MANGIARE INFORMATI: CONSIGLI PER UNA SPESA ED UNA...
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MANGIARE INFORMATI: CONSIGLI PER UNA SPESA
ED UNA PREPARAZIONE DEI CIBI PIU’ CONSAPEVOLI
Irene De Angelis
Chiara Di Iullo
Joseè M. Di Stefano
Claudia Marchini
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SOMMARIO BACKGROUND .................................................. 5 MACROPROGETTAZIONE ................................ 8 QUESTIONARIO .............................................. 10 LE ETICHETTATURE ALIMENTARI Definizione di etichetta alimentare ................ 15 La denominazione di vendita ......................... 16 L'elenco degli ingredienti ............................... 17 Il peso e le quantità ......................................... 19 Il termine minimo di conservazione o scadenza .......................................................... 19 Il luogo e la ditta produttrice .......................... 20 Il titolo alcolimetrico ....................................... 21 Il lotto di appartenenza ................................... 21 Le modalita' di conservazione ....................... 21 Le indicazioni facoltative ................................ 22 Campo di applicazione ................................... 25
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LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI Le materie plastiche ........................................ 37 Metodi di conservazione ................................ 40 Ma cosa sono questi microrganismi? ........... 47 SCELTA DEGLI STRUMENTI ADATTI PER LA PREPARAZIONE DEGLI ALIMENTI Bis-fenolo A dei biberon ................................. 54 I perfluorati ...................................................... 54 Il Dietilesilftalato (Ftalati) dei contenitori di plastica ............................................................. 57 Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) della carne alla brace ............................................... 58 Silicone ............................................................ 58 LE PENTOLE GIUSTE L'acciaio inossidabile ................................... 63 La ghisa ............................................................ 64 La terracotta .................................................... 65 Il ferro ............................................................... 65 Il vetro .............................................................. 66
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L'alluminio e il Teflon ...................................... 66 METODI PER LA COTTURA DEGLI ALIMENTI ....................... Errore. Il segnalibro non è definito. METODI DI COTTURA A CONFRONTO...........................69 GLI SPRECHI ALIMENTARI Le cause dello spreco ..................................... 88 Opinioni sullo spreco ..................................... 89 Perché il cibo viene sprecato? .................... 90 Affrontare lo spreco alimentare ..................... 91 Misurare lo spreco alimentare ....................... 92 Minimizzare lo spreco alimentare .................. 92 RACCOMANDAZIONI (BCFN) ......................... 92 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ...................... 97
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BACKGROUND
Marx diceva che, nelle società capitalistiche, i
consumatori non sanno capire cosa è davvero
utile e cosa non lo è e finiscono per
consumare merci la cui unica utilità è quella di
arricchire coloro che hanno organizzato la loro
produzione e circolazione.
Oggi queste considerazioni sembrano avere
un riscontro sempre maggiore; infatti, parlando di consumi
alimentari, anche una pratica abituale come la spesa al
supermercato può risultare fondamentale per la salute, tanto è vero
che non vi è luogo più pericoloso, ma nel contempo più salutare
dell'ipermercato vicino casa.
La questione è capire ciò che si sta acquistando.
La consuetudine della spesa settimanale viene spesso
sottovalutata e relegata tra le cose da fare assolutamente, ma non
sempre gradite. Questo stato d'animo produce spese frettolose e
carrelli riempiti di corsa mentre facciamo lo slalom tra i reparti.
Spesso il risultato è che, una volta a casa, ci accorgiamo di aver
acquistato prodotti inutili o di aver dimenticato l'indispensabile.
Non è mai troppo tardi per cambiare abitudini, per rendere la spesa
al supermercato un momento di scelta consapevole dei nostri
consumi, districandoci tra le super offerte, i prodotti “naturali”, la
frutta e la verdura di ogni parte del mondo. Non è utopia auspicare
che, se una grande massa di persone adottasse queste e altre
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pratiche nel condurre la propria spesa settimanale, la grande
distribuzione dovrebbe cambiare il modo stesso di rapportarsi al
consumatore, optando probabilmente ad una maggiore trasparenza
e chiarezza delle informazioni offerte accanto al prodotto in vendita
e, ad esempio, ad una distribuzione ottimale e non “di richiamo” dei
prodotti offerti all'interno del supermercato.
Facendo la nostra spesa dovremmo quindi sempre aver presente
che stiamo acquistando prodotti destinati ad essere introdotti nel
nostro corpo e che questi prodotti possono far ammalare o risanare.
E' quindi importante rendere più consapevole la nostra spesa al
supermercato, per acquistare solo alimenti di cui effettivamente
abbiamo necessità per la nostra quotidiana alimentazione e per
stare lontano dai cibi non propriamente sani.
E’ bene ricordare che un’alimentazione bilanciata favorisce il
benessere del nostro corpo.
La nostra salute dipende in grande misura da come nutriamo il
nostro corpo e non si può che essere incoraggiati a perseverare
sulle buone abitudini alimentari e a fare in modo che, oltre ad
essere buone, siano soprattutto sane. Per questo quando andiamo
a fare la spesa al supermercato abbiamo la grande responsabilità
della nostra salute e di quella delle persone a cui provvediamo.
Essere informati e consapevoli riguardo a ciò di cui ci nutriamo è
un’impegnativa ma fondamentale pratica per vivere bene e in
salute.
Questi sono solo alcuni accorgimenti che si prefigge il nostro
progetto e che dovremmo seguire facendo la spesa al
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supermercato, non solo per risparmiare e nutrirci meglio. Nel
momento in cui mettiamo nel carrello un prodotto e lo preferiamo, in
modo consapevole e informato, ad un altro, stiamo compiendo un
atto importante per il miglioramento della società nella quale
viviamo. Le scelte e gli orientamenti della “massa” sono monitorate
costantemente dalla grande distribuzione; se noi (la “massa”)
effettuiamo scelte virtuose, con costanza, anche il nostro
supermercato di fiducia dovrà adeguarsi per soddisfarne le
esigenze.
Abbiamo un grande strumento decisionale fra le nostre mani: il
carrello della spesa, non ci rimane che utilizzarlo al meglio.
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MACROPROGETTAZIONE
TITOLO: Mangiare informati: consigli per una spesa ed una preparazione dei cibi più consapevoli
TARGET: Adulti tra i 30 e i 50 anni
DURATA: 6 settimane
FREQUENZA: Un incontro a settimana
PERIODO: 1 mese e mezzo (dal 6 aprile all’11 maggio)
NUMERO DI PARTECIPANTI: 40 persone
MACROBIETTIVI:
• osservare quante persone danno importanza alla lettura delle
etichette ed il modo in cui queste vengono lette dai singoli;
• esporre quali sono i metodi di conservazione per ogni
alimento;
• scegliere gli strumenti adatti per la preparazione degli alimenti;
• distinguere tra i diversi metodi per la cottura degli alimenti;
• rendere il consumatore consapevole dello spreco e insegnargli
come migliorare l’acquisto, la conservazione, la preparazione
e lo smaltimento finale del cibo.
CONTENUTI:
• Etichette alimentari.
• Materiali e metodi di conservazione degli alimenti.
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• Metodi e strumenti per la cottura degli alimenti.
• Sprechi alimentari.
ATTIVITA’: Raccolta di esperienze dei partecipanti sia all’inizio che alla fine del corso, in modo da capire, rispettivamente, il livello di preparazione iniziale e finale.
SETTING: Sala conferenze hotel “Parco dei Principi” di Roma.
TIPOLOGIA DOCENZA: 4 biologhe nutrizioniste.
METODOLOGIE E STRUMENTI
Il questionario: Questo strumento verrà utilizzato nella lezione introduttiva al corso per capire il livello di conoscenza sugli argomenti che verranno trattati e focalizzarsi su quali punti ci si dovrà maggiormente concentrare nelle lezioni successive.
Materiale aggiuntivo: immagini e slides.
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QUESTIONARIO
1) Quanto tempo dedichi alla spesa?
o Meno di 30 minuti
o Dai 30 ai 60 minuti
o Più di 60 minuti
2) Motiva la tua risposta:
o Mancanza di tempo
o Mancanza di voglia
o Altro: ……………………………………………………………...
3) Quando fai la spesa a cosa dedichi più attenzione?
o Alla qualità del prodotto
o Al prezzo
o Al rapporto qualità-prezzo
o Compro solo prodotti in offerta
4) Con quanta attenzione leggi le etichette?
o Molta
o Poca (guardo solo la data di scadenza del prodotto)
o Non leggo le etichette
5) Cosa ti attrae di un prodotto?
o Il nome
o L’immagine del prodotto
o Il valore nutrizionale
o Altro: ………………………………………………………………
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6) Cerchia le parti di questa etichetta che non conosci:
7) Conosci il significato di questo simbolo?
o Si, ………………………………………….
o No
8) Conosci la corretta posizione degli alimenti in frigorifero per
un’adeguata conservazione?
o Si
o No
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9) Qual è il materiale che usi di più per conservare gli alimenti?
o Plastica
o Alluminio
o Carta
10) Conosci le sostanze tossiche che possono rilasciare alcuni
strumenti a contatto con gli alimenti?
o Si, ………………………………………………………………….
o No
11) Le pentole che usi sono:
o Di qualità
o Quelle che trovi in offerta nei grandi supermercati
12) Qual è il metodo di cottura che usi più spesso nella vita di tutti i
giorni?
…………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………
13) Se avanza qualcosa a tavola:
o Lo butti
o Lo conservi e lo consumi in un altro pasto
o Lo dai al tuo animale domestico
14) Quando vai in un ristorante e sul tuo tavolo avanza del cibo:
o Lo lasci nel piatto
o Ti sforzi per finirlo
o Chiedi di portarlo via
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ETICHETTATURE ALIMENTARI
“Più di un italiano su due appartiene a quella categoria di persone che va a fare la spesa di corsa, buttando buste e scatolame nel carrello senza preoccuparsi del contenuto” Stefania Cecchetti
“I mostri nel mio frigorifero.”
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MICROPROGETTAZIONE
LEZIONE 2
TITOLO: ETICHETTATURE ALIMENTARI
DATA: 13 APRILE 2014
MACROBIETTIVO DEL GIORNO: Osservare quante persone danno
importanza alla lettura delle etichette ed il modo in cui queste vengono lette
dai singoli.
MICROBIETTIVO DEL GIORNO: Indagare quante persone danno
importanza alla lettura delle etichette e,tra queste, quanti le leggono
correttamente e quanti conoscono la simbologia specifica.
MACROARGOMENTO: LE ETICHETTE
MICROARGOMENTO: Come si leggono le etichette?Quali sono gli
elementi fondamentali nella lettura di queste ultime? Perchè è importante la
loro lettura?
METODOLOGIE: Sottoporre ai partecipanti al corso diverse etichette
alimentari per valutare il livello di conoscenza iniziale.
Proporre un questionario per capire quanta importanza viene data alla lettura
delle etichette.
Riproporre l'esercitazione della lettura di diverse etichette alla fine del corso
per osservare i miglioramenti conseguiti.
STRUMENTI: brochure, immagini e parti attinte da libri di testo.
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DEFINIZIONE DI ETICHETTA ALIMENTARE:
Per etichetta alimentare si intende:
- ai sensi dell'art. 1 D.lgs 109/92, “l'insieme delle menzioni, delle indicazioni e
dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si
riferiscono ad un prodotto alimentare e che figura direttamente
sull'imballaggio o sulla confezione o su una etichetta apposta- vi o sui
documenti di trasporto”.
Scegliere prodotti giusti è possibile. Basta dimenticare quello che ci dicono le
pubblicità e imparare a leggere le etichette con attenzione, senza limitarci a
quanto c'è scritto in grande vicino al nome del prodotto.
Una buona alimentazione inizia dal momento in cui si sceglie/acquista un
prodotto in questo senso il momento della spesa riveste un'importanza
cruciale. L'etichetta alimentare è la modalità con cui un produttore presenta
un alimento e, allo stesso tempo, rappresenta uno strumento di tutela del
consumatore perché contiene informazioni utili sulle diverse caratteristiche di
un prodotto e quindi può essere un valido aiuto per orientare verso scelte
consapevoli.(Linee guida per una sana alimentazione italiana.la sicurezza dei
tuoi cibi dipende anche da te. Cap 10 ; pag 87) Per questo motivo, non basta
fermarci alle apparenze, perché rischiamo di acquistare qualcosa di molto
diverso da quello che vogliamo. Basti pensare, ad esempio, ai cosiddetti cibi
“senza zucchero”. In genere per zucchero s'intende il saccarosio (quello
comunemente utilizzato in cucina) e questo non è sicuramente presente negli
alimenti così etichettati.
Ma se tra gli ingredienti compaiono: sciroppo di glucosio o sciroppo di
fruttosio o maltosio o destrosio,sappiate che l'alimento contiene
indirettamente dello zucchero.
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Ecco cosa ci dev'essere, obbligatoriamente, sull'etichetta:
1.La denominazione di vendita.
2.L'elenco degli ingredienti.
3.Il peso (peso netto/peso sgocciolato) e le quantità.
4.Il termine minimo di conservazione o scadenza.
5.Il luogo e la ditta produttrice.
6.Il titolo alcolimetrico (nelle sostanze alcoliche).
7.Il lotto di appartenenza.
8.Le modalità di conservazione.
In aggiunta, possiamo avere ulteriori indicazioni facoltative.
La denominazione di vendita
Consiste nel nome o nella descrizione che permette di distinguere prodotti
che a vista potrebbero sembrare simili (per esempio: riso o riso integrale).
Non può essere un nome di fantasia e deve specificare lo stato in cui si trova
il prodotto (per esempio: in polvere, concentrato, liofilizzato, surgelato,
affumicato). E' obbligatorio segnalare l'eventuale trattamento mediante
radiazioni ionizzanti con la dicitura “irradiato” o con l'espressione “trattato con
radiazioni ionizzanti”.
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L'elenco degli ingredienti
E' importantissimo. Tutti gli ingredienti utilizzati sono elencati in ordine
decrescente di quantità. Al primo posto figura quello presente in quantità
maggiore e così via fino a quello presente in piccola quantità (è il caso degli
additivi). Solo quando si tratta di alimenti composti da un solo ingrediente non
è necessario specificare, come nel caso dell'acqua. Ecco perché verificando
l'ordine con il quale sono scritti gli ingredienti, si può capire la qualità o la
convenienza di un prodotto rispetto ad un altro. Per esempio, se una bevanda
(come un succo di frutta) ha come primo ingrediente l'acqua e come secondo
lo zucchero possiamo evitare di acquistarla.
E' una buona abitudine rimettere sugli scaffali i cibi che hanno una lista
lunghissima di ingredienti con nomi così strani da essere incomprensibili:
sicuramente sono additivi.
Gli additivi. Gli additivi alimentari sono sostanze che vengono aggiunte al cibo
per prolungarne la conservazione,modificarne il colore, il gusto , la
consistenza o altro.
Non tutti però sono così innocui come si potrebbe credere. Sono classificati a
seconda della funzione svolta negli alimenti( per esempio, antiossidante,
antimicrobica) e sono identificati da un numero e da una lettera.
La lettera “E” indica che l'additivo in questione è riconosciuto e permesso in
tutti i paesi dell'Unione Europea. Il numero che segue ne definisce la
categoria; per esempio: E1= colorante , E3=antiossidante.
-Coloranti (da E100 a E199).
-Conservanti(da E200 a E299):il loro fine è quello di rallentare il
deterioramento del cibo causato da batteri, lieviti e muffe.
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-Antiossidanti(da E300 a E322):evitano il processo di ossidazione
nell'alimento.
-Correttori di acidità(da E325 a E385).
-Addensanti,emulsionanti e stabilizzanti( da E400 a E495).
-Aromatizzanti: donano agli alimenti specifici odori e sapori. La legge italiana
prevede la loro indicazione in etichetta in modo generico come “aromi”.
Una particolare precisazione va fatta sul glutammato :
questo si trova allo stato naturale in alcuni cibi come la salsa di soia, il
parmigiano e le alghe ma si può ottenere industrialmente dalla melassa.
Viene classificato come E620 oppure E621, esalta i sapori senza dare il
gusto di salato e rende appetibili anche ingredienti scadenti e sgradevoli.
In genere è uno degli ingredienti dei dadi da cucina fatta eccezione per quelli
vegetali e biologici.
Il glutammato può scatenare cefalee da ipersensibilità e indurre i tessuti a
trattenere liquidi ancor più del sale, causando gonfiori e ipertensione.
Non vengono considerate ingredienti, e quindi non vengono dichiarate
“coadiuvanti tecnologici”, sostanze inorganiche usate nella produzione che
possono dar luogo a presenza di pesticidi nel prodotto finito.Vengono usate
principalmente come solventi, per esempio per estrarre oli dai semi;
allontanare da un alimento sostanze indesiderate(come la caffeina dal caffè);
come chiarificanti, per esempio nelle bevande alcoliche e nei succhi di frutta;
come decoloranti,detergenti o altro: famoso è il caso della presenza di alcol
nelle merendine in quanto utilizzato per sanificare gli involucri di rivestimento.
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Il peso e le quantità
L'etichetta deve riportare il peso netto di un prodotto. Se un prodotto è
immerso in un liquido deve essere indicata la quantità di prodotto sgocciolato.
Unica eccezione: quando si tratta di “prodotti soggetti a notevoli cali di massa
o volume”. In questo caso i prodotti devono essere pesati al momento
dell'acquisto o devono riportare l'indicazione della quantità netta al momento
in cui sono esposti per la vendita al consumatore.
Infine, mai farsi trarre in inganno dalle dimensioni delle confezioni, non
significa che il contenuto sia maggiore.
Il termine minimo di conservazione o scadenza
Due possono essere le indicazioni scritte in etichetta:il termine minimo di
conservazione e la data di scadenza. Il primo è la data fino alla quale il
prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate
condizioni di conservazione e viene indicato con la scritta:”Da consumarsi
preferibilmente entro”, seguita dalla data. Oltre quella data il prodotto perde
alcune caratteristiche, senza però diventare nocivo per la salute, e può
essere venduto solo sotto la responsabilità del venditore.
La scadenza vera e propria viene indicata con la scritta: ”Da consumarsi
entro...” e indica la data entro la quale il prodotto dev'essere
necessariamente consumato e oltre la quale non può essere venduto perchè
può, invece,arrecare danno alla salute.
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E' bene ricordare che le date di scadenza e di durabilità sono valide finchè la
confezione è integra e il prodotto è conservato come indicato in etichetta.
L'etichetta dovrebbe indicare anche quanto un prodotto può essere
conservato una volta aperta la confezione, ma questa informazione è
facoltativa.
Per tutti gli alimenti freschi o sfusi ci si può informare sulla data di scadenza
direttamente dal venditore.
Il luogo e la ditta produttrice
Indicano il nome (o la regione sociale o il marchio depositato) e la sede del
fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nell' Unione
Europea, ovvero la sede dello stabilimento di produzione o di
confezionamento.
Da queste indicazioni il consumatore attento puo' sapere a chi si puo'
rivolgere per avere ulteriori informazioni o per inviare reclami o farsi cambiare
la merce difettosa o avariata, nonche' da quale regione o Paese proveniente
un prodotto.
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Il titolo alcolimetrico
Riguarda solo i cibi alcolici e indica la quantita' di alcol contenuta in un
prodotto. Un vino al 12% vuol dire che in 100 grammi di prodotto 12 sono di
alcol.
Il lotto di appartenenza
Il “numero di lotto” garantisce la “rintracciabilita'” dell'alimento: dove e' stato
fatto, chi lo ha prodotto e con quali tecniche produttive, come e' stato
confezionato, quali controlli ha subito. Il codice che lo identifica in genere e'
preceduto dalla lettera “L”. Se il prodotto e' italiano i primi 2 numeri sono “80”.
Le modalita' di conservazione
Sono le indicazioni che ci dicono come deve essere conservato un prodotto.
Tutti i cibi in vendita nei banchi frigo o nei surgelatori devono essere
trasportati al piu' presto nel frigorifero di casa o nel congelatore per non
interrompere la catena del freddo e non favorire lo sviluppo di una carica
batterica elevata nel cibo. Di solito in etichetta e' indicata la temperatura alla
quale il prodotto deve essere conservato: 4°C corrispondono al frigorifero
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domestico, mentre una temperatura piu' bassa (-18°C) prevede la
conservazione in congelatore in congelatore. Dopo la scongelazione i
surgelati non devono essere ricolgelati, ma consumati subito.
I cibi con la scritta “Conservare in luogo fresco e asciutto” non devono essere
messi in frigorifero, che invece e' umido.
E' importantissimo fare attenzione alle confezioni gonfie, ammaccate, bagnate o addirittura rotte. Devono essere rifiutate, cosi' come devono essere buttate quelle dalle quali, una volta aperte, escano gas o bollicine
(quando non dovrebbero essere presenti) o in cui vi siano muffe o abbiano
sapore,oddore o consistenza non convincente. Le confezioni deteriorate
possono essere restituite al negoziante, che e' tenuto a sostituire con altre
integre.
Le indicazioni facoltative
In etichetta possiamo poi trovare anche informazioni facoltative e
complementari che, se ci sono, possono essere indice di maggior qualita' di
un prodotto.
Le istruzioni per l'uso in genere sono indicazioni utili: per esempio, sapere
quanti minuti deve cuocere un certo tipo di pasta o un cereale integrale. Sui
surgelati si puo' trovare scritto se e' necessario uno scongelamento graduale
o se il prodotto puo' essere messo in padella o nel forno appena uscito dal
congelatore.
La tabella nutrizionale riporta una dichiarazione relativa al valore energetico e
ai nutrienti (proteine, carboidrati,grassi,fibre alimentari, sodio, vitamine e sali
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minerali). Accanto ai valori nutrizionali possono essere specificati i valori per
porzione o per pezzo.
• Il valore energetico. Un errore abbastanza frequente e' quello di
confondere le calorie per 100 grammi e quelle per porzione. Se
confrontiamo alcuni cibi tra oro controlliamo le calorie per 100
grammi. Solo così sapremo realmente quale alimento contiene più
calorie.
• Le proteine. In tabella dovrebbe essere specificata la presenza di
proteine animali o vegetali. Un prodotto che riporta solo il quantitativo di
proteine totali e' un po' troppo generico e non da' garanzie di grande
qualità, inoltre e' bene fare attenzione che in un cibo vegetale non ci sia
presenza di proteine animali perché vorrebbe dire che, per qualche
strano motivo, gli sono state aggiunte, come accade spesso per le
proteine del latte.
• I carboidrati o glucidi. Raramente viene specificata la percentuale o il
contenuto in grammi di amidi (carboidrati semplici). E' importante,
invece, conoscere quali tipi di carboidrati sono presenti.
• I grassi o lipidi. Raramente e' specificata la percentuale o il contenuto
in grammi di grassi saturi,insaturi,polinsaturi,trans e colesterolo, ma per
scegliere un prodotto di qualità questa informazione e' indispensabile.
E' meglio diffidare degli alimenti che non la riportano. Facciamo
attenzione agli alimenti in cui viene pubblicizzato il basso
contenuto in colesterolo: l'assenza di colesterolo in se' non basta a
rendere l'alimento salutare. In realtà, occorre sempre accertarsi che
il cibo sia allo stesso tempo privo di acidi grassi trans, di margarine e
di grassi vegetali idrogenati. Sostituire i grassi di origine animale ricchi
di colesterolo con grassi vegetali idrogenati non migliora certo la
situazione,anzi,per alcuni la peggiora.
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• La fibra alimentare. Se in un cibo integrale la fibra non e' tra gli
ingredienti, va benissimo. Meno bene se la fibra e' anche tra gli
ingredienti: significa che e' stata aggiunta e allora l'alimento non e' un
vero integrale.
• Sodio. Mangiamo gia' molto sodio nella quotidianita', scegliamo
alimenti che non ne contengano molto come frutta,verdura,cereali e
legumi, ed evitiamo i salumi e cibi in scatola che ne contengono
troppo.
• Vitamine e sali minerali. Sull'etichetta nutrizionale vitamine e minerali
possono essere riportati solo se presenti naturalmente e non aggiunti.
Possiamo capire se sono aggiunti quando li troviamo anche tra gli
ingredienti.
-(Villarini A., Allegro G. (2012), Prevenire i tumori mangiando con gusto, In pratica: dal supermercato alla cucina, Le etichette alimentari: leggerle e interpretarle, cap 7 pag 93-210.)
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Informazioni interessanti
Dal 1° gennaio 2009 e' obbligatorio indicare se gli alimenti contengono piu'
dello 0,9% di cibi OGM (geneticamente modificati), ma se in etichetta trovate
la scritta facoltativa “libero da OGM” e' senza dubbio un'informazione utile.
CAMPO DI APPLICAZIONE Il campo di applicazione delle etichette, in base all’art. 3 D.lgs 109/92
(normativa vigente in Italia), è rappresentato dai prodotti alimentari destinati
al consumatore e venduti nelle seguenti forme:
-Sfusa, cioè venduti senza alcuna confezione su cui è impossibile apporre
una etichetta (frutta, ortaggi freschi, prodotti di pasticceria, di gastronomia). I
recipienti contenenti tali elementi sfusi devono invece presentare bene in
vista: denominazione di vendita, elenco degli ingredienti, ed eventuali
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allergeni presenti, e, ove siano previsti, data di scadenza e modalità di
conservazione. Una eccezione è data dalle mozzarelle le quali se non
vengono poste direttamente in vendita all’interno del caseificio devono
necessariamente essere confezionate.
-Preincartata, cioè confezionati sul luogo di vendita al momento
dell'acquisto o immediatamente prima della richiesta di acquisto da parte del
cliente ma sempre ai fini della vendita immediata nello stesso luogo ove sono
stati confezionati (pane, carne fresca, formaggi e salumi al taglio).Gli alimenti
commercializzati in forma sfusa o preincartata sono sottoposti a regole meno
restrittive rispetto a quelle dei prodotti preconfezionati.
-Preconfezionata, cioè venduti in confezioni già applicate dal produttore ed
in cui l'alimento rimane fino al momento del consumo senza essere in alcun
modo alterate. Preconfezionati sono la maggior parte dei prodotti venduti nei
negozi di generi alimentari e nei supermercati.
L'etichetta nutrizionale presente sulla confezione di un alimento fornisce ai
consumatori informazioni ,in modo semplice e rapido, sulla composizione
nutrizionale degli alimenti. Il formato più diffuso è quello posto sul retro della
confezione (BOP = back of the pack), mentre tipicamente le linee guida di
importo giornaliero sono frequentemente poste sul davanti della confezione
(FOP= front of the pack).
Trail W.B.,Mazzocchi M., Niedzwiedzka B.,Shankar B., Wills J. 2013, The
EATWELL project: Reccomandations for healthy eating policy interventions
across Europe, Nutrition Bullettin 38: 352-357.
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Durante la lettura delle etichette va posta particolare attenzione alla
componente energetica, agli zuccheri, ai grassi saturi, al sale, elementi di cui
la società occidentale fa un uso eccessivo e dev'essere contenuto.
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Punti chiave per una corretta etichettatura nutrizionale sono: chiarezza,
comprensibilità, leggibilità, presenza di valori di riferimento (ad esempio in
relazione al fabbisogno di un adulto), presentazione dei valori non solo
secondo un quantitativo standardizzato (ad esempio pero 100gr di prodotto)
ma anche secondo una porzione normalmente assunta.
IL CONCETTO DI PORZIONE FACILITA IL CONSUMATORE NEL
COMPRENDERE IL QUANTITATIVO DI CALORIE E DI NUTRIENTI
REALMENTE ASSUNTI. ESSA RISULTA IMPORTANTE ANCHE PER GLI
ALIMENTI LIQUIDI,PER I QUALI L'IMPOSSIBILITA' DEL
CONFEZIONAMENTO SINGOLO POTREBBE CAUSARE UN CONSUMO
INCONSAPEVOLE DI QUANTITA' MAGGIORI DI PRODOTTO.
Alcuni studi scientifici evidenziano che gli adolescenti sono i maggiorni
consumatori dei cibi preconfezionati. Delle etichette di tali prodotti essi
leggono maggiormente la data di produzione e di scadenza, ma tralasciano la
provenienza e le informazioni nutrizionali. Essi percepiscono che l'etichetta
nutrizionale è troppo complessa; anche perchè certe caratteristiche delle
etichette stesse ne impediscono la comprensione.
-MULTIPLE TRAFFIC LIGHTS: è una modalità di etichettatura diffusa nel
Regno Unito che utilizza i colori verde, arancione e rosso per indicare un
basso, medio, alto contenuto di uno specifico nutriente all'interno del prodotto
a cui si riferiscono.
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SPESSO LA CODIFICA TRAMITE I COLORI VIENE INTERPRETATA
ERRONEAMENTE PERCHE' SI RITIENE CHE IL SEMAFORO ROSSO
INDICHI UN PRODOTTO CHE SAREBBE MEGLIO EVITARE .
-CURSEUR NUTRITIONNEL: utilizzato in Francia; classifica gli alimenti in tre
diverse categorie:
“Plaisir nutrition” cioè gli alimenti che sono raccomandati per una sana
alimentazione;
“Plaisir classique” cioè gli alimenti idonei al consumo quotidiano;
“Plaisir gourmande” cioè gli alimenti da consumare occasionalmente perchè
a maggior contenuto di grassi, zuccheri, sale...
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E' UNO STRUMENTO DI IMMEDIATA INTERPRETAZIONE, MA NON
FORNISCE RIGUARDO LA GIUSTA PORZIONE DI UN ALIMENTO DA
CONSUMARE, NE' LE CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI DEL
PRODOTTO.
-GDA( Guideline daily amount): è un sistema diffuso in Europa che indica in
grammi e in percentuale il contenuto di una porzione di alimento rispetto alla
quantità indicativa giornaliera ritenuta adeguata per un' adulto, in termini di
energia (calorie) e di nutrienti chiave.
QUESTO SISTEMA CONSENTE AL CONSUMATORE DI MONITORARE LA
PROPRIA ASSUNZIONE ALIMENTARE, IN RELAZIONE AI VARI
NUTRIENTI.
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Le GDA possono essere utilizzate a complemento dell’informazione
nutrizionale obbligatoria, fornendo un riferimento che aiuta il consumatore a
stimare la quantità di calorie, grassi totali grassi saturi, sodio e zuccheri da
assumere nell’ambito di una dieta bilanciata.
Poiché il fabbisogno giornaliero individuale, in termini di calorie e
nutrienti,varia in funzione di molteplici fattori, fra cui il sesso e l’attività fisica,
le GDA non si propongono come riferimenti assoluti, ma sono pensate per
soggetti adulti in buono stato di salute ed in grado di svolgere un livello medio
di attività fisica.
Le GDA, oltre ad aiutare il consumatore a comprendere le informazioni
nutrizionali riportate sulle etichette, forniscono indicazioni per una corretta
ripartizione del fabbisogno energetico giornaliero, permettendo al
consumatore di contestualizzare le informazioni nutrizionali riportate
sull’etichetta del prodotto all’interno di una dieta equilibrata.
In tal modo, ogni consumatore ha un’immediata visione di quali siano i
nutrienti e le calorie apportate dal consumo di un determinato alimento e può
utilizzare questa informazione per confrontare e scegliere i prodotti, valutando
se questi rientrano nel piano della dieta personale.
Le GDA sono calcolate sulle indicazioni nutrizionali riferite ad un adulto la cui
dieta di riferimento prevede un apporto complessivo di 2000kcal, così come
indicato dalle linee guida internazionali, europee e nazionali. Le GDA sono in
gran parte sovrapponibili ai LARN (Livelli Raccomandati di Energia e
Nutrienti), le raccomandazioni per la popolazione italiana fornite dal SINU
(Società Italiana di Nutrizione Umana).
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Un recente studio relativo alle etichette dei cibi pre-confezionati evidenzia che
i consumatori percepiscono le etichette come una fonte molto credibile di
informazioni e le usano come guida nella scelta dei cibi.
Tuttavia la lettura di esse è inferiore in bambini, adolescenti e anziani. Anche
le persone con basso stato socio-economico utilizzano meno le etichette,
nonostante siano maggiormente a rischio di sovrappeso e obesità.
E' necessario, quindi, migliorare le modalità con cui le informazioni
nutrizionali sono presenti sulle confezioni. I formati FOP (front of the pack)
sono più efficaci ed il più forte e quello che combina l' uso di parole
“alto,medio e basso” con i colori del semaforo (etichettatura multiple lights
traffic) e le percentuali delle GDA (linee guida di importo giornaliero), in
aggiunta con i livelli di nutrienti relativi ad una porzione di prodotto.
(Campos S., Doxey j., Hammond D. 2010, Nutrition labels on pre packaged
foods: a systematic review, Public Health Nutrition, 14(8): 1496-1506
33
Attività:
"QUAL E' L'ETICHETTA MIGLIORE?"
Luogo: sala conferenze dell'albergo;
Durata: 30 minuti;
Ai partecipanti verranno sottoposti varie confezioni alimentari, prive della marca, tra cui essi dovranno selezionare il prodotto migliore, basandosi solo ed unicamente sulla lettura delle etichette.
"COSA MANCA NELL'ETICHETTA?"
Luogo: sala conferenze dell'albergo;
Durata: 30 minuti;
Modalità: gara a squadre;
Ai partecipanti una serie di etichette con parti mancanti e dovranno essere in grado di capire, nel minor tempo possibile, qual è la parte mancante di ogni etichetta.
Vince la squadra che riesce a riconoscere l'assenza di informazioni obbligatorie nel minor tempo possibile.
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LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
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LEZIONE 3
TITOLO: CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
DATA: 20 APRILE 2014
MACROBIETTIVO DEL GIORNO: esporre quali sono i metodi
di conservazione per ogni alimento
MICROBIETTIVO DEL GIORNO: consapevolizzare sulle
conseguenze di eventuali errori durante i processi di
conservazione;
indicare le differenze tra i vari metodi spiegando, per ogni categoria
alimentare, quali sono i più efficaci
MACROARGOMENTO: la conservazione degli alimenti
MICROARGOMENTO: differenza tra i vari metodi di
conservazione e i rischi ad essi associati
METODOLOGIE: spiegare in modo chiaro e semplice gli
argomenti, fare degli esempi riportando delle immagini. Proporre un
questionario per capire l’importanza data ai metodi di
conservazione degli alimenti.
STRUMENTI: brochure, immagini e parti attinte da libri di testo
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La conservazione degli alimenti è l’insieme delle tecniche che servono a
rallentare i processi di alterazione a cui vanno incontro gli alimenti sia per
effetto del tempo che dell’ambiente esterno, mantenendone inalterate le
proprietà nutritive ed organolettiche.
I metodi di conservazione degli alimenti si basano sulla creazione di
condizioni sfavorevoli allo sviluppo, all’attività e alla vita stessa di vari
microrganismi patogeni e deterioranti quali batteri, virus, funghi e alghe.
I trattamenti utilizzati tendono a conservare l’integrità e la salubrità di diversi
alimenti con azioni di tipo termico, fisico o chimico.
Negli ultimi quarant'anni il modo di imballare e conservare i cibi è molto
cambiato. Ogni materiale destinato a contenere alimenti deve essere
autorizzato dal ministero della Salute, che verifica
l'assenza di interazione tra imballaggio e contenuto. Per
legge i materiali d'imballaggio Idonei a contenere
prodotti alimentari devono riportare ben in evidenza
l'indicazione “per alimenti” oppure il simbolo equivalente
che raffigura un bicchiere e una forchetta.
Conservare bene il cibo permette di:
• Evitare il contatto con l'aria o con altri agenti che possono alterarlo.
• Proteggerlo dagli urti.
• Impedire la trasmissione degli odori di sapori da un alimento all'altro.
• Mettere una barriera difensiva contro batteri e muffe.
La scelta del materiale con cui conservare gli alimenti è molto importante. Di
sicuro il migliore è il vetro, ma purtroppo si rompe facilmente ed è pesante.
37
Ecco perché vengono spesso utilizzate materie plastiche, carta o fogli di
alluminio.
A parità di qualità e prezzo, scegliamo gli alimenti confezionati con materiale
riciclato/riciclabile o in maniera semplice. Il prodotto con troppi imballaggi
determina una maggior quantità di rifiuti.
Le materie plastiche
Le più comuni materie plastiche sono:
-Il polietilene ad alta densità, utilizzato per i sacchetti di plastica per la spesa
e i sacchi per rifiuti.
-Il Polietilene-tereftalato (PET), utilizzato per bottiglie di acqua, di bevande
gassate, per contenitori per caffè, miele e altro. Ora iniziano ad essere in
commercio anche in Mater-Bi, la "bioplastica" ricavata dall'amido di mais,
biodegradabile in poche settimane.
In Italia si vendono, ogni anno, oltre 20 milioni di rotoli di pellicola estensibili e
più del 90% di queste è composto da PVC. L'utilizzo di questi film trasparenti
per avvolgere cibi è da anni causa di discussioni per il contenuto di ftalati e di
adipati, sostanze potenzialmente tossiche e probabilmente cancerogene, che
vengono aggiunte al PVC per renderlo elastico ed estensibile. Essendo molto
solubili nei grassi e nell'alcol possono infiltrarsi negli alimenti ricchi di lipidi o
che espongono parti grasse in superficie (come il burro, i formaggi, salumi) e
di conseguenza entrare nel nostro organismo.
Gli ftalati e gli adipati, una volta ingeriti, si accumulano nei grassi corporei,
producendo dei rischi per la salute. In Italia, il ministero della Salute ha
limitato l'impiego degli ftalati a un massimo del 5% e lo ha vietato nelle
plastiche destinate ad avvolgere sostanze grasse. Quest'ultimo
38
provvedimento non è ancora entrato in vigore e attualmente vige solo
l'obbligo di riportare un'indicazione in etichetta (spesso poco visibile) che
avverte di "non applicare a contatto di alimenti a contenuto alcolico oppure
conservati in liquidi oleosi o costituiti da grassi e oli animali e vegetali". Per
evitare di acquistare pellicole plastiche a rischio è bene:
• Leggere con attenzione l'etichetta della pellicola e controllare la
presenza della scritta “per alimenti” o il simbolo del bicchiere con la
forchetta.
• Dare la preferenza ai film estensibili a base di polietilene, riconoscibili
dalla dicitura “non contiene ftalati”, riportata in etichetta.
• Se avete in casa delle pellicole e non ne conservate più la scatola,
utilizzatele senza metterle a contatto con il cibo. Per esempio per
coprire una ciotola senza far toccare il cibo all'interno con la pellicola.
• Non riutilizzare i contenitori in plastica che avvolgevano un alimento
acquistato. Infatti la vaschetta di plastica rigida usata per alcuni
surgelati è comunemente fatta con PVC ed è progettata e realizzata in
modo da non rilasciare sostanze tossiche a temperature molto basse.
Se riutilizzata per conservare cibi oleosi, come condimenti o salse
magari versati ancora caldi, questi assorbono gli ftalati egli adipati
presenti nel PVC. Per lo stesso motivo è bene evitare di mettere l'olio
nelle bottiglie di plastica.
La carta
Se dobbiamo conservare prodotti come formaggi o carni, il materiale ideale è
la carta. Questa deve portare la dicitura "per alimenti" e può essere oleosa
oppure no.
Mai ricorrere alla carta del giornale e a quella riciclata: può essere molto ricca
di piombo, utilizzato per gli inchiostri di stampa. Il piombo è un metallo
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pesante tossico che si bioaccumula nei nostri tessuti e può provocare
patologie anche gravi.
L'alluminio
Oltre alle pellicole trasparenti in cucina si può utilizzare il foglio d'alluminio
perché offre protezione dalla luce, caratteristica vantaggiosa per gli alimenti
grassi che in ambienti luminosi tendono a ossidarsi (per esempio, avvolgere
la bottiglia dell'olio di oliva in un foglio di alluminio ne aumenta la
conservabilità).
La prerogativa più interessante dell'alluminio è però quella di poter resistere
tanto alle basse temperature quanto al calore intenso (anche 600°C), ma non
al microonde (dove non va assolutamente utilizzato). Questo consente di
conservare i cibi congelati nelle vaschette semirigide di alluminio e di cuocerli
direttamente negli stessi contenitori in forno senza doverli prima travasare.
L'alluminio è però tossico (rientra nella categoria dei metalli pesanti). Di
norma non lo troviamo negli alimenti che avvolge, a meno che non siano
molto acidi molto ricchi di sale (come la salsa di pomodoro, i cibi marinate
quel pesce al sale).
Villarini A., Allegro G. (2012), Prevenire i tumori mangiando con gusto, In pratica: dal supermercato alla cucina, Come conservare al meglio gli alimenti, cap7, pag 222-226.
40
METODI DI CONSERVAZIONE
ESSICCAZIONE
Consiste nel togliere i liquidi dai solidi, facendoli evaporare sottoponendo i
prodotti alimentari al passaggio di correnti calde. In passato l'essiccazione si
effettuava naturalmente, esponendo l'alimento al calore del sole (per esempio
fichi o prugne secche) o semplicemente all'aria (come nel caso dello
stoccafisso), ma oggi per motivi igienici si utilizzano gli essiccatoi ad aria
calda.
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E' un processo applicato a:
• carne
• pesce
• cereali
• frutta
L' essicamento modifica l'aspetto degli alimenti e li rende duri senza
alterarne i caratteri organolettici; ne mantiene integro il valore nutritivo,
eccezion fatta per la vitamina C.
PASTORIZZAZIONE
Questo trattamento deve il suo nome a Pasteur che, intorno al 1860, osservò
come sottoponendo il vino alla temperatura di 60 °C per alcuni minuti, questo
potesse essere conservato a lungo.
La pastorizzazione distrugge la microflora dei liquidi organici anche oltre il
99%, ma poichè non si raggiungono temperature sufficienti a devitalizzare i
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microrganismi termofili, nè tantomeno le spore, l'alimento pastorizzato deve
comunque essere conservato in condizioni atte a limitare lo sviluppo di questi
microrganismi.
Conserva praticamente inalterate le proprietà fisico-chimiche ed il gusto dei
prodotti per un periodo di tempo differente in rapporto agli stessi.
Generalmente si applica a:
• latte
• birra
• vino
• budini
• dessert
• succhi di frutta
ed è seguita da un rapido raffreddamento del prodotto, spesso associato ad
altri metodi di conservazione. Il raffreddamento dell'alimento ha anche lo
scopo di evitare che le alte temperature danneggino eccessivamente le
caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto.
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La durata del trattamento dipende dalla natura dell'alimento:
Pastorizzazione bassa 60 - 65 °C 30 min. utilizzata per vino, birra e latte
per caseificazione.
Pastorizzazione alta 75 - 85 °C 2 - 3 min. un tempo era utilizzata per il
latte. Sostituita dalla HTST.
Pastorizzazione rapida 75 - 85 °C 15/20 sec detta anche HTST o
stassanizzazione.
STERILIZZAZIONE
Con questo procedimento si eliminano tutti i microrganismi presenti nei liquidi
e nei solidi. Il prodotto comunque non è del tutto asettico e non può
mantenersi all'infinito: per ottenere una sterilizzazione completa infatti
occorrerebbero, alle temperature impiegate, tempi molto lunghi con grosse
perdite nutritive.
La sterilizzazione viene utilizzata sia per i prodotti confezionati che sfusi, ma
affinchè l'azione del calore sia duratura, occorre che il prodotto da sterilizzare
sia racchiuso in recipienti nei quali è possibile creare il vuoto.
Si realizza a diversi livelli di temperatura per un lasso di tempo variabile in
rapporto alla temperatura stessa e ai diversi alimenti:
Ø In autoclave per qualche minuto, a 115 °C circa.
Distrugge o blocca l'attività di enzimi, microrganismi e tossine. Rende gli
alimenti più facilmenti digeribili, mantenendone intatto il valore nutritivo, e
salva il potenziale della vitamina C e della vitamina B1.
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La sterilizzazione in autoclave è valida per una grande varietà di prodotti
come:
• legumi
• frutta
• carne
• pesce
• alimenti cucinati
La sterilizzazione in autoclave è efficace molto a lungo, tranne per gli alimenti
molto acidi come i succhi di frutta e la salsa di pomodoro.
Ø Mediante riscaldamento a piu' di 115 °C, dai 20 ai 30 minuti.
Rende i cibi batteriologicamente puri: ne diminuisce il valore proteico
lasciando intatti i contenuti di vitamina A e di vitamina B2.
A temperatura superiore ai 140 °C viene effettuato sopratutto per latte, di cui
non altera il valore nutritivo ed il gusto, e il trattamento di sterilizzazione viene
indicato con la sigla UHT (Ultra Hight Temperature). I tempi si riducono a
pochi secondi.
Dal punto di vista nutrizionale, la sterilizzazione è meno vantaggiosa della
pastorizzazione, in quanto l'alta temperatura inattiva le vitamine e fa
denaturare le proteine.
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REFRIGERAZIONE
La conservazione del cibo avviene o in celle frigorifere o per immersione nel
ghiaccio.
La refrigerazione si applica alla carne e al pesce, e ne lascia praticamente
intatto il valore nutritivo.
La refrigerazione non blocca ma rallenta lo sviluppo dei batteri, pertanto la
conservabilità dei prodotti refrigerati è limitata.
CONGELAZIONE
Consiste nel portare gli alimenti a temperature basse (-5, -12 °C) o molto
basse (-30, -40 °C) per un periodo di tempo variabile in relazione al prodotto.
Questa tecnica si applica generalmente alle carni, di cui consente la
conservazione nel freezer a -18 °C per qualche mese.
Gli alimenti scongelati si alterano molto più facilmente di quelli freschi in
quanto a seguito del congelamento perdono la naturale restistenza alle
aggressioni dei batteri. Proprio per questo motivo bisognerebbe scongelare
gli alimenti in frigorifero e consumarli entro 24 ore.
SURGELAZIONE
La surgelazione è una tecnica industriale di conservazione a bassa
temperatura. Si tratta sostanzialmente di una forma di congelazione
ultrarapida che si effettua portando in pochi minuti la temperatura del prodotto
a -30, -40°C. Il contenuto idrico dei tessuti vegetali e animali forma
microcristalli di ghiaccio che non ledono le pareti cellulari; dopo lo
scongelamento quindi, il prodotto ha effettivamente tutte le caratteristiche di
quello fresco.
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Solitamente inoltre, passano solo poche ore dal momento in cui il prodotto
viene raccolto, pescato e preparato, a quello in cui viene surgelato.
Per «prodotto surgelato» si intende un prodotto avente tre caratteristiche
fondamentali:
• è stato posto a congelazione rapida al momento della preparazione ed
è pronto per il consumo, ossia non necessita di ulteriori lavorazioni per
essere consumato;
• è stato conservato per tutto il tempo, dalla produzione fino alla
consegna al consumatore, ad una temperatura non superiore a -18 °C
(mantenendo la cosiddetta catena del freddo);
• viene venduto nella confezione originale in cui si trovava al momento
della produzione.
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MA COSA SONO QUESTI MICRORGANISMI?
Il termine microrganismi si riferisce a diverse classi di esseri viventi, quali
batteri, virus, funghi e alghe.
Nel settore alimentare i più rilevanti sono i batteri, microrganismi unicellulari
che si trovano ovunque: nell'aria, negli alimenti, nella terra, nell'acqua e
all'interno degli esseri viventi. I batteri possono essere:
• Utili.
Sono batteri che caratterizzano il formaggio, lo yogurt, gli insaccati vari, e
impediscono ad altri batteri pericolosi di svilupparsi.
• Deterioranti.
Sono i batteri della putrefazione; si moltiplicano in presenza di umidità, alta
temperatura, variazione del PH e tempi di conservazione troppo lunghi.
• Pericolosi.
Sono batteri patogeni, ossia quelli che causano malattie (tossinfezioni
alimentari o intossicazioni), direttamente o attraverso la produzione di
sostanze tossiche chiamate tossine. I microrganismi possono riprodursi
soltanto in condizioni favorevoli di tempo, unidità e temperatura.
-Leziosa, sito dell'industri alimentare, anno 2013.
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Per una corretta conservazione degli alimenti, che coincide spesso con la
sicurezza alimentare, occore seguire 10 semplici regole “consigliate” dal
ministero della Salute per non commettere gli errori più comuni:
1. Verifica la temperatura all’interno del tuo frigorifero.
2. Ogni zona del frigorifero mantiene temperature diverse.
3. Non conservare gli alimenti oltre la loro data di scadenza.
4. Ogni alimento ha la sua "temperatura di conservazione".
5. Il frigorifero non è indicato per qualsiasi alimento.
6. Non riporre mai in frigorifero alimenti caldi.
7. Fai attenzione alle contaminazioni crociate.
8. Utilizza contenitori puliti e chiusi.
9. Pulisci regolarmente l’interno del frigorifero.
10. Non cedere alla tentazione di fare scorte troppo abbondanti.
Ministero della salute, data di pubblicazione 18 luglio 2013, 10 regole d'oro
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Attività: "QUAL E' L'ASSOCIAZIONE GIUSTA?"
Luogo: sala conferenze dell'albergo
Durata: 30 minuti
I partecipanti dovranno associare ad ogni pietanza il materiale di conservazione più adeguato.
N.B: alcuni materiali possono essere associati a più di un alimento.
MATERIALI
A B
C D
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ALIMENTI
A B
C D
E F
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SCELTA DEGLI STRUMENTI ADATTI PER LA
PREPARAZIONE E LA COTTURA DEGLI ALIMENTI
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LEZIONE 4
TITOLO: Scelta degli strumenti adatti per la preparazione dei cibi.
DATA : 27 Maggio 2014
MACROBIETTIVO DEL GIORNO: Scegliere gli strumenti adatti per la
preparazione degli alimenti.
MICROBIETTIVO DEL GIORNO: Capire QUALI sono le sostanze
tossiche che rilasciano gli strumenti per la preparazione degli alimenti e le
CONSEGUENZE apportate al nostro organismo.
MACROARGOMENTO: le sostanze tossiche.
MICROARGOMENTO: quali sono le sostanze tossiche rilasciate?cosa
causano? come prevenirle?
METODOLOGIE: spiegare in modo chiaro e semplice gli argomenti, fare
degli esempi, associare ad ogni strumento la sostanza tossica rilasciata
osservando anche dal punto di vista pratico; proporre un questionario per
capire quanta importanza viene data alla scelta degli strumenti.
STRUMENTI: brochure, immagini e parti attinte da libri di testo.
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SCELTA DEGLI STRUMENTI
ADATTI PER LA PREPARAZIONE DEI CIBI.
Alexis Carrel nel 1935 scrive: “mugnai e fornai hanno fatto credere alla gente
che il pane bianco fosse superiore al pane scuro. La farina prodotta a
macchina è abburrattata e privata dei principi vitali, ma si conserva meglio e
il pane si fa più facilmente. I mugnai ed i panettieri guadagnano di più ed i
consumatori senza saperlo mangiano un prodotto di qualità inferiore. In tutti i
paesi in cui il pane è un ingrediente essenziale dell’alimentazione, le
popolazioni degenerano”.
Ci preoccupiamo molto della qualità dei nostri alimenti ma non badiamo alla
cottura: un’altra fonte di tossine potrebbe essere la stessa pentola che si
utilizza per cuocere il nostro cibo biologico preferito o gli interferenti
endocrini: possono essere presenti naturalmente in alcune piante, si
possono trovare nei farmaci, nei pesticidi, negli additivi delle plastiche etc.. .
• Dottor Smaldone, 2012, Cibo e Salute, Onore a Weston
Price;
54
Bis-fenolo A dei biberon
E’ stato utilizzato nella produzione plastiche alimentari che sono diffusissime
in tutte le nostre case. Rende la plastica dura e trasparente. Lo si è utilizzato
fino a qualche hanno fa nei
biberon. Mettere a contatto della
plastica con i cibi caldi ha un
effetto estrattivo su questa
molecola. Ad alte temperature i
policarbonati rilasciano il Bis-
fenolo A. A basse dosi di
Bis-fenolo A gli animali di
laboratorio sviluppano ridotta conta spermatica (problema diffuso ai nostri
giorni), diabete, infertilità e cancro. La nostra alimentazione sembra invasa da
questo Bis-fenolo A. L’uso del Bis-fenolo è stato vietato solo qualche anno fa
(2011).
I perfluorati
Sono altre molecole altamente tossiche a carico del sistema riproduttivo, del
fegato e della tiroide. Sono presenti nei tessuti idrorepellenti, nei prodotti
antimacchia, le padelle antiaderenti che quando si graffiano diventano
pericolose, vernici per pavimenti e ritardanti di fiamma che si mettono in
alcuni tessuti delle auto. Si ritiene che i prodotti ittici siano la principale fonte
alimentare di questi composti.
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I perfluorati nelle pentole antiaderenti:
Le doti principali delle pentole e dei tegami da cottura in alluminio sono la
leggerezza, l’elevata conducibilità termica,la resistenza meccanica la
conduttività, indispensabili ad un buon utensile da cucina. In particolare la
capacità di condurre il calore è un requisito essenziale per individuare una
buona pentola. Un recipiente dotato di buona conduttività consente:
v la regolazione efficace della temperatura nelle varie fasi di cottura;
v la distribuzione uniforme del calore su tutte le superfici, sia sul fondo
che sulle pareti;
v la conseguente riduzione del rischio di bruciature.
L'ampio lavoro sperimentale, condotto negli anni recenti, ha portato l'Istituto
Superiore di Sanità ad essere fra i centri di punta nella sperimentazione sulla
migrazione dell'alluminio nei cibi. Da quest’Istituto è venuta una posizione
definitiva sulle caratteristiche sanitarie dell'alluminio negli utensili da cucina, a
fugare ogni possibile dubbio da parte dei responsabili dei controlli sanitari.
L'Istituto Superiore di Sanità ha voluto quindi verificare se, e in che misura,
l'alluminio potesse considerarsi idoneo al contatto alimentare nei termini
prescritti dalla legge ma, ancor prima, accertare la sua eventuale migrazione
all'alimento.
Le prove negli alimenti hanno dato valori tali per cui ipotizzando un pasto
normale per un italiano medio si può arrivare ad una contaminazione di meno
di 1 p.p.m. (parte per milione) per pasto, nel caso ipotetico che tutto venga
preparato in contenitori di alluminio. E' ribadita la constatazione che i soli
56
contatti prolungati a temperatura ambiente, o comunque non refrigerata, con
alimenti acidi debbano essere, per prudenza, evitati.
A seguito di una richiesta della Commissione, nel 2008, è stato chiesto al
gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari, gli aromatizzanti, i
coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con gli alimenti (gruppo di
esperti AFC) un parere scientifico sulla sicurezza dell’alluminio contenuto in
tutte le fonti di assunzione alimentare, fornendo, laddove l’esposizione
stimata per particolari sottogruppi ecceda l’assunzione settimanale tollerabile
provvisoria (pTWI), anche il dettaglio dell’esposizione per singola fonte. La
via principale di esposizione all’alluminio per la popolazione generale è
tramite gli alimenti. L’alluminio presente nell’acqua potabile costituisce
un’altra fonte di esposizione, sebbene secondaria. Ulteriori esposizioni
possono derivare dall’uso di composti dell’alluminio nei farmaci e nei prodotti
di consumo. In condizioni tipiche e normali l’apporto dovuto alla migrazione
dai materiali a contatto con gli alimenti rappresenterebbe solo una frazione
minore dell’assunzione alimentare complessiva. Tuttavia il gruppo di esperti
AFC ha notato che, in presenza di acidi e sali, l’uso di padelle, recipienti e
pellicole di alluminio con alimenti come purea di mela, rabarbaro, purea di
pomodoro o aringhe salate può causare un aumento delle concentrazioni di
alluminio in tali alimenti. Inoltre l’uso di vaschette e vassoi di alluminio per
alimenti già pronti e di rapido consumo potrebbe causare un moderato
aumento delle concentrazioni di alluminio, in particolare nei cibi contenenti
pomodoro, vari tipi di sottaceti e aceto.
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Il Dietilesilftalato (Ftalati) dei contenitori di plastica
E’ usato per rendere morbida la plastica ed in particolare il PVC. Si trova
quindi nella maggior parte delle plastiche che entrano a contatto con gli
alimenti e le bevande. A causa della sua tossicità in Europa ne è stato
proibito il consumo.
I suoi effetti negativi si esplicano ancora una volta a carico del sistema
riproduttivo, causando sterilità, a carico del fegato e potrebbero predisporre
alla sindrome metabolica (diabete e obesità).
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Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) della carne alla brace
Si producono
quando c’ è una
combustione:
fumo di
sigaretta, fumi di cottura, combustione di candele e incensi. I cibi carbonizzati
sono il primo veicolo di queste molecole. Causano principalmente tumori a
carico della prostata, del seno e del polmone.
Silicone
Una novità apparsa sul mercato negli ultimi anni è costituita dagli stampi in
silicone. Vengono impiegati soprattutto per preparare torte dolci, presentando
alcuni vantaggi:
il dolce cuoce più in fretta e si sforma più agevolmente; gli stampi si ripiegano
su se stessi, occupando meno spazio.
Gli stampi in silicone possono essere generalmente impiegati in un ampio
range di temperature (di solito -40°C +250°C) potendo quindi passare dal
forno al freezer.
Sono strumenti idonei all’impiego nel forno a microonde.
Questi stampi vengono prodotti in una varietà di forme, colori e dimensioni.
La consistenza dello stampo può però costituire un limite: per esempio, se
l’impasto è liquido, bisogna prima appoggiarlo alla griglia del forno e poi
riempirlo, data la difficoltà di maneggiare lo stampo una volta pieno.
59
Gli stampi al silicone presentano
però qualche aspetto dubbio. In
particolare il timore è che il
silicone possa cedere alcuni
componenti agli impasti durante
la cottura. Nel 2007 la rivista
Altroconsumo esaminò diversi
stampi in silicone presenti sul
mercato nazionale e li sottopose a prove di migrazione per verificarne
l’idoneità al contatto alimentare. Secondo la normativa in vigore nel nostro
Paese (in realtà non esiste in Italia una normativa che regolamenta in modo
specifico i siliconi ma fu adottata la legge per le materie plastiche come
previsto dalla Risoluzione europea sui siliconi ) tutti i campioni risultarono in
regola. Tuttavia in quell’occasione fu constatato che una migrazione
particolarmente elevata di sostanze dal silicone all’impasto può verificarsi al
primo utilizzo. Fu anche verificato che un lavaggio in lavastoviglie può ridurre
la migrazione di sostanze non desiderate.
Emerse quindi il consiglio di lavare gli stampi in lavastoviglie prima di usarli e
di valutare la possibilità di cuocere la prima volta un semplice impasto di
farina, lievito e olio di semi, da gettare via dopo la cottura.
Consigliamo di acquistare stampi in silicone di qualità.
In particolare, per l’utilizzo in campo alimentare, si consiglia di impiegare
silicone platinico. La qualità di questo tipo di silicone, ottenuto con
catalizzatore platinico, è migliore e più sicuro rispetto a quella del silicone
realizzato con catalizzatore perossidico da utilizzare preferibilmente in campi
diversi quali quello industriale.
Un altro aspetto di notevole importanza riveste il post-trattamento termico a
cui il prodotto viene sottoposto al termine del suo ciclo produttivo: questo
60
trattamento garantisce infatti l’eliminazione di ogni eventuale presenza di
sostanze volatili per garantire al consumatore la massima sicurezza.
Conclusioni Si può fare tanto per evitare di entrare in contatto con questi inquinanti tossici
e cioè:
§ Evitare di bruciare i cibi in fase di cottura e comunque eliminare le parti
carbonizzate. Stiamo parlando di carne alla brace, di pizza di tutto
quanto prende una colorazione scura quasi nera;
§ Evitare di accendere candele o incensi in ambienti chiusi, considerando
che se vengono dalla Cina difficilmente sono stati sottoposti a controlli
severi per escludere la presenza di queste molecole (diossina inclusa);
evitare di respirare il fumo di sigaretta o i fumi di combustione in genere;
§ Non versare cibi caldi in contenitori di plastica; farli prima raffreddare fino
a temperatura ambiente poi travasarli;
§ Non riutilizzare le bottiglie di plastica monouso; la moda dei distributori di
acqua dei comuni italiani dove ci si imbottigli in plastica riciclata, può
alla lunga avere effetti negativi sulla salute;
§ Evitate l’uso del PVC: su tutti i contenitori trovate un codice che identifica
la tipologia della plastica.
§ Evitare di mangiare cibi in scatola, soprattutto prossimi alla
scadenza perché i rivestimenti delle lattine sono fatti con vernici che
contengono interferenti endocrini!
Non possiamo fare nulla contro i cibi che già sono stati contaminati da questi
elementi. L’unica cosa è quella di evitare di mangiare pesci di grosse
dimensioni come il tonno perché questi hanno più tempo per accumulare
nelle loro carni queste molecole tossiche. La frutta e la verdura sono l’unica
61
fonte di antiossidanti naturali che possono contrastare (anche se solo in
parte) alcuni effetti nocivi di queste molecole.
• Dottor Smaldone, 2014, Cibo e Salute, Dalla padella
all'acrilammide;
• Dottor Smaldone, 2013, Cibo e Salute, Gli interferenti
endocrini;
62
LE PENTOLE GIUSTE
Per cucinare non esiste una pentola "giusta", adatta per ogni cottura, bensì
pentole costruite con materiali diversi e con caratteristiche differenti, positive
o negative a seconda dei casi. Prima di iniziare a pensare alle diverse
proprietà dei materiali utilizzabili per la cottura, il primo criterio da adoperare
per valutare una pentola e il costo. E' praticamente impossibile che per una
pentola di qualità si spenda poco o pochissimo; attenzione dunque a quelle
che sempre più spesso si trovano in superofferta nei grandi supermercati. I
processi produttivi di una pentola low-cost sono completamente diversi da
quelli impiegati per una di qualità. Di conseguenza, la maggior parte delle
volte che si fa un acquisto molto economico, ci si porta a casa una pentola
che vale quel prezzo, e cioè pochissimo. In generale, le pentole migliori dal
punto di vista salutare sono quelle costruite con materiali che possiedono la
minore cessione di sostanze nocive e che non apportano alterazioni delle
caratteristiche organolettiche del cibo che ne viene a contatto. Acciaio
inossidabile, ghisa, terracotta, ferro e ceramica sono dunque da preferire per
un uso quotidiano.
63
L'acciaio inossidabile
L'acciaio inossidabile è probabilmente il materiale migliore per pentole e
attrezzi di cucina: si presta alla maggior parte dei tipi di cottura, conserva il
calore, si altera pochissimo. Attenzione, però: anch'esso rilascia nei cibi
piccole quantità dei metalli di cui è composto. In particolare, oltre al cromo,
uno dei metalli aggiunti all'acciaio per renderlo più resistente alla corrosione è
il nickel. Inoltre, come precauzione generale è bene evitare di lasciare a
lungo i cibi cotti a contatto con superfici inox. Quello che rende l'acciaio poco
simpatico ai cuochi professionisti è il peso ( le pentole professionali sono
voluminose e quindi pesanti), e soprattutto il fatto di possedere una bassa
capacità di condurre calore. Questo fa si che il calore non si distribuisca
uniformemente nella pentola, come sarebbe ideale, ma il cibo a contatto con
il fondo è esposto a temperature molto più elevate di quello soprastante.
Inoltre, nelle parti lambite dalla fiamma, se si formano dei punti in cui il calore
è più concentrato il cibo si attacca, rischiando di bruciarsi. A quest'ultimo
inconveniente può supplire un fondo pentola progettato come si deve: le
pentole di qualità dispongono sempre di un fondo a più strati, alternando
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l'acciaio a metalli molto più conduttivi come l'alluminio o il rame, con il
risultato che la pentola diventa quasi anti aderente. A questo proposito,
pensando alle pentole e ai gesti quotidiani in cucina, un condimento che
contribuisce a rendere il cibo più aggressivo nei confronti del contenitore
metallico è il sale. Un accorgimento importante che vale per l'acciaio come
per tutte le altre pentole di acciaio, quindi, è quello di aggiungere il sale non in
cottura, ma solo alla fine. Per esempio, quando si mette a bollire l'acqua per
la pasta, il sale si aggiunge al momento di calare la pasta e non prima. In
questo modo si eviterà che il cloruro di sodio, poco alla volta, intacchi il
metallo producendo macchie o comunque erosioni che incrementeranno il
contenuto di metalli nelle pietanze preparate.
La ghisa Un altro materiale ottimo per cuocere è
la ghisa. E' costituita soprattutto da ferro,
con l'aggiunta di una piccola quantità di
carbonio. La conducibilità del calore è
buona e rimane tale soprattutto sulla
ghisa non smaltata, che però risulta
essere molto più delicata in quanto può
facilmente arrugginire. Se non siete
persone meticolose che si ricordano
sempre di asciugare perfettamente le
pentole dopo averle utilizzate, allora forse è meglio procurarvi delle pentole in
ghisa smaltata. E' vero che gli smalti possono contenere piccole quantità di
metalli pesanti come cadmio e piombo, ma sembra che questo consente allo
smalto di rimanere stabilmente legato, di non screpolarsi e staccarsi dalla
pentola. Di sicuro conviene evitare di cucinare in pentole smaltate
preparazioni acide come i succhi di frutta o i piatti con aceto.
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La terracotta
La terracotta è fragile e delicata e
poco adatta alla cucina
professionale, ma un materiale
incredibile che conferma come la
conducibilità termica non sia tutto
quello che si richiede a una pentola.
Nella terracotta infatti è bassissima
ed è ottima per le preparazioni a
lenta cottura.
Il ferro
Il ferro è da sempre un metallo utilizzato
in cucina, ma solamente per la frittura. Ha
la caratteristica di far scottare i cibi
favorendo la formazione di una buona
crosticina, a bassi costi ed è totalmente
riciclabile. Ha però lo svantaggio di una
scarsa conducibilità termica e di arrugginire in fretta, quindi è di breve durata.
66
Il vetro
Il miglior materiale, quanto alla sicurezza,
resta il vetro: è poco pratico per il suo
peso ma per una cucina casalinga questo
inconveniente è relativo.
L'alluminio e il Teflon
Un materiale molto utilizzato nelle cucine professionali è l'alluminio.
Tecnicamente ha il pregio di essere leggero ed economico, con una
conduttività termica eccellente, superata solo dal rame. L'alluminio è uno dei
metalli più abbondanti sulla terra, si trova nel suolo, nell'acqua, negli alimenti,
qualche microgrammo persino nell'aria. E' un metallo che il nostro organismo
ha imparato a gestire dato che ne introduciamo in media 8 mg al giorno di cui
solo una minima parte viene assorbita. Ma se una quantità moderata viene
tollerata e gestita, gli studi evidenziano che un eccesso è molto
probabilmente correlato a disturbi del
sistema nervoso. La dose massima
prevista dall'OMS è di 60 mg al giorno,
per un individuo del peso di 60kg. Ora,le
pentole di alluminio professionali sono
fatte con leghe che si ossidano molto
meno di quello che avviene in quelle
economiche, sono più spesse e anche
più resistenti all'abrasione, non
diventano nere dopo averci
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semplicemente fatto bollire dell'acqua e il contributo di alluminio che possono
dare al cibo può essere modesto paragonato a quello presente in natura negli
alimenti. Ma , da modesta, la dose può diventare consistente in relazione a
cosa si cucina. L'alluminio è facilmente attaccabile da preparazioni molto
acide o molto basiche. E questa cessione continua se il cibo resta a lungo a
contatto con la pentola. La regola numero uno è quindi quella di non cuocere
in questo contenitore cibi molto acidi come i pomodori o molto salati,
comunque, non tenerli a contatto per molto tempo con l'alluminio. Per
impedire il contatto degli alimenti con l'alluminio, si usa ricoprirlo con uno
strato antiaderente, tecnologia oggi diffusissima. Conosciuto soprattutto con il
nome commerciale di Teflon, il politetrafluoroetilene ( PTFE) è un polimero
che svolge molto bene il compito di impedire l'attaccamento del cibo. Ma se
viene surriscaldato ( sopra i 260°C ) il PTFE potrebbe sviluppare una
sostanza cancerogena, il PFOA (acido perfluoroctanico), come ha
evidenziato uno studio condotto dai ricercatori dell'Istituto di chimica e
tecnologia dei polimeri del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di
Napoli. Una padella raggiunge temperature molto elevate se la si dimentica
sul fuoco, oppure se viene utilizzata come bistecchiera. Inoltre in
numerosissime pentole antiaderenti oggi in commercio il rivestimento viene
rullato, cioè applicato tramite passaggi a rullo su fogli di alluminio prima della
piegatura in forma di pentola. Questa tecnologia è economica, ma l'adesione
del PTFE all'alluminio risulta fragile e facilmente graffiabile, aumentando la
probabilità che residui di PTFE vengano ceduti al cibo.
Villarini A., Allegro G. (2012), Prevenire i tumori mangiando con gusto, In pratica: dal supermercato alla cucina, le pentole giuste, cap7, pag 226-232.
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LEZIONE 5
TITOLO: Metodi per la cottura degli alimenti.
DATA: 4 Maggio 2014
MACROBIETTIVO DEL GIORNO: DISTINGUERE i diversi metodi per la
cottura degli alimenti.
MICROBIETTIVO DEL GIORNO: CONFRONTARE i vari metodi di
cottura e le rispettive temperature; CAPIRE cosa causano le alte temperature
e ADOTTARE delle norme per eliminare le cattive abitudini.
MACROARGOMENTO: Differenza dei metodi di cottura.
Microargomento: Quanti metodi di cottura distinguiamo? Cosa causano le
alte temperature? Come possiamo eliminare le cattive abitudini?
METODOLOGIE: spiegare in modo chiaro e semplice gli argomenti e fare
degli esempi per ogni tipo di cottura. Dare dei consigli per eliminare/ridurre le
cattive abitudini. Proporre un questionario per capire quali sono i giusti metodi
per la cottura.
STRUMENTI: brochure, immagini e parti attinte da libri di testo.
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METODI PER LA COTTURA
DEGLI ALIMENTI
Dietro al comune gesto di preparare un sugo, un piatto di pasta o un contorno
di verdure, si cela un intero mondo di tecniche, materiali e modalità che
possono giocare un ruolo molto più rilevante di quello che possiamo
immaginare nell’assicurare all’alimentazione il suo ruolo di fattore
determinante della salute. Sebbene molti e variegati siano i fattori che
influenzano le scelte di acquisto e consumo degli alimenti, la capacità di
cucinarli correttamente gioca di sicuro un ruolo fondamentale. Numerosi studi
hanno infatti dimostrato come saper cucinare aiuti le persone a fare scelte
alimentari più salutari e quanto le pratiche culinarie, intese come tecniche e
tradizioni, siano importanti per studiare il profondo legame della salute con
fattori culturali, ambientali ed economici. Le tecniche di cottura hanno grande
importanza nelle preparazione dei nostri piatti perché, e spesso lo si
sottovaluta, la diversa cottura di un alimento può influire sul sapore e
sull'aspetto energetico del piatto finale. Inoltre i vari metodi ci consentono di
adattare il cibo, attraverso gli elementi a disposizione come acqua, fuoco,
tempo di cottura, condimenti, persino il taglio delle verdure, ai nostri scopi,
condizioni fisiche e necessità. Non dimentichiamo poi che la cucina semplice
è sempre la migliore: ogni verdura o cereale ha un suo gusto particolare, che
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possiamo imparare ad apprezzare solo se non lo nascondiamo con eccessive
elaborazioni. Con gli stessi ingredienti a disposizione, giocando sulle
quantità, sulle modalità di preparazione, potreste cucinare piatti diversissimi.
Quando cuciniamo in maniera abitudinaria, senza riflettere, tendiamo a
seguire sempre le stesse ricette, ma se desideriamo diventare dei bravi
cuochi è indispensabile che impariamo a utilizzare tutta la varietà degli stili di
cottura, combinando le cotture lunghe, quelle veloci e il crudo. Se
analizziamo le tecniche di cottura per le verdure che normalmente utilizziamo,
scopriremo che ciascuna è in grado di offrire un suo contributo particolare alla
riuscita di un menù.
La cottura dei cibi è tutt’oggi uno dei processi tecnologici meno conosciuti dal
punto di vista della formazione di sottoprodotti che si creano alle alte
temperature. Prova è il fatto che solo 10 anni fa alcuni ricercatori svedesi
hanno scoperto che quando si cuoce amido in presenza di proteine sopra i
120°C si forma un composto tossico : l’acrilammide.
La formazione dell'acrilammide dipende da tre fattori: temperatura, tempo di
cottura e ricetta.
Alcune norme semplici per ridurre la presenza di acrilammide nei cibi:
- evitare cotture prolungate a temperature elevate ( non oltre 120° per forno,
in particolare pane e patate); non fare scurire la superficie; mai superare in
ogni caso i 175 gradi centigradi per la frittura.
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- evitare tostatura e frittura laddove possibile, in particolare per cibi a basso
contenuto di acqua; preferire metodi di cottura leggeri e al vapore. Bollire
prima le patate e poi friggerle in modo da far ritenere loro più acqua.
- Nel caso delle patate fritte, fare soffriggere brevemente e poi abbassare la
temperatura dell’olio.
- Fare attenzione ai bambini che in proporzione al peso
corporeo ridotto assumono maggiore quantità di cibo e quindi di acrilammide.
Un 30% dell’acrilamide ingerito dai bambini viene da patate fritte e chips; un
ulteriore 30% da biscotti (14%), crackers (10%) e simili.
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METODI DI COTTURA A CONFRONTO
Verdure, legumi, pasta e riso, ma anche pesce, carne e uova, sono gli
alimenti per i quali è più comunemente utilizzata la bollitura in acqua o in
brodo. Questo metodo di cottura consente di limitare molto l’utilizzo di grassi
da condimento e di aromatizzare gli alimenti con l’aggiunta di odori e spezie.
Con le pentole tradizionali si arriva alla temperatura di ebollizione dell’acqua
(100°C circa) mentre con le pentole a pressione le temperature raggiunte
sono più alte (almeno 120°C), e pertanto i tempi di cottura si possono ridurre
notevolmente. Qualsiasi sia il tipo di pentola che utilizziamo, la quantità di
acqua necessaria per cuocere è sicuramente diversa anche a seconda del
tipo di alimento. Soprattutto per verdure e legumi, è importante utilizzare la
minor quantità di acqua possibile, per ridurre al minimo le perdite di vitamine
e sali minerali, che sono abbastanza consistenti in questo caso. Nessun
problema per zuppe o bolliti di carne o pesce: il brodo, infatti, viene
normalmente utilizzato come completamento di queste pietanze. Verdure,
pesce e crostacei sono gli alimenti più indicati per la cottura al vapore, che
permette di cuocere gli alimenti a contatto diretto con il vapore ma senza
immergerli in acqua, attraverso l’utilizzo di apposite pentole (le cosiddette
vaporiere) o di cestelli a fondo forato. Gli esperti distinguono la bollitura dalla
lessatura, che vuol dire cuocere un alimento in acqua solo quando questa ha
quasi raggiunto la temperatura di ebollizione (quindi circa 95°C, anziché
100°C) e dalla sbollentatura, che serve come precottura per intenerire alcuni
alimenti o per congelarli in casa. Infine, l’affogatura consiste nel cuocere
lentamente gli alimenti in acqua, senza però arrivare alla ebollizione. Stesso
principio di cottura “dolce” è alla base della cottura a bagnomaria, utilizzata in
genere per salse e per riscaldare in maniera delicata gli alimenti. La
brasatura e stufatura sono tecniche di cottura a fuoco basso, che
prevedono tempi lunghi. I lunghi tempi di cottura comportano una discreta
73
perdita di vitamine e minerali che, tuttavia, si ritrovano nel liquido di cottura,
anche in questo caso generalmente consumato come parte integrante della
pietanza. Inoltre, l’utilizzo di pentolame in materiale antiaderente permette
sicuramente di limitare l’aggiunta di grassi.
La cottura al forno invece utilizza il calore secco. La temperatura, all’interno
di un forno casalingo, varia da 150°C e 240°C e l’aria calda raggiunge
direttamente il cibo, provocando la formazione di un sottile stato di crosta
sulla sua superficie (motivo per il quale il forno va in genere preriscaldato),
cosa che impedisce perdite di succhi (e quindi nutrienti) significative. Il forno
permette numerose varianti di cottura, dalla classica, al sale, al cartoccio. E
numerosi sono gli accorgimenti per ridurre l’utilizzo di grassi aggiunti tra cui,
ad esempio, l’utilizzo della cosiddetta carta forno. Molti forni hanno anche la
funzione di “cottura ventilata”, che permette di cuocere in tempi più ridotti
perché il calore viene distribuito tramite un ventilatore, appunto, che genera
un flusso di aria calda che si distribuisce più velocemente ed in maniera
uniforme sugli alimenti.
La frittura è un metodo di cottura da sempre considerato “poco sano”. E in
effetti può esserlo, non solo per la quantità di olio assorbita dagli alimenti ma
anche per la formazione di sostanze potenzialmente tossiche, come
l’acroleina, se non prestiamo la dovuta attenzione. Primo accorgimento
essenziale, dunque, la temperatura. 170/180°C la temperatura ideale per
friggere gli alimenti, che devono essere completamente immersi nell’olio,
sufficientemente caldo per permettere la formazione immediata della classica
crosta croccante che, oltre a conferirgli sapore, garantisce un fritto più
“leggero” (perché gli alimenti assorbono meno olio). In genere gli alimenti fritti
assorbono circa il 10% di olio del proprio peso di partenza ma che questa
percentuale varia soprattutto in base alle dimensioni, alla pezzatura ed al tipo
di alimento. L’olio maggiormente indicato anche per le fritture è l’extravergine
74
d’oliva, stabile anche ad alte temperature per il suo punto di fumo
relativamente alto, e ricco di sostanze protettive ad azione antiossidante.
Anche quello di arachidi, ricco in polinsaturi, può essere adeguato mentre
assolutamente da evitare gli oli di semi vari, le margarine ed il burro. È infine
opportuno evitare sempre di riutilizzare per successive fritture oli già cotti.
Questa molecola è risultata cancerogena su animali di laboratorio e si ha il
sospetto che lo sia anche per l’uomo. Le classi di prodotto coinvolte sono
principalmente i cibi amidacei fritti quali le patatine o le crocchette, i prodotti
da forno (pane compreso) e caffè.
La cottura alla griglia e alla piastra, così come la cottura alla brace sono
responsabili della formazione di sostanze dannose: idrocarburi policiclici
aromatici e le amine eterocicliche. Le temperature troppo alte sono i principali
fattori chiamati in causa, soprattutto se si utilizza il barbecue a carbone o a
legna, in cui è più difficile controllare la temperatura e l’esposizione al calore
è molto variabile da zona a zona della stessa griglia. In questo caso gli
alimenti vengono a contatto diretto con il fuoco e si possono bruciare in
superficie: classico esempio la carne alla brace cotta a fuoco vivo o la pizza
cotta in forno a legna. In tal caso, la bruciacchiatura può contenere tali
sostanze. È pertanto utile scartare le parti carbonizzate e di ripulire
accuratamente la griglia dopo l’uso. Non sono dannose, invece, le classiche
strisce brune che si formano sulla superficie della carne, del pane e delle
verdure quando cotte alla griglia o alla piastra.
Non carbonizzare la superficie esterna dei cibi, tenere la griglia distante dai
punti più caldi ed evitare il più possibile che le sostanze grasse che si
sciolgono a contatto con il calore cadano direttamente sulla brace.
Un’accortezza da ricordarsi è quella di evitare di salare gli alimenti prima di
75
cuocerli, per evitare che la perdita di liquido derivante dall’aggiunta di sale, li
renda secchi per il consumo.
Il forno a microonde si è oggi ampiamente diffuso nelle nostre cucine anche
se molti si limitano ancora ad utilizzarlo solo per scaldare o scongelare gli
alimenti. Il flusso di microonde generato all’interno di questo particolare forno
agita le molecole d’acqua contenute negli alimenti. Facendo oscillare
velocemente queste molecole si provoca un riscaldamento della parte più
“interna” del cibo; il calore quindi non viene trasmesso dalla superficie
esterna verso l’interno, come in un forno tradizionale, ma si sviluppa
all’interno dell’alimento e viene poi trasmesso verso l’esterno: è questa la
ragione per cui, a volte, i cibi cotti al microonde sono tiepidi alla superficie e
caldissimi all’interno. Tale principio permette di dimezzare i tempi di cottura e,
quindi, ridurre al minimo le perdite di sostanze nutritive e l’aggiunta di
condimenti. Al microonde non è possibile tuttavia cucinare alimenti di grossa
pezzatura, perché le onde elettromagnetiche riescono a penetrare per soli 4/5
centimetri all’interno della superficie di cibi; per alimenti di grossa pezzatura,
dunque, difficilmente si riesce a raggiungere una temperatura uniforme e
sufficiente per cuocerli adeguatamente. Le perdite vitaminiche e minerali
sono in parte ridotte rispetto agli altri sistemi di cottura, ma si verificano anche
in questo caso, soprattutto a carico della vitamina C.
Altri fattori importantissimi da tener presente anche prima e dopo la cottura,
sono l'esposizione all'aria e alla luce. Basti pensare all'abitudine di tagliare le
verdure in pezzi molto piccoli prima della cottura, che ne espone una
superficie maggiore all'aria e quindi può aumentare la perdita di vitamine o,
ancora, quella di tagliare e preparare in largo anticipo le insalate piuttosto che
tenere a temperatura ambiente e non coperte (e quindi esposte alla luce ed
all’aria) le verdure già pronte per il consumo. Altro accorgimento importante è
quello di evitare di utilizzare quantità eccessive di acqua per il lavaggio degli
76
alimenti, anche in questo caso soprattutto delle verdure, o lasciarle in
ammollo per troppo tempo. Anche questa pratica, infatti, può “lavare” via
alcune vitamine, soprattutto la niacina e la tiamina.
• Nutritional effects of food processing, www.nutritiondata.com, accesso
febbraio 2013;
77
Cottura al vapore
Temperatura: inferiore a 100°C. Le perdite di nutrienti sono ridotte e le caratteristiche organolettiche degli alimenti vengono preservate. Non richiede l’utilizzo di grassi da cottura.
Bollitura Temperatura: 100°C, 120°C in pentole a pressione. Permette di ridurre l’aggiunta di grassi a favore di spezie e aromi. Bisogna utilizzare la minor quantità di acqua possibile per evitare perdite eccessive di vitamine e minerali.
Cottura alla griglia/alla
brace/alla piastra
Temperatura: superiore a 200°C. Evitare il contatto diretto degli
alimenti con la fiamma viva e non consumare la bruciacchiatura. Preferire piastre in materiale
antiaderente e in cui è possibile controllare la temperatura Evitare di salare gli alimenti prima di cuocerli.
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Frittura
Temperatura: 170/180°C.
Friggere in olio sufficientemente caldo e mantenere la temperatura dell’olio sempre costante. Usare sempre olio extravergine d’oliva e evitare di riutilizzare olio già cotto.
Forno a microonde
Riduce i tempi di cottura. Le perdite di nutrienti sono poco rilevanti. È possibile utilizzare pochi grassi di cottura. Non è possibile cucinare alimenti di grossa pezzatura.
Forno tradizionale
Temperature: 150/240°C. Le perdite di nutrienti sono poco rilevanti, soprattutto se il forno viene preriscaldato. Con qualche accorgimento (carta da forno, teglie in materiale antiaderente) è possibile ridurre l’utilizzo di grassi da cottura.
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Brasatura e stufatura Temperatura inferiore a
100°C. I lunghi tempi necessari determinano una discreta perdita di vitamine e minerali, che tuttavia si ritrovano nel liquido di cottura. È possibile limitare l’aggiunta di grassi da cottura utilizzando pentolame in materiale antiaderente.
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Attività: "AD OGNI STRUMENTO LA SUA TEMPERATURA" Luogo: sala conferenze dell'albergo;
Durata: 1 h;
Per ogni immagine esposta, i partecipanti dovranno associare,
individualmente, la temperatura di cottura più adeguata.
Una volta completata questa operazione, saranno fatti dei gruppi da 3\4
persone, che dovranno confrontarsi sul metodo di cottura più utilizzato
giornalmente.
Alla fine, una persona per ogni gruppo esporrà a tutti ciò che è emerso dal
confronto , in modo da provare a correggere le eventuali cattive abitudini.
N.B: una delle temperature tra le opzioni è riferita a due immagini
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§ T<100°C § T= 170\180°C § T=150\240°C § T>200°C § T=100\120°C
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GLI SPRECHI ALIMENTARI
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LEZIONE 6
TITOLO: GLI SPRECHI ALIMENTARI
DATA: 11 MAGGIO 2014
MACROBIETTIVO DEL GIORNO: rendere il consumatore
consapevole dello spreco e insegnargli come migliorare l’acquisto,
la conservazione, la preparazione e lo smaltimento finale del
cibo
MICROBIETTIVO DEL GIORNO: consapevolizzare gli
interlocutori attraverso la misurazione dello spreco: promozione di
innovazioni nel confezionamento, mirate a ridurre lo spreco,
migliorando i materiali e le caratteristiche estetiche come confezioni
risigillabili e sviluppando pellicole ‘intelligenti’ che indicano la perdita
di freschezza cambiando colore.
MACROARGOMENTO: gli sprechi alimentari
MICROARGOMENTO: l’importanza dell’utilizzo di alimenti
avanzati che, se pur ancora in buone condizioni, sono destinati ad
essere gettati via.
METODOLOGIE: spiegare gli argomenti in modo chiaro e
semplice, attraverso esempi ed immagini. Proporre un questionario
per capire quale sia la conoscenza sugli sprechi alimentari e sulle
loro conseguenze
Attività: verificare la capacità dei partecipanti di gestire situazioni
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in cui sono presenti avanzi alimentari attraverso una gara
STRUMENTI: brochure, immagini e parti attinte da libri di testo
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Quando parliamo di sprechi alimentari ci riferiamo a qualcosa che si produce,
si confeziona, si distribuisce, ma che poi non si consuma. Al contrario, va
buttato, finisce nel bidone della spazzatura, dal quale si dovrà ritrasportare
come rifiuto e quindi smaltire. Ciò che buttiamo deteriora dunque l’ambiente.
Le risorse del pianeta sono limitate. Occorre consumarle con parsimonia e
lasciare loro il tempo di ricostituirsi (quanto meno quelle rinnovabili). Quello
che noi facciamo, invece, è consumare più di quanto ci serva, con il risultato
di consumare a un ritmo troppo rapido le risorse e di sprecarne una parte
importante.
Tuttavia, con l’inizio della crisi si è accentuata la tendenza a ridurre o
annullare gli sprechi domestici: all’inizio del 2014 le persone che hanno
cambiato le loro vedute riguardanti gli sprechi alimentari sono risultate il 60%
della popolazione italiana. La tendenza a ridurre gli sprechi cresce anche
fuori dalle mura domestiche con un italiano su tre che, quando esce dal
ristorante, non ha problemi a portarsi a casa gli avanzi con la cosiddetta
“doggybag”.
Questi dati emergono da un’analisi della Coldiretti, divulgata per promuovere
una campagna contro lo spreco alimentare.
Secondo questa indagine si evidenzia anche che una fetta rilevante della
popolazione (24%) quando va a
mangiare fuori lascia sulla tavola gli
avanzi semplicemente perché si
vergogna di chiederli.
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Il nostro fabbisogno alimentare è molto minore della quantità di cibo prodotta;
ciò che noi gettiamo, “ingrassando il bidone della spazzatura” potrebbe
semplicemente non essere prodotto, risparmiando l’ambiente, o comunque
potrebbe quanto meno essere recuperata
Esattamente un terzo di ciò che gettiamo potrebbe essere ancora recuperabile!!!
Dal campo alla tavola, va perduto il 57% delle calorie disponibili all’origine e
questo spreco è direttamente proporzionale al reddito di un paese, come lo
sono l’impatto ambientale e il consumo di risorse.
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Quanto più un paese è sviluppato, tanto più lo spreco alimentare si avvicina
alla nostra casa, diventa materia di nostra responsabilità. Nei paesi non
sviluppati, le perdite sono concentrate piuttosto all’origine, sul versante della
produzione e del trasporto. Le nostre famiglie, invece, contribuiscono allo
spreco globale per oltre un quarto del totale.
Il BCFN (Barilla Center for Food and Nutrition), considerando tutte le fasi
della filiera agroalimentare, propone di distinguere tra:
• Foodlosses, ossia le perdite che si determinano a monte della filiera
agroalimentare,principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta,
trattamento, conservazione e prima trasformazione agricola;
• Foodwaste, ossia gli sprechi che avvengono durante la
trasformazione industriale, distribuzione e consumo finale.
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Le cause dello spreco
Cause nel ciclo di produzione
o Agricoltura praticata labour intensive e su scala ridotta, che è spesso
poco efficiente
o Competenze tecniche, finanziarie e manageriali limitate
o Raccolti prematuri dovuti alla necessità urgente di cibo o di realizzare i
relativi proventi economici
o Pratiche di raccolto spesso inefficienti e arretrate
o Inadeguate dotazioni infrastrutturali
o Offerta superiore alla domanda
o Standard qualitativi
o Requisiti estetici
Cause che derivano dalla trasformazione industriale o Malfunzionamenti tecnici
o Inefficienze nei processi produttivi (più spesso nei Paesi emergenti)
Cause legate alla distribuzione o Limiti della tecnologia impiegata per la conservazione dei prodotti, in
particolare quelli freschi
o Danni al prodotto in fase trasporto e stoccaggio
o Scorrette procedure di stock rotation (modo di contenere la perdita di
magazzino)
o Accordi tra fornitori e distributori
o Standard estetici di vendita
o Strategie di marketing
Cause connesse al consumo finale o Interpretazione data sull’etichetta
o Scarsa o errata pianificazione degli acquisti
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o Inadeguata conservazione del cibo
o Scarsa consapevolezza dell’entità degli sprechi
Opinioni sullo spreco
Attraverso interviste e analisi, sono state individuate sei diverse tipologie di
consumatori, che compongono il quadro complessivo dell’opinione pubblica:
• VIRTUOSI (22%): questo gruppo raccoglie la parte più sensibilizzata al
tema dello spreco alimentare; lo inquadra sia come una immoralità, sia
come un danno ambientale.Con queste motivazioni forti alle spalle
riesce a sprecare veramentepochissimo.
• ATTENTI (27%): il loro atteggiamento è attento allo spreco, pur se non
eccessivamente. Anche questo gruppo è caratterizzato sia dalla
sensibilità ai temi ambientali che dalla valutazione morale sullo spreco;
ma con un’intensità leggermente minore.Sprecano poco.
• INDIFFERENTI (10%): marginale attenzione ai temi della salvaguardia
dell’ambiente, questi non ritengono che lo spreco alimentare produca
dei danni. Nonostante ciò, queste famiglie sprecano relativamente
poco, meno della media delle famiglie italiane. La causa del loro
comportamento corretto è di origine economica; è un gruppo che ha dei
redditi limitati ed è il contenimento della spesa a motivarli nel non
sprecare. Sprecano sotto la media nazionale ma più dei gruppi
precedenti.
• INCOERENTI (26%): questo gruppo segnala l’importanza
dell’ambiente, percepisce il danno dello spreco e la sua immoralità,
condivide i provvedimenti utili alla riduzione di questo fenomeno; però
spreca.
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• SPRECONI (4%): piccola percentuale ma significativa di un
atteggiamento sociale, relativo non solo a questo tema; “io non ho
responsabilità, è la società che deve pensarci”. Questo gruppo ha
scarso interesse per l’ambiente e non ritiene che vi siano conseguenze
più generali dovute allo spreco; inoltre, avendo anche una media
capacità economica, non vive neanche questa minaccia rispetto allo
spreco alimentare domestico.
• INCURANTI (11%): questo gruppo mostra di cogliere la problematicità
dello spreco, ma come tema a se stante; non si scalda troppo per
l’ambiente e, soprattutto, non ha interesse ad approfondire le
conseguenze e le interdipendenze dello spreco alimentare.
Perché il cibo viene sprecato?
Riguardo alle cucine delle famiglie e dei ristoranti,
le spiegazioni principali per gettare via il cibo sono
perchè è lasciato sui piatti, perché è avanzato dalla
cottura operchè non è usato in tempo. Qui, lo
spreco si correla alla consapevolezza e alle abilità
di gestione pratica del cibo come la pianificazione, la porzionatura e la
conservazione.
Le cause famigliari di spreco possono variare in base al clima, allo status
socio-economico, alla cultura (per esempio l’abitudine a preparare
“generosamente” più cibo di quello che può essere mangiato e di avere cibo
avanzato).
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Le date di scadenza sulle etichette degli alimenti sono una delle informazioni
più importanti. I consumatori sottolineano la confusione sull’etichettatura delle
date: circa un terzo del cibo viene scartato prima della data di scadenza.
Sulle etichette alimentari si possono trovare diverse date: ‘preferibilmente
entro’, ‘usare entro’, ‘data di scadenza’, ‘vendere entro’, ma queste non
vengono sempre usate regolarmente.
Il Parlamento Europeo ha suggerito un’etichettatura con doppia data per
includere sia le date ‘vendere entro’ (che può aiutare i grossisti ad evitare di
vendere i prodotti che stanno raggiungendo la loro data di scadenza) e ‘data
di scadenza’, ma è necessario prima che il consumatore comprenda la
terminologia.
Affrontare lo spreco alimentare Priorità alla riduzione dello spreco alla fonte, seguito dal riutilizzo, dal riciclo e
dal recupero, con l’eliminazione come ultima risorsa. Si suggerisce di
ridistribuire il cibo edibile alle persone, agli animali e poi all’industria.
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Misurare lo spreco alimentare
L’atto di separare il cibo da altri scarti può essere un aumento di
consapevolezza. Separare le ‘raccolte di scarti alimentari’ offre benefici
ambientali (abbiamo detto che lo scarto alimentare è concime o digestione
aerobica), ma la sua influenza sulla riduzione degli scarti alimentari deve
essere ancora quantificata. Misurare e riportare i livelli di scarto promuove
ulteriormente l’assunzione.
Minimizzare lo spreco alimentare
Ogni giorno, grandi quantità di alimenti che avrebbero potuto essere
consumati (o avere altri usi) vengono sprecati. Come possiamo agire per
ridurre la quantità di cibo che sprechiamo, per risparmiare soldi e risorse
naturali ed aiutare ad essere certi che le persone bisognose vengano nutrite?
La riduzione dello spreco richiede anche cambiamenti nel comportamento dei consumatori. Nelle nazioni benestanti d’Europa, una grande porzione di
cibo sprecato viene gettata via dalle famiglie (37 milioni di tonnellate).
RACCOMANDAZIONI (BCFN)
1.Dare un significato univoco ai termini foodlosses e foodwaste.
2. Capire le cause. Comprendere più nel dettaglio il perché degli sprechi
alimentari nelle varie filiere agroalimentari e valutarne meglio gli impatti.
3. Investire prima nella riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari e poi
sul loro recupero.
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4. RIutilizzare. Avviare iniziative di recupero degli sprechi non ancora
eliminati, attraverso la distribuzione.
5. Una priorità politica. Governare la riduzione dello spreco a livello
istituzionale, anche assicurando che l’adozione di standard non introduca
perdite e sprechi ingiustificati lungo la filiera agroalimentare.
6. Cooperare per risparmiare. Sviluppare accordi di filiera tra agricoltori,
produttori e distributori per una programmazione più corretta dell’offerta
alimentare.
7. Informare per educare. Rendere il consumatore consapevole dello spreco
e insegnargli come rendere più sostenibili l’acquisto, la conservazione, la
preparazione e lo smaltimento finale del cibo.
Fonte: BCFN. “Lo spreco alimentare: cause, impatti e proposte.”
-Andrea Segrè, 2014, Ridurre gli sprechi alimentari e aumentare la
sostenibilità ambientale (e nutrizionale);
-Commissione europea (2010), Preparatory study on food waste across EU
27, Bruxelles, Belgio ;
-Parlamento europeo (2011), Risoluzione del Parlamento europeo del 19
gennaio 2011 su come evitare lo spreco di alimenti: strategie per migliorare
l'efficienza della catena alimentare nell'UE. Bruxelles, Belgio.
94
-Potocnik J, Commissario europeo per l'ambiente (2011), It's time to stop
wasting food, Conference "combating food waste in the EU" Bruxelles, 8
novembre 2011 .
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Attività: "CUCINARE CON GLI AVANZI"
Luogo: cucina dell'hotel Parco dei Principi;
Durata: 1 h;
Modalità: gara a squadre;
I partecipanti dovranno essere in grado di preparare, in 50 minuti, ricette
innovative usando una serie di ingredienti avanzati dalla cucina dopo il
servizio del pranzo.
Il gruppo vincitore avrà diritto ad una giornata nel centro benessere
dell'albergo, con pranzo e cena offerti.
BUON DIVERTIMENTO!!!!
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VALUTAZIONE FINALE
Il corso si conclude con un'uscita didattica della durata di 3 ore nel
supermercato CARREFOUR EXPRESS in Via Metauro 11a.
All'entrata del supermercato sarà consegnato ad ogni partecipante un carrello
e sarà chiesto di riempirlo con prodotti alimentari di prima necessità.
Finita la spesa, ogni persona mostrerà il proprio carrello per poter essere
valutato e verrà chiesto di spiegare il motivo di ogni scelta.
97
BIBLIOGRAFIA
Villarini A., Allegro G. (2012) , Prevenire i tumori mangiando con gusto, Sperling Paperback.
SITOGRAFIA
http://www.leziosa.com/conservazione.htm
• http://www.eufic.org/article/it/artid/corretta-conservazione-alimenti-
frigorifero/
• http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_3_1_1.jsp?lingua=italiano&
menu=dossier&p=dadossier&id=8
• http://www.barillacfn.com/news/ridurre-sprechi-alimentari-aumentare-
sostenibilita-ambientale-nutrizionale/
• http://www.eufic.org/article/it/artid/Come-minimizzare-lo-spreco-
alimentare/
• http://www.scienzattiva.eu/wp-
content/uploads/2014/10/EDAL_A_AlimentazioneConsapevole-
EtichetteAlimentari_GAGLIASSO_DOGLIOTTI.pdf
• http://www.ilvelino.it/it/article/2014/11/24/sprechi-alimentari-coldiretti-60-
italiani-riduce-scarti-a-casa/759eb29d-2bfc-4235-859a-6d04592220da/
• http://sito.entecra.it/portale/public/documenti/Le_etichette_alimentari_g
uida_alla_lettura.pdf
• http://www.ideegreen.it/cotture-pericolose-attenzione-alle-pentole-
8681.html
98
• http://www.andid.it/guida-alla-scelta-dei-materiali-per-la-cottura-degli-
alimenti_3.html
• http://alicamenti.altervista.org/
• http://www.ballarini.it/