Mansioni, demansionamenti, trasferimenti

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6CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURANona Commissione - Tirocinio e Formazione ProfessionaleIncontro di studi sul tema:Controversie di lavoro ed onere della provaRoma, 25-27 giugno 2007MARIA CASOLAMansioni, demansionamenti, trasferimenti e mobbing

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    6CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

    Nona Commissione - Tirocinio e Formazione Professionale

    Incontro di studi sul tema:

    Controversie di lavoro ed onere della prova

    Roma, 25-27 giugno 2007

    MARIA CASOLA

    Mansioni, demansionamenti, trasferimenti e mobbing

    SOMMARIO

    Premessa

    1. La necessaria ricerca di regole generali 1.1 Essenza comune: linadempimento (esclusivamente) contrattuale del datore 1.2 Conseguenze della natura contrattuale della responsabilit 1.3 Limportanza degli atti introduttivi 1.4 Insufficienza assertiva: conseguenze

    2. Il demansionamento 2.1 Il lavoro privato - 2.2 Demansionamenti leciti - 2.3 Il ruolo della contrattazione collettiva - 2.4 Il pubblico impiego - 2.5 Gli oneri probatori - 2.6 La tutela in forma specifica 3. La promozione automatica 3.1 Il lavoro privato - 3.2 Oneri della prova - 3.3 Il pubblico impiego - 3.4 Oneri della prova 4. Trasferimenti 4.1 Elementi della fattispecie - 4.2 Oneri della prova 5. Il mobbing 5.1 Assenza di riconoscimento giuridico - 5.2 Inutilit della nozione: sussunzione negli art. 2087 e/o 1375 c.c. - 5.3 Conseguenze della riconduzione del mobbing alla disciplina dellart. 2087 c.c. - 5.4 Oneri della prova - 5.5 Possibile sussunzione del mobbing in figure affini: il motivo illecito determinante, le discriminazioni, le molestie 6. Il risarcimento del danno 6.1 Regole generali - 6.2 Il principio di effettivit del danno - 6.3 Molteplicit delle voci di danno: oneri di allegazione del lavoratore - 6.4 Schematizzazione delle voci di danno e relativi oneri assertivi/probatori.

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    Premessa Il tema dellonere della prova nelle materie oggetto della presente relazione, cio Mansioni e demansionamenti, trasferimenti e mobbing, va, preferibilmente, affrontato non in maniera atomizzata e ripartita per ogni istituto, ma in base a canoni interpretativi il pi possibile generali. Questa basilare premessa dovrebbe, in realt, essere tenuta sempre in considerazione nellattivit interpretativa, proprio allo scopo di rinvenire la matrice comune dei diversi istituti, soggetta allapplicazione tendenziale di regole generali, pur nel rinvenimento di eventuali specifiche deroghe. Occorre dunque avere chiara consapevolezza della consistenza della regola generale e del suo rapporto con eventuali ipotesi eccezionali. Lapproccio metodologico in esame deve anche essere confrontato con il postulato dellappartenenza del diritto del lavoro al diritto civile comune, con la conseguente tendenziale applicabilit, salvo specifiche discipline di settore, di schemi e forme proprie del diritto delle obbligazioni1. Mette conto, ancora, segnalare che lo studio dellonere della prova deriva sostanzialmente dallesame della struttura e della funzione delle norme sostanziali, esame appunto da svilupparsi alla luce di coordinate logico- sistematiche. Ci vale a giustificare la scelta euristica e redazionale di trattare, prima, il sostrato comune degli istituti assegnati, per poi delinearne, singolarmente, i rispettivi tratti caratterizzanti, sotto il profilo sostanziale. A quesultimo scopo, anche per assicurare unutile funzione di aggiornamento, si preferito dedicare attenzione alla pi recenti pronunce giurisprudenziali2 su ciascun istituto, piuttosto che indulgere in approfondimenti scientifici teorici di tipo dogmatico. Alla luce degli elementi connotanti le fattispecie sostanziali, come sopra analizzate, si quindi esaminato, naturalmente in chiave ragionata, lo specifico atteggiarsi della distribuzione dei pesi probatori nelle diverse evenienze.

    1 Gi in sede di fondazione del diritto del lavoro quale disciplina distinta dal diritto civile, or circa un secolo, venne lappello a non isolare i relativi problemi dai principi generali del diritto delle obbligazioni, cedendo al cieco empirismo, mentre il richiamo allunit dellordinamento quale postulato non logico ma di giustizia percorre il diritto non solo italiano nellet delle specializzazioni (Cass. S.U. n. 141/2006). 2 Nel corpo della relazione si sono riportati spesso i passi testuali salienti di sentenze rilevanti, per consentire il personale, diretto esame delle stesse. I passi sono in corsivo virgolettato, ma il sottolineato della redattrice.

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    1. La necessaria ricerca di regole generali 1.1 Essenza comune: linadempimento (esclusivamente) contrattuale del datore Proprio nel rispetto del criterio metodologico proposto, muovendo in medias res, si evidenzia come, in linea di massima, tutti gli istituti qui esaminati presentino un elemento comune: lessenza inadempitiva. Infatti, in via di prima approssimazione, ben si intende come i demansionamenti, i trasferimenti, il mobbing siano figure accomunate dal concretizzare altrettante ipotesi di violazione di obblighi da parte del datore di lavoro. Questa prima, quasi banale conclusione, importa, invece, nella materia dellonere della prova, significative e peculiari ricadute. Prima per di esaminare tale ultimo profilo, capitale sgombrare il campo dai possibili dubbi inerenti la natura della responsabilit datoriale. Infatti, la qualificazione, come contrattuale od extracontrattuale, del titolo di responsabilit incide, evidentemente, anche sulla tematica dellonere della prova. Ora, non qui la sede per approfondire largomento ora indicato, di proporzioni enormi, sembra per molto importante dare conto degli approdi interpretativi della pi recente giurisprudenza. In sintesi, si ricorda che, il tema della responsabilit datoriale, soprattutto ai sensi dellart. 2087 c.c.. stato tradizionalmente risolto con la tesi del duplice titolo di responsabilit, sostenendosi, con argomenti spesso tralatiziamente riportati, che la condotta datoriale violativa degli obblighi di sicurezza tale da integrare, contestualmente, la violazione di specifici obblighi contrattuali ed anche dei precetti generali del neminem laedere. In questa direzione, almeno sino a pochissimo tempo fa, il concorso delle due azioni costituiva ius receptum3, lasciandosi, quindi, al creditore danneggiato la scelta tra due sistemi regolativi alternativi4. Il sistema ora delineato stato, dagli inizi degli anni 2000, posto in discussione da ampia giurisprudenza e da una parte della dottrina. Si infatti rilevato: nessun dubbio pu sussistere sulla prospettata qualificazione giuridica della stessa responsabilit - di natura contrattuale, appunto - ove si consideri, da un lato, che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato - per legge (ai sensi dell'articolo 1374 c.c.) e, dall'altro, che la responsabilit contrattuale configurabile tutte le volte che risulti fondata sull'inadempimento di un'obbligazione giuridica preesistente, comunque assunta dal danneggiante nei confronti del danneggiato5. Il fondamentale arresto delle Sezioni unite della Cassazione n. 6572/2006 (su cui v. infra) ha definitivamente suggellato la ricostruzione da ultimo illustrata: stante la peculiarit del rapporto di lavoro, qualunque tipo di danno lamentato.. si configura come conseguenza di un comportamento gi ritenuto illecito sul piano contrattuale giacch l'illecito consiste nella violazione dell'obbligo derivante dal contratto, il datore versa in una situazione di inadempimento contrattuale regolato dall'art. 1218 cod. civ.

    3 Ex multis Cass. n. 9877/02 ; S.U. n. 99/01. 4 Le differenze regolative essenziali sono le seguenti: 1) la responsabilit contrattuale non presuppone la capacit di intendere e di volere, presupposta, invece, dallart. 2047, c.c.: ladempimento , del resto, atto dovuto (sempre, ovviamente, che non si tratti di adempimento di obbligazione naturale); 2) in relazione ai danni imprevedibili, poich lart. 2056, c.c. non richiama lart. 1225, c.c., si ritiene che, in caso di resp. contrattuale, tali pregiudizi siano risarcibili solo se se vi dolo, mentre in quella extracontrattuale lo sarebbero sempre; 3) nella responsabilit extracontrattuale deve fornirsi la prova della colpa dellautore del danno; 4) il diritto ad agire ex art. 2043, c.c. si prescrive in 5 anni (art. 2947, 1 comma, c.c.), quello ex art. 1218, c.c. in quello ordinario decennale (dalla relazione Onere della prova e responsabilit civile, Roma, Consiglio Superiore della Magistratura, Incontro di studio del 12.6.2006). 5 Cass. n. 12445/2006.

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    Il principio di diritto ora riportato stato confermato da tutte le sentenze pronunciate nel periodo successivo 6. Il primo risultato interpretativo su cui occorre confrontarsi , dunque, il seguente: tendenzialmente, i casi di violazione di diritti del lavoratore ingenerano solo la responsabilit contrattuale del datore di lavoro7. 1.2 Conseguenze della natura contrattuale della responsabilit Procedendo nellanalisi e, in aderenza agli scopi specifici dellindagine, si vanno ora a valutare i corollari, in tema di ripartizione degli oneri probatori, della ritenuta natura solo contrattuale della responsabilit datoriale. Sul punto, deve aversi come punto di riferimento limportante sentenza delle Sezioni unite 30 ottobre 2001, n. 13533, con cui stato composto il contrasto interpretativo esistente circa le incombenze probatorie gravanti sul creditore e sul debitore, nel caso di inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive 8. Prima dellintervento delle S.U., secondo lorientamento considerato maggioritario, il regime probatorio sarebbe diverso secondo che il creditore richieda ladempimento ovvero la risoluzione. In particolare, nel caso in cui si chieda lesecuzione del contratto e ladempimento delle relative obbligazioni, lattore sarebbe chiamato a provare unicamente il titolo che costituisce la fonte del diritto vantato, e cio lesistenza del contratto, e, quindi, dellobbligo che si assume inadempiuto; nellipotesi, invece, in cui si domandi la risoluzione del contratto per linadempimento dellobbligazione, lattore sarebbe tenuto a provare anche il fatto che legittima la risoluzione, ossia linadempimento e le circostanze inerenti, in funzione delle quali esso assume giuridica rilevanza, spettando al debitore lincombenza probatoria di essere immune da colpa, solo quando lattore abbia provato il fatto costitutivo dellinadempimento. Il contrapposto indirizzo - definito minoritario in giurisprudenza ma favorito della dottrina - ha viceversa sempre optato per ricondurre ad unit il regime probatorio utile per tutte le azioni previste dallart. 1453 c.c. (e cio, per le azioni di adempimento, di risoluzione e di risarcimento del danno da inadempimento), avendo esse in comune il titolo ed il vincolo contrattuale che si assume violato: spetterebbe al creditore, insomma, di provare i fatti costitutivi della pretesa (fonte del credito e, ove previsto, termine di scadenza) ed allegare solo linadempimento ed al debitore di eccepire e dimostrare il fatto estintivo delladempimento. Ebbene, la Cassazione ha aderito a tale secondo orientamento.

    6 V. Cass. n. 13053/2006. 7 Per ragioni di completezza, deve avvisarsi che lunico ambito in cui, senza specifici approfondimenti, viene riportata la massima tralatizia inerente il doppio titolo di responsabilit quello del pubblico impiego, ai soli fini del riparto di giurisdizione. Infatti ai fini del riparto della giurisdizione rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrit fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, non soggetto alla disciplina del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, assume valore determinante l'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilit in concreto proposta e, precisamente, se essa sia contrattuale o extracontrattuale, dovendosi ritenere proposta la seconda tutte le volte che non emerga una precisa scelta del danneggiato in favore dell'azione contrattuale, e quindi allorch, per esempio, il danneggiato invochi la responsabilit aquiliana ovvero chieda genericamente il risarcimento del danno senza dedurre una specifica obbligazione contrattuale, e dovendosi, invece, ritenere proposta l'azione di responsabilit contrattuale - con la conseguente devoluzione della controversia al giudice amministrativo - solo quando la domanda di risarcimento sia espressamente fondata sull'inosservanza, da parte del datore di lavoro, di una precisa obbligazione (Cass. ord. n. 22101/2006; cos anche sez. un. 11 luglio 2001 n. 9385; 25 luglio 2002 n. 10956; 5 agosto 2002 n. 11756; 2 luglio 2004 n. 12137). 8 Per lapprofondimento, v. Scarpa, Onere della prova e responsabilit contrattuale, Consiglio Superiore della Magistratura, Roma, Incontro di studio del 12 16 giugno 2006.

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    In estrema sintesi, gli argomenti posti dalle Sezioni unite a fondamento della soluzione ora rassegnata consistono nel principio, ricavato dallart. 2697 c.c, della presunzione di persistenza del diritto: una volta provata dal creditore lesistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine, grava comunque sul debitore lonere di dimostrare lesistenza del fatto estintivo, costituito dalladempimento. Inoltre, si rileva che la domanda di adempimento, la domanda di risoluzione e la domanda autonoma di risarcimento del danno servono tutte a far statuire che il debitore non ha adempiuto: le ulteriori pronunce sono consequenziali a questa statuizione, che rimane perci eguale a se stessa quali che siano i corollari che ne trae lattore. A queste si aggiungono considerazioni di indole pratico: si prospetta la difficolt per il creditore di fornire la prova del fatto negativo di non aver ricevuto la prestazione, sia pure adducendo fatti positivi contrari; laddove, la prova delladempimento, se effettivamente avvenuto, sembra estremamente agevole per il debitore, che di regola in possesso di una quietanza o di altro documento relativo al mezzo di pagamento utilizzato. Ci costituisce applicazione del principio di riferibilit o disponibilit o vicinanza della prova, ponendosi in ogni caso lonere probatorio a carico del soggetto nella cui sfera si prodotto linadempimento. Va ancora considerato che la Corte ha esteso anche allipotesi dellinesatto adempimento il principio della sufficienza dellallegazione dellinesattezza delladempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dellobbligo di diligenza, o per difformit quantitative o qualitative dei beni), rimettendo al debitore di dimostrare lavvenuto esatto adempimento. La sentenza menzionata riconosce una sola eccezione al principio sancito: linadempimento di obbligazioni negative; dedotta, cio, la violazione di una obbligazione di non fare, la prova dellinadempimento rimane sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per ladempimento. In virt dellart. 1222 c.c., infatti, ogni fatto compiuto in violazione di obbligazioni di non fare costituisce di per s inadempimento; sicch linadempimento delle obbligazioni negative integra sempre un fatto positivo. Nella cornice ora delineata, va poi tenuto presente che - in deroga ai principi generali di cui all'articolo 2697 c.c., applicabili ad ogni altro tipo di responsabilit, opera la presunzione legale di colpa9, a carico del (debitore inadempiente) responsabile del danno da risarcire, ai sensi dellart. 1218 c.c.10 La regola fondata sulla massima di esperienza per cui la violazione del rapporto obbligatorio deriva normalmente dalla negligenza del debitore e solo eccezionalmente da impedimenti insuperabili con la normale diligenza. La colpa dunque normalmente implicita nellinadempimento11. Di conseguenza, risulta dispensato - dall'onere probatorio relativo -proprio il creditore danneggiato. Conclusivamente e schematicamente, il risultato interpretativo scaturente dallintervento delle S.U. e successivamente sempre ribadito12 che

    9 Per la complessa e risalente questione della natura, oggettiva o per colpa, della responsabilit contrattuale, si rinvia alla sintesi di Bianca, La responsabilit, Diritto civile, vol. V, 1994, 11 ss. E solo da ricordare che lassetto giurisprudenziale oggi assestato nel senso del fondamento colposo della responsabilit, ove la colpa intesa in senso oggettivo (cio alla stregua della normale diligenza). V. Cass. n. 6404/1986; 3450/1984. 10 Vedi, per tutte, Cassazione 16250, 2357/03, 15133/02, 3162/002, 602/00, 9247, 7792/98, 4078/95. 11 Bianca, op. cit., 73. 12 In ambito lavoristico, per lespressa condivisione del principio indicato, v. Cass. S.U. n. 141/2006; 613/1999; 7227/2002.

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    in caso dinadempimento contrattuale, qualsivoglia azione si intraprenda: il creditore deve: 1) allegare e provare il fatto costitutivo del diritto azionato

    2) allegare linadempimento del debitore

    il debitore deve: 1) allegare e provare i fatti estintivi, impeditivi, modificativi 2) allegare e provare la non imputabilit

    eccezione per le obbligazioni negative: il creditore deve provare linadempimento 1.3 Limportanza degli atti introduttivi Riassunto sopra il significato del principio di diritto affermato dalle S.U., deve operarsi qualche precisazione esplicativa, riferita alla materia lavoristica specifica13. Le puntua lizzazioni che si vanno esponendo sono funzionali ad affrontare quel punto nevralgico nella conduzione di un processo che lo studio iniziale degli atti introduttivi della causa. Infatti, lesperienza giurisprudenziale evidenzia che lattento esame dei soli atti introduttivi del giudizio molto spesso denuncia, in s, linammissibilit o lirrilevanza dei mezzi di prova e la decidibilit immediata della causa. La sequenza ordinata dei passaggi successivi del vaglio preliminare , schematicamente, la seguente. 1. individuazione del diritto azionato e verifica dei relativi fatti costitutivi

    In prima battuta, il ricorrente ha lonere di allegare i fatti storici che, secondo lassunto sostenuto, sarebbero costitutivi del diritto fatto valere. Ci significa che, dalla lettura del ricorso, deve essere possibile individuare con chiarezza il diritto azionato e le circostanze storiche, sufficientemente definite nella loro consistenza fattuale, che secondo le ragioni giuridiche fatte valere, sarebbero generatrici della situazione giuridica soggettiva azionata. Dunque, va controllata anche la astratta correlazione tra diritto azionato e fatti generatori addotti.

    Il diritto azionato deve dunque profilarsi ben definito nel suo oggetto ed astrattamente esistente in base ai fatti costitutivi asseriti.

    2. apprezzamento dellipotetico inadempimento In secondo luogo, il ricorrente deve almeno allegare linadempimento della controparte. Infatti, anche ai fini di radicare linteresse ad agire, in ricorso ci deve essere lallegazione di fatti storici concretizzanti la lamentata violazione del diritto: almeno in astratto, va apprezzata la sussistenza e consistenza di una reale e precisa violazione del diritto.

    3. valutazione del danno lamentato e del nesso causale Ancora in limine litis, il giudice deve valutare laccoglibilit delleventuale domanda risarcitoria. Come si approfondir, il ricorrente ha, al riguardo, lonere di specificare le precise voce di danno patito ed allegare elementi concretizzanti il preteso nesso causale rispetto alla condotta inadempitiva lamentata. 4. fatti impeditivi, estintivi o modificativi Solo ove le allegazioni del creditore sui punti sopra indicati siano sufficientemente determinate si radica, in capo al resistente, lonere di contestare la fondatezza della pretesa e, aggiuntivamente, di allegare e provare leventuale esistenza di fatti storici diversi, concretizzanti vicende impeditive

    Per una profonda analisi complessiva della materia, v. Vallebona, Linversione dellonere della prova nel diritto del lavoro, Riv. Trim. dir. e proc. Civ., 1992, 809.

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    (cio che hanno ostato ab initio allinsorgere del diritto azionato), estintive (cio che hanno fatto venir meno il diritto, in origine esistente) o modificative.

    1.4 Insufficienza assertiva: conseguenze Si pongono due ipotesi. La prima che gli oneri assertivi, come sopra delineati, in particolare dal ricorrente, non vengano gravemente assolti provocandosi la radicale nullit del ricorso, ex art. 414 c.p.c. Siffatta evenienza, bene chiarire, ricorre solo quando latto sia inidoneo al suo scopo, in applicazione della norma generale di cui all'art.156, comma 2, c.p.c., cio quando risulti impossibile, dalla lettura dellatto, intendere uno degli elementi identificativi dellazione, petitum o causa petendi14. Diverse sono, invece, le conseguenze nel caso in cui latto introduttivo sia valido, contenendo elementi assertivi, in fatto ed in diritto, sufficienti per la comprensione delloggetto e della ragione giuridica della domanda, ma le circostanze storiche rilevanti ed abbisognevoli di prova risultino solo genericamente allegate. In questa seconda evenienza, infatti, superata leccezione di nullit del ricorso, dovrebbe dichiararsi linammissibilit dei mezzi di prova vertenti su fatti storici solo genericamente individuati. Ricorrendo tale ipotesi, respinte le richieste istruttorie a cagione della genericit fattuale di circostanze storiche decisive, su cui la prova dovrebbe vertere (in quanto fatti costitutivi del diritto azionato), la domanda dovrebbe essere rigettata nel merito.

    14E noto il consolidato orientamento della Cassazione che subordina la nullit dell'atto introduttivo del giudizio di lavoro all'omissione, ovvero all'assoluta incertezza, sulla base dell'esame complessivo dell'atto, del petitum, sotto il profilo sostanziale e procedurale, nonch delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa (tra le tante: Cass. 5794/04; 30.12.94 n. 11318; Cass. 30.8.93 n. 9167; Cass. 11. 6. 88 n. 4018; Cass. 18.11.87 n. 8436; Cass. 30.7.87, n. 6619; Cass. 5.6.86, n. 3777). Si ricordi, poi, la soluzione di sanatoria affermata da Cass. S.U. n. 11353/2004.

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    2. Il demansionamento 2.1 Il lavoro privato Ai sensi dellart. 2103 c.c. il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le qua li stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisitoovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. Come previsto dallart. 96 att. C.c., il datore di lavoro tenuto, allatto dellassunzione, a definire non solo linquadramento formale del dipendente ma anche il contenuto specifico dei compiti al medesimo affidati (cd. contrattualit delle mansioni). Il termine di riferimento dell'equivalenza, contemplata dall'art. 2103 cod. civ. (nel testo risultante dall'art. 13 della legge n. 300 del 1970), e' costituito dal contenuto professionale delle mansioni stesse; sicch devono considerarsi inferiori mansioni che, rispetto alle precedenti, comportino una sottoutilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal lavoratore. La materia stata di recente oggetto di profonda revisione da parte della Cassazione.

    Lanalisi della tradizionale giurisprudenza in materia, consentiva di ritenere assodati i seguenti criteri interpretativi:

    a) lequivalenza non significa identit, ma omogeneit15; b) lequivalenza va valutata in concreto rispetto ai seguenti elementi:

    - contenuto materiale intrinseco dei compiti assegnati - competenza richiesta - livello professionale raggiunto - possibilit di utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal

    dipendente nella pregressa fase del rapporto - grado di autonomia e discrezionalit - consistenza quantitativa dellimpegno 16 - posizione del dipendente nel contesto dell'organizzazione aziendale del

    lavoro17; c) non sussiste lequivalenza quando il lavoratore venga lasciato inattivo 18

    15L'art. 2103 cit. non ha affatto soppresso lius variandi del datore di lavoro, che trova la sua giustificazione in insopprimibili esigenze organizzative ed aziendali, ed dunque libero si esplicarsi in modo non soggetto a controlli di merito. Viceversa la norma codicistica si limita a regolare l'esercizio di tale potere, solo imponendo il rispetto dell'equivalenza delle nuove mansioni (principi pacifici, ribaditi, ex multis, da Cass., 07-07-1997, 6124). E bene dunque rimarcare che l'equivalenza delle nuove mansioni alle ultime effettivamente svolte, non va assolutamente intesa come identit delle nuove alle precedenti mansioni, in ci dovendosi escludere che il lavoratore possa vantare un diritto alla conservazione dellincarico, ipotesi assurda che in sostanza paralizzerebbe i poteri organizzativi dellimprenditore (v. Cass. 10333/1997; 5921/1984). 16 Lart. 2103 violato quando venga operata una importante riduzione quantitativa dei compiti del lavoratore tale da comportare una sottoutilizzazione delle capacit dallo stesso acquisite ed un consequenziale impoverimento della sua professionalit. Non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce automaticamente in una dequalificazione professionale, che invece implica una sottrazione di mansioni tale - per la sua natura e portata, per la sua incidenza sui poteri del lavoratore sulla sua collocazione nell'ambito aziendale - da comportare un abbassamento del globale livello delle prestazioni del lavoratore con sottoutilizzazione delle capacit dallo stesso acquisite ed un consequenziale impoverimento della sua professionalit" (Cass. 4 agosto 2000 n. 10284; Cass., 20 marzo 2004, n. 5651; Cass., 11 luglio 2005, n. 14496). 17 Cass., 12 gennaio 2006, n. 425; Cass., 11 febbraio 2004, n. 2649, Cass. 7789/93, ex plurimis. 18 Posto che il lavoro costituisce non solo un mezzo di guadagno, ma anche un modo di estrinsecazione della personalit del lavoratore (Cass., 2 gennaio 2002, n. 10; 22 febbraio 2003 n. 2763; 13 febbraio 2006, n. 3046; 8 marzo 2006, n. 4975) ed anzi linattivit, secondo Corte Cost. 6 aprile 2004 n. 113, costituisce la forma pi grave di demansionamento.

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    d) non costituisce invece demansionamento laffidamento di mansioni inferiori ove queste siano meramente marginali ed accessorie ed il lavoratore sia adibito in maniera prevalente e assorbente a mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza 19.

    Lattuale giurisprudenza, invece, afferma una nozione "dinamica" di equivalenza professionale, basata sulla conservazione dei tratti essenziali fra le competenze richieste al lavoratore prima e dopo il mutamento di mansioni. Costituisce, invero, principio ormai acquisito che possano legittimamente assegnarsi al dipendente, a parit d'inquadramento, mansioni anche del tutto nuove e diverse, purch affini alle precedenti dal punto di vista del contenuto professionale. L'esistenza, per cos dire, di un "minimo comune denominatore" di conoscenze teoriche e capacit pratiche condizione necessaria e sufficiente a consentire che il dipendente sia in grado di svolgere le nuove mansioni con la preparazione posseduta. Anzi, il fatto di mutare ramo di attivit, operando in settori diversi della medesima area professionale, permette finanche al lavoratore d'incrementare ed arricchire il bagaglio di nozioni sviluppato nella fase pregressa del rapporto. In quest'ottica, senz'alcun dubbio quella che meglio risponde alle attuali caratteristiche ed esigenze del mondo del lavoro, la professionalit non rileva, dunque, come un'entit statica ed assoluta, sganciata dalla realt aziendale, bens come patrimonio di conoscenze potenzialmente polivalente, capacit di far fruttare nel nuovo posto di lavoro l'esperienza e le cognizioni sino a quel momento acquisite. Muovendo da una concezione siffatta di professionalit, e quindi d'equivalenza professionale, questa Corte ha affermato che se vero che le nuove mansioni affidate al dipendente debbono essere coerenti con la specifica competenza da lui maturata, ci non significa che il lavoratore che abbia acquisito una esperienza nell'ambito di un determinato settore dell'azienda non possa mai essere trasferito ad altro settore nell'ambito del quale egli venga chiamato ad affrontare problemi diversi o a dover soggiacere ad una organizzazione del lavoro concepita con modalit diverse rispetto a quelle afferenti la precedente mansione: ci che importa, nel rispetto della tutela delineata dall'art. 2103 c.c., che, attraverso l'affidamento di compiti nuovi, del tutto estranei rispetto all'attivit precedentemente svolta ed alle cognizioni tecniche gi acquisite, non venga del tutto disperso il patrimonio professionale e di esperienza gi maturato dal dipendente, compromettendo altres irrimediabilmente le sue prospettive di carriera all'interno dell'impresa cui appartiene. In sostanza, il rispetto della professionalit del lavoratore subordinato - cui tende l'art. 2103 c.c. nel porre limiti allo ius variandi del datore di lavoro - non si traduce necessariamente nella continuazione delle medesime operazioni lavorative effettuate in precedenza, potendosi esso esprimere anche in tutti i casi in cui, pur nel contesto di una diversa attivit lavorativa, l'esperienza professionale ivi maturata possa ritenersi utile alfine del miglior espletamento della prestazione richiesta. In tale ipotesi, infatti, il quadro complessivo delle attitudini professionali del lavoratore non viene ristretto, ma al contrario viene ampliato, potendo il lavoratore, gi forte dell'esperienza acquisita, arricchire il proprio bagaglio professionale attraverso l'effettuazione di una esperienza nuova a lui affidata proprio in considerazione della consapevolezza dei problemi che egli ha gi affrontato nel corso della pregressa attivit"20. Dunque, oggi lequivalenza va apprezzata rispetto a:

    - solo un minimo comune denominatore

    - potenzialit di arricchimento professionale - le definizioni dei c.c.n.l. (v. infra).

    19Cass., 2 maggio 2003, n. 6714; 8 giugno 2001, n. 7821; 10 giugno 2004, n.11045. 20 Sono le incisive e innovative parole di Cass. n. 10091/2006; v. anche 2003, n. 2328.

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    2.2 Demansionamenti leciti Lart. 2103 co. 2 c.c. stabilisce la nullit di qualsiasi patto contrario. Non dunque disponibile, in via convenzionale, il diritto alla professionalit acquisita21. In alcune specifiche norme di legge, si ammettono ipotesi di deroga allart. 2103 ove si tratti di salvaguardare beni ritenuti dal legislatore di rango superiore (es. lart. 4, comma 11 legge 23 luglio 1991, n. 22322; lart. 1, comma 7 e dallart. 4, comma 4 legge 12 marzo 1999, n. 6823; lart. 7, 5 co. L. 151/200124, gi art. 30/33 della legge n. 1204/1971). Proprio sulla falsariga delle norme derogatorie citate, la giurisprudenza ha aderito ad una lettura flessibile della norma, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, volta al bilanciamento delle esigenze contrapposte e soprattutto alla tutela di interessi superiori. In questa direzione, per esempio, quando la sopravvenuta inidoneit fisica del lavoratore a svolgere le mansioni per le quali lo stesso stato assunto non comporti per la totale impossibilit di svolgere qualsiasi tipo di prestazione lavorativa, la giurisprudenza legittima lutilizzo del lavoratore, previa accettazione di questultimo, in mansioni anche dequalificanti ma, comunque, in grado di permettere lutilizzo della sua residua capacit lavorativa 25. Ancora, si legittimata lassegnazione unilaterale a mansioni non equivalenti per un limitato periodo di tempo al fine dellapprendimento di nuove tecniche 26.

    21 Rimane controverso in giurisprudenza il diritto del lavoratore di rifiutarsi di effettuare la propria prestazione in caso di violazione dellart. 2103, ai sens i dellart. 1460 c.c. Per la tesi affermativa, v. Cass. n. 12001/2003; n. 7599/2003. In senso diverso, per la necessit di un previo avallo giudiziario, cfr. Cass. n. 19689/2003; n. 10187/2002. Da ultimo, Cass. n. 10547/2007, ha ritenuto che ove pur sussista una situazione di dequalificazione di mansioni, non pu il lavoratore sospendere in tutto od in parte la propria attivit lavorativa, se il datore di lavoro assolva a tutti gli altri propri obblighi (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, garanzia del posto di lavoro), potendo una parte rendersi inadempiente soltanto se totalmente inadempiente l'altra parte, non quando vi sia contestazione e controversia solo su una delle obbligazioni a carico di una delle parti, obbligazione peraltro non incidente sulle immediate esigenze vitali del lavoratore (cfr. Cass. n. 1307/1998). 22 Questa norma, disciplinando le procedure di licenziamento per riduzione di personale, dispone che gli accordi sindacali stipulati nel corso di tali procedure possano prevedere il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, e possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dellart. 2103 c.c., la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. Anzi si precisato che non pone alcuna preclusione nell'assegnazione delle mansioni inferiori, anche attribuendo all'impiegato quelle proprie dell'operaio; e ci si spiega considerando che trattasi per un verso di un rimedio per evitare il licenziamento e per altro verso di una deroga che non vincola i lavoratori, i quali ben potrebbero rifiutare la dequalificazione, andando per incontro al rischio del licenziamento (Cass., 7 settembre 2000, n. 11806). 23Riguardanti la sopravvenuta inabilit dei lavoratori allo svolgimento delle loro mansioni. 24Riguardante le lavoratrici madri, che durante il periodo di gestazione e sino a sette mesi dopo il parto - se il tipo di attivit o le condizioni ambientali sono pregiudizievoli alla loro salute - devono essere spostate ad altre mansioni anche inferiori a quelle abituali, conservando la retribuzione precedente. 25 Cass., Sez. Un., 7 agosto 1998, n. 7755; Cass. sez. lav. 2 agosto 2001, n.10574; 10 ottobre 2005, n. 19686; 7 marzo 2005, n. 4827; 19 agosto 2004, n. 16305. Nel caso di sopravvenuta inidoneit fisica alle mansioni lavorative, il cosiddetto patto di dequalificazione, quale unico mezzo per conservare il rapporto di lavoro, costituisce non gi una deroga all'art. 2103 cod. civ., norma diretta alla regolamentazione dello "jus variandi" del datore di lavoro e, come tale, inderogabile secondo l'espresso disposto del secondo comma delle stesso articolo, bens un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto, sorretto dal consenso e dall'interesse del lavoratore; pertanto, il datore di lavoro tenuto a giustificare oggettivamente il recesso, anche con l'impossibilit di assegnare mansioni non equivalenti, nel solo caso in cui il lavoratore abbia - sia pure senza forme rituali - manifestato la sua disponibilit ad accettarle (Cass., 5 agosto 2000, n. 10339; n. 19686/2005). 26Cfr. Cassazione 2948/01 che, infatti, ha reputato non configurare inadempimento - ovvero adempimento in contrasto con il requisito della buona fede - ladibizione temporanea del lavoratore a diverse mansioni, seppure non strettamente equivalenti a quelle di appartenenza, al fine dellacquisizione di una pi ampia professionalit.

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    Analogamente a dirsi per il patto di demansionamento. In particolare, si ammessa la modifica consensuale in peius ove il demansionamento sia lunica misura atta a scongiurare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo 27. Anche di recente la Cassazione 28 ha affermato costituisce principio ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimit quello secondo cui lart. 2103 c.c non opera allorch il patto peggiorativo corrisponde allinteresse del lavoratore medesimo. Ed in effetti il diritto alla tutela della posizione economica e professionale del lavoratore deve trovare contemperamento con la tutela di altri interessi prioritari del lavoratore quale quello alla conservazione del posto di lavoro; per cui deve ritenersi legittima una interpretazione non restrittiva della disposizione anche alla luce delle maggiori e notorie difficolt in cui versa oggi il mercato del lavoro. I requisiti legittimanti sono: il consenso del lavoratore + condizioni che avrebbero legittimato licenziamento. La sentenza ora citata, chiarisce che lonere di dimostrare la sussistenza delle condizioni di fatto che avrebbero giustificato il licenziamento incombe sul datore di lavoro, in osservanza dellart. 5 della legge n. 604/1961 e del divieto posto dallart. 2103. 2.3 Il ruolo della contrattazione collettiva Le considerazioni ora svolte offrono il destro per evidenziare un aspetto cruciale, di attuale rilevanza, costituito dal ruolo della contrattazione collettiva nella definizione del concetto di equivalenza. Invero, la sanzione di nullit di ogni patto contrario sancita dallart. 2103 c.c., si estende evidentemente anche alle clausole contrattuali collettive. In questo senso, massima tralatizia che la valutazione che il giudice di merito tenuto ad effettuare, in ordine allequivalenza delle mansioni, deve essere effettuata in concreto, e non vincolata alla classificazione delle mansioni nella contrattazione collettiva 29. Tuttavia, ci che decisivo rimarcare che se il ccnl non pu vincolare il giudice nella definizione astratta dellequivalenza, pu e deve significativamente orientarlo nella definizione della quaestio facti. Il ragionamento prende le mosse, intanto, dal rimarcare che nel giudizio di equivalenza di cui allart. 2103, il giudice deve senza dubbio effettuare un confronto di tipo fattuale ed empirico tra i diversi tipi di mansioni, ma, come sostenuto pure dalla Cassazione citata in nota, il medesimo deve riferirsi, in via parametrica anche a quanto disposto dalla contrattazione collettiva 30. Le considerazioni che si vanno sviluppando assumono poi particolare rilievo euristico quando si tratti di applicare norme a contenuto generico, cio moduli normativi indeterminati, clausole generali, concetti elastici, tra i quali rientra anche il concetto di equivalenza. In casi di tal fatta,

    27 Cass., n. 2375/2005; n. 2354/2004; n. 11727/1999; n. 9715/1995. 28 Cass. n. 18269/2006. 29 Cass. 92/8114 ; 91/3661; di recente, Cass.,n. 12043/2003; n. 12821/2002; n. 13000/2003. 30In altri termini, pur ribadendosi la netta differenza categoriale tra qualifica e mansione, attenendo la prima ad un dato puramente formale ed astratto, e quindi relativo e convenzionale, e la seconda ad un aspetto concreto, oggettivo, deve per tenersi a mente che le definizioni contrattuali-collettive in punto di fungibilit ed equivalenza, pur rimanendo inidonee a derogare al precetto imperativo di cui allart. 2103, possono svolgere un rilevante ruolo, parametrico ed orientativo, per il giudicante. Non questa la sede per sviluppare ulteriormente il cruciale argomento della tendenza ordinamentale alla delegificazione e allassegnazione alle parti sociali di spazi sempre pi ampi di poteri regolativi, nella direttiva di un diritto del lavoro sempre pi largamente dispositivo (cd. soft law), ma deve almeno darsi atto ed anzi rimarcarsi che la disciplina pattizia pu oggi legittimamente entrare, nei limiti legali, nel ragionamento giuridico pure giudiziale, anche se solo a livello indicativo. Infatti, le parti sociali, nellambito dei diversi settori produttivi, meglio conoscono realt, sistemi organizzativi e di lavoro, cos che le loro espressioni negoziali definiscono un indicatore spesso privilegiato della bont di tante scelte imprenditoriali.

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    noto che, definendo un importante revirement, la Suprema corte ha statuito che loperazione di integrazione del contenuto di tali norme deve essere compiuta dallinterprete non con la creazione di propri canoni valutativi, di genesi personale e soggettiva, ma con la ricerca, allinterno del complessivo sistema, di criteri e principi integrativi. Tali ultime regole oggetto appunto di ricognizione, secondo la Cassazione, acquisiscono per vis abtractiva, una natura comunque giuridica, la cui individuazione ed applicazione definendo una quaestio iuris, rimane sindacabile in via diretta in sede di legittimit31. Ebbene, nel novero di questi criteri che linterprete e quindi anche il giudice deve ricercare per colmare la norma indeterminata senzaltro primeggiano, nel microcosmo lavoristico, come riconosciuto nelle predette occasioni anche dalla Corte, le disposizioni della contrattazione collettiva. Infatti, per le ragioni gi enucleate, la produzione regolativa delle formazioni rappresentative delle contrapposte parti contrattuali, rilevanti anche ai sensi dellart. 2 Cost., assume portata persuasiva di assoluto rilievo. Si pensi del resto, in temi quali lindividuazione del minimo salariale ex art. 36 Cost. o laccertamento della giusta causa di licenziamento, ex artt. 2119 e 2106 c.c., quale ampio ruolo la giurisprudenza consolidata assegni alle disposizioni pattizie32. Anzi, proseguendo su questa ultima falsariga, deve rammentarsi che anche le recenti innovazioni ordinamentali che hanno investito la materia del pubblico impiego hanno, gi a livello normativo (v. art. 52 T.U.), segnato il recepimento proprio dellindirizzo interpretativo che, anche nel settore privato, va vieppi sviluppandosi (v. infra). Peraltro, tornando al settore privato, il caso di rammentare che, giusta pacifico insegnamento della Suprema Corte, le norme contrattuali, cui la legge affidi compiti classificatori, sono insindacabili da parte del giudice33. Il punto in esame ha, nellapplicazione giurisprudenziale, presentato controversi momenti di emersione per la Poste Italiane s.p.a.: poich il caso risulta paradigmatico, ne risulta opportuna una breve analisi. Dopo lintroduzione della nuova classificazione del personale di cui agli artt. 40 e ss. del CCNL del 26.11.1994, tutto il personale della societ Poste Italiane, in precedenza suddiviso in nove categorie, stato accorpato in quattro Aree funzionali. Lart. 4 dellallegato 1 prevede poi che nellambito dellArea operativa, nella quale il contenuto di specializzazione funzionale non costituisce elemento ostativo, deve essere garantita in presenza di necessit di servizio, lintercambiabilit del personale; il successivo art. 5, lett. b) prevede poi la possibilit della societ di attuare nellambito di progetti di riorganizzazione aziendale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, la fungibilit allinterno di ogni area. Dunque, avendo la societ proceduto allo spostamento orizzontale dei dipendenti in mansioni comprese nella stessa Area, si posto il problema della compatibilit dei principio di fungibilit ed interscambiabilit interna allarea rispetto allart. 2103. La questione stata di recente definita dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione nella importante sent. n. 25033/06, statuendosi che la contrattazione pu introdurre meccanismi

    31 Sentenze n. 10514 del 1998, n. 3645 e n. 434 del 1999; n. 8254 del 2004 32Allo scopo, in via esemplificativa, di recente la pronuncia n. 4932/2003 sostiene testualmente: la specifica previsione contrattuale di un illecito disciplinare, con la corrispondente sanzione, impedisce al giudice di sostituire le proprie valutazioni a quelle dellautonomia privata, individuale e collettiva, salvo il controllo sulla nullit, quindi, aggiunge: quando la clausola generale di licenziamento venga definita, ossia specificata, attraverso la volont negoziale, il giudice tenuto ad uniformarsi alla definizione contrattuale, salva lipotesi che questa permetta il licenziamento arbitrario e discriminatorio . Dunque, la Cassazione sancisce qui la signoria, praticamente assoluta, del contratto collettivo rispetto allintervento giudiziale 33 Deve escludersi un sindacato giudiziale relativamente alla ragionevolezza dei criteri secondo cui i contratti collettivi operino distinzioni tra i vari tipi di mansione ai fini dellinquadramento contrattuale dei lavoratori e della loro progressione in carriera sulla base dello svolgimento di determinate mansioni, dato che proprio la contrattazione collettiva ad essere ritenuta lo strumento idoneo ad interpretare le esigenze dei vari settori produttivi ai fini in esame: Cass. 11.1.1999 n. 13601.

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    convenzionali di mobilit orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilit funzionale tra mansioni nella stessa area per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consent ire la valorizzazione della professionalit potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica, senza per questo incorrere nella sanzione di nullit del comma secondo della citata disposizione dellarticolo 2103 c.c.. In particolare i giudici di legittimit hanno evidenziato come le parti sociali possano legittimamente introdurre nella contrattazione collettiva clausole di fungibilit compatibili con larticolo 2103 c.c., collocando plurime e diverse mansioni nella stessa qualifica, sicch il lavoratore inquadrato in quella qualifica idoneo, e sa di poter essere chiamato a svolgere, mansioni diverse, in ipotesi anche di livello diverso. Secondo le Sezioni unite, la dimensione individuale della garanzia dellarticolo 2103 c.c. crea degli steccati (sic) che certamente valgono a protezione del lavoratore nei confronti di un indiscriminato jus variandi del datore di lavoro; ma possono rappresentare anche un attrito di resistenza alla progressione professionale della collettivit dei lavoratori inquadrati in quella stessa qualifica. Ed allora, se come deve ritenersi in materia , rileva non solo quello che il lavoratore fa, ma anche quello che sa fare (ossia la professionalit potenziale ), la contrattazione collettiva pu legittimamente farsi carico di ci, prevedendo e disciplinando meccanismi di scambio o di avvicendamento o di rotazione che non violano la garanzia dellarticolo 2103 c.c., ma che con questultima sono compatibili. E ancora da segnalare che nella successiva e recentissima sentenza n. 8596/2007 la Cassazione ha voluto, consapevolmente, portare ad ulteriori sviluppi la giurisprudenza sulle mansioni promiscue e vicarie. Pi specificamente la contrattazione collettiva pu prevedere che le mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza siano costituite dallo svolgimento (promiscuo, appunto) di plurime attivit diverse, talune anche con carattere di prevalenza rispetto ad altre (Cassazione, Sezione lavoro, 1987/04; 16461/03), ovvero che le mansioni assegnate comprendano eventualmente anche attivit vicarie di diverso livello (Cassazione, Sezione lavoro, 9141/04; 14738/99) analogamente la stessa contrattazione collettiva pu introdurre clausole di fungibilit che, verificandosi specifici presupposti di fatto, consentano una mobilit orizzontale tra le mansioni svolte e quelle, pur diverse, rispetto alle quali sussiste unoriginaria idoneit del prestatore a svolgerle secondo un criterio di professionalit potenziale per ci che il lavoratore sa fare, anche se attualmente non fa. In sintesi, ed in conclusione, ne risulta affermato, come principio di diritto, che le convenzioni delle parti sociali pongono, dunque, legittimi e razionali meccanismi di mobilit orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilit funzionale tra mansioni diverse ma con un nucleo di omogeneit ed affinit al fine di sopperire, come detto, a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalit potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica senza per questo incorrere in alcuna sanzione di nullit Le considerazioni ora fatte inducono a ribadire che una interpretazione dellarticolo 2103 c.c. abbandonando lottica di una cristallizzata tutela del singolo lavoratore a fronte dello jus variandi dellimprenditore - debba privilegiare un ponderato esame del dato normativo che tenga pure conto dei complessi problemi di riconversione e di ristruttuazone delle imprese (che impongono una attenuazione di una rigidit della regolamentazione del rapporto di lavoro capace di ostacolare detti processi) e che, in tale direzione, venga a configurarsi come naturale evoluzione di un indirizzo giurisprudenziale volto ad assegnare alla contrattazione collettiva incisivo rilievo nella gestione dei rapporti lavorativi delle imprese anche nelle sue articolazioni locali, in ragione delle specifiche situazioni che si possono verificare nelle varie realt aziendali e territoriali, e che possono richiedere un adeguamento degli organici con una accentuata flessibilit proprio per soddisfare le diverse esigenze sopravvenute in dette realt34. Si , dunque, di fronte alla presa datto della Cassazione dellintervenuta globale rivisitazione dei precedenti orientamenti giurisprudenziali sullarticolo 2103 c.c., con il riconoscere, nella materia in esame alla contrattazione collettiva la possibilit di una identificazione di mansioni fungibili (e

    34Per alcune ricadute della contrattazione collettiva nellassetto delle relazioni industriali, Cass., SU, 4588/06

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    tra di esse legittimamente interscambiabili), condizionando la legittimit di detta flessibilit alla circostanza che tra le suddette mansioni si riscontri quantomeno un nucleo di omogeneit ed affinit35. Per le ricadute sui carichi probatori, v. infra, par. 2.5. 2.4 Il pubblico impiego Lart. 52 del d.lgs. n. 165/2001 definisce, in maniera esaustiva ed ex novo, la disciplina delle mansioni nel lavoro pubblico e dunque la medesima deve collocarsi tra le diverse disposizioni (ex art. 2, co. 2) contenute nel decreto di riforma di deroga alla normativa civilistica. Conseguenza ne che, nel lavoro pubblico , almeno in parte qua, radicalmente esclusa lapplicabilit dellart. 2103 c.c. Il testo della disposizione risultante dalla cd. seconda privatizzazione segna un apprezzabile passo nella direzione dellallineamento con regole e principi giusprivatistici. Intanto, va valorizzato il dato letterale nel suo riferirsi al concetto di mansioni. Si assiste cio al passaggio dalla precedente prospettiva, ancorata alla qualifica di appartenenza, cio ad un dato puramente formale, ad un criterio concreto ed empirico, cio quello strettamente mansionistico. La norma sancisce quindi il diritto del lavoratore ad essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto. Si rileva dunque, anche in questo ambito, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, con riferimento precipuo alla stretta negozialit delle mansioni, principio gi sancito dallart. 2103 c.c. Lart. 52 dispone, poi, che il dipendente pu essere adibito anche alle mansioni considerate equivalenti nellambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi. Tra i settori pubblico e privato sussiste una fondamentale differenza di diritto positivo: lart. 2103 parla di mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte; lart. 52, viceversa, tratta di mansioni considerate equivalenti nellambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi. Lart. 2103 attribuisce rilievo, come termine di paragone, alle mansioni di fatto e da ultimo espletate, dunque rende rilevante tutta la crescita professionale che, a livello diacronico, il dipendente si trovi ad aver sviluppato, secondo la realt aziendale contingente singolarmente vissuta. Di contro, lart. 5236 si riferisce solo alle mansioni pattuite al momento dellassunzione o (salvo avanzamento) a tutte quelle astrattamente qualificate equivalenti nella disciplina pattizia. Si pone dunque linterrogativo relativo al ruolo rivestito dalle norme contrattualcollettive nel contesto del giudizio di equivalenza. Sul punto risultano oggi formulate, in giurisprudenza ed in dottrina, due diverse tesi. 1) Secondo il primo orientamento, inderogabilmente, alla contrattazione collettiva sarebbe assegnata la definizione del concetto di equivalenza.

    35 Nella stessa sentenza: A seguito dellindicato approdo giurisprudenziale sullarticolo 2103 c.c. diviene, dunque, doveroso per ragioni di nomofilachia cui tenuta anche questa Sezione lavoro - una interpretazione ben pi elastica rispetto al passato della norma codicistica, gi patrocinata da autorevole dottrina, e che trova fondamento in una nuova nozione di capacit professionale e d equivalenza di mansioni, scaturente dalla presa datto della necessit di una tutela dinamica delle doti lavorative, da accrescere anche attraverso costanti corsi professionali ormai indispensabili in ragione, proprio, delle continue innovazioni di carattere tecnologico e organizzativo. Cos, la recente decisione delle Sezioni Unite si pone come intervento volto ad autorevolmente confortare quellindirizzo giurisprudenziale, che in una logica di bilanciamento dei contrapposti interessi, ha cercato un equilibrio tra il diritto dellimprenditore ad una gestione razionale ed efficiente delle proprie risorse ed il diritto, anche esso costituzionalmente tutelato, al posto di lavoro, individuando numerose fattispecie di legittima assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori. 36 Sottolinea la specificit della norma, rispetto al lavoro privato, G. Del Medico, Le mansioni del lavoratore tra esigibilit ed equivalenza, in Riv. personale ente locale, 2000, 605.

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    Il giudizio di equivalenza sarebbe dunque, in questa sede, non unindagine di fatto, ma un giudizio dinterpretazione di norme contrattuali. Infatti, sarebbe la stessa legge che ha volutamente rimesso allautonomia collettiva la valutazione del merito della professionalit, secondo un concetto di equivalenza non in concreto ma in astratto37. Il rinvio operato dallart. 52 al contratto collettivo sarebbe quindi di tipo costitutivo 38 di un vero e proprio potere regolativo: spetterebbe in modo esclusivo alla contrattazione precisare la portata dellequivalenza 39. Lintervento del giudice sarebbe, perci, consentito solo a fronte di clausole collettive irrazionali o incoerenti, violative degli obblighi di buona fede40. 2) Secondo altro indirizzo, invece, il giudizio di equivalenza dovrebbe essere sempre condotto in concreto, come avviene nellimpiego privato, ma i contratti collettivi non fornirebbero allinterprete un mero indice ermeneutico, ma lo vincolerebbero ad operare il giudizio entro lambito da esse stabilito. Ora, valutando il significato proprio delle parole secondo la loro connessione, in armonia con la ratio legis, considerato anche il modo con cui gli operatori negoziali hanno recepito la delega 41, ben si ricava che il c.c.n.l. vincola linterprete nella determinazione del confine classificatorio entro o oltre il quale deve essere affermata/esclusa lequivalenza. La norma, infatti, non parla di mansioni definite equivalenti dalla contrattazione collettiva, ma di mansioni considerate equivalenti nellambito della qualificazione professionale prevista nei contratti collettivi. La considerazione dellequivalenza, cio lapprezzamento in concreto della stessa, deve essere sviluppata allinterno della qualificazione professionale prevista nei contratti collettivi. Dunque, il c.c.n.l. ha signoria definitoria solo nella costituzione del limite oltre il quale sicuramente non pu esservi equivalenza (es. area) o dei parametri delimitativi del giudizio in concreto. Dovrebbe perci escludersi lipotesi della immediata rimessione al prudente e libero apprezzamento del giudice della valutazione sullequivalenza, con indagine direttamente condotta ad personam sulla specifica professionalit interessata, a prescindere dalle norma pattizie42. Peraltro, molti c.c.n.l. hanno recepito la delega proprio ribadendo la necessit che, nellambito stabilito, lequivalenza sia poi verificata in concreto43.

    37 In questo senso v. Campanella, Mansioni e qualifiche, ius variandi nellimpiego pubblico e privato , Riv. Giur. Lav. E prev. Soc., 1999, 464; Borzaga, Il concetto di equivalenza delle mansioni, Riv. It. Dir. Lav., 1999, 283; F. Panariello, in G. Santoro Passarelli, Diritto del lavoro e della previdenza sociale , Milano, 1998, p. 1619.; L. Fiorillo, in Le nuove leggi civili commentate, 1999, p. 1392. In giurisprudenza, cfr Trib. Napoli, 16 gennaio 2004, in Foro it., 2005, I, 1366.Trib. Taranto, ord. 11 maggio 2001, Lavoro nelle p.a., 2002, 630; Trib. Ravenna, 9 aprile 2002, in www.aranagenzia.it; Trib Trieste, 8 febbraio 2002, Lavoro nella giur., 2003, 465; Trib. Pistoia, ord. 24 gennaio 2001, id., 2002, 290; Trib.Milano, 5 maggio 2000, Riv. Crit. Dir. Lav., 2000, 758. 38 Cos D. Carlomagno, Lavoro pubblico: lequivalenza delle mansioni nel contratto collettivo, Il lavoro nella giurispr., 2003, 468. 39 B. Caponetti, Le mansioni nel pubblico impiego, Normativa vigente, ruolo della contrattazione e profili giurisprudenziali, Lavoro e previdenza oggi, 2006, 451. 40 Cos Trib. Modena 9 gennaio 2004, Il lavoro nelle p.a., 2004, 932. 41 V. in argomento, Curzio, Pubblico impiego: sospensioni, congedi aspettative, mutamenti di mansioni, promozioni, Riv. Crit. Dir. Lav., 2002, I, 264. 42 Per lapprofondimento della tematica, si pu leggere M. Casola, La disciplina delle mansioni nel pubblico impiego, relazione C.S.M., Incontro di studi, 2-27 maggio 2006. 43 Ad esempio lart. 3, secondo comma, del c.c.n.l. del comparto regioni ed autonomie locali, si esprime in questi termini: Ai sensi dellart. 56 del d. lgs. n. 29 del 1993 (ora art. 52 del t.u.), tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili. Lassegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo delloggetto del contratto. Esula dalla presente relazione lesame del nuovo sistema dinquadramento del personale . In questa sede sia solo consentito osservare che, nella materia de qua, il dato differenziale rispetto al previgente sistema costituito dal superamento della rigida ed analitica ripartizione del personale nelle nove qualifiche funzionali e dalla costituzione di aree o categorie, comprensive di pi profili e pi livelli retributivi. In realt

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    Si segnala che la Cassazione sembra avere sposato (pur senza particolari approfondimenti) la tesi dellaffidamento alla contrattazione collettiva della definizione dellequivalenza, almeno come limite vincolante di valutazione. Cos nella recente sent. n. 55/2007, si sostiene che il principio fissato ora dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 52, postula una condizione di equivalenza fissata all'interno dei singoli contratti collettivi. Ancora, pur se in obiter dictum nella sent. n. 13372/2003 si legge costantemente riconosciuto nella giurisprudenza di questa Corte che ai fini dell'applicazione dell'art. 2103 cod. civ., spetta all'autonomia collettiva fissare la gerarchia delle mansioni e delle relative qualifiche allo scopo di stabilire la "categoria superiore" e le "mansioni superiori". Ma, occorre che tale potere (espressione di una specifica idoneit in materia dello strumento negoziale collettivo, che ha ricevuto recenti conferme in sede legislativa, ad es. nella materia dei rapporti di lavoro pubblici contrattualizzati, dove al contratto collettivo affidata anche la individuazione dell'equivalenza delle mansioni: v. ora art. 52 del d.lgs 30 marzo 2001, n. 165. Nella sent. N. 17774/2006, poi, in un caso del comparto Ministeri, la Corte, implicitamente attenendosi alla definizione di equivalenza della norma pattizia44, chiarisce il significato ampio e flessibile della esigibilit delle mansioni45, peraltro riconoscendo lonere del lavoratore di allegare e dimostrare la sostanziale estraneit professionale delle mansioni richieste rispetto alla propria professionalit essenziale. Questa lettura del resto in linea con la recente lettura flessibile dello stesso art. 2103 c.c. affermata dalle Sezioni unite citate; dunque, andrebbero rispettate le clausole contrattuali affermative di criteri di fungibilit tendenziale entro ambiti predefiniti e ci per due ragioni correlate: la rivisitazione del concetto di professionalit (e quindi di equivalenza) e la rilevanza in materia delle pattuizioni collettive46. Sul consenso al demansionamento nel pubblico impiego, risulta di dubbia soluzione la questione inerente la validit di un patto tra il dipendente e lamministrazione datrice circa lassenso alladibizione a mansioni inferiori. Nel lavoro privato, lart. 2103 cpv. espressamente sanziona con la nullit qualsiasi patto contrario al suo precetto. Nulla invece previsto nellimpiego pubblico. La prima giurisprudenza di merito pronunciatasi, ha esteso lart. 2103 cpv. sulla base del rinvio generale alle norme codicistiche 47. La soluzione per non convince, attesa la voluta omissione nel pubblico impiego, di una norma uguale al 2103. Dunque deroghe convenzionali, individuali e collettive, paiono doversi ammettere. Ci anche in base al trend interpretativo ormai sempre pi condiviso, per cui sarebbe ammessa la deroga allart. 2103 ogni volta che si tratti di salvaguardare beni di rango superiore (v. supra). laccorpamento delle nove qualifiche in tre o massimo quattro aree o categorie preordinato soprattutto a garantire una maggiore flessibilit nellimpiego del personale. Ebbene, proprio tale flessibilit a generare il problema della fungibilit delle varie posizioni professionali e quindi della mobilit orizzontale del personale allinterno dellarea, con eventuali prof ili di demansionamento . 44 L'articolo 13, comma 4, del contratto collettivo nazionale di lavoro Comparto ministeri dispone che il dipendente sia tenuto a svolgere tutte le mansioni considerale equivalenti nel livello economico di appartenenza nonch le attivit strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo. 45 Nella sentenza, alla questione dellequivalenza si giustappone quindi quella della esigibilit. Sul punto la Corte ricorda che l'attivit prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza, e che tuttavia, per ragioni di efficienza e di economia del lavoro o di sicurezza, possono essere richieste al lavoratore, incidentalmente e marginalmente, attivit corrispondenti a mansioni inferiori, ed il lavoratore tenuto ad espletarle (Cass. 25 febbraio 1998, n. 2045, che nel rifiuto di eseguire tali mansioni ritiene configurabile anche un comportamento suscettibile di valutazione in sede disciplinare; Cass. 8 giugno 2001, n. 7821, che fa riferimento a motivate esigenze aziendali; Cass. 2 maggio 2003, n. 6714; Cass. 16 giugno 2004, n. 11045, che richiama esigenze di tutela, sicurezza e salubrit dell'ambiente di lavoro). 46 Si rinvia a tutto quanto approfondito nel paragrafo che precede. 47 Trib. Parma, ord. 28 marzo 2001, n. 125, Giust. amm., 2001, 626.

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    2.5 Gli oneri probatori Poich lart. 2103 c.c. non contiene alcuna specifica disciplina, in ipotesi singolare o eccezionale, in materia di ripartizione dellonere della prova, secondo il sistema interpretativo individuato allinizio della relazione, dovr farsi riferimento ai principi generali regolatori della materia dellinadempimento contrattuale 48. La questione che si pone , tuttavia quella della controversa configurabilit del precetto dellart. 2103 come obbligazione datoriale di non fare (art. 1222 c.c.): obbligo di non adibire il prestatore a mansioni non equivalenti. Aderendo, infatti, a tale ultima ricostruzione, il riparto degli oneri probatori dovrebbe essere definito secondo lipotesi eccezionale tipizzata dalle Sezioni unite nella citata sentenza n. 13533; dunque, trattandosi di obblighi negativi, il lavoratore dovrebbe allegare e provare (oltre lesistenza del diritto) anche linadempimento (in via successiva, allegare e provare le voci di danno ed il nesso causale). Se, invece, si ritiene, come sembra preferibile, che lequivalenza comporti un obbligo di fare, cio di assegnare mansioni equivalenti, lonere della allegazione dellinadempimento graver sempre sul lavoratore, ma la prova delladempimento, quale fatto estintivo, incomber sul datore di lavoro. Questultima senzaltro, la posizione prescelta dalla Cassazione. Allorquando da parte di un lavoratore sia allegata una dequalificazione o un demansionamento o comunque un inesatto adempimento dellobbligo del datore di lavoro ex art. 2103 c.c. su questultimo che incombe lonere di provare lesatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto di qualsiasi dequalificazione o demansionamento, ovvero attraverso la prova che luna o laltro siano state giustificate dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari (ovvero, in base al principio generale di cui allart. 1218 c.c., comunque da una impossibilit della prestazione derivante da causa a lui non imputabile49. In sintesi: il diritto che viene azionato il diritto allo svolgimento di mansioni equivalenti. Il fatto

    costitutivo del diritto consiste, quindi, nella individuazione del contenuto delle mansioni di assunzione o delle ultime effettivamente svolte.

    Il fatto inadempitivo, della cui allegazione il lavoratore comunque onerato, consiste nella assegnazione a mansioni che si assumono deteriori. Questo punto molto importante, perch dalle asserzioni storico-giuridiche contenute in ricorso il giudice deve essere gi posto in

    48 E appena il caso di richiamare la complessa questione inerente la qualificazione giuridica della violazione dellart. 2103 come inadempimento/illiceit e/o nullit/invalidit, con le conseguenze in tema risarcitorio. Rima utile segnalare che la pi recente giurisprudenza tende, pur senza specifici approfondimenti, ad esprimersi in termini di inadempimento contrattuale: cos la Corte cost. nella sent. n. 113/2004 (che ha esteso il privilegio generale sui mobili per il credito risarcitorio da demansionamento) e cos le Sezioni unite nella sent. N. 6572/2006 (su cui v. infra). In dottrina, cfr. Di Majo, Tutela risarcitoria, restitutoria, sanzionatoria , in Enc. Giur. Treccani, XXXI, 1994, 16; di recente anche C. Pisani, I problemi rimasti aperti in tema di dequalificazione dopo le sezioni Unite 6572/06, in Mass. Giur. Lav., 2006, 489. 49 Cass., 6 marzo 2006, n. 4766. Secondo la Corte, infatti, come affermato da questa Corte con la sentenza 3 giugno 1995, n. 6265, il lavoratore ha altres il diritto, a maggior ragione, a non essere allontanato da ogni mansione, cio il diritto all'esecuzione della prestazione lavorativa, cui il datore di lavoro (tradizionalmente creditore esclusivo della medesima) ha il correlativo obbligo di applicarlo, restandogli consentita la possibilit di trasferirlo solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. La violazione di tale diritto del lavoratore all'esecuzione della propria prestazione fonte di responsabilit risarcitoria del datore di lavoro, salvo che l'inattivit del lavoratore sia riconducibile ad un lecito comportamento del datore di lavoro medesimo, in quanto giustificata dall'esercizio dei poteri imprenditoriali, garantiti dall'art. 41 Cost., o dall'esercizio dei poteri disciplinari. Similmente, v. Cass. n. 10547/2007.

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    condizione di apprezzare in astratto (rispetto allattuale concetto di equivalenza) la modificatio in peius, sulla base di elementi fattuali circostanziati e specifici50. Dunque, nel ricorso deve essere contenuta una comparazione analitica del contenuto delle mansioni di provenienza e di destinazione, con adeguate argomentazioni circa la lamentata disomogeneit51. In questa direzione, la violazione dellart. 2103 deve essere supportata da oneri assertivi precisi, senza che possa rimettersi il dedotto demansionamento al fatto notorio, alla sensibilit comune, al mero confronto tra qualifiche o a formule vaghe e generalizzanti.

    Solo ove gli oneri assertivi che precedono siano stati sufficientemente assolti si radica lonere

    del convenuto di contestazione e di allegazione di fatti impeditivi, estintivi o modificativi. 2.6 La tutela in forma specifica In passato la giurisprudenza aveva dubitato circa la legittimit, in caso di dequalificazione del lavoratore dipendente, di una sentenza di condanna del datore di lavoro ad adibire il lavoratore alle mansioni in precedenza assegnate, soprattutto in considerazione del carattere eccezionale del provvedimento di reintegrazione, consentito nei soli casi previsti dallart. 18 della legge n. 300 del 1970. Le pronunce emanate in epoca successiva hanno osservato che, anche a voler ritenere che il c.d. ordine di reintegrazione nelle specifiche mansioni esercitate prima della illegittima destinazione ad altro incarico non sia suscettibile di esecuzione forzata, tuttavia consentita lemanazione dellordine in questione da parte del giudice, restando inteso che il datore di lavoro pu ottemperarvi anche assegnando il dipendente a mansioni diverse e caratterizzate soltanto dal requisito della equivalenza alle precedenti. Con la sentenza n. 452/2006 la Corte intervenuta a razionalizzare la materia. Se si riconosce che la violazione della norma imperativa di cui allart. 2103 cit. implica la nullit del provvedimento datoriale ha osservato la Corte si deve parimenti ammettere la possibilit che al lavoratore sia accordata una tutela piena, mediante lautomatico ripristino della precedente situazione, fatto salvo, ovviamente, il c.d. jus variandi del datore di lavoro; tale situazione non ha nulla a che vedere con quella prevista dallart. 18 della L. 300/70, il cui richiamo costituisce un falso problema. Lordinamento vigente ha affermato la Corte privilegia la tutela satisfattoria dellinteresse leso (cfr. Cass. S.U. n. 141/2006); alla sua realizzazione preordinata la pronuncia di condanna del datore alladempimento in forma specifica; tutela che anchessa reale, al pari di quella prevista dallart. 18 cit., in quanto comporta la persistenza del rapporto illegittimamente modificato del datore, ma appartiene alla sfera del diritto comune, non essendo assimilabile al regime speciale previsto per il licenziamento ritenuto illegittimo. Quanto al pubblico impiego, il 2 comma dellart. 68 sancisce il potere-dovere del giudice ordinario di adottare nei confronti della P.A. tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna richiesti dalla natura dei diritti tutelati. E giusto il caso di constatare che, stricto iure, la norma priva di contenuto precettivo innovativo, posto che essendo, gli atti di gestione del rapporto lavorativo di natura privatistica, in ogni caso non avrebbe trovato applicazione lart. 4, 2 comma, della l. n. 2248 del 1865, all. E. Comunque, lart. 68 vale proprio a ribadire lobiettivo della pienezza e della effettivit della tutela da assicurarsi al dipendente pubblico .

    50 Insiste di recente sulla necessit che in ricorso ci sia una puntuale allegazione sullinadempimento, Cass. n. 20523/2005. 51 Espressamente, in tal senso Cass. n. 24036/2006.

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    3. La promozione automatica 3.1 Il lavoro privato La giurisprudenza in materia di promozione automatica del lavoratore adibito temporaneamente allesercizio di mansioni superiori risulta ormai assestata. Se ne riportano qui gli approdi interpretativi pi rilevanti52.

    sulla durata minima del periodo In primis, circa la durata minima dellespletamento delle mansioni superiori necessaria per lacquisto del diritto alla qualifica superiore, lart. 2103 c.c. la quantifica in tre mesi; la contrattazione collettiva pu tuttavia introdurre condizioni di miglior favore. La derogabilit in peius del termine trimestrale indicato invece consentita solo per i dirigenti ed i quadri, ex art. 6 legge 13 maggio 1985, n. 170. Secondo lormai prevalente orientamento giurisprudenziale dovrebbe, ai fini del computo del periodo in questione, attribuirsi rilievo alle sole giornate di lavoro effettivo e non anche a quelle di sospensione del rapporto53. Gli eventi sospensivi hanno comunque effetto non interruttivo, ma appunto sospensivo, dovendo quindi ricongiungersi il periodo di applicazione precedente a quello successivo alle ferie o alla malattia54. A seguito di importanti pronunce della Corte di legittimit, acclarato che il diritto alla promozione automatica non richiede la rigorosa continuit del periodo, essendo sufficienti anche molteplici brevi assegnazioni a mansioni superiori per un periodo complessivamente maggiore di un trimestre55. Permane tuttavia contrasto esegetico circa la necessit o meno, in casi quali quelli ora esposti, della prova dellintento fraudolento del datore di lavoro. Per un primo filone giurisprudenziale, infatti, non sarebbe necessario dimostrare un tale tipo dintento datoriale, essendo al riguardo sufficiente una programmazione iniziale degli incarichi e una predeterminazione utilitaristica di un comportamento inteso ad ovviare, con una pratica elevata a sistema, esigenze necessariamente ricorrenti o comunque suscettibili di riproporsi con carattere di regolarit e quindi con prevedibile periodicit56. Secondo altra corrente invece, ai fini dellinsorgenza del diritto, dovrebbe risultare lintento fraudolento del datore di lavoro diretto ad impedire la maturazione del diritto alla promozione. Tale intento sarebbe desumibile proprio dalla frequenza e sistematicit delle reiterate assegnazioni a mansioni superiori tali da palesare la predeterminazione da parte datoriale di tale contegno per

    52 Sia anche permesso rinviare a M. Casola, Adibizione a mansioni superiori e promozione automatica del lavoratore: orientamenti giurisprudenziali, Foro it., 2000, I, 2875. 53 Cass. 14154/1999, secondo cui nel computo del lasso temporale di espletamento di mansioni superiori, non pu tenersi conto n del periodo di ferie, n di quello di malattia (n peraltro rileva di questultima la natura e lorigine, almeno in assenza di apposita norma regolatrice). 54 Al riguardo cfr. Cass., sez. un., 18 dicembre 1998, n. 12699; 29 luglio 1996, n. 6839 in Dir. lav., 1997, II, 301, nota di Giammaria; 29 luglio 1996, n. 6839; 11 giugno 1990, n. 5655. Va comunque segnalato che la giurisprudenza della Cassazione risulta pacifica nel ritenere l'interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune, compiuta dal giudice del merito nella materia di che trattasi, censurabile in sede di legittimit solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione (ad esempio, la Suprema corte ha confermato sentenze di merito che avevano ritenuto che, ai fini del compimento dei diciotto mesi necessari, ai sensi dell'art. 10 del regolamento organico del 1 gennaio 1981, per l'acquisizione della qualifica superiore da parte di un primo ufficiale di macchina, dipendente da societ di navigazione, in funzionamento nel grado di direttore di macchina, dovesse tenersi conto anche dei periodi di riposo e di ferie: Cass. 16 febbraio 1993, n. 1898; 15 febbraio 1992, n. 1845. 55 Da ultimo, v. Cass. n. 2642/2004; 12785/2003. 56 Cass. 10 novembre 1997, n. 11098; nella giurisprudenza di merito, cfr. Pret. Milano 5 dicembre 1996, in Riv. critica dir. lav., 1997, 341

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    sottrarsi allapplicazione della norma in esame; viceversa la volont elusiva dovrebbe escludersi ogniqualvolta le suddette reiterate assegnazioni risultino giustificate dalla particolare natura dellattivit espletata57. Quello da ultimo citato proprio il caso dei cd. sostituti programmati, cio di quei dipendenti che espletano istituzionalmente mansioni di vicari di colleghi assenti con dirit to alla conservazione del posto58. Uno dei punti fermi sulla questione stato posto dalle Sezioni unite della Cassazione per la specifica fattispecie di sussistenza di obblighi contrattuali del datore di lavoro di coprire il posto vacante mediante concorso. La sentenza 28 gennaio 1995, n. 1023 ha infatti statuito che, ove il contratto collettivo preveda che la copertura di una posizione di lavoro nell'organico aziendale debba avvenire mediante procedura concorsuale, il datore di lavoro - nelle more dello svolgimento del concorso - pu coprire tale posto adibendovi a rotazione dipendenti di qualifica inferiore per distinti periodi che, singolarmente considerati, non siano superiori a quello previsto per l'acquisizione della qualifica superiore ex art. 2103 c.c., senza che sia possibile cumularli. In tal caso infatti argomenta la Corte - la alternanza delle assegnazioni di mansioni superiori non significativa di alcun intento del datore di lavoro di eludere il rispetto della legge e di avvantaggiarsi di prestazioni lavorative di pi elevato livello senza il riconoscimento della corrispondente qualifica, ma risponde (salvo prova contraria) all'esigenza organizzativa di coprire temporaneamente il posto al quale, successivamente ed in via definitiva, dovr essere assegnato il vincitore del concorso59. Si precisato comunque che la parte datrice potrebbe adibire a rotazione dipendenti di qualifica inferiore ad un posto da coprire mediante concorso, senza maturazione del diritto a qualifica superiore, solo per il tempo strettamente necessario per lindizione e lo svolgimento del concorso previsto dal regolamento o dal contratto collettivo60. Naturalmente, anche in subiecta materia, vi ampio utilizzo dei principi di correttezza e buona fede61.

    svolgimento delle mansioni superiori Il carattere vicario delle mansioni svolte preclude il diritto del sostituto allinquadramento nella qualifica superiore. Dunque, se tra le mansioni tipiche della qualifica di appartenenza sono compresi compiti di sostituzione del dipendente di grado pi elevato, la sostituzione non crea il diritto alla promozione 62. Di recente, si precisato che questo limite opera solo se la sostituzione occasionale, non nel caso in cui la funzione vicaria sia travalicata in ragione del carattere permanente della sostituzione e della persistenza solo formale della titolarit in capo al superiore delle mansioni proprie della relativa qualifica, per effetto di una stabile scelta organizzativa del datore63. Lassegnazione deve, inoltre, essere piena, nel senso che deve implicare lassunzione del livello di responsabilit e di autonomia tipica delle mansioni superiori64.

    57 Cass. 13 gennaio 1997, n. 271, in Riv. giur. lav., 1997, II, 169, con nota di Di Croce. 58Per il personale delle Ferrovie dello Stato ha ribadito il principio test riportato Cass. 24 maggio 1999, n. 5040. Di segno decisamente favorevole alla parte datoriale poi quellopzione interpretativa, condivisa in verit solo da una parte della giurisprudenza di merito, secondo cui, atteso il carattere eccezionale della promozione automatica, sarebbe giustificata la condotta dellimprenditore inteso ad evitarne loperativit mediante rotazione del personale (cos Pret. Fermo 13 novembre 1996, in Dir. lav. Marche, 1997, 86). 59 Cass., sez. un., 28 gennaio 1995, n. 1023, in Foro it., 1995, I, 494, con nota di AMOROSO; Giust. civ., 1995, I, 1201, annotata da NANNIPIERI. In senso conforme alle Sezioni unite v. anche nella giurisprudenza di merito Pret. Firenze 4 ottobre 1995, in Toscana giur., 1996, 743. 60 Pret. Firenze 7 dicembre 1995, in Toscana giur., 1996, 743 61 V. di recente Trib. Reggio Emilia 2 giugno 1998, in Orient. giur. lav., 1998, I, 29; Pret. Catania 2 agosto 1995, in Foro it., 1996, I, 766, con nota di richiami. 62 Di recente, M. Somvilla, Mansioni vicarie e promozione automatica, in Mass. Giur. Lav., 2007, 41 ss. 63 Cass. n. 21021/2006; 2637/2000; n. 15968/2004. 64 Cass. n. 4642/2006; 20660/2005; 11125/2001.

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    sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto

    Secondo lindirizzo interpretativo ormai consolidato, la fattispecie assenza con diritto alla conservazione del posto si estende anche a situazioni ulteriori e diverse rispetto alle ipotesi di sospensione del rapporto legalmente tipizzate (sciopero, adempimento di funzioni pubbliche elettive, infortunio, malattia, gravidanza, puerperio, chiamata alle armi). In tal senso si ritiene che il sindacato sul provvedimento datoriale debba esplicarsi non solo alla luce delle disposizioni legislative, ma anche alla stregua di quelle previste nella contrattazione collettiva; queste ultime infatti ben potrebbero tipizzare fattispecie di temporanea assenza del dipendente comportante la necessit di sostituzione temporanea. Rimarrebbe del resto impregiudicato il sindacato sui poteri organizzativi del datore di lavoro ove risulti in concreto luso fraudolento da parte di questultimo di espedienti per eludere il precetto stabilito dallart. 2103 cit. a favore del sostituto65. In applicazione del principio interpretativo enunciato si escluso il presupposto delleffettiva vacanza del posto nel caso di ferie del dipendente da sostituirsi66; nellipotesi di collega sospeso dal lavoro perch posto in cassa integrazione guadagni67; nella situazione dellassente per l'espletamento di attivit sindacale, in forza di permessi retribuiti previsti dalla contrattazione collettiva68. Secondo la Cassazione 69, nell'ipotesi in cui un lavoratore subentri ad altro nello svolgimento delle mansioni superiori di un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto non ravvisabile un fenomeno di sostituzione mediante scorrimento (o a catena o a cascata) e lo svolgimento delle mansioni superiori non utile, ai fini dell'acquisizione della corrispondente qualifica ai sensi dell'art. 2103 c.c., neppure al lavoratore subentrante all'originario sostituto, con detto subentro attuandosi, in definitiva, la sostituzione del lavoratore assente (anzich del suo sostituto)70. In talune ipotesi stata aperta una breccia alla regola della portata ostativa alla promozione del carattere solo vicario delle mansioni superiori svolte, allorch lesigenza della sostituzione sia derivata da unobiettiva insufficienza o da carenza dellorganico dellimpresa, fatti che il dipendente a dover provare o almeno dedurre. In tali evenienze invero il riferimento alla sostituzione di lavoratori assenti sarebbe solo diretto a giustificare laffidamento di mansioni superiori, reso invece necessario da carenze strutturali di organico, si ch il sostituto andrebbe a ricoprire un vero e proprio posto nellorganigramma effettivo dellimpresa71.

    65Per questa tesi v. Cass. 22 agosto 1997, n. 7874; 13 agosto 1996, n. 7541, in Lavoro giur., 1997, 32 con nota di Mannaccio ed in Dir. lav., 1997, II, 342, con nota di Rigan; 21 novembre 1990, n. 11217, pubblicata in Foro it., 1991, I, 467, con nota di Amoroso, anche in Riv. giur. lav., 1991, II, 248, con nota di Prasca 66Cass. 6 maggio 1999, n. 4550; 13 agosto 1996, n. 7541. 67 Cass. 5 dicembre 1990, n. 11663, Foro it., 1991, I, 467, nota AMOROSO ed in Riv. dir. lav., 1991, II, 601, con nota di Gragnoli 68 Cass. 10 aprile 1999, n. 3529. Interessa peraltro precisare che, anche in materia, linterpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune compiuta dal giudice del merito censurabile in sede di legittimit solo per vizi di motivazione e violazione delle regole di ermeneutica contrattuale (ad esempio la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito che, ritenendo tassativa la disposizione del contratto collettivo per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, relativa allipotesi di assenza dei dipendenti con diritto alla conservazione del posto, aveva escluso che tra le suddette ipotesi potesse farsi rientrare la partecipazione a corsi professionali, attesa proprio la mancanza di espressa previsione: Cass. 2 novembre 1998, n. 10954). 69 Cass. n. 10346/2002; 20 maggio 1992, n. 6028. 70 La tesi per cui lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, sarebbe anche il lavoratore presente in azienda ma temporaneamente non utilizzato, per ragioni di salute, nel suo normale posto di lavoro (cui addetto un sostituto) sostenuta da Cass. 19 marzo 1983, n. 1964, in Giur. it., 1983, I, 1, 1953. 71 Cfr. Cass. 25 marzo 1997, n. 2631, in Lavoro giur., 1997, 1009, con nota di Focareta; 20 maggio 1997, n. 4496, in Riv. it. dir. lav., 1998, II, 96, con nota di Palla.

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    Naturalmente, cessata la causa della sostituzione (per esempio, per dimissioni del sostituito) l'eventuale proseguimento dello svolgimento delle suddette mansioni diviene utile ai fini del superiore inquadramento solo quando superi i tre mesi, senza possibilit di cumulo col periodo anteriore 72 Il carattere vicario delle mansioni espletate preclude non solo il diritto alla promozione, ma anche quello alla maggiore retribuzione per il periodo della sostituzione, allorch lassegnazione stessa non sia stata piena. Tale ultima condizione si verifica sia quando la sostituzione non abbia riguardato mansioni proprie della qualifica rivendicata, n comportato lassunzione dellautonomia e della responsabilit tipiche della qualifica stessa73 sia ancora quando le mansioni proprie della qualifica del sostituto comprendano compiti di sostituzione di dipendenti di grado pi elevato74, sia, infine, quando lattivit sostitutiva abbia concorso con mansioni prevalenti dellinferiore qualifica di appartenenza 75. E utile far presente che alcuni c.c.n.l., in ipotesi di sostituzione di dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, pongono a carico del datore di lavoro lobbligo di comunicare per iscritto al sostituto i motivi delladibizione alle mansioni superiori ed il nominativo del dipendente sostituito76.

    assegnazione a mansioni superiori Il presupposto del diritto al superiore inquadramento non costituito solo dalla circostanza che il lavoratore svolga mansioni superiori, ma che egli vi sia assegnato; pertanto, deve escludersi che il diritto al superiore inquadramento possa acquisirsi per effetto del mero svolgimento di un compito superiore e della mera inerzia del datore di lavoro, ove questa, per le precise circostanze in cui si esplichi, non esprima univocamente ed inequivocabilmente un consenso; infatti l'assegnazione delle mansioni un atto in cui si esplica il potere organizzativo del datore di lavoro (qualora le mansioni non siano dedotte nel contratto di lavoro) e non costituisce, invece, terreno di iniziativa del lavoratore 77. Tuttavia, lassenza di investitura formale irrilevante ai fini de quibus78.

    72Cass. 24 gennaio 1992, n. 766, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 278, n. Focareta; 24 gennaio 1992, n. 766. Viceversa sulla possibilit di successiva sostituzione di pi lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, v. Cass. 27 luglio 1984, n. 4479, in Foro it., 1986, I, 143. 73Cass. 11 aprile 1996, n. 3363; 23 febbraio 1996, n. 1433. 74 Cass. 10 novembre 1998, n. 11331; 28 febbraio 1996, n. 1546; 19 gennaio 1985, n. 183, in Foro it., 1985, I, 2970. 75 Cass. 17 febbraio 1997, n. 1438. 76 CFR. lart. 41 del ccnl 5 febbraio 1988, per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato. Sullargomento la Cassazione ha chiarito che, in effetti, in materia di sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto con altro lavoratore di qualifica inferiore, l'art. 2103 c.c. non prescrive che, perch sia escluso il diritto del sostituto alla definitiva assegnazione alle mansioni superiori, il datore di lavoro debba comunicare a quest'ultimo, in occasione dell'assegnazione suddetta, il nominativo del sostituito e i motivi della sostituzione; tuttavia la contrattazione collettiva pu ben prevedere tale regime pi rigoroso per tutelare pi efficacemente la professionalit del lavoratore contro possibili abusi del datore di lavoro (Cass. 23 gennaio 1999, n. 646). In tal senso si ritenuto che la comunicazione deve essere, se non preventiva, almeno contestuale alladibizione alle nuove mansioni (Cass. 7 aprile 1998, n. 3586; 22 agosto 1997, n. 7874, in Foro it., 1998, I, 1237, con nota di richiami; in senso opposto v. invece Cass. 14 novembre 1997, n. 11280). La Cassazione ha peraltro considerato conforme ai criteri di ragionevolezza e rispettosa dellart. 1362 c.c. linterpretazione del giudice del merito che, sulla base della nominata disposizione contrattuale, ha ritenuto la configurabilit a carico dellente dellonere di provare, in caso di contestazione, leffettiva sussistenza della causa della sostituzione e la ricorrenza di unipotesi di diritto alla conservazione del posto (Cass. 5 febbraio 1998, n. 1192). 77Pret. Sassari-Alghero 4 agosto 1993, in Notiziario giurisprudenza lav., 1993, 816; nel medesimo senso v. Trib. Milano 16 febbraio 1994, in Orient. giur. lav., 1994, 233).

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    La prova del consenso del datore di lavoro costituisce oggetto di accertamento necessario soltanto qualora il datore di lavoro contesti (fatto impeditivo) la pretesa del dipendente provando che le mansioni superiori sono state svolte contro la sua espressa volont79. In tema di rapporto di lavoro degli addetti ai pubblici servizi di trasporto, deve rammentarsi che la sussistenza dellordine scritto del direttore dellazienda costituisce elemento costitutivo della domanda di promozione al grado superiore per lo svolgimento delle relative mansioni. La esiste