoluzione: in genere, nel giorno di qualche giorno si ha il ritorno all’eutimia o il passaggio in depressione o in uno stato misto

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L’evoluzione della mania in tre stadi di gravità crescente:

1. Stadio I: euforia, occasionalmente irritabilità, idee di grandezza, iperattività

2. Stadio II: labilità dell’umore con frequente disforia, accelerazione del pensiero che può giungere alla fuga delle idee, deliri di grandezza e paranoidi, agitazione psicomotoria

3. Stadio III: a prima vista difficilmente distinguibile dalle altre psicosi acute; umore disforico, incoerenza, allentamento dei nessi associativi, deliri bizzarri, attività psicomotoria frenetica

La mania si può manifestare con le seguenti varianti:

Ipomania La sintomatologia è meno grave e mancano i deliri.

Mania euforica Prevale l’esaltazione istintiva, emotiva ed affettiva: il paziente non avverte più stanchezza, sente esaltate le proprie capacità fisiche e psichiche, è invaso da sensazioni di gioia, di piacere e, talvolta, da esperienze di beatitudine ed illuminazione. La ricerca della soddisfazione personale non ha più freni, né viene arginata da consigli o regole morali.

Mania disforica Malumore, rabbia, litigiosità, esplosività, insolenza, atteggiamenti recriminatori ed arroganti.

Mania agitata Il quadro è dominato da un intenso eccitamento psico-motorio, che prevale sugli aspetti emotivi ed affettivi. Nei casi più gravi, compaiono impulsi aggressivi verso persone e cose e crisi pantoclastiche.

Mania delirante Dopo un esordio brusco, accanto ad insonnia e perdita dell’appetito, compaiono deliri congrui o incongrui all’umore, allucinazioni e, talvolta, disorientamento spazio-temporale.

Mania confusa Rappresenta lo stadio evolutivo di maggior gravità della mania furiosa. Il comportamento è incoerente, caotico, confuso, incontrollabile. L’alterazione dello stato di coscienza è spesso favorita dalla presenza di alterazioni organiche a carico del SNC.

Mania mono ed oligosintomatica Il quadro clinico si esprime attraverso un’unica manifestazione sintomatologia (iperattività gestuale, o logorrea, o delirio di grandezza, etc.), in assenza di altri segni di eccitamento. Il paziente, per altri versi apparentemente normale, passa l’intera giornata a svolgere sempre lo stesso compito. Indica presenza di disturbi cerebrali organici.

Mania cronica Superata la fase acuta, si assiste o alla permanenza del tono dell’umore irritabile-disforico e di un’indifferenza verso tutto ciò che non riguarda il soddisfacimento dei propri desideri, oppure ad una rigida cristallizzazione su tematiche deliranti, eventualmente accompagnate da allucinazioni uditive. Si ha, inoltre, un graduale decadimento della memoria, delle capacità intellettive, di giudizio e di critica.

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Stati misti

Definizione: quadri clinici in cui sono simultaneamente presenti, nello stesso soggetto e nello stesso periodo, manifestazioni psicopatologiche di entrambe le polarità della malattia maniaco depressiva

Vengono distinte tre forme di stati misti: forme classiche, forme attenuate, forme psicotiche.

Forme classiche Secondo Kraepelin, le alterazioni fondamentali della malattia maniaco depressiva riguardano tre coppie di sintomi antitetici:

a. Umore: depresso – esaltato

b. Psicomotricità: inibita – eccitata

c. Ideazione: rallentata – eccitata

Se queste coppie di sintomi si modificano contemporaneamente e nella stessa direzione, avremo le forme pure di depressione e mania; se, al contrario, si verifica una dissociazione e, in un dato momento, una di queste coppie si trova in una fase diversa rispetto alle altre due, si manifesta uno dei sei possibili sottotipi di stato misto:

1. Mania con furore: agitazione motoria, accelerazione del pensiero, con umore depresso ed irritabile (psicomotricità ed ideazione ↑ umore ↓); il paziente è scontento, insofferente, litigioso, eccessivamente sensibile alle frustrazioni

2. Depressione agitata: intensa agitazione psicomotoria, con ideazione rallentata e focalizzata su tematiche deliranti di tipo depressivo, e umore malinconico, ma labile (psicomotricità ↑ ideazione e umore ↓)

3. Mania improduttiva: l’umore è gaio, euforico; un’aumentata eccitabilità può portare ad improvvise ed immotivate esplosioni di aggressività; l’ideazione è rallentata (psicomotricità e umore ↑ ideazione ↓) ed il paziente ha difficoltà persino a comprendere le domande e a rispondere; è molto frequente

4. Stupore maniacale: umore euforico; rallentamento motorio, inibizione ideativa (umore ↑ psicomotricità e ideazione ↓); il paziente appare tranquillo, lucido, presenta una certa vivacità mimica, tuttavia risulta inaccessibile; questa forma costituisce spesso una fase di passaggio dalla depressione alla mania

5. Depressione con fuga delle idee: accelerazione ideativa che può giungere alla fuga delle idee, che si associa ad umore depresso e rallentamento psicomotorio (ideazione ↑ psicomotricità e umore ↓)

6. Mania con inibizione motoria: umore euforico e accelerazione del pensiero, con inibizione motoria (ideazione e umore ↑ psicomotricità ↓)

Forme attenuate Si può avere la sindrome depressiva mista, un quadro depressivo con una sottostante componente eccitativa (presenza di sintomi quali umore disforico e/o labile, intensa ansia, irrequietezza motoria, loquacità, accelerazione del pensiero, idee e tentativi di suicidio soprattutto di tipo impulsivo, iperattività sessuale, insonnia grave), oppure la ipomania ansiosa, cioè un quadro ipomaniacale associato ad una sintomatologia tipo ansia generalizzata (continuo stato di preoccupazione per banali situazioni della vita quotidiana), oppure la ipomania disforia, un quadro ipomaniacale associato ad impulsività, irritabilità, condotte antisociali, abuso di alcol o stupefacenti.

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Forme psicotiche Intensa sintomatologia produttiva delirante (deliri mistici, persecutori, di influenzamento, di riferimento, ipocondriaci) ed allucinatoria, in genere associata ad umore depresso o irritabile, eccitazione motoria, logorrea, sentimenti di depersonalizzazione o derealizzazione; talvolta prevale uno stato confusionale con stupore. Rappresentano circa il 50% degli stati misti. Possono evolvere verso il delirio cronico. La diagnosi differenziale nei confronti dello spettro schizofrenico è complessa.

La sintomatologia mista è più frequente fra le donne e compare spesso in età giovanile (20-35 anni).

In alcuni pazienti, gli episodi misti sono ricorrenti, mentre, nella maggior parte dei casi, tali episodi misti si alternano a fasi depressive o maniacali pure.

La presenza di uno stato misto è indice di maggiore gravità della malattia maniaco depressiva

Questo perché le singole fasi hanno lunga durata, di frequente si sviluppano condotte aggressive etero e auto-dirette, con conseguente elevato rischio di suicidio, e si ha la tendenza alla cronicizzazione (20% dei casi).

Fattori eziopatogenetici Alterazioni organiche del SNC (traumi cranici, epilessia, malattie neurologiche), cronico abuso di alcol, benzodiazepine e sostanze come cocaina, eroina e cannabis. Potrebbero essere importanti anche i fattori ereditari, in quanto gli stati misti hanno una forte familiarità e si manifestano, in genere, associati ad un carico genetico pesante.

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DecorsoNella maggior parte dei casi, il singolo episodio tende a risolversi, anche spontaneamente,

dopo un periodo di tempo variabile in base sia alla polarità (la mania dura meno della depressione e dello stato misto), sia a fattori individuali.

La caratteristica principale della malattia maniaco depressiva è rappresentata dal decorso particolare: ripetersi o alternarsi in vario modo di episodi depressivi, ipomaniacali, maniacali o misti, intervallati o meno da periodi di benessere completo o parziale (intervalli liberi)

Disturbi unipolari

Manifestazioni cliniche rappresentante esclusivamente dalla depressione

Depressione Maggiore, episodio singolo Unico episodio depressivo, di intensità lieve, moderata o grave, con o senza manifestazioni psicotiche. Circa nel 50% dei casi, questo episodio rappresenta l’esordio di una patologia dell’umore più complessa; nel restante 50%, l’episodio singolo tende a rimanere isolato ed, in genere, è stato scatenato da eventi stressanti; il decorso assume un andamento cronico (superiore a 24 mesi).

Depressione Maggiore, ricorrente Due o più episodi depressivi, separati da un periodo di benessere parziale o completo di almeno due mesi, con mancanza di fasi ipomaniacali o maniacali. La sintomatologia può essere di intensità lieve, moderata o grave, con o senza manifestazioni psicotiche. Il numero e la frequenza delle ricadute sono molto variabili, la media è rappresentata da 5-6 episodi per 20 anni di malattia.

Disturbo depressivo minore Episodi depressivi della durata minima di due settimane che, pur provocando un marcato disagio soggettivo, lavorativo e sociale, non presentano un numero di sintomi sufficiente per la diagnosi di depressine maggiore.

Disturbo depressivo breve ricorrente Ricorrere di episodi depressivi con sintomatologia piena, ma di durata molto breve (da 2-3 giorni a 2 settimane), con una frequenza elevata (almeno una volta al mese per un anno). Provocano una marcata sofferenza personale o difficoltà in ambito sociale e lavorativo.

Disturbo Distimico (o Distimia) Vedi oltre.

Disturbi bipolariDisturbo Bipolare I Forma più grave di disturbo dell’umore (pesante familiarità, insorgenza precoce, tendenza a cronicizzare, alto numero di ospedalizzazioni, alto numero di suicidi e tentati suicidi, elevato numero di ricadute, marcato disadattamento sul piano affettivo, lavorativo e sociale). Alternarsi di episodi depressivi e maniacali o misti, con o senza manifestazioni psicotiche. Il disturbo esordisce in genere con un episodio depressivo. Nel successivo decorso, tra le donne prevalgono le ricadute depressive su quelle maniacali; nell’uomo, si equivalgono.

Disturbo Bipolare II Uno o più episodi maggiori, alternati ad almeno un episodio ipomaniacale. Ha gravità intermedia tra il Bipolare I e la Depressione Maggiore ricorrente. La sintomatologia espansiva è piuttosto sfumata, mentre quella depressiva è intensa. Di frequente riscontro sono l’abuso di alcol e droghe e la comorbidità col disturbo da attacchi di panico e con il DOC. L’adattamento sociale e lavorativo può migliorare se non sono presenti irritabilità, impulsività e aggressività ed è, invece, presente una sintomatologia ipomaniacale lieve e prolungata nel tempo.

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Disturbo Ciclotimico (o Ciclotimia) Vedi oltre.

Disturbo circolare continuo a cicli rapidiDi solito, nelle fasi iniziali della malattia, si ha una contrazione dell’intervallo libero, con

conseguente aumento della frequenza delle ricadute, il cui numero, dopo un certo periodo di tempo, tende a stabilizzarsi. Quando ciò non accade, le ricadute diventano sempre più frequenti è si configura la forma clinica del Disturbo circolare continuo a cicli rapidi.

Tale disturbo è caratterizzato da 4 o più episodi per anno, con durata media di 2-3 mesi e con una fase depressiva molto più lunga di quella espansiva

In passato, era raro, ma da circa 30 anni è diventato molto più frequente. È una forma particolarmente grave, che si manifesta principalmente tra le donne, in genere intorno ai 40 anni. Nella maggior parte dei casi, si tratta di pazienti bipolari II.

Caratteristicamente, il passaggio dalla depressione all’ipomania avviene rapidamente, sotto forma di switch, in genere durante l’ultima parte di una notte insonne.

La rapida ciclicità si può manifestare in due modi:

Rapidi cicli ad esordio precoce: fin dalla comparsa della malattia maniaco depressiva (prevalgono pazienti con temperamento ciclotimico)

Rapidi cicli ad esordio tardivo: è il punto di arrivo dopo un decorso, talvolta di anni, di vario tipo (prevalgono pazienti con temperamento ipertimico); la comparsa dei cicli rapidi sembra più pesantemente condizionata da eventi scatenanti

Si pensa che una delle cause di questo tipo di disturbo sia l’uso di antidepressivi, che possono provocare un improvviso passaggio dalla depressione all’ipomania o alla mania, rendendo l’episodio espansivo più grave, soprattutto in soggetti ciclotimici e ipertimici. Si viene, così, a determinare una riduzione dell’intervallo libero e la nuova depressione è più precoce e più intensa.

Disturbo Affettivo StagionaleLe ricorrenze maniaco depressive hanno un picco di maggiore incidenza in primavera ed in

autunno.

Ricorrenza stagionale degli episodi con depressione in autunno-inverno ed eutimia, ipomania o mania in primavera-estate

L’episodio depressivo, dopo una fase iniziale di ansia e irritabilità, è caratterizzato da umore depresso, mancanza di energie, riduzione dell’attività motoria, difficoltà in campo lavorativo e sociale, aumentato bisogno di sonno con sonnolenza diurna, aumentato appetito con ricerca di carboidrati e relativo aumento di peso, netta riduzione della libido, inversione del tipico andamento circadiano con peggioramento serale.

Il disturbo affettivo stagionale compare solitamente tra i 30 e i 40 anni, ha una, maggiore incidenza tra le donne ed è più comune tra i bipolari II, meno tra i bipolari I, raro nei depressi unipolari.

Disturbo Distimico (o Distimia)

Sintomatologia depressiva classica, ma con tonalità depressive più sfumate, ad esordio precoce, di durata superiore ai 2 anni, con brevi periodi di benessere (giorni settimane)

Comporta una discreta compromissione sul piano lavorativo, sociale, affettivo. Presenta alta comorbidità con altre patologie mentali, soprattutto disturbo ossessivo compulsivo ed abuso di alcol

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o sostanze. Quando alla distimia si sovrappone, per un certo periodo, un episodio depressivo maggiore, si parla di Depressione Doppia, che comporta una prognosi più sfavorevole, un più alto rischio di suicidio ed una ridotta risposta alle terapie.

Disturbo ciclotimico (o Ciclotimia)

Caratterizzato da un esordio precoce, da una durata superiore ai 2 anni e da una rapida e continua alternanza di sintomi depressivi ed ipomaniacali di moderata intensità

Il temperamento ciclotimico costituisce una forma attenuata di ciclotimia.

TEMPERAMENTI AFFETTIVI

Il temperamento è costituito essenzialmente dall’abituale livello di energia dinamica e dal profilo del tono dell’umore

Il temperamento si riflette sia sull’intensità con cui emozioni e sentimenti vengono vissuti ed espressi, sia sul grado di risonanza affettiva degli avvenimenti esterni. Il temperamento condiziona le esperienze relazionali più antiche e, con queste, determina successivamente le modalità di rapporto con l’ambiente esterno.

I temperamenti affettivi possono costituire anche delle forme subcliniche di disturbo dell’umore

La presenza di un temperamento premorboso di tipo affettivo influenza l’inquadramento diagnostico. Infatti, se un soggetto con caratteristiche temperamentali di tipo ipertimico o ciclotimico presenta una depressione maggiore ricorrente, sarò opportuno inquadrare e trattare quest’ultima alla stregua di un disturbo bipolare. Inoltre, la presenza di una patologia temperamentale si associa ad una più precoce insorgenza di episodi maggiori ed ad un più alto numero di ricadute.

Vengono distinti 4 differenti tipi di temperamenti affettivi:

1) Temperamento Ciclotimico

Caratterizzato da continue oscillazioni dell'umore e delle energie che, puro non raggiungendo una gravità tale da soddisfare i criteri per la diagnosi di episodio maniacale o depressivo, influenzano la vita del soggetto

Le oscillazioni sono in genere improvvise, di breve durata (ore o giorni) o prolungate (in relazione alle stagioni). Frequentemente, si ha una variazione circadiana dell'umore, con elevazione dalla sera fino a tarda notte.

L’insorgenza delle oscillazioni può essere spontanea o correlata ad eventi stressanti, ma intensità e durata della reazione sono sempre sproporzionate allo stimolo, a causa di una spiccata sensibilità ai rifiuti ed alle frustrazioni e di una eccessivo bisogno di approvazione.

L’umore passa rapidamente dalla gioia alla tristezza, all'irritabilità. Si alternano: ottimismo, spensieratezza, briosità con pessimismo e pianto immotivato; iperattività, intraprendenza con mancanza di energie, perdita dello slancio vitale; intenso coinvolgimento in ogni attività, ricerca di nuovi interessi con indifferenza, distacco, apatia; eccessiva sicurezza in sé con immotivato crollo dell'autostima e insicurezza; intuitività e creatività con difficoltà di concentrazione, aridità intellettiva; bisogno di contatti sociali, loquacità con isolamento, mutismo; ridotto bisogno di sonno con ipersonnia.

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Il temperamento ciclotimico conduce ad un modo di vivere burrascoso: cambiare di frequente lavoro, spostarsi da una città all'altra, intraprendere attività pericolose o illecite; anche la vita affettiva è tumultuosa (improvvisi innamoramenti, grandi delusioni, frequenti cambiamenti di partner, promiscuità sessuale).

Il temperamento ciclotimico è particolarmente frequente tra coloro che svolgono un lavoro artistico.

L'instabilità emotiva può essere aggravata dall'abuso di alcol o sostanze psicoattive.I soggetti con temperamento ciclotimico vengono etichettati come nevrotici, psicopatici

antisociali, personalità borderline e non hanno, in genere, coscienza di malattia.

2) Temperamento Ipertimico

Umore e livello di energie stabilmente elevati

Il soggetto è in genere allegro, vivace, esuberante, ma, soprattutto se contrariato, può diventare irritabile, esplosivo, litigioso. Ottimista e sicuro di sé, viene attratto dalle novità, ricerca le situazioni più stimolanti ed ha sempre molti progetti alla cui realizzazione si dedica con entusiasmo e determinazione. È iperattivo e particolarmente resistente alla fatica fisica e intellettuale. Il suo bisogno di sonno è abitualmente inferiore alle 6 ore per notte.

Soggetti con temperamento ipertimico sono estroversi, espansivi, loquaci, assertivi, intraprendenti e non hanno difficoltà a instaurare rapporti interpersonali. Finiscono spesso con l’occupare il ruolo di leader nel gruppo.

Non sempre l’ipertimia comporta un buon adattamento sociale e lavorativo, perché talvolta possono prevalere superficialità e scarsa tenacia, per cui il soggetto rivolge la propria attenzione ed i propri sforzi a progetti sempre nuovi. Inoltre, l’eccessiva fiducia in sé, la disinibizione, l’impulsività possono provocare errori di valutazione ed indurre ad intraprendere azioni rischiose o illegali.

I soggetti con temperamento ipertimico non hanno abitualmente coscienza di malattia.

3) Temperamento Depressivo (o Distimico)

I soggetti presentano, in genere fin dall’infanzia, un umore stabilmente triste ed un basso livello di energie

Abitualmente malinconici, cupi, di cattivo umore, incapaci di gioire, pessimisti, avvertono qualsiasi impegno come un pesante fardello e sono sempre pronti a cogliere l’aspetto negativo di ogni evento. Hanno scarsa fiducia in sé e sono propensi all’autocritica; si sentono spesso inadeguati o in colpa, hanno paura di sbagliare e ripensano in modo assillante ad eventuali errori commessi; insicuri, indecisi, scrupolosi e, talvolta, eccessivamente religiosi.

I soggetti con temperamento distimico hanno poche amicizie, una vita sentimentale piuttosto limitata, scarsi interessi. In situazioni sociali possono assumere atteggiamenti di critica o di forte scetticismo, oppure utilizzano un umorismo sarcastico.

Hanno sensazione di mancanza di energie, sono pigri ed hanno bisogno di dormire più di 9 ore per notte.

È possibile la comparsa di isolati momenti contropolari, di breve durata, ad insorgenza improvvisa e di tipo euforico.

4) Temperamento Irritabile

Alti livelli di energia associati ad umore abitualmente disforico, irritabile o collerico, anche se sono possibili oscillazioni in senso depressivo o ipomaniacale

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Page 83: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

I soggetti con temperamento irritabile sono, in genere, introversi, sgarbati, scontrosi, aggressivi sul piano verbale, estremamente critici, invadenti, impulsivi; in tutto ciò che accade tendono a cogliere gli aspetti negativi, non tollerano scherzi, sono lamentosi.

Possono essere frequentemente presenti ansia, insonnia, elevata sofferenza personale, difficoltà di adattamento sul piano sociale ed affettivo, abuso di alcol e sedativi.

COMPLICANZELe complicanze più comuni sono il suicidio, l’abuso di alcol e/o droghe ed il graduale

deterioramento della vita lavorativa, sociale, affettiva.

Abuso di alcol e drogheIn fase maniacale, l’assunzione di alcolici è un fenomeno continuo, mentre nelle fasi

depressive è sporadico ed è spesso espressione di un tentativo di autoterapia.La cocaina viene usata dai soggetti bipolari in fase maniacale, per innalzare ulteriormente il

tono dell’umore.L’assunzione di marijuana può scatenare l’insorgenza di un disturbo bipolare e sembra

correlata con un incremento degli episodi ipomaniacali e maniacali e delle manifestazioni psicotiche.

Ancora oggi non è chiaro il nesso, a livello eziopatogenetici, tra malattia maniaco-depressiva e abuso di alcol e/o sostanze psicoattive.

L’abuso risulta più frequente nella ciclotimia, nella distimia e nel disturbo bipolare II.

Influenza sull’attività lavorativa, sui rapporti sociali e sulla vita affettivaSoprattutto le forme bipolari, per la frequenza delle ricadute, e la depressione a decorso

protratto, per la durata dell’episodio, tendono a provocare gravi disagi nella vita delle persone.L’occupazione è abitualmente il primo settore che ne risente. Poi, spesso, si verifica

l’allontanamento di amici e conoscenti che non tollerano a lungo l’irritabilità, l’invadenza, la sfrontatezza dell’eccitamento o le noiose lamentele monotematiche del depresso.

Con il tempo, tuttavia, i disagi più frequenti si evidenziano nella vita affettiva e familiare. È un dato di fatto che il numero di divorzi tra i bipolari è significativamente superiore a quello della popolazione generale.

Non sempre, tuttavia, la presenza di un disturbo dell’umore rappresenta un ostacolo nella vita sociale e lavorativa. Infatti, il disturbo bipolare può produrre una spinta a progredire nella scala sociale. Un incremento delle abilità personali si verifica soprattutto in soggetti con temperamento ipertimico o con fasi ipomaniacali prolungate. Il temperamento ciclotimico, invece, può rappresentare un vantaggio per coloro che svolgono un’attività creativa (continuo e rapido alternarsi di stati d’animo differenti, particolare intensità delle reazioni agli stimoli esterni, sensibilità nei rapporti sociali, spiccata intuitività).

COMORBIDITÀ

Il concetto di comorbidità ha sostituto la visione gerarchica dei disturbi mentali

Visione gerarchica: un disturbo gerarchicamente superiore può essere responsabile anche dei sintomi attribuibili ad un disturbo gerarchicamente inferiore

Comorbidità: co-esistenza, in uno stesso soggetto, di differenti disturbi psichiatrici con pari dignità

Esistono tre tipi di comorbidità:

Intra-episodica: sintomi di più disturbi si manifestano contemporaneamente

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Inter-episodica: diversi disturbi si alternano, nel tempo, nello stesso soggetto

Familiare: componenti di una stessa famiglia soffrono di patologie differenti

Per quanto riguarda i disturbi dell’umore, le patologie più frequentemente concomitanti sono: abuso di alcol, uso di sostanze stupefacenti, disturbi somatoformi, disturbi alimentari e, soprattutto, disturbi d’ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, fobia sociale, DOC).

La comorbidità si associa, in genere, ad una maggior gravità della sintomatologia.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Schizofrenia Un episodio dello spettro maniacale-depressivo, quando presenta manifestazioni psicotiche, si differenzia male dalla schizofrenia, per cui occorre far riferimento anche alla storia familiare, alle caratteristiche premorbose del paziente, al decorso

Disturbo di personalità bordeline

Quando un episodio maniacale o depressivo insorge nell’adolescenza e la sua sintomatologia è prevalentemente rappresentata da comportamenti antisociali; nei soggetti bordeline, tuttavia, non vi è presenza di sintomi neurovegetativi

Ansia generalizzata Nell’ansia, assenza di idee di suicidio, di alterazioni del sonno, dell’appetito e della libido, di oscillazioni circadiane dei sintomi

Per un miglior inquadramento dei disturbi dell’umore:

1. La separazione tra episodio depressivo maggiore e depressione cronica è esclusivamente di ordine temporale, essendo, per convenzione, la durata di quest’ultima superiore ai 2 anni

2. La distinzione tra episodio depressivo maggiore e distimia si fonda sia sulla durata, superiore ai 2 anni per la distimia, sia sull’intensità della sintomatologia, minore nella distimia

3. La rapida ciclicità si differenzia dalla ciclotimia per l’intensità della sintomatologia, piena nella prima, sub-sindromica nella seconda

4. Al contrario di quanto accade nella rapida ciclicità, in cui fasi espansive e depressive si alternano rapidamente, negli stati misti sintomi dell’una e dell’altra fase sono presenti contemporaneamente

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.18 Schizofrenia

DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE

Schizofrenia: insieme di quadri clinici caratterizzati da evoluzione cronica, deterioramento della personalità, sintomi psicotici (deliri, allucinazioni, catatonia, disordini ideativi) almeno in alcune fasi del decorso; ha esordio in età giovanile ed è altamente invalidante

Nel 1893, Kraepelin raggruppa la Dementia praecox, separandola dal vasto settore della paranoia.

Nel 1911, Bleuler introduce il termine schizofrenia (mente divisa), nell’intento di meglio definire e sviluppare il concetto di dementia praecox. L’introduzione di tale termine sta ad indicare una delle caratteristiche più importanti del quadro, ovvero la scissione delle diverse funzioni psichiche. Inoltre, il concetto di schizofrenia di Bleuler indica un gruppo di psicosi che, ad ogni stadio, possono arrestarsi o regredire, ma non consentono mai una completa restitutio ad integrum; che presentano un’alterazione specifica del pensiero, del sentimento e del rapporto col mondo esterno, non riscontrabile altrove. Fenomeni caratteristici sono il disturbo associativo, il tipo delle allucinazioni e la generale coartazione emotiva.

La schizofrenia, così intesa da Bleuler, è un concetto più ampio di quello di demenza precoce. Vi possono essere incluse forme attenuate, sfumanti con la normalità ed i disturbi nevrotici.

Langfeld (1939) distingue una schizofrenia nucleare, a prognosi infausta, da psicosi schizofreniformi, con esito favorevole. Queste ultime avrebbero insorgenza improvvisa, legata ad eventi scatenanti, mostrando una forte componente affettiva e/o confusionale e una buona personalità premorbosa.

Nel dibattito attuale, possiamo trovare la schizofrenia intesa nei seguenti modi:

Malattia specifica Quadro unitario, con una sequenza definita di eventi causali e una serie di alterazioni patologiche tipiche ed univoche

Spettro di condizioni affini

Estensione della posizione precedente

Il concetto di spettro schizofrenico comprende la schizofrenia cronica (disturbo schizofrenico), la reazione schizofrenica acuta (disturbo schizofreniforme), la schizofrenia borderline (disturbo schizotipico di personalità) e la personalità inadeguata (disturbo schizoide di personalità)

Continuumschizo-affettivo

Parte dai più sfumati disturbi dell’umore e attraversando la parte intermedia dei disturbi schizoaffettivi, arriva ai più gravi disturbi schizofrenici

Sindrome(via finale comune)

La condizione schizofrenica è un particolare stato di funzionamento cerebrale patologico, indotto da fattori eterogenei

Molteplici sindromi/molteplici malattie

Le varie sindromi raggruppate nel concetto di schizofrenia sono espressione di processi morbosi diversi: lo stesso quadro sindromico può essere prodotto da fattori eziopatogenetici diversi e, viceversa, quadri sindromici diversi possono essere prodotti dallo stesso processo morboso

Questa concezione vanifica operativamente il concetto di schizofrenia

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EPIDEMIOLOGIAIl rischio di contrarre il disturbo nell’arco della vita è valutato intorno all’1%.Riguardo al sesso, non ci sono differenze rilevanti, se non per l’età di esordio, più tardiva nelle

femmine, e l’esito più favorevole sempre in queste ultime.Viene riportata un’incidenza maggiore nelle classi sociali meno agiate, che è causata, si pensa,

alla deriva sociale, processo di selezione sociale inversa, causata dal disturbo.Risulta influenzante anche la stagionalità di nascita, avendo riscontrato un rischio superiore

del 10% per i nati nei mesi freddi. Inoltre, la presenza di complicazioni ostetriche perinatali è considerata fattore di rischio per i soggetti con anamnesi familiare positiva per schizofrenia.

Nel periodo precedente l’esordio schizofrenico, è stata segnalata un’elevata quantità di eventi stressanti.

EZIOPATOGENESILe cause del disturbo sono eterogenee, con possibili effetti interattivi e di sommazione.

La sindrome clinica può essere considerata espressione di un’interazione tra fattori causali scatenanti e modalità di risposta

Il tipo di risposta è funzione, a sua volta, sia della storia passata sia della struttura genetico-costituzionale.

Fattori eziologici

Fattori endogeni

Il disturbo è conseguente a una modifica strutturale, riconducibile a fattori ereditari e neuroevolutivi o neurodegenerativi

Fattori genetici

La trasmissione del disturbo non sembra seguire il classico schema mendeliano, ma è possibile che via sia un gene di suscettibilità, che interagisce con i fattori ambientali

Anomalie epigenetiche di sviluppo

Anomalie nelle due fasi critiche dello sviluppo del SNC

Fattori esterni specifici

Particolari esperienze di vita

Conflitti e traumi sessuali

Secondo la psicanalisi classica, vi è una base psicogena acquisita; le psicosi sarebbero psiconevrosi da difesa o nevrosi narcisistiche

Interazioni comunicative patologiche tra i membri familiari

Secondo le teorie socio-relazionali, in un contesto particolarmente disturbato ed emotivamente coinvolgente, la schizofrenia sarebbe un tentativo mal riuscito di fronteggiare azioni patogene di famiglia e/o società

Fattori esterni aspecifici

Particolare risposta del cervello, tipo forma di reazione precostituita (specifica), in soggetti vulnerabili

Eventi stressanti

La sommazione degli eventi stressanti favorisce l’insorgenza della schizofrenia e può avere effetto dirompente nelle fasi critiche della vita (sviluppo embrionale, primi 3 anni di vita, adolescenza)

Alta emotività espressa

In molte famiglie di schizofrenici, è presente il particolare clima caratterizzato da ipercoinvolgimento emotivo, critica e ostilità, che costituisce una situazione stressante protratta nel tempo

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Fattori patogeneticiI fattori eziologici, precedentemente considerati, danno luogo al processo di disorganizzazione

morfo-funzionale della schizofrenia, ovvero:

1. Alterazioni nei sistemi neurotrasmettitoriali cerebrali: iperattività del sistema dopaminergico

2. Alterazioni neurofisiologiche cerebrali: insufficienza funzionale del lobo frontale; asimmetria funzionale tra i due emisferi, con prevalenza frontotemporale sinistra

3. Alterazioni morfologiche cerebrali: atrofia di aree filogeneticamente antiche, collegate all’integrazione delle emozioni

QUADRO CLINICO

Sintomatologia generale

Non vi sono sintomi patognomici

Tratto fondamentale e comune del quadro è la perdita dell’unità interna delle attività intellettive, emotive e volitive (Kraepelin)

Allucinazioni Più frequentemente uditive; possono consistere in rumori, musica e, specialmente, voci: frequente è l’esperienza di voci dialoganti tra loro che si esprimono in maniera offensiva e denigratoria nei confronti del paziente

Idee deliranti Transitorie o durevoli; insensate, stravaganti; il loro contenuto viene cambiato più o meno rapidamente; frequentemente sono deliri persecutori, più raramente di influenzamento, di controllo, grandiosi, nichilistici, somatici, di trasformazione corporea, erotici, mistico-religiosi

Associate al deficit del potere critico

Disturbo delle associazioni ideative

Perdita delle connessioni logiche del pensiero, perdita del controllo e del direzionamento del flusso del pensiero

Il pensiero diviene, nei casi estremi, incoerente, confuso e inaccessibile alla comprensione da parte degli altri; in altri casi può essere eccessivamente astratto o eccessivamente concreto, impoverito nei suoi contenuti, mal modulato affettivamente

Possono esserci disturbi formali del pensiero positivi (incoerenza, deragliamento, tangenzialità, illogicità) e negativi (alogia, povertà dell’eloquio e del contenuto verbale)

Disturbi dell’attenzione

Grande distraibilità

Disturbi della vita emotiva

Caratterizzano l’inizio della malattia, con tono sentimentale triste o ansioso, a volte unito a vivo eccitamento

Ottundimento emotivo (giudicato alla base dei disturbi dell’attenzione): perdita della compassione, del senso di convenienza, dello schifo e del pudore

Diminuzione degli stimoli volitivi

Agitazione ed eccitamento motorio come manifestazioni inconsiderate di una tensione interna; facilitata trasformazione degli impulsi motori in azioni: stereotipie motorie (es. dondolamento), verbigerazione, manierismi, automatismi al comando (catalessia, ecolalia, ecoparssia)

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Stupor catatonico Il paziente, pienamente cosciente, è immobile, mutacico e non risponde alle stimolazioni

Eccitamento catatonico

Attività motoria incontrollata e afinalistica

Disturbi somatici

Anomalie del sonno, del desiderio sessuale e di varie funzioni vegetative

Deterioramento della personalità

Con l’aggravamento e la cronicizzazione del quadro clinico

Perdita di progettualità

Con l’aggravamento e la cronicizzazione del quadro clinico

Ritiro sociale Con l’aggravamento e la cronicizzazione del quadro clinico

Forme clinicheKraepelin distingue tre forme di schizofrenia:

Forma ebefrenica : malattia della prima età, specialmente dell’epoca dello sviluppo; caratterizzata da apatia, disinteresse, disadattamento, incapacità a svolgere le normali attività quotidiane, disorganizzazione ideativa

Forma catatonica : caratterizzata dalla presenza di manifestazioni motorie spasmodiche e di arresto (stupore catatonico, negativismo, stereotipie, perseverazioni, impulsi fino ad atti violenti, suggestionabilità con atti di obbedienza automatica)

Forma paranoide : caratterizzata da idee deliranti, disturbi psicosensoriali; ad esordio più tardivo e con minori alterazioni della personalità

Bleuler aggiunge a queste un quarto tipo di schizofrenia:

Schizofrenia semplice: vi si ritrovano solamente i sintomi fondamentali specifici; è una forma precoce e a evoluzione lenta, con una continuità di sviluppo da tratti caratteriali preesistenti; il segno caratteristico è l’autismo

Il DSM IV contempla le forme classiche ebefrenica (schizofrenia disorganizzata), catatonica e paranoidea ed, inoltre, prevede il tipo residuo (con sintomi negativi) ed il tipo indifferenziato (i casi non classificabili nelle categorie precedenti). La schizofrenia semplice di Bleuler può rientrare nel tipo residuo o nel disturbo di personalità schizoide o schizotipico.

Recentemente è stata proposta una suddivisione in due sole forme cliniche:

Tipo I: con sintomi positivi (deliri, allucinazioni, disorganizzazione produttiva del pensiero, comportamento bizzarro e disorganizzato), decorso acuto e prognosi relativamente buona

Tipo II: con sintomi negativi (alogia, appiattimento affettivo, anedonia, asocialità, anergia, apatia, disturbi dell’attenzione), deterioramento con deficit cognitivi e alterazioni neurologiche; il decorso è lentamente peggiorativo e la prognosi negativa

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Interpretazione dei sintomi. Criteri diagnosticiBleuler ha suddiviso i sintomi della schizofrenia secondo due criteri:

Sintomi duraturi o fondamentali

Sono sempre riscontrabili

Disturbi delle associazioni e dell’affettività, ambivalenza, autismo

Sintomi accessori Possono mancare

Sintomi primari Si originano direttamente dal processo patologico

Fondamentalmente disturbo delle associazioni

Sintomi secondari Prodotti dalla reazione alla patologia, effetti del disturbo

Quasi tutta la sintomatologia risulta secondaria

Schneider distingue:

Sintomi di primo ordine

Di elevato significato per la diagnosi di schizofrenia, quando non è possibile trovare nessuna malattia somatica di base

Eco del pensiero, voci sotto forma di discorsi e repliche, voci di commento, esperienze di passività somatica, furto del pensiero ed altre esperienze di influenzamento del pensiero, percezioni deliranti, altre esperienze riguardanti costrizione della volontà, delle emozioni e degli impulsi

Sintomi di secondo ordine

Di significato molto più scarso per la diagnosi di schizofrenia

Altri disturbi psicosensoriali, intuizione delirante, perplessità, alterazioni dell’umore depressive e euforiche, sensazione di impoverimento affettivo, altri non specificati

Non è detto che, per la diagnosi di schizofrenia, debbano sempre esserci sintomi di primo ordine, o almeno essi non sono sempre evidenti

I sintomi di primo ordine hanno costituito il primo tentativo di diagnosi operativa della schizofrenia.

Nel DSM III-R, vengono introdotte importanti modifiche nell’inquadramento della schizofrenia, tra le quali:

Non c’è più necessità della co-presenza di allentamento dei nessi associativi, pensiero illogico, povertà dei contenuti del discorso con appiattimento dell’affettività, deliri/allucinazioni, comportamenti catatonici o disorganizzati

Viene soppresso il criterio per il quale il disturbo deve iniziare prima dei 45 anni di età

Janzarik suddivide la schizofrenia in due forme: la prima dovuta a “deragliamento dinamico” e la seconda a “insufficienza dinamica”. I sintomi negativi residui, come l’apatia, sono dovuti a deficit della personalità premorbosa, piuttosto che agli effetti del disturbo psicotico. Questi deficit, come l’alogia, costituirebbero, quindi, il nucleo centrale della forma clinica che, nel suo progredire, si può arricchire della fenomenica produttiva (ad esempio, per perdita della normale inibizione conseguente all’insufficienza psichica).

Infine, secondo Berner, i sintomi di primo ordine di Schneider e alcuni dei sintomi fondamentali di Bleuler (ambivalenza, depersonalizzazione, derealizzazione) sono espressione di

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Page 90: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

instabilità dinamica e non hanno specificità eziologica e, quindi, sono esclusi dalla sindrome assiale. I sintomi fondamentali di Bleuler, di disturbo formale del pensiero, appiattimento affettivo e neologismi criptici, sono ugualmente considerati aspecifici, ma solo nel senso di essere presenti, oltre che nella schizofrenia (ritenuta prodotta dall’interazione tra predisposizione genetica ed eventi stressanti), anche in psicosi organiche. Quindi, questi ultimi sintomi sono considerati caratteristici della sindrome assiale che, una volta presente, lascerebbe insoluta solo la differenziazione con le psicosi di origine organica. Con questi criteri, la schizofrenia viene definita in modo estremamente ristretto.

Criteri diagnostici per la schizofrenia del DSM IV

A. Sintomi caratteristici: Due (o più) dei seguenti, ognuno presente per una porzione di tempo significativa durante un periodo di 1 mese (o meno se trattato con successo):

1) Deliri2) Allucinazioni3) Eloquio disorganizzato (ad es., frequenti deragliamenti o incoerenza)4) Comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico5) Sintomi negativi, cioè appiattimento affettivo, alogia o assenza di volizione

Nota: È richiesto solo un sintomo del criterio A se i deliri sono bizzarri o le allucinazioni consistono in una voce che continua a fare commenti sul comportamento o sui pensieri della persona, o due o più voci che conversano tra loro.

B. Disfunzione sociale/occupazionale: Per una porzione significativa del tempo dall’esordio del disturbo, una o più aree consistenti del funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o la cura di se stesso sono marcatamente al di sotto del livello acquisito prima dell’esordio (o quando l’esordio è nell’infanzia o adolescenza, incapacità di raggiungere il livello atteso di acquisizioni interpersonali, accademiche o occupazionali).

C. Durata: Segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfano il criterio A (cioè sintomi della fase attiva) e possono includere periodi di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati solo da sintomi negativi o da due o più sintomi elencarti nel criterio A presenti in forma attenuata (ad es., convinzioni strane, esperienze percettive inusuali).

D. Esclusione di Disturbo Schizoaffettivo e dell’Umore: Il Disturbo Schizoaffettivo e il Disturbo dell’Umore con Manifestazioni Psicotiche sono stai elusi o perché (1) nessun Episodio Depressivo Maggiore, Maniacale o Misto è intervenuto in concorrenza con i sintomi della fase attiva; o (2) se gli episodi affettivi sono intervenuti durante sintomi della fase attiva, la loro durata totale è stata breve relativamente alla durata dei periodi attivo e residuo.

E. Esclusione di sostanze/condizione medica generale: Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (ad es., una sostanza di abuso, un farmaco) o a una condizione medica generale.

F. Relazione con un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo: Se vi è una storia di Disturbo Artistico o di un altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi aggiuntiva di Schizofrenia viene fatta solo se sono anche presenti consistenti deliri e allucinazioni per almeno 1 mese (o meno se trattati con successo).

Classificazione del decorso longitudinale (può applicarsi solo dopo che almeno 1 anno sia trascorso dall’esordio iniziale dei sintomi della fase attiva):

Episodico Con Sintomi Residui Interepisodici (gli episodi sono definiti dal riemergere di sintomi psicotici consistenti); specificare anche se: Con Sintomi Negativi Consistenti

Episodico Senza Sintomi Residui InterepisodiciContinuo (sintomi psicotici prominenti sono presenti lungo il periodo di osservazione); specificare anche

se: Con Sintomi Negativi ConsistentiEpisodio Singolo in Remissione Parziale; specificare anche se: Con Sintomi Negativi ConsistentiEpisodio Singolo in Remissione CompletaAltro o Non Specificato Profilo

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PERSONALITÀ PREMORBOSA, DECORSO, COMPLICAZIONIRapporti con personalità premorbosa. Nel 50% dei casi non sono riscontrabili tratti di personalità premorbosa distintivi del disturbo, nel 25% sono evidenziabili solo tratti aspecifici, quali elevata sensibilità, instabilità, difficoltà a stare con gli altri, e nel restante 25% possono, invece, essere soddisfatti i criteri per il Disturbo Schizoide ed il Disturbo Schizotipico di personalità. Nel caso del Disturbo Schizoide di personalità, in fase premorbosa, sono riscontrabili indifferenza per le relazioni sociali ed una gamma ristretta di esperienze ed espressioni emotive, mentre nel caso del Disturbo Schizotipico di personalità, relazioni interpersonali deficitarie, distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità di comportamento.

Fase prodromica. Si manifesta un netto, ma progressivo, cambiamento, che può essere scambiato per una crisi adolescenziale transitoria, per una manifestazione caratteriale intensa, o per una reazione abnorme ad eventi stressanti. I caratteri distintivi, però, sono la persistenza e la tendenza al peggioramento. I sintomi più importanti sono il ritiro sociale e lo scadimento nelle attività scolastiche o lavorative e ricreative. Inoltre, possono manifestarsi nuovi interessi bizzarri, alterazioni del pensiero, (allusività, impoverimento dei contenuti, aumento del concretiamo a scapito della capacità di astrazione), ansia pervasiva, irritabilità, distraibilità, difficoltà di concentrazione, perplessità, depersonalizzazione, dubbi sulla propria identità, impulsività, bizzarrie, insonnia. La durata di questa fase è variabile: da giorni o settimane, nei casi a decorso acuto, a mesi od anni, nei casi ad esordio subdolo o progressivo.

Fase attiva. Si manifesta dopo un periodo variabile (anche di anni), con la presenza di sintomi tipici. Può essere in relazione ad eventi stressanti, anche lievi. Si può avere un’unica fase attiva, a cui segue poi la fase residua, oppure si possono avere più fasi attive variamente intervallate.L’età di massima frequenza dell’esordio è ritenuta tra i 18 e 25 anni, con un lieve ritardo nelle femmine.

Fase residua. Segue la fase attiva ed ha caratteristiche affini alla fase prodromica. Tuttavia, il deterioramento delle capacità di funzionamento scolastico, lavorativo, sociale, familiare, affettivo è più grave che nella fase prodromica.

Tipi di decorso. Circa un terzo dei pazienti va incontro a remissione completa, mentre in circa la metà dei casi si ha comunque un esito favorevole. Un numero significativo di pazienti tende, però, ad andare incontro a cronicità.Con il concetto di “difetto”, si intende lo stato funzionale psichico menomato, esito tipico della schizofrenia, che, comunque, non va confuso con il ritorno alla personalità premorbosa, schizoide o schizotipica. Segni caratteristici della condizione di difetto sono: alcune alterazioni del carattere (ostinatezza, diffidenza, irritabilità, impulsività), del comportamento (bizzarrie, indecisioni), del linguaggio (modesto impoverimento, linguaggio manierato).I fattori ambientali (organizzazione societaria, istituzioni, assetto familiare) e di lavoro possono avere grande influenza sul decorso. È stata registrata una più alta percentuale di decorsi infausti nei paesi a maggior sviluppo.

Complicazioni. Secondo un pregiudizio diffuso, il malato schizofrenico può mettere in atto comportamenti pericolosi. In realtà, non è stata dimostrata un’incidenza maggiore di tali comportamenti negli schizofrenici, rispetto alla popolazione generale.Il suicidio ha un’incidenza superiore negli schizofrenici, rispetto alla popolazione generale, ed avviene spesso con modalità insolite e impulsive, senza i segni caratteristici prodromici che ne permettono una maggiore prevedibilità.

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Inoltre, gli schizofrenici sono spesso vittime della violenza altrui, date le loro ridotte capacità di controllo e di previsione nei confronti delle minacce ambientali.

DIAGNOSI DIFFERENZIALELa diagnosi di schizofrenia deve essere posta dopo confronto con le categorie diagnostiche del

DSM IV qui riportate:

Altri Disturbi Psicotici□ Disturbi Deliranti□ Psicosi Reattiva Breve□ Disturbo Schizofreniforme□ Disturbo Schizoaffettivo□ Disturbo Psicotico Indotto

Disturbi dell’Umore: implicano i maggiori problemi diagnostici

□ Stati Bipolari Misti: problemi diagnostici particolari dovuti alla rilevante instabilità del quadro, alla mescolanza di sintomi affettivi delle due polarità e alle floride manifestazioni psicotiche

Disturbi d’Ansia e Somatoformi□ Disturbo da Attacchi di Panico: specie se con manifestazioni

psicosensoriali (depersonalizzazione, derealizzazione, etc.), con comportamenti di evitamento, abuso di sostanze

□ Disturbo Ossessivo-Compulsivo: idee prevalenti e comportamenti stereotipati

□ Ipocondria: idee prevalenti e comportamenti stereotipati

□ Disturbi Fobici: idee prevalenti e comportamenti stereotipati

Disturbi di Personalità Schizotipico, Borderline, Schizoide e Paranoide: manifestazioni subcliniche, che soddisfano i criteri per i disturbi di personalità considerati, possono essere espressione di fasi prodromiche di schizofrenia

Sindromi psicotiche conseguenti a condizioni mediche generali□ Delirium□ Demenza senile

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.19 Le sindromi schizoaffettive

DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE ESSENZIALI

Nell’ICD10, le sindromi schizoaffettive sono definite come condizioni morbose caratterizzate dalla presenza contemporanea di una sintomatologia di tipo schizofrenica e di una di tipo affettivo (depressivo, maniacale o misto)

Il DSM IV, invece, oltre che alla concomitanza dei due tipi di sintomatologia, richiede anche che il paziente abbia presentato in passato sintomi psicotici in assenza di alterazioni dell’umore.

Non raramente, la diagnosi di sindrome schizoaffettiva è provvisoria, destinata a modificarsi, allorché la natura schizofrenica o affettiva della condizione morbosa si rende manifesta

Per altri, invece, le sindromi schizoaffettive costituiscono un’entità diagnostica autonoma, nei confronti di schizofrenia e disturbi affettivi maggiori, cioè una vera e propria “terza psicosi”.

Per altri ancora, esisterebbe un continuum, in cui le forme pure di schizofrenia e malattia maniaco-depressiva occupano gli estremi e le sindromi schizoaffettive la parte intermedia.

QUADRO CLINICOSecondo l’ICD10 esistono tre tipi di sindrome schizoaffettiva:

Sindrome schizoaffettiva

Sintomi affettivi Sintomi schizofrenici

Tipo maniacale Esaltazione del tono dell’umore

Tipo depressivo Depressione del tono dell’umore ed almeno due dei seguenti sintomi caratteristici depressivi:

Perdita degli interessi e della capacità di provare piacere

Riduzione dell’energia, con aumentata affaticabilità e diminuita attività

Riduzione dell’attenzione e della concentrazione

Riduzione dell’autostima e della fiducia in sé

Idee di colpa e di inutilità

Visione pessimistica del futuro

Idee o atti di autoaggressività o di suicidio

Disturbi del sonno

Diminuzione dell’appetito

Tipo misto Sindrome affettiva mista

Almeno uno dei seguenti sintomi:

Eco del pensiero, inserzione o furto del pensiero, diffusione del pensiero

Deliri di controllo, di influenzamento o di passività riferiti al corpo o a movimenti degli arti o a specifici pensieri, azioni o sensazioni; oppure percezioni deliranti

Voci di natura allucinatoria che commentano continuamente il comportamento del paziente, o che discutono di questi tra loro, o altri tipi di voci allucinatorie che provengono da qualche parte del corpo

Deliri persistenti di altro tipo che sono culturalmente inappropriati o del tutto implausibili

L’età media di esordio è tra i 24 ed i 27 anni.

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DECORSO E GRADO DI COMPROMISSIONEIl decorso è in genere episodico. Nelle forme di tipo depressivo, gli episodi tendono a durare

più a lungo ed è più frequente, rispetto alle forme bipolari, la sintomatologia schizofrenica tra un episodio e l’altro.

L’esito psicosociale a lungo termine è migliore di quello della schizofrenia e peggiore di quello delle sindromi affettive maggiori. Inoltre, per le forme bipolari è migliore che per quelle depressive.

.20 Psicosi acute remittenti

Le psicosi acute remittenti si collocano tra Demenza Precoce e malattia Maniaco-Depressiva: sono quadri psicotici che condividono manifestazioni comuni ad entrambe le psicosi maggiori

Caratteristiche tipiche della schizofrenia

Sintomi tipici della schizofrenia, quali dissociazione ideica, deliri, allucinazioni ed ambivalenza

Caratteristiche tipiche delle psicosi affettive

Elementi clinici e di decorso, quali l’esordio acuto ed il decorso remittente

Caratteristiche specifiche delle psicosi acute remittenti

Presenza di eventi precipitanti di notevole impatto emotivo, un buon livello di adattamento premorboso, spiccati sintomi affettivi, familiarità per i disturbi dell’umore, agitazione psicomotoria e buona prognosi, almeno per quanto riguarda il singolo episodio

Per psicosi acute remittenti, intendiamo un gruppo eterogeneo di disturbi, tra i quali troviamo: schizofrenia a buona prognosi, schizofrenia reattiva, psicosi schizofreniformi, psicosi reattive brevi, psicosi psicogeniche, psicosi atipiche remittenti, psicosi cicloidi ed altre.

Questi quadri pongono diversi problemi di inquadramento diagnostico.

Psicosi schizofreniformi: manifestazioni simili alla schizofrenia, dalla quale differiscono solo per durata e prognosi; i sintomi presentano una remissione completa entro sei mesi dall’insorgenza

Psicosi cicloidi: comprendono la psicosi confusionale eccitato-inibita (con preminenti sintomi simil-schizofrenici), la psicosi d’ansia-beatitudine (con oscillazioni timiche di ansia ed estasi in presenza di deliri mistici o persecutori) e la psicosi motoria ipercinetico-acinetica (con marcate anomalie dell’affettività e della motilità che ricordano i disturbi dell’umore); sono caratterizzate da polimorfismo sintomatologico con disturbi del pensiero e della motricità, oscillazioni del tono dell’umore e confusione, decorso fasico con remissione e ricorrenza degli episodi, prevalentemente in soggetti di sesso femminile; spesso queste sindromi non sono distinguibili dalla mania e dalla stato misto con sintomi psicotici

Psicosi reattiva breve: reazione ad un evento, in una personalità vulnerabile per preesistenti disturbi o tratti devianti di personalità o basso livello intellettivo; possiede numerose varianti (reazione paranoide acuta, sindromi confusionali reattive con disturbi dell’orientamento e dell’attenzione, eccitazione o mania reattiva, psicosi reattiva depressiva)

Gli inquadramenti nosografici attuali tendono a minimizzare il concetto di reattività, che descrive esclusivamente la relazione cronologica tra un evento e la comparsa del disturbo, poiché la reattività agli eventi è la caratteristica principale di tutti i disturbi mentali.

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Bouffèe delirante (o psicosi delirante o allucinatoria acuta): sindrome psicotica remittente, caratterizzata da un’intensa produttività delirante, con una vasta gamma di sintomi tra i quali illusioni, allucinazioni, affettività instabile e alterazione dello stato di coscienza; l’esordio è improvviso, con rapida e completa remissione in pochi giorni o settimane e tendenza alla ricorrenza del quadro clinico

SISTEMI NOSOGRAFICI INTERNAZIONALI (DSM E ICD)Nel DSM IV, i sintomi psicotici si possono ritrovare nelle seguenti categorie:

Disturbi dell’umore

Schizofrenia

Altri disturbi psicotici□ Disturbo schizoaffettivo

□ Disturbo schizofreniforme

□ Psicosi reattiva breve

□ Disturbo delirante

□ Disturbo psicotico indotto

□ Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico non altrimenti specificato: tutti quei casi caratterizzati da sintomi psicotici (deliri, allucinazioni, incoerenza, marcato allentamento dei nessi associativi, eccitamento catatonico o stupor, comportamento grossolanamente disorganizzato) che però non soddisfano i criteri per nessun altro disturbo psicotico

Nell’ICD10, i disturbi psicotici, che si pongono tra Demenza Precoce e malattia Maniaco-Depressiva, hanno le seguenti caratteristiche: esordio acuto, in meno di due settimane); presenza di un fattore stressante acuto associato, che si verifica tuttavia solo in una parte dei casi; condizione rapidamente mutevole, variabile e polimorfa, con sintomi schizofrenici, che possono tuttavia anche mancare.

QUADRO CLINICOEsordio: improvviso, spesso in risposta ad un evento stressante di grande impatto emotivo o alla combinazione di numerosi fattori stressanti di gravità minore, in soggetti giovani e generalmente con tratti di personalità disturbati

Sintomi: deliri, allucinazioni, allentamento dei nessi associativi o comportamento grossolanamente disorganizzato, che si accompagnano a profondi turbamenti emotivi, con bruschi cambiamenti della tonalità affettiva o un soverchiante senso di confusione; il soggetto può apparire agitato, con espressione caricata della propria sofferenza, oppure perplesso ed incapace di descrivere i,proprio stato d’animo

Fase di stato: assai breve, con una durata media di poche ore o alcune settimane, dopo di che il soggetto recupera completamento il livello di funzionamento preesistente

Fase residua: talora residuano minime alterazioni, come una lieve depressione dell’umore

Decorso a lungo termine: tendenza a ripresentarsi di episodi psicotici, simili per modalità di esordio e di decorso ai precedenti

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PSICOSI PUERPERALI

Alcuni quadri psicotici acuti ad esordio nel post-partum

Le Psicosi Puerperali insorgono alla fine della gravidanza, in modo prevalentemente acuto, per lo più entro 2-6 settimane dal parto, con un’incidenza tra 0,8 e 2,5 casi ogni 1000 parti. L’eziopatogenesi è complessa, essendo coinvolte modificazioni biologiche, fattori genetici o tossici e situazioni ambientali.

Quadro clinico: coesistenza di sintomi affettivi con elementi deliranti (il cui contenuto riguarda l’esperienza della maternità, la salute, la vita o l’esistenza del bambino), allucinazioni, perplessità, incoerenza, disorganizzazione evidente del comportamento, disorientamento, confusione mentale, fuga delle idee, talora euforia, iperattività, logorrea

La caratteristica clinica più specifica è la presenza di confusione: le pazienti appaiono disorientate, perplesse, in stato sognante, pur conservando una relativa integrità delle funzioni cognitive e mnesiche.

La coloritura affettiva di questi quadri spinge alcuni autori a classificarli tra i disturbi dell’umore. Nel DSM IV, invece, essi si trovano tra i disturbi psicotici non classificati altrove.

.21 Disturbi deliranti (paranoia), disturbo psicotico indotto, parafrenia, psicosi allucinatoria cronica

INTRODUZIONE

Disturbi psicotici caratterizzati dalla presenza di manifestazioni deliranti e/o allucinatorie, che insorgono in assenza di un disturbo dell’umore di tipo depressivo, maniacale o misto e che non si accompagnano ad un deterioramento della personalità come nella schizofrenia

DISTURBI DELIRANTI (PARANOIA)

La manifestazione psicopatologica principale è un delirio a struttura coerente e sistematizzata, a contenuto plausibile seppure talora inverosimile; talvolta possono essere presenti allucinazioni

L’affettività ed il comportamento sono appropriati al contenuto del delirio e non si verifica mai un deterioramento marcato della personalità.

Kraepelin separò la paranoia dalla dementia praecox. In seguito, l’autonomia e la concezione unitaria della paranoia sono state criticate ed è stata proposta la separazione tra:

Forme a decorso cronico e prognosi sfavorevole: classificabili, secondo alcuni, all’interno della schizofrenia paranoide

Forme relativamente benigne: insorgono in personalità abnormi, a seguito di particolari stati affettivi

Queste ultime forme rispondono al concetto di delirio di rapporto sensitivo, introdotto da Kretschmer, il quale lo distingue dal deliroide espansivo (la paranoia di Kraepelin) e dalla schizofrenia di Bleuler.

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Delirio di rapporto sensitivo: si instaura in una personalità insicura-sensitiva (le cui caratteristiche corrispondono alla combinazione di tratti depressivi, evitanti e paranoidi di personalità); un avvenimento di regola banale (evento chiave) acquista un particolare significato affettivo, sul quale si impernia il delirio che diviene progressivamente invasivo

Deliroide espansivo: la genesi del delirio è analoga a quanto detto sopra, ma la personalità ha caratteristiche contropolari, con una notevole componete stenica (tratti ipertimici), combinata con rigidità, tendenza al fanatismo ed interpretatività

Kretschmer distinse tra forme deliranti pure, forme che insorgono nella malattia maniaco-depressiva e forme che evolvono verso la schizofrenia. Indipendentemente dalle ipotesi eziopatogenetiche, è comunque caratteristica la costante compenetrazione tra delirio paranoico e struttura di personalità (come si è visto nel delirio di rapporto sensitivo e nel deliroide espansivo).

Nel DSM IV e nell’ICD10, la definizione della paranoia è sovrapponibile a quella di Kraepelin.

EpidemiologiaMolti pazienti non giungono ad osservazione, perché hanno convinzioni deliranti di

persecuzione o di gelosia che vengono tollerate dalla famiglia e dalle istituzioni sociali.Il disturbo si manifesta in genere nell’età adulta, con un picco compreso tra i 40 e i 50 anni.Un’alta percentuale di persone che manifestano il disturbo è rappresentata da vedovi, separati

e divorziati. Sembrano, inoltre, prevalere le classi economiche più disagiate.

EziopatogenesiPersonalità premorbosa: persone steniche e diffidentiEventi stressanti: come dimostrano casi di folie à deux, psicosi da emigrazione, psicosi da prigione e da isolamentoEtà: le persone anziane sono più soggette a sviluppare tratti paranoidi

Quadro clinico

Il sintomo fondamentale è il delirio sistematizzato e non bizzarro

Il quadro clinico si sviluppa in persone con elevata concezione di sé, sospettosità, diffidenza, tendenza all’interpretatività ed alla formulazione di giudizi rigidi e categorici (personalità premorbosa).

Le convinzioni deliranti insorgono come un’illuminazione improvvisa, di assoluta certezza soggettiva, che non ha bisogno di prove ulteriori. I pazienti appaiono logorroici e circostanziati, soprattutto quando si riferiscono al contenuto della loro esperienza delirante. Possono essere presenti irritabilità, isolamento sociale, ostilità e comportamenti violenti.

Il paziente ricerca continuamente conferme alle proprie convinzioni e non tiene nella dovuta considerazione i dati reali. Il delirio diviene sistematizzato, con una organizzazione interna ed una propria logica. Infine, una volta che il presente è organizzato in chiave delirante, l’attenzione del paziente si rivolge alle esperienze passate ed anche i ricordi vengono reinterpretati sulla base delle nuove certezze.

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I temi del delirio:

Persecuzione o nocumento Convinzione che una persona o, più spesso, un gruppo siano ostili al paziente

In alcuni casi, il paziente, frustrato nei tentativi di farsi credere dagli altri, può decidere di farsi giustizia da solo e commettere reati che vanno dalle ingiurie, alle minacce, fino alle aggressioni o all’omicidio

Rivendicazione o querela(querulomania)

Convinzione erronea ed incorreggibile di aver subito una qualche ingiustizia a cui consegue un atteggiamento rivendicativo, con ricorsi ripetuti a procedimenti giudiziari

È una forma particolare di delirio di persecuzione

Gelosia(paranoia coniugale o sindrome di Otello)

Presunta infedeltà del coniuge

In genere interessa individui di sesso maschile

La gelosia morbosa è un sintomo comune anche ad altri disturbi (schizofrenia, epilessia, disturbi dell’umore, abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti)

Erotomania o sindrome di De Clerambault

Una persona, solitamente di sesso femminile, è convinta che un’altra persona sia innamorata di lei; gesti o azioni casuali sono interpretati come messaggi che rivelano la passione amorosa del presunto corteggiatore

Se eventuali dichiarazioni amorose sono respinte, le pazienti possono diventare aggressive e rivendicative

Somatico o paranoia ipocondriaca

Convinzione di avere una grave malattia fisica, di infestazione, di parassitosi, di avere un aspetto sgradevole, di emanare odori repellenti

Frequente l’associazione con i casi di folie à deux

Idee di grandezza Il paziente si ritiene un inventore, uno scienziato, un profeta o un leader politico, capace di mutare i destini dell’umanità

È meno comune tra i deliri paranoici ed è difficilmente distinguibile da alcune forme di mania cronica

DecorsoTalvolta, l’esordio è insidioso, anche se nei 2/3 dei casi la sintomatologia si manifesta in

maniera improvvisa.La prognosi varia a seconda del tipo di delirio: più sfavorevole per i deliri di grandezza e

gelosia (i pazienti possono migliorare, ma non si mostrano mai sufficientemente critici nei confronti delle idee deliranti). La prognosi sembra più favorevole nelle donne.

In genere, viene mantenuto un sufficiente adattamento sociale e lavorativo, anche se è presente un certo ritiro e isolamento. Solo alcuni casi presentano un’evoluzione deteriorativa.

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DiagnosiSecondo il DSM IV, i disturbi deliranti durano almeno un mese, in assenza di un disturbo

dell’umore, di un disturbo mentale organico e di sintomi schizofrenici (contenuto bizzarro dei temi deliranti, disorganizzazione concettuale, allucinazioni). Se il disturbo dura meno di mese, si pone la diagnosi di psicosi reattiva breve o di psicosi atipica (quest’ultima categoria, nel DSM III, prendeva il nome di disturbo paranoide acuto).

Occorre fare attenzione nella diagnosi, poiché manifestazioni deliranti sono presenti in molte patologie (disturbi mentali organici, schizofrenia, disturbi dell’umore, alcolismo, abuso di sostanze).

Gli individui con personalità paranoide sono sospettosi e diffidenti, ma non presentano deliri.

DISTURBO PSICOTICO INDOTTO (Folie à deux)

Sistema delirante che si sviluppa in una persona in seguito ad una relazione stretta con un individuo (caso primario) affetto da un disturbo psicotico con deliri rilevanti: questi sono condivisi, almeno in parte, da entrambi i soggetti

Il contagio avviene solo in circostanze speciali:

Uno dei due individui è un elemento attivo che gradualmente impone il proprio delirio all’altro

È necessario che i due abbiano vissuto una relazione molto stretta, per un lungo periodo di tempo

Altre caratteristiche del disturbo:

Il delirio ha un contenuto plausibile ed è persecutorio nel 70% dei casi

Il disturbo è più frequente fra le donne

La diagnosi nel caso primario non è necessariamente di paranoia

In genere, il secondo individuo non ha un quadro grave quanto il primo

In alcuni casi è possibile il coinvolgimento di più persone (tre, quattro o più)

Eziopatogenesi

Tipo di relazione Sorelle, coniugi, madre e figlio

Caso primario Di solito affetto da disturbo delirante, più raramente schizofrenia, disturbo bipolare ed altri disturbi psicotici

Dominante, intelligente, forte, autonomo e fantasioso

Caso indotto Ha in genere una diagnosi di ritardo mentale, disturbo di personalità, demenza o è affetto da disabilità fisiche

Sottomesso, meno intelligente, molto suggestionabile, dipendente, passivo, socialmente inadeguato e fisicamente disabile

Una convivenza molto stretta, quasi di isolamento dal resto della società, dovuta a fattori economici, geografici, socio-ambientali o di patologia fisica, facilita un rapporto di dipendenza, poiché viene a mancare la possibilità di critica comparativa verso il contenuto del delirio (lavaggio del cervello).

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Quadro clinicoIl contenuto del delirio spesso si fonda su esperienze passate condivise da entrambi, con temi

persecutori, di grandezza, ipocondriaci o religiosi.In genere, solo uno dei due membri coinvolti giunge all’osservazione, di solito il caso

primario.

Possiamo distinguere due modalità di induzione del delirio:

Psicosi imposta : i temi deliranti sono trasmessi al secondo senza resistenza alcuna e senza essere modificati; tali persone sono spesso caratterizzate da ritardo mentale o gravi disturbi di personalità ed abbandonano il delirio dopo la separazione; si tratta, in realtà, di estrema suggestionabilità, piuttosto che di vera induzione di un processo psicotico

Psicosi comunicata : l’indotto sviluppa una psicosi vera e propria, dopo un’iniziale resistenza, adottando il contenuto del delirio primario, ma con la possibilità di una ulteriore evoluzione; questi casi rispondono solo in parte alla separazione

Questi due tipi di psicosi indotta ne rappresentano gli estremi, tra un parziale aderenza al delirio in un individuo suggestionabile e l’influenzamento di una psicosi separata in un individuo delirante.

Una variante del disturbo può essere considerata la psicosi collettiva (specie tra i movimenti religiosi).

PARAFRENIA

Presenza di temi deliranti, in genere a contenuto fantastico, spesso accompagnati da fenomeni dispercettivi, senza deterioramento della personalità, con conservazione delle capacità intellettive e dell’affettività

Kraepelin utilizzò il termine parafrenia per un gruppo di disturbi che si poneva in posizione intermedia tra la paranoia e la dementia praecox.

Il disturbo, in genere, esordisce in età adulta, con uguale distribuzione nei due sessi. Sono presenti peculiari tratti di personalità premorbosa, quali sospettosità, indifferenza emotiva, comportamenti eccentrici, scarso adattamento in ambito relazionale e nella vita di coppia, con legami sentimentali di breve durata ed atteggiamenti ostili nei confronti del partner.

Nella fase conclamata, sono presenti deliri sistematizzati, a carattere fantastico ed immaginativo ed a contenuto soprattutto persecutorio, in cui assumo un ruolo predominate i temi sessuali. Spesso, i pazienti riconoscono come persecutori persone in stretta relazione con loro.

Sono sempre presenti allucinazioni floride, più spesso uditive, ma anche cenestetiche, olfattive e visive.

Una caratteristica peculiare della parafrenia è che il mondo delirante fantastico e la realtà quotidiana si mantengono nettamente distinti, quasi come se fosse possibile mantenere un “doppio fronte” di comportamento.

Il disturbo ha un andamento cronico, ma il paziente conserva un adeguato comportamento ed un discreto adattamento sociale.

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Forme di parafrenia:

Parafrenia fantastica Floridi fenomeni allucinatori e temi deliranti di influenzamento

Parafrenia confabulatoria Temi di grandezza descritti in maniera vivace e fantasiosa

Parafrenia espansiva Idee deliranti di grandezza si associano spesso a temi persecutori e di gelosia, ed l’umore è euforico o irritabile

Parafrenia sistematica Deliri di grandezza e persecuzione, associati ad allucinazioni uditive, vanno progressivamente organizzandosi, con l’implicazione di personaggi importanti e potenze soprannaturali

PSICOSI ALLUCINATORIA CRONICA

Condizione psicotica, talora delirante, caratterizzata prevalentemente da allucinazioni croniche, generalmente di tipo uditivo

I temi deliranti sono meno sistematizzati che nella paranoia e spesso sono sostenuti dalle allucinazioni. Rispetto alla paranoia, tuttavia, il decorso è meno stabile ed il funzionamento sociale meno adeguato.

Talora, al termine di un episodio affettivo con sintomi psicotici incongrui, la componente allucinatoria si cronicizza. Negli ultimi anni, una evoluzione di questo tipo si è osservata sempre più di frequente con la diffusione dell’uso di alcune sostanze (cannabici ed altri allucinogeni), che sembrano in grado di scatenare forme allucinatorie croniche in individui predisposti.

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.22 Disturbi d’ansia

I disturbi d’ansia comprendono gran parte delle cosiddette sindromi nevrotiche, termine che oggi è andato in disuso.

Vediamo due modi di concepire l’ansia, secondo due importanti modelli:

Modello psicanalitico: l’ansia segnala il pericolo di fallimento dei meccanismi di difesa inconsci ed è, quindi, il momento psicogenetico fondamentale dei sintomi nevrotici

Modello comportamentale: l’ansia è una risposta a stimoli condizionati

La prima classificazione sistematica dei disturbi d’ansia si deve a Freud, il quale descrisse gli aspetti clinici e psicopatologici fondamentali della “nevrosi d’ansia”, separandola dalla “nevrosi fobica”. Per quanto riguarda gli attacchi di panico, egli rilevò la loro indipendenza da fattori esterni scatenanti. Infine, per quanto riguarda la “nevrosi fobica”, Freud la distinse anche dalla “nevrosi ossessiva”, ipotizzando meccanismi psicogenetici differenti per i due disturbi.

Il termine “nevrosi” si riferisce alla presenza di conflitti inconsci ed alla attivazione di meccanismi di difesa

Dello spettro nevrotico fanno parte le manifestazioni fobiche, ipocondriache, di somatizzazione e di conversione, ma la mancanza di un fattore comune unificante i singoli disturbi ha portato a rinunciare al termine “Nevrosi” nei sistemi classificativi introdotti a partire dagli anni ’70.

Il superamento della visione unitaria delle nevrosi ha indotto la separazione tra ansia acuta (Attacchi di Panico) e ansia cronica (Ansia Generalizzata).

Il DSM IV suddivide i disturbi d’ansia in:

Disturbo da Attacchi di Panico con o senza Agorafobia Agorafobia senza storia di Disturbo da Attacchi di Panico Disturbo da Ansia Generalizzata Fobia Sociale Fobia Specifica Disturbo Ossessivo-Compulsivo (al quale è dedicato il prossimo capitolo)

Disturbo da Stress Post Traumatico Disturbo da Stress Acuto Disturbo d’Ansia dovuto a condizioni mediche (descritto altrove)

Disturbo d’Ansia indotto da sostanze (descritto altrove)

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DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO E AGORAFOBIA

EpidemiologiaIl DAP e l’Agorafobia sono più frequenti nelle donne.L’età di esordio è tra i 15 ed i 35 anni.

EziopatogenesiGli attacchi di panico possono essere indotti artificialmente in soggetti predisposti, tramite le

tecniche di induzione (infusione di lattato di sodio, inalazione di anidride carbonica, iperventilazione). Questo ha permesso uno studio approfondito del fenomeno.

L’ippocampo è la regione del cervello preposta all’integrazione di informazioni sensoriali multimodale, allo scopo di iniziare un’appropriata risposta comportamentale di difesa. Durante un attacco di panico, vengono riscontrate anomalie in questa regione: si ha un incremento dell’attività neuronale. Si è pensato che alterazioni neurotrasmettitoriali innalzino la sensibilità agli stimoli ambientali, contribuendo alla genesi dei sintomi d’ansia.

Secondo Klein, gli attacchi di panico sarebbero innescati da un’alterazione del meccanismo fisiologico che regola l’attività respiratoria ed è sensibile all’aumento dei livelli di anidride carbonica. Nei pazienti con attacchi di panico spontanei, tale meccanismo sarebbe iporegolato, rispondendo anche ad aumenti minimi o assenti. Questa ipotesi spiega l’ipersensibilità, dei pazienti con DAP, all’infusione di lattato di sodio ed all’inalazione di anidride carbonica, nonché la facilità con cui questi soggetti evitano situazioni in cui c’è rischio potenziale di asfissia.

Manifestazioni cliniche

Attacchi di panico: episodi parossistici d’ansia, che insorgono bruscamente, raggiungono l’intensità massima in pochi istanti e si esauriscono solitamente nell’arco di pochi minuti

L’esordio del DAP si ha con la comparsa improvvisa di un episodio critico di notevole intensità, di solito durante una situazione di routine e, quasi sempre, il paziente ricorda con precisione l’occasione nella quale si è verificato. Tuttavia, è possibile che il primo episodio critico si verifichi in situazioni drammatiche, di pericolo di vita o sotto effetto di stupefacenti; una volta risolta questa situazione, comunque, gli attacchi continuano a ripetersi indipendentemente.

Gli attacchi, specialmente nelle fasi iniziali del disturbo, possono insorgere inaspettati, senza un motivo scatenante immediatamente evidente (attacchi di panico spontanei o inattesi). Quando, invece, compaiono in un contesto di aspettativa ansiosa, in situazioni temute che provocano disagio, si parla di attacchi di panico situazionali.

Di solito, l’esposizione a situazioni ansiogene aumenta la probabilità di avere attacchi, ma non è immancabilmente associata ad essi (come avviene in altri pazienti fobici).

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Possono distinguersi quattro modi di manifestarsi dei sintomi:

Manifestazioni Sintomatologia Descrizione

Soggettive Sensazione di malessere, sensazione di annientamento, sensazione di catastrofe, paura di morire, paura di perdere coscienza, paura di impazzire, paura di perdere il controllo, paura di provocare disastri, paura di attirare l’attenzione

Il paziente esperisce un vissuto d’ansia, in cui concomitano sensazioni di impotenza, estremo disagio, terrore, culminanti spesso nella paura di morire o perdere il controllo

Somatiche Sensazione di caldo e di freddo, dolore precordiale, oppressione toracica, sensazione di soffocare, costrizione faringea, sensazioni vertiginose, nausea, crampi e dolori addominali, cefalea, tachicardia, sudorazione, inspirazioni forzate, tremori, ipertermia, diarrea

Comprendono sintomi cardiorespiratori, vestibolari, gastrointestinali, urinari e neurologici

Psicosensoriali Derealizzazione, sensazione di jamais vù, déjà-vu, déjà-vecu, modificazioni dell’intensità luminosa, modificazioni dell’intensità uditiva, depersonalizzazione, sensazioni vestibolari, sensazione di accelerazione del corso del pensiero, modificazione percettiva delle distanze, rallentamento della nozione di tempo

Comportamentali Autocontrollo mantenuto, interruzione delle attività svolte, fuga dal luogo o dalla situazione, raramente atti incontrollati e pericolosi

Solitamente, la crisi non si accompagna a comportamenti clamorosi ed il soggetto tende a vivere in una situazione privata le emozioni che prova

Non sempre gli episodi di DAP presentano tutti e quattro i tipi di sintomi. In tal caso si parla di attacchi minori, distinguibili dagli attacchi maggiori anche per l’intensità ridotta dell’esperienza ansiosa. Negli attacchi minori, i sintomi più frequenti sono: vertigini, palpitazioni, difficoltà a respirare, sentimenti di irrealtà, quasi sempre accompagnati da una sensazione improvvisa di disagio e paura.

Al termine dell’attacco di panico, possono permanere sensazioni di vuoto alla testa, tensione muscolare, apprensione, vertigini, depersonalizzazione e derealizzazione, che talora si possono protrarre per diversi giorni (fase post-critica).

All’esordio del DAP, gli episodi critici possono comparire con una frequenza media di 2-4 per settimana. Non sono rari episodi critici ripetuti, ad intervalli brevi; in questo caso si parla di “stato di male” ed il paziente appare agitato, irrequieto, in preda a tormento interiore, che spesso si associa ad ideazione suicidaria.

Ben presto, gli attacchi vengono accompagnati dal timore che le crisi possano ripetersi ed il paziente vive in uno stato di allerta persistente, di ansia intercritica, chiamato ansia anticipatoria. Tale stato dura più a lungo dell’attacco di panico, anche per ore, cresce lentamente e può raggiungere un’intensità tale da provocare sintomi fisici simili a quelli dell’attacco.

Mentre è possibile ridurre e controllare l’ansia anticipatoria (allontanandosi dalla situazione temuta, cercando rassicurazione in una persona di fiducia), l’attacco di panico, invece, tende a fare il suo decorso, quando il meccanismo è innescato. Tuttavia, quando l’ansia anticipatoria raggiunge alti livelli di intensità, può risultare più invalidante degli attacchi stessi.

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In circa il 30% dei casi, dopo i primi attacchi di panico compare una fase di polarizzazione ipocondriaca, in cui è presente la convinzione di essere affetti da una malattia fisica ed il paziente si sottopone a numerosi accertamenti. In genere, c’è il timore di una morte improvvisa, rafforzato dal fatto che spesso non si pone una diagnosi per la sintomatologia presentata (quella degli attacchi), spesso minimizzata dai medici.

Con l’intensificarsi della frequenza delle crisi e per la tendenza ad associare gli attacchi con situazioni specifiche, si sviluppano le condotte di evitamento: evitare di rimanere soli, di allontanarsi da casa e tutte quelle situazioni in cui può essere difficile essere soccorsi.

Agorafobia: quando le condotte di evitamento limitano le attività quotidiane ed il funzionamento sociale e lavorativo

Le situazioni che i soggetti agorafobici evitano sono abbastanza simili: luoghi affollati, negozi, luoghi chiusi, autostrade, treni ed il rischio di rimanere completamente soli. Si sviluppa, così, la fobofobia, ovvero la paura di avere paura: l’evitamento di specifiche situazioni (in genere, quelle in cui non è possibile ricever aiuto in caso di un attacco improvviso) permette di controllare la paura di avere attacchi improvvisi. Alcuni pazienti, diventano completamente incapaci di uscire di casa, o possono allontanarsi solo accompagnati da una persona di fiducia.

I pazienti agorafobici, di solito, non evitano le situazioni in cui compaiono più frequentemente gli attacchi di panico, ma quelle, come appunto abbiamo detto, in cui è più difficile ricevere soccorso. Per cui, è rarissimo l’evitamento fobico di situazioni nelle quali, invece, si verificano spesso gli attacchi di panico (guardando la televisione, durante il sonno, passeggiando all’aperto, stando nel bagno, durante il pasto, etc.).

Nei pazienti agorafobici, anche se la frequenza degli attacchi di panico diminuisce con gli anni e la sintomatologia critica regredisce, le condotte di evitamento tendono a consolidarsi in un vero e proprio stile di vita. Solitamente, l’Agorafobia ha decorso cronico.

Circa il 30% dei soggetti agorafobici sviluppa demoralizzazione secondaria, con sentimenti di colpa e inadeguatezza, per l’impossibilità di condurre una vita normale. A differenza dei pazienti con disturbi primari dell’umore, gli agorafobici dormono bene, hanno un buon appetito, regolare vita sessuale e coltivano interessi e attività.

Circa un quarto dei pazienti con attacchi di panico ha sofferto di Ansia di Separazione e Fobia Scolare nell’infanzia.

Decorso e complicazioni

L’instaurarsi di condotte agorafobiche rappresenta l’evoluzione più comune del DAP

Il decorso del DAP è, comunque, molto variabile e non è chiaro perché alcuni pazienti continuino a presentare per anni episodi critici senza agorafobia, mentre altri quadri evolvono rapidamente verso condotte di evitamento, quadri ipocondriaci, depressione ecc.

Forme cliniche di DAP

Attacchi di panico sporadiciAttacchi di panico senza evitamento fobicoFobia sociale secondariaIpocondria secondariaAgorafobia con attacchi di panicoAgorafobia con episodi critici minori e sporadiciDerealizzazione e depersonalizzazione secondaria

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In alcuni casi, le crisi si presentano in forma sporadica nella giovinezza o nell’adolescenza e scompaiono nell’età adulta. Talora, residuano fobie isolate (claustrofobia, fobia degli aerei, del mare aperto, etc.).

Soggetti con disturbi di panico ricorrenti, talora, finiscono con l’assumere caratteristiche del disturbo ipocondriaco, mentre le condotte di evitamento di tipo agorafobico non sono presenti, oppure sono molto attenuate.

La fobia sociale secondaria, quando presente, è centrata sul timore di avere una crisi in pubblico e le situazioni sociali che vengono evitate sono, di solito, limitate ad alcuni ambiti (parlare, mangiare o qualche altro tipo di performance in pubblico).

Una sintomatologia depressiva si può presentare in seguito ad episodi critici e condotte di evitamento, come conseguenza delle limitazioni esistenziali dovute al DAP, e si manifesta con umore depresso, anedonia, sentimenti di inadeguatezza e di inutilità; tuttavia, rispetto ad un disturbo primario dell’umore, si ha una normale reattività all’ambiente e sono assenti disturbi vegetativi, rallentamento psicomotorio e ideazione suicida. Esistono, comunque, pazienti in cui la depressione ha un decorso indipendente: può comparire prima dell’insorgenza degli attacchi di panico o in fasi in cui gli episodi critici sono meno frequenti e le condotte di evitamento meno gravi (comorbidità).

In pazienti con DAP e Agorafobia, quando tale disturbo è complicato da depressione o abuso di alcol o sedativi, il rischio di suicidio è superiore a quello di pazienti con Depressione Maggiore.

DiagnosiNel DSM IV, DAP ed Agorafobia sono classificati in un’unica categoria diagnostica. La

diagnosi di DAP viene posta quando sono presenti attacchi di panico ricorrenti, che insorgono inaspettatamente nella fase iniziale, e si manifestano con quattro o più sintomi. Si deve avere, inoltre, almeno un mese con costante paura di avere un’altra crisi o con modifiche comportamentali significative.

Diagnosi differenziale:

Malattie fisiche Labirintite, ipertiroidismo, ipotiroidismo, etc.

Disturbi da uso di sostanze Astinenza da benzodiazepine, assunzione di alcol, amfetamine, caffeina, marijuana, cocaina, possono simulare una sintomatologia ansiosa

Fobia sociale Nella fobia sociale primaria, non sono presenti episodi critici spontanei, la paura non è correlata al timore di avere un attacco di panico e non si è suscettibili alle rassicurazioni altrui, come nel DAP

Fobia semplice Si manifesta sempre e solo durante l’esposizione all’oggetto fobico, non sono presenti attacchi di panico spontanei ed il range di situazioni evitate è molto ristretto

Ansia generalizzata Presenta caratteristiche simili all’ansia anticipatoria del DAP, ma le preoccupazioni non sono riferite a qualcosa di definito, bensì ad un vasto spettro di possibili eventi della vita di tutti i giorni

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DISTURBO DA ANSIA GENERALIZZATAIl GAD compare ufficialmente nei sistemi classificativi solo nel 1980, nel DSM III.

Disturbo da Ansia Generalizzata: condizione di ansia ed apprensione persistente, ad andamento cronico, con manifestazioni somatiche e cognitive, in assenza di sintomi tipo attacco di panico, fobie, ossessioni e compulsioni

EpidemiologiaIl GAD è il disturbo più comune, tra quelli d’ansia, nella popolazione generale.Entrambi i sessi sono colpiti in egual misura; l’esordio avviene prevalentemente tra i 20 ed i

30 anni; la durata è in genere di molti anni.Tutte le classi sociali sono colpite in egual misura.

EziopatogenesiPer la genesi del disturbo, sono ritenuti determinanti gli eventi negativi, quali la perdita di

persone significative in età infantile, e gli eventi di vita, a seconda della loro gravità, frequenza ed esordio inatteso.

Si pensa, inoltre, che esista una predisposizione individuale al disturbo, connessa ad una personalità con tratti dipendenti.

Manifestazioni cliniche e decorso

Il disturbo è caratterizzato da uno stato di eccessiva ed incontrollabile preoccupazione verso le varie circostanze della vita, con anticipazione pessimistica degli eventi

A tale sintomo patognomico, si associano tensione motoria, faticabilità, disturbi del sonno, irritabilità, manifestazioni a carico della vigilanza e dell’attenzione:

Manifestazioni somatiche Respiro affannoso, palpitazioni, sudorazione, sensazione di nodo alla gola, di testa vuota e leggera, vampate di caldo, disturbi gastro-enterici, tensione muscolare, cefalea, tremori

Manifestazioni cognitive Ridotta concentrazione, facile distraibilità, disturbi mnesici ed affettivi (irrequietezza, irritabilità, nervosismo)

Soggetti con GAD sostengono di aver vissuto lunghi periodi, in cui hanno sofferto di uno stato di preoccupazione per numerose circostanze ordinarie della vita di tutti i giorni. Presentano, in assenza di motivi adeguati, sentimenti di apprensione irrealistici, riguardanti salute ed incolumità fisica dei familiari, situazione economica, con previsioni di sventura. Vivono, quindi, in uno stato di allarme ed ipervigilanza continui, ma riescono a convivere con il disturbo, interpretandolo come un proprio stile di vita.

Il GAD ha un decorso protratto, con fasi in cui la sintomatologia si attenua. La durata del disturbo è di oltre la metà della vita del paziente.

Al GAD, può sovrapporsi un episodio depressivo, in genere attenuato, corrispondente alla Distimia.

Le complicazioni possono essere l’abuso di sostanze (alcol, stimolanti, caffeina, benzodiazepine), a scopo autoterapeutico, oppure alterazioni della condotta alimentare, come iperfagia.

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DiagnosiSecondo il DSM IV, la diagnosi di GAD si pone in presenza di una condizione d’ansia

persistente, in cui alla preoccupazione eccessiva o irrealistica, riguardo a varie circostanze di vita, si associano i seguenti sintomi accessori: sentirsi sul filo del rasoio, faticabilità, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione o dolenza muscolare, difficoltà nell’addormentarsi o nel mantenere il sonno. La durata deve essere di perlomeno 6 mesi e non devono essere presenti attacchi di panico e/o agorafobia, ossessioni, compulsioni e fobie; l’esordio non deve essere collegato cronologicamente con un evento stressante di rilievo oggettivo.

Una condizione di ansia generalizzata si può precedere, concomitare o seguire quadri depressivi o psicotici, DAP, disturbi somatoformi o di personalità. In questi casi, si può porre diagnosi di GAD solo se l’oggetto della preoccupazione è diverso da quello del disturbo associato. Inoltre, la diagnosi di GAD va esclusa se sono presenti malattie fisiche in grado di sostenere una sintomatologia ansiosa.

Diagnosi differenziale:

DAP Nel GAD, mancano le condotte di evitamento e la capacità di cogliere elementi rassicuranti nell’ambiente circostante

Ansia anticipatoria nel DAP Rispetto al GAD, presenta una sintomatologia affine, ma differisce per l’oggetto della preoccupazione

Depressione Anche se nel GAD può essere presente umore depresso, mancano altri sintomi tipici dei quadri depressivi, quali sentimenti di colpa, ideazione suicida, risveglio precoce, rallentamento psicomotorio

FOBIA SOCIALE

Paura ed evitamento di situazioni in cui si è esposti al giudizio degli altri (come mangiare, bere, ballare, parlare, scrivere in presenza di altri), per il timore di apparire imbarazzati, goffi, ridicoli o di agire in modo umiliante

EpidemiologiaLa distribuzione nei due sessi è circa 1:1, a differenza degli altri disturbi fobici che prevalgono

tra le donne.L’esordio si ha tra i 15 e i 25 anni ed è, in genere, graduale. Tuttavia, il disagio in situazioni

sociali e l’ansia prestazionale possono essere presenti fin dall’infanzia.La richiesta di aiuto terapeutico si ha dopo circa 10 anni dall’esordio ed è determinata

dall’insorgenza di complicanze come depressione e alcolismo.

EziopatogenesiNonostante non sia possibile ricondurre la FS ad un unico background familiare ed

ambientale, i fobici sociali, come altri pazienti fobici, hanno genitori iperprotettivi, che frequentano pochi amici e sono ansiosi in situazioni sociali.

Il 50% dei fobici sociali ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza con timidezza ed apprensione, chiusura nei rapporti interpersonali e con un certo isolamento sociale. In questi soggetti, che presentano una predisposizione per il disturbo fin dall’infanzia, la FS si svilupperebbe quando aumentano le attività al di fuori del contesto familiare.

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Nei fobici sociali sono presenti tratti abnormi di personalità, come bassa autostima, tendenza irrazionale a vivere gli altri come critici e disapprovanti, concezioni rigide sulle condotte sociali ritenute adeguate, tendenza alle fantasie in grado di generare ansia anticipatoria, allarme e tensione quando si è osservati, paura di situazioni in cui è difficile allontanarsi senza risultare inopportuni, esagerato timore che gli altri notino i sintomi d’ansia.

Secondo la prospettiva evoluzionistica, l’ansia sociale o prestazionale ha forte valore adattivo, nella preparazione ad eventi interpersonali importanti. Generalmente, questo tipo di ansia si attenua durante l’esposizione alle situazioni stimolo, mentre nei fobici sociali no. Questi non sembrano capaci di abituarsi alle situazioni sociali stressanti e all’ansia prestazionale; quando osservati dagli altri, il livello di arousal neurovegetativo aumenta, scatenando palpitazioni, tremori, vampate di calore, etc., e, quindi, si ha un aumento della tensione, che, a sua volta, innesca un circolo vizioso che incrementa ulteriormente la sintomatologia.

Manifestazioni cliniche

Il sintomo nucleare del disturbo è l’ipervalutazione del giudizio altrui

A questo conseguono: disagio nelle situazioni interpersonali, incapacità di controllare le proprie reazioni e paura di apparire ridicoli, goffi o inadeguati. Tale timore è sproporzionato, rispetto alla reale entità delle situazioni da affrontare, perché non sempre è mantenuta la capacità di critica.

Quando si è di fronte alla situazione temuta, si possono avere manifestazioni neurovegetative (palpitazioni, vertigini, rossore, tremori, sudorazione, vampate di caldo). Il ripetersi di queste situazioni negative, di tensione, rinforza le condotte di evitamento, poiché il soggetto ha effettivamente difficoltà comportamentali, dovute ai sintomi neurovegetativi. Quindi, si sviluppano sentimenti di inadeguatezza e inferiorità, si abbassa l’autostima e, di contro, aumenta la tendenza a vedere gli altri come critici e disapprovanti. Questo circolo vizioso impedisce alla persona di esporsi a situazioni sociali e fa sì che il disturbo cronicizzi e diventi altamente invalidante.

Anche nella FS è presente l’ansia anticipatoria ed è molto disturbante. Ad esempio, il sapere che tra tre mesi dovrà essere affrontata una situazione temuta, provoca una persistente attesa ansiosa.

FS generalizzata: quando lo spettro delle situazioni evitate è molto ampio, esteso a tutti i contesti che richiedono interazioni con persone non familiari; tale forma del disturbo è molto invalidante, perché il soggetto non è in grado di stabilire adeguati rapporti interpersonali e sociali; la FS generalizzata è per gran parte sovrapponibile al Disturbo Evitante di Personalità

La povertà di relazioni sociali è presente anche nei disturbi schizotipico e paranoide di personalità e nelle fase prodromica o residua di alcune forme di schizofrenia. Tuttavia, in questi casi è vissuta con distacco, a differenza della FS.

Decorso e complicazioniIl decorso tende ad essere cronico e progressivamente invalidante.In alcuni casi, si sviluppano episodi depressivi che possono assumere una andamento

autonomo. L’ideazione e le condotte suicidarie sono frequenti.Un’altra complicazione è quella da abuso di sostanze e alcol. L’alcol viene usato a scopo

autoterapeutico, in quanto ha una forte azione disinibente e riduce i livelli d’ansia prestazionale.

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FOBIE SEMPLICI O SPECIFICHE

Paura irrazionale di un oggetto o di una situazione specifici

Le fobie semplici più comuni riguardano animali, altezze, sangue, temporali ed agenti atmosferici, buio, alimenti. Sul piano clinico, esistono differenze sostanziali tra la fobia del sangue, la fobia degli animali e altre fobie.

Il disturbo, nella maggior parte dei casi, è compatibile con un adeguato funzionamento sociale, familiare e lavorativo. Solo per una piccola percentuale, le fobie semplici raggiungono una gravità tale da interferire con il funzionamento sociale.

EpidemiologiaLe Fobie Semplici sono molto comuni, la più diffusa delle quali è quella del proprio sangue,

delle iniezioni e delle ferite.L’incidenza del disturbo è più alta nella prima infanzia e si riduce tra i 10 ed 30 anni,

diventando praticamente nulla dopo i 40. Il disturbo è più diffuso tra le femmine.

EziopatogenesiCirca il 60% di pazienti con fobie semplici ricorda un’esperienza traumatica, in presenza dello

stimolo fobico, all’origine del loro disturbo. Sembra esistere un periodo critico, nell’infanzia, per lo sviluppo dei diversi tipi di fobia.

Gli stimoli alla base delle fobie hanno un significato ancestrale per la sopravvivenza: gli uomini sono predisposti a sviluppare paura ed evitamento verso oggetti e situazioni potenzialmente pericolosi per la specie.

Manifestazioni clinicheI due sintomi caratteristici delle fobie semplici sono:

Paura: giudicata dal soggetto come irrazionale e sproporzionata rispetto allo stimolo; è commista a repulsione e disgusto

Condotte di evitamento: più o meno invalidanti, a seconda della diffusione e la possibilità di incontro con gli oggetti e le situazioni temute

Nei casi più gravi, anche un filmato o una fotografia degli oggetti o delle situazioni temute scatena una marcata risposta ansiosa, con fenomeni neurovegetativi. Possono comparire reazioni clamorose, violente con fuga, comportamenti disorganizzati o stati di blocco. L’allontanamento dallo stimolo fa abbassare i livelli d’ansia.

La paura non deriva dall’oggetto in sé, ma dalle conseguenze che il soggetto immagina possano derivare dal contatto con esso.

Decorso e complicazioniLe fobie semplici presentano una risoluzione spontanea nel tempo, tranne le fobie degli

animali che tendono a cronicizzate.Quando una fobia semplice persiste dopo i 20 anni, in genere, si protrae per tutta la vita.

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Page 111: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO

Il DPTS è un peculiare quadro psicopatologico che si sviluppa in seguito ad un evento scatenante di grande impatto emotivo

Caratteristiche del disturbo: successiva ripetuta esperienza di rivivere l’evento, ipervigilanza e stato di allarme nei confronti delle stimolazioni esterne, distacco emotivo dall’ambiente, ansia, evitamento fobico degli stimoli che possono rievocare l’eventi traumatico

In altre parole, è come se la persona continuasse a vivere lo stato emozionale dell’evento traumatico, anche a distanza di tempo. In tale stato di continua ipervigilanza, si inseriscono improvvise esplosioni di aggressività e collera. Nonostante ciò, la persona avverte un fastidioso distacco sul piano emozionale, che la fa sentire estranea a quanto accaduto.

Criteri diagnostici per il Disturbo da Stress Post-Traumatico secondo il DSM IV

A. L’individuo è stato partecipe di una esperienza traumatica di grande impatto emotivo (ad esempio seria minaccia per la propria vita o integrità fisica, seria minaccia o pericolo per i propri figli, il coniuge o altri stretti parenti o amici; improvvisa distruzione della propria casa o comunità; vedere un’altra persona che è stata recentemente o sta per essere seriamente ferita o uccisa per un incidente o una violenza fisica). Durante l’esperienza il soggetto ha provato sentimenti di paura intensa e non ha intravisto possibilità di scampo.

B. L’evento traumatico è persistentemente riesperito in almeno uno dei seguenti modi:1) Ricordi ricorrenti ed invasivi dell’evento2) Sogni ricorrenti dell’evento3) Improvviso agire o sentire come se l’evento traumatico stesse di nuovo verificandosi4) Intenso disagio psicologico durante l’esposizione ad eventi che simbolizzano o assomigliano in

qualche aspetto all’evento traumatico, inclusi anniversari del trauma5) Reattività neurovegetativa durante l’esposizione ad eventi che ricordano l’evento traumatico

C.Persistente evitamento degli stimoli associati con il trauma o obnubilamento della responsività (non presente prima del trauma) come indicato da almeno tre dei seguenti:

1) Sforzo di evitare pensieri o sensazioni associate con il trauma2) Sforzo di evitare attività o situazioni che ricordano l’evento traumatico3) Incapacità di riportare importanti aspetti del trauma (amnesia psicogena)4) Diminuzione marcata dell’interesse in attività significative5) Sentimenti di distacco o estraneità dagli altri6) Ridotta affettività7) Mancanza di fiducia nel futuro

D.Sintomi persistenti di ipervigilanza (non presenti prima del trauma) come indicato da almeno due dei seguenti:

1) Difficoltà ad addormentarsi2) Irritabilità o scoppi di rabbia3) Difficoltà di concentrazione4) Ipervigilanza5) Esagerata reattività agli stimoli

E.La durata del disturbo è superiore ad un mese.F.Il disturbo compromette l’adattamento sociale e lavorativo.

Specificare:Acuto: se la durata è inferiore a 3 mesiCronico: se la durata è pari o superiore a 3 mesiCon esordio tardivo: se l’esordio è successivo a sei mesi dopo l’evento

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DISTURBO DA STRESS ACUTODi recente introduzione nel DMS IV. Presenta numerose affinità con il DPTS.

Il DSA si caratterizza per lo sviluppo di sintomi prevalentemente ansiosi e dissociativi, entro un mese dall’esposizione ad un evento traumatico; ha una durata di perlomeno due giorni, ma non superiore a 4 settimane successive all’accaduto

Se i sintomi persistono oltre un mese, occorre prendere in considerazione la diagnosi di DPTS.

Durante l’esperienza stressante, o subito dopo, il soggetto presenta almeno tre dei seguenti fenomeni: sensazione di ottundimento, distacco o assenza di risonanza affettiva, riduzione dei livelli di coscienza, derealizzazione, depersonalizzazione, amnesia.

Il paziente spesso non è capace di partecipare emotivamente alle esperienze quotidiane, non trae soddisfazione dalle attività, che solitamente producono piacere, e spesso prova sentimenti di colpa, relativi all’accaduto; il mondo esterno ed il proprio corpo vengono vissuti come non familiari, le capacitò di concentrazione sono ridotte, così come la memoria dell’evento traumatico.

L’evento traumatico viene continuamente rivissuto e vengono evitate tutte le situazioni che possono ricordare l’esperienza.

Il disturbo interferisce notevolmente con l’adattamento sociale e lavorativo.Si può associare un episodio depressivo maggiore.Se si sviluppano fenomeni psicotici, viene posta la diagnosi di Disturbo Psicotico Breve.

.23 Disturbo ossessivo-compulsivo

Pensieri ossessivi e comportamenti compulsivi fanno parte della vita quotidiana della maggior parte delle persone. Tuttavia, quando tali pensieri o comportamenti raggiungono intensità e frequenza tali da generare disagio soggettivo e interferire con il normale funzionamento sociale e lavorativo, si parla di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC).

Ossessioni: idee, pensieri, immagini o impulsi persistenti, che vengono esperiti come intrusivi e senza senso e causano ansia e disagio marcati; non riguardano semplicemente preoccupazioni eccessive sui problemi della vita quotidiana; il soggetto tenta di ignorare o sopprimere tali pensieri o impulsi, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni; riconosce, inoltre, che le ossessioni sono il prodotto della propria mente e che non sono imposte dall’esterno

Compulsioni: comportamenti ripetitivi o atti mentali che l’individuo sente di dover eseguire, in risposta ad un’ossessione o secondo determinate regole che devono essere applicate rigidamente; hanno lo scopo di neutralizzare o prevenire un disagio, un evento o una situazione temuti; comunque, l’attività non è connessa in modo realistico con ciò che essa dovrebbe neutralizzare, oppure è eccessiva; l’atto è compiuto con una sensazione di coercizione e con desiderio di resistergli; in qualche fase del disturbo, il soggetto riconosce il proprio comportamento come eccessivo o irragionevole

La diagnosi di DOC si può porre quando i sintomi sono causa di un marcato disagio, rappresentano una notevole perdita di tempo (più di un’ora al giorno), o interferiscono significativamente con la normale routine quotidiana, con il funzionamento lavorativo, con le attività sociali abituali o con le relazioni interpersonali.

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Page 113: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

EPIDEMIOLOGIAIl DOC si distribuisce in egual misura nei due sessi, ha esordio precoce (di solito in età

giovanile).Un numero elevato di pazienti non richiede l’intervento terapeutico.

EZIOPATOGENESI

GeneticaGli studi familiari non sembrano riportare una familiarità specifica per il DOC. Tuttavia, nei

familiari di primo grado è stata evidenziata una prevalenza elevata di disturbi psichiatrici, in particolare disturbi dell’umore e disturbi d’ansia.

Un certo ruolo sembra essere svolto, quindi, da fattori esogeni o ambientali.

Teorie comportamentali

I fenomeni OC sono interpretati come comportamenti disadattivi appresi

Il condizionamento operante sembra essere il meccanismo coinvolto nella genesi e nel mantenimento dei sintomi OC: il soggetto attua un comportamento ritualistico per ridurre l’ansia; se tale scopo è raggiunto, egli rinforza tale comportamento.

Teorie psicodinamicheSecondo Freud, ossessioni e compulsioni sono risposte difensive all’emergere di pulsioni

inconsce e possono esser dovute a:

Una precedente fissazione delle stesse pulsioni alla fase anale dello sviluppo

Una regressione delle dette pulsioni dalla fase genitale a quella anale, a seguito di conflitti edipici

La riattivazione delle pulsioni primitive sviluppa uno stato di angoscia, che viene placato mediante meccanismi di difesa:

Isolamento: non viene esperita la carica affettiva disturbante, quando una rappresentazione ideativa o un impulso spiacevole sono messi in atto

Annullamento: la ripetizione iterativa, di gesti o azioni, annulla simbolicamente la conseguenza di un impulso o di un’idea ossessiva

Formazione reattiva: messa in atto di comportamenti opposti ai sottostanti impulsi (ad esempio, rituali di pulizia possono mascherare l’impulso a sporcarsi); questo meccanismo è responsabile di molti tratti caratteriali dell’ossessivo

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QUADRO CLINICOLe compulsioni, spesso, sono la traduzione sul piano comportamentale delle idee ossessive e

attraverso di esse, almeno inizialmente, l’individuo tenta di ridurre l’ansia.

In base ai contenuti delle ossessioni, possiamo distinguere diverse forme cliniche di DOC:

Ossessioni Descrizione Compulsioni

Contaminazione e sporco

Paura di contaminazione tramite sostanze infettive, escrementi, liquido seminale, sostanze radio attive, etc

Sono le tematiche ossessive più comuni e sono più frequenti nelle donne

Rituali di pulizia

Dubitative Timore di non aver eseguito correttamente piccole incombenze quotidiane (aver chiuso correttamente serrature, rubinetti dell’acqua, del gas, interruttori della luce)

Dubbio di avere omesso qualcosa di importante

Rituali di controllo

Preoccupazioni di ordine esistenziale, filosofico, etico religioso

Non sono presenti comportamenti compulsivi, per cui soggetti con questo tipo di ossessioni si chiamano ossessivi puri

Paura di mettere in atto comportamenti violenti, sia auto che etero-diretti, sia verbalmente che fisicamente

Evitamento di armi, oggetti e situazioni potenzialmente pericolose

Rituali protettivi

Solo in rari casi gli individui commettono gli atti aggressivi connessi alle loro paure

Numeriche Necessità di ordine e simmetria Rituali numerici

Il contenuto delle ossessioni può modificarsi durante l’evoluzione del disturbo

Lentezza ossessiva primaria: sindrome caratterizzata esclusivamente da un rallentamento nell’esecuzione di tutte le attività quotidiane e nella quale la quota ansiosa è trascurabile

Fobie ossessive: riguardano, di solito, lo sporco, le malattie, le contaminazioni o potenziali veleni e sono presenti anche in assenza dello stimolo fobico esterno, il quale, a differenza dei disturbi fobici, non è temuto in sé, ma per la sua capacità di evocare ossessioni e compulsioni

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Page 115: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

Sulla base del decorso del DOC, si possono distinguere due sottotipi di DOC:

Sottotipo episodico: episodi di malattia seguiti da intervalli completamente liberi da sintomi; l’esordio avviene dopo i 25 anni; prevalenza nelle femmine; minore presenza di sintomi compulsivi, più tipica è la forma ossessiva pura; sintomi depressivi insorgono contemporaneamente alla sintomatologia OC, o la precedono di qualche giorno, e sembrano svilupparsi parallelamente e non in maniera reattiva

Sottotipo cronico: decorso continuo stabile, con esacerbazioni periodiche o con progressivo deterioramento, ma sempre senza fasi di completa remissione; l’esordio è prima dei 25 anni; il sesso più colpito è quello maschile; le compulsioni sono molto frequenti; quando presenti, i sintomi depressivi si configurano come demoralizzazione secondaria

Importanti parametri, per la valutazione clinica del DOC, sono i seguenti:

Resistenza: forza interiore con cui il paziente si oppone all’impulso o al pensiero intrusivo; è una caratteristica dinamica e variabile (può essere elevata nell’ambito lavorativo e minima in quello domestico, può fluttuare da un giorno all’altro e durante diverse fasi di malattia); può anche essere assente

Interferenza: caratteristica dinamica correlata alla capacità del soggetto di adattarsi alle ossessioni e alle compulsioni, non tenendo conto della reale gravità della sintomatologia (il paziente può negare che i rituali interferiscano con l’adattamento socio-lavorativo; può ritenere normale stare sotto la doccia più di due ore al giorno, quando tale rituale è presente da tanto tempo; un individuo può funzionare adeguatamente anche se trascorre quattro ore al giorno nel bagno)

Insight: grado di consapevolezza di malattia, può variare enormemente; coloro con non hanno alcuna consapevolezza di malattia rientrano nella psicosi ossessivo-compulsiva

PERSONALITÀ PREMORBOSALa personalità Compulsiva ha le seguenti caratteristiche: estrema precisione e puntualità,

perfezionismo, dedizione al lavoro, incertezza, incapacità di esprimere emozioni. Gli individui con questa personalità sono tristi e arcigni; controllano in maniera esagerata ogni loro emozione; mancano di elasticità e di spontaneità; appaiono come possessivi, rigidi e moralisti, poco creativi, con scarsa immaginazione; sono spesso indecisi ed hanno la tendenza a rimandare le decisioni; sul piano delle relazioni interpersonali, appaiono molto formali, riservati, ipercritici e sensitivi.

In realtà, solo la metà dei pazienti DOC, presenta questo tipo di personalità.

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.24 Disturbi somatoformi. Introduzione generale e classificazione

Caratterizzati da sintomi fisici non riconducibili ad alterazioni somatiche o fisiologiche

Tali sintomi fisici si associano a disagio psicologico e manifestazioni affettive e cognitive, tipiche di disturbi mentali. Inoltre, non sono prodotti intenzionalmente dal soggetto, che, quindi, non è in grado di controllarli volontariamente.

Nel capitolo dei Disturbi Somatoformi, il DSM IV inserisce:

Disturbo di Conversione

Disturbo di Somatizzazione

Disturbo da Dolore Somatoforme

Dismorfofobia

Ipocondria

Il concetto di conversione appartiene alla scuola psicoanalitica, mentre quello di somatizzazione all’approccio fenomenologico e descrittivo.

Somatizzazione: un sintomo somatico non è riferibile ad alcuna patologia fisica conosciuta

Conversione: alterazione o perdita di una funzione fisica – motoria, sensoriale o neurovegetativa – che, apparentemente, risulta espressione di un conflitto psicologico o di una necessità

Spesso, sintomi di conversione e di somatizzazione concomitano nello stesso individuo, contemporaneamente o in momenti successivi, delineando quadri tradizionalmente appartenenti alla nevrosi isterica.

Ipocondria e dismorfofobia, invece, appartengono ad un ambito separato da quello dell’isteria. Infatti, in questi due casi, vi è un disturbo del pensiero (ideazione ossessiva, prevalente o delirante), mentre, nella conversione e nella somatizzazione, il sintomo somatico è in primo piano ed il disagio psicologico è deducibile solo secondariamente.

Disturbo di somatizzazione: lamentele somatiche multiple e ricorrenti, della durata di parecchi anni, per le quali è stata richiesta l’attenzione dei medici, ma che, apparentemente, non sono dovute a nessun disturbo fisico

Disturbo di conversione: alterazione o perdita di funzionamento fisico, che suggerisce un disturbo fisico, ma che, apparentemente, è l’espressione di un conflitto o di un bisogno psicologico

Ipocondria: preoccupazione, paura o convinzione di avere una grave malattia fisica; il soggetto può interpretare, come evidenza di malattia, qualche segno o sensazione fisici; anche quando è presente un disturbo fisico concomitante, questo non risulta di entità tale da giustificare l’erronea interpretazione

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Page 117: Manuale Di Psi Chi Atria Clinica

È necessario distinguere i disturbi, che andremo a vedere in questo capitolo, dai seguenti:

Disturbo psicosomatico: viene presupposto un contributo psicologico all’origine di malattie somatiche, caratterizzate da alterazioni fisiche specifiche e conosciute (ulcera gastrica, asma bronchiale, colite ulcerosa, etc.)

Simulazione: produzione volontaria di sintomi fisici o psichici, falsi o grossolanamente esagerati, motivata da scopi esterni (evitare obblighi militari o di lavoro, ottenere risarcimenti finanziari, etc.)

Disturbo fittizio: caratterizzato da sintomi fisici o psichici che sono prodotti intenzionalmente o finti da soggetto; tuttavia, tale produzione volontaria è compulsiva ed il soggetto è incapace di controllare questo particolare comportamento

Disturbo da dismorfismo corporeo (dismorfofobia)

Disturbo dell’immagine corporea

Dismorfofobia: sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico, per cui il soggetto ritiene di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nella norma

Non è una fobia, in quanto non c’è paura della bruttezza o della deformità. Infatti, tali caratteristiche sono tollerate negli altri.

EPIDEMIOLOGIA E PATOGENESIRelativamente raro.Incidenza elevata in soggetti che richiedono trattamenti di chirurgia estetica.La maggior parte dei soggetti con dismorfofobia non sono coniugati. Età di insorgenza tra i 10 ed i 20 anni.

CARATTERISTICHE CLINICHELa caratteristica fondamentale del disturbo è la preoccupazione eccessiva per le proprie

presunte deformità, che la persona non riesce a tollerare. Il proprio aspetto è vissuto come mostruoso, repellente, disgustoso. Il soggetto può ritenere che la correzione dei propri difetti possa avvicinarlo alla perfezione.

Nelle forme più gravi, il soggetto si ritiene decisamente deforme.

Non è presente alcuna sensibilità alle rassicurazioni esterne.

Le preoccupazioni del soggetto dismorfofobico possono assumere, di volta in volta, la forma di ossessioni, idee prevalenti o deliri.

Il soggetto ha difficoltà a parlare con gli altri, teme di essere osservato, per paura di risultare disgustoso o che il proprio difetto venga notato. Per questo, vengono messi in atto comportamenti volti a camuffare le presunte deformità, nascondendole con il trucco, con le mani, con i capelli, con particolari posture, con abbigliamenti che possono risultare bizzarri.

Durante la giornata, il soggetto può passare molte ore allo specchio. I continui controlli del proprio aspetto possono assumere un carattere compulsivo. Al contrario, alcuni pazienti possono evitare tutte le superficie rifrangenti, per il timore di dover osservare le proprie mostruosità.

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Alcuni dismorfofobici possono essere ignari di anomalie veramente esistenti, che però non sono l’oggetto delle proprie convinzioni. La consapevolezza dell’assurdità delle proprie convinzioni è assai rara.

Ciò che differenzia la dismorfofobia da un desiderio legittimo di migliorare il proprio aspetto:

Nella dismorfofobia, vi è una reazione sproporzionata riguardo ad un difetto fisico inesistente o di minima entità

Nella dismorfofobia, la preoccupazione viene espressa in modo vago

I dismorfofobici avvertono la necessità di fare qualcosa, senza saper precisare il tipo di intervento, e raramente si ritengono soddisfatti delle modificazioni apportate: una volta corretta una deformità, trovano una altro difetto che necessita di nuova correzione

La personalità premorbosa contiene tratti ossessivi e schizoidi. I soggetti sono sempre stati timidi, hanno avuto poche amicizie e poche esperienze sessuali, partecipato poco ad attività di gruppo a scuola. È presente necessità di precisione, rigidità e perfezionismo.

Il soggetto si preoccupa di raggiungere la perfezione in ogni attività: tale perfezionismo è fine a sé stesso e non è mirato al raggiungimento di successo in ambito lavorativo e sociale.

I dismorfofobici provengono, in genere, da famiglie di buon livello sociale, in cui sono stati educati in modo particolarmente severo, limitando, ad esempio, le attività sociali extrascolastiche, fino alla maggiore età.

Tra le manifestazioni psicopatologiche associate: sintomi depressivi, come profonda tristezza, labilità emotiva, ritiro sociale, perdita di piacere e di interessi; oscillazioni disforiche dell’umore, con frequenti atteggiamenti aggressivi, spesso rivolti verso i familiari, incolpati di non far niente per aiutare il paziente.

DECORSO E DISTURBI CONCOMITANTISi sviluppa, in genere, gradualmente a partire dall’adolescenza. Talvolta, può essere scatenato

da qualche osservazione innocente e banale di un familiare o di un amico.Se non trattato, assume un decorso cronico, senza remissioni spontanee.La parte del corpo, su cui sono incentrate le attenzioni, può cambiare nel corso del tempo. La

modalità di espressione delle preoccupazioni può passare da fasi ossessive a fasi francamente deliranti.

Il disturbo compromette il funzionamento sociale, in tutti i settori della vita di relazione: l’evitamento dei contatti interpersonali si estende dalle amicizie ai rapporti di lavoro. La vita sessuale e sentimentale, di conseguenza, sono fortemente disturbate.

In seguito a questo isolamento, compaiono sentimenti depressivi e di autosvalutazione e, a volte, anche ideazione e condotte suicidarie.

Una complicazione comune della dismorfofobia è il ricorso ad interventi chirurgici non necessari, talora anche multipli.

La dismorfofobia può evolvere verso la schizofrenia, oppure può presentare quadri affettivi, con episodi prevalentemente depressivi, ma anche espansivi o misti, e quadri ansiosi. Altre volte, concomita con disturbi della condotta alimentare.

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Disturbo di somatizzazione

Il termine somatizzazione è stato introdotto nel 1943, più recentemente rispetto a quello di conversione, ed indica un disturbo fisico che esprime una nevrosi profondamente stabilita. La definizione qui data vale anche per il concetto di conversione.

I sintomi fisici riflettono percezioni specifiche e non sono immaginari o prodotti intenzionalmente

La definizione di disturbo di somatizzazione del DSM IV, riprende quella della sindrome di Briquet:

Sindrome di Briquet: disturbo ad andamento cronico, caratterizzato da ricorrenti lamentele per disturbi fisici che coinvolgono molteplici organi ed apparati, pur in assenza di una documentabile base eziopatogenetica

Nella sindrome di Briquet, si ritrovano almeno 20 tra i seguenti sintomi: cefalee, cecità, paralisi, anestesia (perdita della sensibilità), afonia, convulsioni, perdita di coscienza, amnesia, sordità, allucinazioni, ritenzione urinaria, atassia, altri sintomi di conversione; stanchezza, nodo alla gola, accessi di svenimento, annebbiamento della vista, debolezza, disuria; difficoltà del respiro, palpitazioni, attacchi d’ansia, dolori al torace, vertigini; anoressia, perdita di peso, marcate variazioni del peso, nausea, gonfiore addominale, intolleranza ai cibi, diarrea, stipsi; dolore addominale, vomito; dismenorrea, irregolarità mestruali, amenorrea, eccessive perdite mestruali; indifferenza sessuale, frigidità, dispareunia (dolore genitale durante il coito), altre difficoltà sessuali, vomito per nove mesi di gravidanza; dolori alla regione posteriore, dolori articolari, dolori alle estremità, dolori urenti a genitali bocca o retto, altri dolori somatici; nervosismo, paure, sentimenti di depressione, necessità di interrompere il lavoro o incapacità di proseguire le usuali attività a causa del sentirsi malato, facili crisi di pianto, sentirsi senza speranza, pensare molto di morire, desiderare di morire, pensare al suicidio, tentativi di suicidio.

EPIDEMIOLOGIAIl disturbo colpisce molto più le donne, con un rapporto femmine/maschi di 10:1. Sembra che

i fattori culturali siano la spiegazione di tale fenomeno.

EZIOPATOGENESII fattori genetici sembrano predisporre allo sviluppo della malattia. Tuttavia, anche condizioni

socio-economiche disagiate e basso livello culturale sono predisponenti.Pazienti con somatizzazione presentano alextimia (incapacità di esprimere con parole i

sentimenti provati, senza fantasia e con l’uso di termini concreti), ma non ne è chiaro il nesso di causalità: quale delle due è il fattore predisponente l’altra.

In alcuni casi di somatizzazione, si possono ritrovare esperienze infantili di attenzione eccessiva ai sintomi somatici, usati come forma di comunicazione intrafamiliare (le cosiddette famiglie psicosomatiche). Tali forme di comunicazione, espressione di un intero ambiente socio-culturale, permetterebbero di ottenere l’interessamento dei familiari, evitando certi doveri o risolvendo alcuni conflitti.

Secondo alcuni, un altro fattore predisponente potrebbe essere la presenza di sintomi fisici, dolori o malattie, in altri membri della famiglia, ed agirebbe per imitazione o identificazione.

Malattie, insorte in età adulta, potrebbero precipitare o mantenere sintomi di somatizzazione.

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QUADRO CLINICO

Criteri diagnostici per il Disturbo di Somatizzazione secondo il DSM IV

A.Una storia di molteplici fastidi fisici, con inizio prima dei 30 anni, che persiste per numerosi anni e dà luogo ad una richiesta di trattamento o ad un significativo livello di compromissione in ambito sociale, lavorativo o in altre importanti aree di funzionamento.B.Ognuno dei seguenti criteri deve essere stato soddisfatto, con la presenza dei singoli sintomi in qualsiasi periodo del decorso del disturbo:

1) quattro sintomi dolorosi: una storia di dolore correlato ad almeno quattro differenti localizzazioni funzionali (ad esempio, cefalea, addome, regione posteriore, estremità, petto, retto, durante le mestruazioni, durante rapporti sessuali, o durante la minzione);

2) due sintomi gastrointestinali: una storia di almeno due sintomi gastrointestinali diversi dal dolore (ad esempio, nausea, meteorismo, vomito al di fuori della gravidanza, diarrea o intolleranza a diversi alimenti);

3) un sintomo sessuale: una storia di almeno un sintomo sessuale della sfera riproduttiva diverso dal dolore (ad esempio, indifferenza sessuale, disfunzioni dell’erezione o dell’eiaculazione, irregolarità mestruali, eccessive perdite mestruali, vomito in gravidanza);

4) un sintomo pseudoneurologico: una storia di almeno un sintomo o deficit che suggerisce una condizione neurologica, non limitata al dolore (sintomi di conversione come disturbi della coordinazione o dell’equilibrio, paralisi o debolezza muscolare localizzata, difficoltà alla deglutizione o nodo alla gola, perdita della voce, ritenzione urinaria, allucinazioni, perdita del tatto o sensazioni dolorose, visione doppia, cecità, sordità, crisi epilettiche, sintomi dissociativi come amnesia; o perdita di coscienza diversa dallo svenimento).

C.Criterio 1 oppure 2:1) dopo un’adeguata indagine, ognuno dei sintomi del criterio B non può essere pienamente spiegato

con una condizione medica generale nota o con i diretti effetti di sostanze (droghe di abuso o farmaci);

2) quando vi è una patologia organica correlata, le lamentele somatiche o la conseguente menomazione sociale o lavorativa risultano chiaramente eccessive rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare dalla storia, dai reperti fisici o di laboratorio.

D.I sintomi non sono intenzionalmente prodotti o simulati (come nel Disturbo Fittizio o nella Simulazione).

Le lamentele somatiche sono spesso descritte in termini vaghi e drammatici; durante il colloquio con il medico, la storia passata è riferita in maniera imprecisa, trascurando la corretta successione temporale ed omettendo particolari importanti. I pazienti si lamentano di essere stati malati per la maggior parte della loro vita.

In molti casi, è presente una storia clinica complessa, con consultazioni specialistiche, ricoveri e, talvolta, interventi chirurgici.

Si ha una notevole compromissione dell’adattamento sociale, familiare e lavorativo.Possono concomitare brevi episodi di depressione agitata, scatenati da avvenimenti negativi o

da situazioni conflittuali, ed attacchi di panico sporadici. È frequente la comorbidità con disturbi dell’umore e d’ansia.

I casi di somatizzazione sono rappresentati, in genere, da donne cresciute in famiglie di basso livello socio-economico e culturale, con genitori alcolisti o antisociali e con difficoltà in ambito scolastico ed occupazionale. Spesso, è presente una storia di abuso sessuale nell’infanzia o nell’adolescenza.

Le relazioni interpersonali di queste donne sono complesse e difficili, con disagi nella vita familiare, separazioni o relazioni sentimentali instabili, frequenti problemi sessuali e trascuratezza, negligenza o abuso verso i figli.

I tentativi di suicidio sono frequenti, messi in atto in modo inappropriato e non efficace, di solito mediante ingestione di psicofarmaci.

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La personalità dei pazienti con somatizzazione presenta tratti istrionici, con accessi improvvisi di rabbia, emotività marcata, tendenza ad esporre i problemi con linguaggio e modalità drammatiche, atteggiamenti seduttivi e manipolativi.

Il quadro sintomatologico del disturbo di somatizzazione comprende molti degli elementi considerati tipici dell’isteria.

Tavola comparata dei quadri clinici inclusi nell’Isteria, secondo la classificazione tradizionale e quella attualmente proposta dal DSM IV

Con il termine ISTERIA, si intende un quadro ormai classico di nevrosi, caratterizzato da molteplici ed eterogenee manifestazioni somatiche e psichiche, a significato simbolico.

L’isteria di conversione è la manifestazione più nota; si caratterizza per mutamenti sintomatici della funzione fisica, che esprimono, inconsciamente ed in modo distorto, tendenze istintuali rimosse in precedenza. D’altra parte, la sola rimozione non consente di eliminare l’angoscia; si rende quindi necessario un ulteriore meccanismo difensivo, rappresentato dalla comparsa dei sintomi somatici (per spostamento); questi sono costituiti da una rappresentazione ideativa delle tendenze istintuali rimosse e, dal loro linguaggio corporeo, possono essere tradotti in linguaggio verbale, con le espressioni affettive concomitanti, ma ormai separate dall’oggetto originale. Allo stesso tempo, i sintomi rappresentano indirettamente la forza difensiva in conflitto con i derivati delle pulsioni istintuali e la ricompensa o la punizione per i desideri proibiti.

L’isteria si configura, quindi, come la grande simulatrice, per la molteplicità e la varietà di manifestazioni somatiche con le quali si presenta, simulando tutta una serie di disturbi organici di ben diversa natura.

Uno degli elementi tipici dell’isteria è il cosiddetto carattere isterico, caratterizzato da suggestionabilità, mitomania e disordini sessuali.

Accanto a questa più nota forma di isteria, troviamo l’isteria d’angoscia, una nevrosi caratterizzata dalla presenza di ansia libera, sia come ansia generalizzata, sia come ansia critica con molteplici componenti somatiche. Tale condizione è dovuta ad un meccanismo di rimozione non perfettamente riuscito di un conflitto in fase genitale edipica, non seguito dall’adozione di altri meccanismi di difesa; tale incompleta rimozione non consente di eliminare la componente affettiva legata al conflitto istintuale, pur consentendone la cancellazione dalla coscienza.

NOSOGRAFIA CLASSICA NOSOGRAFIA ATTUALE (DSM IV)Parossismi acuti (tipo grandi crisi o forme minori) Disturbo di conversione; disturbo di somatizzazione

Sintomi somatici funzionali (pseudoneurologici, motori o sensoriali)

Disturbo di conversione; disturbo di somatizzazione

Manifestazioni viscerali (spasmi, algie, alterazioni trofiche)

Disturbo di somatizzazione

Stati crepuscolari (alterazioni della coscienza); amnesie parossistiche (alterazioni della memoria); attacchi catalettici

Disturbi dissociativi

Carattere isterico Disturbi di personalità istrionico ed antisociale

Isteria d’angoscia Disturbo da attacchi di panico; disturbo da ansia generalizzata

Nell’isteria, vi è una commistione tra sintomi di somatizzazione, di conversione e dissociativi, che possono comparire nello stesso momento o in momenti diversi. La presenza di sindromi dissociative, caratterizzate da alterazioni transitorie delle funzioni integrative di coscienza, memoria, identità (stati crepuscolari, personalità multipla, fughe ed amnesie psicogene), sono tuttavia meno frequenti.

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DECORSO E COMPLICANZEL’esordio avviene, in genere, durante l’adolescenza, tra i 10 ed i 20 anni, o, più raramente, tra

i 20 ed i 30 anni. Il quadro clinico, tuttavia, è manifestato a pieno nella prima età adulta. Spesso, particolari problemi sociali ed interpersonali possono precipitare l’esordio della malattia.

La malattia ha decorso cronico, con fluttuazioni dell’intensità e della frequenza della sintomatologia, ma senza remissione completa e duratura.

Le complicanze sono numerose ed invalidanti, a causa dell’alta comorbidità con depressione o attacchi di panico. Quasi sempre, compare demoralizzazione, riduzione dell’autostima e delle abituali capacità pragmatiche.

Si possono associare, inoltre, tentativi di suicidio ed abuso di alcol e, più raramente, di oppiacei o altre sostanze.

DIAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALENella pratica, la maggior parte dei pazienti con disturbo di somatizzazione non riesce a

soddisfare i criteri del DSM IV, sia per il ridotto numero di sintomi, che per l’età di esordio.

Diagnosi differenziale:

Disturbo di conversione Caratterizzato da lamentele relative a disturbi neurologici (sensoriali e motori), che sono riscontrabili anche nel disturbo di somatizzazione. Tuttavia, rispetto a quest’ultimo, nella conversione tali sintomi sono gli unici presenti, cioè non sono associati a disturbi in altri apparati

Ipocondria Nell’ipocondria prevalgono il timore e la convinzione di essere affetti da una malattia e la preoccupazione eccessiva per sintomi isolati e lievi. Inoltre, sono presenti tratti ossessivi e marcato coinvolgimento emotivo, anziché la teatralità e la vividezza descrittiva dei pazienti con somatizzazione

Disturbo fittizio I sintomi sono sostenuti dalla spinta compulsiva a sostenere il ruolo di malato e sono, quindi, prodotti intenzionalmente, a differenza del disturbo di somatizzazione

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Disturbo di conversione

Compromissione di funzioni motorie o sensoriali, in assenza di un danno all’apparato neuromuscolare

I sintomi compaiono, solitamente, a seguito di una reazione emozionale ad un evento o ad uno stress e risultano, in apparenza, collegati ad una situazione psicologica conflittuale

Cenni storiciFreud fu il primo ad utilizzare il termine conversione (1894), e ad ipotizzare che i sintomi,

manifestati all’interno di quadri isterici, fossero dovuti ad un meccanismo psicologico.Secondo Freud, dopo una grave situazione stressante, il ricordo dell’evento è represso, perché

inaccettabile dal punto di vista morale, e l’angoscia da esso generata si riversa sul corpo, convertendosi in sintomo somatico. Il sintomo assume, in tal modo, un significato difensivo ed è un simbolo ed una soluzione parziale del conflitto psicologico sottostante.

In quegli anni, tuttavia, furono date anche altre spiegazioni dell’isteria. Briquet, pur rilevando l’importanza dei fattori di stress, riteneva l’isteria un disturbo neurologico. Charcot, attribuendo i sintomi ad un processo degenerativo del sistema nervoso, probabilmente su base ereditaria, pensava che l’isteria fosse un particolare stato di coscienza, in cui il paziente avvertiva la perdita di alcune funzioni fisiche.

Nel DSM III, la conversione isterica è stata suddivisa in tre disturbi diversi:

Disturbo di conversione: caratterizzato da sintomi neurologici

Disturbo da dolore psicogeno: i sintomi sono limitati al dolore

Disturbo di somatizzazione: caratterizzato da una vasta gamma di sintomi fisici e da una maggiore tendenza alla cronicità

EPIDEMIOLOGIALa convinzione diffusa che il disturbo di conversione sia meno comune oggi, rispetto agli inizi

del ‘900, non è confermata dai dati.Le femmine sono più colpite dei maschi.Il disturbo può presentarsi ad ogni età, anche se è più comune nell’adolescenza.Si riscontra più frequentemente negli starti più bassi della popolazione.

EZIOPATOGENESINegli Studi sull’Isteria (1895), Breuer e Freud ipotizzano che i sintomi di conversione siano

causati da un’esperienza a forte carica emozionale, che i pazienti non possono tollerare e che, pertanto, rimuovono dalla coscienza. Il rimosso, tuttavia, si può manifestare attraverso i sintomi di conversione. Freud, inoltre, formulò i seguenti concetti:

Vantaggio primario: i sintomi di conversione consentono di tenere sotto controllo le pulsioni rimosse

Vantaggio secondario: i sintomi di conversione permettono di evitare le situazioni esistenziali sgradevoli e di attirare l’attenzione delle persone significative

Più recentemente, è stato ipotizzato che i sintomi di conversione dipendano, almeno in parte, da alterazioni neurofisiologiche specifiche. Esisterebbe, infatti, un eccessivo arousal a livello corticale, che impedirebbe agli impulsi afferenti dalle vie sensoriali e motorie di giungere alla corteccia, riducendo, in tal modo, la percezione delle sensazioni fisiche o producendo alterazioni

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della motricità. Tale ipotesi spiega anche il fatto che i pazienti non siano molto ansiosi e restino abbastanza indifferenti di fronte alla loro compromissione fisica.

QUADRO CLINICOL’esordio è improvviso, in relazione ad uno stress (in particolare, perdita di una persona cui si

è molto legati, spesso in modo ambivalente), e la risoluzione è rapida. Si giunge alla cronicizzazione solo in casi in cui le situazioni conflittuali si protraggono nel tempo, oppure a causa di vantaggi secondari, oppure quando esiste una patologia psichiatrica associata.

I sintomi sono innumerevoli e mutevoli: paralisi parziali o complete (solitamente agli arti), attacchi semiepilettici, disturbi della coordinazione, afonia, diminuzione della sensibilità cutanea (dalle parestesie alla completa analgesia, riferite ad aree estese, come il piede, il ginocchio o la mano), disturbi della vista (dal restringimento del campo visivo fino alla cecità completa), vomito psicogeno. Spesso, disturbi sensoriali e disturbi motori si manifestano contemporaneamente.

Tali sintomi interessano spesso aree corporee precedentemente colpite da malattia, oppure si manifestano dopo essere stati osservati in qualche altro membro della famiglia.

Le descrizioni dei sintomi sono drammatiche ed elaborate; tuttavia, i pazienti non sembrano eccessivamente preoccupati per il loro benessere fisico. Questo atteggiamento è definito belle indiffèrence.

Sintomo di conversione Contraddizione rispetto ad un caso di reale interessamento neurologico

Disturbo del senso di posizione

La prova indice-naso con gli occhi chiusi è effettuata correttamente

Cecità bilaterale I pazienti riescono a camminare senza colpire gli ostacoli

Cecità unilaterale Il riflesso pupillare è intatto

Afonia I pazienti riescono a sussurrare parole o frasi in modo comprensibile

Disturbi della funzione motoria

La parte colpita è flaccida, ma può essere facilmente sollevata e, quando viene lasciata, cade in maniera meno pesante

Tremori Grossolani, in genere scompaiono a riposo

A volte, un disturbo di conversione può rappresentare l’esordio di disturbi più gravi, come schizofrenia, disturbi dell’umore o disturbi mentali organici.

DIAGNOSISintomi di conversione possono essere presenti in molti disturbi fisici o mentali. Al fine di una

diagnosi corretta, devono essere indagati i rapporti del paziente con persone che presentavano sintomi analoghi (identificazione isterica), e precedenti manifestazioni somatiche, in corrispondenza delle aree interessate dai sintomi di conversione (predisposizione somatica).

È importante non affrettare una diagnosi di conversione, poiché sintomi di conversione sono presenti anche in patologie neurologiche, quali ictus, encefaliti, epilessia, sclerosi multipla, tumori e traumi cranici.

La distinzione con il disturbo di somatizzazione non è semplice. Tuttavia, nel DSM IV, sono presenti criteri che rendono più agevole tale diagnosi differenziale: il disturbo di conversione non si associa a dolore in vari distretti corporei o a un’alterazione del funzionamento sessuale.

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Ipocondria

Con il termine ipocondria, si identifica una vasta gamma si condizioni, che vanno dalla semplice accentuazione ansiosa di un disturbo somatico reale, fino al delirio ipocondriaco.

Le preoccupazioni ipocondriache possono manifestarsi transitoriamente in condizioni normali (per esempio, quando vengono apprese informazioni sulle malattie), oppure in condizioni di stress, oppure con il sopraggiungere di un malanno.

Poi, ci sono casi in cui la preoccupazione per la propria salute, sostenuta da qualsiasi sensazione corporea, diventa il motivo centrale dell’esistenza per lunghi periodi o cronicamente.

In psicopatologia, l’ipocondria viene distinta in:

Transitoria reazione agli stress della vita

Ipocondria primaria (sindrome): disturbo autonomo, presente al di fuori di altri disturbi psichiatrici

Ipocondria secondaria (sintomo): la preoccupazione per la propria salute può essere il contenuto di alcuni disturbi psichiatrici (ad esempio, il delirio ipocondriaco o di trasformazione corporea, nella schizofrenia o nella depressione maggiore con manifestazioni psicotiche)

Secondo il DSM IV:

Ipocondria primaria: interpretazione non realistica di sensazioni fisiche che vengono considerate anomale, fino a giungere alla preoccupazione, paura o convinzione di avere una malattia, non confermata dagli esami di laboratorio; tali paure o preoccupazioni non sono sensibili alle rassicurazioni e all’evidenza empirica, ma non sono comunque d’intensità delirante; la durata del disturbo deve essere di almeno 6 mesi; il disturbo non deve essere secondario ad altre patologie psichiatriche

EZIOPATOGENESIModello psicanalitico. Secondo Freud, nell’ipocondria, la libido non viene più soddisfatta dagli oggetti esterni, ma si trasferisce sul proprio corpo, alla ricerca inconscia di gratificazione, la quale viene trovata nei sintomi fisici. Secondo autori più recenti, l’ipocondria rappresenta un’introiezione sul proprio corpo di spinte aggressive ed ostili, causate da esperienze infantili negative. Tali spinte vengono indirizzate sul corpo, perché non possono essere sfogate all’esterno. Inoltre, sostengono la ricerca costante di aiuto e rassicurazione, verso le figure significative (familiari e medici), ma risultano inefficaci, per cui vengono rifiutate (espressione indiretta della rabbia). In alcuni casi, l’ipocondria sarebbe un meccanismo difensivo, nei confronti di sentimenti di inutilità e mancanza di autostima, i quali, quindi, verrebbero espressi attraverso il timore di alterazioni del funzionamento corporeo, più accettabili per il proprio sé.

Modello cognitivo. Nell’ipocondria, gli schemi relativi all’interpretazione di sé e delle sensazioni corporee sono alterati, per cui la concezione del proprio corpo e della propria salute risulta distorta. Segnali o piccoli disturbi fisiologici, venendo interpretati attraverso questo filtro, risultano minacciosi e catastrofici. L’ansia ed i sentimenti depressivi scatenati da questa errata interpretazione producono attivazione neurovegetativa, la quale, a sua volta, potenzia gli schemi cognitivi distorti, in un modello circolare che si rafforza nel tempo.

Modello sociopsicologico. L’incapacità di mantenere prestazioni elevate a livello sociale e l’impossibilità di risoluzione di problemi, vissuti come insormontabili, può facilitare la tendenza ad assumere il ruolo di malato. Tale ruolo, socialmente accettato, comporta lo sgravio di

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responsabilità, senza provocare biasimo negli altri, e facilita atteggiamenti comprensivi ed empatici, anche di fronte a reazioni di rabbia o irritabilità.

Al di là di quello che differenzia i tre modelli, possiamo comunque dire che malattie infantili, spesso accompagnate da apprensività, iperprotettività e ipercontrollo da parte dei genitori, nei confronti dei sintomi fisici del figlio, possono contribuire alla formazione del ruolo inconscio di malato, pronto ad emergere di fronte ad esperienze reali, proprie o altrui, di malattia fisica.

Personalità narcisistiche, ossessive e masochistiche predispongono alla comparsa e al mantenimento di disturbi ipocondriaci.

QUADRO CLINICO E MANIFESTAZIONI ASSOCIATESecondo il DSM IV, per porre diagnosi di ipocondria primaria, occorre riscontrare i seguenti

elementi:

1. Un processo cognitivo: un’interpretazione non realistica di sintomi fisici e di sensazioni, che porta preoccupazione

2. Uno stato affettivo: una paura non realistica

3. Una convinzione di avere una malattia, che persiste nonostante la rassicurazione dei medici, ma che non raggiunge il delirio

4. Un deterioramento nei rapporti sociali e nelle attività lavorative

La diagnosi è esclusa, quando i sintomi denunciati sono quelli di un attacco di panico

La diagnosi di ipocondria può essere posta in comorbidità con disturbi d’ansia e dell’umore, altri disturbi somatoformi e disturbi psicotici (disturbo delirante di tipo somatico, schizofrenia, depressione maggiore con manifestazioni psicotiche), qualora la convinzione di malattia non raggiunga il delirio.

In genere, gli ipocondriaci sono molto disponibili a parlare dei propri sintomi, disturbi e lamentele, con familiari e conoscenti. La presunta malattia può essere descritta con discrezione, oppure con ostentazione di particolari intimi. Di fronte al medico, di solito, gli ipocondriaci sono molto precisi e dettagliati e tendono a parlare dei loro sintomi, più che ad ascoltare.

DECORSO, GRADI DI COMPROMISSIONE E COMPLICANZEIl decorso è, in genere, cronico, con oscillazioni della sintomatologia. Si può andare da periodi

di relativo equilibrio, a periodi in cui vi è un’incessante richiesta di ricovero.Familiari disinteressati o iperprotettivi possono rafforzare il dubbio della malattia. Anche il

medico deve essere cauto, perché potrebbe involontariamente spingere il paziente non soddisfatto a rivolgersi ad altri specialisti. Inoltre, il vantaggio secondario può rinforzare il mantenimento della preoccupazione ipocondriaca.

La preoccupazione per la propria salute finisce con il limitare le possibilità esistenziali, nel timore di esporsi a rischi. Nei casi meno gravi, si ha un’eccessiva attenzione per il proprio stato (uso di sciarpe, attenzione alle variazioni atmosferiche, alla scelta dei cibi, etc.); quando, invece, la preoccupazione è molto elevata, si può giungere all’astensione dal lavoro ed alla marcata riduzione di ogni attività.

Un soggetto ipocondriaco può andare incontro a due rischi, di segno opposto: ripetere esami inutili e talvolta rischiosi, ed essere trascurato, in presenza di una patologia organica reale.

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.25 Disturbi dissociativi

INTRODUZIONE

Modificazione, improvvisa o graduale, temporanea o cronica, delle normali funzioni integrative della persona

I disturbi dissociativi si dividono in quattro categorie, a seconda del tipo di modificazione:

Amnesia Psicogena (modificazione della memoria)

Fuga Psicogena (modificazione del comportamento motorio)

Personalità Multipla (identità personale sostituita da una nuova identità)

Disturbo di Depersonalizzazione (sentimento di irrealtà)

AMNESIA PSICOGENA E FUGA PSICOGENA

Amnesia Psicogena: improvvisa incapacità di ricordare eventi o notizie importanti per il soggetto, di estensione tale da non poter esser considerata una semplice dimenticanza; può riguardare l’intera esistenza (amnesia generalizzata), o cominciare da un certo momento ed estendersi fino al presente (amnesia continuativa), o riguardare tutti gli eventi di uno specifico periodo (amnesia circoscritta), o essere relativa a particolari avvenimenti (amnesia selettiva)

È un disturbo raro, che colpisce prevalentemente adolescenti e giovani donne.Cessato l’episodio, il soggetto è cosciente di avere una lacuna mnemonica.L’esordio è brusco e spesso scatenato da situazioni che mettono a repentaglio la vita o

l’integrità fisica della persona, o da avvenimenti considerati intollerabili.La durata è variabile; la risoluzione è improvvisa e completa.

Fuga Psicogena: improvviso ed immotivato allontanamento dal proprio ambiente abituale (casa, lavoro), associato ad un’alterazione dello stato di coscienza, che può giungere fino alla totale amnesia per la vita precedente e all’assunzione di una nuova identità (in genere, si tratta, in questi casi, di soggetti tranquilli ed introversi che diventano socievoli e disinibiti, prendono un nuovo nome, una nuova residenza, si impegnano in attività sociali complesse)

Il disturbo può insorgere in qualsiasi età.L’esordio è, in genere, improvviso e può esser facilito dall’assunzioni di grandi quantità di

alcol o dallo stress (calamità naturali, guerre, traumi fisici o psichici).La durata è variabile da poche ore a molti mesi; la risoluzione è rapida.

Teorie eziopatogeneticheLa personalità di questi soggetti è di tipo isterico (egocentrismo, immaturità, iperdipendenza)

e si sviluppa in seguito a particolari esperienze infantili (conflitti familiari, separazioni, lutti, maltrattamenti). Di fronte ad eventi spiacevoli, questi soggetti reagirebbero con la dissociazione, per proteggersi da sentimenti di depressione, disperazione o idee di suicidio.

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PERSONALITÀ MULTIPLE

Personalità Multipla: presenza, in un soggetto, di due o più distinte personalità, ciascuna con propri pattern di percezione, relazione e convinzioni circa l’ambiente e se stesso; almeno due di queste personalità periodicamente prendono il totale controllo del comportamento della persona

Il disturbo compare nell’infanzia o nell’adolescenza. Le più colpite sono le donne.

Teorie eziopatogenetichePiù del 90% dei pazienti con personalità multipla presenta una storia di abusi (sessuali, fisici o

psicologici), da parte di familiari, durante l’infanzia.Il bambino potrebbe sviluppare un meccanismo di negazione che lo porta a pensare che quei

eventi siano successi a qualcun altro. Quando si ritroverà di fronte ad eventi traumatici o ad alti livelli di stress, utilizzerà tale capacità per proteggersi dal dolore.

Quadro clinico

La personalità originaria non ha coscienza delle altre personalità, mentre queste possono avere consapevolezza reciproca e dialogare tra loro

Il numero di personalità è variabile. In genere, la personalità originaria è timida, introversa, incapace di grandi passioni, mentre le altre personalità hanno caratteristiche opposte.

Ciascuna personalità può avere un proprio nome, un differente tono di voce, specifici valori ed interessi, una propria identità sessuale ed una propria età, ma, in ciascun momento, è presente una sola personalità che interagisce con l’ambiente.

Il passaggio da una personalità all’altra è spesso improvviso, può essere preceduto da forti mal di testa e precipitato da stress sociali.

Il decorso è tendenzialmente cronico.Il grado di compromissione lavorativo, sociale e familiare è grave.Il quadro clinico è spesso complicato da disturbi di personalità, disturbi somatoformi, abuso di

alcol e/o psicofarmaci, disturbi alimentari psicogeni, tentativi di suicidio.Possono essere presenti deliri ed allucinazioni.Frequentemente, vengono messi in atto automutilazioni, omicidi e violenze sessuali.

Diagnosi differenziale con la schizofrenia: nella personalità multipla, non sono presenti appiattimento emotivo, dissociazione ideoaffettiva, autismo.

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DISTURBO DI DEPERSONALIZZAZIONECaratterizzato da:

Una sensazione soggettiva di irrealtà, di estraneità di sé stessi (depersonalizzazione psichica), del proprio corpo (depersonalizzazione fisica), del mondo circostante (derealizzazione)

Tale sensazione è spiacevole e dolorosa, accompagnata da grande ansia

Non si tratta di fenomeni deliranti: il paziente è cosciente che i cambiamenti avvertiti non sono realmente avvenuti, ma è come se fossero avvenuti

Una sensazione di riduzione degli affetti, fino alla loro totale perdita

Depersonalizzazione psichica: il senso della propria realtà appare temporaneamente perduto, mutato o sostituito con un sentimento di estraneità; i ricordi, le idee, l’attività intellettuale sembrano irreali, la memoria meno efficiente e pronta; è presente la sensazione di non avere più il controllo delle proprie azioni; il soggetto percepisce sé stesso da una certa distanza, si sente automatizzato, ha l’impressione di un’anestesia o morte psichica

Depersonalizzazione fisica: sensazione che il proprio corpo sia in trasformazione, estraneo, irreale; le estremità vengono percepite come se avessero cambiato proporzioni; il corpo sembra aver cambiato consistenza o divenuto immateriale; si associano anestesia sensoriale e parestesie

Derealizzazione: alterazione della percezione dell’ambiente circostante, per cui si ha l’impressione di avere perduto il senso della realtà del mondo esterno, sentendosene staccati, come separati da un vetro; le persone vengono percepite come marionette, automatizzate, morte; le forme e le dimensioni degli oggetti appaiono mutate; possono essere presenti anche un’alterazione del tempo soggettivo e l’impressione di disorientamento spaziale

Compare di solito nell’infanzia e nell’adolescenza. Sono più colpite le femmine.

Fattori eziopatogeneticiLa depersonalizzazione è una risposta preformata del cervello, che ha lo scopo di proteggere

dagli effetti che una forte emozione, soprattutto l’ansia, potrebbe produrre sul comportamento.

Quadro clinicoL’esordio è acuto, sotto forma di crisi tipo attacco di panico, e viene scatenato da

affaticamento, convalescenza, dolore fisico, deprivazione sensoriale, privazione del sonno, uso di sostanze (messalina, LSD), esperienze fisicamente o emotivamente traumatiche. È ipotizzabile che il disturbo di depersonalizzazione rientri nel DAP, costituendone l’estremo più grave.

Personalità premorbosa: ansia di separazione, nell’infanzia, e dipendenza, insicurezza, indecisione, timidezza, nella vita adulta.

Concomitano fenomeni di dejà-vu, paura di impazzire o di perdere il controllo, comportamenti di evitamento di tipo fobico, depressione dell’umore, ruminazioni ossessive.

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.26 Disturbi dell’adattamento

Eccessiva reattività agli avvenimenti

Kretschmer (1952) distingue le risposte disadattive in tre categorie:

Reazioni primitive: quadri determinati da traumi emotivi in grado di provocare una risposta immediata con marcate manifestazioni neurovegetative; il comportamento è analogo a quello degli animali che reagiscono in maniera automatica al pericolo esterno

Reazioni di personalità: alterazioni psicopatologiche, favorite da eventi non drammatici, che, tuttavia, incidono sulle componenti più fragili della struttura di personalità

Sviluppi abnormi: non sempre ben distinguibili dalle reazioni di personalità; comportano un’accentuazione di tratti di personalità anomali, a seguito di eventi esterni di un certo impatto emotivo

Nel DSM IV:

Disturbi dell’Adattamento: quadri reattivi ad un evento scatenante, che presentano un’insorgenza ed una durata della sintomatologia in stretta relazione ad esso; non viene fatta diagnosi di DA, se il quadro clinico è specifico di altri disturbi mentali

Poiché l’eccessiva reattività agli avvenimenti è una caratteristica di molti disturbi mentali, viene da domandarsi se la categoria dei DA sia solo un artificio nosografico o meno, ideato per inquadrare quelle condizioni psicopatologiche lievi e di durata limitata, che non soddisfano pienamente i criteri per un disturbo mentale specifico.

Il DSM IV, inoltre, dà per scontato che i disturbi dell’asse I e II presentino un’elevata reattività anche ad eventi di minima portata, cosicché il disadattamento che ne consegue è sintomo del disturbo e non un’entità diagnostica separata.

EZIOPATOGENESIVediamo, anzitutto, come agisce lo stress a livello neurologico. In condizioni fisiologiche, la percezione dello stressor determina una reazione adattiva

dell’organismo (processo normale di adattamento): di fronte ad un vento stressante compare un’attivazione di alcune zone del SNC (arousal). Quando, tuttavia, lo stress si protrae nel tempo, la tolleranza del SNC verso gli stressor aumenta, creando una situazione di desensibilizzazione a carico di tutti i sistemi. Si ha, quindi, un’alterazione dei normali meccanismi adattivi, e, sul piano psicologico, il potenziale patogeno dello stress dipende dalla misura di tale alterazione.

Il processo normale di adattamento permette il ripristino dell’equilibrio psichico. Tale processo si divide in fasi (fase di protesta, fase di rifiuto-negazione, disperazione, fase intrusiva, fase elaborativa e fase di risoluzione), tappe obbligate che si ritrovano simili anche in molte altre specie animali, ed è, quindi, un pattern preprogrammato di risposta atto a garantire, in un primo momento, la sicurezza fisica (con reazioni di fuga o lotta) e, in un secondo momento, l’adattamento, mediante l’elaborazione cognitiva dell’accaduto.

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Se il processo di adattamento si arresta in una delle sue fasi, si possono configurare varie manifestazioni psicopatologiche definite come Stress response syndrome:

Protesta Panico, paralisi, esaurimento

Rifiuto Evitamento maladattivo: ritiro sociale, compulsioni (suicidio, abuso di alcol e di droga), impulsività controfobica

Intrusione Agitazione, stato di allerta, stati confusionali, pensieri orpimenti, gesti impulsivi, fenomeni neurovegetativi correlati

Elaborazione Ansia e stati depressivi, stati di “congelamento” (anaffettività e ridotta percezione sensoriale), alterazioni psicosomatiche

Risoluzione Mancato ripristino dei livelli di funzionamento precedenti (incapacità a lavorare, creare, amare)

Oltre che da eventi negativi, lo stress è prodotto anche da eventi positivi. Per questo motivo, Paykel (1971) ha classificato gli venti vitali in desiderabili ed indesiderabili, elencandoli secondo un gradiente di gravità.

Selye distingue tra:

Eustress: leggero stato di allerta che stimola l’attenzione, la concentrazione e la memoria, e riguarda eventi facilmente superabili

Distress: stress di maggiore intensità o durata che può avere effetti dannosi

EPIDEMIOLOGIALa maggior parte dei pazienti con DA sono adolescenti che hanno subito uno stress prolungato

per oltre un anno, che può essere dovuto a problemi scolastici, problemi familiari, droga, divorzio o separazione dei genitori. Negli adulti, lo stress può essere dato da problemi coniugali, divorzio o separazione, trasferimento, problemi finanziari.

QUADRO CLINICOLa sintomatologia del DA è in parte mutuata da altri disturbi e può essere varia.

Un sintomo caratteristico è l’incapacità di svolgere proficuamente la propria attività lavorativa o di studio e di mantenere relazioni sociali valide o gli interessi abituali

Sentimenti di inadeguatezza e bassa autostima derivavo dall’incapacità e dell’impossibilità di adattamento all’accaduto, vissuto come irrimediabile

Altri sintomi:

Demoralizzazione Sentimenti di sconforto o di inadeguatezza, ridotta ricerca degli stimoli piacevoli, innalzamento della soglia di risposta al piacere (ipoedonia), delusione, pessimismo, risentimento, ostilità

Non comprende il rallentamento ideico e motorio tipico della depressione maggiore

Desiderio di morte Legato alla sensazione che la vita abbia perso di significato

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Difficoltà di concentrazione

In relazione alla polarizzazione del pensiero sull’evento

Sintomi vegetativi Diminuzione dell’appetito, disturbi qualitativi e quantitativi del sonno

Ansia ed apprensione

Con insonnia, preoccupazione per cose di poco conto, paura a stare soli, tensione interna, ruminazione ossessiva su dettagli relativi all’evento

Disturbo della condotta

Può essere l’unico sintomo del disagio adattivo

Più frequente negli adolescenti; comprende abuso di alcol e/o sostanze, fughe da casa, piccoli furti, guida pericolosa, incuria dei diritti altrui

Sono presenti, inoltre, astenia, adinamia, disturbi della memoria, solitudine, irritabilità, rabbia, ambivalenza e labilità affettiva.

DECORSO ED EVOLUZIONEIl DA, in genere, non dura oltre i sei mesi.Negli adolescenti, un DA può precedere condizioni psicopatologiche più gravi (quadri

psicotici, alcolismo, tossicodipendenza) e, negli adulti, può evolvere verso una depressione maggiore o l’alcolismo.

In alcuni casi, il DA ha un decorso ricorrente: si ripresenta la momento di fronteggiare nuovi eventi.

DIAGNOSICriteri diagnostici secondo il DSM IVA.Reazione ad uno stressor (o stressor multipli) che avviene entro tre mesi dall’inizio dello7degli stressor

B.La natura maladattiva della reazione è indicata dai seguenti criteri:1) Sintomatologia eccessiva, rispetto alla reazione normale attesa, allo stress2) Compromissione delle consuete attività sociali o professionali (inclusa la scuola)

C.Il disturbo non incontra i criteri per un altro disturbo mentale specifico e non rappresenta l’esacerbazione di un altro disturbo mentale

D.I sintomi non rappresentano il lutto

E.Una volta che lo stressor (o le sue conseguenze) sono terminati, i sintomi non devono persistere per più di sei mesi

Il DSM IV propone, inoltre, una classificazione dei DA in sei tipi:

DA con ansia: irritabilità, preoccupazione e nervosismo

DA con umore depresso: depressione del tono affettivo, facilità al pianto e disperazione

DA con aspetti emotivi misti: depressione, ansia ed altre emozioni

DA con alterazioni della condotta: comportamenti trasgressivi della legge o dei diritti altrui

DA con alterazioni miste della emotività e della condotta DA non altrimenti specificato: i sintomi non possono essere classificati in nessuna

categoria specifica

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.27 Disturbi della condotta alimentare

INTRODUZIONEEsiste un vasto spettro di condotte alimentari, patologiche e non, ai cui estremi (quindi in

posizione patologica) troviamo le anoressie legate a dimagrimento ed emaciazione, da un lato, e le iperfagia con aumento di peso ed obesità, dall’altro.

Il DSM IV suggerisce di non effettuare la diagnosi di Bulimia in presenza di Anoressia Nervosa, ma di specificare l’Anoressia Nervosa a seconda della presenza o meno di sintomi bulimici. Nel Disturbo da Crisi Bulimiche, la diagnosi di Bulimia Nervosa non può essere posta, per l’assenza di condotte di eliminazione, ma viene incluso tra i Disturbi dell’Alimentazione non Altrimenti Specificati.

ANORESSIA NERVOSA

Presenza di gravi comportamenti autoimposti, tesi alla perdita di peso e determinati dalla paura patologica dell’ingrassare, associati ad alterazioni della sfera endocrina

Criteri diagnostici del DSM IV:

1. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello, o al di sopra, del peso minimo normale per l’età e per l’altezza

2. Intensa paura di ingrassare e diventare obeso, anche se il soggetto è sottopeso o addirittura emaciato; è una paura patologica, ingiustificata, che non diminuisce con il progressivo diminuire del peso

3. Disturbi dell’immagine corporea, con alterazione della percezione delle dimensioni del proprio corpo, che talora può essere delirante: la paziente afferma di essere normale o grassa anche nella più marcata emaciazione; altre volte, è una parte del copro che viene percepita in maniera distorta ed abnorme

4. Amenorrea secondaria, per almeno 3 mesi consecutivi, o ritardo nella comparsa del menarca rispetto all’età media

Il DSM IV identifica due sottotipi:

Tipo Restricter: la diminuzione del peso viene perseguita attraverso la dieta, il digiuno e l’esercizio fisico

Tipo Bulimico: si verificano regolarmente crisi bulimiche e/o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, enteroclismi); in alcuni casi, le condotte di eliminazione vengono attuate anche per l’introduzione di modeste quantità di cibo

EpidemiologiaLa popolazione a rischio è il sesso femminile tra i 12 ed i 25 anni (anche se circa il 5-10% dei

pazienti sono maschi).È stato registrato un aumento dell’incidenza.La malattia sembra più diffusa tra ginnaste, danzatrici, atlete o modelle. Le classi sociali più

colpite sono quelle medie ed elevate.

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Eziopatogenesi

Teorie psicologicheTeorie psicanalitiche. L’anoressia è stata variamente descritta: regressione alla fase orale (Freud), difesa contro fantasie inconsce di fecondazione orale (Abraham), un incompleto superamento della fase schizo-paranoide (M. Klein). Secondo Bruch, precoci disturbi dell’apprendimento sarebbero responsabili dei disturbi dell’immagine corporea e dei disturbi della percezione e del riconoscimento di stimoli quali la fame, la fatica, la debolezza. Altri autori considerano l’anoressia come una Fobia del peso: indipendentemente dallo stimolo iniziale che induce ad intraprendere una dieta, il cibarsi o l’aumentare di peso sarebbero poi capaci di scatenare una grave ansia, mentre il digiuno ed il dimagrimento servirebbero come condotta di evitamento.

Prospettiva relazionale sistemica. Pattern patologici nelle relazioni intrafamiliari sarebbero responsabili del prodursi o del mantenersi del disturbo. La famiglia anoressica ha le seguenti caratteristiche: rigidità, coinvolgimento eccessivo del figlio, mancanza di risoluzione dei conflitti, iperprotezione con scarso sviluppo del senso di autonomia nel figlio. Secondo Palazzoni-Selvini, la sensazione di inadeguatezza ed incapacità delle anoressiche è talmente pervasiva, che l’innata necessità di potere e di autoaffermazione verrebbe soddisfatta solo dal rigido controllo sul proprio aspetto emaciato.

Teorie socioculturaliAlcuni adolescenti mostrerebbero una marcata vulnerabilità verso l’identificazione della

bellezza con la magrezza, valore ampiamente divulgato dai media.

Teorie biologicheSi ritiene che un’alterazione ipotalamica possa contribuire al disturbo, con i seguenti fattori:

Alterazioni neuroendocrine: alcune sono secondarie alla perdita di peso; altre sono correlate alle restrizioni caloriche, poiché si normalizzano rapidamente con l’ingestione si carboidrati, prima ancora che si verifichi un aumento di peso; altre ancora sono indipendenti sia dalla perdita di peso, che dall’introduzione di carboidrati

Neurotrasmettitori: l’aumento dell’attività dopaminergica sarebbe alla base di alcuni sintomi cardinali, come il ridotto bisogno di cibo e la perdita della libido; questo fattore spiegherebbe anche la sovrapposizione tra l’aumento dell’attività motoria, tipica delle anoressiche, e l’eccitamento motorio delle fasi espansive dei Disturbi dell’Umore

Oppioidi endogeni: in condizioni di malnutrizione, si verifica un aumento dell’attività oppioide, che potrebbe costituire una stimolazione specifica sull’appetito con finalità omeostatiche, oppure una conseguenza dello stress, che a sua volta potrebbe servire come meccanismo adattivo per la riduzione delle richieste metaboliche

Anoressia come forma atipica del disturbo affettivo: alcuni markers biologici della depressione sono presenti anche nelle anoressiche

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Quadro clinicoNella maggior parte dei casi, si tratta di bambine modello, docili, ubbidienti e remissive; sono

spesso presenti perfezionismo e competitività: estremamente coscienziose, sono tese ad ottenere il massimo da ogni loro prestazione; il loro rendimento scolastico è in genere superiore alla media.

L’esordio può essere acuto, talvolta scatenato da un commento, anche scherzoso, sulle dimensioni corporee, ma in genere è insidioso. Il disturbo può presentarsi sotto l’aspetto di una dieta innocente, altre volte è mascherato da lamentale somatiche o da vari disturbi digestivi, che le pazienti adducono come pretesti per giustificare una ridotta assunzione di cibo. Altre volte, l’esordio è più subdolo: la paziente inizia a disfarsi di nascosto del cibo (lo nasconde, lo sputa, lo getta via, lo vomita).

Molti dei sintomi del quadro compaiono anche in soggetti normali sottoposti a digiuno e sono, quindi, attribuibili alle carenze alimentari e alla perdita di peso: elevati livelli di ansia, irritabilità, scarsa concentrazione, depressione dell’umore, labilità emotiva, indecisione, polarizzazione sul cibo, perdita degli interessi, disturbi del sonno, riduzione della libido, accentuazione delle caratteristiche ossessivo-compulsive precedenti, crisi bulimiche

La riduzione dell’apporto alimentare, nella ricerca incessante della magrezza, avviene, dapprima, con l’eliminazione dei cibi ad alto contenuto calorico e, successivamente, di qualunque altro alimento. Il cibo è accuratamente scelto e pesato, l’alimentazione si fa standardizzata per qualità e quantità, ed è spesso ritualizzata.

Possono comparire condotte di eliminazione: vomito autoindotto, abuso di lassativi, di diuretici e di anoressizzanti. Infine, nella maggior parte dei casi, le pazienti cercano di aumentare il consumo energetico, mediante un’iperattività generica, soprattutto nelle fasi iniziali: sono sempre in movimento, senza mai sedersi, affaccendate talvolta senza una vera finalità. Si impongono di fare esercizio fisico, anche per ore, ogni giorno, con modalità quasi compulsive.

La maggior parte delle pazienti ammette di avere avuto fame, perlomeno nelle fasi iniziai della malattia, ma di non essersi consentita l’ingestione del cibo per paura di aumentare di peso. La fame latente riemerge, poi, sotto forma di crisi bulimiche, oppure di pensieri ossessivi sul cibo (le pazienti hanno grande interesse nel parlare dei vari piatti, nel collezionare ricette, nel cucinare, e pretendono che i familiari mangino i piatti preparati, senza tuttavia assaggiarne nemmeno un boccone).

La malattia viene negata, l’insight è assente: le pazienti affermano di sentirsi perfettamente normali, in piena efficienza, affatto malate. All’inizio del dimagrimento, compaiono spesso euforia e maggiore estroversione, rinforzate positivamente dalle reazioni dell’ambiente (la paziente si sente maggiormente accettata, oggetto di ammirazione e si fa più disinvolta nei rapporti interpersonali). Quando, tuttavia, la perdita di peso porta ad una grave emaciazione, l’anoressica diviene oggetto di critica e di pressioni per convincerla a mangiare, che rafforzano i suoi propositi di digiuno e la tendenza all’isolamento sociale.

Quando le condizioni generali si fanno ancora più scadenti, l’iperattività scompare e l’umore diviene depresso, sino alla comparsa, in molti casi, di un Episodio Depressivo Maggiore.

Disturbi associatiI Disturbi dell’Umore, in particolare Depressione Maggiore e Distimia, possono presentarsi

subito prima l’esordio o durante la malattia.Spesso, sono presenti tratti ossessivo-compulsivi di personalità ed i Disturbo di Personalità

Evitante e Bordeline.

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Il sottotipo bulimico presenta spesso alcune caratteristiche peculiari: maggiore familiarità per depressione e alcolismo, ospedalizzazione più frequenti, cleptomania, abuso di alcol e farmaci, usao di stupefacenti.

Decorso e prognosiSpesso di tratta di un episodio singolo, seguito da una remissione più o meno completa; altre

volte l’andamento può essere ricorrente con oscillazioni tra remissioni e ricadute.Dopo la remissione, malgrado la normalizzazione del peso corporeo, possono restare anomalie

del rapporto con il cibo, con restrizioni caloriche, costante preoccupazione per il peso, bulimia.

DiagnosiDiagnosi differenziale:

Bulimia Nervosa Rispetto all’Anoressia, le pazienti mantengono il loro peso in un ambito normale o, più raramente, sono sovrappeso; i disturbi dell’immagine corporea, se presenti, sono meno gravi, l’amenorrea è incostante

Disturbi SomatoformiDAP

Presentano calo ponderale, conseguente ad risotto apporto di cibo

Schizofrenia Le alterazioni della condotta alimentare sono connesse ai deliri di veneficio o di persecuzione

BULIMIA NERVOSAPer lungo tempo, è stata considerata una variante dell’Anoressia.

La sua caratteristica essenziale è la presenza di crisi bulimiche

Crisi bulimica: ingestione di una grande quantità di cibo ipercalorico; ad essa seguono depressione, sensi di colpa ed una serie di comportamenti messi in atto per sbarazzarsi del cibo ingerito o a prevenire l’aumento di peso che ne deriverebbe

EpidemiologiaL’età di esordio è in genere tra i 12 ed i 35 anni, con un picco intorno ai 18.Le classi sociali più colpite sono quelle medio-alte. Come nell’anoressia, sono maggiormente

a rischio le ballerine, le atlete e le modelle.È più frequente nelle femmine, con un rapporto di 50:1.

EziopatogenesiSecondo la teoria dell’Addiction Model, o Modello della Dipendenza dal Cibo, la bulimia è

una generica predisposizione all’abuso di sostanze ed alla dipendenza conseguente. Esistono, infatti, molte somiglianze, sul piano sintomatologico e comportamentale, tra la tossicodipendenza e la bulimia.

Molte pazienti bulimiche sono sovrappeso durante l’adolescenza, hanno un’alta incidenza familiare di obesità ed iniziano a presentare crisi bulimiche in concomitanza, o subito dopo, un periodo di dieta.

Alcuni markers dei disturbi depressivi sono presenti anche nelle pazienti bulimiche, come, ad esempio, la serotonina. Nella Bulimia, è stata ipotizzata la compromissione della risposta

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serotoninergica: alle abbuffate seguirebbe un aumento della serotonina, che consente di soddisfare sia il senso della fame, sia di correggere la disforia o la depressione, che spesso scatenano la crisi bulimica.

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Quadro clinico

Sono presenti un’intensa paura di ingrassare e preoccupazioni concernenti il peso, la forma, le proporzioni o l’aspetto del corpo

Il desiderio di dimagrire non è necessariamente presente ed alcune pazienti desiderano mantenere il loro peso

La quantità di cibo ingerita, durante una crisi bulimica, è enorme (in media dalle 5.000 alle 20.000 calorie). Le modalità di ingestione sono peculiari: con voracità, in fretta, spesso con una sommaria masticazione, senza gustarne realmente il sapore, alternando cibi dolci e salati in modo caotico, con la sensazione di compulsione e di perdita del controllo sul proprio comportamento. In genere, la crisi avviene in segreto e le pazienti affermano di esperirla come qualcosa di completamente diverso dalle altre modalità di alimentarsi.

I fattori che possono precipitare la crisi bulimica sono: tristezza, ansia, collera, stress, solitudine o noia, molto più raramente stati di benessere e euforia; avere assaggiato cibi proibiti o altamente calorici; la vista del cibo. Durante la crisi, si producono un sollievo dall’ansia o dagli stati d’animo spiacevoli, che è tuttavia temporaneo, perché presto subentrano il senso di colpa per aver nuovamente perso il controllo, calo dell’autostima, depressione dell’umore, disgusto per sé stesse, desideri di morte o pensieri di suicidio. Per questo motivo, si ricorre alle condotte di eliminazione, tra le quali la più frequente è il vomito autoindotto. Seguono, poi, abuso di lassativi e diuretici, masticare il cibo e poi sputarlo, ed esercizio fisico intenso, praticato in maniera rigida e compulsiva.

Nella maggior parte dei casi, si ha almeno una crisi al giorno, seguita da vomito autoindotto, e di durata inferiore alle due ore.

Disturbi associatiSpesso si associa a Anoressia Nervosa, Disturbo Distimico e Depressione Maggiore, Disturbi

di Personalità Evitante e Bordeline e DOC.Possono essere spesso presenti, inoltre, cleptomania, alcolismo, uso di sostanze stupefacenti,

atti autolesivi, tentativi di suicidio.Man mano che le condotte bulimiche aumentano, si ha un impoverimento della vita affettiva,

delle relazioni interpersonali e delle prestazioni lavorative. A ciò segue, inevitabilmente, una caduta dell’autostima.

DecorsoL’esordio è spesso associato con una dieta tesa a perdere peso; in altri casi, è presente un

evento di perdita o separazione.Il vomito compare dopo circa un anno dall’esordio.Il disturbo finisce con il sovvertire completamente le abitudini alimentari: le crisi si alternano

a periodi di digiuno o di rigide restrizioni.

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.24 Disturbi personalità

INTRODUZIONE

I DP possono essere visti come disturbi della condotta sociale: percezioni, cognizioni o risposte poco funzionali o maladattive in contesti interpersonali

Tratti di personalità: modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi, che si manifestano in contesti sociali e personali importanti e sono tipici del funzionamento a lungo termine dell’individuo

Nei DP, tali tratti sono rigidi e non adattivi e causano, quindi, una significativa compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva.

I DP sono stati raggruppati in tre cluster:

Cluster A(strano o eccentrico)

DP paranoideDP schizoideDP schizotipico

Comportamento insolito che riflette un particolare assetto cognitivo (pensiero magico, ipersensività)

Cluster B(melodrammatico, emotivo, imprevedibile o sgargiante)

DP istrionicoDP narcisisticoDP antisocialeDP borderline

Atteggiamenti particolarmente drammatici e teatrali, con frequente discontrollo degli impulsi

Cluster C(ansioso o pauroso)

DP evitanteDP dipendenteDP ossessivo-compulsivo

Soggetti ansiosi e timorosi, dal comportamento apparentemente finalizzato a ridurre l’ansia

Tale classificazione, che non si basa su elementi psicopatologici specifici, ma su aspetti comportamentali, non ha molto riscontro nella realtà clinica, ma rappresenta un utile strumento di comunicazione tra i ricercatori.

I confini tra un DP e l’altro, quindi, non sono netti e, spesso, vengono riscontrati più DP contemporaneamente.

Nel DSM, i DP sono considerati entità distinte dalle altre condizioni psichiatriche e sono collocati su un Asse (Asse II) separato dagli altri disturbi mentali (Asse I). I DP possono predisporre allo sviluppo di patologie dell’Asse I e influenzarne le manifestazioni, il decorso e la risposta ai trattamenti.

Tuttavia, non è possibile distinguere nettamente tra Asse I e Asse II, come se i due tipi di disturbi fossero eziologicamente differenti. È utile, quindi, ricorrere al concetto di spettro di malattia, secondo cui alcuni disturbi dell’Asse I e dell’Asse II, simili per caratteristiche descrittive, terapeutiche ed eziologiche, sia pure con diversa modalità espressiva, potrebbero far parte di un continuum di manifestazioni psicopatologiche: i DP sarebbero le condizioni meno gravi, ed andrebbero sfumando nei disturbi maggiori, all’aumentare della gravità.

Molti DP, quindi, rientrerebbero in uno spettro di patologie: il Disturbo Borderline con i Disturbi dell’Umore, il Disturbo Schizotipico con la Schizofrenia, il Disturbo di Evitamento con i Disturbi d’Ansia.

Bisogna considerare, inoltre, che anche le patologie maggiori hanno influenza sulla struttura di personalità: un decorso prolungato di malattia influenza aspetti delle personalità, come lo stile cognitivo, l’affettività ed il comportamento.

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CLASSIFICAZIONE

Disturbo di Personalità: presenza persistente di un modello di comportamento che si discosta molto da quanto previsto dalla cultura dell’individuo e che si manifesta in almeno due delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale e controllo degli impulsi; tale modello è inflessibile e pervasivo in molte situazioni personali e sociali e determina disagio o compromissione del funzionamento sociale e lavorativo; l’esordio si ha, in genere, nell’adolescenza o all’inizio dell’età adulta

Cluster A (strano o eccentrico)

Caratterizzato da emotività coartata, sfiducia nei confronti degli altri e tendenza all’isolamento sociale

Disturbo di personalità schizoide

Tipico di persone incapaci di istaurare e mantenere relazioni interpersonali significative

Assenza di relazioni: mancano relazioni strette, sia in ambito familiare, che in amicizia; non ci sono confidenti; i soggetti con DP Schizoide sono solitari, perché non desiderano stabilire rapporti interpersonali con gli altri e scelgono, quindi, attività solitarie; il desiderio di esperienze sessuali con altre persone è ridotto.

Emotività appiattita: incapacità di esperire forti emozioni, freddezza e distacco, senza espressione di sentimenti quali rabbia o gioia e con insensibilità alla critica o alla lode.

Tali persone possono ottenere discreti risultati in ambito lavorativo, ma solo in attività che non comportano il contatto interpersonale.

Disturbo di personalità schizotipica

Il modello di relazione interpersonale è uguale a quello del DP Schizoide, ma qui sono presenti anche eccentricità nell’aspetto, nel comportamento nell’ideazione e nelle percezioni

Caratterizzato da: povertà di pensiero, linguaggio eccessivamente concreto o astratto, esperienze percettive insolite (percezioni distorte o illusioni), credenze insolite (ad es. magiche), attribuzione di significati speciali e personali ad eventi ordinari, senso di alienazione, abbigliamento stravagante, isolamento sociale, tendenze paranoidi, sospettosità, affettività coartata ed ansia nei rapporti sociali.

Disturbo di personalità paranoide

È presente la sospettosità del DP Schizotipico, ma mancano l’isolamento sociale e l’eccentricità

La caratteristica principale è rappresentata da ipervigilanza e sfiducia nei confronti delle intenzioni degli altri. Soggetti con DP Paranoide si aspettano sempre di essere raggirati, dubitano della lealtà di amici e colleghi e della fedeltà del coniuge, vedono motivi nascosti nelle azioni degli altri e negli avvenimenti, sono irascibili e serbano rancore a lungo per i torti subiti.

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Cluster B (melodrammatico, emotivo, imprevedibile)

Disturbo di personalità borderlineNel DSM III, il DP Borderline era posto al confine di diverse patologie mentali: schizofrenia,

pseudonevrosi, organizzazione psicotica di personalità, disturbi dell’umore.

Il DP Borderline è caratterizzato da: fluttuazioni dell’umore con intensa disforia, relazioni interpersonali instabili ed intense, rabbia inappropriata o intensa, impulsività o mancanza del controllo della rabbia, abuso di sostanze, ricorrenti tentativi di suicidio o comportamenti automutilanti, disturbi marcati e persistenti dell’identità personale, cronica sensazione di vuoto o noia, tentativi di evitare un reale o immaginario abbandono, intolleranza alla solitudine con costante ricerca di contatti interpersonali.

Possono essere presenti episodi depressivi, che, tuttavia, sono meno gravi e più reattivi all’ambiente di quelli riscontrati in altri DP.

Di frequente riscontro, anche brevi e transitori sintomi psicotici, quali idee di riferimento, fenomeni dispercettivi e distorsioni cognitive.

Il quadro è sovrapponibile in parte a Distimia, Ciclotimia e DP Schizotipico.

Disturbo di personalità istrionicoIn passato, tale disturbo era nominato come DP Isterico. Nel DSM III, il temine isterico è

stato sostituito con istrionico.

Emotività esagerata e ricerca di attenzione

I pazienti con DP Istrionico sono iperemotivi, seduttivi, egocentrici, dipendenti.

Il DP Istrionico ha confini poco definiti e si sovrappone al DP Borderline per la tendenza a drammatizzare le espressioni di depressione e di collera, i disturbi delle relazioni interpersonali, i comportamenti manipolativi e gli atteggiamenti di dipendenza. Ciò che differenzia i due DP, nell’ambito dei comportamenti manipolativi: I Borderline, rispetto agli Istrionici, avrebbero una tendenza più spiccata ad atti

autodistruttivi

Negli Istrionici, sarebbero presenti comportamenti seduttivi e sessualmente provocanti

Gli Istrionici possono essere divisi in due gruppi caratterizzati da:

Comportamenti seduttivi ed esibizionistici, ma con un livello di funzionamento adulto

Grave regressione ad uno stile relazionale infantile ed impulsivo, simile a quello del DP Borderline

Disturbo di personalità antisociale

Compromissione del funzionamento sociale e comportamenti criminali

Quasi sempre, si origina nell’infanzia come Disturbo della Condotta.Caratterizzato da: fascino superficiale, assenza di deliri e di altri segni di pensiero irrazionale,

assenza di nervosismo, inaffidabilità, mancanza di sincerità di rimorso e di colpa, comportamento antisociale immotivato, incapacità di apprendere dall’esperienza, egocentrismo patologico,

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incapacità ad amare, mancanza di insight, vita sessuale superficiale, incapacità di pianificazione, comportamenti di tipo criminale.

Molti comportamenti possono portare alla diagnosi aggiuntiva di DP Borderline, sebbene gli Antisociali, in genere, non presentano l’intensa dipendenza dei Borderline.

I dati indicano che, nelle famiglie in cui è presente un individuo Antisociale, spesso è presente anche il Disturbo di Somatizzazione. Il comportamento antisociale si ritroverebbe, in maggioranza, nel sesso maschile, mentre l’istrionico in quello femminile, ed è possibile che entrambi condividano gli stessi fattori genetici, che si esprimono poi in modo differente a seconda dei modelli di socializzazione (maschile/femminile).

Disturbo di personalità narcisisticoBisogno di alimentare l’autostima mediante fantasie grandiose, ambizioni esagerate,

esibizionismo, sensazione che tutto sia dovuto, tendenza a strumentalizzare le persone per il conseguimento dei propri scopi, esagerata sensibilità al giudizio degli altri, mancanza di empatia.

Cluster C (ansioso o pauroso)

Gli individui dell’anxious cluster sono spesso ansiosi e manifestano comportamenti finalizzati a ridurre l’ansia: evitamento di situazioni sociali ansiogene (DP di Evitamento); evitamento delle decisioni per paura di sbagliare (DP Compulsivo); mantenimento di posizioni subordinate a causa dell’ansia associata all’indipendenza (DP Dipendente)

Tali DP sono in stretto rapporto con i Disturbi d’Ansia dell’Asse I del DSM.

I DP dell’anxious cluster presentano compromissione delle relazioni interpersonali e del funzionamento occupazionale, ma non dell’affettività, della cognizione o della percezione (aspetto peculiare di DP Borderline, Schizotipico e Paranoide). Tuttavia, è ipotizzale che i comportamenti maladattivi, connessi all’ansia, siano il risultato di un meccanismo di adattamento ad un malfunzionamento congenito non solo ansioso, ma anche affettivo e cognitivo. Ad esempio, è possibile che alcuni Compulsivi manifestino ordine e perfezionismo eccessivi, per compensare una disorganizzazione cognitiva sottostante.

Disturbo di personalità evitante

Caratterizzato da introversione, inibizione, ansia e bassa autostima

Inoltre: ipersensibilità al rifiuto, paura di essere imbarazzati, desiderio di accettazione incondizionata, eccessiva preoccupazione per pericoli potenziali e sensazione di disagio in condizioni ordinarie.

Gli Evitanti evitano l’interazione sociale, pur avendone desiderio e capacità, perché temono di essere rifiutati. Tale isolamento sociale va distinto da quello di Schizoidi e Schizotipici, poiché questi ultimi hanno scarse capacità di interazione e la rifiutano più o meno attivamente.

Per questo motivo, lo stile di vita degli Evitanti è assai coartato e fonte di sofferenza per l’individuo.

Il DP Evitante è connesso ai Disturbi d’Ansia, in particolare alla Fobia Sociale.

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Disturbo di personalità dipendente

Caratterizzato da comportamento dipendente e sottomesso, determinato dalla paura di essere abbandonati

I Dipendenti lasciano che gli altri decidano al loro posto, trovano difficile iniziare o completare un compito da soli, si disperano quando finisce una relazione. Il funzionamento sociale è solitamente adeguato, tranne quando è richiesto un comportamento innovativo, assertivo, deciso.

Per evitare il temuto abbandono, i Dipendenti tollerano maltrattamenti, umiliazioni, si dicono d’accordo con le persone anche quando non lo sono.

Disturbo di personalità ossessivo-compulsivo

Caratterizzato da comportamento perfezionista, inflessibile, ipercoscienzioso

I Compulsivi sono eccessivamente preoccupati per i dettagli, per cui perdono di vista l’obiettivo finale dell’azione e non riescono a portarla a termine, nel tentativo di mantenere standard troppo elevati. Si sentono più a loro agio nel lavoro, che nelle attività di tempo libero e nei rapporti di amicizia.

Sono inoltre presenti: difficoltà a disfarsi di oggetti, anche di nessun valore, nell’ipotesi che possano essere utili in futuro; ridotta risonanza emotiva nelle situazioni interpersonali.

Si è ipotizzata una forte componete genetica del disturbo.

Il DP Compulsivo non è correlato al DOC, ma piuttosto ai disturbi depressivi.

ALTRI DISTURBI DI PERSONALITÀ

Disturbo di personalità passivo-aggressivo

Caratterizzato da comportamento passivo od ostruzionistico, non per affermare la propria volontà, ma per respingere le richieste di adeguate prestazioni

Gli individui con tale DP rimandano, dimenticano o sono intenzionalmente inefficienti nei compiti che preferirebbero non svolgere; si lamentano di ricevere richieste irragionevoli e diventano polemici; criticano le persone che occupano una posizione di autorità, si risentono per i suggerimenti per essere più produttivi. Non sono coscienti della loro ostilità verso l’autorità, sono dipendenti e non hanno fiducia nelle loro capacità.

Il DP Passivo-Aggressivo si sovrappone a molti DP, in particolare al Borderline.

Personalità depressivaIndividui con assetto cognitivo e comportamentale di tipo depressivo: infelicità, mancanza di

allegria e di entusiasmo, sentimenti di esclusione; sono eccessivamente seri, privi di senso dell’umorismo, ipercritici nei confronti degli altri e di se stessi; hanno bassa autostima e tendenza a provare sensi di colpa.

Sovrapponibile, in parte, alla Distmia.

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