Manuale Cure Palliative

158
IOSI Servizio Cure Palliative Indice manuale Manuale di CURE PALLIATIVE © Copyright EOC, Servizio Cure Palliative Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione o ridiffusione del contenuto è espressamente vietata senza il previo consenso scritto del Servizio Cure Palliative, IOSI. TAMAU Il piccolo Tamau viene direttamente da uno strumento di valuta- zione dei sintomi per i bambini e ci terrà compagnia lungo il cammino. Il suo nome è in una lin- gua speciale che un gior- no tutti noi abbiamo par- lato ma che poi cre- scendo abbiamo dimenticato. Tamau vuol dire: “stop– alt–fermo lì!”

description

Manuale

Transcript of Manuale Cure Palliative

IOSI Servizio Cure Pall iat ive Indice manuale

Manuale di

CURE PALLIATIVE © Copyright EOC, Servizio Cure Palliative Tutti i diritti sono riservati. La riproduzione o ridiffusione del contenuto è espressamente vietata senza il previo consenso scritto del Servizio Cure Palliative, IOSI.

TAMAU Il piccolo Tamau viene

direttamente da uno strumento di valuta-

zione dei sintomi per i bambini e ci terrà compagnia

lungo il cammino. Il suo nome è in una lin-

gua speciale che un gior-no tutti noi abbiamo par-

lato ma che poi cre- scendo abbiamo

dimenticato. Tamau vuol dire:

“stop– alt–fermo lì!”

IOSI Servizio Cure Pall iat ive Indice manuale

INDICE

1. PRESENTAZIONE: - Servizio Cure Palliative - Richiesta di consulto

2. STRUMENTI: - Protocollo di valutazione del dolore . Verbale dei dolori . Registrazione continua dei dolori

- ESS (Edmonton Staging System) - ECPA (Scala di Valutazione per persone anziane con stato

cognitivo alterato) - ESAS (Strumento di valutazione multidimensionale dei

sintomi) . ESAS valutazione standard . Valutazione con testo . Valutazione numerica . Grafico - MMS (Mini Mental Status) - Scala di Valutazione dello Stato Confusionale

3. FARMACI E TECNICHE - Elenco dei farmaci oppioidi disponibili in Svizzera DI SOMMINISTRAZIONE: - Somministrazione di farmaci e idratazione per via

sottocutanea

4. TEMI DI DISCUSSIONE: - Dimissione del paziente - Il percorso decisionale in medicina palliativa - Sedazione palliativa 5. SINTOMI: - Anoressia/Cachessia

- Astenia - Cavo orale - Diarrea - Disfagia - Dispnea - Dolore (Schema

paziente con dolore)

- Ileo - Nausea e vomito - Singhiozzo - Stato confusionale - Stipsi -

6. ALTRI DOCUMENTI UTILI: - Presentazione Hospice Ticino (www.hospice.ch) - “Eutanasia” La posizione della palliative ch” (www.palliative.ch) - Raccomandazioni della palliative ch (www.palliative.ch) . Dispnea . Idratazione . Nausea e Vomito . Stato confusionale . Sedazione palliativa . Dolore episodico intenso . Stipsi e Ileo . Spiritualità - Raccomandazioni della SAMW (www.samw.ch)

. Cure palliative: direttive medico-etiche . Assistenza ai pazienti terminali

- Raccomandazioni della Lega Svizzera Contro il Cancro (www.legacancro.ch)

. Fatica e stanchezza, Lega CH . Difficoltà di alimentazione legate al cancro, Lega CH

- Raccomandazioni per l’utilizzo della PEG

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-001 /A Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: 16.11.09 Approvato da: Serv. Cure palliative

PRESENTAZIONE: SERVIZIO CURE PALLIATIVE

Sede principale:

Lugano Ospedale Italiano Via Capelli, 6962 Viganello Tel: 091/811 79 30 • Fax: 091/811 79 32 Email: [email protected]

IL NOSTRO

TEAM:

Medici Dr. Hans Neuenschwander caposervizio Dr.ssa Claudia Gamondi Dr. Piero Sanna capiclinica Dr.ssa Antonella Palumbo

Infermiere Manuela Colla Züger Mara Guerinoni Claudia Pesenti Silvia Walther-Veri

Segretarie Joyce Pellandini Monica Zocchi

LE NOSTRE

SEDI:

Locarno Ospedale La Carità 6600 Locarno Tel. 091/811 44 56 Fax 091/811 45 13

Bellinzona e valli Ospedale S. Giovanni 6500 Bellinzona Tel. 091/811 85 26 Fax 091/811 90 44

Mendrisio Osp. Beata Vergine 6850 Mendrisio Tel. 091/811 35 51 Fax 091/811 30 38

1) PRIMA PARTE :

Gli aspetti teorici delle cure palliative

1.1) Introduzione

1.2) Definizione

1.3) Punti essenziali

1.4) Attitudine di cura

2) SECONDA PARTE :

Le attività del servizio

2.1) Insegnamento tramite: - Consulenze puntuali nei reparti - Formazioni tematiche

2.2) Ricerca

2.3) Sensibilizzazione della popolazione verso le cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Presentazione Servizio CP (I-CURPAL-001)

Pagina 2 di 5

1) PRIMA PARTE: GLI ASPETTI TEORICI DELLE CURE PALLIATIVE 1.1) INTRODUZIONE “Palliare” deriva dal termine latino “pallium” che significa “mantello”. Questo “mantello” è inteso nel senso di un indumento che copre le ferite, senza però guarirle. D’altra parte tiene anche caldo e protegge dalle intemperie. Fino all’era preindustriale la medicina era quasi esclusivamente palliativa. Poche erano le malattie per le quali era disponibile una terapia standard, atta a rimediarvi portando ad una guarigione completa. La gente spesso moriva di malattie “acute”, come ad esempio la polmonite. Generalmente queste malattie avevano un decorso breve, di conseguenza i malati non rimanevano esposti per mesi e mesi a sofferenze fisiche croniche. Oggigiorno le malattie acute, o le complicanze acute di malattie prolungate, vengono superate grazie alla medicina moderna. Pertanto vengono create le premesse per una malattia “degenerativa” di lunga durata, come il cancro. In questa situazione sono i sintomi che incidono sulla qualità di vita. La formazione dei professionisti è centrata sulla medicina diagnostica e in parte su quella terapeutica nel senso di “guarigione”. Poco o nulla viene insegnato nel campo della medicina e delle cure palliative. In sottocampi come ad esempio la terapia del dolore, si sono registrati rilevanti progressi negli ultimi anni, perlomeno considerando le conoscenze teoriche. Tuttavia esiste ancora un grande divario tra quello che teoricamente si è in grado di offrire e quello che nella pratica viene messo in atto. Migliorare questa situazione insoddisfacente significa quindi:

- aumentare le conoscenze teoriche e pratiche, - divulgare la medicina palliativa e la sua applicazione su una base estesa, capillare - cogliere ogni occasione per formare ed educare in questo campo, a livello medico e di cura (multidisciplinare) - sviluppare una “cultura di valutazione critica” tramite la diffusione di strumenti di valutazione.

1.2) DEFINIZIONE DI “CURE PALLIATIVE”

Le cure palliative sono un approccio atto a migliorare la qualità di vita dei pazienti, confrontati con una malattia inguaribile ed evolutiva, e dei loro familiari, attraverso la prevenzione e l’alleviamento della sofferenza ottenuti grazie alla precoce identificazione, alla valutazione accurata e al trattamento del dolore e dell’insieme dei problemi fisici, psicosociali e spirituali. Le cure palliative:

� alleviano il dolore e altri sintomi gravosi; � affermano la vita e considerano la morte come un processo naturale; � non intendono né accelerare né ritardare la morte; � integrano gli aspetti psicologici e spirituali nella cura del paziente; � offrono un sistema di supporto per aiutare i pazienti a vivere nel modo più attivo possibile fino alla morte; � offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia a far fronte alla malattia ed al lutto; � utilizzano un approccio interdisciplinare per rispondere ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie,

incluso il counselling per il lutto, se indicato; � vogliono migliorare la qualità di vita e possono avere un influenza positiva sul decorso della malattia; � sono applicabili precocemente nel corso di una malattia, insieme ad altre terapie aventi lo scopo di

prolungare la vita, come chemio e radioterapia, e includono le indagini diagnostiche necessarie per una migliore comprensione e trattamento di complicanze cliniche gravi.

OMS, 2002

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Presentazione Servizio CP (I-CURPAL-001)

Pagina 3 di 5

1.3) PUNTI ESSENZIALI 1. Autodeterminazione del paziente Sono necessari due presupposti: - che venga fatto il possibile affinché il paziente possa rimanere lucido, con uno stato cognitivo che gli

permetta di comprendere e di esprimere la sua volontà. - che gli siano fornite le informazioni che gli permettono di conoscere il suo stato attuale. 2. Controllo dei sintomi associati alla malattia non guaribile. Quando si parla di “controllo di un sintomo” non si intende

necessariamente la scomparsa dello stesso, bensì un suo ridimensionamento a livelli tali da permettere al paziente una qualità di vita accettabile.

3. Sostegno psichico, sociale, spirituale Padre Patrick Verspieren (1989) parla di una sofferenza sociale per la perdita del ruolo nell’ambito lavorativo

e familiare, di una sofferenza psichica per la svalutazione dell’immagine di se stesso e di una sofferenza spirituale.

Una risposta a queste necessità ed a questi sentimenti è data da una comunicazione aperta, dalla possibilità per il paziente di potersi esprimere.

Può rendersi necessario l’intervento di altre persone come l’assistente sociale, uno psicologo, un assistente spirituale.

4. Sostegno dei famigliari Il paziente ed i suoi familiari rappresentano un’unità di cura. I familiari di un paziente con una malattia

inguaribile che lo sta conducendo alla morte, hanno dovuto e devono di continuo confrontarsi con la sua malattia e con le situazioni che ne derivano. L’equilibrio all’interno della famiglia diventa precario, c’è inevitabilmente una ridistribuzione dei ruoli.

Una particolare attenzione va dunque dedicata anche ai familiari nell’intento di poter offrire loro un sostegno, qualora fosse necessario.

5. Lavoro interdisciplinare Al centro delle cure palliative sta la persona con le sue necessità, le sue esigenze fisiche, psichiche, sociali e

spirituali. Un’attitudine di cura di questo tipo può richiedere, a seconda dei bisogni del paziente e dei suoi famigliari, l’intervento di più figure professionali: oltre medici ed infermieri, per esempio l’assistente sociale, la fisioterapista, l’assistente spirituale, lo psicologo, i volontari, ecc.

Secondo Fayot et al (1989) per la riuscita di un lavoro interdisciplinare sono necessari la comunicazione, il passaggio delle informazioni, la capacità di ascolto, di condivisione, il riconoscimento ed il rispetto reciproco, favoriti da una filosofia di cura e da obiettivi comuni nei quali tutti gli interessati possano riconoscersi.

6. Adattamento alla struttura ospedaliera ai bisogni dei pazienti e dei familiari. Per esempio, possibilità di mantenere un proprio ritmo per quel che concerne il mangiare ed il riposare,

nessuna limitazione degli orari di visita per i familiari, ecc.

1.4) ALCUNE OSSERVAZIONI SULL’ATTITUDINE DI CURA A volte non è possibile distinguere in modo netto l’approccio curativo da quello palliativo. Il passaggio è fluttuante e non sempre definitivo. Le decisioni devono essere spesso rivalutate a seconda del decorso. Ci sono tendenzialmente due comportamenti a rischio possibili, quando ci si trova davanti ad una persona con una malattia sintomatica non più guaribile: 1. l’accanimento terapeutico 2. un’attitudine minimalista che dà per scontato che ormai non valga più la pena di fare qualcosa in più del

minimo indispensabile.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Presentazione Servizio CP (I-CURPAL-001)

Pagina 4 di 5

La medicina palliativa deve rappresentare una risposta valida a queste due tendenze. Essa utilizza tutte le conoscenze e le tecniche (diagnostiche e terapeutiche) della medicina moderna se queste sono atte a raggiungere l’obiettivo del controllo dei sintomi, cercando però di assicurare al paziente un rapporto costo/beneficio (in termini di sofferenza/giovamento) che gli sia favorevole. La medicina palliativa non prevede degli interventi di rianimazione, come non prevede del resto un aiuto teorico o pratico per porre fine alla vita. Un’attitudine di cura che si rifà al paragrafo “Punti essenziali” è sicuramente per certi versi scomoda, indubbiamente molto impegnativa, ridà però un senso al nostro agire come personale curante e soprattutto rivaluta l’ultima fase della vita di una persona come degna di essere vissuta Un’ultima frase è in particolare per il personale curante in prima linea, l’ha scritta P. Sporken che così descrive l’accompagnamento di una persona nella sua ultima fase di vita:

2) SECONDA PARTE: LE ATTIVITA’ DEL SERVIZIO 2.1) INSEGNAMENTO Lo scopo principale del servizio è quello di informare e formare il personale curante nel vasto campo delle cure palliative. Questo avviene essenzialmente in due modi: tramite consulenze nei reparti e tramite formazioni tematiche. Consulenze nei reparti:

Il nostro intervento avviene possibilmente su richiesta del reparto stesso (su domanda di un medico o del personale curante in accordo con il medico). Attraverso il nostro servizio non vogliamo in nessun modo sostituirci al team curante del paziente, bensì apportare delle conoscenze supplementari per aiutare l’équipe: - ad alleviare le sofferenze del paziente - a migliorare il suo confort - ad accompagnare il malato e i suoi familiari.

Contattiamo sempre inoltre l’équipe curante che prende a carico un paziente seguito a domicilio da Hospice.

Formazioni tematiche:

Una parte del nostro lavoro è dedicata alla creazione ed alla diffusione di standard a livello di: - strumenti di valutazione - assistenza medica - assistenza infermieristica → vedi classeur di cure palliative. Siamo a disposizione per formazioni su richiesta.: • per il personale curante dell’EOC (medici

infermieri,...); • per le scuole • per medici e altri operatori di cura sul territorio

(per es. tramite Hospice).

Ci impegniamo da parte nostra a garantire un aggiornamento interno continuo attraverso un insegnamento formale ed informale, con la partecipazione a congressi ed a soggiorni in istituzioni svizzere e all’estero Altro punto importante per il Servizio è quello di collaborare attivamente, a scopo di scambio e di sviluppo, con la Società Svizzera di Medicina Palliativa (Palliative-ch) e con la Società Europea di Cure Palliative (EAPC).

“Accompagnamento comprende tutti i tentativi di essere vicino all’altro come persona, di risvegliare e di rafforzare tutte le sue risorse.

Accompagnamento non significa risolvere i problemi per l’altro e portare il suo peso, bensì sostenerlo in modo che possa vivere la sua vita e morire la sua morte”

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Presentazione Servizio CP (I-CURPAL-001)

Pagina 5 di 5

2.2) RICERCA La ricerca clinica è parte integrante del lavoro, in stretta collaborazione con l’oncologia, con altri reparti ed altre istituzioni. L’obiettivo è quello di fornire una cura che sia scientificamente fondata.

2.3) SENSIBILIZZAZIONE DELLA POPOLAZIONE VERSO LE C URE PALLIATIVE

In stretta collaborazione con Hospice e con l’Associazione ticinese di cure palliative lavoriamo per: •••• Incoraggiare alla solidarietà verso il malato. Questo può avvenire in particolare modo attraverso

l’integrazione dei famigliari nel processo di cura, sia all’interno dell’Ospedale che a livello d’Hospice. •••• Promuovere l' apparentemente banale consapevolezza che non tutte le malattie sono guaribili e che ciò

nonostante i malati hanno il diritto di essere curati sino alla fine. Nella medicina “tradizionale”, centrata sulla guarigione, ogni non guarigione ed ogni decesso potrebbero essere vissuti come un fallimento. Nella medicina palliativa il fallimento è il non raggiungimento di una qualità di vita accettabile per il paziente e per i famigliari.

orltro
cure palliative

IOSI Cure Palliative

M-CURPAL-010

Pagina 1 di 1

Richiesta di consulto servizio Cure Palliative

Data della richiesta:

Richiedente (nome e recapito telefonico):

Il paziente è seguito da Hospice? si no

Il paziente è seguito dall’oncologia? si no

il paziente acconsente al coinvolgimento delle cure palliative? si no

Motivo della richiesta:

� astenia � diarrea � disidratazione � disfagia � dispnea � dolore � ileo � inappetenza � nausea � prurito � rotazione oppiacei � stipsi � terapia antalgica � tossicità oppiacei � vomito � xerostomia

� ansia � depressione � dimissione � insonnia � necessità fam. � necessità paz. � st. confusionale � valutaz. inclusione Hospice

� necessità team � percorso decisionale � problemi relativi alla nutrizione � questione etiche � sedazione � terminal care � valutazione procedere

Terapia farmacologica rilevante:

Obiettivo globale del trattamento in corso: controllo sintomi intento curativo Prognosi stimata: giorni settimane mesi anni

Urgenza: entro 24 ore? si no

se urgente chiamate per un consulto telefonico immediato (091/811 79 30)

ETICHETTA

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-002 Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

STRUMENTI: Protocollo Valutazione del Dolore Il personale infermieristico ha un ruolo essenziale per quel che concerne l’osservazione, la percezione, la valutazione del dolore dei pazienti di cui si occupa. Valutare il dolore di un paziente però è molto difficile. Il kardex attualmente non contiene una parte specifica riservata a questo; il verbale e la registrazione continua dei dolori vanno intesi come un complemento essenziale per la cura del paziente che ha dolori, ben sapendo che questi strumenti rappresentano solo la prima tappa del percorso.

SPIEGAZIONI PER L’USO Il protocollo del dolore è composto da due parti (che devono rimanere nel Kardex): il Verbale dei dolori e la Registrazione continua dei dolori.

A) Verbale dei dolori: Obiettivo: disporre di informazioni essenziali per avere un’immagine più completa del problema -dolore- che presenta il paziente. Si tratta di una raccolta dati veloce e semplice fatta insieme al paziente che ci permette di ricevere le prime informazioni.

- E’ indicata per tutti i pazienti che hanno dolori. - E’ da compilare all’inizio della degenza se il paziente si presenta con dolori o durante la

degenza se sorge il problema. 1. Localizzazione: si tratta di identificare dove il paziente ha dolori. Se ci sono più zone dolenti numerarle in ordine di

importanza. 2. Descrizione: dei dolori principali con parole del paziente: spesso la definizione che utilizza il paziente è di grande aiuto

per capire da dove proviene il dolore. Esempio: se li descrive come una scossa elettrica o come un bruciore diffuso, è ipotizzabile un coinvolgimento del sistema nervoso (dolore neuropatico).

3. Intensità: anche se il paziente è l’unico che può darci questa informazione spesso non sarà così facile per lui

rispondere, proprio perché non è semplice quantificare il dolore. Si può usare l’apposito righello (dolorimetro). Da notare che è più comprensibile usarlo in verticale, dal basso (nessun dolore) all’alto (dolori di massima intensità).

Si possono usare i numeri da 0 (nessun dolore) a 10 (dolori di massima intensità); oppure le parole: “nessun dolore - dolore lieve - moderato - forte - molto forte - di massima intensità”. 4. Durata del dolore: per stabilire se si tratta di un dolore continuo o che va e viene. Momento in cui comincia: per capire se ci sono dei periodi fissi nell’arco delle 24 ore, in cui il paziente ha

più dolori (es. si accentuano sempre verso mattina). 5. Fattori che scatenato o che alleviano (6.) i dolori: spesso il paziente sa cosa non gli fa bene, rispettivamente cosa gli da beneficio. E’ molto utile saperlo il

più presto possibile per andargli in contro. I punti 7. 8. e 9. non richiedono ulteriori spiegazioni.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti - Protocollo valutazione del dolore (I-CURPAL-002)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

B) Registrazione continua dei dolori: Obiettivo: valutare l’efficacia di una terapia antalgica ed i suoi punti deboli in un lasso di tempo contenuto. Valutando il verbale dei dolori si può decidere se ha un senso procedere alla registrazione dei dolori. Essa non è indicata, proprio perché non è sufficientemente rappresentativa, per i pazienti che:

- presentano dolori importanti di diverso tipo e origine; - descrivono i dolori che hanno come qualcosa che va e viene (colica, crampo, tipo scarica elettrica, ecc.);

indicando dunque una durata del dolore molto limitata; - hanno uno stato cognitivo ridotto (in stato confusionale o sonnolenti). Modalità d’uso: a- chiedere ogni 4 ore al paziente l’intensità del dolore, per es.: ore 10.00-14.00-18.00-22.00-02.00-06.00,

rispettando chiaramente le sue fasi di sonno. Come già indicato per fare questo si può procedere in tre diversi modi, secondo le preferenze del

paziente: → usando il righello allegato nel senso verticale (dal basso=nessun dolore, all’alto=dolori di massima

intensità); → usando i numeri da 0 a 10 (0=nessun dolore, 10=dolore di massima intensità); → usando le parole: nessun dolore, dolore lieve, moderato, forte, molto forte, di massima intensità b- chiedere al paziente l’intensità del dolore ogni volta che richiede il medicamento che ha in riserva

(segnare dunque anche questo nel grafico); c- chiedere al paziente l’intensità del dolore un’ora dopo aver dato il medicamento di riserva, per valutarne

l’efficacia. Ultime osservazioni: 1. La registrazione continua del dolore è valutabile solo se viene fatta in modo regolare. 2. Dev’essere valutata giornalmente dal medico insieme al paziente onde poter apportare le modifiche

terapeutiche necessarie. 3. La valutazione si estende almeno per 72 ore (3 giorni). Può essere prolungata in funzione dei risultati ottenuti o dei cambiamenti terapeutici effettuati. Se

appena si arriva ad ottenere una situazione abbastanza soddisfacente per il paziente nell’arco delle ultime 24 ore, si può interrompere, limitandosi a segnare i medicamenti di riserva da lui richiesti

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti - Protocollo valutazione del dolore (I-CURPAL-002)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti - Protocollo valutazione del dolore (I-CURPAL-002)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti - Protocollo valutazione del dolore (I-CURPAL-002)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-001/A Cure Palliative

Pagina 1 di 1

Verbale dei dolori

Paziente __________________________________________ ___ � prima valutazione � rivalutazione Dolore: � da meno di 3 mesi � da più di 3 mesi � da anni � altro_________

1. Localizzazione dei dolori (eventualmente farla disegnare nello schema dal paziente)

2. Descrizione dei dolori principali (con parole del paziente): 3. Intensità:

(nessun dolore - lieve - moderato - forte - molto forte - il peggior dolore possibile)

4. Fattori che scatenano il dolore 5. Dolore episodico intenso:

- Quando il dolore aumenta è lo stesso tipo di dolore di base, o è differente?

- Quante volte aumenta durante la giornata? 6. Fattori che alleviano il dolore 7. Altri sintomi importanti 9. Farmaci finora inefficaci

Compilato da: Data:

il peggior dolore possibile non ho dolore

X = dolore locale = dolore su una grande superficie = irradiazione

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-002/A Cure Pall iat ive

pagina 1 di 1

Registrazione continua dei dolori (indicativamente 3 volte al giorno)

Data

Ora

Sigla

Attività: a letto seduto in movimento

D. di massima intensità 10

9

Dolore molto forte 8

7

Dolore forte 6

5

Dolore moderato 4

3

Dolore lieve 2

1

Nessun dolore 0

Farmaci in riserva (verificarne l’efficacia entro l’ora)

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-003 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 2 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

STRUMENTI: Edmonton Staging-System (ESS) per dolori tumorali

La IASP (International Association for the Study of Pain = Associazione Internazionale per lo studio del dolore) ha elaborato una classificazione dei dolori, nella quale i dolori tumorali rappresentano una categoria a sé. I meccanismi di produzione dei dolori tumorali e la loro risposta alle terapie mostrano che non è sufficiente parlare di “dolori dovuti al cancro” per descrivere in modo completo il problema. Sebbene i dolori siano qualcosa di soggettivo e dunque difficili da valutare, c’è tutta una serie di criteri ben definiti che prevedibilmente influenzano la risposta o non risposta alle diverse terapie. Questi criteri sono stati presi in considerazione nell’elaborazione dell’ESS per avere la possibilità di suddividere clinicamente i dolori e la loro prognosi (prognosi intesa come calcolo delle possibilità di risposta o non risposta alla terapia). Questo sistema può servire da randomizzazione dei pazienti per lo studio di una terapia, così da suddividere in modo equo i pazienti più a rischio. Vengono distinti 3 stadi: - stadio 1: prognosi buona, cioè probabile risposta positiva alla terapia - stadio 2: prognosi intermedia - stadio 3: prognosi cattiva, cioè alta probabilità di non riuscire a raggiungere il controllo dei dolori. I pazienti con fattori sfavorevoli tipo il dolore incidentale, dolori neuropatici, tolleranza all’oppioide preso al momento, alcolismo, gravi problemi psicosociali o disturbi dello stato cognitivo, rientrano nello stadio 3, poiché è poco probabile che si riesca a trovare una terapia analgetica soddisfacente. I pazienti con dolori viscerali, ossei o delle parti molli, con dosaggio basso di oppioidi, uno stato cognitivo intatto e senza grossi problemi psicosociali, hanno più probabilità di rispondere positivamente alla terapia.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti -Edmonton Staging-System (ESS) per dolori tumorali (I-CURPAL-003)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 2 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Edmonton Staging-System (ESS) per dolori tumorali Fattori prognostici: A Meccanismo del dolore A1 viscerale A2 osseo o delle parti molli A3 neuropatico A4 misto (A3 + altri) A5 meccanismo di origine indeterminata B Caratteristica del dolore B1 non incidentale B2 incidentale C Terapia fino al momento attuale C1 dose di oppioidi equivalente: <60mg/24h morfina C2 dose di oppioidi equivalente: 60-300mg/24h morfina C3 dose di oppioidi equivalente: >300mg/24h morfina D Stato cognitivo D1 nessun disturbo dello stato cognitivo D2 paziente alterato dal punto di vista cognitivo E Problemi psicosociali E1 nessun problema psicosociale E2 problemi psicosociali F Sviluppo della tolleranza medicamentosa F1 aumento del dosaggio di morfina < 5% al giorno F2 aumento del dosaggio di morfina > 5% al giorno adattamento della dose necessario più volte alla settimana G Anamnesi riguardante la dipendenza G1 nessuna dipendenza da alcool, droghe o medicamenti G2 dipendenza da alcool, droghe o medicamenti

Suddivisione degli stadi secondo ESS Stadio 1: prognosi buona A1-2, con B1, C1-2, D1, E1, F1, G1 Stadio 2: prognosi intermedia come stadio 1, escluso C3 e/o D2 Stadio 3: prognosi cattiva A3-4 tutte le A con B2, E2, F2 e/o G2

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-003 Cure Pall iat ive

STRUMENTI: Echelle comportamentale de la douleur pour personnes âgées non communicantes (ECPA)

Libera traduzione dal francese tratta dall‘articolo originale apparso su Infokara N° 51, 3/1998, pag. 22-29, autori: Rémy Morello, Alain Jean, Michel Alix et Groupe Regates.

Introduzione L‘ECPA (scala di valutazione del dolore per persone anziane impossibilate a comunicare) è stata concepita per la valutazione del dolore in quei pazienti dove l’utilizzo di scale numeriche o verbali non è possibile. Va dunque usata quando si presume che un paziente possa avere dolore e in seguito per controllare l’efficacia della terapia antalgica. A dipendenza della situazione viene utilizzata ogni 2-3 giorni nella fase più critica. L‘attuale versione comprende 11 paragrafi. Ogni paragrafo contiene 5 possibili risposte in ordine di gravità crescente che valgono da 0 a 4 punti. Il risultato finale, ottenuto dalla somma dei punti dati da ogni paragrafo, varia da 0 (nessun dolore) a 44 (dolore massimo). Vengono valutate 3 dimensioni: • osservazione prima delle cure al paziente • osservazione durante la cura al paziente • ripercussioni sulle attività della vita quotidiana. Come ogni strumento di valutazione anche l’ECPA è una componente da inserire in un contesto più ampio.

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-003 Servizio Cure Pall iat ive

Pagina 1 di 2

ECPA Scala di Valutazione per persone anziane con stato cognitivo alterato Data Parte 1: osservazione prima delle cure al paziente Paragrafo 1 - espressione del lamento il paziente non si lamenta 0 0 0 0 il paziente si lamenta se gli si parla 1 1 1 1 il paziente si lamenta alla presenza di qualcuno 2 2 2 2 il paziente si lamenta o piange silenziosamente in modo spontaneo 3 3 3 3 il paziente grida o si lamenta violentemente in modo spontaneo 4 4 4 4 Paragrafo 2 - espressione del viso: sguardo e mimic a viso disteso 0 0 0 0 viso preoccupato 1 1 1 1 il paziente fa una smorfia di tanto in tanto 2 2 2 2 sguardo spaventato e/o viso teso 3 3 3 3 espressione completamente fissa (figée) 4 4 4 4 Paragrafo 3 - posizione spontanea a riposo nessuna posizione antalgica 0 0 0 0 il paziente evita una posizione 1 1 1 1 il paziente sceglie una posizione antalgica (ma può muoversi) 2 2 2 2 il paziente cerca una posizione antalgica senza trovarla 3 3 3 3 il paziente resta immobile 4 4 4 4

Parte 2: osservazione durante la cura al paziente Paragrafo 4 – anticipazione ansiosa alle cure il paziente non mostra ansia 0 0 0 0 angoscia nello sguardo, impressione di aver paura 1 1 1 1 paziente agitato 2 2 2 2 paziente agressivo 3 3 3 3 grida, sospiri, lamenti 4 4 4 4 Paragrafo 5 – reazioni durante la mobilizzazione il paziente si mobilizza senza accordare a ciò una particolare attenzione 0 0 0 0 il paziente ha uno sguardo attento e sembra temere la mobilizzazione e le cure 1 1 1 1 il paziente trattiene con la mano o guida i gesti durante la mobilizzazione o le cure 2 2 2 2 il paziente adotta una posizione antalgica durante la mobilizzazione o le cure 3 3 3 3 il paziente si oppone alla mobilizzazione e alle cure 4 4 4 4 Paragrafo 6 – reazioni durante la cura delle zone d olorose nessuna reazione durante la cura 0 0 0 0 reazioni durante la cura, ma niente di più 1 1 1 1 reazioni al tocco delle zone dolorose 2 2 2 2 reazioni allo sfiorare delle zone dolorose 3 3 3 3 impossibile avvicinarsi alle zone dolorose 4 4 4 4

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti -ECPA (M-CURPAL-003)

Pagina 2 di 2

Paragrafo 7 – lamenti espressi durante le cure il paziente non si lamenta 0 0 0 0 il paziente si lamenta se gli si parla 1 1 1 1 il paziente si lamenta alla presenza di qualcuno 2 2 2 2 il paziente si lamenta o piange silenziosamente in modo spontaneo 3 3 3 3 il paziente grida o si lamenta violentemente in modo spontaneo 4 4 4 4

Parte 3: ripercussioni sulle attività Paragrafo 8 – riguardo l’appetito nessun cambiamento riguardo l’appetito 0 0 0 0 appetito leggermente ridotto: mangia solo una parte della sua alimentazione 1 1 1 1 ha bisogno di essere stimolato per mangiare una parte della sua alimentazione 2 2 2 2 malgrado la sollecitazione non mangia che qualche boccone 3 3 3 3 rifiuta qualsiasi cibo 4 4 4 4 Paragrafo 9 – riguardo il sonno dorme bene, al risveglio il paziente è riposato 0 0 0 0 difficoltà ad addormentarsi o risveglio precoce al mattino 1 1 1 1 difficoltà ad addormentarsi e risveglio precoce al mattino 2 2 2 2 si sveglia di notte più i punti citati prima 3 3 3 3 sonno raro o assente 4 4 4 4 Paragrafo 10 – riguardo i movimenti il paziente si mobilizza come al solito 0 0 0 0 il paziente si muove come al solito ma evita certi movimenti 1 1 1 1 pochi movimenti, lenti 2 2 2 2 immobilità 3 3 3 3 prostrazione o agitazione 4 4 4 4 Paragrafo 11 – riguardo la comunicazione contatto abituale 0 0 0 0 contatto difficile da stabilire 1 1 1 1 evita di entrare in relazione 2 2 2 2 assenza di qualsiasi contatto 3 3 3 3 indifferenza totale 4 4 4 4 TOTALE (O = nessun dolore, 44 = dolore di massima intensità)

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-004 Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

STRUMENTI: Edmonton Symptom Assessment System (ESAS)

UNO STRUMENTO DI VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE E CONTINUA DEI SINTOMI

SOMMARIO 1) Introduzione 2) Provenienza dell’ESAS 3) A cosa serve? 4) Pazienti per i quali è sicuramente indicato 5) Spiegazioni per il paziente 6) Modalità d’uso

1) Introduzione I malati con una malattia tumorale avanzata soffrono di solito di uno o più sintomi maggiori. Per controllare i sintomi, definiti tali dai pazienti, la disponibilità di uno strumento di valutazione rappresenta una premessa fondamentale. Come non ci si può immaginare di curare un paziente con un’ipertensione arteriosa senza misurarne la pressione, non è possi bile curare i sintomi senza poterli misurare e monitorizzare. Ci sono una serie di strumenti disponibili, alcuni dei quali sono molto impegnativi e richiedono un insegnamento più approfondito a curanti e pazienti, altri sono troppo semplici e pertanto di bassa sensibilità e specificità. E’ necessario quindi uno strumento semplice e multidimensionale che permetta una registrazione grafica del decorso. Il sintomo è per definizione “una percezione sogget tiva che viene espressa con una larga individualità”. Pertanto è essenziale che lo strume nto permetta una autovalutazione del paziente.

2) Provenienza dell’ESAS - EDMONTON SYMPTOM ASSESSMENT SYSTEM Il malato è la persona più adatta per valutare i propri sintomi. Se lo valuta ripetutamente le sue valutazioni precedenti fungono da “controllo” (punto di riferimento). Uno strumento semplice che viene compilato in fretta garantisce la “compliance” anche di un paziente in condizioni generali ridotte. ESAS (Edmonton Symptom Assessment System) fu sviluppato nell’Unità di cure palliative dell’Ospedale universitario di Edmonton, Alberta, Canada. Fu pubblicato la prima volta nel 1989 da Bruera et al., nel giornale “Pain”. In questo ospedale da anni lo strumento fa parte della routine quotidiana e viene applicato a tutti i pazienti. Viene ritenuto molto utile sia nel lavoro di routine del reparto, che nella ricerca clinica. Negli ultimi anni è stato diffuso in diversi altri centri e tradotto in varie lingue.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Strumenti - ESAS (I-CURPAL-004)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3) A cosa serve questo strumento? • a valutare i sintomi del paziente, il loro decorso naturale e sotto terapia; • a valutare in modo efficace e nel più breve tempo possibile l’effetto di un intervento terapeutico; • al paziente per poter esprimere nero su bianco il suo stato attuale; • a visualizzare, rispettivamente a scoprire le relazioni tra i vari sintomi; • a identificare gli effetti secondari di un intervento terapeutico; • quale valido e semplice mezzo di comunicazione dello stato generale di un paziente tra i vari

membri di un team, ed anche tra un team e collaboratori esterni; • a identificare i pazienti che vengono curati in un posto inadeguato, sia per bisogni troppo alti o

troppo bassi; • a visualizzare la necessità di consulti; • per la ricerca: epidemiologia dei sintomi studi che hanno come endpoint la qualità della vita; • come strumento per la formazione di personale interessato alle cure palliative

4) Pazienti per i quali è sicuramente indicato l’us o dell’ESAS Dovrebbero ricevere i fogli della valutazione dei sintomi: - tutti i pazienti che entrano per un decadimento delle loro condizioni generali - tutti i pazienti che presentano 1 o più sintomi. Sicuramente si presenteranno delle situazioni in cui il paziente non è in grado di compilare il foglio, in questo caso la valutazione sarà fatta da un infermiere/a (vedi punto 8 del capitolo MODALITÀ D’USO) e verrà compilato comunque un grafico. Trattandosi di pazienti che necessitano di cure palliative, si rende necessario un monitoraggio costante dei sintomi, perciò questo strumento va usato durante tutto il periodo di degenza.

5) Spiegazioni per il paziente Per il paziente è indubbiamente indispensabile sapere perché gli viene richiesto di compilare questi fogli. La sua collaborazione dipende in buona parte dalle motivazioni che gli saranno fornite presentando lo strumento. Ecco un esempio:

“- Ad un paziente che viene ricoverato per uno stato febbrile importante verrà richiesto più volte al giorno di misurare la temperatura per valutarne il decorso, per valutare anche se risponde alla terapia, se il risultato ottenuto è stabile.

- A lei, che presenta questi sintomi (..........), chiediamo di aiutarci a valutare il suo decorso, a verificare se gli interventi terapeutici sono adeguati.

- La sua collaborazione ci permette di visualizzare meglio e più in fretta i sintomi che più incidono sul suo stato generale.

- È un sistema semplice che richiede poco tempo (qualche minuto una volta al giorno). - Deve segnare sul foglio come si sente in quel momento preciso, deve essere una specie di fotografia,

non un riassunto delle ore precedenti.”

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Strumenti - ESAS (I-CURPAL-004)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

6) Modalità d’uso 1. I sintomi che vengono valutati dal paziente sono il dolore, la stanchezza, la nausea, la depressione,

l’ansia, la sonnolenza, l’inappetenza, il malessere, la dispnea. 2. L’ultima linea, lasciata in bianco, permette al paziente di segnalare qualsiasi altro sintomo (per

esempio: il prurito, il singhiozzo). 3. Le linee del foglio che riceve il paziente sono di 10 cm ognuna. Egli segna l’intensità del sintomo

tramite un trattino verticale (vedi allegato no 1: foglio “valutazione sintomi”). 4. 1 cm di una linea corrisponde a 1 rettangolino del grafico. Per praticità si arrotonda al numero intero

più vicino, per esempio 3,6 cm = 4 rettangolini (vedi allegato no 2: foglio “grafico di valutazione sintomi”).

5. Il foglio “valutazione sintomi” viene compilato 1 volta al giorno se il paziente è ricoverato;

possibilmente in mattinata. Dal paziente ambulante viene compilato da 1 a 7 volte alla settimana. 6. Idealmente dovrebbe essere il paziente stesso, da solo, che esegue la sua valutazione. Se lo stato cognitivo è ridotto (per esempio MMSQ < 24/30) o se il paziente non capisce quello che

gli viene chiesto, l’infermiera può assisterlo. 7. Sul grafico deve apparire chi ha fatto la valutazione (p: paziente; i: infermiera/e; pi : paziente e infermiera/e; f: famiglia). 8. Se la valutazione viene fatta da un infermiere/a perché una comunicazione con il paziente non è

possibile (per esempio perché confuso o comatoso) verranno tenuti in considerazione solo i seguenti sintomi: dolore, nausea (1), sonnolenza, appetito (2), difficoltà respiratoria.

(1) Nausea: il paziente ha vomito, conati di vomito oppure no. (2) Appetito: il paziente assume cibo oppure no. 9. Se è l’infermiere/a che valuta, può farlo direttamente sul grafico senza usare il foglio “valutazione

sintomi”. 10. Il paziente ha il diritto di rifiutarsi di compilare il formulario o di rispondere a singole domande. Se questo succede va comunque discusso nel team. La valutazione viene fatta dall’infermiere/a (i). 11. È determinante che il grafico aggiornato venga visto giornalmente da tutto il personale che si

occupa del relativo paziente.

Bibliografia: - Bruera E. et al.: “The Edmonton staging system for cancer pain: preliminary report”. Pain 1989;

37:203-209. - Bruera E. & Mc Donald S.: Audit methods: the Edmonton Symptom Assessment System. In:

“Clinical audit in palliative care” Irine Higginson ed; Radcliffe medical press, Oxford, UK 1993; 61-77 - Bruera E. et al.: “The Edmonton Symptom Assessment System (ESAS): a simple method for the

assessment of palliative care patients”, Journal of Palliative medicine 1991 7:2:6-9

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Strumenti - ESAS (I-CURPAL-004)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

OSPEDALE DOMICILIO

VALUTAZIONE SINTOMI

non sono stanco

non ho nausea

non sono depresso

non sono ansioso

non sono sonnolente

non mi manca

il respiro inappetenza

mi sento bene

ho appetito

il peggior dolore possibile

la peggior stanchezza possibile

la peggior nausea possibile

la peggior ansia possibile

la peggior depressione possibile

la peggior sonnolenza possibile

la peggior mancanza di respiro possibile

nessun senso di benessere

nessun appetito

Valutato da: 04.’00

non ho dolore

Data: Ora:

Nome:

Indirizzo:

P.f. metta un trattino verticale sulla linea al pun to che meglio corrisponde:

Allegato no 1 Esempio:

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Strumenti - ESAS (I-CURPAL-004)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

21.11.96 10.00

Code P – Paziente I – Infermiera AI - Con l’aiuto dell’infermiera F – Famiglia

GRAFICO DI VALUTAZIONE SINTOMI

CURE PALLIATIVE

DATA GIORNO

ORA 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18 10 18

DOLORE

STANCHEZZA

NAUSEA

DEPRESSIONE

ANSIETÀ

SONNOLENZA

DISPNEA

MALESSERE

INAPPETENZA

VALUTATO DA

Mini-Mental State Score

04.’00

21.11

1

Allegato no 2 Esempio:

P

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-004 Cure Pall iat ive

pagina 1 di 1

ESAS VALUTAZIONE SINTOMI Data: Ora: p.f. mettere un trattino verticale sulla linea al punto che meglio corrisponde: Valutato da: (paziente, paziente e infermiera, infermiera, famiglia)

non sono stanco

non ho nausea

non sono sonnolente

mi sento bene

ho appetito

il peggior dolore possibile

la peggior stanchezza possibile

la peggior nausea possibile

la peggior ansia possibile

la peggior depressione possibile

la peggior sonnolenza possibile

la peggior mancanza di respiro possibile

nessun senso di benessere

nessun appetito

non ho dolore

non sono ansioso

non mi manca il respiro

non sono depresso

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-005 Cure Pall iat ive

Pagina 1 di 1

ESAS VALUTAZIONE SINTOMI Data: Ora: p.f. mettere un trattino verticale sulla linea al punto che meglio corrisponde: Valutato da: (paziente, paziente e infermiera, infermiera, famiglia)

non sono stanco

non ho nausea

non sono sonnolente

mi sento bene

ho appetito

il peggior dolore possibile

la peggior stanchezza possibile

la peggior nausea possibile

la peggior ansia possibile

la peggior depressione possibile

la peggior sonnolenza possibile

la peggior mancanza di respiro possibile

nessun senso di benessere

nessun appetito

non ho dolore

non sono ansioso

non mi manca il respiro

non sono depresso

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

lieve moderato forte

molto forte

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-006 Servizio Cure Pall iat ive

Pagina 1 di 1

ESAS VALUTAZIONE SINTOMI Data: Ora: p.f. mettere un trattino verticale sulla linea al punto che meglio corrisponde: Valutato da: (paziente, paziente e infermiera, infermiera, famiglia)

non sono stanco

non ho nausea

non sono sonnolente

mi sento bene

ho appetito

il peggior dolore possibile

la peggior stanchezza possibile

la peggior nausea possibile

la peggior ansia possibile

la peggior depressione possibile

la peggior sonnolenza possibile

la peggior mancanza di respiro possibile

nessun senso di benessere

nessun appetito

non ho dolore

non sono ansioso

non mi manca il respiro

non sono depresso

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

10 0 1 2 4 5 6 7 8 9 3

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-007 Servizio Cure Pall iat ive

Pagina 1 di 1

ESAS Grafico di Valutazione dei Sintomi

Codice: P = paziente; PI = paziente e infermiera; I = infermiera; F = famiglia

DATA

GIORNO

ORA 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10

DOLORE

STANCHEZZA

NAUSEA

DEPRESSIONE

ANSIETÀ

SONNOLENZA

DISPNEA

MALESSERE

INAPPETENZA

VALUTATO DA

Mini-Mental State Score

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-008 Servizio Cure Pall iat ive

STRUMENTI: Mini Mental Status (MMS) Folstein et al., 1975

Introduzione Il cosiddetto “Mini Mental Status” o “Test” è un breve esame per valutare, senza pretesa di completezza ma con una certa affidabilità, lo stato neuro-cognitivo e funzionale di un paziente. Permette attraverso poche e semplici domande mirate come pure piccoli compiti grafici di sondare diversi domini della funzione cerebrale, come l’orientamento (autopsichico e verso l’esterno), la memoria, attenzione e calcolo, la capacità di richiamare determinate acquisizioni, il linguaggio, ecc. Questo test può essere effettuato da medici e infermieri. Il paziente deve, nel limite del possibile, essere informato in dettaglio sullo scopo e lo svolgersi del test. Se effettuato correttamente il test offre importanti informazioni nell’immediato ma è estremamente utile anche per seguire il decorso di eventuali disfunzioni riscontrate.

pagina 1 di 8

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-008 Servizio Cure Pall iat ive

Nome e cognome del paziente _______________________________________________________ Data esame ______________ Data di nascita ________________ ________________________________________________________________________________ Orientamento (Massimo 5 punti) Qual è: l’ANNO, la STAGIONE, la DATA, il GIORNO della settimana,

il MESE? (assegnare 1 punto per ogni risposta corretta) (Massimo 5 punti) In che REGIONE, CANTONE, CITTÀ, LUOGO (ospedale o casa), PIANO ci troviamo? (assegnare 1 punto per ogni risposta corretta) ______________________________________________________________________________ Memoria (Massimo 3 punti) Annunciare al paziente che si farà un test di memoria. Proporre al

paziente i seguenti tre nomi (uno al secondo): CASA, PANE, GATTO. Chiedere la ripetizione e assegnare un punto per ogni

risposta corretta. Nel caso il paziente non sia stato in grado di richiamare tutti e tre i nomi al primo tentativo, riproporli fino a

che non siano stati appresi (massimo 6 tentativi). ______________________________________________________________________________ Attenzione e calcolo (Massimo 5 punti) Fare entrambe le prove seguenti ed assegnare il punteggio migliore ottenuta in una delle due: 1: serie di sette. Si chiede al paziente di sottrarre 7 numeri per volta a partire da 100 (che non viene contato nel punteggio). Si assegna un punto per ogni risposta corretta. ( 93, 86, 79, 72, 65 ) 2: scandire CARNE al contrario. ( “E – N – R – A – C” ) Il punteggio è dato dal numero di risposte corrette (per esempio: E-N-A-R-C = 3 punti) ______________________________________________________________________________ Richiamo (Massimo 3 punti) Chiedere i tre nomi appresi precedentemente (CASA, PANE, GATTO) ________________________________________________________________________________

MINI MENTAL STATUS / Folstein et al., 1975

pagina 2 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

Nome e cognome del paziente ______________________________________________________ Data esame ______________ Data di nascita ________________ ______________________________________________________________________________ Linguaggio (Massimo 2 punti) Mostrare al paziente un OROLOGIO DA POLSO e chiedere cos’è. Fare lo stesso con una MATITA. (Massimo 1 punto) Chiedere al paziente di ripetere la seguente frase dopo di voi: “NON C’E SE, NE MA CHE TENGA ”. Solo un tentativo. (Massimo 3 punti) Far eseguire un comando a tre stadi: “PRENDA UN FOGLIO CON LA MANO DESTRA, LO PIEGHI A META’ E LO BUTTI A TERRA ”. (Massimo 1 punto) “LEGGA QUELLO CHE E’ SCRITTO QUI (mostrare uno dei fogli 4-5-6) E LO FACCIA ”. (Massimo 1 punto) “SCRIVA UNA FRASE QUALSIASI CHE LE VIENE IN MENTE”. (Il punto viene assegnato se la frase contiene un soggetto, un verbo ed ha senso). ______________________________________________________________________________ Abilità (Massimo 1 punto) “COPI QUESTO DISEGNO”: (vedi foglio no 3) (il punto viene assegnato solo se sono presenti i 10 angoli e due di questi si intersecano. Tremore e rotazione vanno ignorati). ______________________________________________________________________________ Punteggio totale Note _________________________________________________________________________

_________________________________________________________________________ Esaminatore _______________________________________ pagina 3 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

pagina 4 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

APRA

LA

MANO

pagina 5 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

APRA

LA

BOCCA

pagina 6 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

CHIUDA

GLI

OCCHI

pagina 7 di 8

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative -Strumenti-MMS (M-CURPAL-008)

Frase: Data: ……………………. Esaminatore: ……………………………

pagina 8 di 8

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-009 Servizio Cure Pal l iat ive

Pagina 1 di 2

STRUMENTI: Scala di valutazione dello stato confusionale Documento originale Maison Michel Sarrazin (Quebec) e La Chrysalide (La Chaux de Fonds), liberamente tradotto e adattato dal Servizio Cure Palliative, IOSI, 2005

Obiettivo: riconoscere precocemente lo stato confusionale

1) Valutate con l’aiuto delle definizioni seguenti:

a) Disorientamento: Manifestazioni verbali e/o comportamentali indicanti un’alterazione dell’orientamento nel tempo e

nello spazio, e/o percezioni erronee rispetto alle persone che entrano in contatto con il paziente. b) Comportamento inadeguato Comportamento inadeguato per il luogo e/o per la persona; p.e. strapparsi la sonda, le

medicazioni, cercare di alzarsi dal letto pur essendo controindicato, e altri comportamenti simili. c) Comunicazione inadeguata Comunicazione inadeguata per il luogo e/o per la persona, p.e.incoerenza, impossibilità di

comunicare, discorsi poco comprensibili o senza senso. d) Illusioni / allucinazioni Vedere cose e/o percepire suoni non presenti nella realtà; distorsione nella percezione degli

oggetti.

2) Assegnate ad ognuno di queste 4 manifestazioni i s eguenti punteggi: 0 = comportamento assente durante il turno di lavoro 1 = comportamento presente sporadicamente durante il turno di lavoro, e di lieve entità 2 = comportamento chiaramente presente durante il turno di lavoro sia per quanto riguarda la

durata sia per l’intensità (situazione completamente diversa rispetto a 0 e 1) N.V. = non valutabile

Si utilizza la definizione N.V. solo se è stato impossibile valutare il comportamento del paziente durante tutta la durata del turno di lavoro. Precisarne poi il motivo scegliendo tra le seguenti opzioni: A = sonno naturale B = sedazione indotta farmacologicamente C = stato comatoso D = altri motivi

Compilate la tabella di valutazione 3 volte al giorno:

1 x tramite l’équipe del mattino (= M) 1 x tramite l’équipe del pomeriggio (= P) 1 x tramite l’équipe della notte (= N)

orltro
cure palliative

IOSI M-CURPAL-009 Servizio Cure Pal l iat ive

Pagina 2 di 2

SCALA DI VALUTAZIONE DELLO STATO CONFUSIONALE

Data (mese/giorno)

M P N M P N M P N M P N M P N M P N M P N

Disorientamento

Comportamento inadeguato

Comunicazione inadeguata

Allucinazioni/Illusioni

Risultato

Assegnate ad ognuno di queste 4 manifestazioni i seguenti punteggi: 0 = comportamento assente durante il turno di lavoro 1 = comportamento presente sporadicamente durante il turno di lavoro, e di lieve entità 2 = comportamento chiaramente presente durante il turno di lavoro sia per quanto riguarda la durata sia per l’intensità (situazione completamente diversa rispetto a

0 e 1) N.V. = non valutabile

Si utilizza la definizione N.V. solo se è stato impossibile valutare il comportamento del paziente durante tutta la durata del turno di lavoro. Precisarne poi il motivo scegliendo tra le seguenti opzioni: A = sonno naturale B = sedazione indotta farmacologicamente C = stato comatoso D = altri motivi

ETICHETTA

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-005 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

ELENCO DEI FARMACI OPPIOIDI FORTI DISPONIBILI IN SVIZZERA

FARMACI E TECNICHE DI SOMMINISTRAZIONE:

In questo capitolo trovate le informazioni di base sugli oppioidi maggiormente usati in cure palliative.

- MORFINA pag. 2 - IDROMORFONE pag. 5 - OSSICODONE pag. 6 - METADONE pag. 7 - FENTANYL pag. 8 - BUPRENORFINA pag. 9

DEFINIZIONI 1 Oppiacei : termine farmacologico usato in riferimento a sostanze prodotte dalla pianta

del papavero, come la Codeina, la Morfina e i loro derivati. Narcotici: termine legale usato in riferimento a tutte le sostanze descritte nella

Convenzione del 1961 sui Narcotici, inclusi gli oppiacei come pure le sostanze sintetiche quali Pethidine e Fentanyl.

Oppioidi: termine generico usato in riferimento a Codeina, Morfina e altre droghe

naturali o sintetiche, i quali effetti sono mediati da specifici recettori del sistema nervoso centrale e periferico.

1 Cancer Pain Release, suppl. to vol. 9, Summer 1996

L’indicazione alla rotazione tra oppioidi e la sua messa in atto presuppone la consulenza del Servizio di Cure Palli ative

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

MORFINA • Metabolizzazione:epatica • Eliminazione: renale Preparati disponibili attualmente:

1) Morfina parenterale fiale da 10mg o 20mg in 1ml / per uso e.v.-s.c. / fiale da 100mg in 10ml 1. Effetto analgesico massimo: e.v. dopo 20min circa / s.c. dopo 30-60min circa 2. Durata dell’analgesia: 4 ore circa 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore o continua tramite pompa 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore, ripetibile 5. Attenzione : è importante la somministrazione lenta di bolus e.v. alfine di evitare al

paziente effetti e sensazioni sgradevoli. 6. Calcolo di conversione per os / parenterale → 3:1 (es. Morfina 30mg p.o corrispondono a 10mg e.v - s.c.)

2) Morfina 2% per os in confezioni da 20ml forniti di siringhe graduate in mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 30-60min ca 2. Durata dell’analgesia: 4 ore ca 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore, ripetibile (es: th di base 60mg /24 ore - 6mg di riserva ripetibile) 5. Attenzione: la soluzione può essere somministrata direttamente per via sublinguale, senza aggiunta di acqua, ev. su zolletta di zucchero.

3) Sevredol (equivalente alla morfina 2%) pastiglie 10mg, 20mg

supposte 10mg, 20mg, 30mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 30-60min circa 2. Durata dell’analgesia: 4 ore circa 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore, ripetibile (es: th di base 60mg /24 ore - 5mg di riserva = ½ past da 10mg, ripet.)

mg ml 1 0.05

2 0.10 3 0.15 4 0.20 5 0.25 6 0.30 7 0.35 8 0.40 9 0.45

10 0.50 11 0.55 12 0.60 13 0.65 14 0.70 15 0.75 16 0.80 17 0.85 18 0.90 19 0.95 20 1.00

Morfina 20mg/ml FH flac 50ml Tabella di conversione mg-ml

(1gtt) = 1mg = 0.05ml

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4) MST pastiglie - sospensione - supposte

Dosaggi delle pastiglie retard: 10mg, 30mg, 60mg, 100mg, 200mg Dosaggi della sospensione ret.: 20mg, 30mg, 60mg, 100mg, 200mg Dosaggi delle supposte retard: 30mg, 60mg, 100mg, 200mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 3 ore circa 2. Durata dell’analgesia: 12 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 12 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore sotto forma di morfina rapida (morfina

2% o Sevredol c), ripetibile 5. Attenzione: Le pastiglie di MST devono essere ingerite intere! Per questo è stata

introdotta da diverso tempo la sospensione, quale a lternativa alle pastiglie. Diluire il contenuto del sacchetto in almeno 20-30ml acqua e somministrare subito dopo la preparazione.

Situazioni particolari: • E’ conosciuto che in pazienti anziani il metabolismo della morfina è rallentato. Possono risultare perciò delle concentrazioni plasmatiche più alte e un’emivita più lunga. • Va prestata particolare attenzione ai pazienti che presentano un’insufficienza renale e/o epatica. Indicazioni: Dolori forti o molto forti che non rispondono a terapie con analgesici non oppioidi e/o oppioidi deboli (gradino 1 e 2 scala OMS). Regole generali: per l’utilizzo dei vari preparati di morfina: a) Preparati di morfina con emivita corta ed effetto analgesico rapido (di morfina 2% e Sevredol) servono: - per cominciare una terapia con oppioidi ed arrivare così al dosaggio di base richiesto - quali medicamenti di riserva, una volta introdotta una terapia di base con preparati di morfina ad azione

ritardata. b) Preparati di morfina retard (MST) servono: - per la terapia di base e vanno presi ad orari fissi. Non sono idonei quali medicamenti di riserva. Effetti secondari più frequenti: •••• stipsi →→→→ 100% anche a dosaggi bassi. Prevenzione con lassat ivo! • nausea/vomito → 25-40%. Può essere indicata la somministrazione di un antiemetico,

scompare dopo 3-5 giorni di solito • xerostomia • sonnolenza → che dovrebbe scomparire dopo 48-72 ore dall’introduzione meno frequenti: • ipotensione (leggera) • ritenzione urinaria (raro) • prurito → a causa della messa in circolazione di istamina (non si tratta di

un’allergia) Tossicità (vedi cap. Dolore, p.20): • alterazioni dello stato cognitivo → sedazione, disforia, dalle allucinazioni fino allo stato confusionale

conclamato, mioclonie, iperalgesia, allodinia; • depressione respiratoria → raro, attenzione all’associazione di diversi farmaci (es. benzo-diazepine,

tranquillanti,…) e all’aumento troppo rapido dei dosaggi .

!

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

IDROMORFONE Hydromorfonium chloratum (Dihydromorfine) La morfina è il farmaco di prima scelta nel trattam ento del dolore da cancro. Oltre agli effetti benefici auspicati, essa può indurre una serie di effetti secondari non desiderati che talvolta ne limitano l’impiego o perlomeno l’aumento della dose. Alcuni di questi effetti collaterali sono molto ben prevedibili e gestibili, come ad esempio la nausea o la costipazione. Altri sono più incisivi sulla qualità di vita in modo tale da limitarne l’impiego. L’effetto più limitante nell’uso della morfina è la tossicità sul sistema nervoso centrale, che si manifesta clinicamente spesso con uno stato confusionale acuto, secondo DSM IV. Lo stato confusionale acuto è un sintomo maggiore in Medicina palliativa, perché incide maggiormente sulla capacità di autodeterminazione. Anche se questo sintomo è quasi sempre multifattoriale, la tossicità della morfina gioca comunque spesso un ruolo importante. Per i motivi esposti è essenziale disporre di un’alternativa alla morfina. L’idromorfone si offre come sostanza “ideale” in quanto presenta una farmacocinetica pressappoco sovrapponibile alla morfina. Il meccanismo di tossicità tardiva da morfina non è del tutto chiaro. Sicuramente l’accumulo del metabolita Morfina-6-Glucuronide gioca un ruolo importante. Questo fenomeno avviene particolarmente spesso in presenza di una riduzione della funzione renale. Probabilmente cambiano però anche i rapporti recettori - effettori che spiegherebbero un comportamento dissociato dei vari effetti della morfina. In Svizzera l’Idromorfone non è in commercio nella forma parenterale, mentre da giugno 1997 è disponibile per la terapia per os sotto forma di capsule ad assorbimento veloce e ad assorbimento ritardato (vedi pag.6). Per la somministrazione parenterale (s/c, e/v) l’abbiamo fatto preparare appositamente, ed è disponibile alla farmacia dell’Ospedale Civico di Lugano già da settembre 1996. • Metabolizzazione: epatica • Eliminazione: renale • Effetti secondari: simili a quelli della morfina (vedi pag. 4) Preparati disponibili attualmente

1) Idromorfone parenterale fiale da 2mg in 1ml / 20mg in 10ml / per uso e.v - s.c. 1. Effetto analgesico massimo: e.v. dopo 20min circa / s.c. dopo 30-60min circa 2. Durata dell’analgesia: 4 ore circa 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore o continua tramite pompa 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore, ripetibile 5. Attenzione : è importante la somministrazione lenta di bolus e.v. alfine di evitare al

paziente effetti e sensazioni sgradevoli. 6. Calcolo di conversione per os / parenterale → 3:1 (es. Palladon 24mg p.o corrispondono a 8mg Idromorfone e.v - s.c.) 7. Calcolo di conversione Idromorfone : Morfina = (equipotente) 1:5 tra sostanze: (1 mg di Idromorfone corrisponde a 5 mg di Morfina) Rifornimento: Farmacia Ospedale Civico di Lugano (091 811 65 88) → per praticità conviene dare le indicazioni esatte alla farmacia del proprio ospedale così che la richiesta avvenga da farmacia a farmacia.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2) Idromorfone per os Palladon capsule rapide: 1,3mg - 2,6mg, 1. Effetto analgesico massimo: dopo 30-60 minuti circa 2. Durata dell’analgesia: 4 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore ( Th di base 24mg /24 ore - 2,6mg di

riserva ripetibile) 5. Attenzione: le capsule si possono aprire, non schiacciare però i granuli contenuti che

vanno ingeriti interi Palladon Retard capsule retard: 4mg, 8mg, 16mg, 24mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 3 ore circa 2. Durata dell’analgesia: 12 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 12 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore sotto forma di Palladon rapido,

ripetibile 5. Attenzione : le capsule si possono aprire, non schiacciare però i granuli contenuti che

vanno ingeriti interi Sulla base della letteratura e dalla nostra esperienza clinica il fattore di conversione tra Idromorfone e Morfina è di 1:5 (per esempio 4mg Palladon retard = 20mg MST). Se la rotazione da un medicamento all’altro avviene a causa di tossicità bisognerà comunque ridurre la dose complessiva delle 24 ore di circa il 25%. Dopo ogni rotazione da un farmaco all’altro il pazi ente deve essere in ogni caso sorvegliato attentamente, poiché può rendersi necessario ritocc are più volte la sua dose giornaliera per trovare quella che gli serve. Usare foglio "Registrazione continua dei dolori”

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

OSSICODONE • Metabolizzazione: epatica • Eliminazione: renale • Effetti secondari: simili a quelli della morfina (vedi pag. 4) Preparati disponibili attualmente

Oxynorm : gocce 10mg/ml (usare siringa graduata allegata)

1. Effetto analgesico massimo: dopo 30-60 minuti circa 2. Durata dell’analgesia: 4 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 4 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore ( Th di base 40mg /24 ore - 4mg di

riserva ripetibile) 5. Attenzione : le gtt possono essere somministrate direttamente per via sublinguale, senza

aggiunta di acqua, ev. su zolletta di zucchero.

Oxycontin Retard : pastiglie da 5mg, 10mg, 20mg, 40mg, 80mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 3 ore circa 2. Durata dell’analgesia: 12 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 12 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore sotto forma di Oxynorm gtt, ripetibile 5. Attenzione : le pastiglie di Oxycontin Retard devono essere ingerite intere, non si

possono ne spezzare ne schiacciare.

Fattore di conversione con Morfina: 1:2 (es: Ossicodone 40mg: 80mg Morfina)

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 7 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

METADONE E’ altamente auspicabile che l’introduzione e la gestione di una terapia con metadone sia concertata con il Servizio di cure palliative Problemi legati all’uso di metadone

1) Emivita che può essere da 15 a 60h e tempo di eliminazione molto lungo (per conversione si calcola 3-5

emivite) e dunque rischio di accumulo e di tossicità ritardata. 2) Rapporto equianalgesico tra metadone e morfina non ben definito poiché influenzato da molteplici fattori. Per un trattamento a lunga scadenza, tenendo in con siderazione la sua eliminazione lenta rispetto alla morfina, tendiamo a considerarlo tra 5 e 10 volte p iù potente della morfina Indicazioni per l’uso del metadone: nella nostra pratica la componente neuropatica del dolore ci spinge verso la scelta di questo oppioide. • Metabolizzazione: epatica • Eliminazione: intestinale (feci), in misura minore renale • Effetti secondari: simili a quelli della morfina (vedi pag. 4) Preparati disponibili attualmente

Methadon Streuli = Ketalgina (Amino)

fiale da 10mg/ml supposte da 10mg pastiglie da 5mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 3-4 ore 2. Durata dell’analgesia: 8-12 ore (inizialmente) 3. Terapia di base per os: somministrazione ogni 8 ore 4. Terapia di riserva: 10-15% della dose totale delle 24 ore sotto forma di morfina rapida (morfina 2% o

Sevredol c) inizialmente, poi con il metadone stesso, ripetibile 5. Attenzione : Le pastiglie di metadone si possono sciogliere nell’acqua

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 8 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

La terapia transdermica La cute permette la penetrazione transdermica di creme e unguenti applicati topicamente in quantità sufficiente per determinare un’attività sistemica. I farmaci efficaci per via transdermica sono comunque quelli che richiedono una dose giornaliera non maggiore di alcuni mg.

FENTANYL

Durogesic Matrix TTS Importante: secondo le raccomandazioni della ditta farmaceutica è sconsigliato

tagliare i cerotti per ottenere dosaggi più piccoli . In realtà non esistono studi clinici sul comportamento dei cerotti tagliat i.

Composizione: sostanza attiva: Fentanyl Durogesic TTS 12 microgrammi/h: 2,1 mg di Fentanyl per il sistema di 5,25 cm2 Durogesic TTS 25 microgrammi/h: 4,2 mg di Fentanyl per il sistema di 10,50 cm2 Durogesic TTS 50 microgrammi/h: 8,4 mg di Fentanyl per il sistema di 21,00 cm2 Durogesic TTS 75 microgrammi/h: 12,6 mg di Fentanyl per il sistema di 31,50 cm2 Durogesic TTS 100 microgrammi/h: 16,8 mg di Fentanyl per il sistema di 42,00 cm2 Farmacocinetica I cerotti sono formati da una zona periferica adesiva e da una matrice

impregnata di farmaco a rilascio controllato . Una quantità relativamente costante di Fentanyl viene liberata dal sistema e assorbita attraverso il tessuto sottocutaneo entrando così nella circolazione sanguigna.

L’effetto analgesico comincia a manifestarsi circa 12 ore dopo l’applicazione del cerotto (variazioni riscontrate 6-24h).

Metabolismo: epatico Eliminazione: per lo più renale, in parte anche intestinale. Indicazioni: Dolore stabile e che si prevede resti tale. Controindicazioni: - edemi generalizzati, - disordini cronici della cute - febbre recidivante - relativa: cachessia Fino ad un 10% di pazienti presentano una reazione cutanea al farmaco o al cerotto. Come passare da una terapia con un altro oppioide a Durogesic Dopo la prima applicazione del cerotto i tassi di Fentanyl nel siero aumentano costantemente e si stabilizzano di solito dopo 12-24 ore, per cui l’effetto analgesico desiderato subentra solo dopo 12-24 ore. Dunque:

a) chi prende morfina ad assorbimento veloce ogni 4 ore, continua a prendere dosi regolari per 3 volte ancora dopo aver messo il cerotto;

b) chi prende morfina a rilascio ritardato, applica il cerotto al momento in cui prende l’ultima dose di MST Il farmaco di riserva è morfina 2% per os. Attenzio ne a calcolare la dose adeguata (terapia di base Durogesic TTS 50 - terapia di riserva morfina ad azione rapi da 15-20mg). La prima valutazione dell’effetto analgesico massimale di Durogesic può essere fatta dopo che il paziente ha avuto il cerotto per almeno 3 giorni.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 9 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Tabella: Dose di Durogesic TTS raccomandato in funzione della dose di Morfina oral e quotidiana Morfina orale Dose di Durogesic TTS (ug/h) per 24h (mg/giorno) < 135 25 135 - 224 50 225 - 314 75 315 - 404 100 Dalla nostra esperienza clinica per dosaggi di fentanyl uguali e/o superiori a 100 microgrammi/h i dosaggi equivalenti di morfina vanno decisamente individualizzati Come passare da una terapia con Durogesic ad un altro oppioide Dopo aver rimosso l’ultimo cerotto le concentrazioni nel siero diminuiscono costantemente del 50% nel giro di 17 ore circa. Dunque cominciare la somministrazione del nuovo oppioide 12 ore dopo aver rimosso il cerotto di Durogesic. Le dosi di riserva possono servire a superare il periodo di transizione in caso di dolori. Applicazione corretta: Va messo su cute sana e liscia nella parte superiore del corpo o sulle braccia. Non si applica su cute irritata, irradiata, lesa. Scegliere preferibilmente una zona dove non ci sono peli; se non è possibile, i peli non devono essere rasati (per evitare irritazioni cutanee) bensì accorciati con una forbice. Se necessario, lavare il posto scelto, prima di mettere il cerotto, solo con dell’acqua (evitare l’uso di saponi o di lozioni). La cute deve essere perfettamente asciutta prima di applicare il cerotto. Applicarlo alla cute subito dopo averlo tolto dalla confezione ed appoggiare il palmo della mano per circa 30 secondi per fare in modo che aderisca bene alla pelle. Il cerotto di Fentanyl può essere portato per 72 ore senza interruzione. Tuttavia in circa il 20-30% dei pazienti il cerotto deve essere cambiato ogni 48 ore perché meno efficace il 3° giorno. Quando si cambia cerotto, quello nuovo va applicato in un altra zona per evitare soprattutto le reazioni locali. Bisogna inoltre evitare di esporre la cute dove è applicato il cerotto a fonti di calore dirette ( borse dell’acqua calda, lampade a infrarossi, coperte elettriche, sauna). Evitare allo stesso modo l’esposizione solare intensa e diretta, poiché temperature più alte aumentano il tasso di rilascio del cerotto. Pazienti con febbre, per lo stesso motivo, devono essere attentamente controllati. Effetti secondari: Simili a quelli della morfina.

BUPRENORFINA

1) Transtec TTS Secondo le indicazioni della ditta farmaceutica pro duttrice i cerotti di Transtec si possono tagliare. Il cerotto va cambiato ogni 96 ore. • Metabolizzazione: epatica • Eliminazione: 1/3 renale, 2/3 intestinale Composizione: sostanza attiva: Buprenorfina Transtec TTS 35 mcg/h: 20 mg di Buprenorfina per il sistema di 25 cm2 Transtec TTS 52,5 mcg/h: 30 mg di Buprenorfina per il sistema di 37,5 cm2 Transtec TTS 70 mcg/h: 40 mg di Buprenorfina per il sistema di 50 cm2

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 10 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Farmacocinetica I cerotti sono formati da un tessuto che rilascia il farmaco in modo costante durante 96 ore. L’effetto analgesico si manifesta gradualmente tra le 12 e le 24 ore dopo l’applicazione del cerotto.

Indicazioni: Dolore stabile e che si prevede resti tale. Controindicazioni: - edemi generalizzati, - disordini cronici della cute Non ci sono al momento dati in letteratura per proporre tabelle di conversione applicabili in cure palliative → consultare Servizio di Cure Palliative. Come iniziare una terapia antalgica con Transtec Dopo la prima applicazione del cerotto i tassi di buprenorfina nel siero aumentano costantemente e si stabilizzano di solito dopo 12-24 ore. Il farmaco di riserva è a base di Buprenorfina rapida (Temgesic 0,2 - 0,4) Dunque per il cerotto TTS 35 la riserva è 0,2 - per il cerotto TTS 70 la riserva è 0,4 ripetibile. La prima valutazione dell’effetto analgesico massimale di Transtec può essere fatta dopo che il paziente ha avuto il cerotto per almeno 3 giorni. Come passare da una terapia con Transtec ad un altro oppioide Dopo aver rimosso l’ultimo cerotto la concentrazione nel siero diminuisce costantemente, in ogni caso bisogna attendere 24 ore prima di ricominciare con una nuova terapia con oppioidi fissa. Le dosi di riserva devono servire a superare il periodo di transizione in caso di dolori. Applicazione corretta: Va messo su cute sana e liscia nella parte superiore del corpo. Non si applica su cute irritata, irradiata, lesa. Scegliere preferibilmente una zona dove non ci sono peli; se non è possibile, i peli non devono essere rasati (per evitare irritazioni cutanee) bensì accorciati con una forbice. Se necessario, lavare il posto scelto, prima di mettere il cerotto, solo con dell’acqua (evitare l’uso di saponi o di lozioni). La cute deve essere perfettamente asciutta prima di applicare il cerotto. Estratto il cerotto dalla busta, rimuovere il pezzo più piccolo della pellicola argentata, applicare il cerotto nel punto prescelto e rimuovere quindi la parte restante della pellicola protettiva argentata, appoggiare il palmo della mano per circa 30 secondi per fare in modo che aderisca bene alla pelle. Quando si cambia cerotto, quello nuovo va applicato in un altra zona per evitare soprattutto le reazioni locali. Bisogna inoltre evitare di esporre la cute dove è applicato il cerotto a fonti di calore dirette (borse dell’acqua calda, lampade a infrarossi, coperte elettriche, sauna). Evitare allo stesso modo l’esposizione solare intensa e diretta, poiché temperature più alte aumentano il tasso di rilascio del cerotto . Pazienti con febbre devono essere attentamente controllati. Effetti secondari: Simili a quelli della morfina. Inizialmente può dare prurito e eritema che scompaiono di solito dopo 24 ore.

2) Temgesic

pastiglie sublinguali da 0,2mg e da 0,4mg 1. Effetto analgesico massimo: dopo 30 minuti 2. Durata dell’analgesia: più o meno 6 ore 3. Terapia di base: somministrazione ogni 6 (-8) ore 4. Terapia di riserva: es. per il cerotto TTS 35 la riserva è 0,2 - per il cerotto TTS 70 la riserva è 0,4

ripetibile. 5. Attenzione: le pastiglie devono essere somministrate direttamente per via sublinguale,

dunque non vanno deglutite intere . Si possono spezzare a metà.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Elenco farmaci oppioidi forti (I-CURPAL-005)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 11 di 11 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Bibliografia - C. Ripamonti, E. Zecca, E. Bruera: “An update on the clinical use of Methadone for cancer pain” - Pain 70 (1997), pp 109-115 - “Opioid Rotation for Toxicity Reduction in Terminal Cancer Patients” N. De Stoutz, E. Bruera, M. Suarez Almazor - Journal of Pain and Symptom Management, vol. 10 no 5, 1995,

pp 378-384 - “Hydromorphone and Metabolite Pharmacokinetics in Children” N. Babul, A. C. Darke, R. Hain. Journal of Pain and Symptom Management 10, no 5 1995, pp 335-337 - “Clinical Pharmacokinetics of Hydromorphone and Hydromorphone-3-Glucuronide at steady state following

immediate and controlled released Hydromorphone administration to Cancer Patients”. N. Hagen, M. Thirlwell et al. - Journal of Clinical Pharmacology 1995.35:38-45

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-006 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI E IDRATAZIONE PER VIA SOTTOCUTANEA

FARMACI E TECNICHE DI SOMMINISTRAZIONE:

(per persone adulte) 1. Indicazione

In cure palliative la via sottocutanea (s.c.) è la via di prima scelta poiché sicura, affidabile, facilmente accessibile e gestibile in qualsiasi ambito. Essa è utilizzabile: a) per la somministrazione di farmaci (→indispensabile un’accurata selezione dei farmaci!) b) per l’idratazione →Misch (ev. NaCl) limitata a 1 lt/24h

2. Vantaggi di una somministrazione di farmaci e/o di un ‘idratazione s/c

- maggior comfort per il paziente poiché si evitano punture ripetute. - sorveglianza e manipolazioni molto semplici - facilità nell’uso pratico di questa tecnica - nessun rischio di flebite - disponibilità di diversi posti d’iniezione - tecnica economica.

3. Controindicazioni

- edemi generalizzati - controindicazione relativa: anticoagulazione, soprattutto per quel che concerne l’idratazione.

4. Materiale

- butterfly Nr. 23 (o 25 se disponibile) - disinfettante per la cute e batuffoli - medicazione trasparente (es. Tegaderm) per coprire il butterfly una volta posizionato - a) siringa contenente il farmaco - b) infusione di Misch (ev. NaCl) con deflussore

5. Zone per il posizionamento di una via s/c:

- regione sottoclavicolare evitando il tessuto mammario - regione addominale all’infuori di una circonferenza di circa 4 dita attorno all’ombelico - regione dei deltoidi - regione esterna delle cosce Evitare le zone edematose e le zone attorno ad una stomia a causa del diminuito assorbimento del medicamento.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Somministrazione farmaci e idratazione (I-CURPAL-006)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

6. Tecnica di posizionamento del Butterfly:

- Riempire il tubicino del Butterfly nr. 23 (o 25 se disponibile) con il farmaco prescritto o con il liquido dell’infusione, senza rubinetto

- Disinfettare la cute, sollevare il tessuto sottocutaneo ed inserire l’ago del Butterfly con un’angolatura di circa 15 gradi

- Ricoprire il Butterfly ed il tubicino con una medicazione trasparente ( Tegaderm o Op-site ) - a) Iniettare lentamente la quantità di farmaco prescritto ( 0,5 ml = ½ minuto, 1 ml = 1 minuto, ecc.); usando

un unico farmaco non si deve risciacquare poiché il sistema rimane riempito con quell’unica sostanza

- b) Ci sono due modalità di somministrare l’idratazione s.c.: - infusione sulle 24 ore alla velocità massima di 1-2 ml/min. - infusione per un tempo limitato (p.e. 1000ml/8 ore) e lasciare il resto del tempo (16 ore) per il

riassorbimento. 7. Problemi a causa dei quali è necessario cambiare il posto d’iniezione

- Arrossamento della cute attorno all’ago; - Indurimento del tessuto; - Dolori importanti nel punto d’iniezione; - Sanguinamento o coagulazione nel punto d’iniezione; - Fuoriuscita del farmaco dal punto d’iniezione. Controllare giornalmente la capacità di riassorbime nto del tessuto sottocutaneo!

8. Permanenza

Se non ci sono i problemi sopraccitati il Butterfly può rimanere in sede dai 3 ai 10 giorni. Cambio medicazione ogni 72 ore.

9. Somministrazione di più farmaci s/c Ci sono due possibilità: ���� pompa → rispettando la compatibilità, abbinamento dei farmaci in una pompa-siringa (per es. in ospedale

pompa Braun / al domicilio pompa Baxter) con l’aggiunta di NaCl per poter somministrare facilmente la quantità di liquido così ottenuta nelle 24h. Es: Morfina 30mg/24h + Haldol 2,5mg/24h + Buscopan 80mg/24h 3ml + 0,5ml + 4ml = 7,5ml + NaCl 40,5ml

= 48ml/24h = 2ml/h ���� risciacquo → somministrazione in bolus di due diversi farmaci sciacquando dopo ogni somministrazione con

1ml NaCl, cosicché nel sistema rimane NaCl. 10. Indicazioni per l’utilizzo di due Butterfly in contemporanea

Si rende necessario la posa di due Butterfly in contemporanea se il paziente necessita sia la somministrazione di farmaci che l’idratazione poiché con un apporto superiore a 3(-5)ml/ora s.c. non c’è la garanzia che ci sia un assorbimento rapido dei farmaci.

Bibliografia:

- L’art de soigner en soins palliatifs, C. Foucault, Les Presses de l’Université de Montréal, 1996

- C.H.U. de Grenoble, Unité de Recherche et de soutien en Soins Palliatifs, 1997

- Palliativmedizin, H. Neuenschwander et al., Lega svizzera contro il cancro, 2006

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Somministrazione farmaci e idratazione (I-CURPAL-006)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Metodo di Somministrazione Sottocutanea Fig. 1 Somministrazione intermittente di analgesici via butterfly s.c. Infusione s.c. tramite pompe Fig. 2a: pompa Pharmacia Fig. 2b: pompa Travenol (Baxter)

Fig. 3 Ipodermoclisi

Fig. 4 Somministrazione di dosi supplementari tramite il rubinetto a 3 vie

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Farmaci e tecniche di somministrazione - Somministrazione farmaci e idratazione (I-CURPAL-006)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Miscibilità di diversi farmaci da somministrare con pompa per via sottocutanea

Clo

naze

pam

Dex

amet

ason

e

Fen

tany

l

Alo

perid

olo

Hyo

scin

e bu

tylb

rom

id

Pot

assi

o

Ket

amin

a

Levo

mep

rom

azin

a

Epa

rina

Met

adon

e

Met

oclo

pram

ide

Mid

azol

am

Mor

fina

Oct

reot

ide

Phe

mito

ina

Ran

itidi

na

Atr

opin

a

Dih

ydro

code

ina

Fur

osem

ide

Bup

ivac

aina

Cat

apre

san

Clonazepam C h C h C h C h C h N C s C h C h C h

Dexametasone C h C g C h C s C s N C g C s C h Cgh C C h C

Fentanyl C g C C g C s C s C g C s C s C s N C g C

Aloperidolo C h C h C C C s C N C g C s C h Cgh C C h

Hyoscine butylbromid C h C h C C C h C s N C g C h C s C h C s C s

Potassio C C C

Ketamina C h C s C s C s C h C s C s C s C s C

Levomepromazina C h C s C s C C s C s C g C s C s Cgh C s C C h

Eparina N N N N N N N N N N N N N

Metadone C s C g C g C g C g N C g C N C g

Metoclopramide C h C s C g C s Ch C C s C s N C g C s Cgh C N

Midazolam C h C h C C h C s C s C s N C C s Cgh C s C h C h N

Morfina C h Cgh C s C C h C C s Cgh N C C C N C h C g C C

Octreotide C s C C s C s N C C s C

Phenitoina N N N

Ranitidina C s C N C h C h

Atropina C C g C N C g C g

Dihydrocodeina C h C h C h N C h

Furosemide C N N

Bupivacaina C C N C

Catapresan C

C = compatibile (con h=H2O; g=Glucosio; s=NaCl) Tratto e adattato da H. Neuenschwander et al: Palliativmedizin, 2006 N= non compatibile

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-007 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 1 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

TEMI DI DISCUSSIONE:

La maggior parte dei pazienti dimessi da un ospedale, dopo un trattamento curativo sono convalescenti oppure soffrono di una malattia cronica più o meno stabilizzata. I pazienti in terapia palliativa si trovano in una situazione particolare in quanto la loro prospettiva di sopravvivenza si quantifica in settimane o mesi. Questo periodo sarà caratterizzato da modificazioni assai rapide dello stato clinico, con numerosi sintomi fisici e psicosociali. Il ritorno a domicilio di questi malati dovrebbe essere pianificato sin dall’inizio della degenza ospedaliera e richiede una preparazione che coinvolga il paziente ed i suoi familiari, il medico ospedaliero e il medico di famiglia, come pure gli operatori sociali. Questo procedimento permette di assicurare la continuità, la qualità e la coerenza delle cure.

CHECKLIST per le dimissioni di un paziente che necessita cure palliative per il personale infermieristico: √ contattare con almeno 2 giorni di anticipo l’équipe curante che si occupa del paziente a casa per

segnalare il suo rientro a domicilio in modo che possano pianificare o ripianificare i loro interventi; √ preparare foglio di trasferimento (continuità delle cure!); √ se ci sono cure particolari che il paziente e/o i familiari dovranno gestire a casa (es. uso di determinati

medicamenti, nutrizione via PEG, medicazioni, iniezioni s/c,...): - pianificare al più presto l’insegnamento al paziente ed ai familiari; - accertarsi che sia stato ben compreso; il giorno della dimissione: √ accertarsi che il paziente possa procurarsi i medicamenti più importanti il giorno stesso, in caso di

dubbio dargli i medicamenti necessari fino al giorno dopo; √ la stessa cosa dicasi per il materiale speciale; per il medico: √ assicurarsi che il paziente sia in possesso della ricetta medica (per medicamenti stupefacenti ci vuole la

ricetta speciale!), dello schema di posologia e della lettera d’uscita per il medico curante. √ contattare telefonicamente il medico esterno che si occuperà del paziente per segnalare il suo rientro. P.S. I pazienti già seguiti dall’Aiuto Domiciliare hanno a casa il foglio di decorso redatto dagli infermieri, per

cui al momento del ricovero in ospedale si può chiedere ai parenti di portarlo. Vale la pena consultare sempre tale documento: spesso vi si trovano informazioni molto utili per la gestione del paziente.

DIMISSIONE DEL PAZIENTE

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-008 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

TEMI DI DISCUSSIONE: In medicina palliativa, le procedure diagnostiche e terapeutiche devono essere personalizzate, ma l’approccio decisionale deve sempre essere sistematico ed articolato in fasi ben definite. E’spesso necessario trovare un compromesso fra un trattamento troppo aggressivo con importanti conseguenze tossiche e la rinuncia a terapie atte a conseguire un beneficio sotto il profilo sintomatologico. Alla base delle decisioni stanno i tre principi fondamentali della bioetica:

• il principio di beneficenza/non maleficenza • il principio di autonomia • il principio della equa distribuzione delle risorse.

Questo approccio decisionale rigoroso e sistematico può portare a scelte terapeutiche diverse per pazienti affetti dalla stessa complicazione. Per esempio, se tre pazienti presentano un’occlusione intestinale, potrebbe essere opportuno proporre per il primo una colostomia, per il secondo una gastrostomia percutanea decompressiva e per il terzo soltanto un trattamento medicamentoso sintomatico. Sono le condizioni del paziente, la sua storia e la sua volontà a guidarci nei seguenti passaggi. I passaggi della decisione personalizzata Sulla base di una situazione di cura concreta spieghiamo i punti principali del percorso decisionale. Non entreremo in merito a tutti i problemi che emergono durante la presa a carico del paziente. Situazione di cura: sig. Paolo, 1927, con carcinoma polmonare inoperabile, invasione del pericardio, metastasi ossee diffuse. Performance Status secondo Karnofsky (PS) di 50. Evento acuto: stato confusionale e febbre. FASE 1: accertare l’impatto del nuovo evento sulla qualità di vita del paziente Alla visita notiamo un decadimento delle condizioni generali con PS di 20, paziente a tratti soporoso, confuso, non in grado di assumere per os né solidi né liquidi. Visibilmente con dolori. Ha febbre a 37,6°. Diagnosi clinica differenziale: • infetto (polmonite ?`vie urinarie ?) • tossicità da oppioidi • metastasi cerebrali • ipercalcemia FASE 2: situare il nuovo evento nell’ambito della situazione globale del paziente (prognosi e stadio malattia) Il paziente era già considerato non suscettibile di ulteriori trattamenti curativi, recentemente episodi di embolie polmonari e all’ultima rivalutazione della neoplasia era risultata una progressione. FASE 3:

formulare le opzioni terapeutiche con obiettivi realistici

Opzione ❶: Rx torace, emocolture, labor, raccolta espettorato per batteriologia, status urine, controlli della saturazione di O2, antibioticoterapia mirata e.v., idratazione, supporto nutrizionale

Opzione ❷: idratazione, antibioticoterapia empirica e.v. Opzione ❸: idratazione, antipiretico

IL PERCORSO DECISIONALE IN MEDICINA PALLIATIVA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - Il percorso decisionale in medicina palliativa (I-CURPAL-008)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

FASE 4: valutare l rapporto costo / beneficio delle singole opzioni terapeutiche (in termini di sofferenza / giovamento) considerando le risorse del paziente Cosa significa per il sig. Paolo la scelta tra una di queste opzioni ?

Costi Benefici Esami radiologici, (trasferimento, posizionamento,..) Diagnosi eziologica precisa Punzioni venose ripetute Trattamento mirato, forse più efficace Via venosa da mantenere Terapie mirate alla risoluzione del nuovo evento Tossicità dell’antibioticoterapia Tossicità della nutrizione Elevato impegno a scopo diagnostico del personale Meno tempo per le cure Elevati costi economici Via venosa da mantenere Paziente meno disturbato dalle procedure Tossicità della antibioticoterapia Più tempo per le cure al paziente ed alla famiglia

Possibile minore efficacia eziologica della terapia Efficacia sulla febbre Medio costo economico Via venosa da mantenere Paziente meno disturbato dalle procedure Nessuna intenzione curativa sulla malattia Più tempo per le cure al paziente ed alla famiglia Possibile aggravamento della malattia Efficacia sulla febbre Basso costo economico

❶ Management attraverso treatment ❷ Management ex adiuvantibus ❸ Management puro

FASE 5: spiegare al paziente e ai familiari le opzioni terapeutiche elaborate e ricerca di un consenso. Questa elaborazione può richiedere parecchi colloqui in casi difficili. A volte una riunione di famiglia è molto utile per chiarire le situazioni più complesse. La ricerca del consenso del paziente e della sua famiglia è fondamentale in tutte e tre le scelte terapeutiche: la prima ipotesi richiede per il paziente un intenso impegno durante le indagini e le cure, quindi deve essere informato dei rischi e dei possibili benefici che ne trarrebbe. La seconda e la terza ipotesi, essendo le terapie sempre meno incisive comportano rispettivamente una bassa e nulla probabilità di cura radicale: il paziente e la sua famiglia devono essere informati di questo per poter decidere in libertà e consapevolezza. Talora il paziente ha già espresso in precedenza delle direttive anticipate: in questo caso è dovere dello staff curante di mantenerle; possono non essere rispettate solo se sono in netta contrapposizione con il codice etico e deontologico (ad esempio richiesta di eutanasia). FASE 6: rivalutare l’efficacia e l’adeguatezza del trattamento instaurato. La rivalutazione deve essere fatta nel tempo, adeguando gli obiettivi della terapia alle mutate condizioni del paziente. Bibliografia 1. Perera J, Bruera E. Miscellaneous aspects of decision making in palliative care. In: The Edmonton Aid

to Palliative Care, 1997:3-7. Edmonton, AB. 2. Neuenschwander H. et al.: Palliativmedizin. Lega Svizzera Contro il Cancro, 2006

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - Il percorso decisionale in medicina palliativa (I-CURPAL-008)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

FASE 1: accertare l’impatto del nuovo evento sulla qualità di vita del paziente FASE 2: situare il nuovo evento nell’ambito della situazione globale del paziente FASE 3: formulare le opzioni terapeutiche con obiettivi realistici Opzione 1 Opzione 2 Opzione 3 FASE 4: valutare il rapporto costo / beneficio delle singole opzioni terapeutiche (in termini di sofferenza / giovamento) considerando le risorse del paziente

Costi Benefici

FASE 5: spiegare al paziente e ai familiari delle opzioni terapeutiche elaborate e ricerca di un consenso FASE 6: rivalutare l’efficacia e l’adeguatezza del trattamento instaurato

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-024 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

TEMI DI DISCUSSIONE:

SOMMARIO

1. Introduzione p. 1

2. Definizione p. 2

3. Indicazioni p. 2

4. Aspetti etici p. 2

5. Percorso decisionale p. 4

6. Trattamento p. 5

6.1 Aspetti non farmacologici p. 5

6.2 Procedura farmacologica p. 6

6.3 Sorveglianza p. 7

7. Conclusioni p. 8

8. Bibliografia p. 8

Allegato: Dormicum

1. INTRODUZIONE In una versione precedente del “Manuale di cure palliative” avevamo inserito un breve capitolo sulla “Sedazione”, dettato soprattutto dall’urgenza di indicare farmaci e modalità di somministrazione corretti; capitolo tolto in seguito proprio perché considerato troppo riduttivo in relazione alle problematiche sollevate da questo tema. Nel frattempo, soprattutto in questi ultimi anni, oltre ai numerosi articoli pubblicati in merito, sono state redatte raccomandazioni assolutamente interessanti, complete sotto tutti gli aspetti, che sono di riferimento per la nostra pratica quotidiana e che vi invitiamo a consultare:

1. European Association for Palliative Care (EAPC) recommended frame work for the use of sedation in palliative care, Nathan Cherny, Lukas Radbruch, the Board of the EAPC, 2009;

2. Raccomandazioni della Società Italiana di cure Palliative (SICP) sulla sedazione terminale / sedazione palliative, La Rivista Italiana di Cure Palliative, primavera 2008;

3. Raccomandazioni “Sedazione palliativa”, Consensus sulla best practice in cure palliative in Svizzera, palliative ch, 01/2008.

SEDAZIONE PALLIATIVA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2. DEFINIZIONE (adattata da Broeckaert 2000, 2002, 2004)

• Somministrazione intenzionale di farmaci sedativi

• nel dosaggio minimo efficace

• con la collaborazione di un’equipe interdisciplinar e competente

• per alleviare adeguatamente (definire obiettivi valutabili)

• uno o più sintomi refrattari

• di un paziente con una malattia in fase avanzata la cui aspettativa di vita è limitata (giorni, settimane)

• riducendo il suo stato di coscienza temporaneamente o in modo permanente.

3. INDICAZIONI La sedazione palliativa puo’ essere utilizzata in circostanze diverse, per esempio:

• Sedazione transitoria durante procedure dolorose;

• Sedazione per permettere al paziente un periodo di riposo;

• Sedazione per gestire sintomi refrattari1 alla fine della vita (stato confusionale iperattivo, dispnea, …);

• Sedazione d’emergenza (emorragia massiccia, soffocamento,…).

4. ASPETTI ETICI La sedazione palliativa implica la riduzione dello stato di coscienza del paziente e ci pone davanti a tutta una serie di riflessioni di ordine etico. I seguenti punti vengono sottolineati in particolare:

- Il medico curante dovrebbe discutere preventivamente con ogni persona gravemente malata in pericolo di morte, quali cure si aspetta alla fine della vita, per raccogliere le sue direttive anticipate e documentarle; revisione regolare di quanto stabilito con paziente e familiari.

1 Definizione di sintomo refrattario: sintomo vissuto dal paziente come insopportabile e che non riesce ad essere controllato in maniera giudicata soddisfacente dal paziente a dispetto di una presa a carico palliativa correttamente gestita che sino ad ora non ha compromesso le capacità comunicative del paziente

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

- Il sintomo specifico refrattario per cui si ricorre alla sedazione va individuato chiaramente. I sintomi più frequenti sono lo stato confusionale iperattivo e la dispnea. Per situazioni d’emergenza di intende l’emorragia massiccia, il soffocamento, la crisi di dispnea terminale.

- La valutazione del paziente (anamnesi, risultati indagini, valutazione clinica) dovrebbe essere fatta da

un medico con sufficiente esperienza e conoscenze in cure palliative per avere la certezza di poter individuare eventuali cause reversibili. Se ciò non è possibile la valutazione del medico in formazione deve essere discussa con un medico senior con conoscenze in cure palliative o con un equipe di cure palliative. Deve essere inoltre una decisione dell’equipe curante e mai del singolo medico.

- Nelle situazioni dove il ricorso alla sedazione è richiesto ma non è un’urgenza ed il paziente ha mantenuto la sua capacità decisionale, obiettivi benefici e rischi della sedazione andrebbero discussi con lui (consenso informato verbale). Con il permesso del paziente è di solito preferibile la partecipazione del familiare di riferimento al colloquio. Se il paziente non è in grado di dare un consenso informato, i familiari stretti vanno interpellati, non per far decidere a loro, bensì perché possano dare delle indicazioni all’equipe su cosa avrebbe voluto il paziente.

- Nelle situazioni in cui non si sono potuti coinvolgere i familiari nel percorso decisionale, bisogna

prendersi del tempo anche per loro per informarli e per rispondere alle loro domande.

- I dosaggi ed i farmaci devono essere appropriati alla situazione clinica. Il grado di sedazione in generale dovrebbe essere il necessario in grado di alleviare adeguatamente la sofferenza. Si deve passare ad una sedazione più profonda solo se un grado di sedazione moderato è inefficace.

- Le prescrizioni farmacologiche devono essere chiare, supervisionate da un medico senior. Va stabilito

anche il grado di monitoraggio in base al tipo di sedazione e le cure infermieristiche di comfort che vanno mantenute;

- Circa l’idratazione /nutrizione va deciso individualmente alla luce degli obiettivi di cura e dei benefici

rispettivamente danni prodotti da tali terapie, mentre si continuano le terapie impostate per controllare i sintomi (es. terapie con oppioidi);

- Essere consapevoli che situazioni in cui un proprio caro è sedato, sono spesso molto pesanti per il

resto della famiglia. L’equipe deve poter essere di supporto anche per i familiari ascoltandoli, consigliando in cosa possono essere utili ancora, informandoli dei cambiamenti, rassicurandoli che si è giunti a quell’opzione terapeutica dopo un’attenta analisi della situazione del paziente.

- per l’equipe curante situazioni in cui un paziente è sedato possono essere sofferte, in particolare quando non c’è consenso o quando la situazione si protrae nel tempo. Ogni membro dell’equipe deve poter comprendere perché si è giunti alla sedazione e gli obiettivi di cura. Anche nelle raccomandazioni citate in precedenza vi ene posto l’accento sul fatto che l’equipe deve disporre di un percorso decisionale chiaro, de finito e documentato.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

5. PERCORSO DECISIONALE Esempio di percorso decisionale per la sedazione palliativa nel caso di sintomi refrattari Richiesta di sedazione palliativa da parte: del paziente della famiglia dell’equipe Data: Nome del paziente: Curato dall’equipe da: Partecipanti:

Parte 1: Percorso decisionale nell’equipe interdisc iplinare

Qual è il problema acuto / l’evento scatenante? Che cosa sappiamo: - Direttive anticipate? Rappresentante terapeutico? - Problemi associati Bio

Psico Sociali Spirituali

- Strategie per risolvere i problemi adottati fin qui ? Bio

Psico Sociali Spirituali

- Contatto con il medico di famiglia /altri professio nisti coinvolti? - Contatto con altri specialisti? ���� Conclusione 1:

Il sintomo è refrattario / i sintomi sono refrattar i: NO – Prendere in considerazione altre opzioni !

- Quali altre opzioni sono disponibili? - Decidere per intervento alternativo e/o consulto supplementare - Definire un nuovo periodo d’osservazione (ore/giorni)

���� Conclusione 2:

Il sintomo è refrattario / i sintomi sono refrattar i: SI � Sedazione temporanea

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Parte 2: Comunicazione con paziente/famiglia (famil y conference)

Stato cognitivo del paziente: competente – non competente Se non competente: vedi legislazione locale / cantonale - Opinione del paziente – obiettivi personali

- Opinione della famiglia – i loro obiettivi

- Fornire informazioni sulla proposta dell’equipe curante (sedazione NO, sedazione SI)

Se proposta di sedazione, dare informazioni concernenti la procedura: - si inizia con una sedazione temporanea;

- informare della possibilità che possa essere irreversibile;

- spiegare le conseguenze (p.es. cose da concludere, congedarsi etc.)

- consolidare l’informazione verbale con spiegazioni scritte (volantino)

- Consenso del paziente o del suo rappresentante terapeutico*? * vedi raccomandazioni SAMW Si � sedazione temporanea No � stop, rivalutazione - Osservazioni supplementari al percorso decisionale (p.es. opinioni dei partecipanti) Chi dev’essere inoltre informato? O equipe O famiglia O altri - Obiettivo principale da valutare:

Prossima valutazione / incontro per decidere come continuare: Quando? Chi? Responsabile della decisione: Raggiungibile al tel.:

6. TRATTAMENTO

6.1 ASPETTI NON FARMACOLOGICI

In tutti i casi l’equipe deve mantenere le stesse attenzioni e lo stesso trattamento a livello umano che aveva prima che il paziente fosse sedato, dunque continuare a rivolgersi a lui parlando e avendo cura di adattare l’ambiente circostante alle sue necessità.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Il piano di cura va adattato ai bisogni di ogni singolo paziente e comprende di solito il posizionamento confortevole, la cura del corpo, l’igiene orale, la cura degli occhi, la verifica regolare che il paziente non sviluppi problemi di ritenzione urinaria.

6.2 PROCEDURA FARMACOLOGICA

Intervento a scopo sedativo MIDAZOLAM (DORMICUM ®) È una Benzodiazepina con efficacia ansiolitica, anticonvulsiva, miorilassante e sedativa. La sua idoneità in ambito di sedazione è dovuta al suo agire rapido e in genere molto incisivo , ad una estrema maneggevolezza nell’utilizzo, alla pronta reversibilità del suo effetto (se sospeso) e ad un profilo di tossicità accettabile. L’effetto dopo una singola somministrazione per via venosa, che subentra in 3-5 minuti, è di corta durata. L’emivita del farmaco è corta anche se si possono riscontrare estreme variabilità interindividuali (1-12h!). È opportuno ricordare che spesso l’effetto farmacologico non correla direttamente con il tasso plasmatico. Il metabolismo segue prevalentemente la via epatica e l’eliminazione finale, in forma coniugata, avviene quindi per la via renale. Disfunzioni epatiche e renali possono quindi portare ad alterazioni dl metabolismo con conseguenti accumuli indesiderati.

Indicazioni in medicina palliativa:

1. Sedazione di breve durata per interventi diagnostici o terapeutici spiacevoli (effetto di amnesia retrograda).

2. Sedazione “su misura” nel caso di presenza di sintomi refrattari o ingestibili nella fase terminale di malattia.

Effetti secondari: Effetti secondari o tossicità più importanti, come la depressione respiratoria tanto temuta, sono piuttosto rari ma possono eventualmente essere riscontrati nelle terapie in combinazione con altri farmaci ad effetto centrale, come per esempio oppiacei, antidepressivi, ansiolitici,…). La paura di eventuali effetti secondari non deve precludere ai pazienti sofferenti l’accesso ad un farmaco efficace e ben documentato.

Incompatibilità : Alcune combinazioni di farmaci non sono ideali o risultano addirittura incompatibili dal profilo medicamentoso. Nel caso di dubbi sull’utilizzo del Midazolam è sempre opportuno consultare il Compendium Svizzero dei Medicamenti o il farmacista di riferimento o lo specialista di cure palliative.

Premesse alla prescrizione del farmaco:

In genere l’indicazione all’utilizzo del Midazolam a scopo sedativo è il risultato di una decisione del team curante , che ha valutato attentamente la situazione, i pro e i contro come pure l’assenza di alternative valide e ha provveduto a informare il paziente (sempre quando possibile) e i suoi famigliari sulla procedura e le sue implicazioni. In particolare è necessario protocollare l’iter e i motivi che hanno portato alla decisione, i nominativi dei partecipanti alla decisione e, ben chiaro a tutti, gli obiettivi della misura proposta come pure i tempi e i modi di rivalutazione della bontà/utilità delle misure intraprese.

Prescrizione e dosaggio:

(vedi allegato) Il Midazolam può essere somministrato attraverso diverse vie e diverse schemi. Le vie usuali sono quella venosa (e.v) e quella sottocutanea (s.c), gli schemi usuali sono la ripetizione di bolus a scadenza cronologica regolare e l’nfusione continua . Il dosaggio deve essere calibrato a seconda della sintomatologia e dell’obiettivo da raggiungere con la procedura. In genere la procedura di sedazione inizia con un - Bolus e.v oppure s.c (indicativamente 1-2 mg), seguito da una - Infusione continua con dosi di partenza di 0.5-1mg/ora e.v oppure s.c.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 7 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

N.B: L’introduzione di una sedazione proietta i curanti in un processo dinamico che deve essere tenuto sotto stretto monitoraggio e adattato se necessario secondo il decorso. Il dosaggio iniziale somministrato potrebbe risultare insufficiente e richiedere plurimi adattamenti sino ad ottenimento dell’obiettivo. In genere l’aumento di dose avviene per livelli con scalini dell’ordine di 0.5-1mg/ora . Ovviamente gli incrementi di dose e i tempi devono essere valutati in funzione del paziente, dell’obiettivo di sedazione e dell’efficacia della procedura in corso. In ogni caso le prescrizioni devono essere fatte di concerto tra il personale curante e richiedono condivisione. La dose di Midazolam necessaria per l’ottenimento dell’obiettivo di sedazione può variare in maniera estrema da paziente a paziente (da pochi mg/24 ore sino a oltre 60 mg/24 ore). Nel caso di aumento importante delle dosi somministrate in assenza di beneficio terapeutico è opportuno chiedersi se per il paziente in questione il Midazolam sia il famaco più indicato. Alcuni pazienti possono risultare parzialmente refrattari al trattamento. In queste situazioni si impone la valutazione di farmaci in alternativa (p.es. Chlorpromazina-Chlorazin®). In situazioni cliniche complesse o nel caso di refrattarietà ai farmaci usuali usati nel contesto di sedazione è raccomandato di coinvolgere il servizio di cure palliative o lo specialista di riferimento.

Sedazione in urgenza:

In talune situazioni iperacute, anche fase terminale, può rendersi necessaria una procedura di urgenza con lo scopo di raggiungere entro secondi-minuti l’obiettivo di sedazione completa. In questo contesto il Dormicum viene spesso associato alla Morfina (p.es per ovviare a crisi di dispnea gravissima, emorragie per via orale, …). In genere queste sono le dosi di Midazolam di riferimento: - Bolus 5-10 mg e.v oppure s.c , ripetibile secondo bisogno e decorso, per

lo più in associazione a: - Morfina o altro oppiaceo per la stessa via.

Altri farmaci utilizzabili a fine di sedazione :

- Chlorpromazina (Chlorazina®): molto efficace, incisivo, vera alternativa al Midazolam. - Chlorazepam (Tranxilium®): efficacia variabile, difficile da titolare a fini terapeutici. - Levomepromazine (Nozinan®): utilizzo i.m., sconsigliato e pericoloso e.v, difficile da gestire. - Diazepam (Valium®): farmaco di nicchia in questa indicazione.

Si raccomanda di consultare il servizio di cure pal liative per l’uso di questi farmaci dalle caratteri stiche d’azione e dal metabolismo complessi e variabili.

6.3 SORVEGLIANZA

Se la sedazione è di corta durata (nel caso di procedure dolorose p.es.) o se è a tempo determinato (di notte p.es. per permettere al paziente di staccare e dormire) vanno messe in atto quelle misure che controllino la stabilità della situazione: - all’inizio PA, P, saturazione O2, frequenza respiratoria - poi per es. la prima ora, oltre il grado di sedazione, misurare la frequenza respiratoria ogni 15 min. - in seguito controllo grado di sedazione + frequenza respiratoria ogni 2 ore

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 8 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Se la sedazione viene introdotta invece quale misura per alleviare la sofferenza causata da sintomi refrattari alla fine della vita, la nostra attenzione sarà rivolta essenzialmente al comfort del paziente verificando che sia stato raggiunto il grado di sedazione voluto e che non ci siano segni di sofferenza. In entrambi i casi è auspicabile la presenza continua di una persona formata per i primi 10-15 minuti. Per la valutare il grado della sedazione proponiamo la Scala di Ramsay: Scala di Ramsay

Stato di veglia paziente ansioso o agitato o entrambi 1 paziente cooperativo, orientato e tranquillo 2 paziente che risponde solo su comando 3

Stato del sonno una risposta vivace ad una lieve percussione sulla fronte 4 una risposta lenta ad una lieve percussione sulla fronte 5 nessuna risposta 6

Per valutare il dolore proponiamo il Critical-Care Pain Observation Tool. Pur trattandosi di uno strumento di valutazione solitamente utilizzato in pazienti intubati, lo riteniamo valido.

7. CONCLUSIONI Spunti di riflessione:

• Le raccomandazioni di della Società Svizzera di Medicina e Cure Palliative (www.palliative.ch) contengono un invito alle equipe curanti a creare un volantino informativo pensato appositamente per i familiari, mentre l’EAPC consiglia di offrire loro l’opportunità di incontrare di nuovo i curanti dopo la morte del paziente qualora ne sentissero la necessità.

• Per le equipe curanti invece un caloroso invito a familiarizzarsi con questo tema perché

possano disporre di un percorso decisionale valido dal punto di vista etico, utile nei tempi e nelle modalità per il paziente; e affinché trovino il tempo di fermarsi a (ri-) discutere di situazioni e decisioni difficili.

8. BIBLIOGRAFIA

- Consensus Meeting Bigorio on Sedation. Palliative ch 2005.

- European Association for Palliative Care (EAPC) recommended framework for the use of sedation in palliative care. Nathan Cherny, Lukas Radbruch, the Board of the EAPC, 2009.

- Doyle D, Hanks G, Cherny N, Calman K. Oxford textbook of Palliative Medicine: third edition. Oxford University Press, 2004.

- Walsh TD et al. Palliative medicine. Saunders 2008.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 9 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

- Bruera E, Higginson IJ, Ripamonti C, von Gunten Ch. Textbook of palliative medicine. Oxford University Press, 2006.

- Morita T, Ikenaga M, Adachi I, Narabayashi I, Kizawa Y, Honke Y. et al. Japan Pain, Rehabilitation, Palliative Medicine and Psycho-Oncology (J-PRPP) Study Group. Concerns of family members of patients receiving palliative sedation therapy. Support Care Cancer. 2004 Dec;12(12):885-9. Epub 2004 Sep 15.

- Morita T, Ikenaga M, Adachi I, Narabayashi I, Kizawa Y, Honke Y. et al. Japan Pain, Rehabilitation, Palliative Medicine and Psycho-Oncology Study Group. Family experience with palliative sedation therapy for terminally ill cancer patients. J Pain Symptom Manage. 2004 Dec;28(6):557-65.

- Materstvedt L.J, Bosshard G. Deep and continuous palliative sedation (terminal sedation): clinical-ethical and philosophical aspects. Lancet Oncol 2009; 10: 622–27.

- Rousseau P. The Ethical Validity and Clinical Experience of Palliative Sedation. Mayo Clin Proc. 2000; 75:1064-1069.

- Jansen L.A. Disambiguating Clinical Intentions: The Ethics of Palliative Sedation. Journal of Medicine and Philosophy , 35: 19–31, 2010.

- Claessens P, Menten J, Schotsmans P, Broeckaert B. Palliative sedation: a review of the research literature. J Pain Symptom Manage. 2008 Sep;36(3):310-33.

- M. Maltoni, C. Pittureri, E. Scarpi, L. Piccinini, F. Martini, P. Turci,L. Montanari, O. Nanni, D. Amadori. Palliative sedation therapy does not hasten death: results from a prospective multicenter study Annals of Oncology 20: 1163–1169, 2009.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Temi di discussione - sedazione palliativa (I-CURPAL-024)

Data di emissione: 14.12.2010 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 10 di 10 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Allegato:

DORMICUM: fiale da 15 mg (3 ml)

Preparazione per somministrazione tramite INFUSOMAT 50 mg = 10 ml Dormicum + 90 ml NaCl 0’9 % = 100 ml / Concentrazione: 0,5mg / 1ml

mg/24 h mg/h ml/h

• 12 • 0,5 • 1 • 24 • 1,0 • 2 • 36 • 1,5 • 3 • 48 • 2,0 • 4 • 60 • 2,5 • 5 • 72 • 3,0 • 6 • 84 • 3,5 • 7

Calcolare che quando si comincia la somministrazione continua di Dormicum a 0,5mg – 1mg / ora ci vogliono circa 2-3 ore per raggiungere un tasso plasmatico stabile. Dunque, se è necessario un effetto più rapido, somministrare una dose di induzione: • 5mg (fino a 10mg) s.c. in bolus oppure • 2-3mg in 50 ml NaCl e.v. in 5-10 minuti. Nel caso di somministrazione s.c. non si dovrebbero superare i 5ml/h poiché il riassorbimento deve essere rapido e costante per poter valutare l’effetto ed adattare il dosaggio secondo le necessità del paziente.

Preparazione per somministrazione tramite POMPA IVA C Dormicum 50 mg = 10 ml + 40 ml NaCl 0,9 % = 50m l / Concentrazione: 1mg / 1ml

mg/24 h mg/h ml/h

• 12 • 0,5 • 0,5 • 24 • 1,0 • 1,0 • 36 • 1,5 • 1,5 • 48 • 2,0 • 2,0 • 60 • 2,5 • 2,5 • 72 • 3,0 • 3,0 • 84 • 3,5 • 3,5 • 96 • 4,0 • 4,0

Calcolare che quando si comincia la somministrazione continua di Dormicum a 0,5mg – 1mg/h ci vogliono circa 2-3 ore per raggiungere un tasso plasmatico stabile. Dunque, se è necessario un effetto più rapido, somministrare una dose di induzione: • 5mg (fino a 10mg) s.c. in bolus oppure • 2-3mg in 50 ml NaCl e.v. in 5-10 minuti. Nel caso di somministrazione s.c. non si dovrebbero superare i 5ml/h poiché il riassorbimento deve essere rapido e costante per poter valutare l’effetto ed adattare il dosaggio secondo le necessità del paziente. Servizio cure palliative, giugno 2000

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-009 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Definizioni p. 1

2. Fisiopatologia p. 2

3. Cause p. 2

4. Assistenza infermieristica p. 3

5. Assistenza medica p. 5

1. DEFINIZIONI Anoressia: indica la perdita dell’appetito o una mancanza del desiderio di cibo e

un’impossibilità ad alimentarsi a sufficienza per mantenere il proprio peso.

Cachessia: condizione di cattiva salute, denutrizione e deperimento associata a

numerose malattie croniche (tumori, malattie renali, cardiache, metaboliche, …)

4 su 5 pazienti oncologici in uno stadio avanzato della malattia lamentano inappetenza e perdita di peso accompagnati da astenia sempre più marcata.

ANORESSIA E CACHESSIA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Anoressia (I-CURPAL-009)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2. FISIOPATOLOGIA L’individuo si alimenta perché avverte delle sensazioni che lo spingono alla ricerca del cibo. LA FAME è definita come un gruppo di sensazioni che si traducono nel desiderio di mangiare,

orientate alla soddisfazione delle necessità di assumere una quantità sufficiente di alimenti per l’organismo.

L’APPETITO per contro rappresenta una sensazione più raffinata nel senso che in questa definizione

entra un particolare livello di coscienza che permette all’individuo di rendersi conto del fenomeno, di guardarlo dall’esterno, di selezionarlo e di orientarlo in una scelta relativa a certi cibi o bevande.

L’appetito, in cui vi entra una componente di gusto specifico e personale , può esistere indipendente dalla fame e può mantenersi dopo l’assunzione del cibo. Esiste nell’ipotalamo il cosiddetto centro della fame ed il centro della sazietà. Il centro della sazietà è capace di influenzare quello della fame attraverso la liberazione di neurotrasmettitori specifici. Lo stimolo visivo, olfattivo provocato dalla presenza del cibo determina attraverso uno stimolo afferente portato al centro della fame e da qui riflesso verso l’apparato digerente, la produzione e la liberazione di saliva, di succhi gastrici e l’aumento della motilità gastrica ed intestinale. L’introduzione del cibo porta ad una stimolazione del centro della sazietà che a sua volta inibisce quello della fame. A sottolineare l’importanza dei riflessi a partenza del tubo gastroenterico nel determinare la sensazione di sazietà si deve ricordare come l’alimentazione parenterale totale sia incapace di provocarla pur fornendo una quota calorica adeguata. L’anoressia , che indica la perdita dell’appetito o una mancanza del desiderio del cibo, deve essere distinta dalla sazietà precoce , cioè da quella sensazione che segue all’ingestione di piccole quantità di cibo. In una situazione di anoressia viene a mancare lo stimolo della fame per inibizione del centro corrispondente mediata probabilmente da differenti stimoli, e viene meno contemporaneamente o indipendentemente da questo, la sensazione dell’appetito e del gusto che sono l’espressione di un’integrazione a livello corticale delle sensazioni afferenti al centro della fame.

3. CAUSE

•••• di origine meccanica - infiltrazione - compressione - ileo (carcinosi, aderenze) - ascite - stipsi • malattia tumorale sistemica : p.e. la messa in circolazione di sostanze

prodotte, rispettivamente indotte, dal tumore stesso → cachessine, anoressine, ... oppure la presenza di metastasi epatiche;

• tossicità - chemioterapia - radioterapia - chirurgia - farmaci (antibiotici,…)

• disturbi metabolici - diselettrolitemia - iperglicemia, - insufficienza epatica e renale • patologia locoregionale non direttamente dovuta al tumore (stomatite,

esofagite, gastrite,...); • infetto - locale (micosi) - sistemico (polmonare, renale, ...); • neuropatia vegetativa →→→→ gastroparesi; • alterazioni del gusto • fattori psicologici →→→→ ansia, tristezza, depressione

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Anoressia (I-CURPAL-009)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4. ASSISTENZA INFERMIERISTICA L’anoressia origina da cause fisiche e psicologiche. Si riscontra frequentemente nei pazienti ospedalizzati ed è presente in maniera marcata negli ultimi mesi di vita. E’ socialmente associata ad uno stato di malattia o al peggioramento delle condizioni fisiche. Si può quindi affermare che è: ∗ demoralizzante per il paziente poiché perde il gusto di alimentarsi, è privato di un importante

momento di socialità e lo pone dinanzi ad un evidente scadere del suo stato; ∗ frustrante per i familiari che si prodigano, spesso inutilmente, nella ricerca di cibi diversi; ∗ sinonimo d’impotenza per il personale curante poiché una volta eliminate le possibili cause ci si deve

comunque arrendere ad un’inappetenza dettata dalla condizione di terminalità.

Valutare Medico e infermiere devono cercare di capire il significato che il paziente attribuisce all’anoressia ed alla cachessia e le aspettative che ha sviluppato. Elenco di domande che possono essere utili per “inquadrare” il problema dal punto di vista del paziente: • Appetito: - Come descrive il paziente il suo appetito? buono, sufficiente, ...? - E’ soddisfatto della quantità di cibo e liquidi che riesce ad assumere? - Quale importanza dà alla nutrizione ? - Ha notato dei cambiamenti nei suoi gusti alimentari ? - Quali sono gli alimenti preferiti ? • Problemi di alimentazione: - Lamenta problemi al cavo orale (xerostomia, stomatite) ? Ha

difficoltà di deglutizione ? - Problemi con le protesi dentarie ? - Si sente troppo stanco per alimentarsi da solo ? - Sono i dolori che limitano la sua voglia di mangiare anche se non

sono in relazione con la bocca o con il tratto gastrointestinale ? - Ha notato dei cambiamenti nei suoi gusti alimentari in relazione ai

medicamenti assunti ? • Tratto gastrointestinale: - Ha nausea, vomito, diarrea, stipsi, ....?

Formulare obiettivi realistici L’obiettivo principale dovrebbe essere in primo luogo quello di mantenere il piacere di mangiare, anche solo quel poco ma che sia gradevole per il paziente. Ricordarsi alcune particolarità legate alle patologie tumorali: un tumore a localizzazione esofagea, gastrica e pancreatica determina una malnutrizione precoce e grave. Nei pazienti con tumori al tratto inferiore del tubo digerente, agli organi genitali o ai tessuti emopoietici il deficit nutritivo compare più tardivamente. I tumori della lingua e della faringe trattati con chemioth o radioth si accompagnano spesso a cecità gustativa e a disturbi della salivazione.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Anoressia (I-CURPAL-009)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Curare con interventi specifici 1. Evitare visite mediche durante i pasti e manovre infermieristiche nell’ora prima e dopo i pasti.

2. Prestare attenzione alla cura della bocca e delle mani.

3. Considerare le eventuali difficoltà masticatorie e digestive dei pazienti; ricorrere ad accorgimenti quali cottura prolungata, triturazione ed omogeneizzazione per migliorare l’assorbimento intestinale ed affaticare meno il paziente che ha spesso disturbi di masticazione e salivazione scarsa. Utilizzare latte, brodo, acqua e salse per rendere più soffici i cibi.

4. Servire porzioni piccole ed evitare la vista del cibo fuori dei pasti. Prestare molta attenzione all’ambiente in cui si pranza; se possibile far mangiare il paziente a tavola assieme ai familiari in un’atmosfera piacevole e rilassata. Variare i piatti il più possibile.

5. Prima di mangiare servire un aperitivo. Infatti le bevande e gli stuzzichini possono aumentare il desiderio di cibo. I succhi di limone, arancia o pompelmo contengono acidi in grado di stimolare l’appetito ma vanno evitati se c’è un processo infiammatorio in atto nel cavo orale. Anche un bicchiere di vino o di birra o un leggero cocktail possono essere utili perché l’alcool stimola l’appetito.

6. Evitare cibi che gonfiano e appesantiscono lo stomaco come cetrioli, peperoni, fagioli, broccoli e bevande gassate. Bere tra un pasto e l’altro invece che durante i pasti per diminuire la sensazione di sazietà.

7. Organizzare brevi passeggiate prima dei pasti possibilmente all’aria aperta con lo scopo di stimolare appetito.

8. Tentare di insaporire il cibo ad esempio aumentando l’uso delle spezie tradizionali quali origano, rosmarino, menta e basilico. Le spezie aumentano la salivazione e modificano i sapori del cibo. Anche il limone, i sottaceti. la maionese e condimenti di diverso tipo possono contribuire ad insaporire il cibo, rendendolo più appetitoso. A volte i cibi freddi risultano più appetitosi; il freddo infatti riduce la sensibilità delle papille gustative, così anche i sapori sgradevoli sono percepiti meno intensamente.

9. A volte gli ammalati si lamentano del fatto che il cibo acquista un sapore metallico; in tal caso vale la pena di provare ad utilizzare posate di plastica.

10. Favorire il consumo di alimenti energetici ricchi di carboidrati e di proteine. La pasta, il pane, il riso e la frutta (fresca e secca) sono ricchi di carboidrati. Il pesce, il pollo, il tacchino, le uova, i formaggi, il latte, il gelato e le nocciole sono altamente proteici. Alla prima colazione favorire l’uso di zucchero, miele e marmellate da aggiungere a brioche, panini o biscotti; la colazione è spesso il pasto più gradito dal paziente.

11. Consigliare ai familiari di non focalizzare la loro attenzione solo sul cibo così che questo diventi l’unico argomento di conversazione con l’ammalato. Otterrebbero l’effetto contrario a quello desiderato.

12. Esistono in commercio diversi integratori alimentari sotto forma di bevande o di yogurt. Prevalentemente a base di latte, sono commercializzati in diversi gusti (vaniglia, cioccolato, caffè, frutti di bosco, fragola). Spesso il loro impiego però ha per conseguenza un’ulteriore diminuzione del resto dell’alimentazione … Perciò valutare attentamente con il paziente la loro utilità. (DOCQ: Alimentazione integrativa).

13. Per i pazienti ospedalizzati è consigliabile richiedere il consulto della dietista.

14. Valutare con attenzione l’influenza che stati psicologici quali depressione o ansia hanno sull’inappetenza. Ev. ricorrere al consulto di uno psicologo.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Anoressia (I-CURPAL-009)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

5. ASSISTENZA MEDICA Procedere: 1. Valutare la gravità e il significato delle cause: gravità (peso, atrofismo mucose, pelle e muscolatura),

significato (identità fisica, forza ↓,…). 2. Eliminare le cause facilmente influenzabili (infetto orale, stipsi, rivedere medicamenti). 3. Fissare un obiettivo (spesso non è realistico perseguire un miglioramento significativo dello stato di

nutrizione, pertanto è a volte più importante concentrarsi sul miglioramento dell’appetito). 4. Misure generali: - informazione all’équipe e ai familiari sul “non costringere a mangiare”, permettere al paziente di

mangiare meno del solito, - piccole porzioni, evitare odori forti - cura delle mani e della bocca (vedi assistenza infermieristica) 5. Terapia farmacologica: - Trattamento della nausea (vedi capitolo Nausea e Vomito) - Corticosteroidi: la somministrazione di Prednisone 25-50mg al mattino o Dexametasone 4-8mg in 1-2

dosi singole, porta quasi sempre all’aumento dell’appetito, aumenta anche il benessere e regredisce la nausea. Gli steroidi sono efficaci dopo 1-2 giorni ma perdono spesso il loro effetto dopo 3-4 settimane. Cave effetti collaterali: iperglicemia, immunosopressione, micosi, sintomi neuropsichiatrici (frequenti), miopatia (dopo circa 2-3 mesi).

- Progestinici: Megestrol acetato (Megestat) 160mg p.o. 1-3 volte al giorno oppure Medrossiprogesterone acetato (Farlutal) 500mg 2 volte al giorno. L’effetto desiderato subentra dopo circa 7-10 giorni ma dura più a lungo che nei corticosteroidi. Un tentativo terapeutico non dovrebbe essere interrotto pertanto prima di 10 giorni. L’uso di queste sostanze è consigliato per pazienti con una prognosi di sopravvivenza non inferiore ai 3 mesi. In presenza di neoplasia gastrointestinale o altre malattie neoplastiche intraddominali diffuse, questi medicamenti sono perlopiù controindicati. Per contro tali farmaci sono indicati in caso di tumori polmonari.

6. Nutrizione complementare (1) Non è generalmente indicata per via enterale o parenterale in pazienti con patologie tumorali in stadio

avanzato. La nutrizione aggressiva non porta ad alcun prolungamento del periodo di sopravvivenza e nemmeno ad un aumento della risposta tumorale alla terapia antineoplastica o ad un’attenuazione della tossicità.

La nutrizione parenterale comporta degli effetti secondari come la nausea, una diminuzione del grado di indipendenza e dei costi elevati. Va discussa tuttavia l’indicazione in casi particolari come per esempio in presenza di tumori localmente avanzati ma non sistemicamente molto attivi (tratto orl) se associati a disturbi della denutrizione, o nell’ileo cronico in presenza di malattia a decorso lento (prognosi di sopravvivenza sopra ai 3 mesi).

Bibliografia: Guidelines on artificial nutrition versus hydration i terminal cancer patients, Bozzetti F. et al, Nutrition Vol.12, No 3, 1996 p. 169-172

Per il lettore veloce:

Anoressia e cachessia sono da considerare dei fenomeni paraneoplastici (una serie di mediatori, TNF, IL-1 sono identificati) che vengono intensificati da fattori concomitanti quali la nausea, disturbi del gusto, infetti orali, epatomegalia, stomaco schiacciato, ascite, gastroparesi, stipsi, dolore mal controllato, depressione, effetti secondari di farmaci (chemio, oppiacei, antibiotici, ecc.)

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-010/A Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI: SOMMARIO

1. Definizione e introduzione p. 1

2. Eziologia p. 2

3. Valutazione p. 2

4. Terapia p. 3

5. Conclusioni p. 5

6. Bibliografia

DEFINIZIONE:

“Soggettiva sensazione di stanchezza, debolezza o mancanza di energia.

La fatigue è generalmente riconosciuta come un costrutto multidimensionale,

con una dimensione fisica, cognitiva, emotiva.”

Fisica: Anche semplici attività fisiche possono essere svolte o portate a termine solo con

grande sforzo. Cresce il bisogno di riposo, ma il riposo non migliora la situazione. Con il passare del tempo la persona colpita non intraprende più nessuna attività in quanto sa che non riuscirà a portarla a termine.

Cognitiva: Le persone colpite hanno difficoltà a concentrarsi, a formulare pensieri complessi, a leggere un testo e a seguire a lungo una conversazione. La facoltà di memoria diminuisce.

Emotiva: Si instaura un esaurimento emozionale, diminuisce la motivazione mentre aumenta l’umore depressivo. La progressiva perdita del ruolo compromette il senso di autostima, le relazioni sociali si modificano fino a portare all’isolamento.

1. INTRODUZIONE La sensazione di stanchezza che può capitare a chi è sano, dopo lo svolgimento di una attività fisica, è molto diversa dalla stanchezza che prova una persona malata, non solo per intensità e durata, ma anche per l’insorgenza e le conseguenze. Per questo quando si parla di astenia come sintomo, si preferisce usare il termine inglese fatigue, che riguarda non solo la dimensione fisica, ma anche quella cognitiva ed emotiva.

ASTENIA (Fatigue)

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Astenia (I-CURPAL-010)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

La fatigue è un sintomo che può essere causato dalla malattia, dai suoi trattamenti o da altre patologie concomitanti. Nei pazienti con cancro che sono sottoposti a trattamenti oncologici (chemioterapia, radioterapia, trattamenti biologici, trapianti di midollo) la fatigue è presente nel 70-100% dei casi. La fatigue influisce profondamente sulla qualità della vita (QOL) dei pazienti e le delle loro famiglie, non solo dal lato fisico, ma anche per aspetti psicosociali e professionali - economici.

2. EZIOLOGIA L’eziologia della fatigue è spesso multifattoriale. Le cause possono essere suddivise in tre gruppi

1. Il tumore stesso produce sostanze che inducono la fatigue, come fattori lipolitici, prodotti di decomposizione del tumore

2. Il tumore stimola le cellule del corpo a produrre citochine e sostanze come il TNF α, la PGE�, l’INF, l’ITN-6 e 1

3. Il terzo gruppo é costituito da fattori concomitanti, come cachessia, infezioni, anemia, disidratazione, depressione, cause metaboliche, alterazioni neurologiche, effetti collaterali dei trattamenti oncologici

3. VALUTAZIONE La prima cosa da riconoscere è che la fatigue è un’esperienza soggettiva e multidimensionale che deve essere riconosciuta e sistematicamente valutata, attraverso l’esperienza del paziente. La fatigue deve essere ricercata alla prima visita, ad intervalli regolari, durante i trattamenti e quando è clinicamente indicato. Una valutazione insufficiente avrà come conseguenza una terapia insufficiente o inadeguata. Lo screening in cure palliative deve essere accurato, tale da permettere di non trascurare tutti gli aspetti della fatigue. L’utilizzo dell’ Edmond Symptom Assessment System (ESAS) è raccomandato per valutare l’intensità del sintomo. I pazienti con fatigue da moderata a severa (VAS > 5) richiedono una valutazione approfondita della storia clinica oltre ad un esame fisico per la ricerca di fattori causali potenzialmente reversibili o curabili. Per un ulteriore approfondimento nell’assessment della fatigue si può successivamente ricorrere all’utilizzo di questionari multidimensionali, quali per esempio il Brief Fatigue Inventory per valutare l’impatto che l’astenia ha sulla qualità di vita. Per l’Unità di Cure Palliative dello IOSI è stato elaborato lo strumento “Valutazione iniziale dell’astenia”.

Screening Un accurato screening prevede:

1. Raccolta di informazioni sulla storia e le abitudini del paziente, con attenzione alla dimensione fisica, cognitiva e emotiva

2. Esame per valutare la presenza di cause potenzialmente trattabili e comorbidità

3. Indagini di laboratorio

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Astenia (I-CURPAL-010)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

3.1. Raccolta di informazioni sulla storia e le abitudin i del paziente con valutazione dimensione fisica, cognitiva ed emotiv a

� Status della malattia e trattamenti effettuati, in corso e risposta alle terapie

Per i pazienti che ricevono la chemioterapia o terapie molecolari, l’andamento è ciclico e la fatigue è peggiore in coincidenza del nadir ematologico e l’origine può essere correlabile per esempio alla tossicità ematologica, ad un effetto neurotossico diretto o ancora ad alterazioni endocrine o a insufficienza cardiaca o polmonare . Nei pazienti sottoposti a radioterapia in genere il picco è verso la fine della terapia, con diminuzione poi graduale. E’ più comune in pazienti che ricevono l'irradiazione cranica; la fisiopatologia della fatigue in pazienti sottoposti a radioterapia in altre sedi non è ben chiara. Possono contribuire per esempio l'anemia, la diarrea in pazienti trattati per tumori pelvici o l’ipotiroidismo nei pazienti irradiati al collo. I potenziali fattori che contribuiscono all’insorgenza della fatigue post-operatoria sono le perdite di sangue, i farmaci, i problemi respiratori, l’immobilizzazione, le infezioni, le deplezioni nutrizionali, le alterazioni del sonno e l’ansia.

� Storia della fatigue: esordio, durata, fattori associati o allevianti, interferenza con le attività della vita

quotidiana � informazioni su abitudini: fumo, consumo di alcool o di stupefacenti � Medicamenti (per esempio: beta bloccanti, oppiacei, antidepressivi, antistaminici) � Disturbi del sonno � Distress emozionale. La relazione precisa tra fatigue e distress emotivo non è chiara. La fatigue può essere un sintomo di

depressione o ansia, ma elevati livelli di fatigue possono provocare uno stress emotivo. � Storia lavorativa e la tolleranza all’esercizio fisico.

3.2 Valutazione cause potenzialmente trattabili e comorbidità. Esami di laboratorio

Valutare e trattare le cause potenzialmente reversibili: � Dolore � Anemia � Malnutrizione / disidratazione (attenzione all’anoressia, nausea-vomito, mucosite, stipsi, ileo) � Febbre � Comorbidità

Infezioni, alterazioni funzione cardiaca, renale, epatica, polmonare, alterazioni neurologiche e endocrine/ormonali (ipotiroidismo, ipogonadismo, insufficienza surrenalica)

� Carenze vitaminiche (B1, B6, B12) � Alterazioni elettrolitiche (sodio, potassio,calcio, magnesio, fosfati)

4. TERAPIA Nel trattamento della fatigue si deve distinguere tra:

1. Terapia sintomatica non farmacologica (educazione, accompagnamento, implementazione di un diario delle attività quotidiane, programma di riabilitazione…)

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Astenia (I-CURPAL-010)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

2. Terapia causale (correzione dell’anemia, infezioni, disidratazione…), vedi 4.2

3. Terapia sintomatica farmacologica (methylfenidato, steroidi), vedi 4.3

Le cause della fatigue secondaria dovrebbero essere trattate se possibile e se indicato. Nella fase finale della vita, l’astenia può fornire al paziente una protezione dalla sofferenza e il suo trattamento può dunque essere dannoso. L'identificazione del momento in cui il trattamento della fatigue non è più indicato è importante per evitare di aumentare ulteriormente la sofferenza alla fine della vita. Il trattamento di cause potenzialmente trattabili, deve essere intrapreso dopo la valutazione dello stadio della malattia e delle aspettative di vita del paziente, per cercare un equilibrio tra potenziali rischi e benefici della terapia causale.

4.1 Terapie sintomatiche non farmacologiche ESERCIZIO FISICO Strategie in materia di risparmio, mantenimento e aumento energetico con eventuali consulenze specifiche possono essere utili. Per esempio: pianificazione di un percorso individuale di esercizio fisico per interrompere il circolo vizioso venutosi a creare a causa del sintomo, e identificazione delle priorità sulle attività di vita quotidiana. In linea di massima meglio poco alla volta e spesso. Al di la di ciò è importante sottolineare che l’esercizio fisico deve essere adattato alla riduzione del performance status, in particolare nei pazienti con malattia avanzata. SONNO I disturbi del sonno si verificano sia nel senso di insonnia che di eccessiva sonnolenza. Gli interventi non farmacologici includono quelli legati all’igiene del sonno:

� Controllo sullo stimolo del sonno (per esempio: andare a letto quando si ha sonno, sempre allo stesso orario e alzarsi più o meno

sempre alla stessa ora in un ambiente confortevole e rilassante) � Attenzione alle restrizioni (per esempio: evitare di dormire a lungo e nelle ore tarde del pomeriggio e limitare il tempo di

permanenza a letto, evitare caffeina) � Terapie complementari (per esempio: i massaggi, lo yoga, le tecniche di rilassamento possono avere effetto positivo sulla

fatigue) EDUCAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO DEL PAZIENTE E DELLA F AMIGLIA E’ importante dare informazioni sulla fatigue ai pazienti , soprattutto se il paziente deve affrontare terapie che possono indurla. Nei pazienti con malattia avanzata è fondamentale mantenere un equilibrio tra il riposo e l’attività. Le strategie possibili includono:

� Definizione delle priorità delle attività di vita quotidiana.

� Delega di attività di minor importanza.

� Prendersi periodi di riposo dopo uno sforzo e pianificare attività che richiedono molte energie nei momenti di minor affaticamento.

� Ricorrere a distrazioni quali la lettura, la musica o altre.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Astenia (I-CURPAL-010)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

4.2 Trattamento causale ANEMIA Il trattamento dell'anemia con eritropoietina aumenta i livelli di emoglobina, alleviando così potenzialmente l’astenia. I risultati del trattamento si osserveranno però solo dopo circa 12 settimane per cui raramente risulta proponibile per pazienti di cure palliative. Trasfusioni di eritrociti possono essere indicate in pazienti selezionati se la fatigue è correlabile all’anemia.

INFEZIONI - FEBBRE Il trattamento della febbre e delle infezioni con antipiretici e antibiotici può essere indicato per trattare la fatigue ad esse correlata.

SINDROME CACHESSIA - ANORESSIA La sindrome di cachessia-anoressia (CAS) è stata studiata intensamente negli ultimi anni. Tuttavia, le strategie di trattamento efficace sono ancora scarse. L'aumento dell’introito calorico da solo non sembra migliorare CAS. L’apporto di supplementi nutrizionali sembra essere utile ed il Megestrolo acetato ha mostrato di migliorare l'appetito rispetto al placebo in vari studi randomizzati. Tuttavia i dosaggi richiesti sono elevati tenendo ben presente l’alto rischio di eventi trombo embolici. DEPRESSIONE C'è una considerevole sovrapposizione tra la depressione e la fatigue nei pazienti con cancro avanzato e il trattamento con antidepressivi può alleviare la fatigue nei pazienti con depressione maggiore. Tuttavia, l’effetto sedativo collaterale potrebbe influenzare negativamente la fatigue. ALTRE CAUSE L'ipotiroidismo, la disidratazione, squilibri elettrolitici (per esempio, ipercalcemia o ipomagnesiemia) o altri disordini metabolici dovrebbero essere trattati, anche se pochi sono i risultati di studi clinici randomizzati sulla efficacia di questi trattamenti nel controllo della fatigue.

4.3 Trattamento farmacologico Il trattamento con Methylphenidato (indicato prevalentemente in caso di sedazione indotta da oppioidi e in caso di fatigue legata al cancro) e Modafinil (nelle malattie neurologiche avanzate e nell’AIDS) può attenuare l’intensità della fatigue. METHYLPHENIDATO Il Methylphenidato è un derivato delle anfetamine. Ha una biodisponibilità piuttosto bassa (11-52%) e una breve emivita di circa 2 h. Dopo metabolizzazione nel fegato, i metaboliti inattivi sono eliminati per via renale. Il trattamento con Methylphenidato in genere inizia con una dose di 5-10 mg al mattino. Con il monitoraggio della risposta e degli effetti collaterali, la dose può essere incrementata fino a 40-60 mg al giorno, suddiviso tra mattina e mezzogiorno. Gli effetti collaterali possono essere dose-limitante e includono nervosismo, agitazione e talvolta effetti cardiaci nocivi per il sistema cardiovascolare, come aritmia e tachicardia. CORTICOSTEROIDI Per quanto riguarda l’uso di basse dosi di steroidi, l’utilizzo di prima scelta è il Desametasone può alleviare efficacemente la fatigue per un breve periodo di tempo, di solito una o due settimane e può essere impiegato per alleviare la fatigue con obiettivi e termini ben definiti. Inoltre conseguenze di un trattamento prolungato con corticosteroidi possono essere lo sviluppo di miopatia prossimale ed un aumentato rischio di infezioni, fattori che possono ulteriormente aggravare la fatigue.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Astenia (I-CURPAL-010)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 6 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

5. CONCLUSIONI Il trattamento della fatigue dovrebbe essere discusso in ambito multidisciplinare. Nelle fasi terminali la fatigue può essere considerata parte del percorso finale della malattia. Fondamentale prima di iniziare un trattamento della fatigue è la valutazione completa in tutte le dimensioni del singolo paziente, considerando quelle che sono le sue preferenze e necessità individuali, oltre alla consapevolezza che non sempre trattare comporta necessariamente un beneficio per il paziente. Anche se è riconosciuto che la fatigue correlata al cancro è più frequente durante i trattamenti attivi, bisogna considerare che un senso di stanchezza può persistere per mesi o anche anni dopo la fine delle terapie.

6. BIBLIOGRAFIA - Radbruch L, Strasser F, Elsner F, Ferraz Gonçalves J, Løge J, Kaasa S. Fatigue in palliative care

patients – an EAPC approach. Palliative Medicine 2008; 22:13–32

- National Comprehensive Cancer Network (NCCN) Clinical Practice Guidelines in Oncology: Cancer- and Treatment-Related Anemia. V.1. 2010. Available at: www.nccn.org

- National Comprehensive Cancer Network (NCCN) Clinical Practice Guidelines in Oncology: Cancer-Related Fatigue. V.1. 2010. Available at: www.nccn.org

- Escalante C.P. Cancer-related fatigue: “Prevalence, screening and clinical assessment” & “Treatment”. www.UpToDate.com, ottobre 2009

- Neuenschwander H. et al. Medicina Palliativa. 2a Edizione. Lega Svizzera Contro il Cancro, 2007.

- Bachmann-Mettler Irène, Astenia nei pazienti con malattia tumorale. Berna. Cure Oncologiche Svizzera, 2003

- Ganier C. et al. L’asthenie chez le patinet cancèreux en soins palliatifs. Infokara, n.2, 2005

- Mara Guerinoni. La valutazione iniziale dell’astenia in cure palliative. Stabio 2006. Lavoro di certificazione SSFS

- Gluckman S. J. Treatment of chronic fatigue syndrome. www.UpToDate.com, agosto 2009

- Lucas J, et al. Fatigue: A Summary of the Definitions, Dimensions and Indicators. Nursing Diagnosis 7

- IREF/Ricerche. Lavoro infermieristico e qualità dell’assistenza. Franco Angeli, Milano 1991

- Apolone G. et al. Misurare la qualità in oncologia: Aspetti di metodo ed appilcativi. Roma: Il pensiero sicentifico editore, 1997: p.2, 73-74, 54

- Campanelli I. et al. Oncologia e cure palliative. Milano: McGraww-Hill, 2002:374-375

- Bonaldi A. et al. Curare la qualità. Milano: Edizione Angelo Guerinie associati srl, 1994:45

- Kaeser I. et al. Evaluation de la fatigue au moyen d’une échelle analogique selon trois axes (psysique, cognitif, émotionnel). Palliative-ch 2004, 3:26

- Olson K. Les fondaments du concept de la fatigue. Palliative-ch, 2004, 3:27-28

- Decloux D. et al. Journee dediee a l’experimentation et à la gestion de deux sympthomes frequents en soins palliatifs et oncologie: La fatigue et la dyspnee. Infokara 19, 2004, 3:111-117

- Caraceni A. Curare per alleviare la sofferenza e non solo per impedire la morte. La rivista di cure palliative. 2005, 1:10-12

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-011 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO

1. Introduzione p. 1

2. Xerostomia: definizione e cause p. 1

3. Stomatite: definizione e cause p. 2

3. Assistenza infermieristica p. 2

4. Assistenza medica p. 5

5. Allegati: - Manifestazione di un’infezione - Schema riassuntivo

1. INTRODUZIONE Un cavo orale sano presenta la mucosa intatta ed è pulito, umido e non dolente. I problemi legati al cavo orale sono particolarmente presenti nei pazienti in fase terminale. Le manifestazioni più frequenti sono due:

1. secchezza delle fauci (xerostomia) 2. stomatite

2) XEROSTOMIA (secchezza delle fauci) Si tratta di un sintomo che viene riferito dai pazienti come un disturbo fastidioso in grado di interferire con molte delle funzioni fisiologiche che si svolgono nella cavità orale (comunicazione, alimentazione, per esempio). Può creare alitosi e alterazioni del gusto, bruciori e dolori al cavo orale, difficoltà a masticare e deglutire impedendo così una normale alimentazione. Conseguentemente influisce in modo non indifferente sulla qualità della vita. Cause: - distruzione parziale o totale delle ghiandole salivari a causa della neoplasia, della chirurgia

radicale locale o della radioterapia - medicamenti (anticolinergici, oppioidi, diuretici, antidepressivi, antistaminici, Beta-bloccanti,

anticonvulsivi, antipsicotici) - respirazione a bocca aperta - disidratazione - infezioni - ossigenoterapia

CAVO ORALE

Problemi legati al cavo orale

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3) STOMATITE O MUCOSITE si manifesta con un infiammazione della mucosa, possono però subentrare anche erosioni e ulcerazioni della mucosa con conseguente bruciore, dolore, odinofagia, disfagia. Criteri del NCI (National Cancer Institut):

grado 0 assenza di stomatite grado 1 ulcere non dolenti, eritema o media secchezza grado 2 eritema doloroso, edema o ulcere, ma possibilità di mangiare grado 3 eritema doloroso, edema o ulcere che impediscono di mangiare grado 4 necessità di supporto enterale o parenterale.

Cause (oltre quelle citate per la xerostomia): - chemioterapie - deficit immunitari - ipovitaminosi - ipoproteinemia - infezioni virali, batteriche, micosi - debilitazione.

4) ASSISTENZA INFERMIERISTICA

Valutare Individuare le persone a rischio in base alle cause citate. Durante l’anamnesi chiedere : - pulizia della bocca - piaghe in bocca - dolore alla bocca - sanguinamento - cambiamenti di gusto - disfagia - recenti chemioterapie - precedente radioterapia - precedenti malattie dentali, peridentali - dentiera - attuali medicamenti Quando si attua l’esame fisico della bocca, porre particolare attenzione a: - odori del respiro - labbra: screpolature, ferite, lesioni herpetiche - lingua: umidità, aspetto mucose - stato delle gengive e dei denti - mucosa orale: ulcere* o lesioni da candida - orofaringe: arrossamento, lesioni - palato molle e duro: lesioni - dentiera: condizioni, adattamento * NB: le ulcere possono essere di natura neoplastica (più o meno sovrainfettate) aftose o virali.

?

!

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Curare con interventi specifici Anche per i problemi legati al cavo orale il primo punto è dedicato alla prevenzione. 1. Pulizia del cavo orale:

invitare il paziente ad un adeguata pulizia dentale (2-3 volte al giorno) da effettuare con spazzolino morbido oppure spazzolino elettrico. Sono da evitare le paste dentifricie contenenti fluoro poiché possono irritare i tessuti infiammati; si consiglia poi l’uso di acqua e colluttori (es.: Sangerol) se ben sopportati dal paziente. Sicuramente sono pure validi prodotti come Malveol Emulsione o gocce di Calendula: la loro azione è meno disinfettante ma hanno un effetto antinfiammatorio. Pazienti portatori di dentiere dovrebbero lasciarle immerse in un liquido disinfettante durante la notte. Se il paziente è incosciente si procede alla pulizi a con garze e batuffoli montati. Dalla farmacia si può ottenere una soluzione da conservare in frigo a base di NaCl 0,9%+ Mycostatin + Protovit+ Vit. C + NaBic. Sconsigliati i bastoncini impregnati di succo al limone e glicerina, il cui gusto è piacevole e inizialmente dissetante ma rischia di seccare ulteriormente la mucosa e di causare dolore in presenza di lesioni. Se non si dispone di altro si possono sciacquare abbondantemente sotto l’acqua fredda prima di utilizzarli per il paziente. Le labbra devono essere adeguatamente umidificate e ammorbidite con appositi stick o creme. La glicerina ha un effetto disidratante e non va quindi applicata sulle mucose.

2. Quando la bocca è asciutta... In primo luogo valutare le cause che possono essere all’origine della xerostomia e, se possibile, apportare le modifiche necessarie. La secchezza della mucosa porta spesso il paziente a bere a piccoli sorsi, questo però spesso non è sufficiente, si può allora proporre al paziente:

- di tenere in bocca piccoli pezzetti di ghiaccio tritato costituiti solamente da H2O o H2O+sciroppo (possibilmente senza zucchero);

- l’utilizzo di caramelle o chewing gum (alla menta); - l’assunzione di cubetti di succo di frutta congelato; - di idratare le labbra e le mucose con gel (es.: Oral Balance gel).

In commercio esiste una saliva artificiale (es.: Glandosane) in una piccola bomboletta spray che purtroppo, basandosi su di un effetto osmotico, produce nel tempo lei stessa xerostomia. Comunque per un paziente che va fuori casa (e che dunque non dispone di un bicchiere d’acqua nelle vicinanze) può essere utile avere uno spray in tasca.

3. Quando la bocca è dolente... …anche in questa situazione si devono cercare le cause e possibilmente agire su di esse. Favorire l’assunzione di cibi passati o liquidi, particolarmente apprezzate sono bevande fresche quali: succhi di frutta (non acidi), frappé, ... Se i dolori aumentano è consigliabile l’uso di anestetici locali da applicare sulle lesioni circa 30 minuti prima del pasto (es. Tonex, Mundisal). Sciacqui della bocca con Xylocain 2% possono ridurre i dolori in fretta, attenzione però al pericolo di aspirazione poiché per un certo tempo il riflesso di deglutizione è disturbato! Se la terapia locale non è sufficiente prendere in considerazione una terapia antalgica sistemica (vedi assistenza medica).

4. Quando la bocca è sporca... Se ci sono segni di infezione da candida (chiazze, placche spesse e tenaci): • somministrare antimicotici (vedi assistenza medica) e sempre secondo ordine medico, all’igiene della

bocca indicato al punto 1. aggiungere una sospensione come il Mycostatin.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Se non ci sono segni di infezione da Candida: • si consiglia di pulire delicatamente le placche (spazzolino morbido), può essere utile per il paziente

masticare o succhiare pezzetti di ananas fresco, preventivamente messi in frigorifero o addirittura in congelatore, proprio per l’azione detergente del frutto stesso.

La maggior parte degli odori (alitosi) nei pazienti con lesioni del cavo orale è legata alla presenza d’infezioni, in particolare sostenute da batteri anaerobi. Parallelamente ad un’accurata pulizia da ripetersi più volte al giorno, si può rendere necessaria la somministrazione di antibiotici (Metronidazolo). Lo scopo è di controllare l’infezione per ridurre il cattivo odore. I pazienti con questo problema tendono ad isolarsi da altri malati e dai parenti; sono infatti essi stessi disturbati ed imbarazzati dal cattivo odore proveniente dalla loro bocca.

5. Idratazione / alimentazione:

In linea di massima diamo le seguenti indicazioni • bere bibite fresche (secondo le preferenze del paziente: acqua, thé, frappé,...) e fare in modo che

abbia sempre qualcosa da bere nelle vicinanze; • evitare cibi asciutti, tutto quello che riceve dovrebbe essere molle e ben bagnato con salse per

es.→ facile da deglutire; • evitare cibi salati o piccanti. Per il paziente negli ultimi giorni della sua vita l’alimentazione e l’idratazione non rappresentano più qualcosa di indispensabile. Finché il paziente riesce a deglutire bene ed ha voglia di bere è nostro compito aiutarlo in questo e spiegare ai familiari quello che possono fare loro. Dal momento in cui non riesce più ad assumere niente per os diventa importante inumidire regolarmente (ogni due ore almeno) labbra e cavo orale. Questo può essere fatto semplicemente con batuffoli montati bagnati con acqua fresca o thé non zuccherato (thé di tiglio o di menta per es.).

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

5) ASSISTENZA MEDICA I sintomi del cavo orale hanno una prevalenza molto alta. Nel contempo purtroppo ricevono poca attenzione medica nonostante incidano pesantemente sul comfort del malato. La cura della bocca rappresenta una “manipolazione” intima e si presta al coinvolgimento dei famigliari nell’assistenza del paziente. Terapia: Xerostomia: - Stimolazione della salivazione con misure infermieristiche (vedi sopra) - Pilocarpina (Salagen c → farmacia Ospedale Civico) 3 volte 5mg per os al giorno,

30-60min prima dei pasti. Questo farmaco richiede una funzione residua dell’organo effettore (ghiandole salivari), pertanto in stato post-radioterapia può non essere efficace. E’ particolarmente utile nella xerostomia legata agli oppiacei.

Alternativa medicamentosa: ANTT (antholetrithione) Sulfarlem R. - Sospendere o ridurre medicamenti anticolinergici (vedi sopra). - Correggere stati di disidratazione con liquidi enterali e parenterali (s.c.) se viene

giudicata causa importante della xerostomia. Mucosite/stomatite: - Ulcogant 4 bustine al giorno da tenere in bocca 1-2min, poi inghiottire. - Prescrivere acido folico (Folvit o molto meno caro Acido folico Streuli) specialmente

se il paziente è considerato depleto di acido folico (la maggior parte dei pazienti con malattia tumorale, specialmente anche dopo terapie antiblastiche, lo sono).

- Alternativa: prostaglandina topico. - Alternativa (non ancora disponibile salvo casi estremi): Talidomid Micosi: - Ricordiamo che non tutte le micosi si presentano con il quadro classico delle

placche bianche (vedi p. 5), nel dubbio è consigliabile trattarle per eliminare la colonizzazione.

- Il trattamento locale con Micostatin (contenuto nella soluzione Rapin, vedi p. 3) frequentemente non è sufficiente inoltre non è gradevole. Consigliamo piuttosto l’uso di Diflucan, per esempio 50mg al giorno o “a scopo profilattico” 200mg una volta alla settimana per os.

Riassumendo: 1. Fidati del giudizio dell’infermiera che applica le prime pagine di questo capitolo

2. Nel dubbio tratta la candidiasi sistemicamente, perorale

3. Applica il sistema di stadiazione per poter monitorizzare il successo della terapia

Bibliografia: Cure Oncologiche Svizzera, www.onkologiepflege.ch, Standard mucosite orale, versione tedesca e francese, parziale in italiano.

Caro medico, le pagine precedenti sono molto esaurienti e di alto contenuto informativo per quanto riguarda aspetti eziologici clinici e consigli pratici di terapia, sei pertanto caldamente invitato a leggerle.

Per il lettore veloce:

orltro
cure palliative

Allegato no 1 - manuale di Cure Palliative - sintomi - cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Come si manifestano le varie infezioni della mucosa del cavo orale? 1) La candidosi , sostenuta principalmente dalla candida albicans può assumere differenti caratteristiche:

Pseudomembranosa

→ forma acuta

Placche piccole, sottili, bianche sulla mucosa di guance, palato e faringe.

Se tolte con una garza o una spatola lasciano aree eritematose o erosioni sanguinanti.

Ipertrofica

→ forma acuta

Masse confluenti di miceti e cheratina sul dorso della lingua.

Si tolgono con difficoltà.

Atrofica

→ forma acuta

Lingua liscia, rossa, secca e molto dolente. Non sono presenti placche bianche.

Atrofica cronica

→ inizialmente non causa dolore a meno che non si sviluppino ulcere

Inizia sotto la dentatura superiore e la bocca diventa rossa, edematosa ed ulcerata

Stomatite angolare

→ (a volte causata da stafilococco)

Fessure infette, umide e simmetriche agli angoli della bocca.

Candidosi cronica mucocutanea

Infezioni ricorrenti alla pelle, unghie e mucose, soprattutto in pazienti con deficit di risposta immunitaria cellulo-mediata.

2) Infezione virale:

provocata soprattutto da Herpes Simplex Virus, si manifesta dapprima con l’apparizione di vescicole sulla mucosa e/o sulle labbra seguite poi da ulcerazioni giallastre molto dolorose.

3) Ulcere aftose: ulcere poco profonde, molto dolorose, probabilmente causate da più ceppi batterici.

4) Infezioni batteriche: si manifestano con piccoli sanguinamenti dalle gengive e dolori localizzati alla zona peridentale e possono causare ascessi.

orltro
cure palliative

Allegato no 1 - manuale di Cure Palliative - sintomi - cavo orale (I-CURPAL-011)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 7 di 7 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Schema riassuntivo i

(tratto da “Oxford Textbook of palliative medicine” 2nd edition, 1998, p.698)

LA BOCCA E’ SANA? (mucosa intatta, pulita, umida e non dolente)

MISURE PREVENTIVE: vedi pto 1 p.3 “Pulizia del cavo orale”

E’ PRESENTE UN’ULCERAZIONE?

E’ PRESENTE UN INFEZIONE?

VIRALE ULCERE AFTOSE > vedi cap.

assistenza medica

ULCERE MALIGNE

LA BOCCA E’ SPORCA? CANDIDA?

Terapia antimicotica (vedi pag. 5)

Pulire delicatamente le placche Se il paziente è portatore di protesi rimuoverla e metterla a bagno nel Mycostatin

LINGUA: pulire facendo succhiare dei pezzi di ananas fresco DENTI E MUCOSA: pulire con spazzolino morbido o elettrico e risciacquare con acqua e colluttorio.

vedi pto 1 p.3 “Pulizia del cavo orale”

LA BOCCA E’ ASCIUTTA?

TRATTARE LE CAUSE: es. modificare th medicamentosa, curare infetto,...

MISURE LOCALI: vedi pto 2 p.3

ANESTETICI LOCALI: (es. Tonex, Mundisal) da applicare sulle lesioni TERAPIA ANALGESICA SISTEMICA: in caso di stomatite grave

LA BOCCA E’ DOLENTE?

RIVALUTAZIONE?

SI

NO

NO

SI SI

NO

NO

NO

SI SI

SI

SI

NO

NO

pz cosciente

pz incosciente

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-012 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Introduzione p. 1

2. Definizione e cause p. 1

3. Assistenza infermieristica p. 3

4. Assistenza medica p. 4

5. Allegato: - Alimentazione senza glutine e lattosio p. 5

1. INTRODUZIONE Pur essendo la diarrea un sintomo “raro” nei pazienti neoplastici avanzati (circa il 4% (1) dei casi), è essenziale che sia trattata immediatamente per evitare situazioni di squilibrio idro-salino e acido-base che si traducono sintomatologicamente in astenia, xerodermia, calo ponderale, stato confusionale. Le numerose scariche diarroiche rappresentano un elemento peggiorativo in termini di qualità di vita per il paziente, specie quando è allettato.

2. DEFINIZIONE E CAUSE Definizione: “eliminazione molto frequente di feci eccessivamente liquide” Una classificazione della diarrea che tenga conto dei meccanismi fisiopatologici attraverso cui si realizza, può essere la seguente:

DIARREA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Diarrea (I-CURPAL-012)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

1) Diarrea idrica o idro-elettrolitica è il tipo più frequente, costituita da feci liquide, abbondanti che possono provocare una perdita importante di ioni soprattutto K. Essa può ancora essere suddivisa in:

Diarrea osmotica dovuta alla presenza nel lume intestinale di eccessive quantità di materiale osmoticamente attivo, che richiama abnormemente H2O. Questa condizione si può verificare in seguito a maldigestione alimentare come nel caso di deficit di lattasi con accumulo di lattosio nell’intestino o in seguito all’azione di lassativi ad azione osmotica . Hanno un ruolo importante in questo tipo di diarrea le maldigestioni a seguito di esiti di interventi chirurgici sull’addome, in particolare le gastroresezioni o le resezioni parziali dell’intestino che riducono notevolmente la sua lunghezza. Tra le diarree osmotiche vanno ricordate le possibili diarree da alimentazione enterale (via SNG o PEG).

Diarrea secretiva dove l’eziologia è da ricercarsi in un’ipersecrezione attiva di H2O ed elettroliti a seguito di cause infettive (es.: salmonel-losi, colera, cause virali, ecc.) o per processi infiammatori della mucosa intestinale (es.: rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn o abuso di lassativi). Bisogna inoltre ricordare l’azione diarrogena di alcuni antibiotici che agiscono distrug-gendo la flora batterica intestinale saprofita, favorendo quindi la comparsa di germi patogeni quali il clostridium difficile responsabile attraverso una tossina di diarrea secretiva (colite pseudo-membranosa). Anche l’azione di chemioterapie quali gli antimetaboliti o le radiazioni sull’intestino causano un deficit funzionale degli enterociti che vengono quantitativamente alterati perdendo la loro capacità assorbente e di barriera.

Diarrea motoria la cui eziologia è da ricercarsi in un transito intestinale accele-rato in quanto vengono a ridursi i tempi utili per un normale processo digestivo e di assorbimento. E’ quanto avviene per esempio nella sindrome del colon irritabile o anche dopo vagotomia.

2) La diarrea grassa definita steatorrea che è l’espressione di un mancato assorbimento degli alimenti che avrebbero dovuto

essere digeriti e successivamente assorbiti come avviene per esempio nell’insufficienza pancreatica o biliare.

3) La diarrea paradossale legata alla presenza di fecalomi o ad un ostruzione intestinale di altro tipo e dovuta alla liquefazione del

materiale fecale per azione batterica.

DIARREA

grassa (steatorrea)

idrica (o idroelettrolitica)

paradossale - su fecaloma - tumore rettale

su presenza di fistole - vescico-coliche - vescico-rettali

osmotica - abuso di lassativi ad azione osmotica

- malassorbimento di alimenti - post chirurgico

- su alimentazione SNG/PEG

secretiva - infetto - processi infiammatori - abuso di lassativi - azione AB - azione chemioterapica - azione radioterapica

motoria - colon irritabile - vagotomia

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Diarrea (I-CURPAL-012)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA Valutare Paziente con diarrea Curare con interventi specifici

Valutare L’istaurarsi di episodi diarroici ci deve portare a:

- valutare i disturbi del paziente: - sete; secchezza mucose e cute (stato di disidratazione) - tenesmi, dolore e crampi addominali - nausea/vomito - ev. escoriazioni dell’area perianale - calo ponderale - stato confusionale - ev. situazioni di incontinenza fecale - astenia - valutare le eventuali cause scatenanti: - condizioni di stress - patologie concomitanti - terapia antibiotica e farmacologica - precedenti radio- e chemioterapie - presenza di nutrizione tramite SNG o gastrostomia - ecc. (vedi grafico pag 2). - valutare in particolare: - abitudini del paziente - tipo di feci: colore (es. feci scure: th con ferro? melena?) odore (es. steatorrea: odore penetrante) - durata della diarrea (da quanto tempo?) - presenza di stati di stipsi precedenti.

Curare con interventi specifici 1. Monitorare le perdite di liquidi del paziente: frequenza, quantitativo, colore e consistenza delle feci,

nonché la diuresi, la sudorazione ed eventuali episodi di vomito. 2. Fare in modo che il paziente venga reidratato . Se è in grado di bere ed alimentarsi, favorire

l’assunzione di thè, bibite non gasate e bevande ricche di sali. Stimolare l’assunzione di cibi ricchi di potassio quali albicocche, banane, conserve di pomodoro,

cioccolato, fragole,... 3. Se il paziente presenta vomito, disfagia o non è in grado di mantenere un adeguato apporto idrico,

segnalare e stabilire con il medico una diversa forma di idratazione → i.v o s.c (vedi “idratazione per via sottocutanea”).

4. Valutare la cute del paziente con particolare riguardo alla zona perianale . intervenire con

un’adeguata igiene della zona utilizzando prodotti non irritanti e applicando, al bisogno creme protettive (a base di ossido di zinco, per esempio Oxyplastine).

5. Assistere il paziente aiutandolo a riposarsi tra un episodio diarroico e l’altro e provvedendo

immediatamente alla corretta somministrazione della terapia antidiarroica e anticolinergica. 6. Garantire la privacy alla persona e la disponibilità di un bagno privato privo di barriere architettoniche.

Suggerire al paziente l’utilizzo di un abbigliamento facile da rimuovere nonché illustrargli ed

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Diarrea (I-CURPAL-012)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

eventualmente procurargli accessori quali bende igieniche, pannolini e protezioni monouso per il letto disponibili sul mercato.

7. Spiegare al paziente il corretto uso di lassativi e l’importanza della dieta al fine di evitare stati di

stipsi e contenere sindromi diarroiche. Pazienti sottoposti a radioterapia vengono invitati, salvo controindicazioni (es. paziente inappetente) a

seguire un’alimentazione priva di galattosio e lattulosio per il periodo della terapia radiante e per i 10 giorni successivi (vedi allegato no 1).

Anche la nutrizione enterale tramite SNG o PEG può essere causa di stati diarroici per somministrazioni troppo veloci , per contaminazioni batteriche dei prodotti o per l’utilizzo di sostanze a temperature troppo basse.

8. Aiutare pazienti e familiari ad affrontare situazioni spiacevoli dovute a stimoli imperiosi; tali disagi

possono infatti causare “l’isolamento sociale” dell’intero nucleo familiare. L’aiuto si concretizza facendo in modo che essi possano verbalizzare senza timore i loro problemi e

fornendogli adeguate informazioni e accessori di cura.

4. ASSISTENZA MEDICA Eziologia Le possibili cause della diarrea sono moltissime, ben suddivisibili comunque in:

- meccaniche (paradossali, intestino corto) - funzionali (dietetiche, steatorrea, neuropatia vegetativa, carcinoide) - iatrogene (medicamentose, post-radioterapiche,...) - concomitanti

Le cause più frequenti sono il sovradosaggio di las sativi e le diarree paradossali , che possono essere dovute ad un problema meccanico di ostruzione o subostruzione: p.e. tumorale, da fecaloma, o medicamentosa. Ogni medicamento che induce una costipazione può in seconda linea creare una diarrea paradossale.

Valutazione Con una meticolosa anamnesi ed un esame clinico si può identificare la causa della diarrea nella maggior parte dei casi. Solo in quei pochi casi dove questo non è possibile, esami paraclinici, come la ricerca di leucociti nelle feci ed esami batteriologici sono necessari.

Misure terapeutiche:

• Rivedere la terapia medicamentosa, sospendere i lassativi • Controllare la dieta (p. es. intolleranza al lattosio) • Quando è possibile, eliminare le cause (p. es. sostituzione enzimi pancreatici in caso di steatorrea) • Prescrivere medicamenti antidiarroici non specifici

- Loperamid (Imodium): 2 past. iniziali + 1 past. dopo ogni defecazione diarroica (calibrazione della terapia in funzione del sintomo, → dose max. indicativa 6 cps/dì)

- Tinctura opii: 15-20 gocce per os ogni 4 ore o al bisogno • Valutare se necessario reidratare (preferibilmente per os)

Bibliografia: (1) C.F.B. Regnard, S. Tempest, F. Toscani, “Manuale di Medicina Palliativa”, CIS Editore, 1994, pag. 59.

orltro
cure palliative

Allegato no 1 - Classeur Cure Palliative - Sintomi - Diarrea (I-CURPAL-012)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

ALIMENTAZIONE SENZA GLUTINE E SENZA LATTOSIO Durante il vostro trattamento di radioterapia sull’addome e circa 10 giorni dopo la fine del trattamento, la vostra alimentazione dovrà essere senza glutine e senza lattosio (alfine di evitare una digestione difficile). Il Glutine è contenuto in 4 cereali: il grano, l’orzo, la segale e l’avena. Tutti gli alimenti che li contengono, anche in minime quantità (pane, biscotti, cibi preparati dal commercio, cibi impanati, salse con farina) dovranno essere evitati. Il Lattosio si trova nel latte e nei latticini. Tutti gli alimenti che lo contengono (yogurt, creme, panna, formaggio ad eccezione dei formaggi a pasta dura) dovranno essere evitati. ALIMENTI PERMESSI: Gli alimenti che potete consumare liberamente sono: Latte: speciale senza lattosio “AL IIO” della Nestlé in vendita in farmacia Formaggi: groviera, emmental, parmigiano, tilsit salato e senza sale, formaggio per raclette e tutti gli altri

formaggi a pasta dura Carne: fresca o surgelata non cucinata o impanata dal commercio, prosciutto cotto o crudo, carne

secca, coppa e lardo Pesce: fresco o surgelato, non cucinato o impanato dal commercio Uova: fresche Cereali e unicamente gli alimenti a base di riso, mais, miglio, grano saraceno, patate e tapioca farinacei: Patate e fecola di patate. Riso e crema di riso. Mais: polenta e maizena, fiocchi di mais (corn flakes, corn pops, fraties, kellong, matzinger),

pop corn, pop riz, rice krispies (kellong). Semolino e farina senza glutine (Aproten, Riesal). Pasta senza glutine (Aproten, Dieterba, Hammermuhle, Riesal). Pane senza glutine e senza lattosio. Fette biscottate senza glutine, biscotti al limone, all’arancia e al cioccolato (Riesal). Verdure: fresche o surgelate, crude, cotte o conservate, ma non cucinate dal commercio. I legumi

secchi preparati in casa. (La verdura sia cotta che cruda dev’essere evitata solo in caso di diarrea ed in questo caso sostituita da patate o carote cotte).

Frutta: è permessa tutta, cruda, cotta o conservata. Frutta secca: datteri, albicocche, noci, noccioline, marron glacé. (La frutta dev’essere evitata solo in caso di diarrea ed in questo caso sostituita da banane e

mele grattugiate al limone). Prodotti zucchero melassa, miele, marmellata. zuccherati: Pasticceria senza glutine e senza lattosio, cioccolato fondente. Sorbetti alla frutta (gelati fatti con acqua). Caramelle alla frutta (Sugus). Grassi: olio, burro, lardo, margarina e strutto. Bevande: tutte permesse eccetto birra e Rivella.

orltro
cure palliative

Allegato no 1 - Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Diarrea (I-CURPAL-012)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 6 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Bevande in polvere solubile: caffè o thè, Suchard, Nesquick, Caotina, cacao puro. Minestre: fatte in casa con gli alimenti permessi o i dati chiari del commercio. Diversi: gelatine, lievito di birra (non chimico), concentrato di pomodoro, salsa per grill, Fondor, Aromat

Knorr salato e senza sale, sale, pepe, noce moscata e tutte le spezie. Erbe aromatiche fresche e secche: timo, rosmarino, alloro, prezzemolo, erba cipollina, aglio,

cipolla, sottaceti, aceto, mostarda, capperi, cetrioli. (Le salse preparate dal commercio: Ketch up, maionese, ... meglio non usarle). Per qualsiasi ulteriore informazione potete rivolgervi alla dietista dell’Ospedale.

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-013 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Definizione p. 1

2. Fisiopatologia e cause p. 1

3. Assistenza infermieristica p. 3

4. Assistenza medica p. 4

5. Allegato: - Ricetta della gelatina p. 5

1. DEFINIZIONE

Si intende con disfagia un disturbo della progressione del bolo alimentare solido o liquido nel suo passaggio attraverso l’esofago. A volte è accompagnata da dolore generalmente retrosternale che può essere provocato dalla semplice deglutizione di materiale salivare.

2. FISIOPATOLOGIA E CAUSE I meccanismi patogenetici alla base di questo sintomo sono complessi. L’elemento fondamentale è probabilmente rappresentato da una asincronia delle contrazioni muscolari e dell’onda peristaltica che percorre l’esofago. Si distingue una disfagia orofaringea e una esofagea: Orofaringea: si verifica per un disturbo del primo e del secondo stadio della deglutizione. Il paziente

ha difficoltà nel muovere il bolo alimentare dalla bocca e dal faringe dentro l’esofago. Egli tenta di far partire la deglutizione ma questo non avviene cosicché il bolo alimentare rimane in faringe e può rigurgitare attraverso il naso o penetrare parzialmente nelle rime della glottide provocando la tosse.

In particolare questo tipo di disfagia si caratterizza per una peggiore intolleranza ai liquidi nei confronti dei solidi.

DISFAGIA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Disfagia (I-CURPAL-013)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Cause: Può essere in conseguenza a tumori della sfera ORL, ascessi retrofaringei o peritonsillari,

paralisi muscolari legate a malattie neurologiche quali la sclerosi multipla o emorragie cerebrali con interessamento del tronco, in particolare del bulbo. Anche la carenza di ferro può provocare un’atrofia della mucosa ed un disturbo della conduzione nervosa.

Esofagea: in questo caso la deglutizione avviene regolarmente ma si ha un arresto nella progressione del cibo lungo l’esofago. E’ spesso un fenomeno intermittente legato principalmente all’alterazione dell’onda di contrazione peristaltica e forse a fenomeni di spasmo di fronte ad un ostruzione organica del lume esofageo.

Cause: La malattia più frequentemente associata con questo disturbo è il carcinoma

stenosante dell’esofago . Altre cause importanti sono processi infiammatori di origine infettiva o esofagiti da riflusso , cause organiche come compressioni estrinseche dell’esofago per patologie legate alla tiroide per quanto riguarda la porzione superiore dell’esofago, o patologie mediastiniche specie tumorali per quando riguarda l’esofago toracico, alterazioni organiche dell’esofago come quelle che accadono nel corso di malattie quali le sclerodermie o stenosi cicatriziali secondarie all’ingestione di caustici.

3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA Il paziente che si presenta a noi lamentando disfagia appare, oltre che fisicamente, psicologicamente abbattuto. L’incapacità o l’impossibilità di soddisfare adeguatamente o in modo “normale” il bisogno di base dell’alimentazione e dell’idratazione è spesso inteso come un inesorabile progredire della patologia. Per aiutare ad affrontare questa situazione, con l’intento di preservare la qualità di vita della persona, l’infermiere imposta il suo piano di cura realizzando inizialmente un’attenta raccolta dati.

Valutare 1. Approfondire mediante colloquio con il paziente e la cartella clinica la “storia” della persona. Conoscere

quindi il modo in cui la malattia si è manifestata e i trattamenti eseguiti (es: interventi chirurgici, radioterapie).

2. Farsi spiegare dalla persona le sue abitudini alimentari e le variazioni che hanno subito (es: difficoltà ad inghiottire liquidi).

3. Individuare sintomi che si associano alla disfagia (es: alitosi, odinofagia, dispnea). 4. Riconoscere segni di processi infettivi in atto (es: candidiasi orale e/o esofagea). 5. Valutare le condizioni fisiche/psichiche/sociali della persona per prendere in considerazione eventuali

metodi di alimentazione alternativi.

Curare con interventi specifici Ripartiamo dai 5 punti della raccolta dati: ad 1. Quando il paziente racconta la sua storia tende a sottolineare anche quali sono gli obiettivi a cui aspira

affidandosi a noi per il trattamento del sintomo. Se gli obiettivi sono realistici, l’équipe si deve concentrare su di essi. Se le aspettative sono invece utopiche è essenziale iniziare il trattamento con un colloquio chiarificatore tra team curante, paziente e famigliari.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Disfagia (I-CURPAL-013)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

ad 2. Consigli dietetici: • l’infermiere si informa sui cibi che il paziente gradisce e che riesce a deglutire. Naturalmente si

valuta dapprima il passaggio dei liquidi; spesso risulta più difficoltoso di altri alimenti, quali quelli con forma gelatinosa che scivolano dall’orofaringe in esofago senza causare problemi. (vedi allegato 1).

• Sono sconsigliati cibi particolarmente asciutti, friabili e difficili da ridurre in piccoli bocconi. • Frequentemente il paziente ha già eseguito una propria selezione che noi possiamo arricchire

proponendo altri alimenti (es: gelati, budini, frappé). Prima di stimolare il paziente all’autogestione è essenziale che capisca anche l’importanza di un adeguato apporto calorico che può essere raggiunto anche mediante il ricorso ad integratori alimentari (es: Ensure, Meritene, ecc...).

ad 3. Tra i sintomi che più spesso ritroviamo nei pazienti con disfagia si ricordano: odinofagia, rigurgiti,

alitosi, scialorrea o xerostomia e dispnea. Seppure in modo sistematico, possiamo tentare di raccogliere qualche utile consiglio terapeutico nello schema seguente:

odinofagia → dolore alla deglutizione → individuare e gestire stati infettivi → controllo del dolore (cap. dolore) → se dolore a livello orale, ev. utilizzo di medica-

menti topici (es: Tonex, Mundisal)

rigurgiti → reflusso di contenuto gastrico

→ frazionare i pasti → somministrazione di adeguata terapia

medicamentosa (Ulcogant + antiacido) → favorire la mobilizzazione post-brandiale, se il

paziente è a letto posizione semi-seduta

→ sciroppo alla menta

alitosi → alito maleodorante → eseguire adeguata pulizia del cavo orale (vedi cap. problemi legati al cavo orale)

→ trattare adeguatamente le infezioni

scialorrea o xerostomia

→ abbondante o scarsa presenza di saliva

→ vedi capitolo sul cavo orale

dispnea in relazione a

disfagia

→ difficoltà di respiro su prob. broncoaspirazione

→ individuare prontamente rischio di aspirazione di cibi

→ aiutare il paziente a trovare un’alimentazione adeguata

ad 5. Spesso una valida alternativa a disposizione del paziente disfagico (per il quale non è pensabile una

remissione del sintomo) è rappresentata dalla nutrizione enterale (tramite una PEG) o eventualmente parenterale (tramite AVI). Entrambe comportano un’ospedalizzazione per pochi giorni per la posa del mezzo d’infusione, ma mentre la nutrizione enterale è gestita dal paziente o dai famigliari, quella parenterale richiede il supporto dell’assistenza infermieristica domiciliare. Essendo entrambe manovre invasive, risulta essenziale una corretta valutazione delle condizioni generali del paziente dal punto di vista fisico, ma anche psicologico (predisposizione all’autogestione delle cure) e sociale (sede dell’abitazione o presenza di famigliari di riferimento).

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Disfagia (I-CURPAL-013)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4. ASSISTENZA MEDICA Eziologia

1. Dovuta direttamente al tumore - masse tumorali in bocca, faringe o esofago, con o senza lesione del plesso nervoso - compressione estrinseca - infiltrazione della base cranica, con o senza infiltrazione meningeale - metastasi cerebrale (plegia o paralisi bulbare) - paraneoplastico

2. Dovuta indirettamente al tumore - xerostomia - candidiasi o altri infetti locoregionali - sonnolenza - astenia grave - ipercalcemia

3. Dovuta alla terapia - chirurgia - radioterapia - chemioterapia o altri farmaci (neurolettici, compreso il Metoclopramide)

4. Cause concomitanti - esofagite di riflusso - sideropenia Trattamento causale

Identificare le cause potenzialmente reversibili (vedi Eziologia) e, se possibile, eliminarle. Gestione

1. Consigli dietetici (vedi assistenza infermieristica) 2. Mantenimento del lume (radioterapia, trattamento laser, dilatazione meccanica con impianto di stent) Terapia medicamentosa

Tentativo con corticosteroidi. Una volta che l’ostruzione viene considerata totale e irreversibile, l’obiettivo rimane quello di combattere i sintomi che essa procura come dolori (vedi cap. Dolore), sintomi da stomatite (vedi cap. Cura della Bocca) e scialorrea. Quest’ultima si può trattare con farmaci anticolinergici tipo Buscopan oppure antidepressivi triciclici. In alternativa: irradiazione delle ghiandole salivali.

L’atto di deglutizione è un fenomeno molto complesso, basta pensare che vi sono implicati 5 nervi cranici e 25 muscoli striati. Una macchina “delicata” e suscettibile a inceppamenti. Le possibili cause di disfagia in pazienti con tumore avanzato sono molteplici. I problemi di base sono però solo 2:

- problema meccanico ostruttivo , che si presenta prima con problemi di passaggio di solidi, poi andando avanti anche con i liquidi

- problemi neuromuscolari: disfagia per i solidi e i liquidi si presentano più o meno contemporaneamente o addirittura prima.

Per il lettore veloce:

orltro
cure palliative

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Allegato no 1 - Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Disfagia (I-CURPAL-013)

RICETTA DELLA GELATINA - 1 litro di acqua - 165 g di marmellata di frutta o gelatina di frutta - 3 a 4 foglie di gelatina Sciogliere e far addensare a fiamma bassa. La consistenza deve essere quella di una gelatina spessa. Versare in recipienti tipo coppette. Conservare nel frigorifero. 100 g di questo prodotto corrispondono a 100 ml di acqua. • Sul mercato esiste una polvere istantanea (Resource ThickenUp - Novartis). Questo prodotto è stato

creato apposta per quei pazienti che hanno una disfagia orofaringea. • Ospedali EOC: a disposizione il prodotto “Thick & Easy” che è una polvere istantanea a base di amido di

mais e malto destrine

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-014 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Introduzione p. 1

2. Assistenza infermieristica p. 2

3. Assistenza medica p. 3

1. INTRODUZIONE

La dispnea è la difficoltà di respiro, indipendentemente dalle frequenze respiratorie che possono essere alte o basse. Questa difficoltà si traduce soggettivamente in una sensazione di “fame d’aria” e oggettivamente in uno stato di sofferenza e di irrequietezza e nella necessità di assumere, se il paziente è a letto, la posizione seduta, eventualmente con le mani puntate sul piano del letto. La respirazione che ha luogo in questa posizione ha un duplice vantaggio:

- aumenta la capacità vitale del polmone per la maggior ampiezza delle escursioni respiratorie della parete toracica e del diaframma

- diminuisce il ritorno venoso e quindi la congestione polmonare A seconda della fase respiratoria interessata la dispnea viene distinta in inspiratoria-espiratoria-mista. La dispnea inspiratoria: compare in caso di stenosi delle vie aeree superiori. Si ha in caso di laringite difterica, edema della glottide, tumori della laringe, masse mediastiniche che comprimono il tubo laringo-tracheale, di corpi estranei. E’ accompagnata da stridore e da rientramento degli spazi intercostali.

La dispnea espiratoria: si ha nell’asma bronchiale per la stenosi diffusa dei piccoli bronchi e nell’enfisema pol-monare (per la diminuita elasticità polmonare).

La dispnea mista: è composta dalla dispnea inspiratoria ed espiratoria presenti contemporaneamente. Si ha nello scompenso cardiaco, dove non esiste un ostacolo meccanico nelle vie aeree.

Esiste anche una dispnea centrale legata a lesioni del centro del respiro per emorragie cerebrali, tumori cerebrali, ecc. La dispnea può comparire solo in occasione di uno sforzo o essere continua, cioè presente anche allo stato di riposo. E’ evidente che quest’ultima è l’espressione di un deficit respiratorio o cardiaco più grave.

DISPNEA

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dispnea (I-CURPAL-014)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2. ASSISTENZA INFERMIERISTICA La dispnea presenta numerose analogie con il dolore. Sono infatti entrambi dei sintomi soggettivi, multifattoriali, complessi e con una forte impronta psicologica. E’ appunto il terrore presente negli occhi di chi stenta a respirare e l’ansia dei famigliari che assistono impotenti all’evento, che ci spingono ad impiegare ogni nostra risorsa per interrompere il circolo vizioso dispnea-ansia. Il piano di cura infermieristico, che noi dividiamo in RACCOLTA DATI e PRENDERSI CURA viene elaborato col paziente in un momento di “relax respiratorio” e rappresenta un ottimo aggancio affinché vengano affrontate le angosce del vivere con la paura del soffocamento.

Valutare 1. Indagare sulle abitudini della persona (es: fumatore?) 2. Elencare possibili problemi respiratori della persona (es: asma, silicosi) 3. Definire le caratteristiche della dispnea: cronica/acuta; a riposo/da sforzo; con o senza tosse (che

tipo di tosse); con o senza dolore toracico; ... 4. Sintomi associati alla dispnea: grande stanchezza e pallore (es: calo emoglobina), variazione del

tono di voce, palpitazioni (es: tachicardia da versamento cardiaco), dolore ad un arto (es: embolia), ... 5. Aumento di peso in breve tempo o formazione di edemi 6. Farmaci assunti dal paziente (es: oppioidi per controllo dolori) 7. Condizioni psicologiche dei pazienti e dei loro famigliari

Curare con interventi specifici Avendo la dispnea eziologie diverse, saranno molti gli interventi che si possono attuare anche in base alla prognosi e agli obiettivi formulati dal paziente. L’assistenza infermieristica prevede quindi l’accompagnamento del paziente e dei famigliari attraverso tutti i trattamenti che verranno eseguiti, dall’uso corretto delle inalazioni al sostegno alla persona sottoposta a pleurodesi. Esistono comunque degli interventi basilari: 1. Mai lasciare solo il paziente con difficoltà respiratoria: ha bisogno di una presenza rassicurante. I

familiari possono essere di grande aiuto se adeguatamente informati, supportati e psicologicamente pronti

2. Creare condizioni di tranquillità per facilitare il risolversi dell’evento e evitare l’insorgenza di nuove crisi

3. Illuminare e ventilare la stanza (aprire la finestra spesso aiuta il paziente che sente aria fresca sul viso). In caso di tosse secca è necessario umidificare l’ambiente

4. Aiutare il paziente ad assumere una posizione seduta nel letto o in poltrona 5. Definire con il medico i termini d’utilizzo dell’O2. Verificare la via d’immissione dell’aria utilizzata dal

paziente e servirsi poi di maschera, occhialini o sondino. (Invitare il paziente a bere frequentemente a piccoli sorsi per evitare la xerostomia. Per la secchezza della mucosa nasale utilizzare l’apposita pomata: Ruedi)

6. Richiedere l’intervento del fisioterapista per capire a fondo la dinamica di respirazione del paziente. Chiedere consigli su tecniche e presidi da adottare

7. In pazienti con difficoltà respiratorie individuare prontamente stati infettivi controllando: temperatura, presenza di espettorato maleodorante/abbondante/denso, peggioramento della respirazione (es: tachipnea, stridor, ...) e dolore toracico.

8. In generale ad eccezione dei pazienti tracheostomizzati: l’aspirazione delle secrezioni bronchiali spesso è di aiuto più per chi sta attorno che non p er il paziente stesso! Aspirare in ogni caso solo se porta evidente sollievo al paziente e solo se lui vuole. L’aspirazione intratracheale può causare conati di vomito, lacerazioni della mucosa con conseguente dolore e sanguinamento, dispnea, una produzione su base irritativa di ulteriori secrezioni, spasmo della laringe,…

Se e quando si decide di aspirare, la manovra deve essere fatta da personale esperto.

Rimane comunque essenziale spiegare al paziente e ai suoi famigliari l’origine della dispnea ed insegnare loro quali pratiche adottare per prevenire eventuali crisi respiratorie e/o tamponarne gli spiacevoli effetti.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dispnea (I-CURPAL-014)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3. ASSISTENZA MEDICA Eziologia • Cause direttamente dipendenti dal tumore:

- versamento pleurico / pericardico - ostruzione - estesa distruzione del parenchima polmonare - linfangite - massiccio aumento del volume addominale (ascite, meteorismo, stipsi, masse tumorali, ritenzione

urinaria)

• Cause indirettamente dipendenti dal tumore: - embolia - polmonite - paresi del n. frenico - cachessia ed astenia - anemia - ansia

• Cause dipendenti dalla terapia: - fibrosi postattinica - chemioterapia

• Cause concomitanti: - BPCO - insufficienza cardiaca

Misure terapeutiche Sebbene in generale siano presenti contemporaneamente diverse cause, spesso si può individuarne una principale, responsabile della dispnea. La cura della dispnea si avvale di trattamenti specifici causali (“terapia”) e trattamenti aspecifici (“management”). 1. Trattamenti specifici (“terapia”) Le cause che scatenano o peggiorano la dispnea devono essere possibilmente eliminate se il risultato previsto (miglioramento della sintomatologia) è ragionevolmente proporzionato all’impiego dei mezzi (tossicità, vedi Eziologia). In relazione allo stato generale del malato ed alla sua prognosi, meritano considerazione di ordine terapeutico specifico le seguenti situazioni cliniche: • Polmonite: antibiotici, eventualmente espettoranti e fisioterapia. • Asma: broncodilatatori, steroidi. • Ostruzione delle vie respiratorie: si consideri l’eventualità di un’apertura delle vie respiratorie con

laserterapia, stent o radioterapia soprattutto se l’atelettasia poststenotica è di recente insorgenza e probabilmente ancora reversibile.

• Linfangiosi carcinomatosa: la patologia è spesso terapia-resistente. Si può tentare un trattamento con steroidi (p.e. dexametasone 12-24 mg ripartiti in 2-4 dosi giornaliere, da ridurre gradualmente dopo 3 giorni fino alla dose minima efficace).

• Fibrosi attinica: ricorrere alle stesse misure indicate per la linfangiosi carcinomatosa.

La dispnea ha origine dalla discrepanza fra la percezione del fabbisogno respiratorio e la percezione dell’effettiva capacità ventilatoria. Vale l’aforisma: “La dispnea è ciò che descrive il paziente”. La dispnea va quindi clinicamente distinta dai segni di tachipnea o di profondità del respiro (“ciò che il medico quantifica”).

Per il lettore veloce:

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dispnea (I-CURPAL-014)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

• Versamento pleurico: toracentesi. In base alla prognosi, nel caso di recidiva a rapida insorgenza (in pochi giorni), si può fare ricorso ad una pleurodesi.

• Versamento pericardico: valutare l’eventuale ricorso a punzione e drenaggio. • Insufficienza cardiaca: trattamento internistico. • Embolia polmonare: anticoagulanti. Se non sussiste forte rischio di emorragia, occorre formulare

l’indicazione con larghezza. Si possono così evitare reiterati attacchi dispnoici dovuti a piccole embolie recidivanti. In caso di disturbi dell’appetito o di alterata funzionalità epatica si proceda con estrema cautela nella prescrizione e nel controllo della terapia anticoagulante.

• Anemia: trasfusione. Il beneficio ottenuto da questo provvedimento terapeutico è però sovente deludente. La trasfusione va presa in considerazione se il paziente in passato ne ha tratto indiscutibile giovamento, se il tasso emoglobinico è diminuito rapidamente e se i valori di Hb sono molto bassi (attenzione al valore iniziale nei pazienti con pregressa pneumopatia cronica).

• Ascite: diuretici, paracentesi. • Stipsi: (vedi cap. nello stesso classeur). • Ritenzione urinaria: analogamente alla stipsi, questa patologia viene sottovalutata per importanza e

frequenza. 2. Trattamenti aspecifici (“management”) Generale • Adattare le incombenze quotidiane alla limitata riserva respiratoria (p.e. lavarsi in posizione seduta,

alleggerire i lavori domestici, organizzare lo svolgimento della giornata in un solo piano dell’abitazione, “letto al piano terreno”). Discuterne con il personale infermieristico, con i fisioterapisti ecc.

• Dare spiegazioni al paziente. La conoscenza della c ausa della dispnea può attenuare l’ansia. Il malato comprende così che il suo medico conosce le cause e le possibilità terapeutiche.

Terapia Medicamentosa • L’ossigeno è spesso efficace anche quando la saturazione non viene migliorata in modo significativo.

Nel caso singolo quindi, solo il trattamento di prova è in grado di dimostrare un eventuale beneficio. In caso di erogazione per via nasale, (la più frequente), accertarsi che le vie nasali siano pervie.

• La morfina riduce la percezione soggettiva della dispnea. - Nei pazienti già in terapia antalgica con oppiodi occorre creare un gradiente posologico. Per

questo motivo è ragionevole aumentare la dose di morfina del 25-50%. Le dosi di riserva vengono prescritte sia per la cura del dolore che della dispnea (vedi cap. Dolore)

- Nei pazienti non ancora in trattamento con oppioidi: 5-10 mg di morfina p.o. ogni 4 ore, con 5-10 mg in riserva, ripetibile ogni ora.

- L’efficacia della morfina per via inalatoria è controversa e finora non ha potuto essere dimostrata. Tuttavia, in singoli casi, tale somministrazione permette di ottenere effetti positivi, anche se la dose sistemica di oppioidi raggiunge già un livello elevato. Inalazione con 5-10 mg di morfina + 2ml NaCl ogni 4-6 ore

• Terapia inalatoria con broncodilatatori in caso di broncospasmi. • In particolari stati di ansia, può essere indicato il ricorso ad ansiolitici, p.e. lorazepam 1 mg (Temesta) • Ricordiamo però in questo contesto che la dispnea acuta e la dispnea intrattabile, refratt aria alla

terapia rappresentano due delle poche indicazioni v alide per ricorrere alla sedazione → vedi capitolo sulla sedazione.

Bibliografia Bigorio 2003 - Dispnea, Consensus on best practice in Palliative Care in Switzerland, www.palliative.ch

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-015 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Definizione e introduzione p. 1 2. Concetto di dolore globale p. 2

2.1 Aspetto psicologico p. 3 2.2 Aspetto spirituale / culturale p. 3 2.3 Aspetto sociale p. 3 2.4 Aspetto somatico: fisiopatologia p. 4 3. Assistenza infermieristica p. 7

3.1 Osservare/percepire, valutare, analizzare p. 7 3.2 Curare, occuparsi del paziente p. 8 3.3 Informare, insegnare, consigliare p. 8 3.4 Allegato: Articolo sul placebo p. 9

4. Assistenza medica p. 11

4.1 Osservazioni introduttive p. 11 4.2 Farmacoterapia del dolore p. 13 4.3 Terapia con oppioidi p. 14 4.4 Sostanze alternative alla morfina p. 18 4.5 Calcoli di conversione p. 18 4.6 Medicamenti adiuvanti p. 18 4.7 Analgesia spinale p. 19 4.8 Blocchi nervosi e neurochirurgia p. 19 5. Terapia non medicamentosa p. 20

5.1 Fisioterapia p. 20

1. DEFINIZIONE

“Il dolore è quello che esprime il paziente ed esiste ogni volta che il paziente lo esprime” Mc. Caffery, 1976

DOLORE

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

1. INTRODUZIONE Sono numerosi gli studi che confermano che la maggior parte dei malati di cancro hanno dei dolori durante l’evoluzione della loro malattia. Purtroppo spesso molti di loro non ricevono tuttora un trattamento adeguato. (Grossman et al., 1991; MacDonald, 2003) I motivi possibili per questa situazione: - lacune nella conoscenza delle diverse componenti de l dolore

- lacune nella conoscenza delle diverse strategie per arrivare al controllo di questo sintomo

- divergenze di percezione tra curanti e malati nella valutazione dell’intensità del dolore , che ha per conseguenza la scelta di un’analgesia inadeguata.

- collaborazione insufficiente tra le diverse figure professionali → assenza di équipe interdisciplinari Partendo dai motivi elencati abbiamo sviluppato questo capitolo con l’intento di apportare delle risposte al personale curante (infermieri-medici) che è confrontato con la sofferenza dei loro pazienti.

2. IL CONCETTO DEL DOLORE GLOBALE L’ipotesi facile “il grado di dolore è proporzionale al danno” si scontra con l’esperienza personale e nella pratica quotidiana del personale curante. Es. un grado di artrite simile tra due persone può fare dell’una un’inferma, mentre l’altra può condurre ancora una vita abbastanza attiva. Queste situazioni sottolineano il fatto che il dolore è soggettivo e che è in stretto rapporto sia con l’entità del danno fisico sia con fattori emotivi. Se i fattori emotivi possono modificare il dolore cronico “benigno” dell’artrite, possiamo pensare che essi giocano un ruolo ancora più importante nel dolore causato dal cancro. Fu proprio per far risaltare questa complessità del dolore nei malati di cancro che Cicely Saunders parlò per prima del dolore globale (1967). Lo descrisse come un insieme di più componenti: fisica, emotiva, sociale e spirituale; aggiungendo che se non si presta attenzione ad ognuna di queste componenti, un alleviamento del dolore sarà improbabile. fisico psicologico dolore globale spirituale sociale Il termine “ dolore globale” è a volte utilizzato per descrivere i diversi aspetti della sofferenza nella malattia in fase terminale. In questo contesto vogliamo dargli il suo significato originale e più limitato, analizzando l’approccio al malato che dice: “ho male”. Definizione di C. Saunders: “Dolore globale: dolore cronico e persistente che destabilizza l’ammalato sia sul piano fisico, psicologico, interpersonale ed esistenziale che sul piano sociale ed economico”.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2.1 Aspetto psicologico Prendendo in considerazione l’uomo come globalità bio-psico-sociale, diventa difficile studiare il fenomeno del dolore unicamente sotto un’ottica psicologica. Le influenze che intercorrono tra soma e psiche sono conosciute fin dall’antichità. E’ un dato di fatto che esistono dei meccanismi attraverso i quali la psiche può interferire nella percezione e nell’espressione di un dolore fisico, come pure un dolore somatico può avere notevoli ripercussioni sulla psiche dell’individuo. Al giorno d’oggi alla luce delle nuove scoperte fisiologiche, il concetto di dolore è stato ridefinito. Esso viene descritto non solo come sensazione ma anche come emozione. Il dolore assume la connotazione di un’esperienza intima e soggettiva, quest’ultima è incisiva e rimane nel ricordo esercitando un’influenza sull’atteggiamento dell’individuo. Tutto quello che la persona descrive come dolore va preso in considerazione come tale. La presenza di dolore non presuppone la messa in evidenza di una lesione organica, ma si determina attraverso quello che il soggetto dice. Il dolore è anche ansia, disturbi dell’umore, depressione, sentimento di solitudine, di incompletezza e d’incapacità nel controllare la situazione. Le conseguenze emotive prodotte dal dolore possono portare alla nascita di sentimenti quali:

- la paura che il dolore possa divenire incontrollabile - la paura di morire - la paura di perdere l’autocontrollo mentale o fisico - la paura di perdere il proprio ruolo sociale - la paura di perdere la propria autonomia - ecc.

Le paure, gli stati d’animo, i sentimenti e il carattere stesso di una persona hanno la capacità di influenzare in modo più o meno marcato la percezione del dolore.

2.2 Aspetto culturale e spirituale Le reazioni tipiche individuali al dolore sono pure influenzate dall’educazione, dal contesto sociale e dalle credenze religiose. Il modo in cui viene vissuto il dolore attinge dalla storia culturale dell’essere umano. Ogni società ha elaborato un proprio significato dell’esperienza dolorosa; il dolore può essere vissuto come un modo per espiare le colpe terrene, oppure per dimostrare la propria forza (es. rituali d’iniziazione). Oggi nelle collettività occidentali vige come modello di referenza l’individuo sano, giovane e dinamico. Il dolore viene separato dall’esperienza quotidiana e viene relegato nei luoghi competenti come ad esempio gli ospedali. L’individuo si vede così privato degli strumenti culturali atti a meglio comprendere e gestire la propria sofferenza e quella dei suoi simili. Chi è confrontato con una malattia grave che lo conduce alla morte, può ritrovarsi in certi momenti a meditare sulla vita e sul suo significato. Può manifestare dei sensi di colpa per le occasioni mancate, per le cose non fatte, per relazioni andate male. Può essere inquieto per quello che succederà dopo la morte. Tutti questi fattori possono causare ansia, insonnia e aggravare il dolore.

2.3 Aspetto sociale L’ammalato di cancro durante la sua malattia va incontro a tutta una serie di perdite:

- la perdita della forza fisica e quindi di autonomia, - le perdite legate al ruolo sociale (posto di lavoro, carica pubblica, ecc.), - le perdite legate al ruolo familiare.

In quest’ultimo ambito subentra spesso l’angoscia, la sofferenza per la propria famiglia, soprattutto se comprende persone che dipendono dal paziente (bambini, genitori, anziani, disabili). Il dolore ma anche il trattamento stesso del dolore pongono dei limiti alla vita sociale; la conseguenza è dunque, fra le altre, la diminuzione delle relazioni sociali. Problemi finanziari e difficoltà burocratiche rendono ulteriormente più complessa la problematica del dolore.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2.4 Aspetto somatico: fisiopatologia Il dolore è un fenomeno neurologico complesso. Da un semplice stimolo sgradevole deriva un impulso che eccita le cellule nervose: i neuroni. Ciò trasforma l’informazione in messaggio chimico per mezzo di molecole chiamate neurotrasmettitori. Il messaggio passa poi al midollo spinale, da questo al centro cerebrale del dolore: il talamo ed infine prosegue verso le zone intelligenti del cervello che catalogano, localizzano e memorizzano il dolore. Questo viaggio si compie dunque in 3 tappe (vedi allegato no 1 ), ma interviene anche un altro elemento molto importante che rappresenta la grande scoperta di questi ultimi decenni: il dolore è controllato dal sistema nervoso stesso, grazie ai cosiddetti “cancelli neurologici” che bloccano la trasmissione a livello spinale e circuiti centrali che modulano le risposte dolorose, ma soprattutto grazie a molecole ancora misteriose: le morfine naturali del cervello o endorfine. La stimolazione dolorosa può essere diretta, causata dallo stimolo stesso o indiretta causata dall’intervento di sostanze algogene liberate dallo stimolo. Tali sostanze sono di vario tipo: enzimi come la bradichinina, neurotrasmettitori come la serotonina o ancora ormoni come le prostaglandine. Sia la cute, i muscoli, le articolazioni, i vasi, il periostio che gli organi viscerali, sono dotati di ricettori per il dolore o nocicettori, costituiti perlopiù da terminazioni nervose libere. Tali terminazioni nervose sono l’estremità di fibre mieliniche fibre A delta e non mieliniche fibre C. Sulle fibre A delta viaggiano informazioni discriminative e ad esse è dovuto il dolore localizzato e puntorio che segue immediatamente ad uno stimolo doloroso. Le fibre C sono responsabili di una sensazione sorda, indefinita, assai sgradevole, il dolore non è più delimitato in maniera precisa ma riferito ad un’area molto ampia. Altre fibre mieliniche sono le Alfa di grosso calibro che conducono stimoli di debole entità. Il messaggio doloroso è dunque trasmesso verso il midollo spinale dalle fibre A delta e C. Dopo il loro ingresso nelle corna posteriori del midollo queste fibre entrano in contatto sinaptico con le cosiddette “ sostanze gelatinose di Rolando”. Dal 1965 è stato ipotizzato dopo le ricerche di Melzack e Wall un meccanismo di inibizione del dolore detto “Gate-control”. Tale teoria ipotizza che un meccanismo posto sulle corna posteriori possa agire come un cancello che lascia passare o blocca le informazioni afferenti dalla periferia. Fu ipotizzato che gli stimoli provenienti dalle fibre C e A delta che entrano nelle corna posteriori tendessero ad aprire tale cancello mentre l’attivazione delle grandi fibre tendessero a chiuderlo. A livello dei neuroni delle corna posteriori le fibre passano al lato opposto e salgono poi al talamo e quindi alla corteccia . La proiezione sulla corteccia parietale corrisponde ad una percezione ed una localizzazione precisa del dolore, quella sull’ipotalamo agli aspetti neurovegetativi che coesistono con il dolore (sudorazioni, nausee, tremiti). Infine quella sul sistema limbico: centro dei nostri comportamenti corrisponde alla componente emotiva, alla risonanza psico-affettiva del dolore e alla sua trasformazione nel suo ultimo stadio: la sofferenza. Le ricerche biochimiche effettuate sul midollo spinale hanno portato all’esistenza di un neurotrasmettitore specifico delle fibre C che permetterebbe la trasmissione del dolore. Questo neurotrasmettitore: una proteina costituita da 10 aminoacidi, è detta sostanza P (pain). La metenkefalina, anch’essa una proteina che verrebbe secreta localmente da un neurone specifico, avrebbe un’azione inibente la liberazione della sostanza P bloccando così la trasmissione dolorosa. Il tronco cerebrale ed in particolare la regione intorno all’acquedotto di Silvio, svolge un ruolo incontestabile nel controllo del dolore grazie ad un controllo discendente nei cordoni laterali del midollo. Quest’inibizione sembra legata a tre mediatori chimici: la dopamina, la serotonina e scoperti recentemente gli oppiacei endogeni: le endorfine e le enkefaline. Per quanto riguarda le endorfine negli anni 70’ grazie a tecniche immunologiche si è ottenuta la prova che esisteva nel SNC una vera e propria carta geografica di questi recettori. Si è visto così che 4 regioni li contengono in modo particolare: le corna posteriori del midollo, il talamo, il sistema limbico ed infine la parete intestinale. Nel 1974 si è giunti alla scoperta delle morfine fisiologiche: le endorfine e le enkefaline. Questi due gruppi furono suddivisi in numerosi sottogruppi. Si è scoperto che ogni morfina endogena possiede una specificità ed un ruolo particolare, vagliato anche dal riconoscimento di diversi tipi di ricettori subito chiamati MU-Kappa e Sigma.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

I VARI TIPI DI DOLORE

Dolore viscerale E’ un dolore descritto come sordo continuo, scarsamente localizzato, riferito a distanza, talora fisso, profondo e indifferente al movimento, spesso associato a un senso di schiacciamento o oppressione. Il paziente a volte ha come una sensazione di morsa o di qualcosa che strappa. Questo è il tipico dolore continuo da rapido ingrossamento di organi viscerali o da ostruzione di visceri cavi, nel qual caso si presenta come intermittente di tipo colico. Gli episodi acuti si accompagnano a fenomeni neurovegetativi: nausea, sudorazione.

Dolore somatico Dipende dall’attivazione di nocicettori superficiali (cutanei) e profondi (ossa-muscoli). Ha la caratteristica di accentuarsi con il movimento, di essere localizzato e di risultare sovente associato a dolorabilità locale, viene spesso aggravato da spasmi muscolari. E’ tipico delle metastasi ossee.

Dolore neuropatico Il dolore non è spiegato dalla presenza di un danno tissutale ma da lesioni del sistema ner-voso centrale e periferico. Il dolore neuropatico è molto severo, più resistente ai trat-tamenti convenzionali con oppioidi e necessita dell’asso-ciazione di farmaci adiuvanti. Se inizialmente i nocicettori sono responsabili dell’attiva-zione dello stimolo doloroso, succes-sivamente compare un danno sulle fibre nervose che le rende particolarmente sensi-bili agli stimoli dolorosi. E’ descritto come costante-urente o come scossa elettrica.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 7 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA Osservare / percepire (3.1) Valutare Analizzare Paziente con dolori (3.2) Curare Occuparsi del paziente Informare (3.3) Insegnare Consigliare

3.1 Osservare/percepire, valutare, analizzare - Raccolta dati e formulazione dei problemi di cura La prima tappa consiste nell’esplorare la realtà del paziente eseguendo una raccolta dati sulle

caratteristiche, le reazioni, le abitudini, le aspettative, le risorse e i deficit, prendendo in considerazione la sua globalità e la sua individualità.

E’ importante che di fronte ad un paziente che dice di avere male, venga data una particolare attenzione in un primo tempo alla raccolta dati riguardante l’aspetto fisico del dolore. Uno strumento valido e semplice per svolgere questa raccolta dati è il “Verbale dei dolori” 5 (vedi Strumenti - Protocollo di valutazione del dolore). Esso ci permette di raccogliere informazioni quali la localizzazione, la descrizione dei dolori principali, l’intensità, la durata, i fattori scatenanti ed i fattori che alleviano, i sintomi concomitanti, la terapia attuale. Vale anche per il medico come check list.

Le informazioni da noi raccolte saranno poi condivise e confrontate con quelle del medico per identificare la reale problematica → diagnosi medico-infermieristica.

Partendo dall’identificazione dei bisogni fondamentali alterati, vengono formulati dei problemi di cura in relazione ad un preciso momento e ad una precisa situazione che vive il paziente.

- Obiettivi La seconda tappa per l’équipe curante, insieme al paziente, è quella di formulare degli obiettivi che devono

essere pertinenti, realistici e raggiungibili a breve termine. Nell’elaborazione degli stessi è essenziale considerare le aspettative del paziente concernenti l’alleviamento

del dolore. Non sempre gli obiettivi che si pone l’équipe curante corrispondono a quelli del paziente. Ad esempio: un paziente con dolori cronici molto probabilmente non si aspetterà che il dolore scompaia da un giorno all’altro; a volte anche un piccolo miglioramento della situazione potrebbe incidere positivamente sulla sua qualità di vita (meno dolori a riposo, meno dolori durante la notte,...). Le sue aspettative cambieranno man mano che vengono raggiunti i piccoli obiettivi. Obiettivi troppo ambiziosi rischiano di demotivare paziente e personale curante. Se poi si cerca di raggiungerli troppo rapidamente, si rischia di scatenare effetti secondari importanti (es.: tossicità sul farmaco) e di compromettere il mantenimento di una terapia antalgica nel tempo. Ricordarsi di quello che è il lavoro interdisciplinare: a seconda della situazione può essere utile la collaborazione con il fisioterapista o lo psicologo o con l’assistente sociale, …

- Pianificazione degli interventi La terza tappa è la determinazione degli interventi di cura necessari per permettere al paziente di

raggiungere gli obiettivi formulati. Si procede quindi alla messa in pratica delle azioni pianificate con la collaborazione del paziente e di tutte le figure coinvolte nella situazione di cura.

- Rivalutazione Dopo la pianificazione e l’attuazione degli interventi è fondamentale compiere la quarta tappa, ossia la

valutazione con il paziente per verificare il raggiungimento o meno degli obiettivi posti. Se si dovesse giungere alla risoluzione di un problema, sapremo che il nostro piano di cura è stato efficace. Nel caso contrario bisognerà rivalutare le diverse tappe ed elaborare un nuovo piano di cura. Per valutare l’efficacia del trattamento antalgico nel tempo si utilizza il foglio di “Registrazione continua dei dolori” 5,6 (vedi Strumenti - Protocollo di valutazione del dolore).

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 8 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Vantaggi di una valutazione sistematica del dolore: • dà la possibilità al paziente di potersi esprimere al riguardo e permette di formulare insieme degli

obiettivi realistici • attraverso la valutazione continua si riesce a valutare l’efficacia di una terapia e i suoi punti deboli in un

lasso di tempo di solito relativamente breve • questo modo “rigoroso” di procedere riduce la soggettività della valutazione e assicura una migliore

continuità di cura • di solito il paziente impara a descrivere con più precisione il suo dolore, dall’altra parte il personale

curante diventa più recettivo riguardo a quello che comunica il paziente

3.2 Curare, occuparsi del paziente Ecco alcuni esempi di interventi infermieristici nella pratica quotidiana:

• Identificare con il paziente i fattori che scatenano o peggiorano il dolore al fine di ridurre i momenti di sofferenza con la somministrazione anticipata di dosi supplementari (p.e. cambio della medicazione, mobilizzazione, ...)

• Identificare i fattori che alleviano i dolori: p.e. impacchi freddi o caldi, massaggi. • Diminuire tutto quello che produce dolori: - p.e. adattare il proprio ritmo a quello del paziente quando ha dolori al movimento, - avvicinargli tutto quello di cui ha bisogno, - aiutarlo a trovare una buona posizione a letto, - imbottire con un cuscino sedie o poltrone, - cambiando una medicazione, evitare possibilmente cerotti e bagnare la medicazione se non si

stacca spontaneamente, usare ev. anestetici locali. • Spesso i rumori danno fastidio, favorire dunque un ambiente calmo. • Valutare con il paziente le attività che lo distraggono. • Permettergli di esprimere i suoi sentimenti d’impotenza, di ansia o di rabbia. • Incoraggiare lui ed i famigliari ad esternare le proprie paure, dubbi o preconcetti riguardanti la malattia,

il dolore ed il suo trattamento.

Compiti del personale curante nella somministrazione di medicamenti per il trattamento del dolore: • somministrare ad orari fissi la terapia antalgica di base, secondo la durata d’azione del medicamento

scelto, • non aspettare che il paziente richieda il medicamento della terapia di base, • se l’azione non è sufficiente, informare il medico e rivalutare con lui, • farsi sempre prescrivere un medicamento di riserva e rispondere rapidamente quando il paziente lo

richiede, • è il paziente che giudica i suoi dolori e l’efficacia dei medicamenti, • osservare attentamente il paziente dopo la somministrazione di un analgesico nel caso non riesca lui

stesso ad esprimersi al riguardo, • intervenire tempestivamente contro gli effetti secondari, • se è prevista una somministrazione anche di notte (p.e. terapia con gocce di Morfina ogni 4 ore),

stabilire con il paziente stesso sin dall’inizio se vuole essere svegliato o se vuole trovare il medicamento sul tavolino quando si sveglia spontaneamente.

Siamo convinti che l’uso del placebo non sia corret to nei confronti del paziente → vedi articolo pagina seguente.

3.3 Informare, insegnare, consigliare • Dare al paziente delle spiegazioni chiare, con parole semplici, riguardo le possibili cause dei suoi dolori. • Spiegare perché, come e quando deve prendere i medicamenti. • Deve sapere che ha a disposizione dei medicamenti di riserva qualora la terapia di base non bastasse. • Informarlo sui principali effetti secondari, spiegare l’introduzione di eventuali medicamenti per prevenirli,

insegnargli cosa può fare per controllarli. • Trovare la via di somministrazione che più si addice ai desideri e alle possibilità del paziente. • Coinvolgere possibilmente i familiari, informarli ed ascoltarli. Rassicurare il paziente sulla o sulle cause del

ritorno del dolore e della modifica della terapia.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 9 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Allegato 1

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 10 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

PROCEDIMENTO PER IL CONTROLLO DEL DOLORE

(in base all’applicazione del processo delle cure)

Ia tappa Valutazione dei dolori

↓ IIa tappa

Obiettivi

↓ IIIa tappa

Pianificazione degli interventi per il trattamento antalgico

e Applicazione del trattamento antalgico

↓ IVa tappa

Rivalutazione costante

Paziente senza o con dolori sopportabili

Paziente con dolori

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 11 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4. ASSISTENZA MEDICA La maggior parte dei dolori nella malattia neoplastica, è prodotta dalla malattia stessa (produzione: vedi p.13 “costruzione di un sintomo”). L’indicazione ad un trattamento palliativo antitumorale va pertanto valutata. La condizione minima per la sua indicazione: “il trattamento non dev’essere peggiore della malattia stessa”. La chemioterapia e l’ormonoterapia avranno un effetto antalgico in molte situazioni, anche se non sono per forza in grado di indurre delle risposte tumorali clinicamente misurabili. Questo effetto sintomatico subentrerà in regola con una latenza di parecchie settimane. La terapia andrà quindi combinata comunque con una terapia antalgica specifica. Di conseguenza la prognosi di sopravvivenza dev’essere abbastanza lunga da permettere il beneficio antalgico della chemioterapia con latenza di alcune settimane. La chirurgia nella terapia antalgica trova indicazione specialmente nelle complicanze indotte dal tumore, quali ad esempio fratture o minacce di fratture (femore o collo del femore, omero) oppure in situazioni di occlusione intestinale localizzata. La radioterapia è spesso un ottimo metodo terapeutico antitumorale a scopo antalgico, per esempio per metastasi ossee sintomatiche o infiltrazioni di strutture nervose (plesso brachiale). La latenza dell’effetto è di solito significativamente più corta di quella chemioterapica (pochi giorni).

4.1 Osservazioni introduttive Per il lettore veloce vengono ripresi alcuni punti essenziali, dei quali va tenuto conto nella prescrizione di una terapia antalgica medicamentosa.

1. Il dolore è un sintomo del quale possiamo rilevare solo l’espressione. L’intervento terapeutico può o deve avvenire però anche a livello della produzione e della percezione del sintomo. (vedi allegato no 2)

2. Il dolore è un sintomo multifattoriale. I fattori eziologici sono soggetti a continue variazioni interpersonali, l’approccio terapeutico ne deve tenere conto.

3. Il dolore è un sintomo multidimensionale . Alcune dimensioni vengono influenzate positivamente tramite il trattamento analgesico stesso, altre vanno eventualmente affrontate separatamente. A questo scopo l’applicazione di uno strumento di misurazione sintomi multidimensionale è indispensabile (ESAS).

4. L’uso di uno strumento di misurazione e valutazione continua del dolore è la base elementare e indispensabile per ottenere risultati soddisfacenti.

5. Per quanto riguarda il controllo del dolore il malato non raramente ha delle aspettative più basse del suo curante. E’ pertanto essenziale formulare degli obiettivi assieme al paziente: obiettivi che devono tener conto delle sue aspettative (che man mano cambieranno). Questo modo di procedere aiuta a limitare la tossicità, specialmente quella dei narcotici.

6. La decisione di intervenire sulla produzione del dolore (p.e. con chemio/radioterapia, chirurgia) terrà conto della storia naturale della malattia, della prognosi qualitativa e quantitativa. L’effetto antalgico di tale intervento subentrerà con una latenza di parecchie settimane.

7. Nessuna terapia antalgica senza “diagnosi del dolore, rispettivamente dei dolori”. Questa diagnosi si basa sull’anamnesi, sull’esame clinico ed eventualmente su esami complementari.

L’anamnesi e la rivalutazione va fatta ad intervalli regolari e ravvicinati. Si valutano: a. localizzazione (disegno) b. descrizione (con parole del paziente o offerta di una scelta di parole) c. fattori modificanti: intrinseci (tensione, distrazione, fiducia, ...) estrinseci (movimento, posizione, temperatura,...) d. intensità (VAS, visual analogue scale) e. oscillazioni nel tempo (p.e. circadiane) f. terapia precedente e il suo effetto.

8. La terapia antalgica farmacologica deve essere il più possibile semplice evitando l’abbinamento di tanti diversi medicamenti, cercando piuttosto di usare quei pochi al giusto dosaggio. Essa deve comprendere un medicamento ad azione rapida quale riserva.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 12 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

COSTRUZIONE DI UN SINTOMO

TERAPIA

1. PRODUZIONE

2. PERCEZIONE

3. ESPRESSIONE

MODULAZIONE

Stato cognitivo

Umore

Convinzioni

Fattori culturali

Biografia

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 13 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4.2 Farmacoterapia del dolore Per la terapia farmacologica classica disponiamo principalmente di due gruppi di sostanze:

“analgesici non oppioidi”: con un effetto periferico superiore a quello centrale “oppioidi”: con un effetto centrale più forte di quello periferico Il procedere pratico tiene tuttora conto delle raccomandazioni dell’OMS: 1. “By the mouth” L’obiettivo è di acquisire e mantenere la massima indipendenza del malato. La via di somministrazione

perorale di farmaci è pertanto quella preferenziale. La seconda preferenza è quella rettale in caso di problemi di deglutizione o di riassorbimento*. Solo se queste vie non entrano più in considerazione (p.e. per marcata tossicità), si considera una somministrazione parenterale. In questo caso la via sottocutanea (se attuabile) è da preferire a quella endovenosa. La via sottocutanea è più semplice, attuabile senza problemi anche a domicilio e meno soggetta al rischio di tossicità, specialmente in pazienti che hanno un sistema PCA. Nel caso il paziente sia già portatore di un accesso venoso impiantato (AVI), vengono valutati individualmente i pro e i contro di una o dell’altra via. Non è indicato l’impianto di un port-a-cath per pura somministrazione di analgesici.

* Dal 1998 è disponibile anche in Svizzera il Fentanyl sotto la formulazione transdermica (cerotto). Il suo impiego è comunque limitato a situazioni particolari con “dolore cronico stabile”. Non è da trascurare inoltre il costo elevato.

2. “By the clock” . Il dolore cronico ricompare quando l’effetto dell’analgesico decade. Gli intervalli di somministrazione

tengono pertanto conto della durata dell’effetto di un farmaco. Aspettare la ricomparsa del dolore aumenta inoltre il potenziale (pur piccolo) di una dipendenza psichica.

3. “By the ladder”

• Livello 1: Farmaci del 1° livello hanno un effetto prevalente mente periferico (ma anche centrale). I FANS

(farmaci anti-infiammatori non steroidei) agiscono prevalentemente attraverso la diminuzione della concentrazione delle prostaglandine. Sono quindi particolarmente efficaci dove quest’ultime hanno un ruolo preponderante nella genesi del dolore, come in stati infiammatori, dolori ossei, ecc.

Il Paracetamolo non ha praticamente nessun effetto antinfiammatorio. Il suo effetto analgesico è pertanto spesso sottovalutato. Questo è dovuto in parte anche al dosaggio troppo basso di questo farmaco. In effetti ci vogliono delle dosi alte per far passare la barriera emato-cerebrale (dove il Paracetamolo riesce ad intervenire sulla sintesi di prostaglandine a livello del tronco cerebrale).

I farmaci del 1° livello hanno tutti delle dosi ma ssime al di sopra delle quali si aumentano solo la frequenza e la gravità degli effetti collaterali, senza aggiungere benefici. Il mercato offre una miriade di FANS. Nel lavoro clinico pratico è auspicabile l imitarsi all’uso di soli 2 o 3 farmaci, acquisendo in questo modo una ricca esperienza con poche sostanze. Di regola sono poco indicati i FANS di emivita lunga come il Piroxicam (Felden) o simili. Esempi:

Sostanza di base dose singola dose massima in 24 h

Paracetamolo (Dafalgan) 500-1000mg ogni 6-8 ore 4000mg Acido salicilico (Aspegic) 500-1000mg ogni 6-8 ore 3000mg Ipobrufen (Brufen) 400-600mg ogni 6-8 ore 2400mg Diclofenac (Olfen o simili) 50mg-100mg ogni 8-12 ore 200mg/dì, ev.fino a 300mg Celecoxib (Celebrex) 100-200mg ogni 12 ore 400mg Nimesulid (Nisulid) 100mg ogni 12 ore 200mg, ev. fino a 300mg Metamizolo (Novalgine) 500-1000mg ogni 6-8 ore 4000mg

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 14 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Osservazioni: Attenzione agli effetti secondari:

- tossicità gastrointestinale: ev. protezione con Misoprostol (Cytotec), 2 volte 200 mcg x die - tossicità renale che crea tossicità di altri farmaci analgesici (p.e. degli oppioidi) - Non è utile combinare vari anti-infiammatori . Raramente è giustificabile passare a una sostanza

di un altro gruppo. Nel dubbio (pz con funzione renale già compromessa, o pz che svilupperà probabilmente tossicità sotto FANS) considerare piuttosto corticosteroidi, es. Dexametasone.

• Livello 2 (oppioidi deboli): Se i dolori con farmaci del livello 1 non sono controllati soddisfacentemente l’OMS prevede il

passaggio a/o l’associazione di un oppioide cosiddetto “debole”. La proposta dell’OMS è la Codeina. Si tratta di una decisione più che altro politica (la Codeina, come

tra l’altro anche la Morfina al 3° livello, è una s ostanza accessibile in tutto il mondo a buon mercato). La Codeina in se stessa non ha nessun effetto analgesico, però viene trasformata nel fegato in Morfina. Circa il 10% della popolazione non dispone dell’enzima necessario. Si tratta quindi in fondo di una terapia con Morfina a dosaggio basso, oltretutto con lo svantaggio che capiterà il malato che non ne trae alcun beneficio. Vediamo spesso che l’aggiunta della codeina in termini di effetto analgesico non maggiora di molto l’effetto. Probabilmente bisognerebbe dare delle dosi molto più alte di quanto sono quelle previste nelle combinazioni con Paracetamolo disponibile. Si avrebbe pertanto una tossicità maggiore, specie stipsi.

Una valida alternativa oggi è offerta dal Tramadol (Tramal ), disponibile sotto forma di gocce (20gtt = 50mg) e pastiglie da 50mg ad azione rapida da somministrare ogni 4-6 ore, pastiglie ad assorbimento ritardato (Tramal Ret 100-150-200mg ogni 12 ore). In teoria Tramadol non è soggetto all’effetto “ceiling”*, nella pratica però non ha senso dare una dose di Tramal superiore ai 400mg al giorno. A tali dosaggi diventa comunque più conveniente passare al livello 3.

Nella pratica quotidiana vedremo, non raramente, che il livello 2 viene saltato a causa di una rapida evoluzione della sintomatologia algica oppure perché si è intervenuti troppo tardi sul dolore e si necessita di una rapida palliazione in rapporto alla breve prognosi.

* Effetto ceiling : esiste una dose massima, al di sopra della quale l’effetto desiderato non aumenta,

per contro possono invece aumentare gli effetti non desiderati. Questo fenomeno nel caso degli oppioidi è ben spiegabile con la teoria dei recettori.

• Livello 3 (oppioidi forti): Nella stragrande maggioranza dei nostri pazienti si arriverà abbastanza presto ad introdurre una

farmacoterapia analgesica a base di oppioidi forti. La sostanza di prima scelta è la Morfina. Essa presenta una serie di grossi vantaggi. Tra le altre cose costa poco e non conosce effetto “ceiling”, vale a dire che il suo effetto è linearmente dose-dipendente. E’ molto ben regolabile; dato che è una sostanza che conosciamo da più di due secoli, i suoi effetti secondari sono ben documentati e in gran parte prevedibili.

4.3 Terapia con oppioidi L’oppioide di prima scelta è la Morfina. In questo capitolo dedicheremo perciò uno spazio maggiore a questo farmaco. • Come si inizia Si consiglia di cominciare con una formulazione ad assorbimento rapido, per es. con la soluzione acquosa

di morfina al 2% (1 goccia = 1 mg). Il raggiungimento della dose efficace (dosefinding) è più preciso e di conseguenza meno tossico con la soluzione che con MST

Paziente mai esposto a oppioidi: - Giorno 1) 5mg ogni 4ore, in riserva 5mg, ripetibile ogni ora - Giorno 2) calcolare dose delle prime 24 ore (dosi regolari + dosi di riserva somministrate). Somministrare dose totale suddivisa in 6 dosi (ogni 4 ore) oppure in due dosi sotto forma

di MST. Dose di riserva: 5-15% della dose di 24 ore, ripetibile ogni ora.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 15 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Paziente preesposto: (p.e. pretrattato con oppioide livello 2 o con altro oppioide di livello 3) → se viene dal livello 2: 6x10mg /24ore, poi vedi sopra → se pretrattato con un altro oppioide di livello 3: dose equivalente secondo indicazioni del capitolo 4.4

• Dose di riserva La dose di riserva ammonta, secondo i casi, tra il 5 e il 15% (di solito 10%) della dose totale delle 24ore

(p.e. MST 100 2x1 → riserva 20 mg di Mo 2%). Usare la stessa via di somministrazione della terapia di base. • Adeguamento delle dosi (Titolazione) Per titolazione si intende il procedere per trovare la dose giusta di Morfina, così da raggiungere l’obiettivo

antalgico precedentemente stabilito, senza creare tossicità inaccettabile. A questo scopo si calcola inizialmente la dose di riserva totale che il malato ha assunto nell’arco di 24 ore e la si aggiunge alla dose di base (arrotondando verso il basso). Ciò è possibile solo a condizione che vi sia una meticolosa documentazione delle dosi regolari, delle dosi supplementari e dell’effetto che quest’ultime hanno.

Una volta che si è raggiunta una stabilità della terapia antalgica, è consigliabile non correggerla giornalmente solo perché il paziente ha richiesto in un giorno particolare 2 o 3 dosi di riserva. Poteva semplicemente essere una “normale oscillazione”. Si corregge solo quando un paziente per più giorni di seguito richiede 2 o più dosi di riserva. Questa correzione non si fà comunque senza valutare o diagnosticare il motivo dell’aumento della domanda.

• Tossicità Spesso si pensa e si predica che la Morfina, non avendo un effetto ceiling, non abbia tossicità importante

o che perlomeno non sia pericolosa. Questa è sicuramente un’idea sbagliata. La tossicità da Morfina è in ogni modo ben conosciuta e prevedibile. Inoltre, dato che non sempre è dose-dipendente, cioè può apparire a dosaggi già molto bassi, va sistematicamente ricercata. A queste condizioni la tossicità non è praticamente mai un motivo per non usare la Morfina.

Tossicità centrale: è più frequente di quanto si pensi e merita una particolare attenzione 1) Si può manifestare sotto forma di:

- sonnolenza: appare inizialmente in quasi tutti i pazienti e scompare a parità di dose in pochi giorni. - compromissione dello stato cognitivo fino allo stato confusionale: → deve essere indagata precocemente con strumenti adatti (Mini Mental Status) → evolve, se non trattata, in uno stato confusionale acuto - incubi - allucinazioni: tattili, visive e uditive - mioclonie - iperalgesia, allodinia: appaiono solitamente con dosaggi più alti o in pz in fase terminale a causa

dell’accumulo di Morfina o dei suoi metaboliti, specialmente se vi è un aumento rapido del dosaggio. Se non riconosciute facilmente si incappa in un circolo vizioso: iperalgesia→morfina→iperalgesia→morfina…

2) Fattori di rischio per una tossicità: 1. Aumento rapido della dose di Morfina 2. Aumento a grandi passi 3. Presenza di insufficienza renale (cave: in pz cachettico una creatinina “normale” può significare una

forte diminuzione del filtrato glomerulare). La creatinina di per sé non è pertanto un buon indice della funzione renale

4. Dolore neuropatico 5. Dolore misto con componente neuropatica 6. CAGE positivo (si tratta di un test che permette di identificare la persona con un potenziale di

dipendenza, una condizione molto frequente)

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 16 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3) Prevenzione della tossicità centrale: 1. La tossicità centrale si può evitare o combattere solo se la si conosce e la si cerca sistematicamente. 2. Monitorizzare: come si documenta l’andamento del dolore, si documenta anche l’andamento della

tossicità (Mini Mental Status). 3. Garantire una buona idratazione, rispettivamente una buona diuresi.

Altre tossicità : Nausea e vomito: Da 1/5 a 1/3 dei pazienti avrà nausea o vomito. Fortunatamente si tratta di un

effetto secondario che conosce una rapida assuefazione, di modo che scompare entro 3-5 giorni. Di solito risponde a dosaggi bassi di Haldol (3 volte 1mg/dì per os). Vi sono dei fattori di rischio che lasciano prevedere qual’è il paziente che avrà questo effetto secondario: problemi di nausea mal controllata durante le chemioterapie, anamnesi di mal di viaggio, anamnesi di nausea-vomito durante le gravidanze, non fumatori, astemi

Stipsi: Tutti i pazienti diventano stitici (secondo letteratura 70-80%). Si tratta di un

effetto secondario che persiste e peggiora se non trattato adeguatamente con lassativi.

Prescrizione sistematica di lassativi: come scegliere? - Tanti pazienti hanno già esperienza con lassativi e sanno quali provvedimenti o

farmaci sono stati di beneficio in precedenza. Cave: prescrizione propellenti in presenza di problema di passaggio meccanico concomitante.

- La prima scelta è una combinazione tra un propellente (stimolante) e un ammorbidente (emoliente - p.e. Laxoberon e Olio di Paraffina).

- La seconda scelta è uno zucchero riassorbibile o una sostanza attiva osmoticamente. Problemi: lo zucchero non riassorbibile (p.e. Duphalac) non è adatto per un trattamento cronico e crea spesso del meteorismo. Il farmaco osmoticamente attivo facilmente contribuisce alla disidratazione.

- Clistere. Quando bisogna ricorrervi significa che la terapia lassativa non è stata sufficiente. Clistere significa pertanto potenziare la terapia lassativa di base.

Prurito: Presente in ca il 10% dei pazienti, dose-dipendente. E’ eventualmente un motivo

per passare ad un altro preparato (es. Metadone o Fentanyl) Depressione respirat.: poco frequente, MA attenzione alle combinazioni con benzodiadepine e agli

aumenti troppo rapidi dei dosaggi di morfina Altro: Ipotensione, ritenzione urinaria (cave: prostatismo), diminuzione della secrezione

delle mucose (bocca secca), sudorazione • Domande frequenti: Cosa significa MST? MST sta per Morfina Substained Tablets. Bisogna immaginare una struttura di pastiglia tipo spugna

impregnata di morfina. Quest’ultima viene lavata fuori dalla spugna nell’arco di 12 ore in modo costante. Da lì la sostanza Morfina viene assorbita dall’intestino come la formulazione normale. Si può dedurre che la pastiglia non va frantumata in caso di problemi di disfagia. Per questa evenienza esiste la sospensione in bustine (oppure le supposte).

Si può iniziare il trattamento direttamente con MS T? Se si tratta di un paziente che presenta un dolore di comparsa e di evoluzione abbastanza acuta è

consigliabile usare la soluzione acquosa di morfina. Questo permette di arrivare più velocemente al dosaggio necessario. Ad ogni modo per una situazione abbastanza stabile, per esempio anche per il paziente ambulante, è senz’altro pensabile di cominciare direttamente con MST.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 17 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Come abbiamo visto sopra significherebbe: MST 10mg ogni 12 ore per paziente non pretrattato, MST 30mg ogni 12 ore per pazienti pretrattati con oppioidi deboli. Vanno sempre prescritte anche le dosi di morfina al 2% come riserva.

Ha senso dare MST ogni 8 ore? Praticamente non è mai necessario. Se il paziente comincia regolarmente ad avere più dolori dopo 8-10

ore dalla somministrazione di MST, significa piuttosto che la dose singola è troppo bassa e non che gli intervalli sono troppo lunghi.

Cosa sono le gocce bianche? Sono una formulazione di Morfina che si usava e si usa tuttora per trattare la dispnea notturna dovuta ad

un’insufficienza cardiaca sx (“asma cardiaca”). Queste gocce sono all’1% (anche un po' meno), contengono quindi ca 8mg di Morfina per 20 gocce. Purtroppo nel linguaggio comune spesse volte vengono chiamate “gocce bianche” anche le gocce di Morfina al 2% usate a scopo antalgico, malgrado in effetti sia un errore; dovremmo quindi impegnarci a chiamarle “soluzione d i morfina al 2%” (2% significa 2g/100ml, vale a dire 20mg/1ml, ossia se in uso ancora il contagocce 1mg/goccia).

Si può anche ridurre la Morfina? E’ possibile. La si può ridurre p.e. in presenza di effetti secondari, una condizione che comunque spesso

impone un cambiamento dell’oppioide. Una riduzione va anche considerata in pazienti che da parecchio tempo non chiedono più le dosi di riserva. In tal caso la riduzione dovrebbe essere circa del 20-25%.

Bisogna svegliare il paziente per la dose notturna della soluzione di morfina? In teoria sì. Di solito conviene accordarsi subito con il paziente stesso. Nella pratica quotidiana spesso

basta raddoppiare la dose delle 22.00 e tralasciare quella delle 02.00 di notte, così da garantire un periodo di sonno di 8 ore. Eccezioni: - il paziente che comunque regolarmente si sveglia una volta durante la notte (p.e. per urinare)

prenderà la sua dose notturna in quel momento (lasciarla sul comodino). - il paziente che si sveglia al mattino presto con dolore richiedendo la dose di riserva,

andrebbe svegliato alle 02.00 di notte per la dose regolare. Cosa fare se la somministrazione enterale (orale o rettale) non è più possibile? In questo caso si ricorre all’accesso parenterale. La via preferenziale è quella sottocutanea. Inizialmente

la somministrazione per la calibrazione della dose, è pulsatile, vale a dire ogni 4 ore, e viene fatta attraverso un butterfly s.c. coperto con un Tegaderm. Questo ago può rimanere in sede una settimana o anche di più (vedi “Somministrazione di morfina per via sottocutanea”). In pazienti che dispongono di un port-a-cath, l’uso di questo accesso venoso per la somministrazione della Morfina è una soluzione equivalente.

Per quale via vengono somministrate le riserve? In linea di principio per la stessa via per la quale vengono somministrate le dosi regolari. Non ha senso

combinare somministrazioni sottocutanee e endovenose. Il paziente diventerà tossicodipendente? 7 La dipendenza del paziente sarà di tipo fisico e rimarrà legata esclusivamente alla necessità di controllare

il dolore. La dipendenza psicologica non si verifica praticamente mai nei pazienti trattati con Morfina a scopo antalgico. I pazienti e le famiglie hanno bisogno di essere tranquillizzati circa questa paura.

Non dimentichiamo però che a livello fisico la dipendenza si crea, dunque se una terapia con oppioidi non è più necessaria non bisogna mai smettere di colpo, bensì scalare gradualmente.

La Morfina può causare depressione respiratoria? Poco frequente ma attenzione alla combinazione con altri farmaci (es. benzodiazepine, tranquillanti,…) e

all’aumento troppo rapido del dosaggio della Morfina. In realtà nei pazienti con dispnea, piccole dosi di Morfina possono dare un miglioramento del sintomo. Gli

eventuali effetti collaterali provocati da una dose accidentalmente esagerata possono essere controllati con l’uso del Naloxone.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 18 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4.4 Sostanze alternative alla Morfina: Abbiamo redatto una lista dei farmaci oppioidi forti disponibili in Svizzera (vedi Farmaci). La Morfina, alla quale abbiamo dedicato il capitolo precedente, resta il farmaco oppioide forte di prima scelta. Le sostanze alternative disponibili, cioè Idromorfone, Metadone , Ossicodone, Buprenorfina, e Fentanyl, andrebbero usate solo secondo le indicazioni conten ute nella lista sopracitata. Per contro è sconsigliata per il trattamento del dolore cronico la Petidina per due motivi in particolare: - a causa della sua rapida tachifilassia , cioè a parità di dosaggio l’efficacia terapeutica diminuisce

rapidamente e ci si ritrova ad aumentare altrettanto rapidamente il dosaggio somministrato al paziente per ottenere lo stesso effetto, e

- a causa della lenta eliminazione dei suoi prodotti di degradazione (metaboliti) che accumulandosi sono responsabili della tossicità centrale di questo farmaco.

4.5 Calcoli di conversione 1. Tra una sostanza e l’altra:

Si consiglia di prendere sempre come base di partenza la dose di morfina su 24ore, rispettivamente la dose equivalente di morfina su 24 ore per calcolare la dose giusta di un’altra sostanza.

Equipotenze:

L’Idromorfone è 5 volte più potente della morfina (5mg Mo = 1mg Idromorfone). Purtroppo sul mercato esiste attualmente un preparato di Idromorfone (Palladone), che non tiene conto di questo fattore di 1:5 ma di un fattore di 1:7,5. Questo crea il passaggio da una sostanza all’altra non sempre facile. Seguendo le direttive della ditta, ci capiterà frequentemente che i dosaggi di Palladone saranno troppo bassi, viceversa ritornando alla morfina potremmo rischiare di dosare la morfina in eccesso. La conoscenza di questo particolare è importante in pazienti che richiedono una rotazione di oppioidi regolare, per via di tossicità cumulativa.

Il Metadone è 10 volte più potente della morfina (10mg mo = 1mg Metadone). Nella letteratura si trova spesso un quoziente 1:1 (1mg di morfina = 1mg di Metadone). Questo errore è dovuto ad un calcolo che si basa sulla somministrazione unica. Dato che il Metadone ha una tendenza di forte accumulo si rischierebbe entro pochi giorni una grave tossicità. L’introduzione e la gestione di una terapia antalgica con Metadone presenta tutta una serie di difficoltà e dovrebbe essere prescritto solo da medici esperti nel trattamento del dolore (consultare Servizio di Cure Palliative).

2. Tra le differenti vie di somministrazione: Fortunatamente per il lavoro pratico i calcoli di trasformazione tra somministrazione enterale e parenterale per la morfina e l’Idromorfone possono essere considerate uguali:

somministrazione enterale somministrazione parenterale (orale o rettale) (sottocutanea o endovenosa)

Vale a dire: 30mg di morfina perorale corrispondono a 10mg di morfina parenterale. Tra via sottocutanea e via endovenosa non vi è differenza, specialmente per quanto riguarda la somministrazione continua. Si consiglia comunque di arrotondare piuttosto verso il basso in caso di somministrazione endovenosa e piuttosto verso l’alto in caso di somministrazione sottocutanea.

4.6 Medicamenti adiuvanti 1. Corticosteroidi Possono essere particolarmente utili in dolori dove si ipotizza un’importante comp onente

infiammatoria . Sono in questo senso altrettanto validi quanto i FANS. A breve termine presentano minor rischio di effetti collaterali (sono leggermente meno gastrolesivi e

specialmente non sono nefrotossici). Per contro hanno una riserva di indicazioni in pazienti diabetici e per

3:1

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 19 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

la somministrazione prolungata (catabolismo, miopatia, ecc.). Il preparato che preferiamo è il Dexametasone (Millicorten, Fortecortin, Dexametasone).

Un’altra indicazione sono i dolori dovuti alla distensione di una capsula di un organo come ad esempio della capsula epatica, per crescita veloce del volume del fegato, e la cefalea in caso di metastasi cerebrali o tumori cerebrali primitivi.

2. Antidepressivi Hanno la capacità di “aumentare la soglia della percezione del dolore ”. Sono inoltre particolarmente

utili in dolori neuropatici (dovuti ad una lesione di un nervo periferico o, in particolar modo, nelle neuropatie post-herpetiche).

Il medicamento meglio studiato in questo senso, risulta quindi essere l’Amitriptilina (Triptizol, Saroten). L’effetto analgesico avviene solitamente prima dell’effetto antidepressivo (dopo 3-5 giorni anziché 7-12 giorni) e a dosaggi anche più bassi (25-75mg al massimo al giorno).

3. Antiepilettici: Usati e utili specialmente in dolore neuropatico di tipo la ncinante , per esempio post-herpetico. Il

farmaco meglio studiato è la Carbamazepina (Tegretol), seguito dalla Gabapentina (Neurontin: dosaggio iniziale 100mgx3 in dosi crescenti) e dalla Pregabalina (Lyrica: dosaggio iniziale 75mgx3 in dosi ev. crescenti fino a 300mg 2x/die).

4. Miorilassanti: Vengono usati specialmente in dolori dovuti a ipertonia muscolare, specialmente della muscolatura

posturale. In questi dolori la morfina non ha nessun effetto. Vengono usate benzodiazepine, in particolar modo Valium oppure miorilassanti del tipo Lioresal (Baclofen) o Sirdalud.

5. Bisfosfonati (Aredia e Zometa): I Bisfosfonati sono delle sostanze che riescono a bloccare, di solito per alcune settimane, l’attività degli

osteoclasti. La loro indicazione attualmente è il trattamento dell’ipercalcemia e il trattamento del dolore provocato da metastasi ossee a prevalente componente osteolitica. Trovano indicazione nelle lesioni da mieloma e nelle metastasi ossee da carcinoma del seno e della prostata. A causa del potenziale di induzione di una insufficienza renale, si consiglia di misurarne sempre la Clearance della Creatinina prima della loro applicazione e in ogni caso di adattare la loro dose in caso di insufficienza renale preesistente (vedi Compendium dei medicamenti).

4.7 Analgesia spinale La presenza di recettori oppiacei ad alta densità nel midollo spinale rappresenta l’idea di base per l’analgesia spinale. Tuttavia la possibilità che un trattamento epidurale o intratecale possa causare importanti complicazioni è potenzialmente più alta di quello sistemico. Un tale approccio deve pertanto garantire un’analgesia migliore della terapia convenzionale (ragionevole rapporto costo beneficio). La dose di morfina somministrata corrisponde circa al 10% della dose per os, rispettivamente al 1% in caso di somministrazione intratecale! Attenzione: un dolore prevalentemente neuropatico non sarà controllabile in modo soddisfacente con soli oppioidi peridurali. Richiederà per esempio un’aggiunta di un anestetico locale. L’indicazione ad un impianto di un catetere peridurale deve essere limitata a sindromi algiche con localizzazione loco-regionale (di regola non più di 5 metameri). Indicazioni valide: dolori perineali, da infiltrazioni, sacrali e presacrali, segmentali della parete toracica ecc. L’accesso intratecale si presta in particolare per dolori dovuti ad infiltrazioni tumorali della sfera otorino-laringoiatrica.

4.8 Blocchi nervosi e neurochirurgia Con l’aumento della disponibilità della Morfina, la necessità dell’indicazione di interventi antalgici locoregionali (neurolitici e chirurgici) si è drasticamente ridotta. E’ comunque utile avere disponibilità (e presentare tali situazioni) nell’ambito di un gruppo interdisciplinare (neurochirurgo, anestesista). Esempi: dolore da carcinoma pancreatico → blocco plesso celiaco.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 20 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

5. TERAPIA NON MEDICAMENTOSA Nel redigere questo capitolo ci siamo limitati alla fisioterapia a scopo antalgico attuabile in ogni ospedale.

5.1 Fisioterapia La fisioterapia è l’insieme di diverse metodiche fisiche che possono essere impiegate in molte condizioni patologiche per favorire il processo di guarigione o, come più spesso avviene nei casi da noi trattati, per ridurre e alleviare sintomatologie dolorose debilitanti. La fisioterapia prevede l’uso sia di tecniche manuali, sia di apparecchiature e strumenti che consentono l’effettuazione di particolari trattamenti. Le metodiche che prendiamo in esame sono:

- Massaggio classico - Crioterapia - Termoterapia - Idroterapia - Elettroterapia o TENS

La patologia tumorale o le terapie adottate per combatterla comportano spesso seri postumi o menomazioni che possono trovare un adeguato sollievo attraverso il trattamento fisioterapico. Il massaggio e la manipolazione della zona interessata hanno per obiettivo l’aumento del grado di flessibilità delle articolazioni e dei tessuti circostanti nonché l’apporto di un’adeguata irrorazione sanguinea e il tentativo di risolvere situazioni di spasmo o di contrattura. Specifiche forme d’intervento si osservano nei casi di linfedema agli arti superiori e inferiori, causato da ostruzione tumorale o da esiti d’intervento chirurgico a carico del sistema linfatico. Accanto all’utilizzo di adeguate guaine o calze elastiche, la persona trae notevole sollievo durante le sedute giornaliere di linfodrenaggio su un arco di 12 giorni. Crioterapia Oltre alle pratiche naturali, la Fisiochinesiterapia si basa sull’impiego diretto del freddo e del caldo. La forma più semplice di crioterapia è rappresentata dall’applicazione di impacchi d’acqua fredda o di borse del ghiaccio a scopo analgesico o antinfiammatorio. Termoterapia Il calore può essere fornito con borse d’acqua calda, impacchi caldi di fiori di fieno o esposizione a correnti d’aria calda e secca come nei forni di Bier. L’idroterapia tecnica già nota nel XIII sec., viene eseguita in una piscina di dimensioni contenute, con l’acqua di circa 37°C. L’immersione in acqua può essere sfruttata pr incipalmente in 2 modi: 1. La forza di gravità viene praticamente abolita dal fenomeno del galleggiamento e quindi una forza

muscolare limitata può produrre movimenti assai più ampi e validi, quanto non accade fuori dall’acqua. 2. Il galleggiamento e il tepore tendono a sciogliere le contratture muscolari che spesso accompagnano le

forme dolorose. Elettroterapia (TENS) Sempre nell’ambito della fisioterapia negli ultimi decenni sta acquistando una riconosciuta validità terapeutica l’elettrostimolazione transcutanea (EST in italiano / oppure TENS = transcutaneous electrical nerve stimulation). L’elettrostimolazione transcutanea in terapia antal gica oncologica (EST) (Tratto da:Dolore 2 - Uso terapeutico delle tecniche di termolesione percutanea e di neurostimolazione ed. cortina. Autori: G. Franchi, C.A. Pagni, V. Ventafridda)

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Dolore (I-CURPAL-015)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 21 di 21 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

L’EST è una tecnica che ha lo scopo: - di abolire o ridurre il dolore, - di ritardare la sua comparsa. Essa si avvale dell’utilizzo di uno stimolatore che eroga degli impulsi di variabile intensità, frequenza ed ampiezza. Questi vengono trasmessi alla persona tramite degli elettrodi (placche) di varie dimensioni, che vengono posti in contatto con la cute. Per far si che la trasmissione di tali impulsi sia ottimale viene utilizzata anche una pasta conduttiva interposta tra elettrodo e superficie cutanea. I punti in cui gli elettrodi vengono posti sono caratterizzati da iperalgesia e/o iperestesia, oppure vengono applicati lungo il decorso di tronchi nervosi tributari della zona dolorosa. A volte gli elettrodi vengono posti anche su punti di agopuntura corrispondenti all’area dolorosa, secondo le mappe conosciute. Zone di ipo o anestesia non vengono stimolate data la provata inutilità di tale tentativo. Una volta individuate le zone di applicazione si può istruire la persona all’autoregolazione dello stimolatore. Questo apparecchio non tratta la causa del dolore, bensì maschera il messaggio doloroso. Solitamente quando l’EST non da un risultato positivo nelle prime 24h, viene sospesa in genere anche se è da notare che sono spesso necessari tentativi ripetuti per individuare i punti efficaci per la stimolazione antalgica. Riguardo all’utilizzo di questa tecnica si sono riscontrati dei risultati buoni nel 42,6% delle persone trattate, infatti in tali persone si è ottenuto il controllo completo del dolore con il solo utilizzo dell’EST o con l’abbinamento dell’EST ad analgesici minori. E’ emerso in particolare che il gruppo di persone che ottengono un marcato beneficio sono quelle in cui l’intensità iniziale del dolore è di grado moderato ed in cui sono ben evidenti aree di iperestesia o iperalgesia. Risultati buoni si hanno anche nelle localizzazioni dolorose cervico-facciali e degli arti superiori. I risultati risultano invece nulli in persone con dolori somatici intensi e che fanno uso continuo di analgesici narcotici. Per quanto riguarda l’efficacia dell’EST a lungo termine purtroppo solo pochi dopo 30gg trovano ancora beneficio, questo pone il limite di utilizzo di questa tecnica. L’EST comunque risulta particolarmente efficace in dolori da amputazione e nella nevralgia post-erpetica.

Bibliografia: - “L’art de soigner en soins palliatifs. Perspectives infirmières”, Claudette Foucault, Les Presses de

l’Université de Montréal - “Soins palliatifs, une approche pluridisciplinaire”, sous la direction de Cicely Saunders, Editions Lamarre - “Trattamento del dolore: teoria e pratica”, Warfielddd - I. Bachmann-Mettler, Weiterbildung in Palliative Care, Krebsligakurs ‘96-’97 - Versione riveduta dello strumento di valutazione del dolore di una ditta farmaceutica (Mundipharma) - “Graphique - Evaluation de la douleur”, marzo 1997, Hôpitaux Universitaires de Genève. - Cure palliative, manuale pratico, 1994, Associazione Europea di cure palliative

orltro
cure palliative

PAZIENTE CON DOLORECompilare il verbale dei dolori

Compilare la registrazione continua del dolore per 48 ore- ogni 4 ore- ogni volta che il paziente ha male- dopo 1 ora dalla somministrazione della riserva

porsi OBIETTIVI REALISTICI E A BREVE TERMINE con il paziente!

dolore difficile da valutare e da trattare:

attenta analisi di tutte le risorse a disposizione

(consultare Servizio Cure Palliative)

Che tipo di dolore è1

Il paziente presenta ?2 Sì

- problemi psico-comportamentali- dolore neuropatico- dolore incidentale (es: al movimento)- dolore misto- stato cognitivo alterato

3 TERAPIA CON FARMACI ANALGESICI

?Somatico profondo (es: ossa /muscoli) o superficiale (es: cute)

Neuropatico periferico o centrale

Viscerale da schiacciamento visceri o ostruzione visceri cavi, a volte colico

Misto

IOSI I-CURPAL-021Servizio Cure Palliative

Pagina 1 di 2

orltro
cure palliative

FA

RM

AC

I CO

N E

FF

ET

TO

CE

ILIN

G! !

!

a) By the mouth vie di somministrazione in ordine di preferenza

b) By the clock rispettare orari di somministrazione in base alle caratteristiche del farmaco

c) By the ladder scala terapia antalgica secondo OMS

Raccomandazioni OMS

• Tramadol (Tramal ®)

non ha effetto ceiling, ma non ha senso dare più di 300-400mg/dì (20gtt = 50mg)

FARMACI LIVELLO 2:OPPIOIDI DEBOLI

pz mai esposto pz pre-espostoad oppioidi

1°giorno se ha ricevuto5mg (=5gtt 2%) farmaci livello 2ogni 4 ore 10mg 6xdì per+ riserva 5mg 24h poi:ripet. ogni ora

2°o 3°giorno:dose totale delle 24 ore divisa in 6 dosi ogni 4 ore, oppure MST ogni 12 ore

(se ha ricevuto alti dosidi oppioidi vedi classeur - Sintomi - Dolore)

FARMACI LIVELLO 3:OPPIOIDI FORTI - La Morfina

LE RISERVE DI MORFINA1) La dose di riserva è fra il 5-15% (solitamente il 10%) della

dose tot./24h. Es: MST 100mg 2xdì, riserva 20gtt morfina2) La riserva è ripetibile, valutare sempre il dolore!3) Usare la stessa via di somministrazione della terapia di base.4) Pz con terapia di base stabile che riceve 2-3 riserve al dì,

valutare se è proprio il caso di aumentare la terapia di base.

TOSSICITA’ DELLA MORFINAstipsi: per tutta la durata del trattam. e per tutti i pz! (propellente +ammorbid.)

nausea: 1/3-1/5 dei pz, scompare in 3-5gg. (risponde bene all’Haldol cp 1mgx3)prurito: ca il 10% dei pz, è dose-dipendente.

tossicità centrale: sonnolenza, allucinazioni, incubi, ridotto stato cognitivo, confusione.depressione respiratoria: associazione con benzodiazepine e innalzamento rapido del dosaggio di Morfina

DOPO 48 ORE RIVALUTARE IL DOLORE

• Paracetamolo (Dafalgan ®)500-1000mg ogni 6-8 ore

epatotossicità

• Acido Acetil-salicilico (Aspegic ®)500-1000mg ogni 6-8 ore

attività gastrolesivaeffetto antiaggregante

• Ipobrufen (Brufen ®)400-600mg ogni 6-8 ore

• Nimesulide (Nisulid)

• Diclofenac (Voltaren)50-100mg ogni 8-12 ore (max 200mg/dì, rarissimi 300mg/dì)

tossicità gastrica e renale

Non combinare diversi anti-infiammatori:uguali effetti antalgici con maggiore tossicità

FARMACI LIVELLO 1:

via oralevia rettale

via intravenosavia sottocutanea

via transdermale

3Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Paziente con

dolore (I-CURPAL-021)

Pagina 2 di 2

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-016 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Definizione e introduzione p. 1

2. Fisiopatologia e cause p. 2

3. Assistenza infermieristica p. 2

4. Assistenza medica p. 3

DEFINIZIONE: “L’occlusione intestinale o ileo è l’ostruzione al transito del contenuto del tubo digerente” Spesse volte l’ileo completo è preceduto appunto dall’istaurarsi di una situazione di subileo cronico, dove il transito è presente ma difficoltoso.

1. INTRODUZIONE L’occlusione intestinale è una complicanza frequente soprattutto per le persone affette da carcinoma del colon, dell’ovaia, dello stomaco e del pancreas. Tale evento, sia che si manifesti in forma acuta o che si istauri in modo lento (quasi cronico), pregiudica pesantemente, se non gestito adeguatamente, la qualità di vita di una persona.

ILEO

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Ileo (I-CURPAL-016)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2. FISIOPATOLOGIA L’occlusione ha delle conseguenze sul piano fisiopatologico dovute al fatto che esiste una distensione intestinale ed una turba della motilità intestinale. La distensione intestinale è secondaria all’aumento dei liquidi e dei gas nelle anse colpite. I liquidi aumentano per il mancato riassorbimento delle normali secrezioni digestive e per la formazione di un essudato secondario e una modificazione della permeabilità della parete. I gas si formano in seguito all’azione catabolica putrefattiva dei batteri normalmente presenti nell’intestino. Le turbe della motilità sono rappresentate dalla diminuzione del tono dell’ansa colpita, dall’iperperistalsi che s’instaura a monte dell’ostacolo nel tentativo di vincere il fenomeno occlusivo, e dalla comparsa di un’iperperistalsi inversa che è alla base del vomito in questa situazione. Tali modificazioni funzionali hanno come conseguenza alterazioni metaboliche generali perché in seguito all’inversione della peristalsi compare un vomito abbondante e ripetuto che condiziona un’alterazione idroelettrolitica ed acido-basica (alcalosi e acidosi metabolica, disidratazione, emoconcentrazione, ipotensione, shock, riduzione del filtrato glomerulare, insufficienza renale). Si distinguono occlusioni meccaniche e occlusioni dinamiche. Nelle patologie neoplastiche avanzate queste distinzioni possono non essere così nette.

CAUSE: Occlusioni meccaniche : per processi ostruttivi, stenosanti o compressivi a seguito di cause neoplastiche,

fecalomi, briglie aderenziali, ernie, ischemia, ecc. Occlusioni dinamiche : causano il cosiddetto ileo paralitico , condizione questa che si realizza

fondamentalmente in corso di peritonite o a seguito di gravi disordini elettrolitici (ipopotassiemia) o a crisi dolorose addominali particolarmente intense (coliche renali, biliari, ecc.) o da farmaci anticolinergici in dosi eccessive o da farmaci citostatici (alcaloidi della vinca).

3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA L’obiettivo di questo paragrafo è di fornire al personale infermieristico gli strumenti per:

- valutare i disturbi fisici e psichici del paziente con ileo - realizzare atti essenziali utili per il controllo della sintomatologia.

Valutare 1. Informarsi sulle abitudini e sui cambiamenti intervenuti nel bisogno di eliminazione del paziente (es:

ultima defecazione, passaggio di feci e gas, uso di lassativi, diarrea, ...). 2. Verificare la presenza di disturbi gastrici (es: anoressia, alitosi, nausea e vomito, singhiozzo). 3. Individuare la presenza di uno stato di disidratazione (es: sete, cute e mucose asciutte). 4. Valutare l’eventuale sintomatologia dolorosa che si concretizza con la comparsa di un dolore

continuo viscerale ed ev. con coliche addominali. 5. Verificare il grado d’informazione del paziente e dei famigliari rispetto alla condizione di ileo per

evitare aspettative irrealistiche (es: restaurarsi di una normale defecazione, stupore d’innanzi al perdurare della sintomatologia oppure al ripetersi di occasionali episodi di vomito, insistenza nell’assunzione di un’alimentazione “normale”).

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Ileo (I-CURPAL-016)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Curare con interventi specifici 1. Alimentazione: a causa dei ricorrenti episodi di vomito e dell’instaurarsi di una condizione di anoressia

il paziente introduce, quasi involontariamente, dei cambiamenti nella sua dieta. Se desidera continuare a bere e mangiare qualcosa è comunque auspicabile consigliargli l’assunzione di spuntini (pasti piccoli ma frequenti) privi di alimenti contenenti fibre ma ad alto valore calorico. Se la secchezza della bocca e una forte sensazione di sete lo disturbano, può essere di sollievo l’utilizzo di ghiaccioli, succo di limone e pezzetti di ananas (vedi cap. sulla xerostomia).

L’impiego di un umidificatore nell’ambiente in cui il paziente trascorre più tempo riduce la sensazione di arsura del cavo orale.

Nei casi in cui l’occlusione è totale ogni alimento verrà vomitato. Al paziente può comunque far piacere sentire il gusto dei cibi evitando però di inghiottirli.

L’alimentazione parenterale in caso di ileo viene introdotta in prospettiva di un intervento chirurgico. Se l’opzione chirurgica non è proponibile se ne valuterà l’indicazione di caso in caso.

La nutrizione enterale ha applicazione solo se l’occlusione è a livello esofageo (es: gastrostomia). 2. Vomito / SNG: assistere il paziente durante gli episodi di vomito tenendo a portata di mano dei

recipienti. Aiutare il paziente a risciacquare il cavo orale. Limitare l’uso della SNG a quelle situazioni in cui lo stomaco è pieno, poiché il fatto di riuscire a drenarne il contenuto può dare grande sollievo al paziente. Ciò non rappresenta però una soluzione definitiva al problema in quanto potrebbe essere causa di grande disturbo e ridurre notevolmente la qualità di vita.

3. Individuare e correggere eventuali stati di disidra tazione . La maggior parte dei pazienti è in grado

di assorbire liquidi attraverso la parte superiore dell’intestino in modo da evitare disidratazioni importanti e rapide.

La sostituzione di liquidi può essere attuata sia per via e.v. che s.c. (vedi appendice). 4. Per la sintomatologia dolorosa si consiglia di seguire gli atti assistenziali descritti nel capitolo “Dolore”.

4. ASSISTENZA MEDICA Eziologia Dovuto al tumore (specialmente ovarico e colo-rettale) Meccanismi: - compressione extraenterica - ostruzione intraenterica - invasione parietale causante un problema meccanico e neuropatico

Dovuto al trattamento (chirurgia, radioterapia, medicamentosa)

Non legato al cancro (infarto, diverticolite, adesioni, ...). Spesso l’eziologia è multicausale. Clinica: Dolori continui in circa il 90% dei casi, dolori sotto forma di colica nel 75%, vomito “100%”. Valutazione: Differenziare ostruzione alta verso ostruzione bassa, verso ileo di prevalenza paralitico. A parte la storia e l’esame clinico, è utile la radiografia nell’addome vuoto supino e in piedi per differenziare un’ostruzione meccanica completa da una grave costipazione.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Ileo (I-CURPAL-016)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 4 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Terapia: Anche se l’indicazione non è frequentissima, la possibilità di un approccio chirurgico dev’essere primariamente valutata.

Indicazioni: esso diventa possibile specialmente se la prognosi di sopravvivenza supera i 2 mesi, il performance status (ECOG) è <2, non vi è ascite né versamento pleurico, non si palpano masse tumorali a livello addominale e non vi è un’insufficienza epatica.

La morbidità di tale intervento è comunque importante (fistole, ri-ostruzioni, deiscenza, complicanze infettive).

Controindicazioni: l’intervento chirurgico è controindicato quando vi è una carcinosi diffusa, quando vi sono delle masse palpabili multiple, quando il chirurgo precedente ne esclude la possibilità.

Una volta che un intervento chirurgico non entra in considerazione e ci troviamo di fronte all’ileo conclamato, assieme al paziente e a tutti i curanti, dev’essere formulato l’obiettivo della terapia, che per quanto riguarda il passaggio intestinale può anche non più considerare un ripristino. Trattamento farmacologico: Dolore prevalentemente continuo: morfina parenterale, cominciando con 10-20mg s.c. o e.v.x 24h Dolore a forma di colica: evitare medicamenti procinetici associare eventualmente Buscopan 60-120mg in 24h

Antiemetici: - Haldol 3-5mg in 24 ore parenterale - Tentativo con Dexametasone ad alto dosaggio (15-40mg x 24h e.v. o s.c., specialmente in casi dove l’ileo si è

instaurato lentamente). Valutazione della terapia dopo 3 giorni. - Alternativa, specialmente nell’ileo alto: Octreotide 200-600 mcg x 24h

parenterale. Osservazioni: Sonda nasogastrica: spesso non necessaria. Discutere con il paziente che non raramente preferirà

vomitare 1-2 volte al giorno piuttosto che avere una sonda. Se una sonda è richiesta e necessaria e se la prognosi di vita supera le 2 settimane, conviene considerare l’applicazione di una PEG di scarico.

Regime classico: morfina: dose secondo pretrattamento Buscopan 60 mg 24/h Haldol 3 a 5 mg.

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-017 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI: SOMMARIO 1. Nausea: definizione e fisiopatologia p. 1

2. Vomito: definizione e fisiopatologia p. 2

3. Cause p. 2

4. Assistenza infermieristica p. 3

5. Assistenza medica p. 4

1. NAUSEA: DEFINIZIONE E FISIOPATOLOGIA

NAUSEA: “Sensazione dell’imminente desiderio di vomitare” Questa definizione sottolinea il suo carattere soggettivo, quindi di un’elaborazione psichica di alcune sensazioni e il fatto che essa preceda temporalmente il vomito anche se non necessariamente debba da questo essere seguita. La nausea è accompagnata usualmente da disturbi vasomotori a carico del sistema nervoso vegetativo, quali la debolezza, la salivazione, il pallore, la tachip nea come pure da bradicardia e da ipotensione. La cefalea può anche essere associata alla nausea. Alcune persone hanno nausea osservando scene non piacevoli, assaggiando cibi particolari, annusando odori specifici, a sottolineare l’importanza di certi riflessi visivi-gustativi-olfattivi che hanno un’integrazione corticale. Esiste cioè un centro corticale specifico che viene stimolato e da cui partono riflessi neurovegetativi che si accompagnano alla nausea. Questa può associarsi anche ad aumento della pressione endocranica, a patologie toraciche e addominali, a sintomatologia dolorosa severa, a farmaci o a stimoli a partenza dell’apparato vestibolare. E’ quindi concepibile che esistono degli impulsi provenienti da recettori periferici che vengono portati attraverso vie afferenti, al sistema nervoso centrale che siano capaci di stimolare sia il centro del vomito sia quello della nausea e che quest’ultima sia strettamente legata al primo ma presenta una soglia di stimolazione più bassa. Questo spiega l’abbinamento dei due fenomeni e del fatto che la nausea precede o possa presentarsi indipendentemente dal vomito.

NAUSEA E VOMITO

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Nausea e Vomito (I-CURPAL-017)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

2. VOMITO: DEFINIZIONE E FISIOPATOLOGIA

VOMITO: “Espulsione forzata del contenuto gastrico attraverso la bocca” Il vomito è spesso preceduto da nausea , da ipersalivazione e da conati. Si realizza per una violenta contrazione del diaframma e dei muscoli addominali. Questo porta alla compressione dello stomaco e del suo contenuto. La contemporanea contrazione della muscolatura pilorica e il rilasciamento di quella cardiale favorisce il passaggio del contenuto gastrico nell’esofago e da qui nel faringe. Il vomito è un atto riflesso in cui lo stimolo può originare in varie zone del corpo : a livello dell’apparato digerente, vestibolare, di tutti i visceri e del S NC, e per stimoli portati direttamente sulle zone chemorecettoriali (farmaci). Si è infatti scoperto un gruppo di neuroni disposto nel pavimento del IV ventricolo chiamato centro chemorecettoriale . Questa struttura pur non essendo capace di far partire da sola il vomito, funziona come stazione afferente per certi stimoli specifici, in particolare quelli farmacologici collegandosi direttamente con il centro emetico e la sua funzione è quella di abbassare la soglia di stimolazione di fronte a stimoli provenienti dalla periferia. Lo stimolo raggiunge tramite il vago il centro del vomito situato nel bulbo da qui l’impulso motorio ritorna tramite i nervi frenici al diaframma, tramite i nervi intercostali alla parete addominale e tramite il vago al cardias determinandone l’apertura. Il centro bulbare del vomito può essere attivato anche da cause ormonali o metaboliche.

3. CAUSE Cause legate all’apparato digerente (di origine organica e/o funzionale):

• occlusione intestinale • gastroparesi • ascite • stipsi • gastrite • ulcera gastrica, duodenale • affezioni epatobiliari.

Cause non legate all’ apparato digerente:

• tossicità da farmaci → chemioth, antibiotici, oppioidi, antinfiammatori (FANS), antidepressivi (soprattutto SRI), digitale;

• metaboliche (dovute a insufficienza epatica / renale, iperglicemia, ipercalcemia, ...)

• ipertensione endocranica (di solito vomito, non necessariamente nausea)

• affezioni vestibolari • cause ormonali • cause infettive sistemiche o anche locali (es. candidosi

cavo orale) • legate a episodi di tosse • diselettrolitemia • disidratazione • psicogene.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Nausea e Vomito (I-CURPAL-017)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4. ASSISTENZA INFERMIERISTICA valutare Paziente con nausea/vomito curare con interventi specifici informare

Valutare - Compiere un’adeguata raccolta dati che consenta di individuare i fattori scatenanti (vedi “cause”); - Individuare con il paziente i tempi ed i modi d’insorgenza della nausea e del vomito; - Conoscere il tipo di farmaci che sta assumendo; - Verificare come il paziente riesce a gestire psicologicamente ricorrenti episodi di vomito o la nausea

continua.

Curare con interventi specifici 1. Evitare o ridurre i fattori in grado di stimolare l’insorgenza della nausea, garantendo un ambiente

privo di stimoli fastidiosi (es. forti rumori, luce accecante, visite numerose, odori forti). Eventualmente tentare di distrarre il paziente con attività a lui gradite (es. musica, TV, tecniche di rilassamento).

2. Assistere il paziente durante gli episodi di vomito; prestare particolare attenzione alla respirazione

che dovrebbe essere profonda e regolare; far entrare aria fresca in camera; fornirgli l’occorrente per risciacquare la bocca.

3. A dipendenza delle cause e della gravità dei sintomi il paziente può comunque continuare a bere e

ad alimentarsi. Alcuni consigli in breve: - cibi graditi al paziente, dunque dieta secondo desiderio del paziente - alimenti preferibilmente freddi poiché hanno di solito un odore meno intenso - pasti piccoli presentati con cura, con la possibilità di qualche spuntino. - può essere utile assumere cibi asciutti che aiutino a riassorbire i succhi gastrici. Aiutare il paziente a verbalizzare quelle che sono le proprie sensazioni per trovare delle soluzioni a

lui adeguate. Dovrebbe evitare inoltre di portare abiti stretti che esercitano pressione a livello addominale e/o toracale.

4. Se vi è l’indicazione provvedere ad un’adeguata somministrazione di antiemetici e farmaci

coadiuvanti spiegando al paziente ed ai familiari l’importanza del rispetto degli orari e dei dosaggi (evitare somministrazioni al bisogno). Rivalutare a scadenze definite l’efficacia della terapia istaurata. E’ dalla suddetta valutazione iniziale e conseguente rivalutazione delle condizioni del paziente che l’équipe sanitaria può proporre, in presenza di vomito incoercibile, l’utilizzo di una SNG.

Informare Informare paziente e familiari sui motivi scatenanti nausea e vomito, su come tentare di prevenirli e su come affrontarli. Ricordare ai familiari che il rifiuto dei cibi è spesso improvviso e che è difficile per chi ha nausea rimanere in cucina o mangiare al tavolo con gli altri. Spiegare da ultimo ai familiari che non è praticamente mai il caso di insistere nel proporre alimenti se la persona non se la sente.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Nausea e Vomito (I-CURPAL-017)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

5. ASSISTENZA MEDICA Procedere Valutazione: misurare l’intensità, stabilire l’inizio (p.e. in concomitanza con la prescrizione di un

nuovo farmaco), fattori aggravanti o attenuanti. Misure specifiche: identificare ed eliminare fattori scatenanti ed aggravanti, come farmaci,

stitichezza, dolori incontrollati, infetto, tosse, diselettrolitemia, disidratazione, ansia, ...

Misure aspecifiche: - generale : garantire una buona igiene orale, evitare odori penetranti, piccoli pasti

più volte al giorno, ecc. - medicamentose : scegliere sostanze che tengano conto del meccanismo

patofisiologico della nausea, per quanto identificabile. Nella ipomotilità del tratto gastrointestinale scegliere farmaci procinetici, in caso di ipertensione endocranica optare per corticosteroidi. Il metoclopramide è il farmaco di prima scelta: ha un’attività procinetica e un’azione antidopaminergica sul tratto gastrointestinale e sulla zona trigger dei chemoricettori. Gli effetti collaterali extrapiramidali sotto metoclopramide sono purtroppo abbastanza frequenti, specialmente in soggetti giovani: in tal caso Cisapride 10-20mg p.o. oppure Domperidone 10-20mg p.o., prima dei 3 pasti principali e prima di coricarsi, rappresentano un’alternativa. Queste 2 sostanze sono particolarmente indicate quando la gastroparesi è una delle cause principali (procinetici potenti), tuttavia non hanno alcun effetto antidopaminer-gico per cui sono poco efficaci nella nausea dovuta agli oppiacei. Esse non sono disponibili per somministrazione parenterale ma per quella sublinguale.

Algoritmo per la terapia farmacologica:

a. Metoclopramide (Primperan) 10mg p.o. oppure s.c. ogni 4 ore e 10mg supplementari in caso di necessità come dose di riserva.

↓ se non c’è effetto (dopo 24 ore): ↓ b. Metoclopramide come sopra e Dexametasone 10mg p.o. oppure s.c. ogni 12 ore. ↓ se non c’è effetto (dopo 24-48 ore): ↓ c. Metoclopramide 60-120mg in infusione continua (s.c. o e.v.) in 24 ore e Dexametasone come al

punto b. ↓ se non c’è effetto (dopo altre 24-48 ore): ↓ d. Nuova valutazione della situazione clinica, cambiare antiemetico: - Aloperidolo (indicato soprattutto nella nausea causata da oppiacei) - Cisapride e Domperidone (vedi sopra) - bloccante dei recettori 5HT3. Questi ultimi farmaci sono di provata efficacia nella nausea acuta

indotta da chemio e radioterapia. Dato che comunque sono costosi e nella nausea cronica spesso non soddisfacenti, vanno utilizzati solo a titolo probatorio.

Anche se i due sintomi nausea e vomito vengono spesso associati, l’uno non può essere semplicemente e sempre considerato l’epifenomeno dell’altro. Proprio nella situazione palliativa la nausea si presenta spesso da sola, in modo cronico. La produzione della nausea è quasi sempre multicausale però 1 o 2 cause preponderanti sono spesso identificabili.

Per il lettore veloce:

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Nausea e Vomito (I-CURPAL-017)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Attenzione: - In caso di ileo le sostanze prevalentemente procinetiche sono controindicate poiché possono causare

dolori, alternativa: Aloperidolo da 1,5 fino a 5 mg, da somministrare s.c. o e.v. (vedi trattamento dell’ileo). - Vi è una serie di farmaci antiemetici prescritti in altre circostanze che non si addicono particolarmente

alla situazione palliativa, essendo troppo sedativi. Sono pertanto poco indicate le seguenti sostanze: antiistaminici (prescritti per la motion sickness), neurolettici ad azione fortemente sedativa come la clorpromazina, il deidrobenzperidolo o le benzodiazepine.

- Spesso il farmaco antinausea non può essere prescritto per via orale. In tal caso la via preferenziale è

quella sottocutanea. Eccezione: presenza di edemi generalizzati, gravi disturbi della coagulazione.

Bibliografia Bigorio 2003 - Nausea, Consensus on best practice in Palliative Care in Switzerland, www.palliative.ch

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-018 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Introduzione e definizione p. 1

2. Cause p. 1

3. Assistenza infermieristica p. 2

4. Assistenza medica p. 3

1. INTRODUZIONE E DEFINIZIONE Il singhiozzo consiste in una improvvisa, fugace e violenta contrazione sincrona dei muscoli inspiratori diaframmatici ed intercostali, seguita dalla chiusura della glottide. Lo stimolo capace di far scattare il riflesso viene portato a livello del centro del respiro e la risposta attraverso il nervo frenico ed il vago si esprime con la contrazione rapida, breve e improvvisa dei muscoli sopraccitati. Il risultato è una breve e rapida inspirazione durante la quale il passaggio dell’aria attraverso la laringe produce il tipico rumore. Esso può essere un evento singolo o può ripetersi più volte al minuto per qualche minuto. Più raramente si protrae per giorni, persistendo talvolta anche nelle ore notturne.

2. CAUSE L’introduzione di cibi freddi o caldi di particolari bevande è sufficiente a far scattare il singhiozzo che in genere tende ad esaurirsi. In altri casi questo sintomo può essere però in relazione con: - malattie neurologiche: es.tumore del tronco encefalico, meningoencefalite - cause metaboliche: uremia, acidosi metabolica, - patologie toraciche, cardiache o addominali comportanti irritazione del frenico e stimolazione vagale. Un’irritazione dei nervi faringei o della trachea, un tumore dell’esofago, carcinoma del cardias, pericarditi, ernie diaframmatiche, patologie della pleura, patologie della milza o del fegato come anche una flogosi peritoneale possono, irritando direttamente il diaframma, esserne la causa.

SINGHIOZZO

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Singhiozzo (I-CURPAL-018)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA

Valutare Questo tipo di sintomo risulta molto fastidioso per i pazienti che lo hanno. Nostro compito come primo passo è quello di accertarsi su alcuni aspetti riguardanti il sintomo singhiozzo per poi cercare di intervenire in modo adeguato su di esso. Quindi ci faremo dire: - quale è la durata e l’intensità del singhiozzo (spesso l’intensità elevata non comporta una causa organica seria); - se il singhiozzo è accompagnato da altri sintomi o segni; - se il paziente ha avuto recenti traumi, interventi chirurgici o stati infettivi; - quali medicamenti assume; - se vi sono già stati precedenti episodi di singhiozzo.

Curare con interventi specifici A volte per far smettere il singhiozzo bastano degli interventi molto semplici e banali che evitano un intervento di tipo farmacologico, e sono: • a livello respiratorio: inspirare profondamente e trattenere il più a lungo possibile il respiro, espirando poi

lentamente; respirare per alcuni attimi in un sacchetto; • a livello alimentare: deglutire zucchero cristallizzato ev. con un po’ di succo di limone; acqua di menta per rilassare lo sfintere esofageo se il singhiozzo è dato da

distensione gastrica (*); bere piccoli sorsi di acqua ghiacciata o gassata o con limone con una profonda

inspirazione dopo ogni sorsata; • far fare una iperestensione del capo (*) Se il singhiozzo è causato da distensione gastrica il paziente avrà tutto un corollario di sintomi e bisognerà valutare se c’è l’indicazione per la posa di una SNG per svuotare lo stomaco.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Singhiozzo (I-CURPAL-018)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

4. ASSISTENZA MEDICA Misure terapeutiche: Terapia non medicamentosa I consigli di evidenza provata piuttosto mista, sono tanti come bere dal bordo

superiore del bicchiere, inghiottire zucchero cristallino non sciolto, mettere una chiave fresca sulla nuca, massaggio del palato molle e via dicendo.

Rialzo del PCO2 tramite respirazione nel sacchetto o trattenendo il respiro. Trattamento specifico (causale) Trattamento di un infetto polmonare, di una distensione gastrica con

procinetici o sonda nasogastrica ecc. Trattamento medicamentoso a) Miorilassanti: il farmaco più documentato è il Baclofen (Lioresal 10mg

3xdie), in alternativa un calcioantagonista, p.e. Diltiazem 60mg 2xdie o Nifedipina 10mg 3xdie.

b) In caso di distensione gastrica: procinetici, es: Metoclopramide 10mg 4xdie.

Per la soppressione centrale nel singhiozzo: Aloperidolo 5mg al giorno in una dose, particolarmente indicato per il singhiozzo notturno.

Le cause possono essere innumerevoli (cerebrale centrale, irritazione nervofrenica, irritazione del diaframma, tossico-uremia, infetto). La causa di gran lunga più frequente è comunque probabilmente la distensione gastrica.

Per il lettore veloce:

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-019 Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Introduzione p. 1

2. Definizione p. 1

3. Cause p. 2

4. Assistenza infermieristica p. 2

5. Assistenza medica p. 5

1. INTRODUZIONE Lo stato confusionale o delirio è una sindrome frequente. Secondo letteratura corrente il 15-20% dei malati tumorali ricoverati hanno sintomi o segni di disturbi cognitivi, che nella maggior parte dei casi sono espressione di uno stato confusionale. L’incidenza aumenta con il progredire della malattia per arrivare all’80% dei pazienti che presentano un delirio nelle ultime 48 ore della loro vita.

Ci sono comunque pazienti che anche in uno stadio della malattia non così avanzato, sono più a rischio di altri, (pazienti con malattie concomitanti, con una storia di abuso di sostanze alcoliche, con età avanzata e in uno stato di decadimento psicofisico e disidratazione). Nel linguaggio dei curanti si ritrovano spesso termini quali confusione e agitazione. Ad essi non corrisponde un significato preciso, universalmente riconosciuto. Essi vengono utilizzati per descrivere comportamenti che possono variare da persona a persona. Lo stato confusionale acuto ha invece una definizione propria secondo il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - fourth edition, American Psychiatric Association, 1994).

2. DEFINIZIONE Il delirio è una disfunzione cerebrale globale, ad eziologia non specifica, caratterizzata da disturbi della coscienza, dell’attenzione, del pensiero, della percezione, della memoria, dei comportamenti*, della sfera emozionale** e del ciclo sonno-veglia.

STATO CONFUSIONALE

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stato confusionale (I-CURPAL-019)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

I 3 criteri per definire la presenza di delirio sono:

• Disturbo della coscienza con ridotta capacità a focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione (es. difficoltà a leggere e a discorrere a lungo senza “perdere il filo”)

• Alterazione della sfera cognitiva: deficit di memoria disorientamento (tempo, luogo, persona - frequente verso gli altri, rara verso se stesso) disturbi del linguaggio (es. paziente non trova le parole, ripete spesso le frasi, fa lunghe pause o non

riesce a dare il giusto significato alle parole) e/o lo sviluppo di disturbi percettivi, che non sono spiegati da demenza preesistente, stabile o in evoluzione (es. illusioni, allucinazioni ……)

• Il disturbo si sviluppa in un breve periodo (ore, giorni) e tende a fluttuare nel corso delle 24 ore (infatti momenti di delirio si alternano a momenti di lucidità).

* L’attività psicomotoria può essere alterata in modo ipertonico, ipotonico o misto. Persone con variante

iperattiva hanno spesso allucinazioni, agitazione e disorientamento. Chi ha forme ipotoniche si presenta solitamente più sonnolente e sedato. In quest’ultimo caso il delirio può anche non essere diagnosticato.

** I pazienti con delirio sono emozionalmente labili; essi presentano infatti repentini cambi di umore (paura, rabbia, depressione, irritabilità, euforia ….).

3. CAUSE L’origine del delirio è spesso multifattoriale. Le possibili cause sono distinguibili in:

- dirette: � tumore primario � metastasi cerebrali � emorragie/infarti cerebrali

- indirette: � iatrogene (come tossicità su oppioidi, accumulo di ansiolitici o neurolettici ecc.) � stati infettivi � disturbi metabolici (p.e. ipercalcemia, iponatriemia, iperammoniemia) � esiti di insufficienze organiche (epatica, renale) � disidratazione � ipossia � crisi di astinenza (alcool, benzodiazepine …) � ansia, depressione � cambiamento dell’ambiente � malnutrizione, vitamine � � ritenzione urinaria, stipsi In ogni caso, prima di cominciare un trattamento è necessario cercare di capire quali siano le cause più frequenti (raramente uno stato confusionale può essere spiegato con un’unica causa) e, se possibile, impostare allora una terapia causale.

4. ASSISTENZA INFERMIERISTICA L’ intervento infermieristico riguarda essenzialmente 3 punti:

1. La prevenzione

2. Il riconoscere precocemente lo stato confusional e acuto

3. Il prendersi cura del paziente confuso

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stato confusionale (I-CURPAL-019)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

1. “Prevenire è meglio che curare” → il paziente con uno stato cognitivo integro è in grado di esprimere i propri bisogni e di entrare in relazione con le persone che gli stanno vicino. Con l’alterarsi dello stato cognitivo tutto ciò viene a mancare con grande sofferenza per il paziente stesso e per i familiari. Per il personale curante prendersi cura di un paziente confuso è sicuramente complesso e necessita tempo e energia supplementari. Dobbiamo dunque saper riconoscere quali sono i pazienti a rischio: • pazienti con più patologie (polimorbidi) • pazienti con terapia farmacologica complessa (pericolo di interazioni e/o effetti collaterali) • pazienti conosciuti per abuso etilico e (ab-)uso di farmaci psicoattivi • pazienti anziani • pazienti disidratati o con tendenza alla disidratazione Ulteriori fattori di rischio sono: • stato febbrile • stipsi • infezioni • ritenzione urinaria • disturbi elettrolitici • disturbi metabolici Riuscire a riconoscere il paziente a rischio per uno stato confusionale ci permette di osservarlo in modo più attento. A questo scopo trovate sotto il capitolo “strumenti” la scala di valutazione dello stato confusionale, da usare proprio per intercettare tempestivamente i primi segnali. Un’attenzione particolare va data ai pazienti anziani che potrebbero confondersi già solo per il fatto di non essere nel loro ambiente. L’accoglienza al momento del ricovero deve comprendere anche un accurato orientamento del paziente nella nuova realtà.

2. Riconoscere precocemente lo stato confusionale a cuto Spesso percepiamo l’alterarsi dello stato cognitivo di un paziente prima ancora di averlo riconosciuto razionalmente. Lo stato confusionale acuto si definisce però in base a criteri oggettivi (vedi “Definizione”) che è importante conoscere per poter trovare conferma o meno alle nostre sensazioni e per poter porre una diagnosi precoce insieme al medico. Tra i primi segnali sottili che possiamo riscontrare i più comuni, secondo la nostra esperienza, sono:

• lo sguardo “perso” • perdere il filo del discorso • non trovare le parole • discorsi a momenti incoerenti • episodi di disorientamento • sogni strani, mai avuti prima • allucinazioni (visive, tattili, uditive, olfattive) • tendenza ad invertire il ritmo sonno-veglia. Importante sottolineare che l’esordio di uno stato confusionale è fluttuante : il paziente effettivamente alterna periodi dove appare assolutamente adeguato nei suoi comportamenti, a momenti di confusione dove possiamo riscontrare uno o più segni sopraelencati. Per riconoscere dunque il più presto possibile uno stato confusionale acuto dobbiamo affidarci alle nostre sensazioni e prendere sul serio ogni minimo dubbio, segnalandolo all’équipe. I familiari del paziente possono essere un valido aiuto e una risorsa da non trascurare.

3. Prendersi cura del paziente confuso… … è complesso e comprende molteplici aspetti. Il lavoro in équipe e obiettivi di cura chiari favoriscono una presa a carico globale ed efficace. Elenchiamo qui una serie di interventi di competenza infermieristica che rappresentano la base per un approccio il più completo possibile che deve essere comunque sempre personalizzato.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stato confusionale (I-CURPAL-019)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Comunicazione • essere consapevoli che il paziente ha una percezione diversa della realtà, e che può mal interpretare

quello che gli accade, non agire perciò di routine ma interrogarsi sul senso di ogni intervento esterno; • utilizzare frasi corte e semplici; • essere pazienti, calmi, empatici • adattare il ritmo il più possibile; • approccio e cure evitando gesti bruschi - essere consapevoli del nostro linguaggio non verbale; • validare senza alimentare il delirio • favorire l’autonomia.

Famiglia • raccogliere le informazioni che la famiglia può dare • informarli in modo chiaro sullo stato del paziente, sulle cause più probabili , le terapie previste, i limiti • rassicurare / sostenere • valorizzare la loro presenza • spiegare cosa è meglio evitare • se lo stato confusionale persiste, prevedere incontri regolari.

Riorientamento • riproduzione dell’ambiente familiare (abiti personali, foto, biancheria letto,…) • calendario, orologio • evitare cambio della camera • luce secondo le abitudini o le esigenze attuali del paziente • ridurre al minimo il numero di chi interviene • dare un ritmo alle giornate • verificare se porta occhiali e/o apparecchi acustici.

Sonno • conoscere abitudini, ev. “rituali” • ridurre rumori la sera • favorire quello che può aiutare ad addormentarsi (musica, thè,…) • incoraggiare l’attività durante il giorno per mantenere/ristabilire il ciclo sonno-veglia.

Cure di base spesso il paziente confuso non è più in grado di esprimere verbalmente i suoi bisogni più basilari, ci assicuriamo perciò che : - urini e vada di corpo regolarmente (accompagnarlo in bagno) - si idrati e si alimenti secondo le sue necessità - sia sostenuto nell’igiene personale inclusa la cura del cavo orale Sicurezza le misure di contenzione generano paura e suscitano una reazione di difesa aumentando così lo stato di agitazione. Nell’urgenza si può tollerare per un tempo breve l’utilizzo della fascia addominale di contenzione ma solo finché agisce il farmaco sedativo (vedi capitolo “Sedazione” classeur cure palliative). Vivamente sconsigliato legare al letto i polsi del paziente. Il paziente agitato, non contattabile, che rischia di ledere se stesso necessita urgentemente di una terapia farmacologica adeguata prescritta nel più breve tempo possibile e non di m isure di contenzione fisica. La collaborazione medico-infermieristica è essenziale e deve tener conto anche degli aspetti etici sia della contenzione fisica che della sedazione farmacologica. Equipe • prendersi cura di un paziente confuso e agitato senza usare misure di contenzione fisica, significa

disporre di una persona che si occupi solo di lui = dotazione adeguata di personale; • formazione continua per prevenire/riconoscere/prendersi cura in modo soddisfacente; • lo stato confusionale di un paziente spesso confonde anche l’équipe: fermarsi un attimo - fare il

punto della situazione - e stabilire un progetto di cura con obiettivi chiari aiuta a non perdersi.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stato confusionale (I-CURPAL-019)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 5 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

• Consulenze specialistiche • richiedere tempestivamente l’intervento del Servizio di Cure Palliative e/o dello psichiatra e/o del

geriatra.

5. ASSISTENZA MEDICA Valutazione iniziale: Tipo di manifestazione, tipo di insorgenza, tipo di decorso, sintomi concomitanti,

fattori scatenanti o limitanti, possibili cause. Sintomi: Alterazioni di: vigilanza, orientamento, cognizione, attenzione. Tipo di manifestazione: 1. Stato confusionale iperattivo (confusione + agitazione) 2. Stato confusionale ipoattivo (confusione + rallentamento) 3. Combinazione (alternanza di agitazione e rallentamento) Possibili cause: - Disfunzione organiche (SNC, reni, fegato)

- Disturbi metabolici ( Ca, Na, K, Crea, A. urico, Glicemia, …) - Disidratazione - Ipossia - Infezioni - Disturbi meccanici (ileo, globo vescicole, ascite, versamenti, …) - Farmaci (accumulo, interazioni, intossicazioni) - Situazione preterminale/terminale (fino 80% dei pazienti)

Trattamento: 1. Correggere ev. disfunzioni metaboliche e/o disidratazione 2. Rivalutare (ev. ridimensionare) terapie farmacologiche in corso 3. Trattare ev. infezioni (acute o croniche) 4. Terapia farmacologica dello stato confusionale Terapia farmacologica: Farmaco neurolettico di 1. scelta: Haloperidolo (Haldol)

Dosi indicative: po: 1-(2)mg q 8-12h (R: 1mg ripetibile fino 1x h) iv/sc: 1-(2)mg q 8-12h (R: 1-2mg ripetibile fino 1x h) i.cont.: 3-5mg su 24 h (R: 1mg ripetibile fino 1x h)

Alternative: Clorazepam (Tranxilium), Chlorpromazina (Chlorazin), Midazolam (Dormicum).Consultare Servizio Cure Palliative!

NB: Se stato confusionale da pressione endocranica: Steroidi

Bibliografia - Bigorio 2004, Delirium, Consensus on best practice in Palliative care in Switzerland - L’art de soigner en soins palliatifs, C. Foucault, Les Presses de l’Université de Montréal - Acute Confusional States in patients with advanced Cancer, Friedrich Stiefel, Robin Fainsinger and Eduardo

Bruera, Journal of Pain and Symptom Management Vol. 7 (2/1992) - La diagnosi e la valutazione dello Stato Confusionale acuto (delirium), Augusto Caraceri, Elsabeth Beltrami,

Claudia Borreani, Luigi Grassi, Quaderni di Cure Palliative (Vol. 6 no. 1/98)

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-020/A Servizio Cure Pall iat ive

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

SINTOMI:

SOMMARIO 1. Definizione e introduzione p. 1

2. Fisiologia dell’apparato digerente p. 2

3. Cause p. 3

4. Assistenza infermieristica p. 3

5. Assistenza medica p. 5

6. Bibliografia p. 7

7. Allegati: - Lassativi p. 8 - Constipation Score p. 9

1. DEFINIZIONE E INTRODUZIONE Stipsi : E’ il passaggio di feci, più o meno dure e asciutte, che avviene con difficoltà e

con scarsa frequenza (inferiore a 1 volta ogni 3 giorni o comunque inferiore alle abitudini precedenti alla malattia).

La stipsi nel paziente in uno stadio avanzato della malattia è un disturbo frequente e spesso fonte di non pochi disagi. Nella maggioranza di questi pazienti, pur dovendo sempre considerare la possibilità di una natura organica del disturbo (per compressione da progressione di una malattia in ambito addominale, da briglie aderenziali, ecc.) la stipsi è multicausale, legata cioè all’influenza di vari fattori in rapporto con la malattia, in particolare allo stato di nutrizione/idratazione, alla terapia specifica, alla terapia antidolorifica (specialmente oppiacea). In questo capitolo affronteremo questo problema dapprima con un breve riassunto sul funzionamento fisiologico dell’intestino, passando in rassegna poi le possibili cause per l’insorgenza della stipsi e concludendo con gli interventi infermieristici e medici.

STIPSI

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

2. FISIOLOGIA1 L’apparato digerente consta di un lungo tubo detto canale alimentare, differenziato in varie parti che svolgono funzioni diverse. La bocca che ha il compito di triturare, impastare l’alimento, la faringe-esofago di farlo scendere nello stomaco dove processi enzimatici demoliscono le particelle alimentari. Nell’intestino tenue avviene l’ulteriore digestione fino a livello molecolare e l’assorbimento di queste molecole. L’acqua viene ulteriormente assorbita nell’intestino crasso e le rimanenti scorie (feci) saranno espulse all’esterno. Perché il canale alimentare possa compiere le sue molteplici attività è provvisto di ghiandole situate sia nella sua parete sia all’esterno di essa: le ghiandole salivari a livello della bocca, il pancreas e il fegato a livello intestinale. L’intestino tenue è costituito da tre segmenti: il duodeno, il digiuno e l’ileo, e si caratterizza sul piano anatomico per la presenza dei villi e microvilli intestinali (estroflessioni della mucosa che consentono un enorme sviluppo della superficie assorbente). Tra villo e villo sono presenti inoltre ghiandole che producono succo enterico. Da un punto di vista funzionale, l’intestino tenue ha il compito di digerire gli alimenti, ossia di scomporli in sostanze chimicamente più semplici e assorbirli con il trasporto delle molecole digerite all’interno del letto vascolare. L’intestino tenue presenta in questo senso alcune caratteristiche fisiologiche:

1. attività motorie 2. attività digestive e di assorbimento 3. attività endocrine 4. funzioni immunitarie

1. Attività motorie: Consistono in movimenti peristaltici propulsivi e non propulsivi. I primi favoriscono la progressione del contenuto intestinale nei segmenti successivi: quelli non propulsivi il rimescolamento del contenuto intestinale in modo che le secrezioni esocrine degli organi digestivi (pancreas, fegato) possono venire a contatto con il cibo. 2. Attività digestive e di assorbimento: Le dimensioni dell’intestino tenue sono largamente sufficienti per l’assorbimento completo dei principi nutritivi, l’asportazione parziale di questo tratto compromette l’assorbimento solo quando è molto estesa. E’ nel digiuno che l’assorbimento è particolarmente attivo. Al di sotto dell’epitelio dei villi esiste una fitta rete di capillari che sfociano in vene tributarie della vena porta che va nel fegato. Nei villi sono presenti inoltre capillari linfatici che sboccano nel plesso linfatico intestinale e da questo al dotto toracico fino alla vena succlavia sinistra. Alle sostanze assorbite dal lume intestinale sono perciò aperte due vie: la via sanguigna attraverso il circolo portale che conduce al fegato e la via linfatica che immette direttamente in circolo. 3. Attività endocrine: Il passaggio del cibo digerito attraverso l’intestino comporta la liberazione di ormoni intestinali quali l’enterogastrone che ha la capacità di inibire le secrezioni gastriche, la colecistochinina che provoca la contrazione della colecisti e la secrezione enzimatica del pancreas. 4. Attività immunitarie: L’intestino è ricco di strutture linfatiche e partecipe alle funzioni immunitarie dell’organismo producendo immunoglobuline, specie IgA.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

L’intestino crasso è più corto del tenue e di maggior calibro; inizia a livello della fossa iliaca destra ed è costituito dal colon (ascendente-trasverso-discendente), dal sigma e dal retto. L’assorbimento dei materiali alimentari avviene essenzialmente nell’intestino tenue. I residui non digeriti e quindi non assorbiti passano nel crasso attraverso la valvola ileo-cecale. Le ghiandole di questa porzione intestinale non secernono succhi digestivi ma solo mucina che protegge le pareti del colon dall’azione irritante dei residui. Nel colon avviene un ultimo assorbimento di H2O e sali che rende progressivamente solidi i residui stessi trasformandoli in feci. Le feci derivano solo in parte dai cibi ingeriti: sono povere di H2O e composte da residui alimentari (in particolare da cellulosa), prodotti del tratto intestinale (cellule di desquamazione dell’intestino, pigmenti biliari), batteri e muco. Gran parte della cellulosa introdotta con gli alimenti si ritrova nelle feci e ne aumenta il volume (essa infatti è aggredita solo da cellulasi batteriche e quindi scarsamente digerita), è dunque un materiale importante nella digestione poiché rappresenta uno stimolo per l’attività motoria e secretiva del tenue e specialmente per la peristalsi dell’intestino crasso. Poiché le feci non derivano solo dagli alimenti, du rante un completo digiuno si formano ugualmente e hanno una composizione non proprio dissimile dall a norma.

3. CAUSE

• quale effetto diretto di una progressione della malattia tumorale a livello add ominale;

• briglie aderenziali (dopo interventi chirurgici), fibrosi post attinica;

• denutrizione o malnutrizione e disidratazione ;

• attività fisica ridotta ;

• farmaci : oppioidi deboli e forti, anticolinergici, antidepressivi, neurolettici, determinate chemioterapie, antiacidi a base di alluminio, diuretici, ferro, uso cronico di lassativi, ecc.

• fattori psicologici (es: mancanza di privacy);

• squilibri elettrolitici (ipercalcemia, ipokaliemia) e metabolici (ipotiroidismo)

• disturbi neurologici : lesioni del midollo spinale (paraplegia), infiltrazione a livello dei nervi sacrali, tumore cerebrale, insufficienza del sistema nervoso vegetativo in pz con cachessia-anoressia-astenia

• dolori : disturbi nella regione anale (emorroidi, ragadi).

4. ASSISTENZA INFERMIERISTICA Valutare Paziente con stipsi Curare con interventi specifici Informare per prevenire

Valutare Non tutti i pazienti parlano spontaneamente con il personale curante dei loro problemi intestinali, per cui questo sintomo, che crea spesso molti disagi, può passare inosservato. E’ quindi necessario, anche se il paziente non riferisce di essere stitico, compiere una raccolta di dati che tenga conto dei seguenti punti: Elementi generali: - Età della persona. - Abitudini alimentari e apporto giornaliero di liquidi.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 4 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

- Attività fisica. - Ambiente di lavoro e ritmi di vita. - Condizioni di stress. - Patologie presenti: diverticolite, ipotiroidismo, ipercalcemia o ipokaliemia, sclerosi multipla, sindrome di

Parkinson, diabete mellito, lesioni al midollo spinale. - Uso di determinati medicamenti: (vedi “terapia medicamentosa”) Elementi specifici del tratto intestinale:

- Frequenza e quantità dell’evacuazione giornaliera. - Aspetto della massa fecale. - Abitudini legate all’evacuazione. - Difficoltà legate alla defecazione (es. tenesmo) e disturbi dell’apparato intestinale (es. emorroidi, fistole,

ragadi...).

Curare con interventi specifici Dalla valutazione giornaliera l’infermiere deve riscontrare la presenza dei sintomi che si associano alla stipsi: senso di pienezza intestinale, flatulenza, lingua impastata, alitosi, anoressia, dolori addominali, nausea/vomito e a volte diarrea paradossa, cefalea, pressione rettale, agitazione psicomotoria. Deve inoltre aiutare la persona a verbalizzare i problemi legati al bisogno di evacuazione riducendo al minimo il suo disagio. Discuterne assieme è il mezzo mediante il quale si fissano degli obiettivi che consistono nel ridurre i dolori legati all’evacuazione sino al tentare, se la causa scatenante lo consente, di ottenere un alvo “normale”. Accanto ad un’elaborazione comune di un apporto idrico e alimentare adeguato, l’infermiere può inoltre agire facendo in modo di: - Garantire la privacy ed il rispetto delle abitudini della persona (es. riflesso gastro-colico dopo la colazione). - Aiutare il paziente ad assumere una posizione adeguata. Garantire un bagno non distante dal letto del paziente, eventualmente fare uso della comoda per

spostarlo in bagno. Se il paziente non riesce a sedersi sul WC per la difficoltà nel rialzarsi, fornire strutture in plastica (rialzi).

Posizionare davanti alla comoda o al WC uno sgabello su cui il paziente possa appoggiare le gambe (i muscoli delle cosce possono aiutarlo durante la defecazione).

Usare la padella solo per i pazienti allettati, che non possono proprio alzarsi . Se occorre, imbottirla e aiutare il paziente a raggiungere una posizione semiseduta.

- Identificare rapidamente la presenza di fecalomi me diante esplorazione rettale, evitando di

considerare erroneamente episodi diarroici legati all’azione di liquefazione del materiale fecale per azione batterica. I fecalomi si localizzano per il 98% nel retto e per l’1-2% nel colon trasverso e nel sigma.

Per l’eliminazione di fecalomi si ricorre a clisteri a base di glicerina o fosfati, associati ad una cauta rimozione manuale per evitare lesioni alla mucosa. In questo senso può essere utile l’utilizzo di un gel anestetico (Lidocaina Gel 2%) sia all’esterno che istllato nel retto 10 minuti prima.2

Intensificare la prevenzione della stipsi per evita re il ripetersi di queste situazioni.

Informare per prevenire La migliore strategia terapeutica per affrontare la stipsi è evitare che essa insorga . Quindi dopo aver riconosciuto, sulla base di quanto osservato e valutato, gli individui a “rischio”, ci si mobilita per dare adito ad un’adeguata opera di PREVENZIONE. I punti su cui ci si deve concentrare nell’informazione al paziente sono sostanzialmente quattro:

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 5 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

1. Se il paziente ha ancora un apporto nutrizionale normale e se non ci sono problemi di passaggio, discutere con lui l’importanza di una dieta con alimenti ricchi di fibre :

• succhi di frutta (mela, uva, arancia,...); • pane integrale, cereali, riso integrale; • frutta (prugne, more, lamponi, pesche, pere, mele,...) • verdura (lattuga, carote, spinaci, sedano,...), passati di verdura; • dessert a base di frutta. Consigliati pure yoghurt, latticini, formaggi freschi poiché il latte viene indicato come stimolatore del

transito intestinale.3 Attualmente sono stati elaborati dalle case farmaceutiche, degli integratori alimentari e nutrizioni enterali

dotate di un contenuto in fibre (solitamente a base di SOIA) compreso tra l’1,8g e i 28g per confezione (es. Meritene soupes, Osmolite con fibre, Nutrodrip fibre, Supportan).

2. Spesso questi pazienti non hanno l’abitudine di bere molto, è dunque importante spiegare loro

l’importanza dell’assunzione giornaliera di liquidi (almeno 1 lt, meglio ancora 2 lt salvo controindicazioni). Lo scopo è di aumentare il volume della massa fecale e nel frattempo rendere le feci stesse più morbide.

3. Incoraggiare il paziente a soddisfare immediatament e lo stimolo della defecazione . Sembra infatti

che ignorandolo, sia i muscoli che la mucosa della regione rettale diventino con il tempo insensibili alla presenza di feci. La ritenzione prolungata di feci nel retto determina inoltre il riassorbimento dell’acqua presente nella massa fecale stessa, rendendone estremamente difficile l’espulsione.

4. Spiegare al paziente l’utilizzo dei lassativi onde evitare condizioni di abuso o di sottodosaggio.

Ricordare al paziente che determinati medicamenti causano l’insorgere della stipsi ed è quindi importante garantire un’evacuazione regolare (almeno 1 volta ogni 3 giorni).

Altri semplici rimedi ai quali può ricorrere il paziente per stimolare l’attività intestinale 4: - bere un bicchiere di acqua naturale a temperatura ambiente (o addirittura tiepida) il mattino a digiuno;

- massaggiare l’addome in senso orario.

5. ASSISTENZA MEDICA Osservazioni introduttive: Per il lettore veloce vengono ripresi alcuni punti essenziali, dei quali va tenuto conto nella prescrizione di una terapia medicamentosa.

1. Il sintomo costipazione è frequente: risulta nel 50% circa dei malati con malattia tumorale avanzata, e nel 90% circa dei malati sotto trattamento con oppioidi. 2. E’ praticamente sempre multicausale: • Medicamentoso: - oppioidi senza terapia lassativa adeguata - altri (anticolinergici, antistaminici, triciclici, neurolettici, diuretici, ferro, anti-

ipertensivi, derivati della vinca, antiemetici moderni (Navoban, Kytril, Zofran), ecc.)

• Cachessia e astenia con consecutiva neuropatia vegetativa (molto frequente) • Inattività • Disidratazione • Ipercalcemia, ipokaliemia. • Fattori “psicologici” (sistemazione della toilette “non famigliare”). • Effetti tumorali locali. 3. Il sintomo costipazione è praticamente sempre multidimensionale . Si può manifestare addirittura

anche solo con uno o più sintomi indotti come: • inappetenza, nausea, vomito • dolori • meteorismo • tenesmi

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 6 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

• incontinenza urinaria indotta • diarrea (paradossale) • irrequietezza, insonnia, ansia, irritabilità o stato confusionale. 4. La multicausalità e la multidimensionalità impongono, prima di passare a misure terapeutiche, una

valutazione accurata ed un monitoraggio continuo durante il trattamento. I punti cardinali sono ovviamente:

• l’anamnesi (abitudini, sintomi dettagliati), • una visita : tensione addominale, dolenzia specialmente nella fossa iliaca destra, masse fecali. • un esame rettale : ragadi?, tono sfinterico?, masse rettali?, compressione estrinseca?, contenuto

dell’ampolla? (vuoto, feci molli), fecaloma? • un esame paraclinico molto utile è la radiografia dell’addome a vuoto da sdraiato, specialmente in

presenza di un’ampolla vuota alla palpazione (vedi constipation score allegato). Misure generali:

1. Cambiare, rispettivamente aumentare la terapia lassativa in pazienti sotto oppioidi. 2. Identificare i medicamenti “colpevoli” ed eliminarli o sostituirli. 3. Aumentare, se possibile, le sostanze residue nella dieta (cave, problemi meccanici: carcinosi

peritoneale, aderenze). 4. Aumentare l’idratazione perorale. 5. Aumentare l’attività. 6. Adattare la toilette dal lato logistico. 7. Correggere ipercalcemia o ipokaliemia. Misure specifiche:

Obiettivo della terapia: almeno una defecazione con feci non dure, ogni tre giorni o meno. Dopo 3 giorni senza defecazione, se si impone una terapia “rescue” (clistere e/o svuotamento manuale), significa che la terapia lassativa precedente non era sufficiente e va quindi potenziata. La terapia lassativa è da considerare e da condurre in modo profilattico (si deve evitare il blocco piuttosto che effettuare un “rescue”), in particolare in caso di terapia con oppiacei. 1. Cominciare con uno stimolatore della peristalsi (es. Laxoberon) assieme ad un Softener (Ducosat) o olio

di paraffina. Quest’ultimo può essere sostituito anche da Duphalac se il dosaggio non deve essere troppo elevato (cave: fermentazione con meteorismo e flatulenza). La combinazione è necessaria solitamente quando il paziente è sotto terapia con oppioidi, in caso contrario può bastare Laxoberon da solo.

2. Se le feci sono molli ma troppo infrequenti, aumentare il Laxoberon o cambiare stimolatore (es: Senna). Se le feci sono dure, aumentare invece il softener (vedi sopra) o aggiungere un altro lassativo

osmoticamente attivo (es: Transipeg). 3. Una nuova valutazione si impone se il paziente non va di corpo per 3 giorni, oppure se compare diarrea

e/o incontinenza; in tal caso si tratta di escludere la presenza di fecalomi (approccio: microclistere oleoso o acquoso e/o svuotamento manuale).

Prevalentemente softener Prevalentemente stimolante la peristalsi

Olio di paraffina - Paragol

(Ducosat)

Lattulosio - Duphalac

Lassativi salini (Transipeg, Movicol, Isocolan)

Senna - Pursennid

Bisacodyl (Dulcolax)

Picosulfato - Laxoberon

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 7 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

4. In caso di stipsi persistente nonostante una terapia lassativa massimale, in pazienti che assumono

oppiacei, è da considerare l’utilizzo dell’antagonista selettivo degli oppiacei selettivo Methyl-Naltrexone (Relistor). Si consiglia un consulto con i medici del servizio di cure palliative.

6. BIBLIOGRAFIA

1 Manuale di patologia medica. Alfonso Lagi, Rosini Ed. 1986, pag. 321-323

2 Handbook of Palliative Care in Cancer. Alexander Waller, Nancy L. Caroline, Ed. Butterworth-Heinemann, pag.179

3 Comment prévenir la constipation? Opuscolo distribuito dal Servizio di cure palliative, Ospedale Universitario, Grenoble

4 L’art de soigner en soins palliatifs. Claudette Foucault, Ed. Les Presses de l’Université de Montréal, p. 171

orltro
cure palliative

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 8 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

Allegato no 1 - Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Lassativi 1. Lassativi lubrificanti: lubrificano le feci alla superficie e penetrandole le rendono più molli. Esempio → olio di paraffina - Paragol) 2. Lassativi stimolanti: Inducono la peristalsi. Le sostanze più usate sono il Picosulfato (Laxoberon), la senna (Pursennid) e il Bisacodyl (Dulcolax).

A dosaggi più alti possono causare dei dolori a forma di colica. Questo effetto secondario può essere mitigato invitando i pazienti a bere abbondantemente. Evidentemente vi è una relativa controindicazione in caso di stipsi indotta da problemi meccanici.

Cisapride (Prepulsid) viene prescritto nella nausea dovuta in particolare ad una gastroparesi. In questo caso si può sfruttare il suo effetto promotore della peristalsi come lassativo.

3. Lassativi osmotici: a) “zuccheri”: non vengono “digeriti” e riescono pertanto ad essere osmoticamente attivi, rendendo le

feci più liquide nel tenue. Nel colon vengono degradati dalla flora batterica, quindi lì cessa l’attività osmotica ed aumenta quella peristaltica attraverso l’aumento del volume batterico. A dosaggi più consistenti hanno lo svantaggio di creare meteorismo. Per questo e per il sapore molto dolce la compliance alla lunga diminuisce.

Esempi: Lattulosio (Duphalac, Importal), Mannitolo, Sorbitolo. b) sali non riassorbiti: sono osmoticamente attivi in tutto l’intestino (anche nel colon) e hanno

probabilmente anche un’attività peristaltica. Esempi: Transipeg, Movicol, Isocolan. 4. Associazioni di diverse sostanze: Valverde (senna + fichi), Paragar (olio di paraffina + fenoftaleina +

agar) 5. Lassativi che aumentano il volume delle feci La crusca o altre sostanze atte ad aumentare il volume delle feci contenendo più residui (p.e. Metamucil,

Colosan) non trovano quasi mai applicazione in medicina palliativa, anzi in questa particolare situazione (cachessia, gastroparesi, problemi meccanici, tossicità da morfina, ecc.) sono molto spesso controindicati.

6. Lassativi rettali osmoticamente attivi:

- Bulboid supposte - Microclist - Practoclyss - Dulcolax supposte

orltro
cure palliative

Data di emissione: 18.09.07 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 9 di 9 Data di aggiornamento: 14.12.2010 Approvato da: Serv. Cure palliative

Allegato no 2 - Manuale di Cure Palliative - Sintomi - Stipsi (I-CURPAL-020)

Constipation score La costipazione è un sintomo e pertanto va valutato primariamente secondo quello che esprime il paziente. Tuttavia non raramente il malato identifica questo problema troppo tardi, quando il sintomo magari è già avanzato o si manifesta con altre dimensioni (nausea, inappetenza, irrequietezza, ecc.). In tal caso diventa più difficile identificare il problema primario. Ciò vale specialmente per malati sotto terapia con oppioidi. Il constipation score ci aiuta a “obiettivare” l’estensione e la gravità della costipazione. Il grado di coprostasi lo si valuta su una radiografia dell’addome a vuoto, fatta su paziente sdraiato. Ogni segmento del colon viene giudicato per il suo contenuto di feci: - colon ascendente - colon trasverso - colon discendente - colon sigma-retto Punteggio: Il segmento → non contiene feci: 0 punti → contiene feci < 50%: 1 punto → contiene > 50% ma non è pieno: 2 punti → è pieno: 3 punti. Lo score sarà tra 0 e 12 punti. Se il risultato è di 7 o più punti deve essere considerata “costipazione” bisognosa di essere trattata, rispettivamente il trattamento forse già in atto non è sufficiente e deve essere modificato.

Segmento 2

Segm. 3 Segm. 1

Segm. 4

orltro
cure palliative

Tratto dall’articolo scritto da H. Neuenschwander 1,2, B. Marx 2, C. Sessa 1, F. Cavalli 1 e adattato gennaio 2007

PRESENTAZIONE: HOSPICE TICINO SOMMARIO

1) Introduzione pag. 1

2) Che cos’è Hospice? pag. 2

3) Gli obiettivi di Hospice pag. 4

4) Criteri di inclusione per i pazienti pag. 5

5) Indirizzi pag. 5

1) Introduzione In Ticino fino al 1990, secondo un’analisi retrospettiva, all’incirca il 70–80% di tutti i pazienti con malattia tumorale sono morti in ospedale. I motivi più frequenti di ospedalizzazione sono elencati nella tabella 1: Tabella 1: I motivi più frequenti di ospedalizzazione • Astenia • Dolori • Dispnea • Stato confusionale • Sovraccarico della famiglia Se si voleva ampliare la libertà di autodeterminazione in riferimento alle cure e al luogo di morte e ridurre la frequenza come pure la durata dell’ospedalizzazione, era opportuno elaborare una struttura che fosse in grado di occuparsi in modo efficace di questi 5 fattori principali. Nella pianificazione ci era chiaro che esistevano già le risorse necessarie (medici curanti, infermieri a domicilio, servizio sociale, volontari, fisioterapisti, assistenti spirituali, strutture familiari, ecc…) per assistere a domicilio persone gravemente malate o vicine alla morte. Il problema consisteva, e consiste tuttora, più che altro nel coordinamento delle risorse assistenziali già disponibili sul territorio. Non si trattava infatti di creare nuove strutture, ma piuttosto di organizzare ed eventualmente completare le esistenti. 1) IOSI

2) Hospice Lugano

orltro
cure palliative

Classeur Cure Palliative - Presentazione - Hospice Ticino

Tratto dall’articolo scritto da H. Neuenschwander 1,2, B. Marx 2, C. Sessa 1, F. Cavalli 1 e adattato gennaio 2007 2

2) Che cos’è Hospice?

La figura 1 rappresenta graficamente il concetto del programma Hospice.

Figura 1

Al centro si situa l’unità di cura. Essa è composta dal malato e dalla sua famiglia o persona di riferimento.

Medico Hospice

Medico curante

Servizio aiuto domiciliare (SAD)

(Spitex)

Psicologo

Assistente sociale

Unità di cura

Team di cura

Team di supporto

Infermiera di coordinamento

orltro
cure palliative

Classeur Cure Palliative - Presentazione - Hospice Ticino

Tratto dall’articolo scritto da H. Neuenschwander 1,2, B. Marx 2, C. Sessa 1, F. Cavalli 1 e adattato gennaio 2007 3

L’assistenza al paziente ed ai familiari viene garantita primariamente dal team di cura . Esso è composto da 3 pilastri principali: - il medico curante - i consorzi infermieristici e di aiuto domiciliare (pubblici e privati) - l’assistente sociale (che nel nostro caso è messo a disposizione dalla Lega Ticinese contro il cancro). Il team di cura è attorniato dal team di supporto di cui gli elementi fondamentali sono: � la coordinatrice: si tratta di un’infermiera (con formazione in cure palliative) che risponde ad un vasto mansionario

quale la valutazione delle risorse dell’unità di cura, la valutazione dei bisogni, l’organizzazione dei mezzi ausiliari (mobilio, telefono, mezzi di riabilitazione, ecc…), l’allestimento di piani intervento, la garanzia del flusso di informazione, la direzione della riunione settimanale e via dicendo.

� Il medico Hospice: si tratta di un oncologo con formazione complementare in medicina palliativa. Sostiene il medico

curante come consulente e, su richiesta, visita il malato a domicilio. � Lo psicologo: si tratta di uno psichiatra con esperienza pluriennale in psico-oncologia. Durante la riunione settimanale: � Per ogni paziente viene definita la prognosi, non solo per quanto riguarda l’aspettativa di vita, ma

anche per la qualità della stessa (probabili futuri sintomi) che viene rivalutata settimanalmente e adattata alla nuova situazione.

Con questo modo di procedere, il gruppo di cura ha la possibilità di prepararsi e di preparare il paziente e la sua famiglia ai cambiamenti indotti dalla malattia. Questo serve a ridurre il rischio di scompensi fisici e psichici.

Riteniamo che l’informazione continua dell’unità di cura sia essenziale allo scopo di essere preparati meglio nel caso di complicazioni.

� La formazione continua del team di cura si concentra sui 5 sintomi principali che normalmente portano al ricovero (vedi tabella 1). Comunque vengono trattati regolarmente anche altri temi del vasto campo della medicina palliativa.

orltro
cure palliative

Classeur Cure Palliative - Presentazione - Hospice Ticino

Tratto dall’articolo scritto da H. Neuenschwander 1,2, B. Marx 2, C. Sessa 1, F. Cavalli 1 e adattato gennaio 2007 4

3) Gli obiettivi di Hospice : vengono formulati individualmente, in funzione al livello di applicazione (vedi tabella 2):

Tabella 2: Obiettivi del programma Hospice

1. Utenti (unità di cura) � Garantire accesso a cure palliative di qualità a domicilio � Per la famiglia – diminuzione del sovraccarico – sostegno nel vivere un’esperienza di malattia – condividere un momento di solidarietà � Evitare inutili ricoveri � Accompagnamento anche durante i ricoveri � Sostegno nel periodo di lutto (prima e dopo il decesso) 2. Partner (team di cura) � Coordinamento degli interventi rispettando le competenze ed evitando le sovrapposizioni � Supporto professionale e logistico – consulti – organizzazione di supplenze, garanzia di continuità 3. Gruppo Hospice � Supporto reciproco (team di cura e di supporto) – conoscenze professionali – supervisione – lavoro di gruppo, profilassi del burn out � Incremento della capacità al lavoro nel gruppo – riconoscimento delle competenze individuali – riconoscimento delle sovrapposizioni – elaborazione dei conflitti � Formazione continua � Ricerca, controllo di qualità 4. Politico / sociale � Incremento della solidarietà � Esperienza di malattia e morte � Divulgazione della medicina palliativa � Incremento della collaborazione tra settori pubblici e privati � Riduzione dei costi All’interno del gruppo Hospice si da grosso rilievo alla capacità di comunicazione e al lavoro di gruppo. Crediamo infine che il lavoro del programma Hospice dovrebbe avere anche qualche impatto sociale che dia la possibilità di vivere un’esperienza di solidarietà e di capire che la malattia e la morte non sono valori astratti ma fasi concrete della vita. Naturalmente non tutti i pazienti possono essere seguiti e curati a domicilio fino alla fine. La presenza di una rete sociale minima è essenziale , siccome Hospice si definisce complementare alla struttura familiare. Il programma infatti non vuole e non può sostituirsi alla famiglia (considerando che la famiglia ha un doppio ruolo: quello di assistente e quello di assistito) o «trasferire l’ospedale a casa».

orltro
cure palliative

Classeur Cure Palliative - Presentazione - Hospice Ticino

Tratto dall’articolo scritto da H. Neuenschwander 1,2, B. Marx 2, C. Sessa 1, F. Cavalli 1 e adattato gennaio 2007 5

4) Criteri d’inclusione per i pazienti: - Criteri legati alla malattia • malattia tumorale in ogni fase con presenza o minaccia di sintomi • malattia tumorale come causa di scompensi psicofisici e sociali. - Criteri legati al malato • il malato vuole rientrare, rispettivamente, rimanere a casa • un’informazione adeguata e continua sulla natura della malattia è auspicabile. - Criteri legati all’entourage • disponibilità della famiglia di portare, rispettivamente, di tenere il malato in casa • la disponibilità di almeno una persona di riferimento è auspicabile • la presenza di un medico di famiglia disponibile alla collaborazione con Hospice è indispensabile • la famiglia, dopo un’adeguata informazione, riconosce i limiti dell’offerta Hospice, li accetta ed

esprime delle aspettative realistiche. I criteri di inclusione rappresentano un’indicazione di base per la presa a carico dei pazienti. In situazioni particolari e ben discusse fra tutti i partecipanti alle cure, possono essere inclusi anche pazienti che non soddisfano del tutto questi criteri. Esempio classico sono i pazienti che dispongono di poche (o nulle) risorse famigliari; dove quindi è già chiaro sin dall’inizio che la presa a carico non potrà protrarsi interamente a domicilio. Ci sembra importante sottolineare che il malato non deve essere seguito «a casa» o «in ospedale» ma possibilmente nel luogo di sua scelta . Questa scelta può subire delle modifiche durante la malattia. Dev’essere perciò regolarmente rivalutata e, se è il caso, adattata alle nuove necessità. 5) Indirizzi:

•••• per Lugano dintorni e Malcantone: Hospice Lugano, Viale dei Faggi 8, 6900 Lugano, tel. 091/972 19 77 infermiera coordinatrice: Bea Marx •••• per il Mendrisiotto: Hospice Mendrisio, Via Mola 20, 6850 Mendrisio, tel. 091/976 11 72 infermiere coordinatrici: Milena Catenazzi Angeloni, Lucia Moretto •••• per Bellinzona e valli Hospice Bellinzona, c/o Abath, Sede Villa Mariotti CP, Salita Mariotti 2, 6500 Bellinzona tel. 091/976 11 73 infermiera coordinatrice: Lorenza Ferrari

•••• per Locarno e dintorni e valli Hospice Locarno, c/o Ospedale Regionale di Locarno La Carità, 6600 Locarno tel. 091/976 11 74 infermiere coordinatricie: Fulvia Fabbrini, Maria Lago •••• per tutto il cantone Hospice Pediatrico Hospice Locarno, c/o Ospedale Regionale di Locarno La Carità, 6600 Locarno tel. 091/811 45 80 •••• per Hospice Ticino tel. 091/976 11 78 infermiera responsabile: Jacqueline Vincenzino segretariato: Carla Biadici

orltro
cure palliative

IOSI I-CURPAL-022 Servizio Cure Pal l iat ive

Data di emissione: 10.11.05 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 1 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

RACCOMANDAZIONI PER L’UTILIZZO DELLA PEG (GASTROSTOMIA PERCUTANEA

ENDOSCOPICA) PER NUTRIZIONE E PER SCARICO IN CURE PALLIATIVE _______________________________________________________________________ Gruppo di lavoro: ● Dr.P.Sanna (coordinatore), SCP-UCP IOSI e Hospice Ticino

● Dr.H.Neuenschwander, SCP-UCP IOSI e Hospice Ticino ● Dr.ssa M.Lang, direzione medica Hospice Ticino ● Dr.ssa C.Quattropani, servizio di gastroenterologia OBV

● Dr.C.Gaia, servizio di gastroenterologia ORBV INTRODUZIONE E RAZIONALE Il decorso sempre più cronico di malattie gravi come per esempio quelle neoplastiche e neurologiche, confrontano spesso il personale curante con il problema dell’apporto calorico nel momento in cui i pazienti non sono più in grado di provvedere direttamente ai loro bisogni o sono ostacolati nell’assunzione del cibo per le vie naturali da patologie orofaringee, mediastiniche, esofagogastriche o neurologiche. In altre situazioni si pone invece la necessità di fornire una via “di scarico” vista la presenza di una situazione di subileo o ileo con l’impossibilità di gestire sintomi derivanti quali nausea, vomito, dolori, ecc. In taluni casi si presenta inoltre un’intolleranza soggettiva al sondino nasogastrico, ciò che richiede soluzioni alternative. La Gastrostomia Percutanea Endoscopica (PEG), descritta per la prima volta da Gauderer nel 1980, si è nel frattempo instaurata quale procedura standard ben documentata per la gestione a medio e lungo termine della nutrizione per via enterale in pazienti nei quali non può essere sfruttata la via naturale attraverso il tratto oroesofageo. La posa di una PEG permette un adeguato apporto calorico per via enterale, è associata ad un basso rischio di complicazioni e può in genere essere gestita convenientemente dal paziente e dal suo entourage famigliare anche al di fuori del contesto ospedaliero. Più recentemente ha preso corpo anche l’utilizzo inverso della PEG, cioè quale via “di scarico” al fine di ovviare alla stasi gastrica e più in generale gastrointestinale causata dalla presenza di stop meccanici o funzionali a livello del transito. Si parla qui dunque di PEG “di scarico”. Rappresenta in taluni pazienti una valida alternativa al sondino nasogastrico, spesso mal sopportato soggettivamente, e ad altre procedure di drenaggio via canula. INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI PEG per nutrizione In generale si può dire che l’indicazione alla posa di una PEG per la nutrizione enterale è data quando un paziente non potrà verosimilmente nutrirsi ed idratarsi per via naturale per un periodo che supera le 4 settimane e se sono soddisfatti i presupposti per il riassorbimento enterico. La decisione di posare una PEG include l’attenta valutazione della volontà del paziente, della sua situazione globale, della sua verosimile prognosi e non da ultimo delle controindicazioni alla procedura stessa.

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Altri documenti utili - Raccomandazioni per l’utilzzo della PEG per nutrizione e per scarico in cure palliative (I-CURPAL-022)

Data di emissione: 10.11.05 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 2 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

Indicazioni classiche: - Patologie neurologiche

(ictus, trauma, SM, SLA, paralisi bulbare, M.Parkinson, demenza - Patologie neoplastiche (tumori cerebrali, tumori ORL o esofagei stenosanti)

- Profilassi (prima di radio-chemioterapia)

- Chirurgia e traumatologia

(chirurgia maxillofacciale, politrauma, …) Controindicazioni assolute : - Attesa di vita breve (<4 settimane)

- Peritonite - Carcinosi peritoneale massiccia - Ascite massiccia - Coagulopatia non correggibile

- Stenosi esofagea grave - Patologie psichiatriche gravi - Assenza di diafanoscopia Controindicazioni relative: - Stato dopo resezione gastrica

- Ascite (quantità moderata) - Ipertensione portale - Infezione della parete addominale - Carcinosi peritoneale incipiente

PEG di scarico In generale l’indicazione ad una PEG di scarico può essere posta con più elasticità e anche più tardivamente nel corso di malattia rispetto alla PEG tradizionale essendo qui lo scopo totalmente palliativo. Si tratta infatti spesso di pazienti con un’attesa di vita breve, gravati da sintomi di ostruzione intestinale (specialmente alta) ingestibili e soggettivamente spiacevoli (p.es. vomito fecale).

Indicazioni classiche: - Ileo florido/sintomatico di origine neoplastica e non, non gestibile in maniera conservativa/farmacologica Controindicazioni: - Carcinosi peritoneale massiccia

- Peritonite - Coagulopatia non correggibile - Stenosi esofagea grave - Patologie psichiatriche gravi - Assenza di diafanoscopia N.B: In caso di controindicazioni alla PEG, tenere in considerazione l’alternativa della

gastrostomia chirurgica (fistola di Witzel).

orltro
cure palliative

Manuale di Cure Palliative - Altri documenti utili - Raccomandazioni per l’utilzzo della PEG per nutrizione e per scarico in cure palliative (I-CURPAL-022)

Data di emissione: 10.11.05 Redatto da: Serv. Cure palliative Pagina 3 di 3 Data di aggiornamento: Approvato da: Serv. Cure palliative

PROCEDERE Identificato il paziente che potrebbe beneficiare di una PEG per la nutrizione o di scarico, viene discussa l’indicazione all’intervento con il gastroenterologo tenendo conto degli aspetti pratici, delle indicazioni e delle controindicazioni discussi sopra. La decisione definitiva per la posa di una PEG, i potenziali rischi e le possibili complicazioni, vengono quindi discussi con il paziente e con i famigliari di riferimento (possibilmente più di uno). Al paziente dovrà in ogni caso essere sottoposto il consenso informato da firmare. È auspicabile che un’infermiera del reparto di riferimento per il paziente sia presente durante l’intervento per vedere il sito di posa e apprendere le tecniche di manipolazione della canula. Una volta posata la PEG, in vista delle dimissioni deve avvenire un’accurata formazione del paziente (quando è possibile) e dei famigliari di riferimento all’utilizzo e alla gestione pratica extra-ospedaliera della PEG. Un’informazione esaustiva deve essere inoltre trasmessa alle infermiere che operano sul territorio come pure al medico curante e agli altri medici coinvolti nella gestione del paziente. Sarà compito dei medici del reparto seguire il paziente nel decorso ospedaliero con il supporto del gastroenterologo operatore. Questo team sarà inoltre responsabile di organizzare il necessario per la gestione della PEG dopo le dimissioni. Oltre al medico curante, tutti i medici coinvolti nella gestione ospedaliera del paziente riceveranno una copia della lettera d’uscita. In questa dovrà obbligatoriamente figurare oltre alla procedura anche la data di posa e il nome del gastroenterolo-go operatore (ev. allegare una copia del rapporto operatorio di posa PEG). Nel caso di problemi nella gestione della PEG o nel caso di riammissione in ospedale si farà riferimento (nel limite del possibile) al gastroenterologo che già conosce il paziente. È importante ricordare che la PEG può rimanere in sede per un tempo indeterminato e non necessità di sostituzione regolare. È auspicabile la raccolta di dati inerenti la posa di PEG in un data base unico a fini medici e ev. scientifici. Letteratura come pure informazioni supplementari sul tema sono ottenibile presso i membri del gruppo. Per il gruppo di lavoro PEG: Bellinzona, 10.11.2005 Dr.med. P.Sanna, coordinatore Dr.med.H.Neuenschwander Dr.ssa med. M.Lang Dr.ssa med. C.Quattropani Dr.med.C.Gaia Letteratura suggerita : Gauderer WL et al., Gastrostomy without laparotomy: A percutaneous endoscopic technique. J Pediatr Surg 1980; 15: 872-875 Eggenberger C et al., Perkutane Endoskopische Gastrostomie (PEG): Indikationen, Technik, Komplikationen und Langszeitbetreuung. Schweiz Med Forum 2004; 4: 77-83 Ritz MA et al., Perkutane Endoskopische Gastrostomie (PEG) zur palliativen Entlastungsdrainage bei inoperablem Ileus. Schweiz Med Wochenschr 2000; 130: 1699-1701

orltro
cure palliative