MANUALE DI ANATOMIA NERVOSA PER L’ODONTOIATRA · anatomia dei nervi che più da vicino riguardano...

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MANUALE DI ANATOMIA NERVOSA PER L’ODONTOIATRA CONCETTI CHIAVE E TAVOLE ILLUSTRATIVE

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MANUALE DI ANATOMIA NERVOSA PER L’ODONTOIATRA

CONCETTI CHIAVE E TAVOLE ILLUSTRATIVE

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Introduzione

L'interesse per l'anatomia è da sempre di grande rilie-vo ed è stato particolarmente attivo già tra le popola-zioni dell’antichità. Una tra le componenti di maggior fascino e complessità è costituita dal cranio e dal suo contenuto assai prezioso. La testa e il collo compren-dono una regione altamente specializzata del corpo. Le strutture contenute in questa sono strettamente cor-relate perché compattate in un'area estremamente pic-cola. La regione della testa e del collo tra le altre cose presenta un’innervazione che riguarda molto da vici-no il lavoro che svolge l’odontoiatra. In particolare il confronto con alcuni nervi è all’ordine del giorno ed è pertanto necessario conoscere gli aspetti anatomici connessi con questo distretto. Fin dall’anestesia la cor-retta conoscenza dell’anatomia si dimostra essenziale; questa ci permette di raggiungere più facilmente una condizione nella quale il paziente non percepirà alcu-no stimolo dolorico durante il nostro trattamento. Da queste premesse è nato quindi questo compendio di anatomia dei nervi che più da vicino riguardano chi opera nel cavo orale.

Nervi cranici

I nervi cranici sono dodici paia, originano dall’encefa-lo lasciando la superficie di quest’ultimo passano attra-verso alcuni forami del cranio per distribuirsi al distret-to testa-collo. Un nervo cranico, il vago, continua nel torace e nell'addome per innervare alcuni visceri. I nervi cranici sono nominati e numerati in sequenza con numeri romani, procedendo in senso cranio-cau-dale.I. OlfattorioII. OtticoIII. OculomotoreIV. TrocleareV. TrigeminoVI. AbducenteVII. Facciale

VIII.Vestibolo-cocleareIX. GlossofaringeoX. VagoXI. AccessorioXII. Ipoglosso

I nervi cranici presentano 7 componenti funzionali specifiche che possono essere trasmesse al loro inter-no. Nessun nervo cranico possiede tutte le funzioni al suo interno. Ogni nervo cranico presenta modalità spe-cifiche che sono responsabili della ricezione di input sensoriali dai recettori o della produzione di output della componente motore. Un componente aggiuntiva è quella della propriocezione che può essere ricondot-to ad un input sensoriale che presentano quei muscoli che sono innervati da nervi cranici [1].

Funzioni motorie - output

Efferente somatica: rappresenta l'innervazione moto-ria dei muscoli scheletrici sviluppati da somiti.

Efferente viscerale generale: rappresenta le fibre moto-rie che innervano

muscoli lisci, muscoli cardiaci e ghiandole. E’ interes-sante notale che solo quattro nervi cranici trasmettono fibre parasimpatiche: i nervi oculomotore, facciale, glossofaringeo e vago.

Efferente viscerale speciale: costituita dalle fibre moto-rie che vanno ai muscoli scheletrici che originano dal-l'arco faringeo.

Funzioni sensoriali - input

Afferente somatico generale: rappresenta la sensazio-ne generale (tatto, pressione, temperatura, dolore) dal-la pelle intorno al alla parte frontale e laterale del vol-to. Un esempio di questa funzione data dal nervo trige-mino quando serve gran parte della pelle e delle mem-brane mucose del viso, mentre i nervi facciale, glosso-faringeo e vago servono l'area dell'orecchio.

Afferente viscerale generale: composta dalle fibre che portano la sensazione generale dei visceri, general-mente percepita come pressione e/o dolore.

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Afferente somatico speciale: porta le sensazioni prove-nienti da occhio e orecchio.

Afferente viscerale speciale: queste fibre sono associa-te ai sensi speciali dell'olfatto, trasportati nel nervo ol-fattivo e del gusto, trasmesso nei nervi faciale, glossofa-ringeo e vago.

Nervi cranici e funzioni del cavo orale

Passiamo ora in rassegna le caratteristiche principali di quelli che sono i nervi di maggior interesse per il cavo orale: trigemino, faciale, glossofaringeo, vago, accessorio, ipoglosso.

NERVO TRIGEMINO

Il quinto paio di nervi cranici (V), nervo trigemino, prende questo nome in quanto suddiviso in tre bran-che principali: oftalmico (V1), mascellare (V2) e man-dibolare (V3). Quest'ultima rappresenta la branca prin-cipale in quanto, a differenza degli altri due che tra-sportano solamente fibre afferenti, trasporta anche fi-bre efferenti: è pertanto per merito del solo nervo man-dibolare che il trigemino può essere definito un nervo misto. Il V rappresenta peraltro il maggiore fra tutti i nervi cranici, essendo deputato a servire – con un ruo-lo dunque eminentemente sensitivo – gran parte della faccia, le arcate dentarie e le strutture di supporto, buo-na parte della cavità orale e, in generale, delle struttu-re di rivestimento mucoso della testa.

L'origine apparente del nervo è sita nel tronco encefa-lico, esattamente sulla faccia anteriore del ponte in prossimità del peduncolo cerebellare medio. La radice sensitiva, grande e appiattita, si trova lateralmente alla sottile radice motoria, deputata a innervare la muscola-tura masticatoria, il ventre anteriore del muscolo diga-strico, il tensore del timpano e quello del velo palati-no, oltre a trasportare fibre del nervo faciale (VII paio di nervi cranici) attraverso il nervo buccale.

I neuroni che compongono le fibre sensitive hanno centro trofico sito a livello del ganglio semilunare del Gasser, sito in una fossetta (detta del Meckel) subdura-le prossima all'apice della parte petrosa dell'osso tem-porale.

Dal punto di vista embriogico, il trigemino costituisce il nervo del primo arco faringeo, stessa origine di tutti i muscoli tributari sopracitati.

Il nervo lascia lo spazio endocranica attraverso il fora-me ovale sito in fossa cranica media (osso sfenoide) ed emerge in fossa infratemporale. Ancora a ridosso della

base cranica, il tronco principale rilascia la branca sen-sitiva meningea e alcune delle fibre motorie, per poi dividersi in una branca anteriore più piccola e una po-steriore più grossa.

Branca oftalmica

Il nervo oftalmico fornisce il bulbo e la congiuntiva dell'occhio, la ghiandola lacrimale, la pelle della testa e del naso e le mucose dei seni paranasali con innerva-zione sensoriale. Prima di entrare nella fessura orbitale superiore rilascia 3 rami terminali, il nervo lacrimale, frontale e nasociliare.

Il ramo lacrimale è quello di maggior interesse per quanto riguarda la branca oftalmica se si parla di cavo orale. Il nervo lacrimale è il ramo più piccolo della di-visione oftalmica, corre lungo il muscolo retto laterale distribuendosi alla ghiandola lacrimale e alla congiun-tiva adiacente. Mentre è nell’orbita comunica con il ramo zigomatico-temporale del nervo zigomatico del-la divisione mascellare del nervo trigemino, che tra-sporta fibre parasimpatiche postgangliari provenienti dal ganglio pterigopalatino. Queste fibre parasimpati-che vengono quindi trasmesse alla ghiandola lacrima-le attraverso il nervo lacrimale, fornendo così innerva-zione secreto-motoria.

Branca mascellare

Il nervo mascellare, la seconda branca del nervo trige-mino, è solamente sensoriale e serve cute del lato del naso, guancia, palpebre, parte centrale del volto, rino-faringe, tonsille, palato, seno mascellare, gengiva, den-ti e strutture associate al mascellare superiore. Il nervo fuoriesce dalla volta cranica attraverso il fora-me rotondo dopo aver attraversato la parte posteriore del seno cavernoso. Uscito forame rotondo, il nervo decorre attraverso la fossa pterigopalatina per entrare nel pavimento dell'orbita nella parte inferiore dell'orbi-ta. Qui, il nervo diventa noto come nervo infraorbita-rio, entra nel canale omonimo fuoriesce dal foro in-fraorbitario. Questo nervo può essere anestetizzato qualora sia richiesta una procedura all’arcata superio-re, tra cui il rialzo del sono mascellare. Una pubblica-zione [2], ha proprio valutato l’efficacia anestetica di The Wand in tale procedura, riscontrando ottimi risul-tati. Vediamo quali rami rilascia durante il suo percorso.

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- Nervo meningeo medio: si stacca prima che il nervo mascellare si impegni nel foro rotondo; segue l’arteria meningea media nelle sue dirama-zioni per la dura madre encefalica.

- Nervi zigomatici: rilascia il ramo zigomatico-fac-ciale che provvede alla sensibilità della guancia e quello zigomatico-temporale che innerva il la-to della fronte. Quest’ultimo rilascia un ramo per diretto al nervo lacrimale prima di uscire dal-l’orbita. Questo porta fibre parasimpatiche postgangliari derivata dal nervo cranico VII pro-venienti dal ganglio pterigopalatino.

- Nervi pterigopalatini: emergono in prossimità dell’omonimo ganglio.

o Nervo orbitale: i rami orbitali entrano nell'orbita per rifornire la periorbita e il seno posteriore etmoidale e sfenoidale.

o Nervo palatino maggiore: fuoriesce dal foro omonimo situato nel palato circa 1 cm apicalmente ai molari superiori, si por-tano in avanti fino alla linea mediana per servire l’intero palato. Nella sua discesa nel canale pterigopalatino, i rami nasali posero-inferiori vengono emessi.Il nervo palatino maggiore si divide mentre si trova nel canale per formare un nervo palatino minore, che esce sul palato attraverso due o tre forami omogenei che servono il pala-to molle, la tonsilla e l'ugola.

o Rami nasali superiori posteriori: entrano nella cavità nasale dal forame sfenopalati-no per fornire, nella compagine di questi nervi emerge il nervo nasopalatino.

♣ Nervo nasopalatino o di Scarpa:

il nervo nasopalatino di Scarpa è un ramo collaterale del nervo pterigopa-latino, a sua volta ramo interno di divisione della branca mascellare del nervo trigemino (V paio di nervi cranici). Decorre lungo il pavimento della cavità nasale, adeso al perio-stio del setto, portandosi dalla parte posteriore di questo in avanti. Pene-tra poi nel canale nasopalatino di Scarpa, per poi accedere alla cavità orale attraverso il foro incisivo (o pa-latino anteriore). Qui si osserva una confluenza tra i due nervi nasopalati-

ni, che a loro volta possono anasto-mizzarsi con il ramo palatino mag-giore. Il nervo nasopalatino serve il terzo anteriore del palato duro con la relativa mucosa. Può coinvolgere gengiva e strutture di supporto del-la regione intercanina. Il blocco ner-voso di tale struttura, indicato negli interventi interessanti mucosa e pe-riostio e anche nei trattamenti paro-dontali presso la stessa zona. La pol-pa dentale non viene coinvolta e l’anestesia non è consigliabile qualo-ra il trattamento sia incentrato su uno-due elementi.

Effetti del blocco del nervo nasopa-latino di Scarpa. La metodica è van-taggiosa, perché permette l’anestesia di una porzione ampia del palato con una quantità minima di anesteti-co locale. Nel contempo può risulta-re problematica, in quanto la proce-dura iniettiva risulta spesso partico-larmente dolorosa in tale zona.Il re-pere anatomico principale è rappre-sentato dalla papilla interincisiva, sotto la cui prosecuzione palatale giace il forame stesso. Malamed con-siglia l'impiego di un ago 27 o 25 gauge, preferibilmente corto per una maggiore stabilità e, al fine di ap-procciare l'area nella maniera meno indaginosa possibile, suggerisce di considerare due differenti metodiche operative [3].La prima è la tecnica a singola inie-zione, va effettuata con il paziente disteso a bocca bene aperta e collo iperesteso. Con un tampone di coto-ne, idealmente impregnato di solu-zione anestetica topica, viene premu-ta l'area immediatamente laterale alla papilla, in modo da ischemizza-re il tessuto. Dall'altra parte viene fatto penetrare l'ago: durante l'appro-fondimento, vengono rilasciate mini-me quantità di soluzione. Appena contattato l'osso (a una profondità di 5 mm), l'ago viene ritratto di circa un millimetro e, dopo aspirazione (il

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tasso di positività è pressoché nullo) viene somministrato altro anestetico. Con un quarto di tubofiala, media-mente, il tessuto appare irrigidito ol-tre che ulteriormente ischemizzato.

o Ramo faringeo: lascia l'aspetto posteriore del ganglio pterigopaltino per entrare nel canale faringeo. Serve la mucosa e la rino-faringe fino al meato acustico.

- Nervi alveolari superiori posteriori: derivano dal tronco principale del nervo mascellare, men-tre è ancora nella fossa pterigopalatina. Passano sopra la tuberosità del mascellare superiore for-nendo rami alla mucosa della guancia e alla gen-giva adiacente. I nervi alveolari superiori poste-riori entrano quindi nell’omonimo forame per fornire l’innervazione del seno mascellare e i denti molari dove formano il plesso dentale, ad eccezione della radice mesiale buccale del pri-mo molare. L'innervazione sensoriale di questa radice è fornita dal nervo alveolare medio supe-riore, proveniente dall’infraorbitario.

- Ramo infraorbitario: è il ramo terminale del nervo mascellare. Dopo aver attraversato la fos-sa pterigopalatina, il nervo mascellare entra nel pavimento dell'orbita, diventando così il nervo infraorbitale. Entrando nel pavimento dell'orbita, il nervo infraorbitale invia un ramo, detto alveo-lare medio superiore alla parete laterale del se-no mascellare, innervandola. I rami di questo nervo vanno anche ad innervare la radice bucca-le mesiale del primo molare e tutte le radici dei premolari superiori. Il nervo infraorbitario costi-tuisce una branca del nervo mascellare, seconda branca del V paio di nervi cranici. Emerge da un omonimo foro posto sulla superficie malare e conduce la sensibilità di cute e mucose del ter-zo medio del volto. Una volta fuoriuscito, si divi-de in 4 branche distali, dedicate appunto alle aree cutanee di competenza, e 3 prossimali: que-ste ultime corrispondono ai nervi alveolari supe-riori, anteriore, medio e posteriore, i quali com-plessivamente formano il plesso che serve l'inte-ra arcata dentale superiore. Una particolarità anatomica di questo nervo è rappresentata dal cosiddetto canalis sinuosus. Venne descritto per la prima volta nel 1939 ad opera di Jones come un fascicolo nervoso che emerge dalla porzione posteriore del foro infraorbitario, per poi decorre-

re in un canale osseo tortuoso, del diametro di 2 mm circa, a lato della cavità nasale. Il canale prende origine dal tratto terminale del canale infraorbitario (prima cioè che questo sfoci nel rispettivo foro), decorrendo inizialmente in avan-ti verso la cavità nasale, per poi portarsi verso il basso dopo aver descritto una “S”. il termine “ca-nalis sinuosus” [4] fa riferimento a questo seg-mento così caratteristico. Il canale, dopo un per-corso intraosseo di più di 5 cm, emerge infine da un foro secondario a livello palatale: quest'ul-timo tratto è soggetto a importante variabilità anatomica. La struttura ospita il decorso del ner-vo alveolare anteriore superiore (con i rispettivi vasi comitanti) e non è pertanto sottovalutabile soprattutto nella chirurgia implantare della zona. Fortunatamente, il tratto terminale del nervo, che come detto compartecipa al plesso dedicato all'arcata superiore, presenta una serie di anasto-mosi in grado di vicariare eventuali danni: in al-cuni casi, comunque, è possibile riscontrare di-sturbi neurologici legati proprio ad eventi trau-matici. Peraltro si tratta di sintomi spesso difficil-mente interpretabili dal punto di vista clinico, in quanto non meglio valutati in precedenza. Il gruppo di Ferlin ha condotto una revisione siste-matica sull'argomento, ricavando dai database Scopus, Medline e Web Of Science un totale di 70 record, 11 dei quali sono stati valutati sul pia-no qualitativo. La maggior parte degli studi consi-ste in TC cone beam volte a valutare i canali ac-cessori. Il 90% dell'evidenza relativa a tali docu-menti è stata comunque valutata come di qualità moderata o alta. Lo studio ha concluso osservan-do la possibile variabilità del canalis sinuosus in termini di posizione, diametro, tragitto e presen-za di canali accessori. Il canalis sinuosus è pre-sente tra l'88 e il 100% e suoi accessori tra la metà e il 70% delle volte. Per quanto riguarda la gestione clinica nei casi chirurgici, gli autori sot-tolineano l'importanza di non sottovalutare la problematica, soprattutto in fase di programma-zione chirurgica: la misura diagnostica più racco-mandata, da questo punto di vista è proprio la TC cone beam.

Branca mandibolare

E’ l’unica branca a contenere sia una componente sen-soriale che una motoria. In più al nervo mandibolare

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sono annessi il ganglio otico, sottomandibolare e sotto-linguale.

Componente sensitiva Componente motoriaLe fibre sensoriali servono la cute intorno al terzo inferiore del volto, alla guancia, al labbro inferiore, all'orecchio, al meato acustico esterno, all'articolazione temporo-mandibolare e alla regione temporale. Innerva anche la mucosa della guancia, la mucosa dei due terzi anteriori della lingua, i denti mandibolari, la gengiva, la mastoide e il corpo della mandibola.

La componente motoria fornisce tutta la muscolatura sviluppata all'interno del primo arco faringeo: i muscoli della masticazione, compresi i muscoli temporale, massetere, pterigoideo mediale e laterale, nonché i tensori timpani e veli palatini e il ventre anteriore dei muscoli digastrici e milooidei.

Il nervo mandibolare fuoriesce dal cranio tramite il fo-ro ovale della grande ala dello sfenoide. Prima che av-venga la suddivisione dal tronco principale si distacca-no il nervo meningeo ricorrente e il nervo pterigoideo mediale. Da quest’ultimo emergono i rami tensore pa-latino e tensore del velo palatino. Uscito dal foro ovale si divide nei suoi due rami termi-nali:

• Anterolaterale: quasi esclusivamente motore, composto da nei nervi temporo-buccinato-re, temporale profondo medio, temporo-masseterino e pterigoideo esterno, nervo buccale.

• Posteromediale: quasi esclusivamente sensitivo.  Si scompone nei nervi auricolo-temporale, linguale, alveolare in-feriore, pterigoideo interno, del muscolo tenso-re del velo palatino e del muscolo tensore del timpano.

Della componente anterolaterale vediamo nel detta-glio il nervo buccale. Il nervo buccale, definito anche long buccal nerve nella Letteratura anglosassone, rap-presenta uno dei due rami terminali del tronco interno della branca mandibolare del nervo trigemino (V3). Tale struttura raccoglie e conduce la sensibilità della mucosa della zona posteriore della guancia; serve inol-tre il versante vestibolare della gengiva della regione molare. Può in alcuni casi contribuire all'innervazione della cute della corrispondente regione extraorale.

L'origine è piuttosto alta a livello della fossa infratem-porale e il decorso è in buona sostanza caudale e late-rale. Dopo l'origine, il nervo presenta in realtà una

traiettoria inizialmente orizzontale, decorrendo tra i due capi del muscolo pterigoideo laterale. In seguito si porta effettivamente verso il basso addossato alla fac-cia mediale del ramo mandibolare. Incrocia infine il trigono retromolare portandosi verso la guancia. Inner-va il muscolo pterigoideo esterno, mucosa della guan-cia, gengiva della superficie esterna del processo al-veolare inferiore.

Il nervo buccale costituisce una struttura importante dal punto di vista anestesiologico: adottando la comu-ne tecnica di blocco alveolare inferiore, infatti, non è possibile raggiungere la zona di gengiva servita dal ner-vo.

Per questa ragione la procedura è integrata con una somministrazione di anestetico distalmente alla regio-ne molare inferiore. Al contrario la tecnica di Gow Ga-tes interessa a monte il nervo mandibolare e, di conse-guenza, le sue principali diramazioni, compresi gli stessi alveolare inferiore e buccale. Sicher e Dubrul (1991) [5] affermano che il nervo incrocia la parte su-periore della fossa retromolare ed è in quest'area che il nervo può essere esposto alla soluzione anestetica. Malamed definisce la tecnica iniezione vestibolare lun-ga e assicura un tasso di successo praticamente assolu-to. Dal punto di vista chirurgico, in realtà, è oggi accer-tato il fatto che il nervo buccale non presenti particola-ri criticità. Può essere effettivamente interessato nel corso di interventi di estrazione di terzo molare inclu-so, in caso di incisione di rilascio condotta troppo pro-fondamente. Per questo i manuali raccomandano di allestire il lembo a spessore totale solo in corrispon-denza del trigono retromolare, per poi proseguire a mezzo spessore lungo la branca montante mandibola-re. Secondo Hendy (1996), un'incisione oltre i 12 mm al di sotto la concavità maggiore della linea obliqua mette a rischio il nervo buccale [6]. La non completa affidabilità di tale repere, soprattutto nei soggetti ede-duntuli, fa sì che oggi il riferimento principale sia il margine anteriore del ramo della mandibola. Il nervo incrocia solitamente la metà superiore di tale linea.

Ci soffermiamo ora su alcune delle principali strutture della componente posteromediale. L’unico elemento deputato all’innervazione motoria è il nervo miloioi-deo che si porta al muscolo omonimo.

I tre rami terminali della branca mandibolare sono: il nervo auricolo-temporale, il nervo linguale e il nervo alveolare inferiore.

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Dopo essere emerso a livello del collo della mandibo-la, il nervo ruota superiormente con l'arteria tempora-le superficiale e penetra all'interno della compagine della ghiandola parotide. Continua a salire, uscendo dalla ghiandola per passare sopra l'arco zigomatico per distribuire fibre sensoriali come nervo temporale superficiale alla cute della regione temporale. Nel suo corso, il nervo auricolo-temporale invia rami articolari all'articolazione temporo-mandibolare, rami auricola-ri anteriori alla porzione anteriore dell'orecchio ester-no, al meato acustico esterno e con alcuni rami alla ghiandola parotide. Questi sono costituiti da fibre pa-rasimpatiche postgangliari provenienti dal ganglio oti-co.

Nervo linguale

Il nervo linguale [7] costituisce uno dei due rami termi-nali del tronco interno della branca mandibolare del nervo trigemino. Conduce la sensibilità somatica dei 2/3 anteriori della lingua – a cui si aggiunge la sen-sibilità speciale gustativa condotta tramite la corda del timpano – della mucosa sottolinguale, del pavimento orale e parte dell’aspetto linguale della gengiva. La cor-da del timpano veicola anche fibre parasimpatiche pregangliari dirette ai gangli sottomandibolare e sotto-linguale. Innerva mucosa della superficie inferiore e superiore del corpo linguale.

Questa struttura nervosa ricopre grande importanza in chirurgia orale e maxillo-facciale. Un danno – transito-rio o permanente – costituisce un’eventualità infre-quente ma comunque contemplabile in una serie di interventi a livello delle regioni del terzo molare man-dibolare e del pavimento orale. L’estrazione del terzo molare inferiore è il più routinario tra gli atti chirurgi-ci che coinvolgono tale regione anatomica. Nel caso della chirurgia implantare risulta invece meno frequen-te un interessamento diretto della struttura, che può essere invece coinvolta qualora risulti necessario esten-dere l’accesso chirurgico al sito allestendo delle inci-sioni di rilascio. Per questo motivo i protocolli consi-gliano sempre di condurre tali incisioni con un netto andamento vestibolare.

Il nervo linguale si distacca dal nervo alveolare inferio-re prima che questo penetri nel canale mandibolare. Sono stati individuati tre pattern anatomici dipendenti dall’altezza della biforcazione, a cui se ne aggiunge un quarto ad aspetto plessiforme. A partire dall’origi-ne, il nervo linguale decorre tra i muscoli pterigoidei esterno e interno in fossa infratemporale, per poi pro-seguire in avanti e in basso, lungo la superficie media-

le dello stesso pterigoideo interno, il rapporto con il quale risulta variabile. Risulta altresì prossimo alla su-perficie interna della branca montante, portandosi poi poco distante (postero-inferiormente) dalla giunzione con il corpo della mandibola. Accede alla regione sot-tomandibolare dopo essersi portato in avanti e medial-mente, a ridosso del margine inferiore del muscolo co-strittore superiore del faringe. Da qui verrà a trovarsi in stretto rapporto con la regione del terzo molare inferio-re. Decorre adeso al periostio sulla superficie mediale della mandibola, protetto solamente dai tessuti muco-periostali. È a contatto con la corticale linguale nel 20-62% dei casi e si trova a livello o al di sopra della cre-sta alveolare nel 4.6-21% dei casi. Qualora non si ri-trovi a livello della corticale linguale, decorre 0.57–7.10 mm medialmente a questa e al di sotto (2.28-16.8 mm) della cresta alveolare. Il trigono retro-molare propriamente detto risulta in realtà un sito infre-quente (0.15-1.5% dei casi). La distanza media dalla regione retromolare si attesta sui 7.2 mm. Il nervo può emettere qui un collaterale, detto anche “ramo gengi-vale”, il quale si estende fino alla zona quinto-sesto elemento dentario.

Il decorso del nervo principale si porta decisamente verso la lingua, decorrendo in senso antero-mediale sulla superficie superiore del muscolo miloioideo. In-crocia poi il dotto della di Wharton, decorrendovi pri-ma lateralmente, poi sotto, per poi ricorrere antero-me-dialmente, rivolto verso la superficie del muscolo io-glosso. Studi su cadavere riportano tale rapporto nel 62.5% dei casi; esso risulta però invertito – il nervo passa cioè al di sopra del dotto – in una casistica consi-derevole, pari al rimanente 37.5%. Le attuali evidenze suggeriscono poi come il punto di intersezione sia in-costante.

Prima di risolversi nei rami terminali lungo il ventre linguale, il nervo può presentare ulteriori variazioni: può comunicare ad esempio con il nervo miloideo (di-pendenza dalla branca mandibolare) o addirittura con il nervo ipoglosso (XII paio di nervi cranici).

Nervo alveolare inferioreIl nervo alveolare inferiore è il ramo medio della bran-ca mandibolare ed emerge al di sopra della spina del-lo Spix. Si porta dietro e lateralmente rispetto al nervo linguale, tra i due muscoli pterigoidei e penetra nel corpo della mandibola attraverso il corpo mandibola-re. Prima di penetrare nel canale rilascia il nervo mi-loioideo.

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Il nervo alveolare inferiore percorre il canale fino a raggiungere il forame mentoniero in prossimità delle radici dei premolari; da qui si divide in 3 rami che in-nervano la cute del mento, la mucosa del labbro e del-la superficie alveolare inferiore. Il plesso dentale infe-riore innerva gengiva ed elementi dentali. Un rischio chirurgico rilevante è rappresentato dal trauma iatroge-no – e dai possibili esiti neuropatici conseguenti: pare-stesia-distestesie ecc. – a carico del nervo alveolare inferiore, o meglio, del suo tratto terminale, nel caso questo vada a effettuare un’ansa all’interno del canale, appena prima di emergere dal forame mentoniero. Il nervo mentoniero che ne segue – indirizzato a labbro inferiore, cute della regione mentoniera e parte della gengiva vestibolare – è generalmente considerato il ra-mo terminale principale del nervo alveolare inferiore, che di solito prosegue con un piccolo ramo incisivo indirizzato appunto agli elementi frontali dell’arcata inferiore. È possibile che la branca principale, prima di emergere come nervo mentoniero, oltrepassi il foro, descriva un’ansa a convessità anteriore, ritornando poi verso il foro stesso e, infine, fuoriuscendovi. Sui testi si parla comunemente di “anterior loop” del nervo. Lo studio di Velasco-Torres (2017) si è proposto, fra le al-tre valutazioni, di stimare su TC cone beam la preva-lenza e l’estensione dell’anterior loop, in un campio-ne di 348 pazienti. L’analisi ha evidenziato una corre-lazione negativa (minor prevalenza ed estensione) con il crescere dell’età. Si tratta potenzialmente di un’indi-cazione di grande interesse clinico: facendo un esem-pio di trattamento a rischio, Todorovic, nel suo recen-tissimo lavoro, fa riferimento alla riabilitazione full-arch con 4-5 impianti interforaminali. Avvicinandosi al forame si amplia l’area di copertura in senso antero-po-steriore e si riduce il cantilever. Lo studio in questione si ripropone a sua volta di quantificare prevalenza e dimensioni attraverso indagini TC multislice riformatta-te (studio retrospettivo su esami richiesti per altra ragio-ne clinica). A differenza dello studio precedentemente citato, incentrato su soggetti caucasici, questo secon-do ha volutamente non considerato le possibili diffe-renze razziali (si tratta peraltro di un campione di 188 pazienti sudafricani). In questo caso è stata segnalata una differenza statisticamente significativa per quanto concerne il sesso (maggiore prevalenza nei maschi). Si può già affermare che l’anterior loop costituisca un’evenienza anatomica da considerare in ambito preoperativo implantare, molto di più di altre variabili assai più rare, come ad esempio lo sdoppiamento del foro.

NERVO FACCIALE

I componenti del nervo facciale e le loro funzioni so-no: motore viscerale speciale, sensoriale generale, sensoriale viscerale, speciale sensoriale, parasimpati-ca [8].

Il nervo possiede due radici, una grande radice moto-ria e una radice più piccola, chiamata nervo interme-dio, contenente le speciali fibre sensoriali per il gusto, le fibre parasimpatiche e fibre sensoriali. Le due radici emergono dal cervello tra il ponte e il peduncolo cere-bellare inferiore.

Il decorso attraverso il cranio termina quando il faccia-le fuoriesce dal forame stilomastoideo. Il ganglio al quale si accompagna il nervo prende il nome di geni-colato.

Numerosi rami sorgono dal nervo mentre scorre attra-verso l'osso temporale, tra cui:

- nervo petroso maggiore: porta con sé fibre motorie e parasimpatiche; lungo il suo tragitto contrae anastomo-si con il nervo petroso profondo dando così origine al nervo del canale pterigoideo (o nervo vidiano). Tale nervo arriva così al ganglio pterigo-palatino  (o sfeno-palatino), dal quale tali fibre, divenute postgangliari, si uniranno al nervo zigomatico portandosi prima al ner-vo zigomaticotemporale, ramo terminale dello zigoma-tico, e poi, per via di un'anastomosi, al nervo lacrima-le, giungendo infine alla ghiandola lacrimale. Dal gan-glio pterigo-palatino origineranno anche fibre postgan-gliari parasimpatiche dirette alle ghiandole della muco-sa nasale e alle ghiandole palatine 

- nervo per il muscolo stapedio: provvede all’innerva-zione motoria del muscolo stapedio.

- chorda tympani: la chorda tympani si dirige lenta-mente verso un canale a sé stante. Lascia la cavità tim-panica per entrare nella fessura petrotimpanica, quindi esce dal cranio a livello della spina posteriore dell'os-so sfenoide. Il nervo riceve una comunicazione dal ganglio otico e si unisce al ramo linguale della divisio-ne mandibolare del nervo trigemino. Contiene fibre sensoriali speciali destinate alle papille gustative sui due terzi anteriori della lingua e fibre parasimpatiche pregangliari destinate al ganglio sottomandibolare. La ghiandola sottomandibolare riceve le fibre parasimpa-tiche pregangliari del nervo chorda tympani attraverso la radice parasimpatica. Le fibre parasimpatiche postgangliari dalla ghiandola sottomandibolare passa-no alla ghiandola sottomandibolare o rientrano nel

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nervo linguale da distribuire alla ghiandola sublingua-le e alle ghiandole salivari minori nel pavimento della bocca, fornendo loro innervazione secretomotoria.

- Quando il nervo facciale esce dal forame stilomastoi-deo, prende il via il nervo auricolare posteriore che passa tra il padiglione auricolare e il processo mastoi-deo, dividendosi in rami occipitali e auricolari.

- Nascono dalla stessa area a per cui talvolta con emer-genza unica i nervi per la componente motrice del ventre posteriore del muscolo digastrico e stiloideo per il muscolo omonimo.

- Plesso parotideo: dopo essere entrato nella ghiando-la parotide, il nervo facciale si divide in divisioni tem-poro-facciali e cervico-facciali che si uniscono nel plesso parotideo. Da qui emergono i rami che fornisco-no innervazione motoria ai muscoli dell'espressione facciale, detti rami:

- temporali

- zigomatici

- buccali

- mandibolari

- cervicali

NERVO GLOSSOFARINGEO

Il nervo glossofaringeo presenta fibre che trasportano segnali di tipo:

- Efferente viscerale speciale- Parasimpatiche viscerali efferenti: per la ghian-

dola parotide, altre ghiandole salivari minori del-l’area posteriore della lingua e della zona adia-cente della faringe

- Speciali afferenti viscerali: per le papille del terzo posteriore della lingua e le circumvallate.

- Generali afferenti viscerali: fornisce le papille del terzo posteriore della lingua e la tonsilla pa-latina.

- Generali afferenti somatiche

Soffermandoci sui rami di maggiore interesse in ambi-to odontoiatrico, è possibile osservare che il tronco principale del nervo glossofaringeo termina come di-versi rami faringei per entrare nella parete posteriore della faringe; alcuni di questi rami portano poi alla lin-gua come rami linguali fornendo una sensazione gene-rale al terzo posteriore della lingua e portando fibre speciali sensoriali alle papille gustative su quella por-

zione della lingua e alle papille circonvallate. Altri ra-mi comunicano con il nervo palatino inferiore del ma-scellare e si portano alle tonsille.

NERVO VAGO

Il nervo vago ha una grande importanza ed il decorso più lungo rispetto agli altri nervi cranici. Il nervo vago entra anche nel torace per servire il cuore e i polmoni e continua nell’addome. Nonostante le sue innumere-voli funzioni, rispetto al cavo orale svolge quella di portare fibre afferenti viscerali speciali per la base del-la lingua.

Possiede anche fibre con funzione efferente viscerale speciale, afferente generale somatica, afferente viscera-le somatica, efferente generale viscerale.

NERVO IPOGLOSSO

Il più caudale dei nervi cranici è il nervo ipoglosso, nervo motore dei muscoli della lingua. Entra nella compagine dei muscoli della lingua, che fornisce, pro-cedendo verso la parte ventrale della lingua.

LESIONI NERVOSE CONNESSE CON OPERAZIONI ODONTOIATRICHE

Nervo alveolare inferiore

Quella neuropatica rappresenta senza dubbio una for-ma di danno iatrogeno non comune ma, allo stesso tempo, temibile, proprio in virtù della rarità oltre che della difficoltà di approccio diagnostico e terapeutico. Il più delle volte si tratta di condizioni transitorie che tendono a risolversi autonomamente nel giro di qual-che tempo. In alcuni casi, tuttavia, il danno può richie-dere trattamenti anche invasivi di natura neurologica e neurochirurgica. La variabilità del tipo di danno si ri-flette sul quadro clinico, che spazia dall'ipo-anestesia, ai diversi gradi parestesia, sino all'allodinia-iperalge-sia. Nel 70% dei casi si osserva un sintomo dolorifi-co.

Nel caso del nervo alveolare inferiore, le possibili cau-se di interessamento iatrogeno in ambito odontostoma-tologico possono essere ricondotte a quattro categorie principali:

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- danno susseguente a tecnica di anestesia locale iniettiva

- danni causato da terapia endodontica

- danno su base chirurgica implantare e avulsione del terzo molare

Secondo lo studio Renton e Yilmaz del 2011, sarebbe proprio quest'ultima la causa più comune (in grado di coprire da sola il 60% dei casi), seguita sorprendente-mente dalle tecniche di anestesia locale (19%), alla pari con la chirurgia implantare. Solo l'8% degli episo-di rappresenterebbe la complicanza di un trattamento endodontico.

Partendo da questi dati e considerando queste stesse grandi categorie, Martinez e colleghi (2014) hanno condotto una revisione della letteratura riferita al perio-do 2008-2013. Le evidenze raccolte, i cui punti salien-ti vengono riportati qui di seguito, fanno riferimento a un corpus di 45 articoli scientifici, selezionati da un pool iniziale di quasi 400.

Danno al nervo alveolare inferiore in endodonzia

Come anticipato, il danno neuropatico del nervo al-veolare inferiore non rappresenta una complicanza comune del trattamento canalare. Al contrario, la rottu-ra di uno strumento costituisce un'eventualità temuta ma contemplata dall'endodontista, soprattutto se si par-la di strumenti rotanti e soprattutto in presenza di cana-li sottili e curvature importanti. Difficile comunque che sia lo strumento stesso a oltrepassare l'apice fino a impegnare il canale mandibolare dove decorre il ner-vo, dato che la frattura sussegue proprio al contatto con un ostacolo improvviso.

Più verosimile che la complicanza sussegua all'estru-sione dall'apice di cemento canalare, guttaperca calda o altri materiali a uso endodontico. È pertanto impor-tante conoscere la potenziale neurotossicità di alcuni di tali prodotti.

Per quanto riguarda la localizzazione, si valuti la lun-ghezza delle radici di primo premolare, primo e secon-do molare. Un secondo aspetto da valutare, nel pa-ziente in crescita, è il grado di pervietà degli apici.

Danno al nervo alveolare inferiore dovuto ad aneste-sia

Le tecniche anestetiche a livello del nervo alveolare inferiore costituiscono possono rappresentare una pro-blematica clinica rilevante, soprattutto pensando al tas-so di insuccesso che grava sulla tecnica più comune,

ossia il blocco alveolare inferiore. Eppure sono descrit-ti casi, certamente più rari, in cui la tecnica viene asso-ciata a vere e proprie complicanze, alcune delle quali severe e non del tutto imponderabili.

È il caso del danno neuropatico secondario a procedu-ra anestetica: si tratterebbe, come già detto nella pri-ma parte del testo, della causa di quasi 2 episodi su 10 in questo ambito. Indipendentemente dalla tecnica anestesiologica impiegata – blocco nervoso alveolare inferiore, tecnica di Gow-Gates o di Vazirani-Akinosi – la ripetizione dell'anestesia può risultare comunque inutile in un quadro di refrattarietà all'azione farmaco-logica, come può essere la pulpite acuta. Più utile, in questi casi, è l'impiego di tecniche supplementari diffe-renti, in primis l'anestesia intraligamentosa.

Più alto il numero di procedure iniettive, più alto il rischio che una di queste favorisca l'insorgenza di una complicanza, anche remota. Quando si utilizza un dispositivo per anestesia computerizzata come The Wand, la posizione per l’iniezione non viene cambia-ta per il test di aspirazione. Semplicemente si richie-de alla macchina di aspirare, si controlla che il test di aspirazione sia negativo e si inietta. Questo permette di evitare una seconda iniezione, che inevitabilmente sarà di qualche millimetro spostata rispetto alla pri-ma, rendendo così il clinico realmente sicuro di non essere all’interno di un vaso sanguigno e riducendo il rischio di “colpire” il nervo alveolare inferiore e/o lin-guale.[9]

Per quanto rari infatti, sono stati riportati casi di danno permanente a carico del nervo alveolare inferiore. Ta-le struttura sarebbe a minore rischio rispetto al nervo linguale, il quale decorre assai più superficialmente e, per questo, sarebbe più spesso interessato; il sintomo dolorifico, tuttavia, risulterebbe sistematicamente più severo nel caso del nervo alveolare inferiore.

Fortunatamente le soluzioni anestetiche attualmente utilizzate (con le relative molecole) assicurano elevati standard di sicurezza. Secondo quanto evidenziato dallo studio, lungo 6 anni, condotto da Progrel e colle-ghi, tuttavia, qualunque molecola sarebbe in grado di condurre a parestesia: la classica lidocaina sarebbe legata al 25% dei casi di parestesia, l'articaina il 33% e l'ormai superata prilocaina al 34%. Tali differenze risulterebbero non significative e, pertanto, non utili a definire la relazione di causalità con la singola specie di anestetico. Hillerup, al contrario, indica nell'articai-na la molecola a più elevata neurotossicità.

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Va ribadito che la complicanza a cui si fa riferimento segue una procedura, almeno nelle apparenze, condot-ta regolarmente. Capitolo a parte solo le possibili lesio-ni secondarie a eventi quali la rottura dell'ago duran-te l'iniezione: tale eventualità si presenta più frequen-temente in bambini e soggetti ansiosi, essendo sistema-ticamente secondaria a movimenti del paziente im-provvisi e inattesi.Inoltre la precisione durante la fase dell’inserimento dell’ago rappresenta un fattore da tenere in forte consi-derazione. Quando si tenta di eseguire un’anestesia con tecnica convenzionale in molti casi la deflessione dell’ago non permette di raggiungere la posizione che ci si era prefissati. Utilizzare una tecnica bi-direziona-le durante l’inserimento e avanzamento permette di raggiungere una maggior precisione; questo tipo di tec-nica è quella permessa dall’utilizzo di un dispositivo dalla forma simile a quella di una penna come The Wand [10].

In ultima analisi, si consideri che una tecnica anesteti-ca condotta lege artis può condurre a complicanze, compreso il danno neuropatico, anche in presenza di variazioni anatomiche: la più significativa, in questo senso, consiste nel possibile decorso bifido del tronco nervoso.

Danno neuropatico del nervo alveolare inferiore du-rante chirurgia

L'ultima causa trattata è rappresentata dal comparto del danno chirurgico il quale, in realtà, rappresenta l'eventualità numericamente più rilevante, in grado di coprire quasi 8 casi su 10 di danno a carico del nervo alveolare inferiore.

L'esito traumatico di un intervento di chirurgia implan-tare è, in molti casi, espressione di una programmazio-ne deficitaria e, in modo particolare, di una imperfetta fase di diagnostica radiologica. Se, al contrario, il plan-ning è corretto, il danno nervoso è una complicanza rara e, se si presenta, non grave, perché secondaria al-lo stato infiammatorio e/o al rimodellamento osseo sus-seguenti all'intervento chirurgico. Un interessamento di questo tipo tende a risolversi spontaneamente, al più tardi nel giro di qualche mese.

Dal punto di vista anatomico, difficile pensare che un trauma di questo tipo possa manifestarsi in una mandi-bola, edentulia a parte, sana. Più verosimile che si trat-ti di un aspetto acquisito, come tipicamente avviene in presenza di edentulia completa inveterata, associata a riassorbimento severo della base ossea. Un processo

di questo tipo conduce a un avvicinamento relativo del canale mandibolare alla cresta alveolare. Anche in fase di anestesia è opportuno valutare l’assottiglia-mento dei tessuti per evitare di avvicinarsi troppo alla componente nervosa anche con una semplice iniezio-ne plessica a livello della sede dei premolari inferiori laddove c’è l’emergenza del nervo dal forame mento-niero.

In casi come questo, l'uso di impianti corti può essere un'opzione valida ai fini della prevenzione di compli-canze a carico del nervo alveolare. Va ricordato, peral-tro, che gli impianti corti stanno suscitando un interes-se clinico in campi applicativi più ampi di quello in esame: ancora una volta, dunque, la misura preventiva non viene giustificata solamente sulla base della com-plicanza, che rimane in tutti i casi un evento raro.

Nell'ambito chirurgico e anche in termini assoluti, pe-rò, la causa principale di interessamento del nervo al-veolare inferiore (come, in effetti, anche del già citato nervo linguale) è rappresentata dalla chirurgia del ter-zo molare.

Smith osserva come alcune delle più comuni procedu-re di aggressione al terzo molare malposizionato, ostectomia, odontotomia o la separazione linguale del-l'elemento sono in grado di indurre un sanguinamento eccessivo, a sua volta potenziale causa di deficit transi-tori della conduzione neurosensoriale. Jerjes ha defini-to i fattori di rischio anatomici alla base della pareste-sia del nervo alveolare inferiore: posizione orizzontale dell'elemento e prossimità al canale alveolare. A ciò l'autore aggiunge la poca esperienza da parte del clini-co. Per quanto riguarda l'aspetto anatomico, Park indi-ca come fattore critico la perdita di corticale ossea a ridosso del canale mandibolare. Si possono inoltre ag-giungere aspetti riguardanti la morfologia radicolare.

Anche tali indicazioni sembrano sottolineare l'impor-tanza dello studio del caso, soprattutto dal punto di vista radiografico: a fronte di un concreto sospetto di prossimità tra elemento e canale, l'approfondimento tramite l'esecuzione di una TC cone beam può indiriz-zare correttamente l'approccio chirurgico al caso.

Paralisi di BellI dolori orofaciali atipici costituiscono un compendio sindromico ampio e di notevole impegno e rilevanza clinica. La lesione al motoneurone inferiore del faciale è nota comunemente come paralisi di Bell. Si manife-sta “a frigore”, cioè dopo un’esposizione al freddo, tipicamente nel corso delle mezze stagioni. Può pre-

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sentarsi pure a seguito di infezioni o a seguito di atti chirurgici. Il deficit può essere anche associato a sua analgesia durante terapie odontoiatriche che possono verificarsi quando si lavora nell’area della parotide. La paralisi dei muscoli facciali provoca la ptosi dell'oc-chio, depressione dell'angolo della bocca con fuoriu-scita di saliva, disturbo dell’eleoquio. Il trattamento normalmente attuato nei casi più severi, prevede la somministrazione di corticosteroidi per via sistemica. Uno dei protocolli esistenti utilizza il predni-sone nella misura di 1mg/kg/die.

ANESTESIA ODONTOIATRICA E ANATOMIA NERVO-SA

La maggior parte degli interventi odontoiatrici avviene dopo adeguata somministrazione di anestetico locale. Vediamo brevemente i nervi interessati durante le con-venzionali tecniche di anestesia:

- Anestesia plessica vestibolare arcata superiore: è la tecnica più frequentemente usata per ottenere un’anestesia dell’elemento dentario, del perio-stio buccale, del tessuto connettivo e della muco-sa. Vengono anestetizzate le larghe branche ter-minali del plesso dentale.

- Anestesia del nervo infraorbitario: è utilizzata quando è necessario trattare più di due denti ma-scellari e i rispettivi tessuti vestibolari. I nervi anestetizzati sono l’alveolare superiore anterio-re, medio e l’infraorbitario (che coinvolgono le aree inferiormente alla palpebra, lateralmente al naso e al di superiormente rispetto al labbro).

- Anestesia del nervo palatino maggiore: È utilizza-ta per procedure a livello delle zone distali al canino, coinvolgendo i tessuti molli e duri. È ri-chiesta per interventi di conservativa che interes-sano più di due elementi dentari e per procedu-re chirurgiche e parodontali a livello palatale.

- Anestesia del nervo naso-palatino: indicata per trattamenti restaurativi che coinvolgano più di due elementi dentari e per terapie chirurgiche e parodontali da canino a canino.

- Anestesia plessica vestibolare arcata inferiore: analogo a quanto accade nel caso della plessica superiore con la sola differenza che ad essere anestetizzati sono i rami terminali del plesso den-tale dell’alveolare inferiore.

- Anestesia tronculare nervo alveolare inferiore: I nervi interessati sono l’alveolare inferiore, l’inci-sivo, il mentoniero e il linguale, anestetizzando, quindi, i denti, il corpo della mandibola, la mu-cosa vestibolare anteriormente al forame mento-niero, i 2/3 anteriori della lingua, il pavimento orale, il periostio e la mucosa linguale.

- Anestesia tronculare con tecnica di Gow Gates: interessa tutta la terza branca del nervo trigemi-no, includendo l’alveolare inferiore, il linguale, il miloioideo, il mentale, l’incisivo, l’aurico-lo-temporale e il buccale.

- Anestesia del nervo buccale: utilizzata per anestetizzare mucosa e periostio vestibolare di-stalmente rispetto ai molari mandibolari [12].

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12. Schwartz-Arad D, Dolev E, Williams W. Maxillary nerve block--a new approach using a computer-con-trolled anesthetic delivery system for maxillary sinus elevation procedure. A prospective study. Quintessen-ce Int. 2004 Jun;35(6):477-80.

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