Malattie rare: alla ricerca dell'approdo
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Contributo multidisciplinare per il Piano Nazionale Malattie Rare
Giugno 2012
MALATTIE RARE:ALLA RICERCADELL’APPRODO
Indice
Prefazione a cura
del Senatore Antonio Tomassini p. 09
Introduzione a cura
di Alberto Cattaneo, Cattaneo Zanetto & Co. p. 011
Le testimonianze p. 015
Le interviste agli stakeholder p. 025
I contributi dei Parlamentari p. 067
La Consultazione Pubblica p. 085
I documenti normativi e tecnici p. 115
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Il progetto “Malattie Rare: alla
ricerca dell’approdo – Contributo
multidisciplinare per il Piano
Nazionale Malattie Rare”Prefazione a cura del Senatore Antonio Tomassini
Sono circa due milioni i pazienti affetti da malattia rara in Italia e più del 70%
sono bambini. La parola “rara” rischia quindi di essere fuorviante: le malattie rare
non sono un fenomeno marginale del sistema sanitario di un paese, anzi sono
una delle sfide più importanti e critiche dei prossimi anni.
L’Italia ha un’esperienza più che decennale nell’ambito delle malattie rare, fin
dall’approvazione del Decreto Ministeriale n. 279 del maggio 2001 che faceva del
nostro Paese un precursore nelle politiche di assistenza e cura per i malati affetti
da patologie rare. Il Decreto del 2001 precedeva anche le iniziative dell’Unione
Europea che di lì a pochi anni avrebbe fatto delle malattie rare una priorità tra le
sue politiche sanitarie.
Aggiungo una nota personale: io stesso mi sono dedicato al tema delle malattie
rare fin dal mio primo mandato durante la XIII legislatura, cioè dal 1996.
Oggi, a distanza di molti anni, l’Italia è chiamata a presentare all’Unione Europea
il proprio Piano Nazionale sulle Malattie Rare ed è tenuta a farlo entro il 2013. In
questi anni di lavoro si sono raggiunti risultati importanti nonostante la riforma
del titolo V, avvenuta pochi mesi dopo l’approvazione del Decreto 279, abbia
creato nuove difficoltà a raccogliere una sfida dove il coordinamento, lo scambio
d’informazioni e l’omogeneità d’interventi sono i fattori critici di successo.
Il presente lavoro, dal titolo “Malattie Rare: alla ricerca dell’approdo – Contributo
multidisciplinare per il Piano Nazionale Malattie Rare”, vuole costituire un
momento di riflessione e un nuovo tassello verso la redazione di un documento
che rappresenti in modo compiuto le traiettorie che questo Paese deve perseguire
fino alla definizione del piano nazionale sulle malattie rare.
Non sono mancati, in questi anni, studi e riflessioni sullo stato dell’arte delle
malattie rare, sul fenomeno nella sua generalità così come nello specifico su
alcune aree ben definite. Si pensi al lavoro svolto da Europlan che si è concluso
nel dicembre 2010 con un’interessante rapporto finale1, o i recenti lavori della
Consulta Nazionale delle Malattie Rare e del Comitato Nazionale per la Bioetica2
o al rapporto Istisan 20113 sul Registro delle Malattie Rare in Italia.
1 In allegato a pagina 141 2 http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?approfondimento_id=1374 3 http://www.iss.it/publ/rapp/cont.php?id=2529&lang=1&tipo=5&anno=2011
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Questo progetto, dunque, non solo è debitore verso questi lavori, ma non ha
nemmeno l’ambizione di sostituirsi a loro. Al contrario, intende capitalizzare
gli sforzi fatti, facendo sintesi dei tanti punti di vista e fungendo da veicolo
dei contenuti sviluppati altrove, nella speranza di amplificare il messaggio
comunicativo e raggiungere tutti i pubblici interessati.
Per realizzare tale obiettivo, si è scelto di utilizzare lo strumento dell’intervista per
narrare quanto è stato fatto, i punti di forza e di debolezza, le aree su cui lavorare
nel futuro. Si sono scelti alcuni degli interlocutori più influenti in Italia e in Europa
sul tema delle malattie rare. Molti altri sono stati coinvolti nella fase successiva -
partecipando spontaneamente a una Consultazione Pubblica, attraverso l’invio
delle loro riflessioni - contribuendo così alla stesura definitiva di questo lavoro.
Il mio augurio è che, dopo anni in cui forse c’è stato poco ascolto della voce
dei pazienti affetti da malattie rare e in cui è stato troppo spesso confuso lo
sforzo per le cure dei “malati rari” come un aggravio di costi per il SSN, senza
capire invece che proprio l’organizzazione costruita intorno alle malattie rare è
un modello da seguire, ci si possa focalizzare sulle soluzioni e realizzarle nella
loro interezza.
Senatore Antonio Tomassini
Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, Presidente
dell’Associazione Parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla
prevenzione
Antonio Tomassini
E’ nato ad Ascoli Piceno il primo dicembre 1943, è sposato e ha due figli. Risiede a Varese anche se ama definirsi cittadino di tutta Italia, avendo avuto contiguità ed esperienze in molte Regioni. Dopo la laurea in medicina e le specializzazioni in ginecologia, igiene pubblica e medicina termale, ha sviluppato la sua esperienza ospedaliera ricoprendo contestualmente il posto
di Direttore Sanitario e Primario Ospedaliero nelle strutture dove ha prestato servizio. E’ autore di oltre 170 pubblicazioni e di alcuni volumi di carattere medico-scientifico. Per quanto riguarda la carriera politica, dopo una breve esperienza come Consigliere Comunale a Varese negli anni '80, ha deciso di impegnarsi direttamente nella fondazione di Forza Italia e dal 1996 è stato eletto al Senato della Repubblica. Ha presentato molti disegni di legge e promosso provvedimenti che sono attualmente norme e leggi dello Stato.Svolge numerose attività sociali e culturali. Dal 2008 è Presidente dell'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione. Dal 2007 è Presidente onorario dell'Associazione "Europa dei Diritti" e dal 2006 è Presidente dell'Associazione parlamentare "Amici del Cavallo e dell'Ippica". E’ anche Presidente Onorario dell’Italian Wellness Alliance dal 2011, oltre ad essere socio di numerose società scientifiche e membro del Club Service. Nel tempo libero ama la lettura e gli sport a contatto con la natura, come l'escursionismo in montagna, lo sci e l'equitazione.
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La struttura del progettoIntroduzione a cura di Alberto Cattaneo, Cattaneo Zanetto & Co.
Nel nostro Paese, è stato costituito un Gruppo di Lavoro presso il Ministero della
Salute con il compito di elaborare uno schema di Piano Nazionale per le Malattie
Rare che l’Italia, come gli altri stati membri, dovrà presentare alla Commissione
Europea entro il 2013. Lo schema, che sarà sottoposto all’esame di tutti i soggetti
interessati, dovrà indicare i centri nazionali e regionali specializzati per le cure
nonché promuovere strategie atte alla diffusione e condivisione di esperienze e
competenze in grado di agevolare il trattamento e la cura dei pazienti.
Il progetto “Malattie Rare: alla ricerca dell’approdo” raccoglie contributi
multidisciplinari che intendono coadiuvare la stesura del Piano Nazionale ed è
diviso in due principali aree di lavoro: la raccolta di testimonianze di chi, in questi
anni, in ambito istituzionale e scientifico, si è maggiormente occupato di malattie
rare e la raccolta di idee e suggerimenti, rilevati attraverso una Consultazione
Pubblica che ha visto coinvolti agenzie regionali e nazionali, medici, pazienti,
società scientifiche e associazioni industriali.
Per il lavoro di raccolta delle testimonianze degli esperti si è volutamente scelto di
utilizzare lo strumento dell’intervista. La forma dialogica dell’intervista permette,
infatti, una straordinaria ricchezza di spunti e di temi di discussione. Per ogni
intervista si è poi cercato di sintetizzare le priorità e le possibili aree di intervento
per il legislatore.
Le prime due interviste sono state rivolte al livello europeo, grazie al contributo
della Dr.ssa Paola Testori Coggi, Direttore Generale della DG Health and
Consumers SANCO della Commissione Europea e del Dr. Antoni Montserrat
Moliner, Policy Officer for Rare and Neurodevelopmental Diseases, della stessa
DG. Si è voluti partire proprio dall’Europa nella convinzione, diffusa tra tutti gli
stakeholder, che il coordinamento sovranazionale, per ciò che riguarda la ricerca
così come la condivisione di conoscenze e di best practice, sia il principale
fattore di successo per garantire un efficace sistema di prevenzione, cura e
assistenza alle persone affette da malattie rare.
Le successive interviste toccano più da vicino la realtà del nostro Paese. Gli
esperti coinvolti hanno raccontato, dal loro punto di vista, il tema delle malattie
rare evidenziando punti di forza, di debolezza, ma soprattutto i “cantieri di lavoro”
per vincere la sfida delle malattie rare. Le interviste sono state condotte seguendo
uno schema logico, mutuato dalle esperienze fatte in questo ambito e già citate
nella prefazione, che prevede le seguenti aree di indagine: certificazione del
paziente affetto da malattia rara e sua esenzione; presa in carico; integrazione
socio sanitaria; formazione degli operatori; ricerca scientifica; informazione e
comunicazione.
In coda alle interviste, abbiamo raccolto i contributi scritti di alcuni parlamentari
che si sono particolarmente impegnati sul tema delle malattie rare nel corso delle
ultime legislature. Certamente, i nomi di coloro che hanno profuso energie per la
tutela dei nostri cittadini affetti da malattie rare sono ben più numerosi, ma come
sempre in questi casi è stato necessario operare una scelta.
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La seconda fase di questo progetto ha previsto la raccolta di suggerimenti e idee
attraverso una Consultazione Pubblica ospitata dal sito www.malatirari.it. Per
aiutare la redazione dei contributi, è stata predisposta una griglia di 18 domande
formulate di concerto con i componenti del Gruppo di Lavoro del Ministero della
Salute deputato a definire lo schema di Piano Nazionale Malattie Rare.
Nei due mesi in cui la Consultazione è rimasta aperta sono stati raccolti oltre
70 contributi (in linea con precedenti iniziative in questo ambito) provenienti
da pazienti, loro associazioni e società scientifiche, istituzioni. Tali contributi
sono stati sintetizzati, per una migliore fruizione, da Ilaria Ciancaleoni, Direttore
dell’Osservatorio Malattie Rare, e compongono la seconda parte del libro,
mettendo in risalto criticità e proposte provenienti dai veri destinatari del Piano.
La terza e ultima parte del libro “Malattie Rare: alla ricerca dell’approdo” raccoglie
i principali documenti normativi e tecnici prodotti in questi anni sul tema del
Piano Nazionale o che possono informare la sua stesura.
Alberto Cattaneo
Founding Partner Cattaneo Zanetto & Co.
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15LE TESTIMONIANZE
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Gli stakeholder intervistati
Dr.ssa Paola Testori Coggi
Dall’aprile del 2010 Direttore generale presso la Direzione Generale per la Salute e i Consumatori della Commissione Europea. Dal 2000, in veste di direttrice per la sicurezza della catena alimentare, è stata responsabile del Libro bianco sulla sicurezza alimentare e del programma di azione legislativa nonché della gestione delle emergenze.
È stata consigliere della Commissaria Emma Bonino per la definizione della politica europea in materia di salute dei consumatori dopo la crisi provocata dalla sindrome della mucca pazza.È entrata nella Commissione Europea nel 1983 nel settore del controllo delle sostanze chimiche pericolose e dei rischi industriali. Successivamente è entrata nel Gabinetto del Vice-presidente della Commissione europea, Filippo Maria Pandolfi, come responsabile dei programmi di ricerca in materia di scienze della vita, ambiente ed energia.Biologa dell’Università di Milano, Italia, con un Master in ecotossicologia. Nel 2008 è stata insignita della Laurea Honoris Causa in Medicina Veterinaria presso l’Università di Cluj, Romania.
Dr. Antoni Monserrat Moliner
Attualmente ricopre l’incarico di Policy Officer per malattie rare e neuro-degenerative presso la DG Salute e Protezione dei consumatori (General Directorate Health and Consumer Protection) SANCO, Direzione C “Salute pubblica e Rischio di diagnosi” Unità C-2, Commissione Europea, Lussemburgo.Nato a Barcellona (Spagna) 48 anni fa, è laureato in Economia e
Statistica all’Università di Barcellona con specializzazione in sistemi informativi per la salute. Lavora presso la Commissione europea dal 1986.Ha realizzato diverse pubblicazioni tra le quali: “Creating a European Union framework for actions in the field of rare diseases”.
Prof. Bruno Dallapiccola
Medico, professore ordinario di Genetica Medica, ha svolto prevalentemente la sua attività accademica presso le Università Tor Vergata e La Sapienza di Roma. E’ stato Direttore Scientifico dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, IRCCS di San Giovanni Rotondo e dell’Istituto Mendel di Roma. E’ Direttore Scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS.
E’ membro del Consiglio Superiore di Sanità e del Comitato Nazionale per la Bioetica. Rappresenta l’Italia nell’European Union Committee of Experts on Rare Diseases (EUCERD) ed è responsabile dell’interfaccia italiana di Orphanet, il più importante database a livello mondiale per le malattie rare. E’ membro dell’Orphan-Europe Academy e di numerose società scientifiche. E’ autore di oltre 760 pubblicazioni internazionali che hanno riguardato in particolare la genetica clinica, l’identificazione di nuove malattie, lo studio delle correlazioni genotipo-fenotipo e la mappatura e il clonaggio di oltre 50 geni-malattia, soprattutto relativi a malattie rare o molto rare.
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Prof. Michele Lipucci Di Paola
Professore, ricercatore presso il Dipartimento di Biologia delle
piante agrarie dell’Università di Pisa.
1990-2012 Vice-Presidente dell’Associazione veneta per la lotta
alla Talassemia (Rovigo).
1997-2005 Membro del Consiglio Direttivo di EURORDIS.
1999-2000 Fondatore e Co-Presidente della Federazione Italiana
sulle Malattie Rare.
2000-2008 Membro del Consiglio Direttivo e Responsabile delle Relazioni
esterne del Centro di Biotecnologia e laboratorio di ricerca sulla Talassemia
dell’Università di Ferrara.
2001-2005 Vice-President EURORDIS
2002-2003 Membro Nazionale dello Steering Committee sulle Malattie Rare del
Ministero della Salute.
2003-2007 Membro del WGIP/COMP dell’EMA (Working Group Interested
Parties/Committee Orphan Medicinal Products).
2009-2011 Nominato dalla Commissione Europea come Membro supplente
(EURORDIS Patients Representative) del Comitato Scientifico per le terapie
innovative all’EMA (European Medicine Agency).
Dr.ssa Domenica Taruscio
Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare (www.iss.it/cnmr)
all’Istituto Superiore di Sanità. Laureata in Medicina e Chirurgia
con lode, specializzata in Istopatologia con lode all’Università
di Bologna; ha effettuato gli studi di post-dottorato in Genetica
Umana all’Università di Yale (CT-USA) e il Master in Bioetica
all’Università “Sapienza” (Roma).
E’ Membro di EUCERD (European Union Committee of Experts on Rare
Diseases), di Health Research Advisory Group; è coordinatore scientifico del
progetto europeo EUROPLAN (European Project for Rare Diseases National
Plans Development, www.europlanproject.eu) e del progetto europeo EPIRARE
(European Platform for Rare Disease Registries, www.epirare.eu).
Dal 2010 al 2012 Presidente di ICORD (International Conferences for Rare
Diseases and Orphan Drugs www.icord.se); dal 2000 al 2009 Rappresentante
per l’Italia al COMP (Committee for Orphan Medicinal Products) all’EMA.
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Dr. Paolo Siviero
Coordinatore Area “Strategia e Politiche del farmaco” alla
quale afferiscono gli uffici: Centro Studi; Prezzi e rimborso;
Coordinamento OsMed e delle attività di HTA; Unità di segreteria
organismi collegiali. Direttore dell’Ufficio Centro Studi dell’Agenzia
Italiana del Farmaco (AIFA).
La sua attività è volta a definire modelli e procedure per:
1. incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo in Italia nel settore farmaceutico;
2. incentivare la politica dei farmaci equivalenti; 3. prevedere gli effetti di impatto
sulla spesa farmaceutica e sanitaria delle innovazioni tecnologiche, delle
variazioni dei trend di popolazione e dell’allocazione delle risorse; 4. proporre un
nuovo sistema dei prezzi e di rimborso.
In passato, ha collaborato per diversi anni con il Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare, nell’ambito dello
sviluppo del trasferimento tecnologico e della valorizzazione economica
dei risultati della ricerca. Nello stesso contesto ha collaborato anche con il
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Scienze Biochimiche dell’Università di
Roma “Tor Vergata”.
Ha, inoltre, ricoperto incarichi in qualità di Amministratore Delegato in società
legate alla comunicazione e alle pubbliche relazioni nel campo della salute.
Dr. Fulvio Moirano
Direttore dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali
nominato con D.P.C.M. del 18 dicembre 2008, medico chirurgo,
specialista di igiene, direttore generale ASL e Azienda Ospedaliera,
docente alla Scuola di Specialità di Igiene dell’Università di Siena.
Contributi scientifici, oltre al capitolo su stipendi di posizione nelle
Aziende Sanitarie pubblicato nel libro omonimo del Dr. G. Oliviero
edizioni De Angeli, articoli e pubblicazioni su varie riviste del settore igienico-
organizzativo tra cui in particolare articoli sul Sole 24 ore Sanità, sulla rivista della
Società Italiana di VRQ, sulla rivista dell’ARESS Piemonte inerenti la gestione
delle risorse umane; ha pubblicato su varie riviste nazionali ed internazionali nel
settore igienico organizzativo numerose pubblicazioni scientifiche; si citano in
particolare le pubblicazioni sull’European Journal of Public Health volume 15,
16 e 17 rispettivamente del novembre 2005, novembre 2006 ed ottobre 2007;di
particolare interesse anche il capitolo: hospital patient migration: analysis using
a utility index pubblicato nel libro Public Health in Europe 10 years EUPHA.
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Dr.ssa Flaminia Macchia
Direttore del team di Public Affairs europei di Eurordis a Bruxelles.
Il suo ruolo consiste nell’aumentare l’influenza di Eurordis su
politiche e programmi europei, raccogliendo analisi, sviluppando
contatti istituzionali e diversificando le risorse finanziarie.
Laureata all’Università Libera di Bruxelles in Scienze Politiche
con specializzazione in Politiche del Medio Oriente, Master
in Relazioni Internazionali con specializzazione in Istituzioni UE della London
School of Economics.
Entra in EURORDIS nel 2004 come manager del Public Affairs europeo dopo aver
già lavorato per Eurordis come consulente. Prima di Eurordis aveva lavorato più di
dieci anni negli affairs europei alla Commissione Europea (partnership dell’Euro-
Mediterraneo), al Parlamento europeo come assistente di un parlamentare
italiano, e nel team sanità di una società di consulenza leader nelle politiche
UE a Bruxelles. Come paziente di una malattia rara, la Colite Ulcerosa, Flaminia
Macchia è stata attiva nella comunità europea delle malattie rare, soprattutto
nelle istanze di sanità pubblica.
Prof.ssa Paola Facchin
Professore Associato di Pediatria presso l’Università degli Studi di Padova, Responsabile dell’Unità di Epidemiologia e Medicina di Comunità della stessa Università, dell’Osservatorio Regionale della Patologia in Età Pediatrica, del Coordinamento Regionale delle Malattie Rare e del Centro Regionale per la Diagnostica del Bambino Maltrattato.
Docente di Medicina di Comunità nel corso di laurea di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova.Direttore della Scuola Medica di Specializzazione in Medicina di Comunità, Università di Padova, Coordinatrice dell’indirizzo Scienze della Programmazione della Scuola di Dottorato in Medicina dello Sviluppo e Scienze della Programmazione, della stessa Università.Membro del Consiglio Superiore di Sanità dal 2006 al 2009, di più Commissioni ministeriali e regionali sulla salute ed i servizi per l’infanzia ed età evolutiva, sulla sicurezza, sul contrasto del maltrattamento e per la protezione del bambino e adolescente, sulle cure palliative, etc.Coordinatore del Tavolo tecnico interregionale permanente sulle Malattie Rare.
Membro dei Gruppi di Lavoro “Coding and Classification” e “Indicators” della
Task Force Europea sulle Malattie Rare.
Partner della Joint Action Europea sulla Classificazione e codifica della Malattie
Rare per la stesura del nuovo ICD11.
Ha scritto oltre 350 pubblicazioni edite a stampa.
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Dr.ssa Silvia Arcà
Laureata in Psicologia all’Università degli studi “La Sapienza” di Roma nell’anno
accademico 1975/1976. In qualità di psicologa svolge attività professionale
presso i servizi territoriali del Consorzio Socio sanitario dell’Arcipelago Toscano
(SERT, Consultorio familiare, CIM, etc.) dal settembre 1978 al settembre 1981.
Dal 1983 presta servizio presso il Ministero della Salute.
Nell’ambito della Direzione generale dei Servizi di medicina sociale si occupa di
problemi inerenti le dipendenze da sostanze stupefacenti e da alcool e il settore
materno infantile.
Dall’ottobre 1993 presta servizio presso il Dipartimento della programmazione
dove si occupa delle problematiche relative alle modalità di erogazione delle
prestazioni sanitarie.Nel giugno 1999 è nominata dirigente e, presso il medesimo Dipartimento (oggi Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema) svolge l’incarico di Direttore dell’Ufficio IX e, successivamente, dell’Ufficio II competente, in particolare, per la definizione del Piano sanitario nazionale e dei piani di settore aventi rilievo ed applicazione nazionale, per la definizione e il monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (assistenza farmaceutica, specialistica, riabilitativa, protesica, integrativa, termale e socio-sanitaria) e per la materia delle esenzioni dalla partecipazione alla spesa sanitaria in relazione al reddito ed alla presenza di particolari patologie croniche e rare.
Cura la Segreteria della Commissione nazionale per la definizione e
l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza ed è componente del Comitato
permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza di
cui all’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
Dr. Gedeone Baraldo
Direttore Medico del Presidio Ospedaliero “L. Mandic”
dell’Azienda Ospedaliera di Lecco, è Specialista in Medicina
Fisica e Riabilitazione e in Igiene e Medicina Preventiva. Dal
2000 collabora con la Direzione Generale Sanità della Regione
Lombardia, occupandosi di Accessibilità ai Servizi Sanitari, con
particolare riferimento al tema dei Livelli Essenziali di Assistenza
e della Rete Regionale per le Malattie Rare, di cui è referente regionale. Dal
2002 rappresenta la Direzione Generale Sanità Regione Lombardia in seno al
Gruppo di Lavoro Regionale Malattie Rare, in qualità di Coordinatore e dal 2003
è membro del Gruppo Tecnico Interregionale Permanente per le Malattie Rare,
istituito dall’Accordo Stato Regioni dell’11 luglio 2002 (rep. Atti CSR 1488/2002),
per assicurare l’operatività in Rete dei Presidi per le Malattie Rare individuati
dalle regioni, la sorveglianza epidemiologica attraverso l’istituzione del Registro
Nazionale, lo sviluppo dei Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali (PDTA)
e l’aggiornamento dell’elenco delle Malattie Rare.
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Dr.ssa Erica Daina
Medico, specialista in Nefrologia. Ha condotto la sua formazione
dapprima presso la Divisione Medica II° dell’Università degli Studi
di Milano, Ospedale San Raffaele, quindi presso la Nefrologia
degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Conseguita la qualificazione
professionale come Specialista in Ricerca Farmacologica, dal
1993 lavora come medico ricercatore presso il Centro di Ricerche
Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò dell’Istituto Mario Negri. Dal
1996 è stata Responsabile del Centro di Informazione per le Malattie Rare e dal
2009 è Capo del Laboratorio Documentazione e Ricerca sulle Malattie Rare. Dal
Gennaio 2002 è Referente del Centro di Coordinamento della Rete Regionale
per le Malattie Rare della Lombardia.
Sen. Laura Bianconi
Eletta per la prima volta in Senato nel 2001, è stata membro
della VII Commissione “Istruzione”. Era altresì componente
della XII Commissione “Igiene e Sanità”, membro della XIV
Commissione “Politiche dell’Unione europea” e infine membro
della Commissione d’Inchiesta sul servizio sanitario nazionale.
Riconfermata in Parlamento nella XV Legislatura, è stata
Capogruppo di Forza Italia in XII Commissione “Igiene e Sanità”; membro della
Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio
sanitario nazionale è altresì stata membro delle Commissioni parlamentare di
inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle
cosiddette “morti bianche” e della Commissione parlamentare per l’infanzia.
Nella XVI Legislatura è Vice presidente del Gruppo PdL nella XII Commissione
“Igiene e Sanità” del Senato. E’ inoltre membro della Commissione parlamentare
di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale.
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Sen. Emanuela Baio
Nel 2001 viene eletta per la prima volta al Senato della
Repubblica. Iscritta al Gruppo Margherita – DL – Ulivo, è stata
Segretario della XII Commissione “Igiene e Sanità”, membro
della Commissione speciale in materia di infanzia e di minori
e della Commissione parlamentare monocamerale d’inchiesta
sull’efficienza e l’efficacia del Servizio Sanitario Nazionale.
Nel 2006 è rieletta al Senato e si iscrive al Gruppo L’Ulivo. Ha nuovamente
fatto parte della XII Commissione “Igiene e Sanità” ed è stata membro della
Commissione speciale in materia di infanzia. Nel 2008 viene riconfermata a
Palazzo Madama e diviene membro della VI Commissione “Finanze”, per poi
confluire nella XII Commissione “Igiene e Sanità”. E’ altresì membro Commissione
parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza e della Commissione straordinaria
per la tutela dei diritti umani.
On. Paola Binetti
Nel 2006 è stata eletta per la prima volta al Senato. Durante la
XV legislatura è stata membro della XII Commissione Igiene e
Sanità, della XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea
e della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e
l’efficienza del Servizio sanitario nazionale.
Nel 2008 è stata eletta alla Camera dei Deputati. Nell’attuale XVI
Legislatura è membro della XII Commissione Affari sociali e della Commissione
parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi
sanitari regionali.
Sen. Ignazio Marino
Nel 2006 è stato eletto al Senato per la prima volta, lista
Democratici Sinistra, della Regione Lazio. Nella XV legislatura è
stato Presidente della 12ª Commissione permanente - Igiene e
Sanità del Senato.
Nel 2008 è stato rieletto al Senato, nella lista Partito Democratico
della Regione Lazio. Nella XVI legislatura è Presidente della
Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio
sanitario nazionale e membro della 12ª Commissione permanente - Igiene e
Sanità del Senato, di cui è Capogruppo PD.
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25LE INTERVISTE
AGLI STAKEHOLDER
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4 Decisione N. 129/1999/CE 29 aprile 1999: veniva adottato un piano di azione comunitaria sulle MR con gli obiettivi
di: migliorare le conoscenze scientifiche sulle MR, incentivando la creazione di una rete europea d’informazione per
i pazienti e le loro famiglie; supportare la formazione degli operatori sanitari per rendere più efficaci i processi di
diagnosi; promuovere il coordinamento tra le organizzazioni di volontariato impegnate nell’assistenza; sostenere il
monitoraggio delle MR da parte degli Stati Membri. 5 Regolamento (CE) N. 141/2000. Da ricordare che l’art. 4 ha istituito presso l’EMA (European Medicines Agency,
www.ema.europa.eu) il comitato per i medicinali orfani COMP (Committee in Orphan Medicinal Products). 6 La Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e sociale
europeo e al Comitato delle Regioni “Le malattie rare: una sfida per l’Europa” viene adottata l’11 novembre 2008.
Il ruolo dell’Unione Europea nella
lotta contro le malattie rare Intervista a Paola Testori Coggi
Director-General for Health and Consumers presso la Commissione Europea
L’intervista in tre punti
1. Commitment della Commissione Europa
Le Malattie Rare sono una priorità e un impegno imprescindibile per la
Commissione Europea.
2. Interventi coordinati
alla rete dei centri di competenza, all’accesso omogeneo ai farmaci.
3. Direttiva Servizi Sanitari Transfrontalieri
l’Unione Europea e per gli Stati Membri: il paziente potrà decidere dove
curarsi.
Direttore, le malattie rare sono tra le priorità d’intervento della Commissione
Europea nell’ambito delle politiche sanitarie.
La Commissione Europea ritiene di ricoprire un ruolo di estremo valore per le
malattie rare poiché si tratta di un fenomeno che richiede un considerevole sforzo
di coordinamento a livello internazionale che proprio il lavoro della Commissione
può garantire. Le malattie rare sono, infatti, indicate come una priorità comunitaria
in ambito sanitario fin dalla Decisione dell’aprile 19994. Quindi, nel 2000, il
Regolamento5 del Parlamento europeo e del Consiglio istituiva una procedura
comunitaria per l’assegnazione della qualifica di medicinali orfani e per offrire,
contestualmente, incentivi per la ricerca.
La Comunicazione del 2008 e la Raccomandazione del 2009 sono i successivi
pilastri su cui poggia l’azione comunitaria sulle malattie rare.
Sono stati due interventi legislativi fondamentali. La Comunicazione6 è stata
di fatto il primo documento politico sul tema delle malattie rare e aveva come
obiettivo prioritario il coordinamento a livello europeo delle azioni sulle malattie
rare. La Comunicazione ha aiutato la Commissione a prendere coscienza del
valore aggiunto che tale coordinamento poteva avere e devo ammettere che il
consenso degli Stati Membri è stato ampio e convinto.
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E la Raccomandazione?
Con la Raccomandazione del 20097 sono state individuate alcune importanti
aree di lavoro come ad esempio la classificazione e codifica delle malattie rare,
la partecipazione dei centri di competenza nazionali all’European Reference
Network e l’accesso ai farmaci orfani. A mio avviso questi tre aspetti rappresentano
ancora oggi le priorità di intervento.
Partiamo, dunque, dal tema della classificazione e codifica.
E’ un tema centrale perché classificare le malattie rare e codificarle significa
definire il perimetro d’azione, il numero dei pazienti e i diritti che essi acquisiscono
ma, soprattutto, lavorare per adottare programmi terapeutici comuni. Non si può
condividere l’esperienza se non si parla un linguaggio comune. La Commissione
Europea, a questo proposito, finanzia il progetto Orphanet8 e altri progetti a
sostegno dei registri delle malattie rare, come Epirare.
Il tema dell’European Reference Network è strettamente collegato alla nuova
direttiva sui servizi transfrontalieri.
La direttiva sui servizi sanitari transfrontalieri9 pone una sfida importante per i
sistemi sanitari nazionali: il paziente può decidere di andare a curarsi dove più
alta è la specializzazione. I centri di competenza dovranno quindi formare una
rete a livello europeo e avere la capacità di scambiarsi informazioni per una
corretta presa in carico del paziente.
Qual è la situazione dei finanziamenti alla ricerca sulle malattie rare?
All’interno del settimo programma quadro sono stati finanziati 50 progetti legati
alle malattie rare e sono già stati allocati 237 milioni di euro. Nel 2011 sono
stati riservati ulteriori 108 milioni di euro per i bandi di gara di nuovi progetti di
ricerca.
La situazione economica internazionale sarà un freno per i finanziamenti dei
prossimi anni?
La Commissione non ha dubbi che la ricerca sulle malattie rare continuerà ad
avere molta attenzione all’interno dell’ottavo programma quadro che partirà
nel 2014. Siamo in fase di definizione dei dettagli, ma credo che le aree su
cui si punterà maggiormente riguardino lo sviluppo pre-clinico dei farmaci,
l’epidemiologia con particolare riferimento agli studi osservazionali e, per ultimo,
ma non meno importante, la diagnosi e gli screening neonatali.
Il ruolo dei pazienti e delle associazioni che li rappresentano è sempre più
importante per riconoscere i bisogni dei malati. Qual è la posizione della
Commissione Europea?
Fin dal 2000 le associazioni sono state coinvolte e motivate per essere un attore
attivo all’interno del Comitato Farmaci Orfani. E, devo dire, che l’European
Health Policy Forum10, dove sono presenti tutte le associazioni rappresentative
a livello europeo, fornisce sempre dei contributi molto preziosi.
7 La Raccomandazione del Consiglio viene adottata l’8 giugno 20098 http://www.orpha.net/consor/cgi-bin/index.php9 http://www.normativasanitaria.it/normsan-pdf/CEE/2011/38396_1.pdf10 http://ec.europa.eu/health/interest_groups/eu_health_forum/policy_forum/index_en.htm
29
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Recepimento Direttiva sui servizi sanitari transfrontalieri (Direttiva
2011/24/Ue)
il sistema organizzativo delle malattie rare, in particolare dei centri di
competenza.
2. Accesso ai programmi e ai finanziamenti europei
ricerca a livello Europeo.
3. Politiche di Accesso ai Farmaci
riguarda le politiche di accesso ai farmaci.
30
Il ruolo dell’Unione Europea nella
lotta contro le malattie rare Intervista ad Antoni Montserrat MolinerPolicy Officer for Rare and Neurodevelopmental Diseases DG Health and Consumers SANCO,
Commissione Europea
L’intervista in tre punti
1. Coordinamento
Regioni, sia a livello degli Stati Membri dell’Unione Europea. Le malattie rare
non si possono battere senza condivisione di conoscenze e best practice.
2. Commitment
e non ci saranno pericoli che possa subire ridimensionamenti.
3. Priorità
Entro il 2013 gli Stati Membri devono presentare alla Commissione Europea i
piani nazionali sulle malattie rare. Alcuni Stati lo hanno già preparato, altri lo
stanno facendo. Quale è la situazione e quali le aspettative della Commissione?
Sono sette gli Stati Membri dell’Unione Europea che hanno approvato il piano
nazionale sulle malattie rare a fine 2011. Gli altri dovranno farlo entro il 2013
secondo la tabella di marcia approvata dalla Raccomandazione del Consiglio
del 2009. In ogni caso, anche se non tutti arriveranno all’implementazione del
piano, l’azione comunitaria sarà confermata e non ci saranno pericoli che sia
ridimensionata. E questa è una buona notizia, considerati i fondi che saranno
stanziati e che potrebbero quindi mettere a rischio altri programmi comunitari.
L’Italia sta lavorando al suo piano nazionale dovendo fare sintesi tra le competenze
tra Regioni e Governo nazionale. In base all’esperienza degli altri paesi ci sono
alcuni suggerimenti utili?
La situazione italiana non è la più problematica nel panorama europeo. La
Spagna, il Belgio e il Regno Unito, ad esempio, presentano situazioni ancora
più critiche per le difficoltà legate alla ripartizione delle competenze tra Stato
e Regioni. In Spagna le Regioni godono, ad esempio, di un’indipendenza
pressoché totale, che porta ad un processo di negoziazione con lo Stato
molto complicato. Recentemente si è formato nel Consiglio Interterritoriale
della salute un gruppo specifico per le malattie rare che funge da organismo di
31
coordinamento, attribuendo fondi e responsabilità. I risultati non sono mancati
e quella dell’Autorità Nazionale sembra essere una strada utile da percorrere
anche in altri Paesi.
La Commissione Europea ha individuato 6 pilastri fondamentali: definizione
e codifica, rete delle informazioni, accesso ai farmaci orfani, ricerca, centri di
competenza, condivisione delle best practice, empowerment delle associazioni
dei pazienti. Quale è la situazione?
La priorità è rappresentata dalla definizione e codifica di una malattia rara.
E’ molto importante che ci sia un database condiviso a livello mondiale sulle
malattie rare. Il progetto Orphanet rappresenta uno strumento fondamentale per
professionisti e pazienti su cui la Commissione ha investito importanti risorse. Le
malattie rare devono essere codificate in modo appropriato perché è la codifica
e la loro identificazione che permette l’accesso all’assistenza sanitaria.
Un aspetto cruciale per le malattie rare è la loro diagnosi. Qual è la posizione
della Commissione?
I servizi erogati dai diversi sistemi sanitari nazionali in materia di diagnosi, terapia
e riabilitazione dei pazienti affetti da malattie rare variano molto in termini di
disponibilità e qualità. La Commissione intende promuovere ogni iniziativa che
migliori i processi di diagnosi così come lo sviluppo degli screening neonatali.
Su questi ultimi, però, il nostro approccio è promuoverli solo per quelle malattie
dove già esiste un iter terapeutico. Viceversa, laddove non esistesse una cura,
sarebbe costoso e, soprattutto, inutile per il paziente. Si vuole dunque definire
una lista limitata di malattie da diagnosticare con lo screening. Sotto questo
profilo l’Italia è ben posizionata. In altri paesi europei lo screening neonatale è
pura fantasia.
Per quanto riguarda l’accesso ai farmaci?
Non è solo l’accesso, ma anche la collaborazione a livello di ricerca a essere
fondamentale. Recentemente l’UE ha siglato accordi che coinvolgono USA
e Giappone per creare un Consorzio finalizzato a porre in essere 200 nuove
terapie entro la fine 2020. L’obiettivo finale è offrire ai pazienti di malattie rare
la migliore assistenza attraverso la mobilità. Cioè il paziente che non trova la
cura adatta nel proprio paese potrà trovarla in un altro Stato. Infine, il ruolo delle
associazioni dei pazienti è molto importante nell’indirizzo delle politiche e come
supporto delle mancanze dei sistemi pubblici.
È prevista una rivisitazione del Regolamento sui medicinali orfani? La survey
di Eurordis11 mostra una certa difficoltà all’accesso dei farmaci in Italia e
probabilmente non è un problema solo nostro. È possibile un intervento della
Commissione?
Non è in programma nessuna revisione della normativa sui farmaci orfani.
Piuttosto si potrà lavorare sulle linee interpretative con l’obiettivo di adattare
qualche organismo previsto dalla normativa, come ad esempio l’EMA (European
Medicines Agency), alle nuove esigenze individuate dai nuovi programmi.
11 http://wn.com/5th_EURORDIS_survey_on_access_to_Orphan_Drugs_in_Europe
32
Che ne pensa dell’adozione di una nuova suddivisione delle malattie rare per
macro categorie da parte del Regno Unito, del Giappone e degli Usa? Stiamo
andando verso la definizione di malattie ultra rare?
La Commissione è ideologicamente contraria a questo tipo di suddivisione, ma
il dibattito su questa strada intrapreso dalla sanità anglo-americana investirà
inevitabilmente anche l’Europa.
L’implementazione della Direttiva Europea sull’assistenza sanitaria transfrontaliera
riguarda anche lo sviluppo dell’European Reference Networks (ERN). Quali azioni
sono in programma e quali i tempi?
Il progetto delle reti di riferimento europee (ERN) ha l’obiettivo di creare un’area
sanitaria europea entro il 2014. La Commissione sostiene gli Stati membri nello
sviluppo delle ERN tra prestatori di assistenza sanitaria e centri di eccellenza negli
Stati membri, soprattutto nel settore delle malattie rare. Le reti si basano sulla
partecipazione volontaria dei loro membri, i quali partecipano e contribuiscono
alle attività delle reti conformemente alla legislazione dello Stato membro in cui
sono stabilite.
Infine, un consiglio finale per il piano nazionale sulle malattie rare in Italia?
La priorità delle politiche comunitarie è la cooperazione internazionale nella
ricerca e la condivisione d’informazioni e esperienze. Riguardo all’Italia, sia
l’Istituto Superiore di Sanità che il Centro Nazionale delle Malattie Rare portano
un contributo valido all’Europlan e al potenziamento dei progetti europei, come
ad esempio di Orphanet.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Autorità Nazionale sulle Malattie Rare
anche in Italia?
2. Screening neonatale
A livello regionale si presentano situazioni molto diverse a scapito
dell’equità degli interventi.
3. Codifica delle malattie ultra rare
l’Italia. Il dibattito, in questo senso, è stato già aperto e merita un momento
di riflessione anche a livello istituzionale.
33
La diagnosi è il primo e decisivo
passo per affrontare una
malattia raraIntervista a Bruno Dallapiccola
Direttore Scientifico dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
L’intervista in tre punti
1. Diagnosticare la malattia rara
rete dei laboratori che offrono test genetici, formare i medici e gli specialisti
e prepararli a sospettare le malattie rare.
2. Centri di competenza
devono garantire le migliori pratiche cliniche a tutti.
3. La presa in carico non è solo farmacologica
una serie di interventi, compresa la psicomotricità, la chirurgia correttiva e
trapiantologica, l’uso di protesi, la robotica, i servizi sociali.
Professore, quali ritiene siano le principali priorità per affrontare in Italia il
problema delle malattie rare?
Due sono le priorità: garantire la diagnosi e la presa in carico secondo le migliori
pratiche cliniche; a seguire, potenziare la ricerca dedicata alle malattie rare e
l’informazione.
Partiamo proprio dalla diagnosi.
Pochi numeri raccontano, meglio delle parole, la complessità della diagnosi di
una malattia rara. Il 25% dei pazienti attende 5-30 anni per ottenere la conferma
della diagnosi; il 40% ha avuto inizialmente una diagnosi sbagliata; il 25% ha
dovuto spostarsi in altre regioni per ottenere la diagnosi12. Circa il 50% non
riceve comunque la diagnosi nel corso di tutta la vita.
Quali sono le cause di questi numeri davvero preoccupanti?
Purtroppo gli specialisti sono pochi, mentre le malattie rare sono molte e la loro
diagnosi è spesso complessa o molto complessa. Tra le circa 8.000 malattie rare
oggi note, più di 5.000 colpiscono meno di una persona ogni milione di cittadini,
circa un migliaio hanno una prevalenza compresa tra 1:100.000 e 1:1 milione,
poco più di 200 tra 1:10.000 e 1:100.000 e “solo” un centinaio tra 1:2.000 e
1:10.000. Considerati questi numeri, è necessario mettere a fattore comune
le conoscenze a livello nazionale, europeo o addirittura mondiale. Il database
Orphanet ha creato un grande portale nel quale sono condivise le best practices
12 Eurordis: The voice of 12.000 Patients, 2009
34
a livello europeo (e oggi anche sovra-europeo). La diagnosi di una malattia rara
attiene al medico, alla sua esperienza, alla sua intuizione ed alla sua formazione.
Lo stesso vale per la presa in carico. Un complesso di azioni che consentono
al professionista di esprimere al meglio il concetto di “medicina come arte”, in
quanto il malato raro costringe spesso il medico a costruire percorsi del tutto
personalizzati.
In Italia esistono oltre 300 laboratori di diagnosi genetica…
E’ vero, e certamente sono troppi. È necessario razionalizzare questa rete e
specializzare i laboratori, a tutto vantaggio della qualità e del risparmio. Un
centinaio di laboratori potrebbero essere sufficienti (analogamente ad altri
paesi di dimensioni simili all’Italia). Sarebbe utile inoltre creare consorzi tra i
laboratori di genetica medica all’interno delle singole regioni e sviluppare modelli
organizzativi sovraregionali.
Mancano invece medici genetisti.
Questo è un aspetto su cui si dovrebbe riflettere, soprattutto al livello
dell’istruzione universitaria e della formazione post-laurea. Il numero assoluto
dei genetisti medici non è basso, ma è bassa mediamente la loro competenza
clinica perché il loro percorso formativo non è focalizzato sulle malattie rare, che
nell’80% dei casi hanno un’origine genetica. Il medico genetista specificamente
formato dovrebbe contribuire al processo della diagnosi e, soprattutto, garantire
ai pazienti e ai loro familiari la consulenza genetica. Alcuni dati raccolti a livello
Europeo ci ricordano che nel 33% dei casi la diagnosi di una malattia rara viene
comunicata in maniera insoddisfacente (nel 12% in maniera inaccettabile) e che
nel 25% dei casi non viene comunicato che la malattia ha un’origine genetica;
inoltre, la consulenza genetica viene offerta solo nel 50% dei casi13.
La seconda area problematica è quella della presa in carico. Quali sono le sue
riflessioni?
E’ necessario che tutte le regioni identifichino i centri di competenza. Poche
regioni li hanno individuati e solo una parte degli attuali centri per le malattie
rare hanno le competenze necessarie a garantire le migliori pratiche cliniche. Di
conseguenza, la mobilità dei pazienti tra le Regioni è ancora molto significativa,
soprattutto nella fase di ricerca della diagnosi. D’altra parte, per definizione, le
competenze non possono essere omogeneamente distribuite a livello territoriale
e perciò una certa mobilità non potrà essere evitata, neppure in una prospettiva
a medio-lungo termine. Personalmente auspico che viaggino sempre di più i
campioni biologici e si faccia maggiore ricorso alla telemedicina e al teleconsulto.
L’European Union Committee of Experts on Rare Diseases (EUCERD)14 ha
recentemente definito le caratteristiche dei centri di competenza (expertise
centres). Queste raccomandazioni devono costituire il punto di partenza per le
Regioni chiamate ad identificare le loro strutture di riferimento, che costituiranno
i punti nodali nella rete europea di prossima costituzione (European Reference
Networks – ERN).
Un altro problema sembrerebbe essere l’accesso ai farmaci. E’ così?
Sicuramente è necessario snellire la procedura di certificazione dei malati rari,
soprattutto quando essa viene fornita da un centro localizzato al di fuori della
13 Eurordis: The voice of 12.000 Patients, 200914 http://nestor.orpha.net/EUCERD/upload/file/EUCERDRecommendationCE.pdf
35
regione di residenza del paziente e accelerare l’accesso all’assistenza sanitaria
e al godimento dei diritti alla salute. Spesso ci dimentichiamo che i farmaci
rappresentano solo un aspetto, non necessariamente il principale, nel trattamento
dei malati rari. I farmaci orfani autorizzati al momento alla commercializzazione
in Europa sono poco meno di una settantina, il 60% dei quali si rivolge al
trattamento dei tumori. La cura delle malattie rare comprende anche molti
farmaci tradizionali, le terapie cellulari, la trapiantologia, la chirurgia, le protesi, la
robotica, la psicomotricità ed altro ancora. Una riflessione particolare meritano
i farmaci di fascia C, che spesso hanno un ruolo importante nella terapia dei
malati rari, che non raramente sono costretti ad assumerli per tutta la vita (queste
malattie sono di regola croniche). Tutto questo contribuisce ad alimentare la
povertà di molte famiglie.
Ha qualche soluzione in mente?
Se, come sembra, la situazione economica del Paese lascia intendere che
l’Italia dovrà sviluppare un Piano Nazionale Malattie Rare senza risorse
aggiuntive, sarà necessario vincolare una quota fissa dell’attuale fondo sanitario
nazionale per destinarlo alle necessità dei malati rari (non solo i farmaci,
ma anche tutto ciò che attiene la loro diagnosi e la presa in carico). Alcune
riflessioni riportate in un recente articolo apparso sull’Orphanet Journal of Rare
Diseases15 suggeriscono che nei prossimi lustri, per una serie di meccanismi di
compenso (ad esempio il venire meno di alcuni brevetti), il costo complessivo
per i farmaci orfani non dovrebbe sostanzialmente aumentare. Credo però che
a questa considerazione se ne debbano aggiungere altre in controtendenza: il
progresso scientifico e soprattutto le tecnologie genetiche della next generation
sequencing aumenteranno la numerosità delle malattie rare e, verosimilmente,
anche le possibilità di trattamento non solo farmacologico. A tutto ciò si
devono aggiungere i costi della mobilità: la cura delle malattie rare comporterà
un progressivo aumento degli spostamenti dei pazienti alla ricerca dei centri
di eccellenza. Anche se, come già anticipato, la telemedicina e i teleconsulti
potranno essere antidoti parziali a questa inevitabile tendenza, non vi è dubbio
che una seria riflessione sui bisogni economici di un piano nazionale delle
malattie rare debba essere affrontata da ogni Paese che non voglia derogare ai
principi fondamentali dell’equità e della solidarietà.
Si parla molto di empowerment dei pazienti. Lei cosa ne pensa?
E’ un argomento che costituisce, come la diagnosi, la presa in carico, la ricerca
e l’informazione, una pietra angolare in tema di malattie rare. Per questo, mi
unisco alla raccomandazione, che in primis viene dall’Europa, di coinvolgere
i pazienti rari in tutti i processi decisionali che li riguardano. Inoltre condivido
la necessità di riconoscere e supportare i servizi dedicati ai pazienti e ai loro
familiari, compresi i programmi terapeutici ricreativi e i servizi rivolti ai familiari
che assistono i pazienti; da ultimo ritengo che debba essere sostenuto lo
sviluppo di ogni tipo di strategia atta ad integrare i pazienti rari nelle politiche
sanitarie e nei servizi sociali.
15 http://www.ojrd.com/content/6/1/62
36
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Diagnosi e rete dei laboratori
razionalizzata per elevarne la qualità ed abbattere i costi.
2. Genetista medico
fondamentale nel percorso della diagnosi e della cura del malato raro.
Per lui, come per gli altri specialisti, deve essere inviduato un programma
formativo post-laurea sul tema delle malattie rare.
3. Centri di competenza
disegnare la rete dei centri di competenza.
4. Disagi della migrazione
non potrà essere annullata, ma potrà essere contenuta dalla telemedicina e
dal teleconsulto.
5. Ruolo delle associazioni
istituzionali dove si affrontano i processi decisionali che li riguardano.
37
Quattro “gambe” per le malattie
rare: laboratori di diagnosi, centri
di competenza, network per la
ricerca e social careIntervista a Michele Lipucci di Paola,
Ex-Vice-Presidente di EURORDIS ( 2000-2006 )
L’intervista in tre punti
1. Tavolo a quatto gambe
gambe”: i laboratori di diagnosi, i centri di competenza, il network per la
ricerca e il mondo del social care.
2. Centri di competenza
poco dovremmo confrontarci a livello europeo.
3. Ruolo delle Associazioni dei Pazienti
informazioni, ma sopratutto per il ruolo attivo anche di decision maker,
che dovrebbero avere per contribuire a identificare le priorità della ricerca
sulle malattie rare. Ma in Italia siamo quasi esclusi e poco rappresentati
all’interno delle istituzioni.
Lei, come Ex Vice-Presidente di Eurordis, ci può parlare brevemente di questa
rete di associazioni a livello europeo?
Eurordis16, è un’alleanza di associazioni di pazienti e di persone attive nel
campo delle malattie rare. È guidata da pazienti ed è dedicata a migliorare la
qualità della vita di tutte le persone affette da malattie rare in Europa. Abbiamo
lavorato per l’adozione del Regolamento Europeo sui Farmaci Orfani nel 1999
e all’assegnazione della qualifica di farmaci orfani a più di 500 medicinali
attraverso la nostra partecipazione attiva al Comitato sui Prodotti Medicinali
Orfani (COMP). Vorrei rilevare anche il nostro impegno a fianco dell’Unione
Europea per l’adozione del Regolamento Europeo sui Medicinali Pediatrici Orfani
del 2006, intervento normativo che non sempre è ricordato come merita. E,
infine, il contributo di EURORDIS è stato anche decisivo per l’approvazione del
Regolamento Europeo sulle Terapie Avanzate ( Regolamento CE n. 1394/2007 )
che rappresenta il futuro della medicina e una promettente speranza per trattare
malattie rare al momento incurabili.
16 http://www.eurordis.org/
38
È molto importante anche la vostra azione in Italia per il miglioramento del quadro
legislativo a supporto della lotta contro le malattie rare.
Io credo che l’Italia abbia, in realtà, bisogno di una normativa capace di affrontare
in modo organico il problema delle malattie rare. A questo proposito, il disegno
di legge della relatrice Sen. Bianconi17 è certamente un ottimo punto di partenza
anche perché frutto di un lungo lavoro di confronto tra le associazioni, gli
operatori e la politica appunto.
Peraltro, l’Italia sulle malattie rare fa ancora riferimento al Decreto Ministeriale
279/2001.
Quel decreto è stato molto importante per il nostro Paese e ci poneva
all’avanguardia in Europa. Fissa tre punti fondamentali: la lista delle malattie da
considerare rare, la necessità di un registro nazionale e la creazione di una rete
di centri di competenza.
Qual è a suo avviso lo stato dell’arte rispetto a questi tre punti fondamentali?
La lista delle malattie rare dovrà essere aggiornata in concertazione con le
associazioni di pazienti e non è accettabile che note malattie rare e nuove
malattie rare siano escluse da questa lista ufficiale che consente l’accesso alle
cure.
Il Registro Nazionale delle Malattie Rare è ancora molto carente e non è
rappresentativo della realtà italiana sulle malattie rare a causa di diverse difficoltà
che il progetto ha incontrato. Comunque, il Centro Nazionale Malattie Rare/ISS,
può fornire maggiori informazioni a riguardo.
Credo che le maggiori difficoltà riguardino l’individuazione dei Centri di
Competenza. Alcune Regioni si sono attivate bene, altre sono in ritardo. Però
l’individuazione di questi Centri di Competenza dipenderà molto dalla conoscenza
scientifica e dall’esperienza clinica sulla malattia o gruppi di malattie presenti
nelle diverse Regioni. E non sarà di alcuna utilità per i pazienti e non giustificabile
avere una esagerata proliferazione di Centri di Competenza per tutte le malattie
rare.
Quindi nelle Regioni dove realmente esistono accreditate conoscenze
scientifiche e valida esperienza clinica su una malattia o gruppi di malattia, si
dovranno istituire i Centri di Competenza, ma non solo sulla carta. Questi Centri
di Competenza che siano Regionali, Inter-Regionali o Nazionali dovranno poter
contare su fondi certi e le Associazioni di Pazienti dovranno giocare un ruolo
decisivo nella loro “Governance” e non essere escluse o essere chiamate solo
quando sono necessarie. Sarebbe anche importante avere un Coordinamento
Nazionale di tutti i Centri di Competenza identificati e accreditabili secondo i
recenti criteri indicati dal Comitato Europeo Malattie Rare/DG SANCO (Eucerd).
Oggi l’Unione Europea ci chiede addirittura un coordinamento sovranazionale
attraverso l’European Reference Network (ERN). Se i nostri presenti e futuri
Centri di Competenza non saranno in grado di fare sistema a livello europeo
e non saranno disponibili a scambiare o trasferire le eccellenti esperienze e
specifiche competenze disponibili attraverso l’Europa, avremo scarse possibilità
17 In allegato a pagina 116
39
di successo. Il valore aggiunto per le malattie rare sarà, infatti, costituito dalla
capacità di mettere insieme risorse finanziarie e intellettuali per far crescere tutti
i paesi dell’UE a beneficio di tutta la comunità delle malattie rare.
Ha qualche suggerimento in proposito?
Ricordo che l’Italia guida a livello Europeo il Comitato per le Regioni. Potrebbe
essere quella la sede nella quale l’Italia può proporsi come leader di un progetto
di collaborazione tra differenti regioni europee. Quindi promuovere alleanze tra
le diverse regioni potrebbe essere una sfida vincente.
Eucerd ha recentemente individuato i criteri per l’accreditamento dei centri di
competenza, cosa ne pensa?
E’ certamente un benchmark importante cui si dovrebbe fare riferimento.
A maggior ragione alla luce della Direttiva sui servizi sanitari transfrontalieri
che permetterà ai pazienti di cercare in tutta Europa il centro maggiormente
specializzato e pronto per rispondere ai suoi bisogni. Proprio su quest’aspetto
credo che in Italia si debba avere il coraggio di investire su pochi centri che
dimostrino standard elevati, eccellenti e specializzati. Sono convinto che si
creerebbe anche un effetto di emulazione molto positivo.
La diagnosi della malattia è un altro aspetto critico per un paziente affetto da
patologia rara. E’ così?
La diagnosi della malattia è spesso tardiva e, a volte, sbagliata. Anche in questo
caso è fondamentale lavorare sulla rete dei laboratori di diagnosi e sulla loro
capacità di correlarsi con i centri di competenza. Per essere precisi si dovrebbe
parlare di un “tavolo a quattro gambe”: i laboratori di diagnosi, i centri di
competenza, il network per la ricerca e il mondo dell’assistenza sociale.
Quale deve essere il ruolo dell’associazionismo dei pazienti?
In Italia siamo poco presenti ai tavoli istituzionali e dobbiamo conquistare di
volta in volta il nostro spazio. E questo è sbagliato e poco lungimirante da parte
delle istituzioni poiché dovrebbero comprendere che nella medicina del futuro i
pazienti giocheranno un ruolo centrale e dovranno essere le istituzioni al servizio
dei bisogni dei pazienti. In sostanza, è la ricerca che deve essere al servizio dei
pazienti e non il contrario. Il nostro ruolo è rappresentare la costellazione di bisogni
di un paziente affetto da malattia rara che non si riduce certamente all’accesso
ai farmaci, ma passa dalla certificazione della malattia, alla cura, all’assistenza,
all’integrazione sociale. Le recenti intenzioni del prossimo programma quadro
sulla Ricerca in Europa chiamato “Horizon 2020”18 mette al centro la Ricerca
Scientifica sulle Malattie Rare per i prossimi 7 anni a partire dal 2014. Se il
Governo Italiano non prende al più presto una decisione politica di sostenere la
Comunità delle Malattie Rare formata al momento dalle Associazioni di Pazienti,
dalla comunità scientifica dedicata e da alcuni politici sensibili e solidali, rifiuta
di cogliere una grande opportunità di sviluppo, integrazione e crescita della
Nazione Italia e di tutta l’Europa. Credo che il nostro attuale Premier Prof. Mario
Monti non si farà sfuggire questa grande occasione o sfida. Mi auguro che
questo importante messaggio gli sia consegnato al più presto.
18 Programma quadro di ricerca e innovazione "Orizzonte 2020": http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.
do?uri=COM:2011:0808:FIN:it:PDF
40
Secondo lei le associazioni devono attrezzarsi per fornire servizi magari integrati
all’interno del SSN?
L’associazione dei pazienti ha un ruolo primario nel facilitare la condivisione delle
informazioni. Informazioni che riguardano la patologia, la storia naturale della
malattia. E questo compito lo deve svolgere al meglio. Poi è chiaro che esistono
associazioni strutturate per offrire servizi, altre che devono essere preparate per
farlo. Sarà necessario aiutare le associazioni più deboli o con poche risorse per
consentire loro di fornire ai loro associati un loro contributo fattivo.
Un’ultima riflessione sulla ricerca.
Secondo me è inutile il fondo nazionale di pochi milioni di Euro che poi deve
essere ripartito a livello regionale in proporzione al contributo delle Regioni.
Bisognerebbe andare nella direzione di costituire un Consorzio Nazionale sulla
ricerca per le Malattie Rare in grado di interagire e integrarsi con iniziative
europee sulla ricerca per le malattie rare.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Laboratori di diagnosi e centri di competenza
recentemente definito le caratteristiche dei centri di competenza (expertise
centres) che costituiranno i punti nodali nella rete europea di prossima
costituzione (European Reference Networks – ERN), ai quali l’Italia si dovrà
adeguare.
2. Comitato per le Regioni
di un progetto per la cooperazione sovranazionale.
3. Legge sulle Malattie Rare
cui è relatrice la Sen. Bianconi è un ottimo punto di partenza.
4. Ruolo delle Associazioni
istituzionali. E’ il momento di riflettere se e come cambiare questa
situazione.
5. Ricerca
ripartizione che privilegi i consorzi e la cooperazione internazionale.
41
Italia all’avanguardia nei registri
nazionali malattie rare e protagonista
nei progetti di ricerca europeiIntervista a Domenica Taruscio
Direttore Centro Nazionale Malattie Rare istituito, Istituto Superiore di Sanità (ISS)
L’intervista in tre punti
1. Registro Nazionale Malattie Rare: l’Italia tra i primi Paesi europei
a livello regionale. Oggi è stato condiviso un set comune di dati e siamo
all’avanguardia tra i Paesi europei.
2. Prevenzione Primaria
maggiormente favorito. Si possono diminuire le probabilità di insorgenza di
una patologia rara.
3. Sostenibilità dei progetti sulle malattie rare
procede con continui stop & go si rischia di vanificare ogni sforzo.
Quali sono il ruolo e la mission del Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR)
dell’ISS in tema di malattie rare? Quali sono in sintesi gli ambiti d’intervento e le
iniziative poste in essere fino ad oggi?
Il CNMR 19 svolge attività di ricerca, sorveglianza, consulenza e documentazione finalizzate alla prevenzione, diagnosi, trattamento, valutazione e controllo nel campo delle malattie rare e farmaci orfani. Il Centro contribuisce ad apportare nuove conoscenze scientifiche realizzando progetti di ricerca e collaborando, a livello nazionale ed internazionale, con numerose istituzioni e ricercatori; lo sviluppo ed il potenziamento del Registro nazionale e della rete delle malattie rare sul territorio nazionale sono ambiti d’intervento prioritari, così pure la formazione degli operatori e l’informazione ai cittadini ed ai pazienti.
Qualche accenno alla storia del CNMR.
L’Istituto Superiore di Sanità da molti anni rivolge molta attenzione e investe risorse per affrontare i temi relativi alle malattie rare (dalla ricerca sperimentale all’accesso ai servizi sanitari e sociali, alla qualità di vita dei pazienti e famigliari, ecc.). In particolare, dal 2001 con il Decreto Ministeriale 279 che istituiva la rete nazionale delle malattie rare, incluso il Registro nazionale, l’attività è stata rafforzata. Possiamo dire, dunque, che la nostra azione arriva da lontano. Gli obiettivi di allora erano molto chiari: istituire la rete prevenzione, diagnosi, trattamento per le malattie rare, realizzare un registro nazionale sulle malattie rare, fornire supporto alla definizione delle malattie rare e all’aggiornamento
dell’elenco di malattie contenuta nell’allegato 1 del Decreto 279/2001.
19 http://www.iss.it/cnmr/
42
Tra le missioni del CNMR c’è anche quella del supporto ai pazienti e alle loro
associazioni?
Siamo molto orgogliosi del lavoro che svolgiamo per l’empowerment dei pazienti
e delle loro associazioni. Con il diretto coinvolgimento delle associazioni
svolgiamo progetti di ricerca e realizziamo iniziative di formazione (es. corsi
di parent training). Un’importante azione collaborativa e sinergica con le
associazioni l’abbiamo realizzata con EUROPLAN (www.europlanproject.eu),
un ampio progetto finanziato dalla Commissione europea e coordinato dal
CNMR che promuove la realizzazione dei piani nazionali per le malattie rare
in tutti i Paesi europei. Infine, il “Telefono Verde Malattie Rare”20 nasce proprio
con l’obiettivo primario di fornire informazioni validate e aggiornate in primis ai
pazienti e famigliari e ovviamente a tutti coloro che accedono a questo servizio,
inclusi gli operatori sanitari e sociali. Attraverso il Telefono Verde è possibile
ricevere informazioni personalizzate, orientando la persona verso i presidi di
diagnosi e cura della Rete nazionale malattie rare, le associazioni dei pazienti
e la possibilità di esenzione delle malattie. Il Telefono Verde, attraverso queste
attività rivolte alla persona, mostra un sistema sanitario pronto ad accogliere i
pazienti e quindi ne riduce il senso di isolamento e infonde nel paziente fiducia
verso il sistema sanitario nazionale.
E’ stato appena pubblicato un Rapporto sul Registro nazionale Malattie Rare e i
Registri regionali/interregionali. Ci può sintetizzare i risultati?
Dati e informazioni più dettagliate possono essere, naturalmente, reperiti proprio
all’interno del Rapporto ISTISAN21 pubblicato nel novembre 2011. L’Italia è
l’unico Paese nel mondo dotato di un Registro Nazionale delle Malattie Rare
che viene alimentato dai Registri regionali ed interregionali. È stato un lavoro
davvero complicato sia per le Regioni che per il CNMR: individuare i punti di
raccolta dei dati, definire strumenti e modalità per l’invio e la gestione dei dati,
fino ad andare verso uno standard comune di elaborazione di questi dati. Dal
2001 in poi quindi è iniziata una collaborazione, tuttora in atto, con Regioni,
le quali nel corso di questi anni hanno completato l’istituzione dei loro registri.
Questa attività congiunta ha portato all’individuazione di un set di dati comuni
che alimenta il Registro nazionale. Ovviamente questo è un ottimo traguardo,
ma non basta, il Registro nazionale è uno strumento scientifico che per essere
utile e fornire indicazioni anche di sanità pubblica, va mantenuto costantemente
aggiornato e deve contenere dati di elevata qualità; è pertanto necessario un
impegno scientifico ed istituzionale costante.
Il CNMR, come ci accennava in precedenza, svolge anche un ruolo importante
nella definizione di ciò che può essere definita malattia rara.
Noi collaboriamo con il Ministro della Salute e con il Tavolo Tecnico Interregionale
sulle Malattie Rare nel definire un elenco di malattie rare che dovrebbe andare
ad aggiornare l’elenco dell’allegato 1 del Decreto 279/2001. I criteri condivisi
nel nostro Paese sono basati su prevalenza (5 casi su 10.000 abitanti), gravità,
cronicità, difficoltà diagnostica e sui costi che il paziente deve affrontare per
gestire la malattia. In conformità a questi criteri, dopo attenta analisi della
letteratura scientifica, elaboriamo una proposta che viene trasmessa al Ministero
della Salute. Peccato per la lista di patologie rare, sui cui noi avevamo lavorato
unitamente a molti altri esperti ed alle Regioni, che non ha mai visto una sua
attuazione benché fosse stata approvata dal DPCM del 2008.
20 http://www.iss.it/cnmr/telv/index.php?lang=1&tipo=2&anno=201221 http://www.iss.it/publ/rapp/cont.php?id=2529&lang=1&tipo=5&anno=2011)
43
Il CNMR svolge attività di promozione nell’ambito della prevenzione primaria
delle malattie rare con l’obiettivo di ridurre il rischio d’insorgenza della malattia.
Quali sono le iniziative in tal senso?
Il tema della prevenzione primaria è molto importante e andrebbe maggiormente
sviluppato e sostenuto, sia a livello di ricerca che promozione nella popolazione.
Porto come esempio l’acido folico. Da vari anni stiamo promuovendo un’attività
di sensibilizzazione per le donne che programmano una gravidanza: l’acido
folico abbatte del 70% il rischio di insorgenza di patologie come la spina bifida23.
Inoltre dal 2006 stiamo portando avanti un progetto di educazione alla salute
promosso in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti
e la Nutrizione e dalla Rete Sianet rivolto ai giovani di età adolescenziale al
fine di promuovere sani stili di vita, corrette abitudini alimentari e sensibilizzare
sull’importanza dei folati e della supplementazione con acido folico nel periodo
prima del concepimento24. Tutta questa attività avviene attraverso convegni,
corsi, iniziative svolte nell’ambito delle attività del Network Italiano Promozione
Acido Folico nonché attraverso l’elaborazione di specifici opuscoli informativi
rivolti anche alle minoranze etnico-linguistiche presenti in Italia e pertanto tradotti
in 10 lingue straniere25.
Un altro aspetto di rilievo riguarda la diagnosi precoce delle malattie rare. In
Italia gli screening neonatali non sono promossi, per mancanza di fondi. Quali
potrebbero essere i possibili interventi a livello nazionale?
Il tema dello screening neonatale è molto complesso perché riguarda temi
inerenti appropriatezza, eticità ed efficacia. Grazie allo studio commissionato
dalla Commissione europea e coordinato dal CNMR, sulla situazione attuale
dello screening neonatale in Europa e sulle prospettive di armonizzazione delle
decisioni nazionali, abbiamo portato al vaglio della Commissione Europea alcune
proposte per ridurre l’attuale eterogeneità nel quadro delle malattie sottoposte
a screening nei paesi dell’Unione Europea. Appare comunque evidente che
l’inclusione di nuove malattie nei programmi di screening neonatale deve
essere decisa con molta cautela ed equilibrio e non sempre è evidente il reale
beneficio rispetto ai rischi di cattivo uso delle informazioni ottenute. Stiamo
quindi lavorando con il Ministero della salute (CCM) e le Regioni per definire
criteri e procedure da applicare sul territorio nazionale e migliorare l’uniformità
dell’offerta e della qualità dello screening neonatale in Italia.
Molteplici sono le attività a livello internazionale del Centro Nazionale Malattie
Rare. Quali nello specifico le iniziative ed i progetti europei avviati? Quali le
possibili proposte future?
I progetti sono numerosi e il CNMR svolge un ruolo di primo piano in grande parte
di essi. Il Centro coordina numerosi progetti europei, posso citare EUROPLAN26,
EPIRARE27, Nephird28, il recente progetto RARE-Bestpractices, partecipa
alla realizzazione di E-RARE29, RD-Connect, ADVANCE-HTA. E’ membro di
ICORD30, EUCERD31, del Consorzio Internazionale per la Ricerca sulle malattie
rare (IRDiRC), collabora con la Commissione europea, con tutti i Paesi europei,
con l’Office for Rare Diseases Research32 al National Institute of Health (NIH,US)
e analoghe istituzioni australiane, neozelandesi, sudamericane e russe.
23 http://www.iss.it/binary/publ/cont/11_C6.pdf24 http://www.iss.it/acid/25 http://www.iss.it/binary/acid2/cont/acido_folico_72.pdf26 http://www.europlanproject.eu/Home.aspx27 http://www.epirare.eu/
28 http://www.iss.it/neph/29 http://www.e-rare.eu/30 http://icord.se/main-menu/conferences 31 http://www.eucerd.eu/32 http://rarediseases.info.nih.gov/Default.aspx
44
La sfida alle malattie rare si vince con la collaborazione internazionale e quindi
la nostra presenza in questi progetti è davvero fondamentale. Voglio ricordare
nello specifico che la collaborazione bilaterale ISS-NIH (nell’ambito dell’accordo
Italia-USA) sulle malattie rare ha visto attivarsi 54 progetti di ricerca nel primo
anno e 50 nel secondo su temi della patogenesi delle malattie e i meccanismi di
azione delle patologie rare.
Le chiedo un’ultima riflessione sulla sostenibilità degli interventi sulle Malattie
Rare e la necessità di finanziamenti.
La situazione economica attuale è ovviamente molto critica non solo nel nostro
Paese, ma in tutta Europa. La generalizzata ristrettezza di risorse si fa sentire
anche nell’ambito delle ricerche e degli interventi sulle malattie rare. In questo
forse piu’ che in altri settori, per ottenere risultati tangibili è necessario un
investimento di risorse con una certa continuità nel tempo e certamente se si
procede con continui stop & go si rischia di vanificare molti sforzi. E’ necessario
pensare a nuove e piu’ stabili forme di collaborazione, vanno sicuramente
meglio sviluppate e sostenute, a livello istituzionale ed economico, le reti di
ricerca internazionali e globali come il Consorzio Internazionale per la Ricerca
sulle malattie rare (http://ec.europa.eu/research/health/medical-research/rare-
diseases/irdirc_en.html ) e quelle di co-operazione a livello nazionale ed europeo
per la diagnosi e la cura.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Prevenzione Primaria e Secondaria
E’ necessario per gli stakeholder riflettere su come promuoverle.
2. Screening Neonatale
A livello regionale si presentano situazioni molto diverse a scapito dell’equità
degli interventi che investa i seguenti ambiti: formazione continua degli
operatori, definizione delle procedure operative, definizione dei processi
assistenziali di presa in carico, informazione e comunicazione alle famiglie.
3. Politiche di Finanziamento della Ricerca
pensare a nuovi finanziamenti per la ricerca. La ricerca sulle malattie rare
richiede però tempi lunghi, obiettivo prioritario è mantenere gli attuali
finanziamenti. Andrebbe esplorata anche la possibilità di estendere le
partnership pubblico privato.
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L’Italia è in linea con gli standard
sui tempi di accesso al farmaco. La
sfida è mantenere sostenibile nel
tempo il sistema sulle malattie rare. Intervista a Paolo Siviero
Responsabile Ufficio Centro Studi presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)
L’intervista in tre punti
1. Accesso al farmaco
qualche ritardo a livello di Regioni.
2. Coordinamento politiche europee sui farmaci
rimborsabilità del farmaco, difficile farlo anche per quanto riguarda i prezzi.
3. Sostenibilità
centrale. Si deve pensare a sistemi di rimborsabilità incentrati sulle terapie
più che sul farmaco.
In Italia il tema dell’accesso alle terapie per la cura delle malattie rare è ancora
difficoltoso e caratterizzato da ritardi e disomogeneità regionali. Quali sono le
possibili soluzioni per risolvere queste difficoltà?
Non sono d’accordo sul fatto che l’accesso sia caratterizzato da ritardi e
difficoltà. L’Italia non è il fanalino di coda a livello europeo e gli strumenti che
abbiamo, sia per consentire l’accesso ad indicazioni terapeutiche approvate
che non approvate, sono molto efficaci. Infatti, l’80% delle indicazioni approvate
dall’Agenzia dei Medicinali Europea (EMA) sono state approvate anche in Italia,
per il restante 20% stiamo parlando di medicinali in corso di registrazione o di
medicinali per cui l’industria non ha ancora fatto domanda di registrazione.
E per quando riguarda i tempi di registrazione? Industria e associazioni dei
pazienti lamentano ritardi.
I numeri sono chiari: i tempi medi sono inferiori ai 180 giorni, che poi è il limite
di legge. A livello regionale assistiamo a tempi di registrazione più disomogenei
con punte sino a 230 giorni. Peraltro tale disomogeneità è dovuta anche al fatto
che la distribuzione dei pazienti affetti da malattie rare è a macchia di leopardo.
L’analisi di eventuali ritardi, quindi, dovrebbe essere specifica e puntuale. Parlare
di medie, in questo caso, rischia di essere fuorviante.
46
Che cosa pensa a proposito dell’attuazione di strumenti preregistrativi (riferimento
alla Legge 648 del 2006 che consente di erogare a carico del S.S.N., quando
non vi è alternativa terapeutica valida) come possibile soluzione per accelerare la
disponibilità del farmaco?
La 648 è un modello, a mio avviso, più che sufficiente. Si deve lavorare sugli
eventuali abusi. E’ necessaria una revisione complessiva della legge con una
rivalutazione delle risorse e dei costi dei farmaci compresi nella stessa lista.
E’ emersa più volte l’importanza di intraprendere, in tema di malattie rare, politiche
condivise a livello comunitario (tra l’Italia e l’Europa) per rendere sostenibili le
terapie per la cura delle malattie rare. Cosa ne pensa in proposito? Quali iniziative
si possono mettere in campo?
In tema di autorizzazione dei farmaci orfani il dibattito internazionale è vivo, e
l’AIFA è certamente uno degli attori più attivi. Dobbiamo dire che i farmaci orfani
godono comunque già di percorsi agevolati con criteri di valutazione semplificati.
E tali percorsi sono condivisi a livello internazionale. Il dibattito sulla fase di
definizione dei criteri di rimborsabilità e di prezzo è altrettanto articolato, ma di
più difficile omogeneizzazione.
Possiamo specificare meglio questo punto?
Ad esempio la definizione di un prezzo per un farmaco orfano è molto complicata
per il numero limitato di evidenze e di comparazioni con altri farmaci e terapie
alternative. Vi è certamente una condivisione tra best practice a livello europeo
e un’ottima circolazione delle informazioni, ma poi vi sono specificità all’interno
dei diversi sistemi sanitari nazionali che vanno tenute in conto. Guardiamo,
comunque, con interesse al progetto CAVOD che potrebbe portare ad un dossier
di approvazione unico. Crediamo che sia un progetto che possa funzionare in
generale sui criteri di rimborsabilità, meno sul tema del prezzo.
Che poi ci porta dritto alle valutazioni sulla sostenibilità di certi modelli.
Sì, esatto. Il tema della sostenibilità di lungo periodo è centrale. Noi stiamo
lavorando con sistemi di rimborsabilità centrati sui risultati misurabili della terapia
piuttosto che sul farmaco. Ad esempio, ci sono terapie geniche, molto costose,
che dopo un paio di somministrazioni, per anni, non sono più necessarie. Questo
cambio di mentalità è davvero una sfida stimolante. Ci siamo dati un orizzonte
temporale di due anni.
Il tema della sostenibilità è legato anche al “perimetro” che si vuole scegliere per
le malattie rare e i farmaci orfani
Non è sempre facile definire cosa sia “orfano”, forse si dovrebbe distinguere
tra realmente orfano e ciò che è una stratificazione della patologia, penso
ad esempio all’oncologia. Abbiamo portato questa nostra riflessione a livello
Europeo (all’interno del progetto voluto dal Commissario Antonio Tajani)33, ma
per ora non ci sembra ci sia terreno per modificare le attuali definizioni.
33 Progetto Mechanism of coordinated access to orphan medicinal products
47
Lei più volte, durante interventi pubblici, ha parlato di andare oltre i “silos” della
spesa farmaceutica e spesa sanitaria.
Non ragionare per “silos” ci permetterebbe di intercettare i benefici in termini
di riduzione dei costi sociali. Certo non è semplice, ma è una strada che dovrà
essere percorsa.
Qual è lo stato dell’arte del fondo per i farmaci orfani?
In questi anni è stato utilizzato in modo sempre più efficace il Fondo Farmaci
Orfani che, ricordo, è alimentato dal 5% del fondo costituito dalle spese
promozionali delle aziende farmaceutiche (legge 326/03). Si stanno per adottare
linee più precise per il suo utilizzo e, nel 2011, per la prima volta tutte le Regioni
hanno avanzato richieste e non si è riusciti a coprirle tutte.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Accesso al farmaco
rimane un tema centrale che andrebbe continuamente monitorato e, dove
possibile, migliorato.
2. Fondo Farmaci Orfani
capienza dovrebbe essere oggetto di discussione.
3. Criteri di rimborsabilità per terapia e non per farmaco
supporto normativo.
48
L’empowerment è al centro
dell’azione dell’Agenas e pilastro
importante nella lotta contro le
malattie rareIntervista a Fulvio MoiranoDirettore dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (Age.Na.S)
L’intervista in tre punti
1. Condivisione delle esperienze
servizi sanitari regionali. E’ un pre-requisito su cui non si può fallire.
2. Lavorare sulla qualità e sicurezza dei pazienti
sanitari (ad esempio, tempi di attesa, health technology assessment, risk
management, spesa sanitaria, ecc.).
3. Empowerment
dall’Agenas, rappresenta un importante modello d’intervento.
Dr. Moirano entro il 2013 l’Italia è chiamata a presentare alla Commissione Europa
il piano nazionale sulle malattie rare.
Secondo la Raccomandazione Europea del 2009, entro il 2013 gli Stati
dell’Unione Europea sono tenuti a: adottare i piani nazionali sulle patologie rare;
indicare i centri nazionali e regionali specializzati per le cure; far sì che questi
centri possano diventare centri per lo scambio d’informazioni con altri centri
europei; e promuovere strategie per la diffusione e la mobilitazione di esperienze
e conoscenze in modo da facilitare i trattamenti dei pazienti.
Qual è il ruolo dell’Agenas per raggiungere questi obiettivi?
La promozione di strategie per la diffusione di esperienze riveste un particolare
interesse per l’Agenzia Nazionale per i servizi regionali sanitari. Agenas è,
infatti, un organo del Servizio Sanitario Nazionale che offre supporto tecnico-
scientifico alle politiche per la salute, condivise da Stato e Regioni. Una degli
ambiti su cui lavoriamo è il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti
(ad esempio, tempi di attesa, health technology assessment, risk management,
spesa sanitaria, ecc.).
49
L’empowerment dei pazienti è uno dei temi centrali della vostra azione.
Sin dalla Dichiarazione di Alma Ata (1978)34, l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) invita i Paesi membri ad assumere responsabilità rispetto alla promozione
dell’empowerment, riconosciuto quale elemento di fondamentale importanza
per l’equità, la qualità e la sostenibilità dei sistemi sanitari ed in particolar modo
dei sistemi sanitari di tipo universalistico. Nel 2007 la Conferenza Unificata Stato
Regioni ha recepito le indicazioni dell’OMS, assegnando all’Agenas un esplicito
mandato sui temi dell’empowerment.
Quali sono le iniziative che avete sviluppato?
L’Agenzia ha implementato il Ciclo delle buone pratiche per l’empowerment
(CBPE). Il CBPE rappresenta un modello d’intervento e miglioramento costituito
da una serie di azioni ricorsive che vanno dal “Condividere valori, modelli
e strumenti”, al “Rilevare esperienze significative”, al “Trasferire saperi” per
“Promuovere azioni”: un modello ispirato ai principi del knowledge network 35 e
alle teorie della diffusione delle innovazioni.
Avete anche sviluppato un gruppo interregionale sull’empowerment?
Sì abbiamo promosso la costituzione di un Gruppo interregionale permanente
sull’empowerment, con il quale, per ciascuna delle azioni componenti il CBPE,
è stato individuato e condiviso un set di strumenti di monitoraggio sulle
esperienze nazionali di empowerment, costituito un data base online36 in cui
sono raccolte 71 esperienze regionali e abbiamo attivato una rete volta a favorire
la realizzazione ed il trasferimento interregionale delle buone pratiche (attraverso
specifici progetti di ricerca sanitaria).
Quali sono i progetti per i prossimi anni?
Il progetto europeo Europlan, nel workshop sull’Empowerment, ha rilevato alcune
criticità, per cui l’impegno dell’Agenas per il futuro è di continuare a sostenere la
strategia di trasformazione del CBPE supportando la rilevazione e la diffusione
delle buone pratiche. Per ottenere i risultati voluti si deve comunque lavorare
per migliorare l’attuale sistema di rete e di collaborazione, e tale modello potrà
essere di supporto al coordinamento delle reti italiane per le Malattie Rare.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Coordinamento tra i sistemi regionali
sanitari è centrale. Quale il ruolo di coordinamento a livello centrale? Come
rinforzare i sistemi di indirizzo?
2. Empowerment
dell’empowerment?
34 http://www.assimefac.it/old/articoli/dichalmaata.pdf35 Nonaka I. and Takeuchi H. (1995), The knowledge-creating company: how Japanese companies create the
dynamics of innovation. New York, Oxford University Press.36 http://www.agenas.it/database_empowerment.htm
50
Clinical Trials, Data Protection,
CAVOD e Prior Authorization per i
pazienti affetti da patologie rare, i
primi progetti su cui intervenire. Intervista a Flaminia MacchiaEuropean Pubblic Affairs Director di EURORDIS
L’intervista in tre punti
1. Clinical Trials
disponibili e, per giunta, spesso frammentati. Si dovrebbe migliorare la
Clinical Trials Directive del 2001.
2. Prior Authorization
Authorization: avrebbero così un percorso facilitato in caso di necessità di
diagnosi in un qualsiasi centro di competenza a livello europeo.
3. Data Protection
data sharing sia a livello
nazionale che sovra-nazionale creando una sorta di “clinical map” dei dati.
Nell’ambito delle iniziative messe in campo dalla Commissione Europea,
particolare attenzione è rivolta alla Direttiva sui Clinical Trials in merito ai
farmaci orfani. Qual è lo stato dell’arte e quali sono i prossimi sviluppi in questo
ambito?
Il problema più rilevante nei Clinical Trials sulle malattie rare è la scarsità di dati
disponibili, infatti si hanno pochi studi e i pochi dati sono dispersi tra diversi
centri dei Paesi membri. E’ evidente che la frammentazione dei dati crea delle
difficoltà nello sviluppo dei farmaci. A tal proposito la Clinical Trials Directive37
del 2001 andrebbe migliorata nella direzione di una maggiore condivisione dei
dati disponibili. I criteri dei Clinical Trials per i farmaci orfani devono avere un
percorso ad hoc rispetto alle altre tipologie di malattie (quelle non rare) che
“godono” di maggiori informazioni disponibili.
C’è anche un tema di disomogeneità dei Comitati Etici nei diversi Paesi?
È un tema su cui Eurordis ha preso una posizione fortemente critica. Infatti, la
presenza e la composizione di questi Comitati varia da Paese a Paese e quindi
per quanto riguarda la possibilità di acquisire risultati scientifici certi c’è il rischio
che alcuni Comitati in certi Paesi adottino politiche differenti rispetto ad altri, a
fronte di una stessa evidenza scientifica. Per Eurordis sarebbe importante riuscire
ad armonizzare i criteri di valutazione per ottenere una decisione condivisa e
uniforme. 37 http://ec.europa.eu/health/human-use/clinical-trials/index_en.htm
51
Altro aspetto fondamentale è la revisione della Direttiva sui Data Protection per
la parte che riguarda i Registri dei pazienti affetti da patologie rare. Quali sono le
misure messe in atto a tutela dei pazienti?
Anche su questo punto la Direttiva UE sui Data Protection andrebbe rivista.
Il problema fondamentale è la ricerca dell’equilibrio tra la protezione dei dati
personali (privacy) e la condivisione delle informazioni (data sharing). Da un
punto di vista scientifico, per fare progressi è necessario che i dati vengano
condivisi, ma tutelando la privacy del paziente. La Commissione ha, per ora, un
atteggiamento restrittivo su questo aspetto, privilegiando la privacy.
Quali sono le proposte di Eurordis?
Noi siamo favorevoli ad attuare politiche di data sharing sia a livello nazionale
che sovra-nazionale. La definizione degli European Reference Network, sotto il
profilo della clinical map, rappresenta un importante punto di partenza.
Un tema fondamentale è rappresentato dal Cross Board Health Care, ossia dei
diritti dei pazienti di andarsi a far curare in altri Paesi differenti da quello di origine.
Com’è gestito a livello Europeo il tema della mobilità dei pazienti?
Il tema della mobilità dei pazienti a livello europeo è la vera “patata bollente”
tra i provvedimenti europei dedicati alla salute. La problematica dei servizi della
salute fu inserita nella Direttiva Bolkenstein sulla mobilità dei servizi in Europa,
equiparando i servizi sanitari ad altre tipologie di prestazioni. Cioè, si misero
sullo stesso piano consumatori e pazienti.
Qual è la posizione di Eurordis?
Prima di tutto i pazienti non sono uguali ai consumatori e l’assistenza sanitaria
prevede una third party (Servizio Sanitario Nazionale) che rimborsa tutto o
parte del farmaco o terapia. Secondariamente occorre non solo distinguere tra
prestazioni sanitarie per le quali si fa più ricorso all’assistenza oltre frontiera
(tipo dentistica o chirurgia estetica) e le cure per malattie rare; quindi conviene
ottenere il riconoscimento della cosiddetta “Rare desease exception” per
rimuovere le difficoltà di mobilità dei pazienti affetti dalle malattie rare. Per
Eurordis è importante distinguere il paziente delle malattie rare dal “turista” della
salute.
Avete in mente qualche strumento specifico?
In questo ambito, un’iniziativa di grande interesse sarebbe l’istituzione di
una “Prior Authorization” dedicata alle malattie rare, concessa da un clinico
competente: il paziente di malattie rare deve avere un percorso facilitato se ha
bisogno di una diagnosi in un altro centro di eccellenza. Ovviamente è necessario
rimanere nell’ambito della gestione della mobilità transfrontaliera dei pazienti.
Progetto ambizioso, ma immaginiamo non manchino i problemi.
Sono di due tipi. Il primo è che le amministrazioni nazionali, che devono giudicare
se un paziente con malattia rara può avere questa “Prior Authorization”, non
sono abitualmente in grado di giudicare la gravità della patologia e l’idoneità
del paziente, perchè non sono esperte di malattie rare. Il secondo è che gli Stati
52
membri sono tendenzialmente “freddi” verso i flussi di pazienti da altri Paesi; c’è
molto timore per un aggravio delle spese che andrebbero a pesare sui sistemi
sanitari nazionali. Peraltro, il testo del Consiglio Europeo sulla mobilità europea
dei pazienti è a tratti ambiguo, lasciando ai singoli Paesi molti poteri di scelta.
L’European Reference Network è comunque un’opportunità straordinaria per
offrire un’assistenza sanitaria più efficace ai cittadini europei. Poiché ci sono
7.000 malattie rare censite, è impossibile che un Paese possa avere una
copertura totale dei centri di cura. Quindi l’efficacia delle cure passa attraverso
una distribuzione di centri di cura a livello europeo. Ora dovranno essere i singoli
Stati membri a dover agire presso le istituzioni competenti (Ministero della
Salute, etc).
La Commissione Europea ha avanzato una proposta per la creazione di un
Gruppo di lavoro che collabori sulla valutazione scientifica del valore aggiunto
dei farmaci orfani (Common Assessment of the Clinical Added Value of Orphan
Drugs – cosiddetto CAVOD), finalizzato a facilitare le decisioni sui costi e rimborsi
dei medicinali orfani.
Il CAVOD è una proposta di Eurordis38 che è stata concettualmente adottata ma
non ancora implementata. Si basa sulla constatazione che ci sono spaventosi
ritardi nella commercializzazione dei farmaci orfani (secondo la legge non
dovrebbero passare più di novanta giorni dall’autorizzazione). Il motivo di questo
ritardo è dato dai tempi lunghi di decisione sul “pricing and reimbursement”
da parte delle Autorità nazionali. Poiché non si può definire un prezzo a livello
europeo (a causa delle sovranità nazionali), Eurordis propone di creare un
meccanismo di valutazione comune a livello centrale (Europeo) per dare ad ogni
autorità nazionale delle indicazioni sul valore aggiunto clinico dei farmaci orfani
per accorciare i tempi d’immissione in commercio di un farmaco orfano.
Se è dunque realizzabile una politica comune, quali sono le azioni previste ed il
timing?
La Commissione Europea per accogliere questa proposta di Eurordis ha fatto una
gara per una consulenza vinta dalla società Ernst & Young. L’E&Y ha prodotto e
pubblicato un report - piuttosto complesso nelle sue argomentazioni - che tuttavia
conferma l’utilità di adottare questo meccanismo. La Commissione Europea ha
adesso l’onere di prendere una posizione su questo report e conseguentemente
implementare il meccanismo proposto.
Infine, tra le politiche europee messe in campo per ridare una speranza a molte
persone colpite da malattie rare, che ruolo hanno la donazione e il trapianto di
organi? Rientrano tra le principali opzioni terapeutiche? Quali sono le altre?
Per le persone affette da malattie rare le opzioni terapeutiche principali sono
gli orphan drugs, le advanced medicinal products (terapia genica e/o cellulare),
le paediatric drugs e la donazione e trapianti di organi. Per quanto riguarda i
trapianti, solo in alcune malattie rare hanno un beneficio duraturo (fibrosi cistica).
Per la maggior parte delle malattie rare non si hanno abbastanza informazioni che
indichino dove i trapianti possono ottenere tali benefici e quindi spesso i pazienti
di malattie genetiche sono discriminati dai Servizi sanitari nell’assegnazione di
organi.
38 http://www.eurordis.org/IMG/pdf/49-1_PT-_uploaded_to_1295_site_251109_Position_PaperCAVOD_2009.pdf
53
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Data protection
anche in Italia insieme al Garante della Privacy.
2. Prior Authorization
pazienti affetti da malattie rare?
3. CAVOD
le azioni che possono essere implementate per renderlo efficace il prima
possibile?
54
La politica di intervento sulle
malattie rare nell’organizzazione
sanitaria regionale in ItaliaIntervista a Paola FacchinResponsabile Coordinamento Malattie Rare della Regione Veneto
Coordinamento tavolo tecnico permanente interregionale sulle Malattie Rare
L’intervista in tre punti
1. Coordinarsi a livello regionale
raggiungimento di migliori risultati.
2. Le malattie rare sono un problema complesso e di difficile gestione
servono e dove collocarli
non si esauriscono con la terapia (riabilitazione, inserimento sociale, etc.)
3. Monitoraggio e Appropriatezza
definire l’appropriatezza prescrittiva e organizzativa.
Dal suo punto di osservazione, quello della Conferenza Stato Regioni, qual è lo
stato dell’arte della implementazione degli strumenti di governo delle malattie rare:
reti, identificazione dei centri accreditati, dei servizi, dei percorsi assistenziali?
Il “mondo” delle malattie rare è molto complesso e l’informazione è vasta
e disomogenea, a volte rispondente più a percezioni che a dati di fatto.
Frequentemente ci si lamenta della insufficienza o assenza di azioni intraprese:
in realtà in tutte le Regioni sono state prese importanti iniziative programmatorie
per creare reti di assistenza per le malattie rare. Queste iniziative hanno dato
origine alla identificazione formale di rete di presidi accreditati, in molte Regioni
a specifici monitoraggi o sistemi informativi, in altre, alla definizione di percorsi
assistenziali per particolari malattie rare. In alcuni casi queste azioni hanno
prodotto risultati tangibili di grande rilievo apertamente riconosciuti anche dalle
associazioni di utenza, in altri questi risultati sono stati meno evidenti, in altri
sussistono elementi carenziali. Bisogna riconoscere che agire sulle malattie rare
vuol dire riutilizzare per le malattie rare le risorse e le strutture che già esistono
e fanno parte dei sistemi sanitari regionali: laddove questi sistemi sono più
deficitari o presentano empasse organizzative o qualitative, anche le risposte
per le malattie rare risultano complessivamente di peggiore qualità.
55
Partiamo dunque dai dati di fatto e dalla storia di questi dieci anni di lavoro.
Il Decreto Ministeriale 279/2001 è stato l’intervento legislativo che ha dato inizio,
in Italia, al lavoro sulle malattie rare. Di lì a poco, però, la riforma del titolo V
della Costituzione ha dato molta autonomia alle Regioni e, quindi, si è partiti
in modo disomogeneo nella costruzione delle reti di assistenza. Peraltro, lo
stesso Decreto lasciava spazio a interpretazioni e ambiguità ad esempio sui
centri di competenza, sul loro ruolo, sulla loro organizzazione, o sulla necessità
di definire i livelli di esenzione più o meno ampi rispetto ai Lea. In altre parole, si
discuteva sulla necessità di individuare un perimetro di esenzione per tutto ciò
che serve a modificare la storia naturale della malattia e che va oltre la puntuale
identificazione di farmaci, esami, presidi, etc.
E’ stata una partenza difficile?
Le Regioni partivano da situazioni diverse e poi non vi erano nemmeno esempi a
livello europeo da imitare. La Francia, in quegli anni, stava sviluppando un modello
molto accentrato (un solo ospedale avrebbe dovuto curare le malattie rare di
tutta la Francia), non utile per la nostra situazione. Noi, a livello regionale, siamo
partiti cercando di capire che cosa dovesse essere un centro di competenza.
Eravamo nel 2001. Eucerd sta provando a dare una definizione univoca solo in
questi anni.
Il dibattito era aperto allora, come lo è oggi. Molte le domande. Faccio un
esempio: i centri di competenza s’intendono per singola malattia o per gruppo
di malattie omogenee? E poi come si dovrebbe definire ciò che è omogeneo?
EUCERD ha definito centri d’eccellenza quelli nei quali sono disponibili tutte le
specialità e i livelli di complessità necessari a rispondere a qualsiasi esigenza
(genetica, cure palliative, riabilitazione, etc). Eppure lo stesso EUCERD considera
che in alcune piccole aree il “Centro” può essere rappresentato anche da un
solo professionista. Ciò dimostra quanto diversi possano essere i modelli:
ad esempio il Piemonte ha deciso di puntare su una rete diffusa, il Veneto ha
scelto di individuare come presidi accreditati delle Unità Funzionali, a loro volta,
costituite da unità operative diverse che non necessariamente coinvolgono lo
stesso ospedale.
Vi era poi un problema legato all’accreditamento?
All’inizio si trattava di candidature spontanee e i dati venivano trasmessi dai
direttori generali alle Regioni. Si trattava di un processo che necessitava di
essere raffinato. Nella Regione Veneto si è voluta osservare anche l’attrattività
dei centri per i pazienti, ovvero la concentrazione dei pazienti stessi, ai loro
comportamenti migratori. Per tale motivo si è ricorso ad un metodo pilastro
della teoria dei graphi, ovvero i modelli semi-markoviani applicati su 13 milioni
di accessi ospedalieri avvenuti in tre anni tra Veneto, Friuli VG, Trento e Bolzano,
si sono selezionati i pazienti affetti da malattie rare e ricostruito il loro percorso
tra i servizi e il loro concentrarsi in alcuni di essi. In questa maniera si è arrivati in
modo oggettivo a stabilire un’efficace organizzazione della rete.
56
Rispetto alla codifica di una malattia rara, qual è la sua posizione?
Determinare cosa sia raro e cosa no è un altro dei grandi temi delle malattie rare perché la compilazione di una lista significa definire quali sono i diritti esigibili per i pazienti. Però si deve capire che è un sistema dinamico. Oggi c’è una Joint Action costituita da Unione Europea e OMS con l’obiettivo di lavorare alla nuova classificazione ICD1139. Non c’è consenso attorno alla definizione di malattia come unità nosologica, come livello di dettaglio rispetto al profilo fenotipico di una condizione e da questo punto di vista, le esigenze di Sanità Pubblica (dati aggregati) sono diverse da quelle della Ricerca (maggiore dettaglio possibile). In Italia dobbiamo ancora adottare la classificazione ICD10, per quanto attiene l’attività ospedaliera, ora utilizziamo l’ ICD9-CM. È fondamentale poter monitorare l’impatto dei malati rari nel sistema dei servizi attraverso una classificazione che consideri anche specificamente le malattie rare: il nuovo ICD11 inserirà circa 3.000 ulteriori malattie rare rispetto all’attuale ICD10.
E l’organizzazione della rete non può prescindere dalla codifica delle malattie rare.
Esatto. Dalla lista delle malattie discende il numero dei pazienti ed esso costituisce il moltiplicatore di ogni azione: per sapere di quante risorse abbiamo bisogno è imprescindibile conoscere il numero di pazienti. Inoltre studiando e monitorando i loro movimenti nei servizi possiamo selezionare quelli che oggettivamente hanno maggior esperienza nel loro trattamento. Questo è il procedimento che abbiamo seguito per individuare i centri di riferimento come ho già detto utilizzando modelli semi markoviani.
Oggi questo modello non è solo del Veneto, indice dunque di un certo successo di questa impostazione?
Oltre alle Regioni che ho citato, anche altre ad esempio la Liguria ha adottato questo modello. Ciò che è importante sottolineare peraltro è che la rete delle malattie rare non è costituita solo dai centri accreditati, ma anche dall’attività delle reti di assistenza ospedaliera e territoriale operanti laddove la persona con malattia rara vive. È questa la soluzione vincente e in questa soluzione il sistema informativo ha un ruolo strategico. Attualmente la stessa visione è condivisa oltre che dal Veneto e le Regioni prima citate dell’Area Vasta anche Liguria, Emilia Romagna e recentemente anche Puglia e Campania. Bisogna poi dire che le situazioni cambiano e gli accreditamenti dei centri dovrebbero essere rivisti periodicamente.
Alla base di tutto c’è stato un duro lavoro di monitoraggio?
Per il Veneto e altre Regioni il monitoraggio è oggi elemento di pianificazione della presa in carico per diagnosi, trattamento e riabilitazione. L’obiettivo è realizzare dei servizi secondo un approccio multidisciplinare che funzioni a matrice per coniugare gestione della malattia e bisogni di assistenza.
Qual è la sua opinione sul Registro Nazionale delle Malattie Rare?
L’Italia è all’avanguardia. Peraltro, la presenza di un doppio livello, regionale e nazionale, permette da un lato di utilizzare il registro regionale per una programmazione puntuale sul territorio e dall’altro di utilizzare il registro nazionale per una governance più ampia dal centro.
39 ICD: International Classification of Diseases.L’11a revisione prevista entro il 2015
57
Quali i prossimi passi?
Migliorare ulteriormente i servizi informativi. Sempre più regioni, anche al sud,
hanno messo in rete e collegati tra loro Registro Malattie Rare e procedura
di certificazione per l’esenzione. disponibile per ogni struttura ospedaliera.
Per realizzare il lavoro in rete dei professionisti, le Regioni hanno costituito
gruppi di lavoro per la stesura di linee guida per ogni area terapeutica, fino alla
condivisione dei piani terapeutici prescritti dai centri di competenza che poi
si rendono effettivamente operativi ed esigibili nelle strutture sanitarie in cui il
paziente continua la cura. Oggi Veneto, Provincia di Trento e Bolzano, Emilia-
Romagna, Liguria e da poco Campania e Puglia condividono lo stesso sistema
informativo. Quindi abbiamo protocolli clinici condivisi, valutazioni condivise
su efficacia e insostituibilità, modelli di integrazione rispetto ai LEA (farmaci di
fascia C, farmaci esteri, etc.).
Questo lavoro di continua condivisione garantisce anche livelli maggiori di
appropriatezza?
È esattamente l’obiettivo e la grande sfida dei prossimi anni. Dobbiamo recuperare
in appropriatezza per liberare nuove risorse economiche e permettere di investire
in nuove cure. Questo sistema di discussione online sui percorsi terapeutici
permette la condivisione delle esperienze da cui discendono concreti atti
amministrativi, delibere di giunta, che governano il sistema sanitario regionale.
Quali sono le principali difficoltà da affrontare dopo questi risultati straordinari?
Il tema delle malattie rare è effettivamente difficile per la sua stessa natura e
perché comunque si compenetra all’interno di un SSN che già esiste e che non
sempre funziona al meglio. Gli stessi LEA sono pensati per i “più” e non per i
“meno”, cioè per i pazienti affetti da malattie rare. I LEA parlano dei farmaci di
fascia A e di fascia H, ma i malati rari hanno bisogno di molti farmaci di fascia C.
Inoltre, ai farmaci off label spesso mancano le indicazioni per le mattie rare, e ciò
implica che non siano rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale.
Sarebbe quindi necessaria una legge organica sul tema delle malattie rare?
Abbiamo creduto in tanti che i disegni di legge depositati in Commissione al
Senato, legge “Bianconi”, o alla Camera, legge “Bocciardo” potessero essere
la risposta. Il tavolo tecnico interregionale permanente sulle malattie rare ha
predisposto emendamenti che io ritengo di molto migliorativi e pertanto spero
che questo provvedimento, anche utilizzando elementi presenti nella proposta
Bocciardo, possa riprendere presto il suo iter. Però, credo che il vero tema non
sia tanto una nuova legge quanto la sua applicazione. Una legge deve penetrare
nella prassi di tutti i giorni, sennò è inutile.
Qual è la sua posizione sugli screening neonatali?
Posso constatare che in Europa ci sono posizioni diverse e anche recentemente
si è deciso di mantenere limitato il numero degli screening. A parte l’Austria
e parzialmente la Germania, tutti gli altri hanno una posizione prudente. Non
siamo sicuri di come lo screening possa migliorare la storia di malattie per le quali
non esiste attualmente un approccio terapeutico se non sintomatico. Per altre
patologie dove esistono terapie, come ad esempio le lisosomiali, a volte sono
58
state utilizzate solo in pazienti adulti o pediatrici e mai nei neonati. Possiamo
usarle? Con che effetti collaterali, con che efficacia nel prevenire i sintomi? Se
ci sono evidenti vantaggi, qual è l’organizzazione più adeguata per sfruttarli al
meglio, garantirli a tutti i possibili beneficiari e ridurre al minimo gli svantaggi per
gli altri? Il lavoro deve essere scientifico e non emozionale.
Infine, nel 2013 dobbiamo presentare alla Commissione Europea il nostro Piano
Nazionale sulle malattie rare. Che ne pensa?
Che forse cade nel momento più sbagliato. È un periodo dove mancano le
risorse economiche e il piano rischia di risentirne. Comunque si sta lavorando
per identificare i principi, gli orientamenti, ma soprattutto le opportunità di
semplificare i processi. E poi dobbiamo puntare sull’appropriatezza e non solo
di quella prescrittiva ma anche di quella organizzativa.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Coordinamento Regionale
rilevanti. Quali sono gli strumenti per accellerare l’adozione di sistemi
condivisi? Quale il ruolo della politica nazionale e degli altri stakeholder?
rendere “obbligatoria” l’adozione dei risultati raggiunti in termini di metodo
e strumenti a tutte le Regioni?
2. Legge Organica su Malattie Rare
fondamentale che poi sia efficace, entri nella prassi di tutti i giorni. E’ questo
il difficile.
3. Screening neonatale
emozioni e che prenda in considerazione tutti gli aspetti (organizzativi,
terapeutici, psicologici, etc.).
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Governance delle Malattie Rare
in Italia: è un sistema complesso
che necessità di un alto livello di
coordinamentoIntervista a Silvia Arcà,
Direttore Ufficio II, Direzione generale della programmazione sanitaria
L’intervista in tre punti
1. Coordinamento, presupposto per affrontare le malattie rare
interventi. E’ necessario pensare ad organismi di coordinamento dotati di
reale potere.
2. Piano Nazionale Malattie Rare
aprirà il confronto con le istituzioni
ricerca e innovazione tecnologica e percorsi assistenziali
3. Assistenza Domiciliare
E’ necessario continuare nell’azione di miglioramento, soprattutto
nell’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.
Il Ministero della Salute ricopre un ruolo fondamentale nella governance degli
interventi per le malattie rare.
La governance in Italia è molto articolata. Il Ministero della Salute ha il compito
d’indirizzo programmatorio di carattere generale mentre, dalla riforma del Titolo
V, sono soprattutto le Regioni ad avere un ruolo primario nella governance del
sistema sanitario italiano e quindi anche degli interventi per le malattie rare.
Per questo motivo è difficile garantire omogeneità, così com’è estremamente
complicato garantire e promuovere azioni coordinate.
E gli obiettivi sono molto ampi.
Il Ministero ha il compito di definire le linee di sviluppo del sistema con il Piano
Sanitario Nazionale e con il Piano Nazionale delle Malattie Rare. Inoltre, il
Ministero della salute ha il compito di definire i livelli essenziali di assistenza
(LEA) e, conseguentemente, la lista delle malattie definite rare.
Aggiornamento dei LEA e dell’elenco delle Malattie Rare: a che punto siamo?
Stiamo lavorando però la questione dell’aggiornamento è molto complessa.
60
In una situazione in cui le risorse economiche sono sempre più scarse, è
necessario che il decreto di aggiornamento dei LEA garantisca un equilibrio
tra i possibili risparmi da conseguire in alcune aree e le maggiori spese in altre
aree. Ad esempio, l’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare si compensa
con quello delle malattie croniche; inoltre, aggiornare i LEA significa aggiornare
anche la parte relativa alle prestazioni. E’ un lavoro complesso ed è molto
difficile stralciare dei pezzi anche se forse sarà questa la strada.
Qual è il livello di collaborazione tra Ministero della Salute e Regioni sul tema
delle malattie rare?
In passato il Ministero partecipava, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, al
“Comitato Interregionale per le malattie rare”. Oggi, invece, esiste un organismo
interregionale esclusivo per le Regioni mentre a livello centrale non esiste un
vero e proprio comitato di coordinamento.
Non esiste nemmeno un comitato di coordinamento per quanto riguarda la
redazione del Piano Nazionale per le Malattie Rare?
In senso stretto no. Esiste un gruppo redazionale composto da importanti
personalità impegnate nel settore delle malattie rare che ha il compito di redigere
una prima bozza di piano che dovrà poi essere sottoposta alle istituzioni centrali
e regionali ed agli altri organismi coinvolti a vario titolo nel settore, in primo
luogo le Associazioni di tutela dei malati. Il timing prevede di completare la prima
stesura del piano nell’aprile del 2012 e quindi aprire il necessario momento di
confronto.
Secondo lei sarebbe necessario istituire un organismo di coordinamento?
Il disegno di legge sulle malattie rare della relatrice Sen. Bianconi prevedeva
l’istituzione di un organismo di coordinamento40. C’era l’accordo anche delle
Regioni. Sarebbe forse utile riproporre questa soluzione.
E’ possibile avere anticipazioni sul contenuto del Piano Nazionale per le Malattie
Rare?
E’ presto per parlare di contenuti specifici. Possiamo anticipare che il piano
si occuperà di alcune grandi aree: prevenzione, informazione e formazione,
ricerca, registri, farmaci e, naturalmente, i percorsi assistenziali a cui teniamo
particolarmente. Peraltro, il tema dei percorsi assistenziali comporta una seria
riflessione sull’organizzazione della cura e dell’assistenza sul territorio, il ruolo
dei centri di competenza, la loro collocazione regionale o nazionale.
Esistono dei problemi di coordinamento tra i diversi centri di competenza?
Si registrano casi in cui la mancanza di una reale collaborazione in rete
è evidente così come è fisiologica una certa tendenza da parte dei centri di
competenza a voler essere autosufficienti. Purtroppo questi comportamenti
sono particolarmente gravi quando si parla di malattie rare.
40 Ddl Bianconi “Incentivi alla ricerca e accesso alle terapie nel settore delle malattie rare. Applicazione dell'articolo
9 del regolamento (CE) n. 141 / 2000, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999” – Articolo
7 “Consorzi regionali per la ricerca clinica nel settore delle malattie rare” e articolo 8 “Istituzione del Comitato
nazionale per le malattie rare”
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In tema di assistenza ai malati rari e allo sviluppo di forme di assistenza domiciliare,
quali sono le azioni promosse dal Ministero della Salute?
Per assistenza domiciliare intendiamo prestazioni mediche, infermieristiche,
riabilitative di assistenza sanitaria e sociale. Esistono tre principali tipi di
assistenza: domiciliare ad altissimo livello di intensità – dove rientrano i malati
terminali; assistenza per i malati meno gravi; assistenza per i malati lievi.
Qual è il livello dell’assistenza domiciliare sul territorio italiano?
Anche in questo ambito la situazione è molto disomogenea nelle diverse aree
territoriali e si sta lavorando molto per migliorare l’offerta di cure domiciliari
dove ancora è carente.
Bisogna ricordare anche che l’assistenza sanitaria domiciliare è possibile solo
se c’è un supporto familiare o la presenza dell’assistenza sociale. Questa
ultima non è di competenza del Ministero della Salute o del Servizio sanitario
nazionale, ma è assolutamente necessario migliorare la situazione, oggi ancora
non soddisfacente.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Coordinamento
la massima efficacia al sistema delle Malattie Rare.
2. Piano Nazionale Malattie Rare
Malattie Rare, il conseguente confronto tra le istituzioni competenti deve
diventare una priorità nell’agenda politica.
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Lombardia: un modello virtuoso
di gestione dei pazienti affetti
da malattie rare, ma c’è ancora
tanto lavoro da fare su centri di
competenza, registro malattie rare e
assistenza domiciliareIntervista a Gedeone Baraldo, Referente per la Direzione Generale Sanità della Rete Regionale Malattie Rare della Regione Lombardia.
Intervista a Erica Daina, Referente del Centro di Coordinamento della Rete Regionale Malattie Rare - Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri
L’intervista in tre punti
1. Aggiornare l’elenco delle malattie rare senza “timori”
Lombardia sappiamo che il numero di malati affetti da patologie rare è
stabile e la spesa è di fatto sotto controllo.
2. Accesso “veloce” alla cura per i malati rari
attenzione al momento della prescrizione che viene demandata ai centri di
competenza.
3. Fondo Farmaci Orfani
si potesse utilizzare per finanziare anche la spesa sui farmaci orfani già
autorizzati al commercio.
L’elenco delle malattie rare è il “primo mattone” per percorsi di cura e diritti per i
pazienti. Sarebbe necessario un aggiornamento?
(Daina) L’assistenza in Centri qualificati deve essere garantita dal Servizio Sanitario
Nazionale a tutti i pazienti indipendentemente dalla possibilità di formulare una
diagnosi conclusiva e dalla prevalenza della loro malattia. L’identificazione di
specifici Centri di riferimento - più complessa, ma al tempo stesso irrinunciabile
nel caso di malattie rare - dovrebbe svolgersi per gruppi di patologie accomunate
da problematiche affini. E’ rischioso impostare l’accesso ai percorsi di cura
esclusivamente sulla base dell’inserimento in un elenco e lo è ancora di più se
poi questo elenco non viene puntualmente aggiornato. Succede che i pazienti
affetti da malattie rare non inserite nella lista delle esenti (Allegato 1 al DM N°
63
279/2001) si sentano esclusi e privati delle dovute attenzioni. L’elenco dovrebbe aiutare la programmazione sanitaria ed individuare un sottogruppo di malattie rare per le quali sono previste agevolazioni in termini di partecipazione alla spesa sanitaria. Pur ridimensionandone il significato, è chiaro che in ogni caso debba essere aggiornato per potersi confrontare su dati utili e per supportare i pazienti con equità .
(Baraldo) In Lombardia abbiamo circa 43.500 pazienti affetti da malattie rare, un numero che negli ultimi anni tende ad essere stabile. Proprio questa stabilità rende infondata una certa paura sui possibili aumenti incontrollati della spesa. Stiamo parlando di 60 milioni di euro di spesa sia per le malattie rare sia per i farmaci erogati o distribuiti in Ospedale (file F) sia per quelli erogati nelle farmacie al pubblico. Se in Lombardia si volessero aggiungere le 109 malattie individuate dal decreto della Presidenza del Consiglio del 2008 l’impatto finanziario sarebbe sostenibile.
Il Registro nazionale delle Malattie Rare è il “secondo mattone”. Come si può procedere a un’armonizzazione tra Registro Nazionale e registri regionali/interregionali?
(Daina) Considerando le difficoltà nell’organizzare studi clinici controllati e prospettici con piccoli numeri di pazienti, i Registri rappresentano un mezzo fondamentale per lo studio delle malattie rare; spesso l’unico strumento che abbiamo a disposizione per rispondere a domande complesse. Il ritardo di implementazione del Registro Nazionale deriva dalle difficoltà di coordinamento e dalla disomogeneità delle realtà regionali. In Lombardia siamo partiti con un certo ritardo, sebbene in questi anni sia stato recuperato il tempo perduto. Il data set condiviso è limitato e il Registro Nazionale, pur avendo grosse potenzialità, non rappresenta ancora uno strumento utile per la programmazione sanitaria e assistenziale. Il Gruppo di Lavoro per le malattie rare attivo in Lombardia è disponibile a confrontarsi sul sistema di codifica e a rivalutare il set di dati da condividere.
(Baraldo) La Regione Lombardia ha una lunga tradizione nella gestione dei dati, che risale agli anni ’90 e si è sviluppata intorno al CRS SISS41. Il registro delle malattie rare regionali è confluito all’interno di questo servizio che negli anni si è via via consolidato. Vorrei, infine, evidenziare come il registro delle malattie rare regionale non è statico nel tempo ma viene aggiornato ogni anno in relazione all’evolversi dei piani terapeutici.
In tema di malattie rare un ruolo fondamentale è giocato dalle diverse forme di prevenzione primaria e secondaria. In quest’ambito, che importanza ha lo screening neonatale e quali sono le altre principali forme di prevenzione attuabili?
(Baraldo) La prevenzione primaria è fondamentale ma il counseling genetico è spesso un momento disatteso, con il risultato che molti portatori di malattie genetiche e rare non sanno di esserlo. Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, è un obiettivo prioritario migliorare la precocità della diagnosi. Lo screening neonatale andrebbe allargato a quelle malattie per cui ci sono percorsi di cura riconosciuti e affidabili. Stiamo dialogando con le associazioni dei pazienti su circa 40 malattie e si sta formando un gruppo di lavoro a livello interregionale proprio su questo tema. Vi sono, però, molti problemi, non ultimo quello dei falsi positivi. Non ci aspettiamo, dunque, cambiamenti a breve, ma
stiamo lavorando per affrontare al meglio questo tema delicato.
41 http://www.sanita.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=Page&childpagename=DG_Sanita%2FDGLayout&cid=1213
284247348&p=1213284247348&pagename=DG_SANWrapper
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In Italia l’accesso alle terapie per la cura delle malattie rare è caratterizzato da ritardi e disomogeneità regionali. Qual è la situazione in Regione Lombardia?
(Baraldo) La Regione Lombardia garantisce ai malati di patologie rare anche i farmaci di fascia C e farmaci in commercio all’estero e non in Italia. Questo avviene se tali farmaci sono prescritti dai medici dei presidi della Rete Malattie Rare. La filosofia che ci guida è assicurare la massima tutela al malato e, allo stesso tempo, una forte attenzione al momento della prescrizione. Sul tema dell’accessibilità, la Lombardia si rifà completamente al prontuario nazionale, a garanzia di tempestività nella somministrazione.
Per le Regioni ci sarebbe anche la possibilità di usufruire di un Fondo Farmaci Orfani.
(Daina) Il fondo potrebbe essere utile in una logica di compensazione a livello nazionale per trattamenti ad alto costo. Un accesso al fondo condizionato dalla trasmissione di dati sul follow-up dei pazienti potrebbe anche rappresentare l’occasione per aumentare il rigore nella valutazione dell’efficacia dei nuovi farmaci orfani. (Baraldo) Le Regioni avrebbero voluto che il Fondo finanziasse anche i farmaci orfani già autorizzati al commercio, ma l’AIFA ha sostenuto che questi rientrano già all’interno dei LEA e che il Fondo è stato costituito per finanziare solo i farmaci extra LEA. Il Fondo è da noi utilizzato per gli off label, per i farmaci esteri e in alcuni casi per l’uso compassionevole. Il problema di un Fondo, aggiuntivo al Fondo Sanitario Nazionale a cui tutti possono attingere direttamente, è legato al controllo e monitoraggio di ciò che avviene in tempo reale.
Qual è la situazione dei centri di competenza in Lombardia?
(Daina) Si è fatto molto lavoro sui centri di competenza anche se le loro specificità sono ancora oggetto di dibattito, e non solo in Italia. La Rete per le malattie rare della Lombardia è oggi costituita da 31 Presidi di riferimento, da un Centro di Coordinamento e dalle 15 Aziende Sanitarie Locali (ASL) presenti sul territorio. I Presidi sono stati individuati tenendo conto delle indicazioni presenti nel DM 279/2011 “tra quelli in possesso di documentata esperienza in attività diagnostica o terapeutica, idonea dotazione di strutture di supporto e di servizi complementari”. Il numero di malattie seguite in ciascun Presidio è molto variabile: sei grandi ospedali garantiscono il percorso diagnostico-terapeutico per oltre 100 condizioni, gli altri sono specializzati ciascuno in un numero più limitato di malattie rare. Il ruolo di Centro di Coordinamento è stato affidato al Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare Aldo e Cele Daccò dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, attivo già dai primi anni ’90 nella ricerca, informazione e formazione per le malattie rare. La Rete regionale si avvale inoltre di un Gruppo di Coordinamento Regionale al quale partecipano i rappresentati di Regione, Centro di Coordinamento, Presidi, ASL e delle Associazioni di pazienti. La complessità ed il dinamismo che caratterizzano l’area delle malattie rare hanno richiesto un continuo aggiornamento della struttura della Rete regionale; le modificazioni intervenute riguardano i Presidi ed il numero di condizioni rare per cui ciascun Centro è di riferimento42. L’esperienza maturata dal 2001 servirà ora per un processo di revisione ulteriore che sarà svolto grazie ad un gruppo di lavoro appositamente costituitosi e alla disponibilità dei dati raccolti dal Registro Regionale.
42 Deliberazione della Giunta Regionale (DGR) della Lombardia n. 7/7328 dell’11 dicembre 2001. Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia 1° Supplemento Straordinario al n. 1, 03.01.2002 e successive deliberazioni di aggiornamento della Rete: DGR n. 7/10125 del 6 agosto 2002; DGR n. 7/20784 del 16 febbraio 2005; DGR n. 8/3069 del 1 agosto 2006; DGR n. 8/8884 del 20 gennaio 2009; Decreto della Direzione Generale Sanità n. 4978 del 1 giugno 2011
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(Baraldo) Sui centri di competenza si è da sempre lavorato per avere al centro
del servizio il cittadino paziente e non l’organizzazione. I centri vengono valutati
mediamente ogni due anni e questo garantisce il corretto stimolo a mantenere
elevati standard di specializzazione.
Il Ministero della Salute ha tra le sue priorità lo sviluppo dell’assistenza domiciliare.
A che punto è la Lombardia?
(Baraldo) E’ necessario un importante lavoro di coinvolgimento delle ASL che
rappresentano i punti di contatto tra la Rete regionale, i Medici di Assistenza
Primaria, i servizi territoriali e il cittadino. Già nel 2009 è stata garantita la
dispensazione dei farmaci ad alto costo non solo nei Presidi di riferimento, ma
anche negli Ospedali più accessibili ai pazienti. Dobbiamo far evolvere questo
sistema per garantire la corretta assistenza domiciliare.
Spunti di riflessione per le istituzioni
1. Aggiornamento dell’elenco malattie rare
spesa per i malati rari e buone capacità di prevederne flussi. Sarebbe utile
mettere a fattore comune questa capacità previsionale in vista di una più
rapida rivisitazione dell’elenco delle malattie rare.
2. Utilizzo del Fondo Farmaci Orfani
essere utilizzato per la spesa sui farmaci orfani che aiuterebbe le singole asl
a far fronte ad eventi non previsti.
3. Accesso al Farmaco
all’interno del centro di competenza, comporta garanzia all’accesso ai
farmaci da parte dei pazienti. In più si fa riferimento al prontuario nazionale.
E’ un modello “agile”: potrebbe essere da guida per altre esperienze?
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67I CONTRIBUTI
DEI PARLAMENTARI
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Contributo scritto Sen. Laura Bianconi Membro della XII Commissione permanente “Igiene e Sanità” del Senato della Repubblica
Quello delle “malattie rare”, è un tema sul quale il Parlamento è impegnato da più legislature suscitando ogni volta una grande attenzione da parte dei parlamentari di ogni schieramento politico. Tutte le volte che si è giunti ad un buon punto nello stilare un provvedimento legislativo in grado di rispondere alle reali necessità di tanti malati, ecco mancare il coraggio al Governo di turno di concludere l’iter parlamentare, con la motivazione che ormai tutti conosciamo: la mancanza di fondi.
Quando, nel corso dell'attuale legislatura, mi è stato chiesto di essere la relatrice del provvedimento sulle Malattie Rare, ho voluto cogliere questa opportunità come una vera battaglia da vincere sentendo il peso di tutti quei 2 milioni di italiani che ogni giorno combattono con una patologia di questo tipo.
Così, passo dopo passo, è andato avanti il nostro lavoro in Commissione Igiene e Sanità del Senato, in cui si sono esaminati prima tutti i testi presenti in materia, compreso il mio, per poi arrivare, partendo da quello del Senatore Tomassini, alla condivisione unanime di un nuovo articolato che contenesse tutte le osservazioni pervenute dagli emendamenti presentati dai colleghi, dal tavolo Stato Regioni, dall’Istituto superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Credo che sia un buon testo legislativo, ma anche questo, purtroppo, si è arenato a causa della mancanza di fondi.
Le patologie rare, come si sa, sono caratterizzate da un numero basso di pazienti per malattia in quanto, quelle conosciute e diagnosticate, oscillano tra le 7000 e le 8000. Bisogna poi considerare anche l’elevato grado di complessità, e che, affinché una malattia possa essere riconosciuta come “rara”, deve avere un'incidenza tale da colpire 5 persone ogni 10.000 abitanti, parametri questi definiti a livello europeo. Occorre ricordare che l’80% di queste malattie è di origine genetica, e non a caso sono definite anche «malattie orfane», in quanto oggetto di poche ricerche e di scarso interesse da parte del mercato del farmaco.Rispetto agli altri Paesi, il nostro è fortemente in ritardo, tanto che sono ancora moltissimi i connazionali costretti ad emigrare, in un vero e proprio viaggio della speranza alla ricerca di diagnosi certe, di farmaci e di terapie che possano dare loro una aspettativa di vita. Un altro gravissimo problema, al quale occorre dare una risposta puntuale, è quello dell’accesso ai servizi socio-sanitari presenti sul territorio nazionale. E’ assolutamente necessario garantire ai pazienti un servizio equo migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie, prevedendo, anche, migliori terapie riabilitative e di assistenza protesica, predisponendo adeguati piani per il trattamento domiciliare. E’ altresì necessaria una corretta pianificazione di tutto questo perché consentirebbe la distribuzione diretta da parte sia delle aziende sanitarie locali e sia tramite accordi con le farmacie di tutti quei prodotti necessari per le terapie di supporto. Parlare di malattie rare nella loro totalità e non come singole patologie, serve a mettere in luce e a riconoscere una serie di comuni problematiche assistenziali e a progettare interventi di sanità pubblica mirati e non frammentati che coinvolgano gruppi di popolazione con bisogni simili, pur salvaguardandone peculiarità e differenze di ognuna. Ecco perché l’attenzione per queste patologie non può essere minore di quella dedicata ad altre.
69
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanita’ (ISS) solo il 58 % di coloro che
hanno una malattia rara arriva alla diagnosi entro un anno dall’inizio dei sintomi,
nel 18,4% dei casi servono da 1 e 5 anni mentre nel 22,8% anche di più, senza
poi contare tutti coloro che alla diagnosi non arrivano mai. La difficoltà e il
ritardo nella diagnosi deriva spesso dal fatto che molti medici, pur avendo una
conoscenza teorica delle varie patologie, tardano ad avere il sospetto di trovarsi
davanti a una malattia rara semplicemente perché non ne hanno mai incontrato
un caso prima.
Per questo, un aspetto fondamentale in tale ambito lo rivestono la formazione
ed i corsi di aggiornamento professionale anche tramite i centri di riferimento
specifici sulle singole patologie rare, presenti in varie realtà. Anche per questo il
mondo dell’associazionismo risulta essere un grande punto di supporto sia per i
medici che per le famiglie dei malati, al quale dobbiamo dare un ruolo di grande
importanza.
Quando si parla di malattie rare si deve pensare, e non si può non farlo, ai
farmaci orfani. Farmaci che, come detto, proprio a causa della frammentazione
delle singole patologie, faticano ad incontrare l’interesse economico delle case
farmaceutiche.
In qualità di relatrice del provvedimento legislativo attualmente all’esame
della Commissione Igiene e Sanità del Senato, nel ribadire quanto da sempre
sostengo, ho cercato di rispondere anche a questa necessità evidenziando,
nel testo unificato, l’importanza che non si blocchi la ricerca scientifica e
conseguentemente, grazie ad incentivi per la ricerca e per le ditte farmaceutiche,
la produzione dei farmaci migliori per garantire terapie efficaci. In particolare,
attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica (anche
al fine di favorire la partecipazione dell’Italia alle attività internazionali nel settore
delle malattie rare), da realizzarsi in linea con quanto previsto dal Regolamento
(CE) n. 141/2000. Attraverso un apposito piano d’incentivi alla ricerca basato
sulla defiscalizzazione dei fondi investiti dagli Sponsor e sull’istituzione di un
apposito fondo destinato a finanziare annualmente almeno due terzi dei progetti
di ricerca, con particolare attenzione ai progetti rivolti al territorio delle regioni
economicamente depresse. Ma nel testo all’esame della Commissione ho
voluto inserire anche un articolo che prevede l’istituzione di un fondo nazionale
per l’impiego dei farmaci orfani, così da assicurare che il diritto di accesso a
tali farmaci possa essere garantito equamente nelle diverse regioni, durante
tutto l’anno. Il fondo è gestito dal Ministero della Salute e serve ad integrare
quello delle singole regioni per l’assistenza sanitaria in funzione di parametri
epidemiologici precisi o per sopperire a eventi straordinari che esprimano il
fabbisogno necessario e specifico per la trattazione delle malattie rare.
Per tutte queste ragioni sarebbe ottimale, pur nell’attuale difficile situazione
di finanza pubblica, l’adozione e la rapida attuazione di una legge quadro in
materia, come peraltro richiesto anche dall’Unione Europea, capace di garantire
un accesso omogeneo ai farmaci e alle cure su tutto il territorio nazionale.
Questo, però, non vuol significare che l’unica strada sia quella dell’attesa di un
provvedimento legislativo complessivo; ritengo che nell’immediato siano molti
gli atti che si possono compiere per dare rapidamente una concreta risposta
all’allarmante e disomogeneo quadro italiano, ad esempio:
1. agire sui tempi di inserimento dei nuovi farmaci nei prontuari regionali, tempi
oggi lunghi e con procedure spesso farraginose che costringono i pazienti a
frequenti spostamenti in altre Regioni alla ricerca del farmaco utile;
2. prevedere un opportuno intervento del Governo volto ad evitare che le misure
contenute nella manovra approvata a luglio 2011, finalizzate a contenere la
spesa pubblica per il rimborso dei farmaci, si ritorcano a danno delle aziende
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che producono i farmaci per queste patologie; si tratta infatti di piccole ditte che
operano spinte da motivazioni etiche piuttosto che dalla ricerca del profitto;
3. agire per produrre nel più breve tempo possibile una relazione tecnica
necessaria alla prosecuzione dell’iter di legge del testo unificato sulle Malattie
Rare; per poi proseguire in tempi rapidi a valutare l’opportunità di aggiornare
l’allegato n.1 del Regolamento di cui al Decreto del Ministro della Sanità n.
279/2001, contenente l’elenco delle malattie rare, esentate dalla partecipazione
al costo, con cadenza annuale e non più triennale, prevedendo l’inserimento
nello stesso di tutte le malattie rare fin ora escluse e, in particolare, delle 109
malattie rare già inserite nell’elenco del Decreto del 2008.
Quando gli obiettivi da raggiungere riguardano la tutela della vita e della salute
occorre non arrendersi, ed è con questa convinzione che come parlamentare
continuerò a lavorare per rispondere al meglio alle effettive esigenze dei malati,
affinché non restino più a lungo “orfani” tutti coloro che sono vittime di una
patologia “rara”.
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Contributo scritto Sen. Emanuela Baio Membro della XII Commissione permanente “Igiene e Sanità” del Senato della Repubblica
La nostra Costituzione sancisce la pari dignità di tutti i cittadini. Una dignità che funge da fondamento per tutti i diritti riconosciuti alla persona umana. La Carta costituzionale tutela, inoltre, la salute come interesse della collettività e come diritto fondamentale dell’individuo. La possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate rappresenta quindi uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della Salute. Ciò non può che essere vero, a maggior ragione, per tutte quelle persone che nel nostro Paese si trovano a convivere con una patologia rara.
Le ‘malattie rare’ sono patologie invalidanti e debilitanti, in certi casi potenzialmente letali. La loro rarità si accompagna spesso ad un elevato grado di complessità che acuisce ovviamente le difficoltà di individuazione e gestione della patologia.Non bisogna tuttavia pensare che questa rarità riguardi poche persone. Al contrario. Si stima che oggi, nell’UE, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscano insieme il 6-8% della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone.In Italia sono circa 2 milioni le persone affette da malattie rare e circa il 70% di queste è in età pediatrica. Questo ci dà la misura della rilevanza non solo qualitativa, ma anche quantitativa del fenomeno, che ha gravi ripercussioni anche a livello economico e sociale, oltre che dal punto di vista strettamente sanitario.Donne e uomini, piccoli e grandi, che ci hanno commosso con le storie delle loro battaglie quotidiane, la loro tenacia e il loro straordinario amore per la vita. Purtroppo non è possibile raccontare una ad una quelle storie che meriterebbero di essere citate. Vorrei però testimoniare le loro speranze e le loro legittime richieste, la loro voglia di vivere un’esistenza che sia il più possibile normale in un Paese che riconosca il loro fondamentale diritto all’uguaglianza e alla salute.
L’Unione Europea ha da tempo indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l’uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) stabiliti dagli Stati membri. Diversi Paesi hanno già recepito tali indicazioni. Ritengo che in un momento storico in cui giustamente l’Europa ci chiede uno sforzo maggiore a livello economico, risulta parimenti non più differibile la necessità che il nostro Paese si allinei alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, di accedere tempestivamente alle terapie innovative.
In Francia, ad esempio, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare e, già dal 1994, è in vigore l’autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci cosiddetti ‘orfani’ che ha consentito a più di 400 prodotti farmaceutici di ottenere l’autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU) e consentendo ai pazienti di farne uso in media 12 mesi prima dell’ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio.
Lo schema dell’ATU applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti italiani di avere disponibili tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione dell’iter nazionale.
In Italia, infatti, la possibilità di accedere a farmaci non ancora dotati di autorizzazione all’immissione in commercio è limitata ai casi disciplinati dal Decreto del Ministero della Salute dell’8 maggio 2003, relativo al cosiddetto uso compassionevole e dal decreto-legge n. 536 del 1996, convertito, con modificazioni, nella legge n. 648 del 1996, concernente misure per il contenimento della spesa farmaceutica e, pertanto, possono essere somministrati ai pazienti solo in presenza di sperimentazioni cliniche in fase già avanzata.
Nel nostro Paese inoltre, il Sistema sanitario nazionale (SSN) riconosce l’esenzione per l’acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella
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classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie dei pazienti. Le persone affette da patologie non ancora accreditate come rare, infatti, sono prive di ogni tutela socio-assistenziale: sono costrette a sostenere interamente i costi di eventuali farmaci esistenti in commercio nonché quelli delle visite specialistiche e delle terapie riabilitative; in ambito lavorativo non possono usufruire di congedi e permessi per malattie e in ambito scolastico sono privi dell’adeguata e necessaria assistenza.
Con il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante “Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie”) è stato individuato un elenco di malattie riconosciute come rare dal SSN. Tale Decreto, all’art. 8, prevede un aggiornamento con cadenza almeno triennale, avendo come riferimento l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, i dati epidemiologici relativi alle malattie rare e lo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all’articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni.
Ad oggi, tuttavia, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, all’allegato 7, un aggiornamento della malattie riconosciute come rare, individuando altre 109 patologie ad integrazione dell’allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001.
Dalla XIII Legislatura ad oggi sono stati depositati numerosi disegni di legge al riguardo, ma nessuno di questi è giunto ad approvazione.
Inoltre è bene sottolineare che, oltre alle 109 patologie individuate, sono molte le patologie che attendono di essere incluse ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare. Un vuoto assistenziale che è nostro dovere colmare fornendo a tutti i pazienti risultati certi e tempi brevi per l’inserimento nei LEA di tutte le patologie rare, sia quelle note sia quelle in attesa di riconoscimento.
Per tutti questi motivi abbiamo elaborato il testo di una mozione condivisa e unificata che cerca di affrontare in maniera il più possibile estesa la questione delle malattie rare. Il testo è stato poi trasformato in un Ordine del Giorno approvato all’unanimità l’11 gennaio scorso. E’ il risultato di un impegno trasversale animato dalla profonda consapevolezza della necessità di rispondere alle legittime istanze di tutela dei pazienti affetti da malattie rare.
Ritengo che gli impegni contenuti nell’ordine del giorno e assunti dal Governo costituiscano una base di partenza importante per iniziare un lavoro puntuale indirizzato ad una definitiva presa in carico dei pazienti affetti da malattie rare:
produrre nel più breve tempo possibile la relazione tecnica necessaria alla prosecuzione dell’iter legislativo del testo unificato dei disegni di legge sulle malattie rare in discussione in 12a Commissione Permanente (Igiene e Sanità) del Senato;
ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la vita di queste persone e delle loro famiglie, indicando: le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare e la diffusione dell’informazione sulle stesse, diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell’assistenza, l’accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione, l’accesso alla diagnosi tempestiva ed il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica, sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del piano nazionale;
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decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, contenente l’elenco delle malattie rare, esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza annuale e non più triennale, prevedendo l’inserimento nello stesso di tutte le malattie rare fin ora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nell’elenco presente nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2008. (Questo impegno a mio avviso riveste una importanza essenziale per tutti i cittadini affetti da una patologia rara; infatti tanto i cittadini colpiti dalle già note 109 patologie rare, quanto quelli affetti da patologie rare non incluse in queste ultime come la mastocitosi, la P.A.N.D.A.S.,la Fibrillazione ventricolare idiopatica, la Tachicardia Ventricolare catecolamenidergica, la sindrome del QT Lungo, o la sindrome di Sjogren, solo per fare alcuni esempi, vivono quotidianamente l’angosciosa attesa di un riconoscimento da parte del SSN, sopportando in solitudine il peso di un vuoto di tutela che non appare né giustificato né giustificabile);
partendo dall’istituzione di un fondo ad hoc previsto dal regolamento (CE) n. 141/2000, per garantire che i farmaci innovativi, cosiddetti “orfani”, nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia “C” indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del Servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l’inserimento, in modo omogeneo, in tutti i prontuari regionali, in tempi prestabiliti, una volta ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione;
territorio nazionale, migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie, prevedendo anche migliori terapie riabilitative e di assistenza protesica;
diretta da parte delle aziende sanitarie locali o tramite accordi con le farmacie dei prodotti necessari per le terapie di supporto;
lettera b) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, al fine di prevedere, nell’ambito del regolamento ivi richiamato, un regime applicativo particolare per i farmaci orfani;
temporanea di utilizzo per favorire l’accesso ai farmaci innovativi cosiddetti “orfani”, mutuando il modello francese;
attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica (anche al fine di favorire la partecipazione dell’Italia alle attività internazionali nel settore delle malattie rare) da realizzarsi, in linea con quanto previsto dall’articolo 9 del regolamento (CE) n. 141/2000, attraverso un apposito piano di incentivi alla ricerca basato sulla defiscalizzazione dei fondi investiti dagli sponsor e sull’istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare annualmente almeno due terzi dei progetti di ricerca, con particolare attenzione ai progetti rivolti al territorio delle regioni economicamente depresse.
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Sono sempre stata convinta che l’attività legislativa sia in grado di cambiare la mentalità, di educare, di sensibilizzare la collettività e, soprattutto, di restituire i diritti a chi non ha scelto di essere malato e tutto ciò che chiede è la presenza delle istituzioni nel faticoso cammino che è costretto a perseguire. Ritengo che i tempi siano maturi per responsabilizzare le Istituzioni a riguardo, forti anche dell’esempio fornitoci dalla legge sulle cure palliative che, seppur in un altro ambito, è riuscita a far breccia nelle aule parlamentari, dando, dopo anni di vacatio, una risposta concreta.Ciò di cui ha bisogno il paziente affetto da malattia rara è la speranza di individuare una risposta se non totale almeno parziale alla sua patologia. Sono molte, troppe le persone che soffrono silenziosamente e che hanno bisogno di sentire accanto le Istituzioni. Non aiutarle equivale ad abbandonarle nella solitudine. Mai e poi mai un cittadino deve sentirsi solo nella malattia: un Paese civile non può e non deve consentirlo e sono sicura che con l’impegno di tutti e con un profondo senso di responsabilità, riusciremo, insieme, a raggiungere questo importante obiettivo.Voglio concludere con le parole di una delle tante associazioni che mi hanno scritto: “l’inserimento di tutte le malattie rare non ancora riconosciute è l’unica soluzione utile ad eliminare la discriminazione attuale tra pazienti che soffrono di una patologia rara riconosciuta e quelli la cui patologia non è riconosciuta e per questo si trovano sempre fuori schema e clandestini in ogni luogo della salute. É questo un problema che non è più comprimibile nella camicia di forza delle 109 e che richiede risposte certe e plausibili in tempi rapidi”.
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Contributo scritto On. Paola Binetti Membro della XII Commissione permanente “Affari sociali” della Camera dei Deputati
Nasce l’intergruppo parlamentare per le malattie rare: un impegno
condiviso
Le Malattie rare stanno diventando centrali nella riflessione e nel dibattito
parlamentare. E’ un fatto confermato dall’approvazione all’unanimità di un
ordine del giorno al Senato, l’11 gennaio 2012, e di una mozione alla Camera dei
Deputati, il 17 gennaio 2012. Sono due strumenti parlamentari che non hanno
certamente la forza di una legge, ma che comunque impegnano il Governo ad
assumere misure concrete per la cura delle malattie rare. Per dare concretezza
ed incisività a questa decisione, è nato poche settimane dopo, per iniziativa
di un gruppo di parlamentari, l’Intergruppo parlamentare per le Malattie Rare,
aperto a quanti condividono l’esigenza di farsi carico realmente dei bisogni dei
pazienti affetti da malattie rare. L’intergruppo vuole sostenere il Ministro della
Salute, Renato Balduzzi, che in entrambe le aule parlamentari ha detto di voler
inserire nel suo Gabinetto il complesso coordinamento di quanto si riferisce alle
malattie rare. Sono passi avanti importanti che definiscono un percorso molto preciso, che può essere scandito in quattro tappe:
la politica si è messa in ascolto delle tante associazioni di pazienti e ne a) ha raccolto le diverse voci canalizzandole in atti parlamentari approvati all’unanimità. In altri termini ha cercato di superare il rischio di una autoreferenzialità sempre in agguato, mettendosi umilmente al servizio dei cittadini, che versano nelle condizioni più disagiate e possono sentirsi più soli.Il Governo ha accettato di buon grado di rispondere a queste sollecitazioni, b) cercando di superare la frammentazione degli enti e delle istituzioni che tradizionalmente si occupano di malattie rare. Ha creato una cabina di regia nello stesso Gabinetto del Ministro.E’ nato così un intergruppo Camera-Senato formato da parlamentari di c) tutti gli schieramenti per supportare il lavoro del Ministro, ma nello stesso tempo per verificare che certe promesse si compiano nell’esclusivo interesse dei malati e delle loro famiglie, rimuovendo ostacoli burocratici e implementando l’attività di cura e di ricerca.E’ indispensabile a questo punto che il circuito Associazioni di d) Pazienti, Intergruppo parlamentare e Governo dialoghino tra di loro in modo sempre più concreto e costruttivo, cercando di coinvolgere gli interlocutori necessari per garantire fatti e non parole a chi troppo spesso sperimenta oltre al dolore e alla sofferenza, la farraginosità burocratica e l’indifferenza istituzionale, di chi confonde la rarità di una patologia con la sua incurabilità.
Le malattie rare, crocevia in cui si incontrano bioetica, biogiuridica e
biopolitica
La riflessione sulle malattie rare costituisce uno di quei nodi concettuali in cui si intrecciano bioetica, biogiuridica e biopolitica, perché è la nostra stessa Costituzione a porci davanti ad alcuni requisiti essenziali. L’articolo 3 della nostra Costituzione infatti afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di alcun tipo, sono uguali davanti alla legge e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l’eguaglianza dei cittadini per diverse ragioni, comprese quelle
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che riguardano la loro salute. Uguaglianza formale (comma 1) e uguaglianza sostanziale (comma 2) interpellano le nostre coscienze sollecitandole a tradurre in fatti concreti valori e principi, senza accontentarsi di averli enunciati. Solo a queste condizioni infatti si può dire che la Costituzione quando afferma che «tutti i cittadini hanno pari dignità» non fa un' affermazione generica, astratta, che ignora la diversità delle circostanze personali, sociali e culturali in cui vivono i cittadini. Ma mette i mezzi per tutelare la dignità umana, proprio a partire dalla consapevolezza della diversità di condizioni in cui vivono le persone, a cominciare dal grado di salute di cui godono. La dignità umana ha nel principio di uguaglianza il fondamento costituzionale di tutti i diritti collegati allo sviluppo della persona; è principio cardine dell’ordinamento democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano.
La salute nel nostro ordinamento è un bene tutelato dall’articolo 32 della Costituzione, non solo come diritto fondamentale dell’individuo, ma anche come interesse della collettività. Si tratta di un diritto primario ed assoluto, garantito attraverso il servizio sanitario nazionale, che prevede una tutela piena, attraverso: la possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate. E’ questo infatti uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo, anche a coloro che presentano delle malattie rare. Infatti al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, territoriale ed economica esistenti. La disparità infatti costituisce un’area di criticità spesso drammatica, come è evidente quando si riflette sulle malattie rare: patologie debilitanti, fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità. Sono in gran parte di origine genetica, circa nell’80 per cento dei casi, mentre per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di origine infettiva o tossica.
Come definire le malattie rare
Come è noto, il regolamento (CE) n. 141/2000 considera rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei 27 Stati membri dell’Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci sono 246.000 malati. Oggi, nell’Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone. La definizione arbitraria di «malattia rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie e ha frenato gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico. Inevitabili i ritardi nella diagnosi e nelle cure. Non a caso sono pochi i centri in cui è possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta ed è complessivamente scarsa anche l’attività di ricerca per la produzione di nuove molecole che risultino efficaci sotto il profilo terapeutico. La rarità incide sulle possibilità effettive della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall’esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici e d’altra parte il ricorso a una casistica multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono risultare poco omogenei. Sono spesso le associazioni dei pazienti che danno un grande contributo alla ricerca, anche attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi temi. Sono loro che mettono in moto, a prezzo di fatiche inenarrabili, dinamiche istituzionali, che sembrano incomprensibilmente irrigidirsi davanti a richieste assolutamente legittime, negando diritti inscritti nella nostra stessa Costituzione. Il volontariato di queste associazioni di pazienti sembra dotato di singolare creatività. Davanti ad ostacoli che possono apparire insormontabili ai tanti addetti ai lavori, medici
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e amministratori, scienziati e politici, sanno contrapporre una tenacia e una determinazione che sfida pregiudizi vecchi e nuovi. Grazie a loro stanno mutando le condizioni di accertamento dell' invalidità, stanno facendo passi in avanti le modalità di certificazione della malattia, anche in funzioni di possibili forme di esenzione. Stanno cambiando le modalità di presa in carico di questi pazienti nei grandi ospedali, attraverso unità dedicate specificamente a loro. L’accesso alle cure sta evolvendo verso una vera e propria integrazione socio-sanitaria, che richiede nuovi modelli di formazione degli operatori. Nasce così una ricerca scientifica non solo di natura genetica o biomolecolare, ma anche di tipo psico-sociale, particolarmente attenta agli aspetti relazionali e alla qualità di vita di questi pazienti.
Esperienze internazionali: la Francia e l’Europa
In Francia, un' interpretazione della normativa europea non condivisa da tutti, ha consentito di adottare fin dal 1994 un piano nazionale per le malattie rare, che consente un' autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (ATU), con un duplice scopo: garantire l’accesso alle cure da parte dei pazienti;
utilizzare un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima che lo stesso abbia ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio.
La condizione necessaria è che il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato e possibilmente abbia superato la fase sperimentale III. Debbono esserci segni di un' accertata efficacia, in mancanza di una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato. Lo schema dell’autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (ATU), applicato alle medicine destinate alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione questi farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all’ottenimento dell’autorizzazione alla commercializzazione. Molte associazioni di pazienti in Italia chiedono al Governo che ci si possa muovere lungo la stessa direzione, per offrire alle persone affette da malattie rare, un accesso tempestivo alle terapie innovative.
Negli ultimi anni, grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata avanti anche in sede internazionale dalle associazioni di pazienti e dei loro familiari, sono stati raggiunti risultati importanti. Basta ricordare alcune tappe significative: con la Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo è stato adottato un Programma d’azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell’azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999- 2003. Nel 2000, sempre a livello europeo, l’European Medicines Agency (EMEA) ha istituito il Committee for Orphan Medicinal Products (COMP), che ha pubblicato il Regolamento n. 141/2000 della procedura comunitaria per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano.
L’Italia: dall’autonomia regionale alla difformità delle cure
Il Ministro della Sanità il 18 maggio 2001 ha emanato un decreto, il n. 279, in cui è contenuto il «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie». Il Decreto agevola in modo significativo la vita delle persone affette da malattie rare, anche sotto il profilo economico, in quanto prevede l’esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra quelle incluse nei LEA secondo criteri di appropriatezza ed efficacia e sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Questo
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stesso decreto per la prima volta all’allegato 1, riporta l’elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario nazionale e all’articolo 8 prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento siano aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici». Ma disgraziatamente, nonostante le indicazioni del decreto, non c’è mai stato nessun aggiornamento. Il 21 marzo del 2008, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, mai entrato in vigore, proponeva un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, che avrebbe dovuto integrare e sostituire il precedente allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001. A titolo esemplificativo e non esaustivo, indicava altre 109 patologie da includere nell’elenco ufficiale delle malattie rare. Cosa che non è accaduta per cui i pazienti che ne sono affetti non godono di nessuno dei benefici previsti. D’altra parte le regioni italiane, a cui è stata trasferita la competenza in tema di programmazione ed organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l’applicazione della normativa nazionale in modo diverso da regione a regione, per cui i malati sono tutelati in modo altrettanto diverso. Di fatto, si sono creati 21 sistemi sanitari regionali, diversi tra di loro sia per quanto riguarda le politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur essendo identica la ratio che li ha generati. La diversa disponibilità e, quindi, la diversa accessibilità ai fondi regionali, si trasforma inevitabilmente, in difformità nell’accesso alle opportunità di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice appartenenza regionale sul territorio nazionale. Le amministrazioni regionali ad esempio non differenziano i farmaci orfani all’interno delle loro delibere attuative e di indirizzo, per cui creano ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione del medicinale e non solo della prescrizione) ai pochi, talvolta addirittura unici, centri di riferimento regionali. La disparità di trattamento di fatto avviene non solo fra le varie regioni, ma anche all’interno delle stesse regioni e, addirittura, all’interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del SSN.Ogni regione si regola come crede: per ogni regione vale una normativa di tipo diverso, per cui un paziente che in una regione riesce ad ottenere attenzione, assistenza e supporto farmacologico, in un’altra regione può sentirsi totalmente escluso da questo, con un'accentuazione di quella sindrome di ingiustizia di cui, in un certo senso, si è vittime già dal momento della nascita per essere affetti da una patologia che sembra diventare sempre più ostile.Ma la nostra Costituzione non prevede distinzioni di trattamento quando sancisce il diritto alle cure come garanzia per la tutela della salute dei cittadini. Occorre ritrovare una nuova uniformità qualitativa e quantitativa nell’assistenza sanitaria e sociosanitaria e per questo servono delle linee guida e delle direttive sufficientemente omogenee, capaci di coniugare il rispetto delle specificità regionali con le esigenze di razionalizzazione del sistema sanitario nazionale, mantenendo fermo per tutti il diritto di accesso alle cure.
Il Governo: impegni concreti ad un anno dalla fine della legislatura
Per questo è fondamentale che il Governo verifichi in che modo e fino a che punto i bisogni di salute dei pazienti affetti da malattie rare sono attualmente soddisfatti, tenendo conto che, in questo particolare momento di risanamento economico del Paese, esistono persone già gravemente penalizzate, che non possono sopportare il peso di ulteriori limitazioni. Bisogna promuovere in tutte le regioni iniziative che consentano a tutti i neonati di accedere ad adeguati screening indispensabili per individuare precocemente molte patologie, anche di tipo metabolico. In questi casi, se si inizia precocemente la terapia opportuna, si possono evitare stati successivi di grave invalidità. In un momento politico come quello attuale, in un momento di assoluta mancanza di risorse, in un
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momento in cui tutto il Paese sta facendo notevoli sacrifici, nessuno vorrebbe che il peso maggiore di questi sacrifici gravasse su coloro che sono affetti da patologie rare, rendendo più difficile la loro possibilità di accedere ai farmaci perché questi farmaci sono soggetti ad un carico fiscale eccessivo, ingiusto, del tutto inaccettabile. Serve una politica economica che faccia un passo indietro in quanto a tagli e un passo avanti in quanto a promozione e sviluppo.Le imprese devono poter mettere in atto un comportamento etico, a partire dalla riduzione del prezzo dei medicinali, che potrebbe essere garantito attraverso una defiscalizzazione ed un allungamento dei brevetti per le aziende farmaceutiche impegnate nella ricerca sulle malattie rare, come è previsto dai diversi progetti di legge. Il tema delle malattie rare non è semplicemente di pertinenza sanitaria, ma si intreccia con problematiche etiche e sociali, familiari e istituzionali.E’ necessario istituire a livello nazionale, partendo ovviamente dai livelli regionali, dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, per consentire un utilizzo più mirato delle risorse pubbliche. In questo senso potrebbe essere molto utile istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della Salute, che potrebbe contribuire ad accelerare la revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per inserirvi un elenco aggiornato delle malattie rare, a cominciare dalle 109 nuove patologie rare, già previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2008 e mai entrato in vigore. Per fare tutto questo evidentemente è necessario ampliare la copertura finanziaria, in modo da permettere un più ampio e veloce accesso alle cure innovative, anche attraverso un fondo ad hoc necessario per garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «c» indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, inserendoli, una volta ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione, in tutti i prontuari regionali in modo omogeneo. Serve un Piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell’informazione sulle malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell’assistenza, l’accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l’accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del Piano nazionale.
Conclusioni
Ci sono quattro punti che potrebbero essere “facilmente” migliorati nel nostro rapporto con le malattie rare. Nel caso delle malattie rare forse il primo ostacolo che va rimosso è quello intrinseco al termine di malattia rara, perché raro può far pensare ad una questione che riguardi poche persone. In realtà, se è vero che i malati compresi per ciascuna malattia rara possono essere pochi, i malati ricompresi sotto la dizione più generale e più complessa di malattie rare raggiungono la cifra di diversi milioni, soprattutto se il nostro sguardo e il nostro cuore si allargano a comprendere la situazione europea. È stato calcolato che in Europa ci siano da 27 a 36 milioni di persone affette da malattie rare che chiedono aiuto le une alle altre, organizzate in associazioni, perché per affrontare il tema delle malattie rare è necessaria una cultura della solidarietà anche e soprattutto a livello europeo. Ma c’è anche un altro problema importante: quando nel 2001 venne formulata
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la legge che riguardava le malattie rare, il legislatore, con grande attenzione e con grande prudenza definì la necessità, assoluta, che l’elenco delle malattie rare diventasse oggetto di una revisione periodica. Sennonché, l’elenco delle malattie rare non è stato mai aggiornato e ci sono ben 200 malattie che sono state individuate e che potrebbero essere ricomprese in questo elenco, assicurando benefici concreti ai pazienti e alle loro famiglie. Nulla si è fatto in questi ultimi 10 anni e ci sono persone che attendono quanto è loro dovuto e che si sentono ancora una volta ingiustamente discriminate. Un terzo punto riguarda la ricerca scientifica sui farmaci orfani. Se la ricerca è frutto di un intenso lavoro di equipe internazionali, la sua applicazione sul piano nazionale è segno della lungimiranza dei suoi legislatori. Il passaggio dal risultato positivo della ricerca all’inserimento nel prontuario è un passaggio che richiede una serie di trafile, molte delle quali sono di natura esclusivamente burocratica. Alcune di queste sono sicuramente iniziative volte a garantire sicurezza nella somministrazione del farmaco, ma non è sempre così. L’esperienza francese, che permette l’utilizzazione temporanea del farmaco, permette anche di aggirare il limite della normativa e permette di mettere a disposizione dei pazienti farmaci di cui saranno loro stessi i giudici più attendibili proprio a partire dagli effetti che potranno riscontrare. Dopo aver meglio definito cosa significhi malattia rara e aver rivisto il loro elenco per garantire tempestivamente a tutte le persone malate un pari accesso alle terapie rese disponibili dalla ricerca scientifica , resta ancora una cosa importante e urgente da fare a livello centrale. Promuovere nelle facoltà universitarie, nei grandi centri ospedalieri, delle task force capaci di porsi in modo integrato al servizio dei malati affetti da malattie rare, sapendo coniugare interdisciplinarietà e multi professionalità, ricerca clinica e sensibilità sociale, conoscenze specifiche e competenze manageriali, valori etici e abilità professionali. La sfida che ci pongono le malattie rare stimola la nostra intelligenza a risolvere quesiti che appaiono insolubili. Ma la curiosità intellettuale non basta, serve un nuovo approccio ad un welfare creativo, un welfare di nuove generazione, capace di creare nuove opportunità anche per le famiglie che fin dalla nascita assistono i propri figli e tremano davanti alla prospettiva del “dopo di noi…”
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Contributo scritto Sen. Ignazio R. Marino Presidente Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale
Le malattie rare infliggono una doppia sofferenza, quella della malattia stessa,
spesso grave e invalidante, unita alla difficoltà di trovare le cure e l’assistenza
giuste. La diagnosi è lunga e complessa e difficile è trovare un medico che
individui o conosca la patologia, in moltissimi casi mancano i farmaci necessari.
I medicinali per queste rare patologie vengono detti “orfani” semplicemente
perché le aziende farmaceutiche, in assenza di un bacino di potenziali pazienti/
clienti sufficientemente ampio a coprire le spese di ricerca e produzione, nonché
a garantire un ragionevole profitto, non si curano di produrle. Succede anche
però che un farmaco sia disponibile e le procedure burocratiche per autorizzare
la sua utilizzazione non siano sufficientemente rapide per il malato. Per queste
ragioni per pazienti e famiglie il calvario ha inizio fin dal momento in cui si cerca
di ottenere una diagnosi e una medicina: trovare i centri in grado di offrire
assistenza e cura può rivelarsi quasi impossibile, al momento sono disponibili
trattamenti solo per 300 di queste patologie. E, purtroppo, tanto più una malattia
è rara, tanto più è difficile disporre di terapie valide. In Italia le malattie rare
interessano circa 2 milioni di persone. Si tratta per lo più di patologie croniche e
invalidanti, a volte causa di mortalità precoce.
Riuscire ad aiutare uno di questi malati è dunque un doppio successo, le loro storie
commuovono anche per la loro singolarità. Ho ancora nel mio studio, assieme
alle foto di tanti altri pazienti, il ritratto di un ragazzino americano di 11 anni di
nome Brian, scattato nel 1993. Malato di fibrosi cistica, una patologia genetica
poco comune che negli Stati Uniti colpisce un bambino bianco su 3.300, e un
bambino di colore su 15.300, Brian quando sorrideva al fotografo attendeva di
essere sottoposto a un duplice trapianto di polmone e di fegato. Nei suoi occhi
si leggevano la paura e lo spavento di fronte all’operazione che lo attendeva.
Quell’intervento andò bene. Oggi lo immagino adulto e con un’espressione
più sicura e fiduciosa nei confronti della vita. Spero che abbia rimosso i timori
di allora, o addirittura che non se ne ricordi più. Oggi esiste anche un nuovo
farmaco per curare la fibrosi cistica che la Food and Drug Administration ha
reso disponibile compiendo tutti i passaggi amministrativi necessari in soli tre
mesi adottando una procedura d’urgenza proprio a causa della gravità e rarità
di questa malattia.
In Italia, in questi giorni, c’è una bambina che soffre di una malattia genetica
del sangue, il deficit del Fattore 5, che attende dall’AIFA l’autorizzazione per
il farmaco che le è necessario. Dato che il suo caso è unico in tutto il Paese,
l’Agenzia italiana per il farmaco deve adottare un provvedimento di autorizzazione
esclusivamente per lei, per consentirle di cominciare una cura sperimentale di
questo medicinale. Per quanto mi riguarda, ho scritto all’AIFA chiedendo di
fare tutto quanto è possibile per accelerare tutti i passi che restano ancora da
compiere per consentire alla piccola di essere curata. E tuttavia, le iniziative
singole non bastano. Molto deve ancora essere fatto per sottrarre questi malati,
in molti casi si tratta di bambini, al loro destino di duplice discriminazione.
Al Senato abbiamo presentato e approvato una mozione parlamentare
sostenuta da tutte le forze politiche per chiedere al Governo di prevedere per
questi pazienti l’esenzione dal costo per l’acquisto di farmaci di fascia C, finora
a pagamento, di rendere disponibili gratuitamente le prestazioni sanitarie e di
aggiornare i prontuari terapeutici. Il documento impegna l’esecutivo anche ad
adottare un piano nazionale triennale per la prevenzione, la sorveglianza, la
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diagnosi tempestiva, il trattamento e la riabilitazione nei pazienti con malattie
rare, a garantire un equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con
malattie rare su tutto il territorio nazionale per migliorare la vita di queste persone
e delle loro famiglie, per la formazione dei medici e delle figure professionali
coinvolte nell’assistenza, l’accesso al trattamento, ai farmaci e alla prevenzione,
l’accesso ad una diagnosi tempestiva ed il supporto alla ricerca di base clinica,
sociale e di sanità pubblica, sulle malattie rare. Per quanto riguarda i farmaci,
abbiamo chiesto che vengano forniti gratuitamente senza ticket quei farmaci già
riconosciuti come “orfani” dall’Agenzia europea per la valutazione dei medicinali
e che vengano introdotti incentivi e agevolazioni fiscali mirate a promuovere la
ricerca clinica per la produzione dei farmaci orfani. Resta ancora da superare
un ostacolo importante, ovvero il fatto che sia a livello nazionale che a livello
regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello
di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del
Servizio sanitario nazionale per i pazienti cosiddetti normali. Ma la disparità
non si limita alle differenze tra tipologie di pazienti. Esistono inoltre disparità di
trattamento fra le varie Regioni e persino all’interno delle medesime Regioni o
addirittura, all’interno delle stesse città, nonostante sia doveroso riconoscere
a tutti i cittadini lo stesso livello di prestazioni da parte del SSN. E’ necessario
quindi che, nell’ambito della revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA),
operato dal Ministero della Salute, sia disposto un loro aggiornamento finalizzato
anche a rendere effettiva, per coloro che soffrono di patologie rare, una parità di
prestazioni, rispetto al resto della popolazione, in termini di diagnostica, terapie
ed assistenza.
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85LA CONSULTAZIONE
PUBBLICA
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L’approccio metodologico
Nei mesi di marzo e aprile 2012 si è svolta una Consultazione Pubblica in tema di malattie rare che ha raccolto, attraverso il sito www.malatirari.it idee e suggerimenti di oltre 70 soggetti fra Associazioni Pazienti, Società Scientifiche, ONG, Funzionari di Enti ed Istituzioni nazionali e locali, Associazioni Industriali, Agenzie Nazionali e Regionali per i Servizi Sanitari e Decisori Politici.
Per agevolare la formulazione dei contributi, è stata predisposta una griglia di 18 domande realizzate e validate con il contributo si importanti stakeholder (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Università di Padova, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) che hanno aderito al progetto “Malattie Rare: alla ricerca dell’approdo”.
Le risposte si sono distribuite come segue:
Associazioni Pazienti, Pazienti e familiari 41.25%
Medici, Società Scientifiche 27.50%
Professionisti appartenenti ad atenei universitari 5.00%
Organizzazioni No-Profit 2.50%
Assessorati alla Sanità 3.75%
Altre aree non specificate 20.00%
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, il 60% circa delle risposte proviene dal Nord, mentre Centro e Sud d’Italia si sono ripartiti quasi equamente il restante 40%.
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Domanda n. 1
Il Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) verterà sulle aree sotto elencate. Ritiene ci siano ulteriori temi da includere oltre a quelli qui indicati?
Contesto europeo ed internazionale: raccomandazioni, normativa di riferimento, iniziative per la costruzione delle reti europee (ERNs e CE) Contesto italiano:
Le malattie rare nella definizione dei LEA;• Definizione delle strategie;• Organizzazione: elementi costitutivi del sistema (Presidi, reti di assistenza • e strumenti di coordinamento); il Registro nazionale e i Registri regionali e interregionali; il collegamento con le attività europee;Il percorso del paziente: riconoscimento precoce della malattia e corretto • riferimento dei malati, accesso ai servizi e alle cure; presa in carico globale; mobilità in ambito nazionale ed internazionale.
La forza delle Associazioni Prevenzione primaria e secondaria Codifica e classificazione: iniziative della Commissione Europea Informazione: popolazione generale, pazienti e famiglie; operatori sanitari Formazione degli operatori: universitaria pre e post laurea, formazione continua e aggiornamento dei MMG e degli specialisti Farmaci (piano terapeutico, farmaci “off label”, farmaci classe C, farmaci orfani) Ricerca e banche dati
Biobanche Monitoraggio degli interventi del PNMR
A questo primo quesito ha risposto il 73% di tutti i soggetti che hanno aderito alla Consultazione, con ampia partecipazione sia da parte di medici ed operatori socio sanitari che dei pazienti e loro associazioni. Più del 71% dei rispondenti giudica esauriente la lista dei temi che dovranno essere inclusi nel Piano Nazionale delle Malattie Rare (PNMR), mentre il restante 30% propone alcuni argomenti aggiuntivi.
Molti hanno voluto, fin da questa prima domanda, fare delle precisazioni anche su come alcuni argomenti dovrebbero essere sviluppati. L’organizzazione dei percorsi di presa in carico socio sanitaria dei pazienti è il punto su cui l’attenzione è stata più alta, seguito dalla formazione di medici ed operatori, dall’accesso alle terapie, dalla distribuzione e qualificazione dei centri di riferimento. In seconda battuta, emerge la questione dei registri di malattia - fino anche a proporre un registro internazionale integrato - e il coinvolgimento delle associazioni nel sistema, tutti elementi che sono stati comunque sviluppati in maniera più specifica nella domande successive.
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Relativamente ai percorsi di presa in carico, emerge una duplice necessità: da una parte quella di strutturare meglio l’assistenza medica a partire dalla fase della diagnosi e dall’altra quella di dare una maggiore attenzione alla presa in carico sociale, destinando oggi più che in passato una particolare attenzione alla delicata fase di passaggio tra la cura ospedaliera e quella domiciliare, un momento in cui possono nascere disagi che potrebbero essere alleviati da una maggiore promozione di gruppi di supporto, dalla promozione di percorsi di inserimento scolastico e lavorativo, da un' adeguata tutela dei genitori sul lavoro e magari con la creazione della figura del “tutor per i malati rari”, con l’obiettivo di sollevare il malato e la famiglia da adempimenti burocratici ed indirizzare verso eventuali centri specializzati.
Il tutto senza dimenticare sia di agire verso una maggiore umanizzazione delle cure che sull’opportunità di fornire, parallelamente, anche servizi di supporto psicologico, che dovranno dunque essere considerati, all’interno del PNMR, come parte integrante del percorso terapeutico.
Il tema dei percorsi di presa in carico è percepito come strettamente legato alla distribuzione dei centri sul territorio, argomento su cui si fa sentire fortemente la richiesta di “identificare mediante criteri obiettivi a livello nazionale centri di riferimento ai quali conferire competenze specifiche ed esclusive, comprese quelle di controllo della spesa farmaceutica”, di “uscire dalla logica di suddivisione Regionale del SSN” e di “riconoscere/istituire pochi centri nazionali di riferimento per le Malattie Rare”. Tutto questo “facendo massima chiarezza su quelli che saranno i centri designati a seguire una determinata patologia e, allo stesso modo, sul ruolo dei centri non designati, i quali, pur dotati di competenza e buona volontà, al minimo sospetto, dovranno riferire il paziente ai centri esperti, senza lasciare spazio all’improvvisazione locale”. La richiesta che emerge fin dall’inizio è dunque quella di un maggiore coordinamento e di una maggior chiarezza dell’organizzazione della rete, andando però da chi auspica un coordinamento più forte dal punto di vista centrale, al di sopra delle regioni, e chi invece punta maggiormente sulle potenzialità di una organizzazione regionale o interregionale.
C’è infine un tema non incluso nell’elenco di aree che potrebbero ipoteticamente entrare nel PNMR, che emerge dalle risposte date soprattutto dalle associazioni e che riguarda in maniera specifica l’approccio dei pazienti agli studi clinici. Quello che si chiede è “l’istituzione di un Comitato Etico-Scientifico per l’accesso delle persone colpite da malattia rara agli eventuali programmi di sperimentazione sulle cure che conseguono alle ricerche avanzate”. Si tratterebbe di un “Organo di tutela che si interpone tra i responsabili delle nuove sperimentazioni (università, aziende farmaceutiche) e i pazienti”. Una paziente, in particolare, riporta l’esigenza di tutele ulteriori (oltre a quelle garantite dai comitati etici e dalle consuete regole sulla sperimentazione) per i partecipanti ai nuovi trial che stanno (per fortuna) crescendo.
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Domanda n. 2
Con riferimento al Contesto europeo ed internazionale, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR con riguardo al recepimento delle raccomandazioni, della normativa di riferimento, delle iniziative per la costruzione delle reti europee?
Parlando di Europa e contesto internazionale, la prima cosa che emerge è che una parte considerevole di risposte è ‘fuori tema’ e che un partecipante alla consultazione su 3 ha eluso questa domanda; segno che ancora oggi il contesto europeo non viene percepito come panorama naturale di riferimento per la maggior parte degli attori del sistema ‘malattie rare’ e/o non è nota l’attività espletata a livello comunitario.
Le risposte più puntuali sono arrivate da medici e operatori scientifici che lamentano la disomogeneità delle politiche sulle MR, sia per quello che riguarda l’applicazione delle direttive, che la pratica clinica. Per realizzare una governance europea, la proposta più condivisa è quella di creare “un coordinamento tra i Paesi UE governato dalla Commissione, con il monitoraggio delle azioni poste in essere in ogni singolo Stato membro” o, più nello specifico, “costituire un board transnazionale paritetico che svolga attività di monitoraggio su tempistica, qualità e ricadute delle iniziative sui Paesi che partecipano al network. A questo si dovrebbe accompagnare una valutazione semestrale della comunicazione fra i partecipanti al network europeo, mediante indicatori di esito”.
Dal punto di vista dell’organizzazione clinica, la richiesta di medici e pazienti è soprattutto la strutturazione di percorsi comuni – e tra loro collegati – per la diagnosi e la terapia, con l’applicazione di linee guida condivise e interscambi costanti, anche attraverso database, registri europei di pazienti e magari anche con una più stretta collaborazione con il mondo clinico e associativo nordamericano. Tra le idee presentate, c’è anche quella di un Centro unico di Coordinamento Europeo per malattie o gruppi di malattie affini composto da esperti riconosciuti del settore. Al di là dello specifico modello organizzativo, emerge, comunque, in maniera netta la richiesta di una rete europea di centri di riferimento specializzati per patologia, realmente qualificati e monitorabili attraverso un “indicatore nei criteri di valutazione e rivalutazione del Centro, a cadenza triennale”.
Parlando di politiche comunitarie per le MR, emergono però timori legati anche al quadro di rifermento attuale, e dunque alla crisi economica e alla possibile mancanza di ‘copertura finanziaria’ delle iniziative legislative in discussione; preoccupazione particolarmente sentita dal mondo associativo. “La crisi economica generale – spiega ad esempio uno dei partecipanti alla consultazione – porta con sé il rischio che i vari livelli di iniziativa possano infrangersi contro le difficoltà di copertura finanziaria. Contro questo pericolo bisogna che qualsivoglia azione sia capace di creare innanzitutto il giusto ‘spazio politico’ per dispiegare programmi efficaci e sostenibili. Alla fine di tutto ciò, quello che conterà saranno i miglioramenti concreti ed effettivi nelle vite dei malati rari. Questa è la grande responsabilità di tutti coloro che si attiveranno in questo campo d’azione”. Dai pazienti e dalle loro famiglie, assai più che dai medici, emerge poi la richiesta di un maggior interscambio di informazioni a livello europeo, sia attraverso scambi conoscitivi diretti (incontri tra associazioni e convegni) che con la promozione di reti internet/multimediali di news.
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Domanda 3
Con riferimento al Contesto italiano e con particolare riguardo alle malattie rare nella definizione dei LEA, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Il tema della definizione dei nuovi LEA è uno di quelli che riscuotono maggiore interesse tra le associazioni pazienti e lo dimostrano i frequenti riferimenti emersi nell’ambito della consultazione pubblica.
Gli ambiti di discussione in materia sono principalmente tre: • la definizione e standardizzazione dei percorsi terapeutici;• gli aiuti alle famiglie;• l’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare esenti.
Si tratta di tematiche percepite come strettamente correlate: come fa notare un medico, “la lista del decreto ministeriale 279/2001, non essendo completa ed escludendo alcune patologie, non consente la definizione dei rispettivi Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali (PDTA) e l’inclusione di questi nei LEA”. Quello che si chiede è dunque che i nuovi LEA permettano di realizzare un modello efficiente di presa in carico globale del paziente che sia uniforme su tutto il territorio. Si tratta, infatti, di un obiettivo ancora da raggiungere e per il quale si auspicano iniziative di cooperazione tra le Regioni. Va, però, notato che non sono solo le discrepanze tra Regioni a pesare, ma anche le disuguaglianze che derivano da elementi di discrezionalità più ‘locali’ e talvolta anche individuali. “I trattamenti attesi e necessari – dice ad esempio un paziente - sono molto diversi da quelli effettivamente erogati sul territorio dalle ASL” e c’è dunque chi chiede “penali per i dirigenti che tardano o non attivano i servizi”, al fine di rimuovere le discrezionalità a vantaggio dell’uniformità.
Per un’ottimale applicazione dei LEA, non è indifferente il modello di distribuzione territoriale dei centri di riferimento: la distanza tra loro e la residenza del paziente comporta infatti un elevato costo sociale oltre che un carico economico per la famiglia. Esiste, inoltre, un rapporto inverso tra la qualità dell’assistenza e la distanza dal centro di cura. Nella risposte di quanti hanno partecipato alla consultazione pubblica, emergono a questo riguardo due istanze. Da una parte, quella di “disporre anche a livello periferico di una struttura di riferimento per le malattie Rare” e di “creare poli di riferimento per le malattie rare in ogni ospedale”, dall’altra, quella di concentrare i pazienti in pochi centri di eccellenza”. In realtà, come alcuni ben evidenziano, tale divergenza potrebbe essere superata attraverso il modello “Hub & Spoke” cioè con “l’identificazione di criteri per la definizione di centri di riferimento di primo livello e centri di secondo e terzo livello”, un modello che garantirebbe la copertura del territorio nazionale nonché una migliore gestione del paziente, evitando spostamenti frequenti da una regione all’altra, magari anche distante. Tale modello potrebbe inoltre ricevere un valido supporto dalle soluzioni tecnologiche per la condivisione dell’informazione clinica (es.: telemedicina), al fine di rendere disponibile nelle sedi decentrate dove si trova il paziente, la competenza e l’esperienza presenti nei centri di riferimento, riducendo la mobilità sanitaria.
Viene segnalato inoltre come spesso la definizione di malattia rara porti a precludere l’accesso alla terapia quei pazienti affetti da una forma ritenuta meno aggressiva di una specifica patologia. Ad esempio, la forma di ipercolesterolemia
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familiare omozigote è rara (1 pz su 1.000.000), la eterozigote no (1 su 500). Di norma i pazienti affetti da questa seconda forma possono ricorrere a terapie efficaci e disponibili attraverso il SSN. Un sottogruppo di questi soggetti tuttavia, non rispondendo alla terapia disponibile, non ha accesso ad altre forme di trattamento (ad esempio LDL aferesi) che sono rimborsabili solo per gli omozigoti. Questi pazienti (rari, si stima 1 su 15.000-20.000), paradossalmente, non sono trattati.
Se importante è l’accesso del paziente alle strutture ospedaliere, non meno fondamentale è la sua gestione al di fuori di queste; è qui che assumono un ruolo rilevante – e forse oggi non adeguatamente sviluppato - le terapie domiciliari. “Non esistono attualmente livelli essenziali di assistenza a domicilio per pazienti dipendenti dalle alte tecnologie – spiega una delle associazioni - come ad esempio tracheotomizzati e/o ventilati meccanicamente. Andrebbero attivate l’ospedalizzazione domiciliare, con accesso del rianimatore a domicilio per regolare i parametri respiratori, e/o le visite domiciliari per ridurre al massimo i ricoveri”.
Un ruolo di grande rilievo viene poi attribuito alla ‘presa in carico del nucleo familiare di riferimento’ soprattutto nei casi, che sono la maggior parte, in cui ad essere affetto da una MR è un paziente pediatrico. Ciò che viene maggiormente richiesto, soprattutto dalle associazioni, è “la tutela sociale dei genitori, in particolare modo delle madri, che spesso subiscono mobbing o devono rinunciare al lavoro perché il bambino con MR necessita di assistenza h24”. Si chiede dunque che con i nuovi LEA “la figura del care-giver venga ufficialmente riconosciuta e retribuita, eliminando così le disparità in tema di accesso alle cure e all’assistenza legati alla disponibilità economica.
Per quanto riguarda in modo specifico l’elenco di patologie esenti comprese nell’allegato A del decreto 279 del 2001, la posizione è ormai piuttosto uniforme sui criteri di base: l’elenco va rivisto, le 109 MR già individuate inserite subito e i LEA uniformati anche a livello regionale. Per il futuro va invece trovato un sistema che renda più semplice l’aggiornamento, visto che quello previsto dal decreto 279 non ha funzionato. A questo andrebbe accompagnata anche “un’opera di ricerca epidemiologica completa che possa definire i numeri dei malati rari in ogni Regione e, in base a questo, dotare le Regioni di fondi adeguati”. Il tema dei fondi, soprattutto in questo periodo di crisi, non viene infatti trascurato e si ipotizza un fondo a garanzia della spesa corrente ed incrementale, legato alla diffusione di trattamenti ed interventi diagnostici ad elevato impatto economico, senza che questa ricada all’interno della spesa sanitaria nel suo complesso e dei suoi relativi vincoli. Se ad oggi, nonostante 11 anni di politiche per le MR, tutte queste difficoltà permangono, si deve, come da molti indicato, alla scarsa rappresentanza che hanno avuto, e ancora oggi hanno, i pazienti nei tavoli di decisione; si chiede dunque che le decisioni vengano prese “ad un tavolo di esperti dove i pazienti siano testimoni ed attori che le cose decise si facciano, subito e bene”. Si propone dunque di individuare ed istituire un unico Comitato Nazionale che consenta di dare voce a tutti gli attori coinvolti, (la rappresentanza dei pazienti; il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e gli altri Ministeri per competenza; le Regioni; l’AIFA; l’ISS; le Società Scientifiche), in modo da garantire la più ampia rappresentanza possibile e di delineare le linee strategiche da attuare nei settori dell’assistenza, della ricerca, della tutela e della promozione sociale, della formazione e informazione, nell’ambito delle MR.
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Infine, un tema a cui è stato fatto cenno è quello dello screening neonatale che ha purtroppo trovato ad oggi molti ostacoli, ma che molte associazioni pazienti considerano prioritario, sia per accelerare i tempi della diagnosi - e dunque dell’accesso alle terapie - sia per aumentare le probabilità di sopravvivenza, sia, infine, per migliorare la qualità della vita dei pazienti, in base all’opinione largamente condivisa che una diagnosi precoce rappresenti sempre un vantaggio.
Domanda 4
Con riferimento al Contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR con riguardo all’organizzazione degli elementi costitutivi del sistema di governo delle malattie rare? Commenti, in particolare, la distribuzione dei presidi, la costruzione delle reti di assistenza e degli strumenti di coordinamento.
Quando si parla di organizzazione dei centri di riferimento per le MR, medici e pazienti si fanno propositivi, concentrandosi intorno ad alcune richieste particolarmente sentite: individuazione di criteri ben definiti per l’accreditamento,
migliore distribuzione dei centri di expertise, possibilmente con una rete che eviti le sovrapposizioni,integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali,individuazione di un modello di divisione dei compiti.
Occorre, dunque, trovare un modello che soddisfi sia l’esigenza scientifica di seguire una casistica ampia sia quella dei pazienti di ridurre i disagi dovuti agli spostamenti.
Tutti coloro che hanno partecipato alla Consultazione, rispondendo a questa domanda, evidenziano comunque che la situazione attuale crea svantaggi per i pazienti e una non ottimale distribuzione delle risorse. L’eccesso di centri accreditati, in assenza di criteri oggettivi, disorienta i pazienti e per questo si pone la necessità di attuare una revisione ‘escludendo quelli che non funzionano e definendo regole chiare per l’accreditamento’. Un accreditamento che deve essere sottoposto - si sottolinea - ad un sistema di valutazione e certificazione costante della expertise con criteri obbligatori e uguali per tutte le Regioni. In tale sistema le associazioni pazienti potrebbero ricoprire un ruolo importante e riconosciuto.
Più complessa è la questione del modello organizzativo in quanto non ne esiste uno sul quale convergano tutte le preferenze. In ogni caso, è evidente che occorre superare alcuni ostacoli: in primo luogo il problema che può derivare dal “doppio livello di governance del sistema sanitario italiano (nazionale / regionale) capace, se non controllato, di produrre disparità di trattamento nei diversi ambiti regionali”. Vanno poi superati i ‘campanilismi’ che vedono talvolta combattere regioni, o addirittura province, per ottenere i centri di riferimento, con il risultato di inutili duplicazioni, così come anche la richiesta dei pazienti - comprensibile, ma non sempre effettivamente utile - di avere centri di eccellenza vicini al luogo di residenza e quindi facilmente raggiungibili. Come testimonia un dirigente medico, l’eccessiva parcellizzazione dei centri può
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essere negativa perché “le reti di assistenza sono quasi impossibili da definire vista l’eterogeneità e la parcellizzazione dell’offerta sul territorio”. Contraria alla parcellizzazione è, infatti, un’ampia corrente di pensiero – composta sia da medici che da associazioni – che sostiene la necessità di concentrare le attività di ricerca e di diagnostica in pochi centri e non disperdere il potenziale scientifico.
“Già oggi – dice una paziente - i malati si informano e vanno nei centri di eccellenza; le politiche sanitarie farebbero bene a tener conto di questa realtà”. “Bisognerebbe – rimarca un’associazione pazienti - individuare pochi presidi a livello nazionale distribuiti equamente sul territorio che siano veramente in grado di dare una risposta ed un‘assistenza ai pazienti”.
Tra l’estrema parcellizzazione di chi vorrebbe i centri di riferimento sempre vicini e l’istanza di massimo accentramento, possono esserci delle vie di mezzo, che dovrebbero comunque tener conto anche dell’incidenza epidemiologica della malattia e delle esigenze concrete dei pazienti (frequenza delle visite, delle terapie, grado di disabilità).
Senz’altro di grande aiuto sarebbe la condivisione dell’informazione in merito ai network esistenti: per l’area delle dislipdemie genetiche, ad esempio, questo network di centri clinici esiste (Lipigen, circa 40), è distribuito su tutto il territorio nazionale e potrebbe essere senz’altro messo a fattor comune.
Una proposta avanzata da più soggetti è quella dell’approccio d’organo, con l’individuazione cioè di centri di riferimento non tanto in base alla singola patologia – considerato l’elevatissimo numero di patologie rare, in alcuni casi anche simili tra di loro– bensì secondo l’organo principalmente colpito. Si tratta, in questo caso, di un approccio che viene talvolta usato per le malattie polmonari. Al di là dello specifico modello organizzativo, tuttavia, emergono delle indicazioni comuni fortemente sentite che potrebbero rendere più efficiente uno qualsiasi dei possibili modelli, potenzialmente anche laddove ai pazienti sia richiesto di spostarsi in centri lontani per la gestione non ordinaria della malattia.
Quello che rende ogni sistema ‘migliore’ – secondo quanto emerge dalle risposte - è che vi siano dei punti fermi e chiari: una volta individuati i centri di riferimento, pochi o tanti che siano, va dunque stabilita una rete di centri satellite che possano venire incontro alle esigenze del paziente, come ad esempio la gestione dell’urgenza, e una divisione certa di compiti e responsabilità. Tale rete di centri deve poi essere capace di integrarsi con quella sociale, sviluppare assistenza extraospedaliera, coinvolgere i medici/pediatri di base e creare un sistema "in cui lo specialista possa dialogare con uno staff medico che sia territorialmente vicino". E se il paziente deve accettare una maggiore distanza dal centro di riferimento, allora per lui sarà fondamentale una migliore assistenza domiciliare, la gratuità delle terapie, anche quelle di fascia C e, se possibile, “contributi alle famiglie per permettere loro di recarsi anche in altre Regioni per il monitoraggio della patologia”. In ogni caso, un supporto organizzativo da sviluppare maggiormente è quello costituito da strumenti che permettono il lavoro in rete come lo sviluppo di database, di strumenti di telemedicina, di linee guida precise e di tutti i possibili strumenti informatizzati per la veloce condivisione di aggiornamenti.
Ultimo punto sottolineato da più di un attore del sistema è quello dell’informazione: in molti casi, questa rappresenterebbe infatti una criticità in termini di mancanza di informazione sul funzionamento delle reti di assistenza da parte degli operatori
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che, di conseguenza, non sanno indirizzare i pazienti - e di frazionamento dell’informazione, che risulterebbe quindi non omogenea e basata su un numero ridotto di campagne strutturate in modo serio e professionale. Si reputa, pertanto, auspicabile: introdurre requisiti minimi per l’informazione e sistemi di verifica delle attività;prevedere la formazione del personale deputato all’informazione;mappare con regolarità periodica le fonti di informazioni disponibili nelle diverse Regioni;identificare sistemi di controllo della qualità delle informazioni su internet;attribuire al presunto Comitato Nazionale, come previsto nel gruppo della governance, la valutazione delle necessità informative per tutti i soggetti, il coordinamento e la standardizzazione delle informazioni, il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia dei servizi informativi.
Domanda 5
Con riferimento al Contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR con particolare riguardo al Registro Nazionale e ai Registri regionali o interregionali?
Sul tema dei Registri delle MR, la richiesta più forte, emersa fin dalle risposte alla domanda n.1, è quella di averli a disposizione per tutte le patologie, anche quelle non esenti, che siano “estremamente flessibili, aggiornati ed aperti ad ogni aggiornamento” e che le modalità di partecipazione vengano definite non su base volontaria ma su base di una review delle credenziali dei centri partecipanti.Tali registri sarebbero anche utili per la ”destinazione di voci di bilancio nazionale e regionale per le MR, in ragione delle stime di prevalenza e dei bisogni diagnostico terapeutici e socio assistenziali”.
Sullo stato attuale dei registri e sulle priorità da affrontare in questo ambito, circa il 65% del campione ha una sostanziale unità di vedute. Tutti gli interlocutori ritengono che l’attuazione di quanto previsto dal D.M 279/2001 sia disomogenea e che sia anche inutile, dal punto di vista epidemiologico, limitarsi alla raccolta di registri per le solo MR esenti. Serve dunque non solo estenderli ad altre patologie, ma anche uniformare codici e sistemi di raccolta dati – affinché “tutti debbano compilare lo stesso flusso informativo, al fine di rendere attendibili e robusti i dati legati ai registri” - e attivare azioni di monitoraggio dei Registri regionali, prevedendo sanzioni nei confronti delle Regioni che non applicano le norme.
Ciò va accompagnato ad uno sforzo sia in termini di risorse assegnate alla creazione di tali Registri – ritenute da molti insufficienti – sia per un allineamento tra le Regioni più virtuose e quelle più povere. Tale unanimità di vedute poggia sulla convinzione, tanto dei medici che dei pazienti, che “senza i registri non si possono avere dati epidemiologici reali […] e che questo comporti difficoltà gravi nelle possibilità di ricerca scientifica”. Tuttavia ci sono alcuni, ma sull’argomento convivono opinioni discordanti, che sottolineano come probabilmente non sia utile ed efficiente avere sia Registri regionali che nazionali. Un Registro nazionale viene infatti visto come “strumento indispensabile alla programmazione e al confronto tra le realtà. Tale Registro dovrebbe contenere, oltre alle informazioni epidemiologiche, anche informazioni legate al piano terapeutico e al consumo di farmaci”. Secondo alcuni pazienti e le loro associazioni “È importante che i Registri offrano anche informazioni utili alle cure e all’inserimento nella comunità
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e che diano indicazioni sul percorso di vita di un malato raro, cure, scuola, lavoro”. In alcuni casi l’esigenza sentita è quella di un ‘Registro aperto’ “flessibile, per accogliere, ovviamente oculatamente, ogni novità nel campo medico e di diagnosi e […] fruibile in tutti gli ospedali nazionali e, per quanto possibile, pubblico”. Al tempo stesso occorrerà fare attenzione affinché “questi Registri non siano strumentalizzati a scopi diversi se non quelli epidemiologici”. Elementi a sfavore della ‘regionalizzazione’ dei Registri sono rappresentati da una “insufficiente comunicazione fra Registri regionali e Registro nazionale” e il fatto che “Registri regionali o interregionali possono solo essere causa di confusione”; si ipotizza dunque che possa essere preferibile “utilizzare un unico Registro nazionale, evitando ripetizioni a livello regionale o interregionale […], suddiviso per singole patologie” e che […] il diritto alla cura e all’assistenza deve essere uguale e garantito su tutto il territorio nazionale. E’ necessario – sottolinea un medico - creare attività e Registri nazionali, anche in collaborazione con le case farmaceutiche, che così sono parte integrante, etica e responsabile del piano nazionale”. Per l’implementazione di un Registro nazionale completo di tutte le patologie, si auspica anche un coinvolgimento più attivo delle associazioni pazienti nelle fasi della loro costruzione. “Se per ogni patologia – propongono alcune associazioni e pazienti - il Ministero della Salute o l’ISS individuassero un' associazione di pazienti e familiari che supporti la costruzione dei Registri, a quest’ora anziché dati del tutto incompleti ed irrilevanti dal punto di vista scientifico potremmo avere un sistema molto più efficace e partecipato, con dentro dei dati e dei numeri più aderenti alla realtà”.
Domanda 6
Con riferimento al contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR per quanto riguarda la formulazione del sospetto di malattia rara e la sua conferma diagnostica? Commenti, in particolare, ciò che riguarda l’invio della persona ai centri competenti, la gratuità delle procedure, la comunicazione della diagnosi e l’inizio della presa in carico.
Alla domanda relativa alla diagnosi i pazienti, e anche i loro medici, hanno dimostrato di conoscere piuttosto bene quelle che sarebbero, o dovrebbero essere, le procedure corrette da seguire, sia da parte del medico di base nell’indirizzare i pazienti sia da parte del centro di riferimento nella comunicazione della diagnosi. È diffusa l’opinione che su entrambi questi temi ci sia ancora molto da lavorare. Secondo molti – in particolare pazienti e genitori – i primi ‘anelli deboli’ sarebbero proprio il medico di base e più spesso il pediatra, che “dovrebbero avere l’umiltà di rimandare ad un centro specialistico, al minimo sospetto di una malattia rara […] usando il relativo codice” e sarebbe pertanto auspicabile “creare delle reti per la formazione dei medici e dei pediatri di base”. Ad oggi, segnala la maggior parte dei pazienti, bisogna ancora arrangiarsi, informarsi da soli sui centri, magari affidandosi al web. Anche laddove esistono sintomi presenti fin dalla nascita, capita che vengano minimizzati o misconosciuti causando così un ritardo diagnostico e di presa in carico, dannoso per il paziente.
Purtroppo, segnala un genitore, talvolta manca la volontà di visitare veramente il paziente. “I medici – racconta - devono visitare, osservare con attenzione i pazienti senza affidarsi a diagnosi precedenti, mia figlia ha avuto la diagnosi a 38 anni perché nessuno l’ha veramente visitata con attenzione”.
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Si auspica anche la creazione di network di malattia specifici, con disponibilità dei centri competenti a colloquio e/o referral on line.Ad oggi, tempi e metodi della diagnosi dipendono anche da quanto una patologia è nota, alcuni dicono infatti che la situazione può essere considerata sufficiente anche se “si potrebbe migliorare attraverso un flusso di comunicazione e informazione più puntuale e più mirato tra pazienti (Associazioni) e strutture sanitarie, tra medici e medici” e vi sono differenze anche dovute alle regioni di appartenenza o al livello di competenza dei singoli centri.
Vi è infine quella che viene sentita come una discriminazione tra le MR esenti – per la diagnosi delle quali esistono dei procedimenti diagnostici piuttosto precisi – e le altre malattie, non incluse nell’elenco, per le quali la diagnosi sembra essere più difficoltosa. “Oggi – racconta un paziente - i Centri regionali si dichiarano incompetenti quando il paziente è portatore di una patologia che non compare nell’elenco allegato al Dm 279/01 o nelle svariate estensioni regionali. Quindi è escluso da ogni diagnosi/cura”.
Sempre relativamente alla diagnosi, il problema talvolta riguarda anche i costi, visto che non sempre è facile ottenere i rimborsi per gli esami diagnostici e spesso viene ignorato il codice R99, che dovrebbe essere usato in fase di sospetto di malattia rara. Nella maggior parte dei casi ancora oggi sono i pazienti a doversi recare presso i centri che eseguono gli esami di laboratorio, anche quando sarebbe possibile e auspicabile far ‘viaggiare’ solo il campione biologico, visto che spesso si parla di centri molto lontani dalla residenza del paziente. Anche in questi casi per le famiglie si tratta di ingenti spese da sostenere: viaggi che molti chiamano ‘turismo diagnostico’.
Un secondo problema, ulteriore rispetto ai tempi per ottenere la diagnosi e ai costi che a volte bisogna sostenere, riguarda la modalità di comunicazione dai centri di competenza ai pazienti e ai loro famigliari. I centri dovrebbero, infatti, essere preparati a tener conto degli aspetti psicologici e del trauma che questa comunicazione può provocare. Dovrebbero esserci – fanno notare i pazienti – personale preparato e un supporto psicologico, ma questi mancano quasi totalmente.
Sulle carenze relative alla comunicazione della diagnosi concordano parzialmente anche i medici e i paramedici, che evidenziano come “sarebbe necessario ricevere già a livello universitario una preparazione specifica sulla modalità di comunicazione della diagnosi”. I medici segnalano inoltre che ‘bisognerebbe incentivare la formazione a livello delle strutture ospedaliere di primo livello per migliorare il filtro diagnostico verso le strutture di livello superiore” e, sempre al fine di facilitare la diagnosi, “sarebbe utile rendere gratuiti gli esami in fase di sospetto anche per malattie non già comprese nell’elenco delle esenti e giungere alla conferma diagnostica con protocolli che minimizzino il discomfort e il rischio biologico sulla base di dati di letteratura e di PDTA condivisi”. Infine occorrerebbe anche “potenziare i centri competenti per la diagnosi affinché possano effettivamente svolgere tutti i compiti a cui sono preposti”.
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Domanda 7
Con riferimento al contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR per quanto riguarda il collegamento tra i centri che effettuano diagnosi e quelli che sono poi deputati al trattamento e alla presa in carico della persona? Commenti soprattutto il caso in cui il centro che formula la diagnosi è fisicamente lontano dai servizi che devono occuparsi della presa in carico.
E’ evidente che oggi la diagnosi, soprattutto quella molecolare laddove disponibile, viene fatta in un numero limitato e molto specializzato di centri mentre la presa in carico del paziente è possibile ad un livello più diffuso. Questo comporta che, di fatto, il paziente possa avere la diagnosi in un centro, anche molto lontano dalla sua abitazione, ed essere poi in seguito preso in carico altrove. Talvolta questa diversità e distanza tra i due centri esiste anche quando non sono necessari esami particolarmente evoluti. Ciò implica che il paziente debba spesso far riferimento ad entrambe i centri: quando la comunicazione e collaborazione tra i due non funziona in modo ottimale, possono sorgere delle difficoltà. Si tratta, soprattutto, di duplicazione di tempi e necessità di viaggi che comportano disagi percepiti dai pazienti come gravi e talvolta ‘inaccettabili’, oltre che un’assenza di coinvolgimento del MMG e dei PLS nella corretta e programmabile domiciliazione del paziente. Difficoltà che, stando alle risposte dei pazienti, potrebbero essere ridotte con una migliore organizzazione, un maggior utilizzo delle moderne tecnologie informatiche e, magari, con l’istituzione della figura del ‘case manager’ o comunque di un esperto che si occupi di accompagnare il paziente nell’iter terapeutico assistenziale.
Si sente dunque il bisogno di una figura di coordinamento in grado di tenere in collegamento i centri deputati alla diagnosi e quelli che si occupano della presa in carico e che metta i medici delle diverse strutture in comunicazione tra loro, necessità a cui spesso assolvono i pazienti stessi.
I pazienti vorrebbero invece che “i centri di riferimento designati si facessero carico di gestire i contatti con le strutture territoriali”, magari senza tralasciare la direzione della ASL, poiché è lì che il paziente deve fare molte delle richieste per la gestione quotidiana della malattia. “Bisogna educare i dirigenti sanitari delle ASL – dice infatti un paziente – che, ad oggi, sono poco coinvolti nelle problematiche delle malattie rare; presso i loro uffici mancano specifici formulari per la rilevazione dei casi, pertanto non è neanche possibile implementare i registri regionali e nazionali”.
Tra i partecipanti alla Consultazione, alcuni citano l’esempio della rete interregionale per le malattie rare del Piemonte e della Valle d'Aosta come “valido modello per la presa in carico della persona affetta da malattia rara, caratterizzato da una stretta collaborazione tra i centri di secondo livello, primo livello e territoriali […] Un sistema in cui il paziente è messo in condizione di poter scegliere dove farsi seguire e [...], dove questo è stratificato, per livello di gravità della patologia”.
La maggior parte dei pazienti, ma anche una buona parte dei medici, insiste sulla necessità di fare maggiore ricorso alla tecnologia, dalla telemedicina alla cartella clinica elettronica fino alle videoconferenze. “Allo stato attuale – dicono infatti alcune pazienti - abbiamo una tecnologia che permette una fluente comunicazione tra tutti i centri ed esistono già casi lampanti di distanze massime, sul territorio
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italiano, che funzionano correttam ente”. Tra le altre proposte fatte, da segnalare anche l’ipotesi di un ‘servizio centralizzato per la diagnosi genetica che garantisca una maggiore efficienza, ma che deve essere sostenuto dal PNMR”. E se anche questo fosse di difficile realizzazione, bisognerebbe tener conto dell’esigenza da più parti manifestata di una ‘schedatura’ a livello centralizzato – addirittura europea o internazionale – del paziente, “in modo che chiunque venga preposto al suo trattamento possa attingere tutte le inform azioni dalla scheda e ricevere supporto im m ediato dal centro diagnostico… un po’ come avviene per aerei e navi”.
Domanda 8
Con riferimento al contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR per garantire la conoscenza dei centri che si occupano della presa in carico, delle modalità con cui accedere ai relativi servizi? Commenti, in particolare, le necessità di accedere alle cure dei sintomi, alla riabilitazione, all’assistenza protesica, all’immissione a scuola e nei posti di lavoro, alle cure palliative e alla presa in carico delle condizioni di grave o gravissima disabilità.
Terapie, ordinarie o sperimentali, riabilitazione fisica o cognitiva, accesso agli ausilii e alle protesi più adatte. E ancora, cure palliative e terapie del dolore fino a percorsi di inserimento scolastico, lavorativo e assistenza sociosanitaria dei casi più gravi: sono queste le tematiche che impattano maggiormente sulla qualità della vita quotidiana dei pazienti e delle loro famiglie ed è infatti questa una delle domande per le quali si è registrato un maggior numero di proposte.
Tanto per i pazienti quanto per i medici, i problemi più rilevanti in questi ambiti sono due: uno è di tipo informativo l’altro relativo alla disponibilità e qualità dei servizi.
In merito all’informazione, si riscontra una grave difficoltà nell’individuare indicazioni corrette sui centri/servizi - sia di tipo ospedaliero ma ancor di più socio-assistenziale - e alle necessarie pratiche burocratiche per accedervi.
Quello che pazienti e medici chiedono è che venga data una informazione completa, che unisca la pubblicazione on line a quella di opuscoli cartacei fino ad arrivare a servizi di ‘front office’ con personale qualificato. Tale informazione deve essere rivolta in primis al paziente e ai care-giver, ma senza tralasciare le necessità di informazione e sensibilizzazione degli operatori del sistema, in modo particolare medici di base e funzionari addetti alle diverse pratiche.
Nello specifico, si chiede ai centri ospedalieri di pubblicare in rete i servizi offerti e le relative modalità di accesso e di istituire degli ‘sportelli’ che si relazionino con pazienti e medici.
Il ‘front office informativo’ viene dunque ritenuto parte determinante ed integrante, affinché i vari servizi prestati siano veramente fruibili, meglio ancora se questi servizi sono organizzati a livello regionale ed in grado di fornire tanto al medico quando al paziente dei riferimenti e delle procedure certe sul territorio. In particolare, per quanto concerne la diagnosi genetica non si rilevano particolari difficoltà dal momento che si tratta semplicemente di movimentare un campione
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mentre si evidenzia l’opportunità di gestire la diagnosi clinica presso i centri competenti regionali. Esperienze di questo tipo esistono già e hanno dato nella maggior parte dei casi risultati positivi: ne è ancora una volta esempio il sistema messo a punto dalla rete interregionale del Piemonte e della Valle d’Aosta che ha saputo realizzare, per alcune patologie, dei veri e propri censimenti delle offerte assistenziali, rendendole disponibili ai pazienti sia in formato cartaceo che web.
Più difficile, però, sembra la realizzazione dello stesso modello quando si tratta dei servizi socio-assistenziali e per questo in molti sottolineano che potrebbe essere utile rendere stabili i rapporti con il mondo associativo.
Di fronte agli iter burocratici richiesti per accedere a questi sevizi, infatti, molti percepiscono la necessità di una persona che svolga il ruolo di “tutor o garante per l’attuazione dei servizi previsti” e per ora una funzione simile viene svolta soprattutto dalle associazioni pazienti. Queste sono, infatti, spesso le uniche in grado di districarsi nei meandri della burocrazia, annullando in gran parte la caratteristica dell’aleatorietà del diritto percepito dalle famiglie come una variabile dipendente dalla maggiore o minore disponibilità e preparazione della persona che in quel momento è chiamata ad evadere una specifica pratica.
Da qui emerge che le mancanze riguardano non solo il flusso di informazioni ‘dal servizio al paziente’, ma anche tra i diversi attori dei servizi stessi, sia a livello locale che a livello nazionale, tanto che tra le richieste emerge quella di implementare i database nazionali on line, con un “protocollo nazionale condiviso che stabilisca l’invio dei pazienti ad un sistema di coordinamento capace, a sua volta, di indirizzare i malati a seconda della patologia e fornisca tutte le informazioni legali e burocratiche”, di “monitorare i bisogni assistenziali dei malati rari e creare una banca dati dei bisogni”.
L’altro problema è invece legato alla disponibilità e qualità dei servizi, difformi a livello regionale e talvolta addirittura di singola Asl – tanto che alcuni propongono l’istituzione di un ‘coordinatore regionale per non avere discriminazioni anche a livello locale’ – e, in taluni casi, alla mancanza dei servizi stessi.
Le maggiori difficoltà sembrano riguardare, più che l’accesso ai farmaci, quello alla riabilitazione, agli ausilii (in particolare per la mancata disponibilità del modello adatto al paziente e ai tempi di attesa) e all’assistenza, in particolar modo domiciliare. Anche il problema delle liste d’attesa viene spesso citato dai pazienti che chiedono il perché della mancanza di una ‘precedenza sulle cure e nelle liste d’attesa, o quanto meno una lista separata d’accesso”. Sono tutte difficoltà che ostacolano la quotidiana gestione della malattia e che spesso si ripercuoto sulla famiglia anche dal punto di vista economico, vista la scarsa tutela del lavoro per le madri che fungono da care giver per i propri figli. Su questo fronte, sono segnalate anche le difficoltà per i pazienti stessi di accedere alla legge ’68 (inserimento lavorativo dei disabili) o a percorsi scolastici con l’adeguato supporto socio sanitario che, per alcuni malati rari, deve avere una elevata specializzazione. Anche in questo caso molti invocano la necessità di una figura – paragonabile all’assistente sociale – che possa occuparsi di queste problematiche e che funga da figura di riferimento per il paziente.
Se l’accesso ai farmaci di uso ordinario per la terapia, pur essendo talvolta lungo,
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sembra alla fine essere possibile, differente sembra essere la situazione per le cure palliative e la terapia del dolore. “Le cure palliative - spiega un medico - in quanto capaci di gestire i segni e sintomi delle patologie, devono essere erogate dal momento della diagnosi a prognosi infausta simultaneamente agli altri servizi necessari e questo approccio dovrebbe essere presente in tutte le patologie, come prevede la legge 38/2010, la stessa che prevede la creazione di Reti di Cure Palliative: all’interno di queste dovrebbero essere inserite anche le MR”.
Infine, una preoccupazione che emerge e che è strettamente collegata alla situazione economica attuale del Paese, è quella relativa alla disponibilità di fondi perché tutti questi servizi possano effettivamente funzionare e al timore che i tagli possano andare a ridurre ulteriormente la loro qualità anziché contribuire ad eliminare disparità tra Regioni e carenze.
Domanda 9
Con riferimento al contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR per garantire il supporto alla famiglia impegnata pesantemente nell’assistenza del proprio congiunto affetto da malattia rara e che necessita di un’alta intensità di impegno assistenziale?
Anche sul tema del supporto alla famiglia con un paziente raro ad alta necessità di impegno assistenziale le richieste di azioni da inserire nel PNMR sono state molte e provenienti, come immaginabile, in gran parte dai pazienti e dalle loro associazioni.
Le criticità che emergono dalle loro risposte riguardano in modo particolare le difficoltà che le famiglie affrontano nel momento in cui il paziente non è ospedalizzato e richiede un elevato carico di assistenza fuori dalla struttura sanitaria e dunque, nella maggior parte dei casi, a domicilio, vista la mancanza diffusa di strutture residenziali idonee e accessibili.
Il problema che, tra tutti, più emerge è però non tanto la difficoltà a gestire il paziente dal punto di vista medico – perché i famigliari diventano in poco tempo dei grandi esperti – ma a conciliare il tempo dedicato alla cura con quello dedicato al lavoro, una missione per molti impossibile che comporta, spesso per le madri, la rinuncia al lavoro e dunque una perdita economica con un impatto rilevante sulla vita di tutta la famiglia.
La tutela dei ‘care giver’ dal punto di vista lavorativo e il supporto economico - diretto o indiretto - sono dunque tra i punti più citati nelle risposte: vi è infatti la percezione che questo possa anche mettere la famiglia nelle condizioni di scegliere l’assistenza qualitativamente migliore e più compatibile con le specifiche esigenze del paziente. Ad esempio di buon modello, viene citata la legge regionale sarda che “con i Piani Personalizzati permette di concordare le azioni con i servizi sociali e quindi scegliere se affidare i figli/pazienti ad una cooperativa di servizi o se gestirli in prima persona assumendo direttamente le persone”.
La possibilità di scegliere è importante per le famiglie, motivo per cui è particolarmente sentita l’esigenza di formule di assistenza studiate ad hoc,
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anche in considerazione del tipo di malattia. Tali formule non dovrebbero essere ‘rigide’, ma adattabili alle condizioni del paziente e alle esigenze famigliari: per pazienti che necessitano di grossi impegni assistenziali, ad esempio, alcune famiglie potrebbero scegliere l’assistenza a domicilio e tuttavia avere necessità di ‘periodi di sollievo’ ricorrendo a strutture ad hoc o ad una maggiore presenza di personale. Per le famiglie, dunque, la prima richiesta è quella di un supporto economico, diretto (un assegno di cura per l’assistenza a domicilio e relazionato al grado di disabilità e bisogno assistenziale oppure sotto forma di sgravi fiscali o ancora una pensione di malattia per il paziente) o indiretto in termini di servizi, sgravio delle spese mediche, accesso alle migliori tecnologie, alla domotica e alla telemedicina, che vada da una parte a far fronte alle maggiori spese che un paziente del genere comporta e dall’altra a sanare – laddove non è possibile evitarlo – la perdita di reddito familiare dovuta all’abbandono totale o parziale del lavoro da parte del care-giver. In particolar modo “andrebbe riconosciuto l’impegno familiare sia con un contributo monetario, che offra la possibilità di accedere a personale infermieristico per alcune ore al giorno, sia attraverso sostegni in ambito lavorativo”. Tali aiuti potrebbero concretizzarsi nell’agevolazione del part time e dunque del mantenimento del lavoro, dei permessi lavorativi o del prepensionamento. Alcuni specificano, tuttavia, che le famiglie, anche qualora percepiscano un aiuto economico diretto, vanno aiutate ad organizzare l’assistenza – al fine di una spesa più razionale – e il care giver deve essere opportunamente formato, così come gli esiti dell’assistenza monitorati.
Il supporto economico in ogni caso viene considerato fondamentale, ma non basta: spesso le famiglie chiedono un supporto ‘integrato’ che comprenda anche altri tipi di sostegno, tra cui molto importante quello psicologico, e comunque un adeguato monitoraggio medico “anche per evitare impropri accessi al Pronto Soccorso”.
Segue, nell’ordine delle richieste, l’assistenza per le pratiche burocratiche, in particolare per le richieste di invalidità, che spesso si scontrano con una non conoscenza della patologia e con la mancanza di codici per le MR: torna a questo proposito la richiesta della figura del tutor.
Al terzo posto vi è la necessità d’implementare l’assistenza extra ospedaliera, con particolare riferimento a quella domiciliare, sia di tipo medico - e a tal fine si chiede anche una maggiore preparazione degli operatori – che socio-assistenziale. Si sente, infatti, il bisogno di una assistenza infermieristica specifica, ma anche di un sostegno quotidiano di supporto alla famiglia. Oltre all’assistenza domiciliare, le famiglie prendono in considerazione altre forme di assistenza extra-ospedaliera, in particolare di strutture residenziali diurne o h24, ancora poco diffuse, centri che non vanno a sostituire il ricovero ospedaliero, ma che funzionano più come casa – famiglia e che potrebbero essere in parte gestite anche da associazioni e famigliari. Tali centri, a metà tra assistenza medica e sociale, sarebbero anche particolarmente utili nei casi in cui la famiglia non c’è, i genitori sono anziani o nella gestione della fase del ‘dopo di noi’.In tutto questo, secondo i pazienti, le associazioni possono ricoprire un ruolo importante, sia nel supporto alle famiglie in forma di gruppi di aiuto, incontro e assistenza psicologica e di ascolto, sia come parte integrante dei tavoli tecnici regionali o nel ruolo di supporto alla formazione di care giver.
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Domanda 10
Con riferimento al contesto italiano, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR per garantire la reale mobilità dei pazienti in ambito nazionale e internazionale?
Sul tema della mobilità dei pazienti, la metà del campione non ha risposto e chi lo ha fatto si è concentrato soprattutto su quella nazionale, segno che vi è ancora una scarsa predisposizione, pratica e culturale, a considerare la sanità come un fatto quanto meno europeo, ma anche delle difficoltà che ancora incontrano i pazienti che pure vorrebbero andare all’estero.
Ad ostacolare la mobilità europea per alcuni è “una discrezionalità troppo alta del singolo specialista che rilascia i certificati necessari per usufruire dei trattamenti fuori dal confine”; per altri “la difficoltà ad individuare centri specialistici a livello europeo per le specifiche patologie, dove il paziente possa rivolgersi senza che il paese di provenienza neghi l’accesso”. A ciò si aggiungono diversità regionali nell’applicazione delle leggi sulla mobilità europea, difficoltà burocratiche gravi nell’ottenere i rimborsi e comunque l’impegno economico ingente per lo spostamento e le spese di alloggio non solo del paziente, ma anche degli accompagnatori. Per questo si chiede l’istituzione di un apposito fondo per la mobilità – pur in presenza di controlli rigorosi per i rimborsi – e un maggior collegamento con le strutture anche estere al fine di uniformare le pratiche e garantire tempi più veloci”.
Tuttavia, laddove possibile, la preferenza rimane quella di evitare viaggi al paziente sostenendo che “dovrebbe essere limitata solo alle malattie di bassissima prevalenza (< 1 caso su 500.000) o che richiedano episodici interventi ad altissima specializzazione. Negli altri casi dovrebbe essere privilegiata la movimentazione di campioni biologici e di materiale documentale”.
Non pochi percepiscono la mobilità nazionale ed internazionale non come un'opportunità, ma come un peso, sottolineando che “occorre mettere i pazienti in condizione di spostarsi il meno possibile” e che “il malato raro vorrebbe essere curato a casa propria e molti non possono affrontare i costi di uno spostamento, quindi deve essere privilegiato lo spostamento della competenza, fisicamente o virtualmente”.
Domanda 11
Con riferimento alla forza delle Associazioni di pazienti, al loro ruolo e alla loro consapevole partecipazione alle decisioni riguardanti la propria cura e il decorso della propria malattia, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Sul ruolo positivo che le associazioni pazienti possono/devono avere all’interno del PNMR c’è ampia condivisione: le proposte che emergono sono piuttosto uniformi e vanno in due direzioni parallele.
La prima richiesta è quella di un maggiore coinvolgimento nei tavoli istituzionali, nazionali e locali, con un ruolo non solo consultivo, ma anche decisionale, eventualmente anche con diritto di voto e pari peso rispetto alle altre componenti.
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Relativamente alla partecipazione a questi tavoli istituzionali, la maggior parte di coloro che ha risposto alla consultazione ha sottolineato, infatti, che le potenzialità e le competenze delle associazioni sono enormi, anche su singole patologie, ma ancora non adeguatamente sviluppate.
La seconda richiesta è quella di avere un ruolo di collaborazione anche all’interno delle strutture ospedaliere e in particolare nei centri di riferimento: qui le associazioni pazienti potrebbero - portando le proprie esperienze ‘dirette e dal basso’ - contribuire in maniera significativa all’individuazione dei PDTA, soprattutto per ciò che riguarda la definizione dei bisogni assistenziali.
Relativamente al ruolo delle associazioni nei centri di riferimenti si chiede anche che “le associazioni abbiano dei piccoli spazi e che la loro presenza sia fatta presente attivamente ai pazienti”. Le associazioni dovrebbero poi – anche secondo i medici – “essere chiamate a partecipare di più alle attività dei centri di riferimento e dovrebbero partecipare ai tavoli istituzionali anche al fine di evitare degli sprechi”.
Nel momento in cui si pongono queste richieste, emergono, però, anche delle criticità: una delle maggiori è legata alla natura stessa delle patologie rare, ovvero la presenza di pochi pazienti sparsi su tutto il territorio nazionale. Quella che molti lamentano è, infatti, una forte frammentarietà e divisione, dovuta al fatto che le associazioni si occupano soprattutto di singole patologie e che hanno a volte carattere locale. Ciò le porta ad accumulare molta competenza sulla singola malattia, ma – al tempo stesso – a trovarsi ‘deboli’ ai tavoli istituzionali e anche sotto il profilo strutturale ed economico. Trattandosi di associazioni, il lavoro è prevalentemente svolto da volontari, che spesso coincidono con i pazienti o con chi ha già l’impegno quotidiano di prendersene cura. Per questo si manifesta la necessità di un coordinamento e una maggiore coesione al fine di dare all’interlocutore istituzionale una controparte meno eterogenea e più rappresentativa.
Se da una parte si chiede un coordinamento perché – dicono alcuni – “le associazioni sono troppo numerose e, pur trattando spesso di patologie simili e con bisogni sovrapponibili, lavorano in modo isolato e parcellizzato”, d’altra parte, poiché la forza è spesso proprio nella specializzazione su una patologia, le associazioni, anche le più piccole, chiedono di ‘avere voce’. Vi è dunque un problema aperto di rappresentatività che richiede un coordinamento credibile che possa raffrontarsi con il decisore pubblico, ma che non necessariamente debba escludere le singole associazioni esperte su singole patologie dai processi decisionali specifici presi a livello territoriale o di centro di riferimento.
Domanda 12
Con riferimento alla prevenzione primaria nel periodo pre-concezionale e peri-concezionale, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Le ipotesi espresse dalle persone che hanno partecipato alla consultazione, rispondendo a questa domanda, si sono concentrate intorno a tre tematiche principali: in primo luogo la necessità di una corretta informazione, punto su cui
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si trova facilmente accordo, e – in secondo luogo – i temi della fecondazione assistita e della diagnosi prenatale, sui quali, invece, si registra una certa divergenza d’opinione. Molto sentita è la necessità di concentrare l’attenzione al periodo precedente il concepimento, con la richiesta di una maggiore formazione dei medici di base affinché sensibilizzino i propri pazienti, e più in generale i cittadini, sulla necessità di una consulenza genetica, soprattutto nel caso di un parente affetto da malattia rara. Nelle forme familiari, è ritenuta fondamentale l’informazione a cura del medico , possibilmente in collaborazione con le associazioni di riferimento, così come lo sviluppo di programmi educativi a supporto dell’intero nucleo familiare.
“E’ necessario – si legge tra le risposte - identificare alcuni messaggi chiave, pochi e semplici, riguardo alla potenzialità della prevenzione”: tali campagne andrebbero fatte con “tutti i mezzi a disposizione: presso i consultori, gli studi ginecologici, i reparti ospedalieri, attraverso i media e potrebbe servire anche un numero telefonico dedicato”. Tutto ciò, fatto nella fase precedente la gravidanza “servirebbe a mettere le famiglie, in particolare quelle già colpite da un evento patologico, in condizioni di decidere sulle loro scelte riproduttive” e per questo, suggeriscono anche i medici “bisognerebbe promuovere e rendere gratuiti gli esami preconcezionali soprattutto nelle aree di particolare incidenza di alcune malattie rare”.
Naturalmente, in base anche alla constatazione che oggi non vi è ancora una adeguata sensibilità verso il rischio di malattie rare nella fase pre-concezionale, ci si trova inevitabilmente a parlare anche di diagnosi prenatale, da svolgere cioè sul bambino già concepito, tema che facilmente si collega a quello dell’aborto terapeutico e anche a quello delle varie tecniche di fecondazione assistita.
Ed è soprattutto su questi temi che emergono divergenze d’opinione. Alcuni sostengono l’opportunità, nel caso vi sia già un figlio affetto, di “fare una fecondazione mirata assistita per non dover, in caso di positività del test, interrompere una eventuale seconda gravidanza” mentre altri sottolineano come “si dovrebbe dare la possibilità anche in Italia alle donne portatrici o affette da una malattia rara di impiantare solo l’ovulo fecondato non affetto dalla malattia (screening preimpianto) perché non si tratta di scegliere il colore degli occhi del nascituro, ma di essere certi che non sarà malato”. Una posizione non isolata poiché altri chiedono “di creare un database delle possibilità di diagnosi preconcezionale, cambiare la legge sulla procreazione assistita e fare lo screening preimpianto”. Al tempo stesso c’è però chi pone dubbi di eticità, chiede di tenere in maggiore considerazione il diritto del nascituro e mette in guardia dalla diagnosi prenatale come strumento “per eliminare il problema delle malattie rare attraverso l’eugenetica”.
Al di là di queste divisioni, tuttavia, sul come e sul dove fare eventualmente il test di diagnosi prenatale vi è un diffuso accordo: pazienti, associazioni e medici chiedono infatti che questo venga effettuato presso i centri di riferimento magari dopo un “adeguato censimento che garantisca anche la qualità e la gratuità dei test”, magari con il supporto di uno psicologo e previo colloquio con un tecnico che illustri in maniera estremamente chiara i possibili rischi insiti nei vari procedimenti.
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Domanda 13
Con riferimento alla prevenzione secondaria (ad esempio, gli screening neonatali e il counselling genetico), quali sono i punti fondamentali e le criticità che ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Alla domanda relativa alla prevenzione secondaria, la maggior parte delle persone (il 41,6%) si è concentrata sulla richiesta di figure competenti, capaci di cogliere i segni di malattia ed indirizzare alla diagnosi in tempi rapidi. Per altri (il 30,5%) tale ruolo di individuazione precoce delle patologie potrebbe essere svolto tramite un adeguato sviluppo dello screening metabolico allargato, mentre secondo il 27,7% quello che conta è dare alle famiglie un forte ed immediato supporto nel caso in cui si individuasse la probabilità di una malattia genetica in seguito ad analisi della familiarità o ad esame prenatale. Relativamente alla richiesta di formare figure capaci di attuare la prevenzione secondaria, la richiesta si concentra non solo sui neonatologi, che spesso vedono il bambino solo brevemente, ma sulla formazione per il personale di assistenza più prossimo e continuativo: infermiere, ostetriche, pediatri di base che nel tempo possono rilevare dei sintomi.
Relativamente allo screening neonatale, una delle richieste più forti è quella di finanziarne l’allargamento alle malattie metaboliche in uguale maniera in tutte le Regioni, con conseguente potenziamento dei centri di consulenza genetica e screening, poiché “un eventuale test che indichi il sospetto di malattia deve essere seguito da una presa in carico a 360 gradi della famiglia e del paziente”. Ci sono poi delle ipotesi alternative ad un allargamento completo e a livello nazionale: alcuni pensano che si dovrebbe cominciare “laddove i servizi siano in grado di offrire l’’assistenza necessaria anche in mancanza di cura”.
In alcuni casi si esprime una preoccupazione per il possibile costo del programmi di screening, tanto che alcuni propongono di sviluppare quelli con un favorevole rapporto costo/beneficio mentre è difficile pensare ad uno screening di massa su un elevato numero di patologie.
Relativamente al sostegno alle famiglie che sospettano o scoprono di attendere un figlio affetto da una malattia rara, si chiede che “quando questo venga scoperto nel corso di una indagine non si mandino i genitori a casa abbandonandoli ai loro dubbi, ma si offra subito loro un supporto immediato” e che vi sia comunque una adeguata preparazione nel saper comunicare la diagnosi e la possibilità di offrire adeguata consulenza genetica. Tra le altre proposte che emergono c’è poi anche l’obbligatorietà di esecuzione dei controlli, la richiesta da parte degli ospedali di eseguire controlli nel caso si sia al corrente di familiarità con delle malattie, l’indicazione di eseguire comunque esami meno costosi che faciliterebbero l’accesso. Tuttavia c’è anche chi chiede cautele verso esami potenzialmente rischiosi ed altri che chiedono di accorciare i tempi tra il mondo dei test e quello dei relativi risultati.
Nella maggior parte dei casi vi è la consapevolezza che la diagnosi precoce è un elemento importante e che può modificare significativamente gli esiti della malattia.
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Domanda 14
Con riferimento all’informazione rivolta a popolazione generale, pazienti e famiglie, operatori sanitari, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Le criticità che emergono dalle risposte, che includono sia l’informazione che - in particolare verso la classe medica - la formazione, sono riassumibili principalmente in scarsità, limitata diffusione e talvolta anche contraddittorietà.
La richiesta che emerge più frequentemente è, di conseguenza, quella di una informazione che sia al tempo stesso più diffusa e più precisa, presente sia sul web - che viene ritenuto strumento economico e abbastanza diffuso - che sui media generalisti e su pubblicazioni cartacee (tipo depliant) facilmente reperibili. Da notare come le risposte abbiano distinto nettamente le azioni auspicabili verso i diversi target: la popolazione generale, il mondo di pazienti e famiglie, gli operatori sanitari. “Molto diversa – puntualizzano infatti - è l’informazione verso la popolazione da quella ai pazienti, famiglie e operatori sanitari” - ferma restando l’importanza da tutti sostenuta di un aumento dei flussi comunicativi“. VERSO LA POPOLAZIONE: “Immagino grandi portali che parlino delle malattie rare in maniera semplice, a tutte le persone, qualsiasi sia la loro posizione sociale”, così una delle persone ha sintetizzato il suo pensiero - che sembra essere largamente condiviso - anche se in molti ritengono che informazioni e sensibilizzazione debbano viaggiare anche per canali ulteriori rispetto alla rete. “L’informazione sulle MR - si fa infatti notare - è ancora tutta affidata al web e questo esclude l’accesso alle informazioni per gli anziani e la popolazione disagiata” e si sente anche la mancanza di pubblicazioni in lingua straniera.
Per quanto riguarda la sensibilizzazione generale della popolazione, tra le proposte vi sono quelle di “promuovere una educazione sanitaria sulle MR nelle scuole superiori e nelle università per una prevenzione consapevole ed efficace” e quella di “dare alla popolazione, ai pazienti e alle famiglie informazioni rapide e diffuse del tipo “campagne pubblicitarie” che dovrebbero essere sostenute, appoggiate e finanziate dal Ministero della Salute” e c’è chi cita le ‘Pubblicità Progresso anche per le MR. Se alcuni invocano una regia ‘centrale’ a livello ministeriale, sono però in molti quelli che sottolineano l’importanza di ‘stare sul territorio’ magari coordinandosi con i Comuni, gli studi medici (di Medicina Generale per esempio per una diagnosi presuntiva delle forme familiari di dislipidemia), le farmacie e di coinvolgere le associazioni “che molto potrebbero dare in termini di informazione e formazione sulle singole patologie”.
Si tratta probabilmente di due istanze non in contrasto, ma che, con una opportuna divisione delle competenze, potrebbero integrarsi a vicenda. E la divisione delle competenze emerge in maniera piuttosto spontanea dalle risposte.
Alle istituzioni si chiede soprattutto di rendere disponibile un unico sito web completo, semplice, che riassuma le informazioni relative a tutte le Regioni e che includa la lista delle associazioni. Quello che si chiede sono dunque, soprattutto, informazioni sui grandi temi “magari organizzando conferenze periodiche da loro finanziate” e informazioni ‘di servizio’ relative alla distribuzioni dei centri, delle associazioni e alle pratiche da svolgere.
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Viene, infatti, segnalata come elemento negativo la discordanza tra diverse fonti che creano confusione nelle famiglie, al punto che si propone anche che vi sia “un solo sito istituzionale nel quale poter reperire le giuste informazioni fin dal primo accesso, cancellando i singoli siti regionali o provinciali per quanto riguarda le patologie rare”.
Alle associazioni dei pazienti si chiede invece più un ruolo di divulgazione e di sensibilizzazione e si ritiene che “potrebbero senz’altro migliorare l’informazione sulle specifiche malattie rare […] ma dovrebbero per questo avere delle tempistiche adeguate e delle risorse aggiuntive”. Tra queste due fonti può esserci, e da alcuni viene auspicata, una collaborazione, che potrebbe tradursi ad esempio nella preparazione congiunta di materiale informativo. VERSO I PAZIENTI. A questo riguardo si lamenta la mancanza di una ‘informazione di rete che coinvolga la famiglia e dunque i care giver, troppo spesso esclusi. In particolare, si chiede che i centri di diagnosi e cura - o magari anche un coordinamento nazionale - informino in maniera più puntuale i pazienti sulla disponibilità e le iniziative/recapiti del mondo associativo. In realtà ad oggi queste informazioni sono in gran parte a disposizione su Orphanet – anche in lingua italiana – ma non vi è forse una adeguata conoscenza del mezzo da parte dei pazienti, soprattutto quelli con nuova diagnosi. Qui infatti esiste, come anche sul portale del Centro Nazionale delle Malattie Rare, un elenco delle associazioni pazienti; nonostante questo, emerge ancora la richiesta che “la lista delle associazioni che si occupano di malattie rare sia fruibile in ogni luogo in cui si fa una diagnosi”.
Un’altra richiesta che emerge è poi quella di “Linee guida accessibili facilmente, ovunque e da chiunque” e magari di “linee guida omnicomprensive di varie problematiche, cliniche e non cliniche”.
VERSO LA CLASSE MEDICA. La criticità principale in termini di formazione è invece la sua carenza sia verso i medici – a partire da quelli di base – che verso pazienti e care giver che “insieme ad un informazione puntuale avrebbero bisogno anche di addestramento”. Quello che si propone sono dunque corsi di aggiornamento non solo per medici, ma anche per infermieri e personale paramedico e magari un “obbligo di formazione sulle patologie rare per medici e pediatri di base che ogni anno dovrebbero dimostrare di averne approfondite almeno 5 o 10”. Per quanto riguarda invece l’informazione rivolta ai medici – e tra i medici – emerge anche in questo caso la richiesta di “garantire la coerenza delle informazioni dai diversi livelli di assistenza” e fornire ai medici degli strumenti immediati per indirizzare i pazienti verso i centri più idonei.
Domanda 15
Con riferimento ai farmaci (piano terapeutico, farmaci “off label”, farmaci classe C, farmaci orfani, ecc.), quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Alla domanda relativa alle terapie farmacologiche, la maggior parte delle risposte – pazienti e associazioni in primo luogo – hanno posto l’accento prioritariamente
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sul problema dei costi che le famiglie devono sostenere quando queste terapie non sono a carico del SSN o non possono essere fiscalmente dedotte. Non è un caso che soprattutto i pazienti e le loro associazioni chiedano come prima cosa che “le terapie necessarie siano gratuite […] indipendentemente dalla classificazione dei farmaci” e anche senza fare distinzioni tra le malattie in elenco e quelle non in elenco.
Per superare il problema del peso economico delle terapie sulle famiglie, c’è chi ipotizza una ‘riclassificazione dei farmaci di classe C usati per le malattie rare” mentre altri propongono di puntare di più sullo strumento del piano terapeutico. In tal senso, si chiede a più voci che “vi sia una normativa nazionale che permetta ai pazienti affetti da MR di avere gratuitamente i farmaci in fascia C previo inserimento di questi nei relativi piani terapeutici” e lo stesso meccanismo si ipotizza per i parafarmaci.
Vi è inoltre la frequente raccomandazione - fatta non solo dalle associazioni, ma anche da medici e operatori sanitari - di una più elevata attenzione ai devices (oltre che al farmaco), agli ausilii, alle protesi e anche ai parafarmaci per i quali “a livello nazionale esistono delle differenze e disomogeneità notevoli e molto spesso non vi è un chiaro intervento del legislatore” e si evidenzia che “in primo luogo andrebbe offerta su tutto il territorio nazionale una copertura uniforme sul fronte farmacologico”.
Tra le proposte per superare queste difficoltà per le famiglie e le disparità territoriali, si propone che “l’elenco dei parafarmaci, dei presidi e degli integratori sia inserito all’interno di protocolli assistenziali condivisi fra gli esperti delle singole patologie ed i pazienti” e che il tutto sia controllato inserendo nel PNMR “un punto sulla appropriatezza, significatività e controllo di qualità dei mezzi diagnostici e la richiesta di interventi più decisi per quanto concerne il trasferimento dei risultati dalla ricerca di base alla ricerca clinica”.
Le difficoltà di accesso al farmaco però non sono esclusivamente economiche: talvolta – si segnala - è difficile reperirli per la troppa e lenta burocrazia oppure perché erogati da centri distanti dal paziente. Anche i medici sottolineano l’esistenza di queste difficoltà: ritengono eccessiva la burocrazia da espletare in sede prescrittiva, anche se c’è accordo sulla necessità di controlli e di regole certe per l’utilizzo e sull’opportunità di “sviluppare criteri di valutazione di efficacia e appropriatezza”.
Sempre relativamente alla disponibilità dei farmaci, tra le proposte si segnala la richiesta che “le terapie siano rese disponibili in tempi brevi, subito dopo l’approvazione EMA” e che “una volta registrato un farmaco a livello nazionale, non ci dovrebbe essere intromissione regionale/locale alle varie prescrizioni”. Sono dunque in primo luogo i medici a chiedere un sistema che sia sì rigoroso nell’uso dei farmaci, ma anche più snello dal punto di vista della burocrazia e delle tempistiche.
Un po’ di dibattito si crea sull’uso off-label: qui si lamenta soprattutto la mancanza di una legislazione univoca, ma se da una parte c’è chi chiede “una normativa che, pur garantendo i criteri di appropriatezza e di sicurezza del trattamento, favorisca l’accesso del paziente limitando le incombenze burocratiche superflue”, dall’altra c’è anche chi chiede “che la terapia venga prescritta effettivamente solo a chi è affetto dalla patologia, eliminando l’uso off-label” dei farmaci.
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Una possibile soluzione – si propone – “potrebbe essere quella adottata dal Registro MR del Piemonte e della Valle d’Aosta che prevede che la prescrizione di farmaci off-label possa avvenire solo mediante l’uso del Registro Informatizzato delle Malattie Rare”. Le associazioni pazienti hanno un atteggiamento più favorevole verso questo tipo di utilizzo dei farmaci e lamentano il fatto di dover sempre ‘scendere in guerra’ per farli ottenere ai pazienti: chiedono dunque tempi più veloci e meno ostacoli.
C’è anche un ulteriore problema segnalato sia da medici che da pazienti: la scarsa conoscenza da parte dei servizi di base - MMG e pediatri di libera scelta - delle caratteristiche e delle applicazioni dei farmaci orfani, tanto che tra le richieste emerge quella di “migliorare la comunicazione fra i centri ed i medici del territorio, organizzare corsi di formazione integrati per tutti gli operatori con verifiche periodiche, ed incrementare la conoscenza del portale Orphanet”. Un’ulteriore preoccupazione condivisa, è quella relativa alle possibili ricadute della crisi economica. Si segnala infatti che “cominciano ad esserci difficoltà ad avere le forniture dalle ASL per motivi di tagli economici ed è necessario combattere questa tendenza”. A tal riguardo, tra le proposte, vi è quella di un “fondo extra-budget per chi tratta pazienti con MR”.
Sensibilità sembra esserci, poi, verso la tematica degli aiuti allo sviluppo di farmaci orfani; più di una risposta ha infatti chiesto che vi sia un maggiore sostegno alla ricerca e anche di “dare maggior peso a livello nazionale ai farmaci orfani, a scapito dei farmaci per patologie prevalenti spesso di minore gravità” e di introdurre “brevetti più vantaggiosi per le aziende che li producono”.
Domanda 16
Con riferimento alla ricerca nelle malattie rare, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
La grandissima maggioranza (70%) di coloro che hanno risposto a questa domanda ha indicato, come primo punto da inserire nel futuro PNMR, la necessità di reperire, per la ricerca e per il personale addetto, maggiori finanziamenti, in particolar modo pubblici – perché si sottolinea che spesso oggi la ricerca è sostenuta dal non profit - e di un utilizzo più razionale degli stessi. Si sente infatti l’esigenza di ottimizzare la spesa evitando ‘duplicazioni’ – perché “troppi centri si occupano delle stesse MR mentre altre sono ignorate” - favorendo le ricerche multicentriche e quelle in collaborazione anche con l’estero. Si rileva infatti “un eccesso di parcellizzazione che impedisce di indagare sulla correlazione tra sintomi, patologie e di vedere ricadute ad ampio raggio” e alcuni ritengono che “la ricerca in Italia sia vittima del personalismo e dello spreco delle risorse dovuto ai finanziamenti a pioggia”. Si chiede dunque di tenere maggiormente in considerazione i risultati ottenuti dai gruppi di ricerca, una maggiore trasparenza dei finanziamenti e la verifica dei risultati” cercando sempre di “concentrare gli sforzi, e dunque i finanziamenti, a chi conduce studi seri e con finalità utili”.
Fondamentale viene considerata la condivisione della ricerca e dei suoi risultati e dunque “un flusso di informazioni più costante tra ricercatori, centri di riferimento, e anche associazioni non solo a livello nazionale, ma anche internazionale” e, dove possibile, fare entrare in collaborazione i centri nazionali con quelli esteri per progetti di ricerca condivisi.
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Queste richieste di un maggior interscambio nascono dalla constatazione di una “scarsa diffusione delle informazioni derivate da eventuali ricerche”, contro la quale si chiede di incrementare le occasioni di incontro tra ricercatori, o tra questi e i pazienti, eventualmente anche attraverso congressi e corsi di aggiornamento medico e, se possibile, una maggiore diffusione mediatica.
Tra le proposte, si registra anche quella di “eseguire la ricerca presso gli enti e le università legate ai centri di riferimento. Le aziende farmaceutiche dovranno collaborare con questi centri al fine di sfruttare la loro competenza per il percorso di registrazione e commercializzazione dei farmaci orfani”.
Per quanto riguarda gli ‘oggetti’ della ricerca, si fa spesso notare che tutte le malattie dovrebbero essere studiate, senza discriminazioni verso quelle rarissime e, per agevolare il reperimento di fondi, si chiede anche un meccanismo automatico, da applicare in sede di dichiarazione dei redditi, affinché vi sia automaticamente uno stanziamento per la ricerca o comunque degli sgravi fiscali ulteriori rispetto a quelli attuali.
Quando si parla di ricerca, medici e pazienti citano sia quella farmacologica che quella di base, in particolare quella genetica, volta ad individuare meccanismi e cause delle malattia, ritenuti fondamentali per poter sviluppare in futuro delle terapie o individuare i fattori di rischio. Alcuni menzionano, come meritevoli di maggiori attenzioni e finanziamenti pubblici, la ricerca sociale, la medicina narrativa, così come la ricerca riabilitativa e per la diagnostica.
Domanda 17
Con riferimento alle biobanche, quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Stando all’alta percentuale di coloro che su questo tema non hanno dato risposte – oltre il 76%– e dal contenuto stesso di quanto viene affermato, risulta piuttosto evidente che il tema delle biobanche non è ancora molto conosciuto, tanto che una delle più frequenti richieste è proprio quella che si diano maggiori spiegazioni sull’utilizzo dei campioni prelevati, “che si faccia una maggiore informazione su questo tema, che si diano istruzioni più omogenee per la raccolta e la formazione di personale esperto”.
Chi invece ha chiaro o abbastanza chiaro il loro funzionamento, non pone dubbi relativamente all’utilità, ma suggerisce di dare una regolamentazione, criteri di qualità e linee guida uniformi sul territorio nazionale.
Si chiede inoltre, a vantaggio del paziente, di semplificare la raccolta dei campioni, magari rendendola possibile anche presso le strutture ospedaliere di primo livello per limitare i disagi.
Se, dunque, sulle biobanche c’è ancora poca conoscenza e, quindi, sono richieste maggiori informazioni, chi sa chiede che siano potenziate – anche in termini di strumenti e risorse – e che siano magari messe in rete con quelle europee attraverso normative comuni e condivisi comportamenti, anche per ciò che attiene gli aspetti etici.
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L’atteggiamento dei pazienti verso le biobanche, se anche non viene chiaramente espresso nelle risposte a questa 17esima domanda è, invece, venuto a galla nelle risposte alla prima domanda. Qui, infatti, alcune associazioni avevano fatto presente come un bisogno sentito quello di “aggiornamenti chiari e tempestivi anche ai pazienti sulle tappe raggiunte dalla ricerca e convocazione per partecipazione a ricerche con invio di campioni di DNA”. Ciò può essere tradotto, oltre che nella già evidente richiesta di informazioni, in una predisposizione non negativa, ma, al contrario, positiva purché vi sia un coinvolgimento attivo dei pazienti, sia singolarmente che, soprattutto, tramite le associazioni/onlus di riferimento.
Domanda 18
Con riferimento alla formazione (universitaria pre e post laurea, formazione continua e aggiornamento dei MMG e degli specialisti) quali criticità ritiene utile evidenziare e quali azioni ritiene debbano essere inserite nel PNMR?
Le risposte a questa ultima domanda sono coerenti con molte delle opinioni espresse nelle precedenti e vanno ad affermare la necessità di una maggiore formazione e un più frequente e specifico aggiornamento di tutta la classe medica e paramedica.
Secondo la quasi totalità di coloro che hanno risposto, nel curriculum di ogni medico dovrebbe esserci una formazione specifica sul tema delle MR e su questo argomento dovrebbe poi esserci un continuo aggiornamento con tirocini, corsi ‘classici’, a contatto con i pazienti o attraverso moduli interattivi.
La necessità più sentita è, in generale, quella di dare un maggior aggiornamento ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta anche se si fa notare che, essendo le MR per lo più ad esordio molto precoce, una prima opera di aggiornamento è stata fatta in questi anni soprattutto verso i pediatri.
Su cosa dovrebbe includere la formazione – sia nel periodo di studio di base che durante la specializzazione e il tirocinio – e i successivi corsi di aggiornamento, ci sono diverse ipotesi. C’è chi chiede una “formazione specifica, ma non troppo specialistica, mirante invece a dare una conoscenza di insieme” e chi invece va più sullo specifico e chiede un maggiore spazio per “la Genetica Clinica durante il corso di Laurea in Medicina e la specializzazione in Pediatria”.
Alcuni poi suggeriscono “la frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dai Centri di Riferimento per le MR” o ‘tirocini obbligatori sulle MR” e alcuni propongono anche delle vere e proprie scuole di specializzazione sulle MR. Tuttavia, c’è anche chi fa notare che “è difficile poter prevedere una formazione specifica in quanto si fa riferimento a patologie rare, quindi si può presupporre che un MMG o un medico ospedaliero assista al massimo 1 paziente con una determinata patologia nel migliore dei casi. Va potenziata dunque la formazione sugli aspetti generali: importanza dell’abitudine al sospetto diagnostico per migliorare la diagnosi precoce, capacità di individuare specialisti in caso di sintomi non chiari, etc.
Probabilmente, come suggerisce uno dei medici che ha partecipato alla consultazione, sarebbe opportuno distingue tra una formazione pre-laurea e una formazione continua post laurea.- La prima “dovrebbe essere diffusa a tutte le
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professioni coinvolte (odontoiatri, farmacisti, infermieri, assistenti sociali)”, senza che sia previsto un corso specifico dedicato alle malattie rare ma “favorendo la diffusione di informazioni riguardanti il sospetto diagnostico, le possibilità terapeutiche, l’epidemiologia, i percorsi assistenziali, i diritti esigibili” ed alcuni approfondimenti previsti per gli studenti che manifestino un particolare interesse. La seconda, dovrebbe mirare alla formazione di “specifiche figure professionali dedicate alla gestione dei pazienti affetti da malattia rara, attraverso l’istituzione di master universitari specifici”, come ad esempio quello di secondo livello organizzato dall’Università di Torino e dal Centro di Coordinamento Interregionale per le Malattie Rare del Piemonte e della Valle d’Aosta. La formazione post-specialistica potrebbe invece essere “demandata alle singole società scientifiche, in collaborazione con le istituzioni nazionali o regionali”. Affinché la formazione sia particolarmente valida, alcuni suggeriscono anche di organizzarla e svolgerla coinvolgendo attivamente le associazioni pazienti, le famiglie e i malati visto che sono spesso detentori di informazioni la cui divulgazione può essere molto utile.
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I DOCUMENTI NORMATIVI E TECNICI
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TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA RELATRICE PER I DISEGNI DI LEGGE
NN. 52, 7, 146, 727, 728 E 743
Incentivi alla ricerca e accesso alle terapie nel settore delle malattie rare.
Applicazione dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 141 / 2000, del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999
Capo I
DEFINIZIONI E AMBITO
DI APPLICAZIONE
Art. 1
(Definizione di malattia rara)
1. Ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 dicembre 1999, sono considerate rare le malattie a rischio
di vita o gravemente invalidanti che colpiscono non più di cinque individui su
diecimila nell’Unione europea.
2. Il Servizio sanitario nazionale garantisce i benefici e le speciali tutele di
cui alla presente legge ai soggetti affetti dalle malattie rare inserite nell’elenco
allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio
2001, n. 279.
Art. 2
(Ambito di applicazione)
1. La presente legge si applica ai farmaci orfani, inclusi i farmaci destinati all’uso
pediatrico, come definiti dal citato regolamento (CE) n. 141/2000, il cui impiego
sia finalizzato alla cura ed alla guarigione delle malattie rare di cui all’articolo 1.
2. La designazione di farmaco orfano è attribuita dal comitato per i medicinali
orfani, istituito presso l’Agenzia europea per i medicinali (EMEA) dall’articolo 4
del citato regolamento CE n. 141/2000.
Art. 3
(Livelli essenziali di assistenza per le malattie rare)
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1. Le persone affette da malattie rare hanno diritto all’esenzione dalla
partecipazione alla spesa per tutte le prestazioni sanitarie, incluse nei livelli
essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per la diagnosi, il trattamento, il
monitoraggio dell’evoluzione della malattia e la prevenzione degli aggravamenti,
incluse le prestazioni riabilitative e di assistenza protesica.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Agenzia
italiana del farmaco (AIFA), definisce l’elenco dei farmaci classificati nella classe
di cui all’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge 23 dicembre 1993, n. 537,
erogabili ai soggetti affetti da malattie rare anche con finalità sintomatiche e di
sollievo.
3. Con la procedura prevista dall’articolo 1, comma 169, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, anche al fine di garantire che le modalità di erogazione
delle prestazioni sanitarie a favore delle persone affette da malattie rare siano
uniformi sul territorio nazionale, coerentemente con le risorse programmate per
il Servizio sanitario nazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono fissati gli standard qualitativi e quantitativi di cui ai livelli
essenziali di assistenza relativi alle malattie rare.
Art. 4
(Protocollo personalizzato)
1. I presìdi della rete regionale per le malattie rare, istituiti ai sensi del regolamento
di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, sono parte
integrante della rete nazionale e formulano, dal momento della diagnosi della
malattia, un piano assistenziale personalizzato.
2. Il piano assistenziale, previo consenso del paziente, viene trasmesso
all’azienda sanitaria locale (ASL) di residenza, che ne garantisce l’attuazione
assicurando l’integrazione tra gli attori coinvolti e provvedendo, qualora
necessario, ad attivare le procedure per il riconoscimento dello stato di handicap
ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
3. L’ASL, in attuazione del piano assistenziale personalizzato, garantisce le
necessarie prestazioni ambulatoriali, semiresidenziali, residenziali e domiciliari
di cura e di riabilitazione e l’integrazione socio-sanitaria.
4. La regione disciplina le modalità per l’individuazione del responsabile
dell’attuazione del piano assistenziale della persona con malattia rara.
Capo II
INCENTIVI PER LA RICERCA
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Art. 5
(Istituzione del Fondo nazionale per la ricerca nel settore delle malattie rare)
1. E’ istituito, presso il Ministero della salute,
un Fondo nazionale per la ricerca sulle malattie rare e per la ricerca, lo sviluppo
e l’accesso dei pazienti ai medicinali orfani.
2. Su parere del Comitato nazionale per le malattie rare di cui all’articolo 8, il
Fondo è prioritariamente destinato alle seguenti attività:
a) studi collaborativi nazionali e transnazionali per ricerche cliniche;
b) ricerca di base nell’ambito della genetica e fisiopatologia delle malattie rare;
c) sviluppo di sistemi innovativi di diagnosi, prognosi e terapia delle malattie
rare;
d) ricerca e sviluppo nell’ambito di sistemi sanitari dedicati e di economia
sanitaria;
e) studi preclinici e clinici promossi nel settore relativo alle malattie rare e allo
sviluppo di farmaci orfani, d’intesa con i programmi per la ricerca indipendente
gestiti dall’AIFA;
f) studi osservazionali e raccolta dati dei farmaci utilizzati a scopo compassionevole
non ancora commercializzati in Italia;
g) programmi di somministrazione controllata di farmaci non compresi nelle
classi A ed H dei prontuari terapeutici nazionale e regionali e dispositivi per il
monitoraggio domiciliare delle terapie;
h) programmi di informazione per i pazienti affetti da malattie rare e programmi
di formazione sulle malattie rare.
Art. 6
(Fondo nazionale per l’impiego dei farmaci orfani)
1. Al fine di assicurare che il diritto di accesso ai farmaci orfani sia garantito
equamente nelle diverse regioni e in ogni periodo dell’anno è istituito, presso il
Ministero della salute, un Fondo nazionale per l’impiego a carico del Servizio
sanitario nazionale di farmaci orfani che hanno ottenuto tale designazione da
parte del comitato per i medicinali orfani istituito presso l’EMEA.
2. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
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presente legge, sono stabilite le modalità e i criteri di finanziamento del Fondo.
Tale Fondo, integrativo rispetto alle risorse distribuite alle regioni per l’assistenza
sanitaria, deve essere ripartito solo in funzione di parametri epidemiologici o
eventi straordinari che esprimano il fabbisogno specifico per le malattie rare da
trattare.
Art. 7
(Consorzi regionali per la ricerca clinica nel settore delle malattie rare)
1. Allo scopo di facilitare l’organizzazione di studi clinici nel settore delle
malattie rare, le regioni istituiscono consorzi regionali o interregionali di ricerca a
cui possono partecipare le università, i centri di ricerca, i centri interregionali di
riferimento per le malattie rare istituiti ai sensi del regolamento di cui al decreto
del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, le aziende sanitarie ed altri
soggetti, pubblici e privati, che effettuano attività di ricerca nel campo delle
malattie rare.
2. I consorzi di cui al comma 1 sono strutture senza scopo di lucro, hanno
personalità giuridica propria, si dotano di apposito statuto e svolgono le proprie
funzioni utilizzando finanziamenti pubblici e privati coerentemente con gli indirizzi
definiti dal Comitato nazionale per le malattie rare. La durata dei consorzi è
vincolata all’espletamento delle ricerche per le quali sono stati costituiti.
Art. 8
(Istituzione del Comitato nazionale per le malattie rare)
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, presso il Ministero
della salute è istituito il Comitato nazionale per le malattie rare che si articola nel
Consiglio strategico e nel Consiglio tecnico-scientifico per le malattie rare.
2. Il Consiglio strategico è presieduto dal Ministro della salute ovvero dal
sottosegretario delegato.
3. Il Consiglio strategico è composto da:
a) il coordinatore degli assessori regionali alla sanità con funzioni di
vicepresidente;
b) due assessori regionali nominati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni
e delle provincie autonome;
c) il presidente dell’Istituto superiore di sanità;
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d) il presidente del Consiglio superiore di sanità;
e) almeno tre esperti del Comitato nazionale.
4. Possono essere invitati a partecipare alle riunioni del Consiglio strategico gli
esperti che di volta in volta si rendono necessari.
5. Il Consiglio strategico svolge le seguenti funzioni:
a) definisce gli indirizzi generali sulle priorità di intervento;
b) approva la relazione sull’attività svolta;
c) approva le linee prioritarie della ricerca scientifica in materia di malattie rare.
6. Il Consiglio tecnico-scientifico per le malattie rare è composto da esperti nel
settore di cui:
a) tre nominati, rispettivamente, dal Ministro della salute, dal Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e dal Ministro dello sviluppo economico;
b) sei designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province
autonome;
c) due rappresentanti di aggregazioni nazionali di associazioni di pazienti;
d) uno designato dall’Agenzia italiana del farmaco;
e) il direttore del Centro nazionale malattie rare.
7. Il Consiglio tecnico-scientifico per le malattie rare ha compiti di indirizzo
programmatico nei settori sanitario e sociale di specifica rilevanza per i cittadini
con malattie rare e le loro famiglie e svolge in particolare le seguenti attività:
a) definisce gli obiettivi del Piano nazionale per le malattie rare, le azioni prioritarie,
il sistema di monitoraggio e valutazione;
b) determina criteri e priorità di utilizzo del Fondo nazionale per la ricerca nel
settore delle malattie rare;
c) promuove attività di prevenzione, diagnosi precoce e screening per le malattie
rare e definisce parametri e criteri per valutare priorità ed obiettivi delle attività,
anche in collaborazione con organismi nazionali ed internazionali;
d) promuove l’elaborazione e diffusione di linee guida;
e) propone, con cadenza annuale, l’aggiornamento dell’elenco delle malattie
rare allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio
2001, n. 279;
f) realizza il raccordo fra la rete nazionale delle malattie rare e quella esistente
in ambito comunitario, collaborando con la Commissione europea ed altre
strutture internazionali a fini di ricerca e sanità pubblica e per tutte le azioni di
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cooperazione che si rendono necessarie;
g) promuove a livello nazionale ed internazionale i rapporti con le associazioni dei
pazienti, al fine di promuovere la consapevolezza dei pazienti affetti da malattie
rare riguardo alla tutela della propria salute e della qualità della vita;
h) può avvalersi di specifici gruppi di lavoro per l’espletamento delle sue
funzioni.
8. Possono essere invitati a partecipare alle riunioni del Consiglio tecnico-
scientifico gli esperti che di volta in volta si rendono necessari.
Art. 9
(Centro nazionale malattie rare)
1. Il Centro nazionale malattie rare, già istituito presso l’Istituto superiore di
sanità (ISS), di seguito denominato Centro nazionale, svolge attività di ricerca,
sorveglianza, consulenza e documentazione, finalizzate alla prevenzione, alla
diagnosi, al trattamento, alla valutazione e al controllo nel campo delle malattie
rare e dei farmaci orfani.
2. Il Centro nazionale svolge le seguenti funzioni:
a) realizza attività di ricerca scientifica sulle malattie rare e sui farmaci orfani;
b) collabora con la rete nazionale delle malattie rare a fini di ricerca e sanità
pubblica;
c) cura il mantenimento e l’aggiornamento del Registro nazionale delle malattie
rare, di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro della
sanità 18 maggio 2001, n. 279; a tal fine i dati epidemiologici devono pervenire
ogni sei mesi dalle regioni al Registro nazionale;
d) cura il mantenimento e l’aggiornamento del Registro nazionale dei farmaci
orfani assicurando il collegamento con l’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) e
con l’Agenzia europea per i medicinali (EMEA);
e) organizza programmi per il controllo esterno di qualità sulla diagnostica di
laboratorio delle malattie rare;
f) elabora e diffonde linee guida in materia di malattie rare in collaborazione
con il consiglio tecnico-scientifico, la rete nazionale delle malattie rare ed altri
organismi nazionali e internazionali;
g) raccoglie e fornisce informazioni aggiornate sulle malattie rare e sui farmaci
orfani, anche in collaborazione con la rete nazionale;
122
h) promuove e realizza attività di formazione per medici e per operatori socio-
sanitari per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e l’assistenza socio-
sanitaria delle malattie rare;
i) promuove e realizza attività di comunicazione e informazione rivolte ai cittadini
e agli operatori sanitari e sociali.
Art. 10
(Adozione di un Piano nazionale per le malattie rare)
1. Il Governo, su proposta del Ministro della salute, predispone il Piano nazionale
per le malattie rare.
2. Il Piano nazionale per le malattie rare è allegato al Piano sanitario nazionale ed
è approvato unitamente ad esso con le procedure fissate dall’articolo 1, comma
5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
3. Il Piano ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre
dell’ultimo anno di vigenza del Piano precedente.
4. Il Piano può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui
al comma 2.
5. Il Piano nazionale fissai seguenti obiettivi:
a) assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e
riabilitazione ai pazienti con malattie rare;
b) garantire equo accesso ai servizi sociosanitari a tutti i pazienti con malattie
rare sul territorio nazionale;
c) migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro
familiari.
6. Il Piano nazionale indica:
a) le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza
delle malattie rare, la diffusione dell’informazione sulle malattie rare diretta alla
popolazione generale ed agli operatori sociosanitari, la formazione di medici e
figure professionali coinvolte nell’assistenza, l’accesso al trattamento inclusi i
farmaci, la prevenzione e l’accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla
ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare;
b) le istituzioni responsabili delle specifiche azioni;
c) il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del Piano nazionale.
123
Art. 11
(Incentivi per le imprese)
1. Le imprese farmaceutiche che intendono svolgere studi finalizzati alla scoperta
o alla registrazione e produzione di farmaci orfani accedono agli incentivi stabiliti
dal decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 8
agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 14
del 18 gennaio 2001, secondo modalità distinte che assicurino l’espletamento
delle richieste entro l’anno solare e secondo una lista riservata.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca prevede, con proprio decreto, che
per ciascuna delle tipologie di attività di cui al comma 21 dell’articolo 5 del citato
decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 8
agosto 2000, sono concesse nella forma del contributo alla spesa, secondo le
sottoelencate percentuali sui costi ammissibili e, comunque, fino ad un massimo
del 25 per cento, le seguenti ulteriori agevolazioni:
a) 10 per cento per progetti di ricerca presentati da piccole e medie imprese,
così come definite all’articolo 21 del citato decreto del Ministro dell’università e
della ricerca scientifica e tecnologica 8 agosto 2000 e successive modificazioni;
a tal fine, per i progetti proposti congiuntamente da più imprese, tutte devono
possedere i parametri dimensionali di cui alle norme predette; tali limiti non sono
applicati per le imprese farmaceutiche operanti nel settore delle malattie rare;
b) 10 per cento per le attività di ricerca da svolgere nei centri accreditati di
alta qualificazione nelle regioni di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, indicate all’articolo 22 del citato
decreto del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 8
agosto 2000;
c) 5 per cento per le attività di ricerca da svolgere nelle regioni di cui all’articolo
107, paragrafo 3, lettera c), del predetto Trattato, indicate all’articolo 22 del
citato decreto 8 agosto 2000;
d) 10 per cento per i progetti per i quali ricorra almeno una delle seguenti
condizioni:
1) prevedano lo svolgimento di una quota di attività non inferiore al 10 per cento
dell’intero valore del progetto stesso da parte di uno o più partner di altri Stati
membri della Unione europea, purché non vi siano rapporti di partecipazione
azionaria o di appartenenza al medesimo gruppo industriale tra l’impresa
richiedente e il partner;
2) prevedano lo svolgimento di una quota di attività non inferiore al 10 per
cento dell’intero valore del progetto stesso da parte di enti pubblici e privati di
ricerca o università;
3) prevedano attività relative allo sviluppo di farmaci orfani e di sistemi per il
monitoraggio domiciliare delle terapie.
124
Art. 12
(Gratuità delle prestazioni e prontuari terapeutici)
1. I farmaci commercializzati in Italia che abbiano ottenuto riconoscimento di
farmaco orfano dalla Agenzia europea per i medicinali (EMEA) sono classificati
dall’AIFA nella classe di cui all’articolo 8, comma 10, lettera a) della legge 23
dicembre 1993, n. 537, e sono forniti gratuitamente ai soggetti portatori delle
patologie a cui la registrazione fa riferimento.
2. Le regioni assicurano nei prontuari terapeutici territoriali e ospedalieri la
disponibilità e la gratuità di farmaci, di alimenti, di dispositivi medici e di altre
sostanze attive inseriti nella classe di cui all’articolo 8, comma 10, lettera a),
della legge 23 dicembre 1993, n. 537 e di quelli di cui all’articolo 3, comma 2,
della presente legge, utili per la cura sintomatica e di supporto esclusivamente
dei soggetti portatori di malattie rare, come previsto dai protocolli e dalle linee
guida stabiliti a livello nazionale e regionale.
3. Con apposito accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono
definite le modalità di accesso dei soggetti affetti da malattie rare ai farmaci
inseriti nell’elenco di cui al decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito
dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648 ed inoltre ai farmaci registrati all’estero o
inseriti in protocolli clinici di sperimentazione di cui sia documentata l’efficacia
terapeutica per specifiche patologie rare di interesse.
4. In deroga alle vigenti disposizioni in materia di prescrizioni farmaceutiche
con le ricette relative ad una malattia rara possono essere prescritte fino a sei
confezioni di medicinali.
5. I farmaci necessari per la conduzione di protocolli clinici non sperimentali
prescritti dai presidi della rete nazionale dellemalattie rare previsti dal decreto
del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, sono forniti direttamente dai
presìdi sanitari, anche tramite le farmacie territoriali.
Art 13
(Copertura finanziaria)
1. Per la realizzazione delle finalità della presente legge, il Comitato
interministeriale per la programmazione economica, in attuazione dell’articolo
1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, vincola per un importo non
inferiore a 40 milioni di euro annui, una quota del Fondo sanitario nazionale su
proposta del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
125
PRINCIPALI ATTI D’INDIRIZZO E CONTROLLO POLITICO
Camera dei Deputati
Tipo atto: Mozione
Firmatario: on. Binetti (UdC). Sottoscritta anche da Miotto, Laura Molteni,
De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio ed altri
Data di presentazione: 6 dicembre 2011
Stato: Concluso il 17 gennaio 2012
Premesso che:
l’articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di
alcun tipo, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e
impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l’eguaglianza
dei cittadini per varie ragioni, comprese quelle che riguardano la loro salute
(uguaglianza sostanziale, comma 2);
in tal modo la Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità»,
intendendo la dignità umana o come fondamento costituzionale di tutti i
diritti collegati allo sviluppo della persona, principio cardine dell’ordinamento
democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano;
a tale riguardo è d’obbligo precisare che il bene «salute» è tutelato dall’articolo
32, primo comma, della Costituzione, non solo come diritto fondamentale
dell’individuo, ma anche come interesse della collettività, per questo richiede
piena ed esaustiva tutela in quanto diritto primario ed assoluto pienamente
operante anche nei rapporti tra privati. Tale tutela è garantita attraverso il
servizio sanitario (istituito e disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e dal decreto
legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni). La possibilità di accedere
a cure sanitarie adeguate è uno degli elementi principali che contribuiscono alla
realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo;
al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a
tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, territoriale ed
economica esistenti. Tale criticità appare maggiormente complessa se applicata
al contesto delle malattie rare. Le «malattie rare» sono patologie debilitanti e
fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza
ed elevato grado di complessità, in gran parte di origine genetica, circa nell’80
per cento dei casi, mentre per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite
e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di
origine infettiva o tossica;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e precedenti normative, sono
considerate rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000
abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati,
moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei
27 Stati membri dell’Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci
sono 246.000 malati. Oggi, nell’Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare
esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia
da 27 a 36 milioni di persone;
l’arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di
attenzione sulle cause di tali patologie, frenando gli investimenti sia in campo
diagnostico che terapeutico, per cui se da un lato sono pochi i centri in cui è
possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, è complessivamente
scarsa anche la ricerca per la produzione di nuove molecole, con conseguenti
ritardi nella diagnosi e nelle cure;
126
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la
valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall’esiguo numero
di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall’altra parte il ricorso a una casistica
multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di
reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono
essere disomogenei;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata
avanti dalle associazioni dei pazienti, sono stati raggiunti importanti risultati
per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare, con la
Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, è stato
adottato un Programma d’azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro
dell’azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999- 2003. Sempre a livello
europeo, nel 2000 è stato pubblicato il Regolamento n. 141/2000 concernente i
medicinali orfani con l’istituzione della procedura comunitaria per l’assegnazione
della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è stato istituito
nell’ambito dell’European Medicines Agency (EMEA) il Committee for Orphan
Medicinal Products (COMP);
il decreto del Ministro della sanità del 18 maggio 2001, n. 279 (recante
«Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di
esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») reca,
all’allegato 1, l’elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario
nazionale;
l’articolo 8 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede testualmente che
«i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno
triennale, con riferimento all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e
tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei
percorsi diagnostici e terapeutici di cui all’articolo 1, comma 28, della legge 23
dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento,
sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008,
mai entrato in vigore, recasse, all’allegato 7, un aggiornamento delle malattie
riconosciute come rare, integrando e sostituendo l’allegato 1 del decreto
ministeriale n. 279 del 2001; l’allegato 7 al decreto rappresenterebbe, dunque,
l’unico documento ufficiale, con i limiti evidenti conseguenti dall’emergere, nel
tempo, di nuove patologie, prima sconosciute. Esso, a titolo esemplificativo
e non esaustivo, indicherebbe in 109 le patologie da includere ai fini del
riconoscimento dello status di malattie rare; queste 109 patologie però non sono
mai state realmente incluse negli elenchi ufficiali e i pazienti che ne sono affetti
non godono di nessuno dei benefici previsti;
contemporaneamente all’azione mirata dell’Unione europea, anche l’Italia, a
partire dal 1999, ha identificato nelle malattie rare un’area di priorità in sanità
pubblica, ha esplicitato priorità ed obiettivi da raggiungere ed è intervenuta
con un provvedimento specifico, il decreto ministeriale n. 279 del 2001. Le
regioni italiane, trasferita loro la competenza in tema di programmazione ed
organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l’applicazione della normativa
nazionale. Nell’attuale negativa congiuntura economica, occorre tener conto
anche del cambiamento radicale del Sistema sanitario nazionale, provocato dal
passaggio di competenze in materia sanitaria dallo Stato alle regioni, dovuto alla
modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione. Di fatto, si sono creati
21 sistemi sanitari regionali, molto diversi tra di loro per quanto riguarda sia le
politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur rimanendo identica la ratio che
li ha generati. La diversa disponibilità e, quindi, la diversa accessibilità ai fondi
regionali, si tramuta, inevitabilmente, in difformità nell’accesso alle opportunità
127
di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice
appartenenza regionale sul territorio nazionale;
è necessario che il sistema mantenga un corretto equilibrio tra le autonomie
locali ed il livello centrale. L’obiettivo dell’uniformità qualitativa e quantitativa
dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria necessita della previsione di linee guida
e direttive in tale ambito, che siano sufficientemente omogenee e capaci di
coniugare il rispetto delle specificità locali e le esigenze di razionalizzazione del
sistema sanitario con il diritto di accesso alle cure;
ad oggi in Italia, nonostante un accordo Stato-regioni datato 8 luglio 2010,
che prevede una quota vincolata di 20.000.000 di euro per progetti relativi alle
malattie rare e ripartita in base alla popolazione di riferimento, non esiste una
normativa adeguata a sostegno dei malati e delle loro famiglie, che incontrano
enormi difficoltà di carattere economico-assistenziale, avuto particolare riguardo
a ciò che concerne la terapia domiciliare; a ciò va a sommarsi la grave carenza
di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie;
tutte le associazioni di pazienti affetti da malattie rare sostengono con energia
come il nostro Paese debba allinearsi il più rapidamente possibile alle procedure
che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, un accesso
tempestivo alle terapie innovative;
in Francia, con una interpretazione della normativa europea non condivisa
da tutti, è stato adottato fin dal 1994 un piano nazionale per le malattie rare,
che consente una autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (atu), con
lo scopo di garantire l’accesso alle cure da parte dei pazienti e l’utilizzo di un
farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora
che lo stesso abbia ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio. La
condizione necessaria è che il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato, abbia
possibilmente superato la fase sperimentale III, ci siano segni di una accertata
efficacia, e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco
regolarmente autorizzato (ad esempio, prodotti che abbiano profili di sicurezza
già accertati o un documento di autorizzazione di immissione sul mercato in
fase di stesura o in corso di registrazione);
lo schema dell’autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci, applicato alle
medicine destinate alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai
pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi
necessari alla conclusione degli studi clinici ed all’ottenimento dell’autorizzazione
alla commercializzazione;
con il Decreto Ministeriale 279/2001 «Regolamento di istituzione della rete
nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle
relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
160 del 12 luglio 2001 - Suppl. Ordinario n. 180/L si prevede l’esenzione per le
prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra
quelle incluse nei LEA secondo criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle
condizioni cliniche individuali e, per quanto possibile, sulla base di protocolli
clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Ai fini dell’esenzione
il regolamento individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare;
in Italia, l’inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e nei prontuari
terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l’accesso alla
terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali
non differenziano i farmaci orfani all’interno delle loro delibere attuative e di
indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione
del medicinale e non solo della prescrizione) ai pochi, talvolta addirittura unici,
centri di riferimento regionali;
128
il regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l’assegnazione della
qualifica di medicinali orfani nell’Unione europea e prevede incentivi per
stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la
profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare; con determinazione del 20
marzo 2008, l’Agenzia italiana del farmaco (Alfa) ha stabilito le «Linee guida per
la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci»;
l’associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I Valori-Sviluppo e Tutela dei Diritti»
da oltre dieci anni si batte per ottenere una legislazione adeguata, che dia, a
tutti i pazienti, le stesse possibilità di diagnosi, cura, assistenza e che incentivi
la ricerca e la produzione di farmaci. L’associazione, che esplica la sua attività
anche attraverso l’Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che
vengano adottate le misure legislative necessarie per incentivare e promuovere
la ricerca, lo sviluppo e l’immissione in commercio dei medicinali cosiddetti
«orfani», ossia di tutti quei medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o
alla terapia di una malattia considerata, in base ai dettami dell’Unione europea
«rara»;
si tratta certamente di primi passi, significativi ma non ancora adeguati, a dare
soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il problema
che sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare
non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche
ed assistenziali previste da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN) per tutti
gli altri pazienti ed ancora, la disparità di trattamento avviene anche fra le varie
regioni e persino all’interno delle medesime regioni e, addirittura, all’interno
delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano
godere dello stesso livello di prestazioni da parte del SSN,
impegna il Governo:
ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido
svolgimento dell’esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie
rare;
a verificare in che modo e fino a che punto i bisogni di salute di questi pazienti
vengano attualmente soddisfatti, tenendo conto che, in questo particolare
momento di risanamento economico del Paese, esiste una categoria di cittadini
già gravemente penalizzata, sulla quale si chiede di non incidere ulteriormente;
a istituire a livello nazionale e a promuovere l’istituzione in ambito regionale dei
registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza
sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, consentendo l’utilizzo mirato
delle risorse pubbliche;
a promuovere l’adozione in tutte le regioni, gradatamente e progressivamente
secondo lo standard delle regioni virtuose, iniziative che consentano a tutti i
bambini che nascono di accedere ad adeguati screening neonatali, indispensabili
per individuare precocemente molte patologie, anche di tipo metabolico,
consentendo di iniziare precocemente la terapia opportuna ed evitando
successivi stati di grave invalidità;
a istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della
salute, tenendo conto nella composizione dei rappresentanti delle regioni,
dell’Istituto superiore di sanità e delle associazioni di tutela dei malati, nonché
dei rappresentanti dei Ministeri competenti in merito (Ministero della salute,
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Ministero del lavoro e
delle politiche sociali);
ad accelerare la revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per inserirvi un
elenco aggiornato delle malattie rare, a cominciare dalle 109 nuove patologie
rare, indicate nell’allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
21 marzo 2008, mai entrato in vigore;
129
a valutare iniziative volte ad ampliare la copertura finanziaria della legge n. 648
del 1996 al fine di permettere un più ampio e veloce accesso a cure innovative,
non ancora approvate in Italia;
a recepire le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea in forma
tempestiva, partendo dall’istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci
«orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «c» indispensabili per la cura
delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una
gestione trasparente, tramite l’inserimento, in modo omogeneo in tutti i prontuari
regionali, una volta ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione;
a prevedere una adeguata semplificazione delle procedure che autorizzano la
messa in commercio di farmaci orfani, nel rispetto dei principi generali del settore
e a prevedere il sostegno del governo ad iniziative normative quali ad esempio:
l’esenzione dei diritti da versare per l’immissione in commercio; procedure di
registrazione accelerata; e un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese
sostenute per la sperimentazione clinica; un periodo di esclusività di mercato di
sette anni;
a valutare l’opportunità di assumere iniziative affinché nel caso delle malattie
rare, e in altre patologie croniche, in deroga alle disposizioni attuali in materia
di prescrizioni farmaceutiche, siano possibili prescrizioni ripetibili in un arco di
tempo determinato, in modo da evitare al paziente di dover tornare con eccessiva
frequenza dal medico per ottenere la ricetta, su cui oltretutto dovrebbe pagare
anche il ticket;
ad istituire un tavolo di lavoro e concertazione permanente con tutti gli stakeholder,
che verrà consultato con cadenza bimestrale, al fine di intraprendere le azioni
necessarie a colmare le carenze normative ancora riscontrabili in tema di malattie
rare e monitorare le azioni intraprese in tale ambito;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare l’effettiva trasmissione
dei dati e l’aggiornamento dei registri regionali e nazionali;
ad adottare un Piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale,
finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva,
trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo
accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio
nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei
loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie
per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell’informazione sulle
malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari,
la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell’assistenza, l’accesso
al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l’accesso ad una diagnosi
tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica
sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il
sistema di monitoraggio e valutazione annuale del Piano nazionale.
(1-00780) «Binetti, Miotto, Laura Molteni, Barani, Mosella, Palagiano, Di
Biagio, Argentin, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Delfino, Adornato,
Enzo Carra, Pezzotta, Ria, Mereu, D’Ippolito Vitale, Rao, Mondello, Patarino,
Martini, Rondini, Bossa, Zinzi, Poli, Porcu, Iannuzzi, Zazzera, Pedoto, Palomba,
Sbrollini, Verini, De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio, Vella, Di Caterina, Mario Pepe (PD),
Compagnon, Garofalo, Bocciardo, Commercio, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Fava,
Fabi, Farina Coscioni, Sbai».
130
Tipo atto: Mozione
Firmatario: on. Laura Molteni (Lnp)
Data di presentazione: 16 gennaio 2012
Stato: concluso
Premesso che:
l’articolo 3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge;
l’articolo 32 della Costituzione sancisce che la Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure
gratuite agli indigenti;
l’Organizzazione mondiale della sanità riconosce la salute quale diritto
fondamentale dell’uomo e il godimento del miglior stato di salute raggiungibile
come uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano;
in data 11 novembre 2008 la Commissione europea ha adottato la comunicazione
della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico
e sociale europeo e al Comitato delle regioni «malattie rare: una sfida per
l’Europa» (COM 2008/679), al fine di stabilire una strategia comune per affrontare
le malattie rare sulle base delle migliori pratiche esistenti;
il regolamento (CE) n. 141/2000 considera «malattie rare» quelle patologie che
colpiscono cinque soggetti su diecimila;
in Europa i soggetti colpiti da malattie rare sono circa 24 milioni e in Italia oltre 2
milioni, soprattutto in età infantile;
trattasi per l’80 per cento di malattie di origine genetica e per il restante 20 per
cento di malattie acquisite;
le malattie rare sono anche definite «malattie orfane», in quanto prive di adeguate
attività di ricerca e di interesse da parte del mercato e delle politiche di sanità
pubblica; di conseguenza, si considerano «orfani», ai sensi del regolamento
(CE) n. 141/2000, i farmaci innovativi per contrastare le malattie rare, ancora
scarsamente commercializzati a causa dei costi eccessivi;
il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento
di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla
partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»), contiene, all’allegato
1, l’elenco delle malattie riconosciute come rare dal servizio sanitario nazionale
(per le quali è prevista l’esenzione dai costi delle relative prestazioni sanitarie) e
prevede che tale elenco sia aggiornato almeno ogni tre anni;
non è stato ancora approntato alcun aggiornamento dell’elenco sopra menzionato,
nonostante l’emersione di nuove patologie (risultano ad oggi individuate circa
109 patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare,
di fatto mai incluse negli elenchi ufficiali);
sino ad oggi sono stati depositati in Parlamento 31 disegni e progetti di
legge in materia, per nessuno dei quali è stato sino ad oggi concluso l’esame
parlamentare;
le malattie rare costituiscono un grave problema sociale ed assistenziale, poiché
sono caratterizzate da difficoltà diagnostiche e necessitano della sperimentazione
di nuovi farmaci attraverso l’impiego di metodologie avanzate; esse sono, inoltre,
malattie per la gran parte genetiche, croniche e invalidanti;
gli alti costi per la ricerca, la sperimentazione e la commercializzazione dei
«farmaci orfani», non sono sopportabili dalle industrie farmaceutiche e la scarsità
di investimenti pubblici nella ricerca e nella sperimentazione non favorisce
l’azione di contrasto alle suddette patologie, determinando, di conseguenza, alti
costi sanitari e socio-assistenziali;
131
attualmente, in Italia, il servizio sanitario nazionale riconosce l’esenzione
per l’acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella
classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie
dei pazienti, che spesso non possiedono le necessarie risorse finanziarie e
nemmeno possono usufruire di specifiche strutture sanitarie,
impegna il Governo:
ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido
svolgimento dell’esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie
rare;
a modificare il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279
del 2001, prevedendo l’aggiornamento annuale dell’allegato n. 1, contenente
l’elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo sanitario, con
l’inserimento in esso di tutte le patologie fino ad ora escluse e, in particolare,
delle 109 malattie rare previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri del 23 aprile 2008;
a tenere conto, nell’aggiornamento del predetto elenco, del fatto che le esenzioni
e l’introduzione nei livelli essenziali di assistenza delle patologie emergenti
debbano essere valutate anche in relazione alla gravità ed alla permanenza nel
tempo delle eventuali invalidità derivanti da tali malattie e non solo in relazione
all’attuale raggruppamento in base agli apparati e/o sistemi metabolici colpiti;
ad istituire a livello nazionale e a promuovere l’istituzione a livello regionale dei
registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da garantire il
monitoraggio dei pazienti che ne sono affetti, consentendo un utilizzo mirato
delle risorse pubbliche;
ad adottare, d’intesa con le regioni, un piano strategico per le malattie rare,
finalizzato ad assicurare un equo accesso ai servizi socio-sanitari presenti
sul territorio nazionale ed improntato alla prevenzione, diagnosi tempestiva,
monitoraggio, trattamento, assistenza, riabilitazione e assistenza protesica
a tutti i pazienti affetti da tali patologie, nonché la necessaria assistenza alle
famiglie in cui sono presenti uno o più malati rari, migliorando la qualità della vita
delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie;
ad assumere iniziative per permettere un più ampio e veloce accesso alle cure
innovative, non ancora introdotte in Italia, attraverso una normativa che preveda
l’autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l’accesso ai farmaci orfani,
sul modello francese;
ad assumere iniziative volte a prevedere, in materia di prescrizioni farmaceutiche
relative ad una malattia rara, che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa
essere superiore a tre e la distribuzione sia riservata ai centri e/o ospedali
individuati in apposito elenco o previo accordo per la distribuzione con le
farmacie di supporto;
a favorire lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, in particolare attraverso la
predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica attraverso un apposito
piano di incentivi alla ricerca;
ad adottare iniziative per recepire le raccomandazioni del Consiglio dell’Unione
europea in forma tempestiva, partendo dall’istituzione di un fondo ad hoc per
garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «C»
indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio
sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l’inserimento, in modo
omogeneo in tutti i prontuari regionali, in tempi prestabiliti, una volta ottenuta
l’autorizzazione alla commercializzazione;
a promuovere una revisione delle disposizioni riguardanti i farmaci previste
dall’articolo 17, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, recante «Disposizioni
132
urgenti per la stabilizzazione finanziaria», al fine di prevedere, nell’ambito del
regolamento ivi richiamato, un regime applicativo particolare per i farmaci
orfani;
ad individuare, d’intesa con la Conferenza unificata, per ogni malattia rara
almeno un centro di riferimento nazionale a cui indirizzare la maggior parte dei
finanziamenti destinati allo studio, alla diagnosi ed alla terapia di tale patologia,
al fine di ottimizzare al massimo la possibilità di ottenere risultati sia da un punto
di vista terapeutico che della ricerca.
(1-00808)
«Laura Molteni, Martini, Rondini, Fava, Fabi, Fugatti, Torazzi, Fedriga, Desiderati,
Maggioni».
133
Tipo atto: Mozione
Firmatario: on. Anna Margherita Miotto (PD)
Data di presentazione: 16 gennaio 2012
Stato: Concluso
Premesso che:
nonostante nel corso degli ultimi venti anni la ricerca scientifica abbia compiuto
notevoli progressi, vi sono ancora moltissimi stati patologici non adeguatamente
conosciuti e non ancora classificati, moltissime malattie per le quali non sono
possibili né sussidi diagnostici, né adeguate forme di prevenzione, né terapie,
ed altre ancora che colpiscono un numero relativamente basso di persone, le
cosiddette malattie rare;
il numero delle malattie rare è stimato dall’Organizzazione mondiale della
sanità intorno a 5.000, l’80 per cento delle quali di origine genetica, anche se il
manifestarsi delle patologie e la loro concentrazione cambiano a seconda dei
Paesi interessati e il Parlamento europeo ha definito un limite di prevalenza non
superiore a cinque casi per ogni 10.000 abitanti degli Stati membri dell’Unione
europea;
le malattie rare talvolta sono fortemente invalidanti e chi ne è colpito spesso non
riesce a sopravvivere; la definizione di «rara» non ha agevolato il processo di
ricerca e di attenzione sulle cause delle malattie rare, se non da parte di centri
privati, con la conseguenza non solo di non offrire al paziente cure adeguate
e una diagnosi tempestiva, ma soprattutto di lasciarlo isolato nell’affrontare la
propria malattia insieme alla sua famiglia;
la scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche, che scaturisce proprio dalla
rarità, determina spesso lunghi tempi di latenza tra l’esordio della patologia e la
diagnosi, cosa che incide negativamente sulla prognosi del paziente, ed inoltre
le industrie farmaceutiche, a causa della limitatezza del mercato di riferimento,
hanno scarso interesse a sviluppare la ricerca e la produzione dei cosiddetti
«farmaci orfani», potenzialmente utili per tali patologie;
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la
valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall’esiguo numero
di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall’altra parte il ricorso a una casistica
multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di
reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono
essere disomogenei;
infine, la rarità della malattia fa scaturire un’altra conseguenza per la stessa,
ovvero l’essere «orfana», in quanto non riceve le attenzioni e il sostegno
economico-sociale adeguati;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata
avanti dalle associazioni dei pazienti, sono stati raggiunti importanti risultati
per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare; con
la decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio europeo è stato
adottato un programma d’azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro
dell’azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999-2003. Sempre a
livello europeo, nel 2000 è stato pubblicato il regolamento (CE) n. 141/2000
concernente i medicinali orfani con l’istituzione della procedura comunitaria per
l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è
stato istituito, nell’ambito dell’European medicines agency (Emea), il Committee
for orphan medicinal products (Comp);
diversi Stati membri hanno recepito le indicazioni dell’Unione europea, ponendo
in essere una crescente attenzione e sensibilità verso tali patologie: in Francia;
in particolare, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare
134
ed è stato innovata la normativa riguardante l’approvvigionamento dei farmaci;
in Spagna, Belgio e Romania sono state assunte iniziative in tal senso;
l’Italia è sempre stata sensibile su questo tema, non solo inserendolo tra i
punti fondamentali del piano sanitario nazionale già nel triennio 1998-2000, ma
anche predisponendo il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità
18 maggio 2001, n. 279, con cui si stabiliva l’esenzione dai costi sanitari per
circa 350 patologie, ed istituendo il registro nazionale delle malattie rare presso
l’Istituto superiore di sanità, il quale raccoglie i dati epidemiologici forniti dai
vari centri regionali, al fine di avere una visione organica delle malattie rare e di
favorire, conseguentemente, la ricerca su di esse;
con il decreto ministeriale n. 279 del 2001, «Regolamento di istituzione della
rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo
delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera
b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta
ufficiale n. 160 del 12 luglio 2001 - supplemento ordinario n.180/L, si prevede
l’esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal
medico curante tra quelle incluse nei livelli essenziali di assistenza secondo
criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle condizioni cliniche individuali
e, per quanto possibile, sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio
di riferimento competente. Ai fini dell’esenzione il regolamento individua 284
malattie e 47 gruppi di malattie rare;
il diritto all’esenzione è previsto anche per le prestazioni diagnostiche necessarie
a confermare o escludere il sospetto diagnostico di una delle malattie rare
incluse, formulato da uno specialista del servizio sanitario nazionale;
a tale proposito è opportuno segnalare che la revisione dei livelli essenziali di
assistenza è ferma all’ormai lontano 2001, visto che il nuovo decreto emesso
dall’allora Governo Prodi nel 2008 fu invece revocato dal successivo Governo
Berlusconi, in considerazione di un rilievo mosso dalla Corte dei conti, la quale
ritenne che i nuovi livelli essenziali di assistenza sarebbero costati circa 800
milioni di euro in più su base annua e tale copertura non sarebbe prevista;
la mancata revisione dei livelli essenziali di assistenza e dell’elenco delle malattie
rare esentate dal pagamento del ticket, fermo a livello nazionale al 2004,
comporta un grave nocumento per tutte quelle persone affette da tali malattie e
costrette a pagare il ticket per potersi curare;
a partire dal 2001 le regioni hanno iniziato a individuare i presidi per l’assistenza
ai pazienti affetti da malattie rare e attualmente le reti regionali sono indicate su
quasi tutto il territorio nazionale;
dal luglio 2002 è stato istituito nell’ambito della Conferenza Stato-regioni un
gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero
della salute e l’Istituto superiore di sanità, il cui obiettivo è rappresentato
dall’ottimizzazione del funzionamento delle reti regionali e dalla salvaguardia del
principio di equità dell’assistenza per tutti i cittadini;
dal 10 maggio 2007 è stato siglato il secondo accordo tra il Governo, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento di centri
coordinamento regionali e/o interregionali, di presidi assistenziali sovraregionali
per le patologie a bassa prevalenza e sull’attivazione dei registri regionali ed
interregionali delle malattie rare;
si tratta certamente di primi passi significativi ma non ancora adeguati, però,
a dare soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il
problema che, sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da
malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche,
terapeutiche ed assistenziali previste da parte del servizio sanitario nazionale
per tutti gli altri pazienti ed ancora la questione della disparità di trattamento che
135
avviene anche fra le varie regioni e persino all’interno delle medesime regioni e,
addirittura, all’interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che
tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del
servizio sanitario nazionale,
impegna il Governo:
a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire la presa in carico
dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso
l’accesso alle cure e all’assistenza materiale, economica e psicologica, in modo
da ottemperare alle indicazioni dell’Unione europea;
a prevedere per le persone affette da malattie rare il diritto all’esenzione dalla
partecipazione alla spesa per tutte le prestazioni sanitarie, incluse nei livelli
essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per la diagnosi, il trattamento,
il monitoraggio dell’evoluzione della malattia rara e la prevenzione degli
aggravamenti, comprese le prestazioni riabilitative e di assistenza protesica,
nonché l’acquisto dei farmaci di fascia C necessari per il trattamento delle
malattie rare e dei trattamenti considerati non farmacologici, quali alimenti,
integratori alimentari, dispositivi medici e presidi sanitari;
ad assumere iniziative dirette ad aggiornare l’allegato n. 1 del regolamento di
cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, contenente l’elenco delle
malattie rare esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza annuale e non
più triennale, prevedendo l’inserimento nello stesso di altre malattie rare finora
escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nel suddetto elenco dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008, approvato dal
Governo Prodi e successivamente ritirato per mancanza di copertura finanziaria
dal Governo Berlusconi;
ad adottare iniziative che consentano l’accesso universale allo screening
neonatale che sarebbe in grado di individuare precocemente nei neonati decine
di malattie metaboliche ereditarie, evitando così gravissimi stati di invalidità;
ad adottare le iniziative necessarie affinché le diagnosi di malattia rara siano
effettuate dai presidi della rete di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto
del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, sulla base di appositi protocolli
diagnostici e affinché gli stessi presidi della rete provvedano all’emissione
della relativa certificazione di malattia rara con validità illimitata nel tempo e su
tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare l’erogazione a totale carico del
servizio sanitario nazionale di tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di
assistenza;
ad adottare le iniziative necessarie per assicurare l’immediata disponibilità e
gratuità delle prestazioni e l’aggiornamento dei prontuari terapeutici, prevedendo
che i farmaci commercializzati in Italia che abbiano ottenuto riconoscimento di
farmaco orfano dall’Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (Emea) siano
forniti gratuitamente ai soggetti portatori delle patologie, a cui la registrazione fa
riferimento e che, pertanto, possano essere inseriti nel prontuario nazionale dei
farmaci nelle fasce esenti da compartecipazione alla spesa;
ad adottare un piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale,
finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva,
trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo
accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio
nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei
loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie
per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell’informazione sulle
malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari,
la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell’assistenza, l’accesso
al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l’accesso ad una diagnosi
136
tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica
sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il
sistema di monitoraggio e valutazione annuale del piano nazionale;
a rafforzare le funzioni del Centro nazionale malattie rare presso l’Istituto
superiore di sanità, al fine di perfezionare il monitoraggio delle patologie e
del funzionamento dei servizi, affinché sia reso omogeneo su tutto il territorio
nazionale l’accesso e l’assistenza ai pazienti affetti da tali patologie;
ad assumere iniziative dirette a prevedere, in deroga alle disposizioni in materia
di prescrizioni farmaceutiche per le prescrizioni relative ad una malattia rara,
che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa essere superiore a quelli
attualmente previsti;
ad adottare le iniziative necessarie per favorire la ricerca clinica e preclinica
finalizzata alla produzione dei farmaci orfani, prevedendo che ai soggetti pubblici
e privati che svolgono tali attività di ricerca o che investono in progetti di ricerca
sulle malattie rare o sui farmaci orfani svolti da enti di ricerca pubblici o privati
si applichi un sistema di incentivi e di agevolazioni fiscali per le spese sostenute
per l’avvio e la realizzazione di progetti di ricerca.
(1-00809)
«Miotto, Lenzi, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D’Incecco,
Farina Coscioni, Grassi, Murer, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini».
137
Tipo atto: Ordine del giorno (che raccoglie le principali mozioni presentate
in tema di malattie rare)
Firmatario: sen. Laura Bianconi (PdL) ed altri
Data di presentazione: 11 gennaio 2012
Stato: Concluso e accolto
Impegna il Governo:
1) a produrre nel più breve tempo possibile la relazione tecnica necessaria alla
prosecuzione dell’iter legislativo del testo unificato dei disegni di legge sulle
malattie rare in discussione in 12a Commissione permanente (Igiene e sanità)
del Senato;
2) ad adottare un piano nazionale per le malattie rare con durata triennale
finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva,
trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso
ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale
a migliorare la vita di queste persone e delle loro famiglie, indicando: le aree
prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare
e la diffusione dell’informazione sulle stesse, diretta alla popolazione generale
ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali
coinvolti nell’assistenza, l’accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione,
l’accesso alla diagnosi tempestiva ed il supporto alla ricerca di base clinica,
sociale e di sanità pubblica, sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle
specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del
piano nazionale;
3) a valutare l’opportunità di aggiornare l’allegato n. 1 del regolamento di cui
al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, contenente l’elenco delle
malattie rare, esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza annuale e non
più triennale, prevedendo l’inserimento nello stesso di tutte le malattie rare fin
ora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nell’elenco presente
nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2008;
4) a recepire le raccomandazioni del Consiglio europeo in forma tempestiva,
partendo dall’istituzione di un fondo ad hoc previsto dal regolamento (CE) n.
141/2000, per garantire che i farmaci innovativi, cosiddetti “orfani”, nonché i
parafarmaci ed i farmaci di fascia “C” indispensabili per la cura delle patologie rare,
siano posti a carico del Servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente,
tramite l’inserimento, in modo omogeneo, in tutti i prontuari regionali, in tempi
prestabiliti, una volta ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione;
5) a garantire ai pazienti un equo accesso ai servizi socio-sanitari presenti sul
territorio nazionale, migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali
patologie e delle loro famiglie, prevedendo anche migliori terapie riabilitative e
di assistenza protesica;
6) a predisporre piani per il trattamento domiciliare che consentano la distribuzione
diretta da parte delle aziende sanitarie locali o tramite accordi con le farmacie
dei prodotti necessari per le terapie di supporto;
7) a rivedere le disposizioni riguardanti i farmaci previste dall’articolo 17, comma
1, lettera b) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 111 del 2011, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria”, al fine di prevedere, nell’ambito del regolamento ivi richiamato, un
regime applicativo particolare per i farmaci orfani;
8) ad agevolare la predisposizione di una normativa che preveda l’autorizzazione
temporanea di utilizzo per favorire l’accesso ai farmaci innovativi cosiddetti
“orfani”, mutuando il modello francese;
9) a favorire la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, in particolare
138
attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica (anche
al fine di favorire la partecipazione dell’Italia alle attività internazionali nel settore
delle malattie rare) da realizzarsi, in linea con quanto previsto dall’articolo 9
del regolamento (CE) n. 141/2000, attraverso un apposito piano di incentivi
alla ricerca basato sulla defiscalizzazione dei fondi investiti dagli sponsor e
sull’istituzione di un apposito fondo destinato a finanziare annualmente almeno
due terzi dei progetti di ricerca, con particolare attenzione ai progetti rivolti al
territorio delle regioni economicamente depresse.
(numerazione resoconto Senato G1)
(9/1-00065/1)
BIANCONI, BASSOLI, BAIO, CARLINO, BIANCHI, MARINO IGNAZIO, BOSONE,
GALLONE, VACCARI, SBARBATI, PICCIONI
139
Tipo atto: Risoluzione in Commissione (XII Commissione Affari sociali)
Firmatario: On. Maria Antonietta Farina Coscioni (PD)
Data di presentazione: 17 novembre 2010
Stato: in corso
Premesso che:ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e delle precedenti normative sono considerate rare quelle patologie «che colpiscono non più di cinque individui su diecimila»;nel mondo si riscontrano circa 7-8.000 patologie, molte delle quali croniche, invalidanti o fatali, che colpiscono tra il 6 e l’8 per cento della popolazione nel corso della vita e, malgrado le singole malattie rare siano caratterizzate da una bassa prevalenza, il numero totale di persone che ne sono affette, solo nell’Unione europea, varia tra i 27 e i 36 milioni, pari a una persona su 100.000;l’80 per cento di queste malattie è di origine genetica, per il restante 20 per cento dei casi si tratta di malattie acquisite;l’Unione europea ha indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l’uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati membri;diversi Stati membri hanno recepito le indicazioni dell’Unione europea, ponendo in essere una crescente attenzione e sensibilità verso tali patologie;in Francia, in particolare, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare, e già dal 1994 è in vigore l’autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci orfani;da quanto emerge dai rapporti dell’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti relativi alla salute, dallo stesso anno, più di 400 prodotti farmaceutici sono stati oggetto di autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU), con la possibilità di far accedere i pazienti alle cure in media 12 mesi prima dell’ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio;l’ATU ha come finalità quella di consentire l’utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio, purché il farmaco sia in fase di sviluppo e non vi sia una valida alternativa terapeutica garantita da un farmaco regolarmente autorizzato;in Spagna, il Ministro della salute ha recentemente annunciato l’istituzione di un gruppo di lavoro finalizzato allo sviluppo di una strategia nazionale per le malattie rare;in Belgio è stata istituita una Commissione nazionale per le malattie rare e i farmaci orfani, con l’obiettivo di sviluppare una strategia finalizzata ad incrementare l’attenzione per le problematiche connesse alle malattie rare e al rimborso dei farmaci orfani;in Romania è stata presentata, alla fine del 2007, una proposta di piano nazionale per le malattie rare, attualmente all’esame del Ministro della salute;in Italia, nonostante ci siano circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica, e nonostante, fin dalla XIII Legislatura, si sia cercato di richiamare l’attenzione su questa tematica, non si è ancora ottenuto adeguato impegno da parte del legislatore;attualmente, nel nostro Paese, il Sistema sanitario nazionale riconosce l’esenzione per l’acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie dei pazienti;ad oggi non è stata ancora approvata una legge idonea ad affrontare e risolvere le tante problematiche dei pazienti e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di tipo economico ed assistenziale, ma soprattutto di grave carenza
140
di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie, nonostante dalla XIII Legislatura ad oggi siano stati depositati numerosi disegni e progetti di legge a riguardo;nell’ordinamento italiano la possibilità di accedere a farmaci non ancora dotati di autorizzazione all’immissione in commercio è limitata ai casi disciplinati dal decreto ministeriale 8 maggio 2003, relativo al cosiddetto «uso compassionevole», e dal decreto-legge n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648 del 1996 concernente i medicinali inseriti in appositi elenchi;in entrambi i casi, i farmaci privi di autorizzazione possono essere somministrati ai pazienti solo in presenza di sperimentazioni cliniche in fase già avanzata;lo schema dell’ATU, mutuato dal sistema francese, applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare, orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo, rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici e all’ottenimento dell’autorizzazione alla commercializzazione;il percorso autorizzativo di detta tipologia di farmaci è molto lungo e reso difficoltoso dal fatto che, solitamente, gli studi clinici richiedono molto tempo, in quanto la ricerca scientifica ha difficoltà a raggiungere sufficienti prove di evidenza e di efficacia visto l’esiguo numero di pazienti su scala mondiale e risulta, quindi, necessario dislocare le sperimentazioni in diversi Paesi, con conseguente ulteriore aggravio dal punto di vista dei tempi necessari alla relativa conduzione,impegna il Governo:a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire la presa in carico dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso l’accesso alle cure e all’assistenza materiale, economica e psicologica, in modo da ottemperare alle indicazioni dell’Unione europea;ad istituire un comitato nazionale per le malattie rare, in grado di monitorare la fenomenologia e l’incidenza delle malattie rare e gestire i fondi relativi;a promuovere la predisposizione di una normativa che preveda l’autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l’accesso ai farmaci innovativi cosiddetti orfani, mutuando il modello francese.(7-00438)«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
Si vedano anche i seguenti atti di indirizzo e controllo presentati:
Interrogazione a risposta orale, sen. Laura Bianconi, 28 febbraio 2012
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=50232&stile=6&highLight=1&
paroleContenute=%27malattie%27+%7C+%27rare%27+%7C+%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+
ORALE%27
Risoluzione in Commissione, on. Anna Margherita Miotto, 1 marzo 2012
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=50365&stile=6&highLight=1&
paroleContenute=%27malattie%27+%7C+%27rare%27+%7C+%27RISOLUZIONE+IN+COMMISSION
E%27
Interrogazione a risposta orale, on. Paola Binetti 5 marzo 2012
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=50396&stile=6&highLight=1&
paroleContenute=%27malattie%27+%7C+%27rare%27+%7C+%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+
ORALE%27
Interrogazione a risposta orale, on. Paola Binetti 11 aprile 2012
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=52370&stile=6&highLight=1&
paroleContenute=%27malattie%27+%7C+%27rare%27+%7C+%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+
ORALE%27
Interrogazione a risposta in Commissione, on. Gianni Mancuso, 12 aprile 2012
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.
141
EUROPLAN - Conferenze Nazionali
Report Finale della Conferenza in ITALIA
Paese ITALIA
Data e luogo
della Conferenza
Nazionale
11/13 novembre 2010 Firenze
c/o Centro Formazione Montedomini Via Dei Malcontenti, 6
website www.uniamo.org
Organizzatore UNIAMO F.I.M.R. onlus
Leader del progetto Istituto Superiore di Sanità – Centro Nazionale Malattie Rare
Dr.ssa Domenica Taruscio
Membri dello
Steering Committee
AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco1.
CENTRO BIOETICA CLINICA E GOVERNANCE DELLA SALUTE2. - Fondazione
IRCCS Cà Granda
CERISMAS - Centro di Ricerche e Studi in Management 3.
Sanitario
FARMINDUSTRIA4.
FEDERAZIONE 5. UNIAMO F.I.M.R. Onlus
FEDERSANITÀ-ANCI6. FIMMG - Federazione Italiana medici di Medicina Generale7.
FIMP - Federazione Italiana Medici Pediatri8.
FISM - Federazione Italiana Società Medico-scientifiche9.
MINISTERO DELLA SALUTE10. MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI11. ORPHANET ITALIA12. SIGU – Società Italiana Genetica Umana13.
SIMG - Società Italiana di Medicina Generale14.
SIMGePeD - Societa’ Italiana Mala e Gene che Pediatriche e 15. Disabilità CongeniteTASK FORCE16. – ora Comitato di Esperti dell’Unione Europea
sulle Malattie Rare
TELETHON17.
TAVOLO INTERREGIONALE MALATTIE RARE18. - Coordinamento
Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle
Province Autonome
SINODE’ s.r.l.19.
Nomi e lista dei
Workshops
n. 1 governance
n. 2 codifica – formazione e informazione
n. 3 ricerca
n. 4 reti, centri di esperienza
n. 5 empowerment
n. 6 farmaci orfani e accessibilità delle cure
Chairs e
Rapporteurs degli
Workshops
facilitatore verbalizzante
Marco Sessa Giulietta Cafiero
Renza Barbon Maria Marcheselli
Fabrizio Seidita Elisa Grella
Michele Del Zotti Maria Pia Sozio
Annalisa Scopinaro Antonella Esposito
Loredana Nasta Gabriele Bona
Allegati Programma conferenza
Lista partecipanti
142
Informazioni Generali I.
Nel mese di novembre 2009 si è provveduto ad informare l’allora Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali On.le Maurizio Sacconi dell’organizzazione, pianificata per il 2010, della Conferenza Nazionale per il progetto EUROPLAN con la necessità di costituire un comitato organizzatore multidisciplinare.Con il cambiamento dell’assetto istituzionale del Ministero della Salute, nel mese di febbraio 2010, in occasione della giornata nazionale delle malattie rare, il Ministro della Salute Prof. Ferruccio Fazio, ha nominato quale suo rappresentante il Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico dell’allora Istituto Mendel, ora dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, affiancato da due tecnici del Ministero della Salute, il dott. Giovanni Ascone, della Direzione Generale della Prevenzione, e la dott.ssa Maria Elena Congiu della Direzione Generale della Programmazione. E’ stato così dato avvio alla costituzione del Comitato.
Rapporto principaleII.
In marzo 2010, si è svolta a Roma una prima riunione strategica (Barbon Galluppi, Bellagambi e Dallapiccola) finalizzata all’individuazione degli enti componenti il Comitato Organizzatore e la data della prima riunione ufficiale.Sono seguite le lettere d’invito e il 13 aprile 2010, presso il Ministero della Salute di Via di Ribotta, zona EUR in Roma, si è svolta la prima riunione a cui hanno presenziato alcuni dei diversi enti invitati.E’ stata redatta una lettera d’intenti tra UNIAMO F.I.M.R. onlus e i diversi enti facenti parte del Comitato Organizzatore.Sono succedute delle riunioni mensili (5 maggio 2010 / 7 giugno 2010 / 14 luglio e 8 settembre 2010)Dal 12 ottobre 2010 è stata attivata una Consultazione Pubblica per la più ampia partecipazione dei “portatori d’interesse”, i cui risultati sono stati elaborati e presentati in sede di Conferenza ad integrazione del documento finale. Per la buona riuscita della Conferenza è stato stabilito che i sei gruppi di lavoro fossero composti da tutti i “portatori d’interesse” (pazienti, professionisti, istituzioni e loro rappresentanti).Il Comitato Organizzatore ha deciso che entrambi i ruoli - facilitatore e verbalizzante - fossero svolti da pazienti o familiari di pazienti. Pertanto sono 18 le persone individuate dalla Federazione per la composizione dei gruppi (6 facilitatori, 6 verbalizzanti e 6 portatori d’interesse), con criteri ben definiti e convalidati dal consiglio direttivo nella riunione dell’11 settembre 2010. L’advisor di EURORDIS, Simona Bellagambi, ha coordinato i Facilitatori nella conduzione dei gruppi.Per poter procedere ai lavori, è stato istituito uno spazio virtuale - “virtual office” - dove sono stati inseriti tutti i documenti del progetto EUROPLAN, sia generali (per es. le Raccomandazioni del Consiglio, le Raccomandazioni di EUROPLAN ) che specifici per gruppo tematico (per es: le domande aperte preparate ad hoc e il documento definitivo “buone pratiche”). A questi, sono stati aggiunti documenti a supporto delle tematiche trattate, individuati dai diversi portatori d’interesse presenti nei singoli gruppi.A seguito del cambiamento di rappresentanza della Commissione Salute nella Conferenza Stato-Regioni, il Tavolo Tecnico per le Malattie Rare formato dai diversi rappresentanti regionali ha deciso tardivamente di apportare il suo contributo in maniera uniforme.
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A tal fine è stato messo a disposizione in “virtual office” uno spazio ad hoc per approfondire la discussione interna.Anch’essi hanno partecipato ai gruppi di lavoro finali di Firenze.
I rappresentanti del Tavolo Interregionale delle Malattie Rare, commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, si sono riuniti a Roma nei giorni 27 settembre e 27 ottobre 2010.Membri trasversali per tutti i gruppi: CERISMAS e SINODE’ s.r.l.
STATO DELL’ARTE
Al fine di contestualizzare il sistema di governo delle politiche sanitarie sulle
M.R. attualmente sviluppate in Italia, si premette che questa nazione gode di
un sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico e che la competenza
istituzionale in materia di sanità è costituzionalmente articolata in due livelli,
quello del Governo centrale e quello delle Regioni.
Il livello centrale garantisce il diritto alla salute, e indica analiticamente le prestazioni dovute ai cittadini italiani e agli stranieri regolarmente presenti in Italia (Livelli Essenziali di Assistenza), mentre quello regionale stabilisce la programmazione e organizzazione dei servizi, in modo che tali prestazioni siano effettivamente erogate. E’ possibile inoltre per le Regioni integrare i livelli di assistenza nazionali con ulteriori prestazioni che vengono effettuate a totale carico economico delle Regioni. Il principale provvedimento di pianificazione sanitaria, di durata triennale, è il Piano sanitario nazionale (PSN) predisposto dal Governo su proposta del Ministro della salute, tenuto conto delle proposte provenienti dalle Regioni; viene adottato con Decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza unificata.
Nel PSN sono esplicitati i principi, le priorità e gli obiettivi da raggiungere per la tutela della salute. Il primo PSN che identifica nelle malattie rare un’area di priorità in Sanità Pubblica è il PSN 1998-2000. Da questo momento in poi, tutti i PSN successivi hanno confermato l’interesse per le MR e la necessità di intraprendere azioni integrate in questo settore.
Per quanto riguarda l’integrazione socio-sanitaria, il PSN, non occupandosi
specificamente delle problematiche di tipo sociale, evidenzia comunque la
necessità di una forte integrazione tra gli interventi sanitari e quelli sociali,
tenendone conto per gli aspetti inerenti a specifiche categorie, per le quali si
prevede l’integrazione con l’Area dell’assistenza sociale che, a livello locale, si
realizza di fatto con il coinvolgimento dei Comuni. Per ulteriori approfondimenti
e per conoscere il contesto istituzionale e normativo in cui il PSN si inserisce, si
suggerisce di consultare il portale del Ministero della salute alla pagina specifica
www.salute.gov.it/programmazioneSanitariaELea). Il decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 costituisce il presupposto normativo che, sostituendo la precedente disciplina delle esenzioni prevista dal d.m. 1. 2. 1991 e da altre specifiche disposizioni, prevede forme di tutela specifica per le malattie rare. In particolare, prevede che il diritto all’esenzione per tali condizioni di malattia sia definito con uno specifico regolamento in attuazione dell’art. 5, comma 1, lettera b). Tale decreto legislativo stabilisce che, nell’individuare le condizioni di malattia, il Ministro della sanità tenga conto della gravità clinica, del grado di invalidità, nonché della onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento. La rarità è riferita al limite di prevalenza < 5/10.000 abitanti stabilito a livello europeo
La norma che ha dato il via alla emanazione e realizzazione di politiche sanitarie
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specifiche a favore delle persone con M.R. è il D.M. n. 279/2001“Regolamento
di istituzione della Rete Nazionale delle Malattie Rare e di esenzione dalla
partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie” (Gazzetta Ufficiale n.
160, del 12.07. 2001 Suppl. Ord. n. 180/L che ha:
stabilito il diritto all’esenzione per le malattie rare incluse nell’elenco • allegato al decreto
definito l’onere da parte del SSN e, dal novembre 2001 da parte delle • Regioni, di identificare in modo formale i Centri di riferimento a cui i malati
rari possono e debbono rivolgersi per ottenere definizione diagnostica e
presa in carico;stabilito un sistema di monitoraggio articolato in un livello locale e un • flusso nazionale più sintetico e atto a supportare le strategie nazionali e i LEA in capo al Registro Nazionale presso ISS. I “Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria” sono individuati con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, che ha un carattere sostanzialmente descrittivo della maggior parte dei sottolivelli e rinvia agli atti normativi vigenti alla data della sua emanazione per ciascuna delle Aree. Come noto, tale provvedimento è attualmente in vigore, in quanto sullo schema di aggiornamento, predisposto dal Ministero della salute e contenente il nuovo elenco delle MR integrato con le nuove malattie, non si è ancora concluso l’iter procedurale.
In seguito a questa norma e alla Legge costituzionale n. 3/2001, contenente la
riforma del titolo V della Costituzione,, sia il Governo che le Regioni hanno emanato
numerosi atti che progressivamente hanno costruito l’attuale sistema di governo
Le Regioni hanno convenuto sulla necessità di un’azione di coordinamento sovra
regionale ed hanno dato seguito a specifici Accordi in sede di Conferenza Stato/
Regioni, (il primo Accordo del 2002 e successivamente l’Accordo del 10 maggio
2007), cui sono seguite successive attività in ambito di Commissione salute
presso il Coordinamento delle Regioni. L’ultimo dei due Accordi ha fissato, tra gli
altri punti, i criteri per l’individuazione di Presidi nazionali dedicati alla diagnosi
e cura di pazienti con patologie a bassa prevalenza (<1/106) rimandando, a
regime, ai dati del Registro nazionale delle malattie rare per la loro puntuale
individuazione
Le Regioni, si sono assunte l’onere di strutturare all’interno dei loro sistemi
sanitari un’organizzazione di funzioni e prestazioni dedicata alle M.R, creando
una rete regionale gestita da un Centro di coordinamento. Il Ministero ha l’onere
della realizzazione e gestione delle politiche nazionali, supportato in questo da
organismi tecnico-istituzionali quali l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Agenzia
Italiana del Farmaco (AIFA). Il compito di collegamento tra il livello nazionale
e quello regionale è stato demandato alla Conferenza Stato/Regioni e istruito
per gli aspetti tecnici da un Tavolo tecnico permanente Stato/Regioni. Al tavolo
partecipano tutti i rappresentanti delle Regioni e del Ministero della Salute e,
laddove di competenza, i rappresentanti del Registro nazionale presso ISS e
l’AIFA. Non sono presenti i rappresentanti delle Associazioni dei pazienti e delle
Società Scientifiche.
Con la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 269/2006) sono state messe a disposizione risorse per un totale di 30 milioni di euro da destinare sia all’innovazione tecnologica delle strutture del Ssn “con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell’oncologia e delle malattie rare” (art. 1, comma 796, lett. n), sia al cofinanziamento di progetti regionali attuativi del PSN per le malattie rare (art. 1, comma 806).
145
Il decreto ministeriale 10 luglio 2007 ha regolamentato l’accesso delle Regioni al cofinanziamento da parte dello Stato dei Progetti attuativi del PSN (ai sensi dell’articolo 1, comma 805 della stessa legge finanziaria) disponendo di destinare il 50% della quota riservata alle malattie rare alle Regioni che presentano specifici programmi per il potenziamento delle attività assistenziali ed il 40%, ai programmi regionali che prevedano l’attivazione di formali accordi di cooperazione tra le Regioni parti dell’accordo. Il restante 10% è destinato alle attività di implementazione del Registro nazionale attraverso la costruzione dei Registri regionali .La legge finanziaria n. 244/2007 ha confermato la destinazione di fondi per l’integrazione ed il cofinanziamento di progetti regionali in materia di malattie rare per gli anni 2008-2009. I cofinanziamenti relativi ai Progetti regionali riferiti ai primi anni di progettualità sono stati già erogati alle Regioni che hanno presentato specifici progetti, mentre nel 2009 sono stati assegnati altri 5 milioni di euro di cofinanziamento per la Linea progettuale per le malattie rare. In ogni modo, anche quando non sia fissata a livello nazionale una quota specifica, le Regioni possono, nell’ambito delle loro libere progettualità, accantonare una somma del finanziamento generale dedicandola a tale ambito.Rispetto alle iniziative riguardanti la Ricerca scientifica, è da segnalare che nell’ambito della Politica di Ricerca e Sviluppo avviato dal Ministero della salute (precedentemente Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali) finanziato ai sensi della vigente normativa (art.12 e 12/bis del D.Lgs. 502/92 come modificato ed integrato dal D.Lgs. 229/99) e DL n. 269 del 30/9/2003 convertito in legge dalla legge 24/11/2003 n. 236 Art. 48 comma 19 lettera b), si inserisce il Programma Nazionale di Ricerca sulle Malattie Rare per la promozione di attività di ricerca, strumentali agli obiettivi strategici del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sulle tematiche specifiche individuate come prioritarie dal Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 e in base alle indicazioni ed ai criteri-guida individuati dallo stesso PSN. Al finanziamento dei Progetti approvati dal Ministero della salute concorre il fondo di 3 milioni di euro per la ricerca indipendente stanziato dalla legge 326/2003, che impone alle industrie farmaceutiche di versare all’AIFA il 5% delle spese delle loro campagne promozionali. Per quanto riguarda l’inventario delle risorse, si segnala che il Fondo sanitario è indistinto e copre il fabbisogno generale, fatti salvi i fondi vincolati per particolari azioni ed obiettivi e le eventuali risorse aggiuntive specificamente individuate, come nel caso del già citato cofinanziamento per le progettualità inerenti agli obiettivi attuativi del PSN. L’attuale sistema di monitoraggio dei costi rileva i costi per Livello essenziale di assistenza (per esempio l’Assistenza ospedaliera, l’Assistenza specialistica ambulatoriale, l’Assistenza protesica e l’Assistenza riabilitativa
146
Temi principali
Tema 1- Metodologia e Governance di un Piano Nazionale/Strategia
Sotto-Temi
Mappatura prima dello sviluppo di un Piano Nazionale1.
Sviluppo e struttura di un Piano Nazionale/Strategia2.
Governance di un Piano Nazionale3.
Membri del gruppo di lavoro:Agenzia italiana del Farmaco – AIFA :Pierluigi Russo
Coordinamento Malattie Rare Veneto: Paola Facchin
Coordinamento Regioni: Rappresentante Farmindustria: Nadia Ruozzi
Federsanità ANCI: Rosanna Di Natale
Istituto Superiore di Sanità – ISS: Roberto Esposito
Ministero della Salute: Maria Elena Congiu
Partners Italiani Europlan: Dario Roccatello
Società Italiana di Pediatria – SIP :Rino Agostiniani
Telethon: Vincenzo Piazza
Uniamo - Consiglio Direttivo Facilitatore: Marco Sessa
Uniamo - Delegato Regionale: Giuseppe Vadalà
Uniamo – verbalizzante: Giulietta Cafiero
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano: Filippo Cristoferi
Monitoraggio di un Piano Nazionale
PUNTI DI FORZA
1. Il percorso di questi ultimi 10 anni ha aumentato la consapevolezza diffusa
sulle Malattie Rare a livello di Istituzioni, Organismi tecnici pubblici e privati,
Associazioni dei pazienti
2. Viene riconosciuto ai malati rari un livello di assistenza più ampio e
specificatamente dedicato, ivi compresi alcuni trattamenti.
3. Esistono procedure prioritarie di valutazione ed autorizzazione dei farmaci
rispetto a quelli privi di una certificazione europea di farmaco orfano, nonché
procedure di valutazione ed autorizzazione dell’uso “off-label” per indicazioni
terapeutiche rare a carico del SSN.
4. L’istituzione del tavolo tecnico Stato/Regioni ha creato le opportunità di
integrazione tra i livelli istituzionali e ha consentito di raggiungere alcuni
risultati significativi:.
a. La realizzazione di reti di centri di riferimento per Malattie Rare che sono parte
integrante delle funzioni e dei sistemi dei servizi assistenziali regionali (es.
cure palliative, di riabilitazione, cure primarie, e dell’assistenza domiciliare,
ecc );
b. L’avvio di iniziative di coordinamento nazionale sulla ricerca relativa alle M.R.
e sul loro trattamento;
c. La definizione di un elenco di Malattie Rare per le quali si riconoscono diritti
esigibili;
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d. Lo sviluppo di accordi e l’incremento di iniziative di cooperazione interregionale
nella progettazione di interventi ed azioni nel campo delle M.R., sia per libera
iniziativa regionale, sia per impulso del Ministero della Salute attraverso
finanziamenti finalizzati;
e. La sviluppo di sistemi di monitoraggio, che supportano le reti regionali di
assistenza.
CRITICITA’
1. Assenza della rappresentanza dei pazienti e delle Società Scientifiche nei
tavoli interistituzionali.
2. La qualità delle prestazioni e dell’organizzazione dell’assistenza non è
omogenea sul territorio nazionale, sia per le differenze dei sistemi sanitari
regionali, sia per le differenze dei provvedimenti messi in atto dalle singole
amministrazioni.
3. La difficoltà di trasferire alla concreta assistenza quotidiana quanto definito
dalla politica sanitaria, con la conseguente differente percezione dei pazienti
rispetto all’offerta e alla qualità del servizio.
4. La scarsa consapevolezza da parte dei pazienti e delle loro famiglie dei propri
diritti e delle modalità da percorrere per vederli garantiti.
5. L’elenco delle M. R. è incompleto e non è aggiornato con regolarità, impedendo
ai malati rari, la cui patologia non è compresa nell’elenco,di beneficiare dei
diritti previsti.
6. La distanza tra centri di riferimento e la residenza del paziente comporta un
elevato costo sociale per i continui trasferimenti: esiste inoltre un rapporto
inverso tra la qualità dell’assistenza e la distanza dal centro di cura.
PROSPETTIVE
1. Individuare ed istituire un unico Comitato Nazionale che consenta di dare
voce a tutti gli attori coinvolti, (la rappresentanza dei pazienti; il Ministero della
Salute, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali, e gli altri Ministeri per competenza; le Regioni; l’AIFA;
l’ISS; le Società Scientifiche ) in modo da garantire la più ampia rappresentanza
possibile, e delinei le linee strategiche da attuare nei settori dell’assistenza,
ricerca, tutela e promozione sociale, formazione e informazione, nell’ambito
delle Malattie Rare.
2. Incentivare tutte le iniziative di accordo o cooperazione tra le Regioni
tendenti a creare aree di intervento interregionali progressivamente omogenee
rispetto all’offerta assistenziale. Tale offerta dovrà risultare efficiente rispetto alla
necessaria concentrazione di esperienze e competenze, adeguatamente ampia
ed integrata, tale da consentire: il reale accesso alle cure a tutte le persone che
ne abbisognano e la completa presa in carico clinica e socio-assistenziale dei
pazienti
3. Adottare un provvedimento di integrazione delle strategie e dei piani di
intervento già in atto o da sviluppare, consistente in un Piano Nazionale sulle
Malattie Rare, modulato tenendo conto del contesto normativo, istituzionale ed
organizzativo del nostro Paese.
Di conseguenza la cornice entro cui è opportuno si sviluppi il Piano Nazionale
dovrà:
riferirsi continuamente al contesto complessivo riguardante le politiche - sanitarie e sociali, educative ecc:
148
prevedere azioni equilibrate a sostegno di tutti i soggetti coinvolti nelle politiche - del Piano;
tener sempre fede ad un principio di equità rispetto a quanto definito e - garantito a tutti i cittadini;
essere accompagnata da risorse economiche dedicate che garantiscano la - possibilità di mettere in atto quanto previsto.
4. Utilizzare soluzioni tecnologiche per supportare la condivisione
dell’informazione clinica (es.: telemedicina), al fine di rendere disponibile
nelle sedi decentrate dove si trova il paziente, la competenza e l’esperienza
presenti nei centri di riferimento, riducendo la mobilità sanitaria.
5. Prevedere, inoltre, la sperimentazione e implementazione di nuovi strumenti
amministrativi per riconoscere e quantificare economicamente le prestazioni
di consulenza a distanza, da parte dei centri di riferimento
6. Assicurare che l’innovazione richiesta dall’assistenza ai malati rari rimanga
sempre all’interno di un contesto di sicurezza e di provata efficacia, a tutela
dei pazienti
7. Prevedere un fondo a garanzia della spesa corrente ed incrementale, legato
alla diffusione di trattamenti ed interventi diagnostici ad elevato impatto
economico, senza che questa ricada all’interno dell’insieme indistinto della
spesa sanitaria e dei rispettivi vincoli
8. Utilizzare in maniera integrata i sistemi informativi di monitoraggio regionale
(inclusi i Registri regionali che hanno anche la funzione di supporto
all’assistenza) e quelli nazionali (incluso il Registro Nazionale) come elementi
conoscitivi su cui orientare le politiche e le azioni di governo e di valutazione
del sistema.
9. Affrontare gli aspetti dell’assistenza, dell’innovazione, della ricerca e
dell’organizzazione per le M.R. seguendo un duplice approccio che consideri
sia la dimensione della malattia che quella dei bisogni assistenziali. In questa
maniera:
il percorso assistenziale del singolo paziente sarà fondamentalmente • incentrato sul profilo dei bisogni, che possono essere comuni a pazienti
con patologia diversa e diversi in pazienti con la stessa patologia,
l’organizzazione, i centri di riferimento, l’innovazione e i contenuti • della ricerca, devono essere aggregati intorno a temi sia attinenti alla
dimensione della malattia sia ai bisogni assistenziali.
Tema 2 – Definizione, codifica e inventario delle Malattie Rare
Sotto-Temi
Definizione delle Malattie Rare1.
Classificazione e tracciabilità delle Malattie Rare nel sistema sanitario 2.
nazionale
Inventari, registri e liste3.
Membri del gruppo di lavoro Coordinamento Malattie Rare Veneto:Silvia Manea
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Coordinamento Regioni :Franca Dagna Bricarelli
Farmindustria:Maurizio Agostini
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG: Guido Sanna
Federazione Italiana Medici Pediatri – FIMP: Tiziana Di Giampietro
Federsanità ANCI: Rosanna Di Natale
Istituto Superiore di Sanità – ISS: Amalia Egle Gentile
Ministero della Salute : Maria Grazia Privitera Giuseppina Rizzo
ORPHANET:Rita Mingarelli
SIMG - Società Italiana di Medicin Generale: Gaetano Piccinocchi
Società Italiana di Pediatria – SIP:Maria Teresa Carbone
Società Italiana Genetica Umana – SIGU:Corrado Romano
Telethon: Alessia Daturi
Uniamo – facilitatore:Renza Barbon
Uniamo - portatore d’interesse:Lucia Deganutti
Uniamo – verbalizzante:Maria Marcheselli
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano: Filippo Cristoferi
CODIFICA
STATO DELL’ARTE
In Italia è utilizzata la definizione ufficiale dell’Unione Europea: per malattia rara
s’intende una condizione clinica con una prevalenza non superiore a 5 casi
ogni 10.000 persone. In Italia la codifica delle MR segue l’ICD9 CM come (DM
279/2001).
PUNTI DI FORZA
L’ISS e la Regione Veneto partecipano al progetto europeo per il miglioramento
della codifica e classificazione delle malattie rare nell‘ICD11. Inoltre in Italia l’ISS
coordina un Gruppo di Lavoro per la revisione dell’ICD9-CM in collaborazione
con il Gruppo europeo.
Alcuni enti utilizzano assieme alla classificazione ICD9-CM, l’ICD-10, l’OMIM
(classificazione genetica).
CRITICITA’
Vengono usate codifiche diverse: ICD9-CM per le SDO, ICD10 per i decessi
(ISTAT).
Non è ancora utilizzata la codifica di Orphanet: ICD10 e OMIM.
PROSPETTIVE
E’ necessario introdurre in Italia la codifica alle MR più aggiornata e in linea con
l’Europa.
Raccomandazioni
E’ auspicabile mantenere in Italia l’attuale definizione di MR come raccomandato
da Europlan e
applicare nei Paesi europei la codifica di malattia ICD e la valutazione funzionale
ICF per le MR.
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I REGISTRI DELLE MALATTIE RARE
STATO DELL’ARTE
Il DM 279/2001 istituisce il REGISTRO NAZIONALE DELLE MALATTIE RARE
e lo colloca presso l’Istituto Superiore di Sanità. L’accordo Stato Regioni del
2002 ha previsto l’istituzione di Registri Regionali o Interregionali, risultati da
cooperazioni tra Regioni, che hanno la finalità di organizzare e dare assistenza ai
propri residenti. Tali Registri alimentano, attraverso un debito informativo definito
da un successivo Accordo Stato-Regioni del 2007, il Registro Nazionale delle
malattie rare istituito presso l’ISS.
PUNTI DI FORZA
Il DM 279/2001 è l’unica normativa in Europa con allegato l’elenco delle MR
Tutte le Regioni hanno recepito il DM 279/2001
CRITICITA’
L’ attuazione delle disposizioni del DM 279/2001 è disomogenea sul territorio
nazionale. Non sono stati ancora attuati:
i controlli sul sistema di codifica;- l’aggiornamento dell’elenco MR (previsto dalla norma ogni 3 anni, sebbene - pianificato e attuato nella parte istruttoria tecnica) con conseguente
diseguaglianza tra i pazienti e sottostima dei dati epidemiologici delle
MR.
PROSPETTIVE
Si reputa necessario:
Rendere operativi i Registri per le MR in tutte le Regioni secondo i • migliori modelli esistenti;
Attivare le azioni di monitoraggio dei Registri regionali e prevedere anche • sanzioni nei confronti delle Regioni che non applicano le norme;
Istituire su tutto il territorio dei tavoli regionali per il monitoraggio dei • registri e la sorveglianza delle MR.
2.1.Informazione e formazione
4. Come migliorare l’informazione sull’assistenza per le Malattie Rare in
generale, verso i diversi tipi di utenza
5.Come migliorare l’accesso all’informazione di qualità sulle Malattie
Rare
INFORMAZIONE
STATO DELL’ARTE
La Conferenza Stato Regioni del luglio 2010 evidenzia l’informazione come la
maggiore criticità per le Malattie Rare, sebbene esistano numerose iniziative di
informazione e di sensibilizzazione promosse da diversi attori. Dal 2001 è attivo
Orphanet Italia che fa capo a www.orpha.net.
Il Ministero della Salute ha predisposto uno spazio alle MR sul suo portale
www.salute.gov.it e nominato come organo tecnico l’I.S.S. - Centro Nazionale
per le Malattie Rare www.iss.it/cnmr, che pubblica il supplemento al Notiziario
“Malattie rare e farmaci orfani” e che nel 2008 ha istituito il numero verde per le
MR 800896949.
151
Con l’Accordo Stato-Regioni del luglio 2007 si attribuisce alle Regioni il compito
di informare anche mediante linee telefoniche e sportelli dedicati. Alcune
Regioni hanno istituto Centri Informazione con help-line specifiche collegate ed
interagenti con la rete dei Centri di riferimento regionali/interregionali, con la
rete dei servizi territoriali e le altre istituzioni coinvolte nella presa in carico dei
pazienti, e siti web, anche mediante la ricerca per segni e sintomi nel sospetto di
MR. Dal 2008 è attivo l’”indispens@bile aiuto” per i malati rari www.malatirari.it
promosso da Uniamo. Telethon ha una Infoline dedicata alle malattie genetiche.
Tutte le Associazioni forniscono informazioni sugli aspetti socio sanitari della
propria malattia attraverso vari strumenti.
Varie sono le iniziative di sensibilizzazione si segnalano: la Giornata delle MR,
organizzata ogni anno dal 2008 dalle Associazioni dei pazienti su tutto il territorio
nazionale,e coordinata da UNIAMO FIMR con il sostegno di Farmindustria, la
Guida Associazioni Italiane Malattie Rare pubblicata nel 2006 e la successiva
2008/2009, in collaborazione con Orphanet/Farmindustria e Uniamo, con il
sostegno di Farmindustria; - l’Annuario ORPHANET-Italia sulle malattie rare
sostenuto da Farmindustria; - Realizzazione di due spot e un cartone animato
sulle Malattie Rare a cura di Farmindustria.L’iniziativa “ Volo di Pegaso” medicina
narrativa organizzata dal CNMR- ISS oltre a vari convegni sul tema.
PUNTI DI FORZA
Le iniziative presenti oggi in Italia garantiscono un primo livello di informazione
ai cittadini, ai pazienti e agli operatori sanitari sul tema delle malattie rare, sui
diversi livelli del sistema socio sanitario che vengono completate dall’atti
CRITICITA’
Il Sistema della divulgazione dell’informazione sulle MR è disomogeneo sul
territorio nazionale e non coordinato.
La qualità dell’informazione non sempre è validata.
Si registrano poche iniziative informative finalizzate alla prevenzione come
la campagna per l’assunzione di acido folico promossa dal CNMR, e alla
promozione della salute delle persone affette da MR.L’ISS ha iniziato lo sviluppo
di linea guida di specifiche malattie rare.
PROSPETTIVE
Si reputa necessario:
introdurre requisiti minimi per l’informazione e sistemi di verifica delle • attività;
prevedere la formazione del personale deputato all’informazione;• mappare con regolarità periodica le fonti di informazioni disponibili nelle • diverse Regioni;
identificare sistemi di controllo della qualità delle informazioni su • internet;
attribuire al presunto Comitato nazionale, come previsto nel gruppo • della Governance, il coordinamento, la valutazione delle necessità
informative per tutti i soggetti, la standardizzazione delle informazioni, il
monitoraggio e la valutazione dell’efficacia dei servizi informativi.
152
FORMAZIONE
STATO DELL’ARTE
In Italia la formazione è costituita da:
- formazione di base (Università)
- formazione specialistica (Università, Regioni)
- ECM per tutto personale sanitario organizzata a livello nazionale e regionale
- ECM per MMG, PLS e specialisti gestita dalle Regioni e Associazioni di
categoria
L’aggiornamento continuo è finalizzato ad implementare e ad integrare le
conoscenze apprese nei piani formativi di base e specialistici: conoscenze,
competenze, abilità sugli aspetti clinici specifici, sui sistemi di codifica, sulle nuove
scoperte della ricerca scientifica, sui modelli organizzativi, sulla governance dei
sistemi sanitari, sul management, sulla comunicazione efficace (si pensi al tema
della comunicazione con i MalatiRari e le loro famiglie), sulla multidisciplinarietà
e sull’integrazione degli aspetti sanitari con quelli socio assistenziali. (cfr. elenco
Obiettivi Nazionali ECM). In altre parole, la formazione continua è lo strumento
che sostiene le scelte strategiche delle Organizzazioni Sanitarie.
L’Accordo Stato-Regioni di Luglio 2010 rileva, però, una consistente difficoltà da
parte del MMG/PLS o specialista ad interpretare una sintomatologia complessa
e a formulare un sospetto diagnostico, con conseguenti ritardi nella diagnosi e
nella terapia e, di conseguenza, un sistema efficiente dovrebbe fornire supporto
ai medici.
PUNTI DI FORZA
Esistenza di un’organizzazione ed un sistema di formazione sanitaria nel • quale è possibile inserire la conoscenza specifica delle malattie rare.
Tangibile volontà di collaborazione nello sviluppo di progetti formativi comuni • tra associazioni, istituzioni centrali e regionali, categorie mediche ed industria
farmaceutica.
Tra le tante iniziative in atto , si segnalano, come esempi di buone pratiche:
il progetto formativo triennale “Conoscere per assistere”sviluppato • da UNIAMO e rivolto a MMG/PLS, frutto di una programmazione
condivisa tra diversi attori (FIMG, FIMP , SIP, SIMGePeD e SIGU e
sostenuto da Farmindustria) focalizzato su sospetto diagnostico,
qualità assistenziale e passaggio dall’età pediatrica a quella adulta;
il “Master di II° livello in Malattie Rare” organizzato dall’Università di • Torino;
Il progetto “le malattie rare: dalla sorveglianza alla formazione • (C.N.M.R. –I.S.S. finanziato dal Ministero della Salute);
il progetto “Farmaci orfani e accessibilità al trattamento delle MR”; • ( C.N.M.R. –I.S.S finanziato dall’ AIFA)
le MR sono presenti nella formazione pre-laurea, post-lauream • dei medici presso Corsi Integrati- Opzionali del Corso di Laurea di
Medicina ed insegnamenti delle Scuole di Specializzazione presso
Università degli Studi di Padova.
CRITICITÀ
Esiste un limitato interesse sul tema specifico delle MR e ciò condiziona il suo
mancato inserimento nei piani di studio, a tutti i livelli di formazione, compresa
quella universitaria, nonostante alcuni esempi di buone pratiche, ancora poco
diffusi.
153
Inoltre, i MMG, i PLS e anche alcuni specialisti hanno ancora poca conoscenza
e competenza sulle MR.
PROSPETTIVE
Si reputa necessario:
inserire il tema delle MR come argomento di formazione prioritaria per • il Tavolo Tecnico Interregionale della Formazione Continua e quindi
prevederlo nei Piani Formativi delle AA.SS.LL., Aziende Ospedaliere,
Istituti di Ricerca;
includere programmi formativi sulle MR a tutti i livelli del sistema e • per tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari. In particolare:
Formazione di basea. Nei corsi di laurea di TUTTE LE PROFESSIONI SANITARIE è necessario prevedere la conoscenza della dimensione sociale delle malattie rare e del sistema di assistenza (diagnosi, codifica, terapia, assistenza) disponibile ai diversi livelli locale, nazionale, europeo. Di estrema importanza sono anche gli aspetti peculiari della presa in carico di un malato raro, con riferimento anche ai modelli organizzativi della sanità pubblica del nostro Paese.
Formazione specialisticab. Nella formazione di secondo livello (master e scuole di specializzazione) il tema delle malattie rare si lega al contenuto specifico di ciascun master o scuola di specializzazione, focalizzando la conoscenza delle malattie rare che rientrano in ciascun ambito di interesse.La formazione specifica in Medicina Generale deve prevedere un focus sulle malattie rare, in cui vengano ripresi ed approfonditi i temi già introdotti nella laurea di base. Per quanto concerne i contenuti, è necessario prevedere un “nucleo di informazioni di base”, comprendente: definizione e caratteristiche generali dei grandi gruppi di MR, per facilitare il sospetto diagnostico; codifica; normativa, soggetti e percorsi della Rete Nazionale malattie rare; aspetti riguardanti la comunicazione operatore sanitario/persona con MR e suoi familiari.
attivare sistemi di valutazione della qualità e efficacia della formazione, • con indicatori di esito;
promuovere la formazione per i “pazienti” finalizzata all’acquisizione di • conoscenze per partecipare a tavoli di concertazione.
Si auspica la partecipazione dei pazienti nella fase di progettazione degli
interventi informativi sulle malattie rare.
Tema 3 – Ricerca sulle Malattie Rare
Sotto –Temi
Mappatura delle risorse esistenti per la ricerca ,le infrastrutture e i 1.
programmi per le Malattie Rare
Necessità e priorità della ricerca nel campo delle Malattie Rare2.
Mettere insieme l’interesse e la partecipazione dei laboratori nazionali e 3.
ricercatori, pazienti e organizzazioni di pazienti nei progetti di ricerca per
le Malattie Rare
Sostenibilità della ricerca sulle Malattie Rare4.
Collaborazione europea nella ricerca sulle MR
154
Membri del Gruppo di Lavoro
Agenzia italiana del Farmaco – AIFA Carlo Tomino
Coordinamento Malattie Rare Veneto Melissa Rosa Rizzotto
Coordinamento Regioni Rappresentante Generoso Andria
Farmindustria Giuseppe Caruso
Federazione Italiana Società Medico - scientifica – FISM Francesco Macrì
Federsanità ANCI Rosanna Di Natale
Istituto Superiore di Sanità – ISS Paola Torreri
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR Alberto
Albertini
Ministero della Salute Bruno Dalla Piccola
ORPHANET Elena Cocchiara
Partners Italiani Europlan Arrigo Schieppati Dario Roccatello
Società Italiana di Pediatria – SIP Gian Paolo Donzelli
Società Italiana Genetica Umana – SIGU Lidia Larizza
Telethon Francesca Sofia
Università Federico II, Napoli Antonio Baldini
EUCERD Bianca Pizzera
Uniamo – facilitatore Fabrizio Seidita
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano Filippo Cristoferi
Uniamo verbalizzante Elisa Grella
STATO DELL’ARTE
La capacità dei ricercatori italiani di produrre risultati scientifici competitivi
sul tema delle malattie rare (MR) è attestata dal numero delle pubblicazioni
e dai valori forniti dagli indicatori bibliometrici. Questo risultato appare tanto
più significativo, se correlato alla limitata disponibilità di fondi dedicati. Infatti,
secondo uno studio del CERM (2009) l’Italia contribuirebbe a oltre il 10% di tutte
le pubblicazioni scientifiche in materia. Un aspetto cruciale e critico della ricerca
sviluppata in Italia riguarda il monitoraggio e la valutazione dei risultati. Non è
identificabile una specifica priorità, in quanto tanto la ricerca clinica, quanto
quella, epidemiologica, di base, quella orientata alla terapia e allo sviluppo di
strumenti diagnostici o finalizzati al miglioramento della qualità della vita, sono
necessarie a fornire risposte ai bisogni dei pazienti .
PUNTI DI FORZA
Esiste una buona attitudine alla ricerca sulle malattie MR.
C’è una consolidata capacità di fare rete a livello internazionale.
CRITICITÀ
Manca la garanzia di un impegno continuativo degli enti pubblici e • privati nell’erogazione dei finanziamenti per i progetti di ricerca;
Manca la garanzia sui tempi dell’erogazione dei fondi; • Il monitoraggio dei risultati delle ricerche finanziate (soprattutto dagli • enti pubblici) spesso non avviene utilizzando i criteri internazionalmente
condivisi I risultati vengono valutati non sempre secondo i criteri
internazionalmente condivisi;
Manca un sistema centrale di collegamento, finanziamento e verifica • dei risultati.
155
PROSPETTIVE
È necessario promuovere la ricerca che multidisciplinare e • traslazionale;
Non si identificano priorità di ricerca, in quanto tutte le aree • necessitano attenzione;
È necessario potenziare le aree meno sviluppate ( clinica, sanità • pubblica e sociale);
Indirizzare le risorse su obiettivi condivisi tra i bisogni dei pazienti, dai • centri esperti e dalle eccellenze scientifiche;
E’ importante sottolineare la ricaduta positiva ed importante sulle • conoscenze delle malattie comuni dell’auspicato potenziamento
della ricerca sulle MRI
È necessario sviluppare strategie per disseminare i risultati e trasferirli • nella pratica clinica;
È necessario promuovere aggregazioni nazionali e sovranazionali •
Raccomandazioni:
Al fine di promuovere ricerche in grado di rispondere alle istanze dei malati rari
in ambito clinico, biomedico, di sanità pubblica e ricerca sociale, si formulano le
seguenti raccomandazioni:
tenute presenti le dimensione sociali del problema MR, è necessario
vincolare una parte dei fondi elargiti dal Ministero delle Salute, dagli altri Ministeri
competenti e dalle Regioni da destinare a questa ricerca e garantire il principio
di sussidiarietà dello Stato nei confronti degli enti finanziatori ed esecutori di
ricerca scientifica;
promuovere un sistema di gestione dei finanziamenti alle MR alimentato
costantemente da fondi certi e puntuali, ispirato alle migliori pratiche di
valutazione della ricerca su base meritocratica e supportato da un sistema di
monitoraggio ex post dei risultati ottenuti;
introdurre un credito di imposta (procedura automatica) per investimenti dedicati
alle ricerche su MR e farmaci orfani;
mappare le risorse esistenti, infrastrutture e progetti di ricerca finanziati dedicati
alle MR e potenziarli ove necessario (prendere a modello e potenziare le attività
di RD Platform);
promuovere la creazione di infrastrutture (ad esempio uffici di trasferimento
tecnologico, centri di sperimentazione clinica, banche tissutali e biobanche) per
facilitare il trasferimento tecnologico dei risultati delle ricerche;
promuovere sinergismi efficaci per gruppi di patologie, avvalendosi anche del
supporto delle associazioni, per coordinare le attività e le casistiche;
promuovere lo sviluppo di un modello collaborativo tra i principali protagonisti
del percorso della ricerca sulle MR: i pazienti, i medici, i ricercatori, le imprese,
le istituzioni pubbliche e le agenzie private di finanziamento della ricerca;
promuovere il coordinamento scientifico tra le regioni, nell’interesse dei malati
rari.
156
Tema 4 –Stardards di assistenza per le Malattie Rare –Centri di Expertise/
Reti di Riferimento europee
Sotto-Temi
Identificazione dei Centri di Expertise nazionali o regionali su tutto il 1.
territorio nazionale entro il 2013
Sostenibilità dei Centri di Expertise2.
Partecipazione alle Reti di Riferimento Europee3.
Come abbreviare il percorso diagnostico4.
Come dare la giusta assistenza e organizzare un’adeguata assistenza 5.
sanitaria per i malati rari
Come assicurare, nei Centri di Expertise, un approccio multidisciplinare 6.
e l’integrazione tra gli aspetti sanitari e sociali
Membri del gruppo di lavoro
Conferenza Stato – Regioni Rappresentante
Coordinamento Malattie Rare Veneto Paola Facchin
Coordinamento Regioni Monica Mazzucato
Farmindustria Maria Grazia Chimenti
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG Arrigo Lombardi
Federazione Italiana Medici Pediatri – FIMP Serafino Pontone Gravaldi
Federsanità ANCI Rosanna Di Natale
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Faustina Lalatta
Istituto Superiore di Sanità – ISS Ilaria Luzi
Ministero della Salute Bruno Dalla Piccola
ORPHANET Tiziana Lauretti
Partners Italiani Europlan Erica Daina Marzia Caproni
Simone Baldovino Arrigo Schieppati
SIMGePeD Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità
Congenite Angelo Selicorni
Società Italiana di Pediatria – SIP Luigi Memo
Società Italiana Genetica Umana – SIGU Corrado Romano
Task Force on Rare Disease - European Commission Gianna Zambruno
Uniamo -Facilitatore Michele Del Zotti
Uniamo portatore d’interesse Tommasina Iorno
Uniamo – verbalizzante Maria Pia Sozio
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano Filippo Cristoferi
CENTRI DI EXPERTISE
Premessa
In riferimento alle caratteristiche di un Centro di Expertise, Il gruppo di lavoro ha
convalidato quanto riportato nel documento redatto nel 2005 dalla RDTF ora EU
CERD. Si promuove quindi la strutturazione dei Centri di Expertise nel rispetto
dei seguenti requisiti:
157
- diagnosi
- valutazione clinica complessiva
- programma terapeutico, formulazione e monitoraggio del piano
assistenziale individuale rapportandosi laddove necessario con gli altri
servizi del territorio, professionisti o ed istituzioni coinvolti a vario titolo nella
presa in carico complessiva della persona verifica o monitoraggio
- follow-up, sorveglianza per prevenzione delle complicanze
- attivazione dell’equipe multidisciplinare
- gestione della transizione dall’eta pediatrica/ evolutiva all’età adulta
- interazione e coordinamento tra i Centri, in base alle risorse umane ed
economiche
- informazione, prevenzione, formazione ed educazione
- collaborazione con le associazioni dei pazienti e coinvolgimento delle stesse
nella strutturazione del percorso diagnostico-terapeutico
- registrazione dei casi
- aggiornamento e ricerca clinica
- esperienza “storica” di Diagnosi e Terapia della malattia/e rara/e
- condivisione dell’esperienza tra tutti i portatori d’interesse
- appropriatezza delle prestazioni erogate
STATO DELL’ARTE
Il DM 279/01 istituisce la rete nazionale per le malattie rare, costituita dai presidi
individuati dalle Regioni. L’accordo Stato-Regioni 2002 sancisce la costituzione
di un Centro di Coordinamento come sopra riportato. I Centri a cui ci si riferisce
nei seguenti paragrafi sono Centri di Riferimento
PUNTI DI FORZA
Esperienza nella definizione dei Centri di riferimento maturata presso • alcune Regioni, basata su parametri oggettivi.
CRITICITÀ
I centri di riferimento non corrispondono sempre alla definizione di • CdE della RDTF
Disomogeneità rispetto al territorio nazionale• Carenza di informazione per l’accesso•
PROSPETTIVE
Per garantire che i CdE siano di fatto esperti nella specifica MR o gruppo di
MR, sia nel campo clinico che nella ricerca, si auspica l’identificazione e l’uso
di una serie di parametri comuni condivisi tra i vari portatori di interesse, tra
cui:
l’idonea dotazione strutturale, strumentale e di risorse umane•
uso di sistemi informativi per la registrazione dei pazienti e la gestione • del percorso assistenziale
promozione e partecipazione degli specialisti a gruppi di lavoro e progetti • di ricerca nazionali e internazionali
158
promozione e sistematica partecipazione agli eventi formativi dedicati, • costruzione del percorso di transizione dall’età evolutiva all’età adulta
validazione della performance da parte dei pazienti•
produttività scientifica su riviste indicizzate.•
In linea con quanto indicato dalla RDTF, per la designazione di un CdE si
auspica:
la promozione del processo di accreditamento dei Centri di expertise • (come definiti dalla RDTF), attraverso la definizione di criteri condivisi fra
i vari portatori di interesse;
la valutazione periodica dei CdE basata sia su risultati clinici che • sulla soddisfazione del paziente con criteri che da condividere con le
associazioni dei pazienti;
la promozione di CdE per gruppi omogenei di malattie. Per specifiche • patologie con caratteristiche peculiari, ad esempio di rarità o complessità
o specifiche fasi dell’ assistenza, i CdE si avvalgono delle competenze
di centri ad elevata specializzazione, anche attraverso l’uso della
telemedicina/ tele consultazione;
la distribuzione sovra regionale o regionale a seconda della prevalenza • della patologia.
la facilitazione dei processi di accesso ai CdE da parte del malato raro;•
l’uso di piattaforme informatiche per collegare funzionalmente i centri e i • centri con le altre strutture e i servizi coinvolti nella continuità assistenziale
per la presa in carico dei pazienti.
Le strutture migliori adatte ad essere un CdE sono quelle che possiedono
i requisiti in premessa e sono in grado di soddisfare i molteplici bisogni del
paziente ampliando la valutazione alle aree funzionali (assessment funzionale) e
il trasferimento al territorio.
La presa in carico dei pazienti con malattia rara è complessa e coinvolge sia reti
orizzontali che verticali. E’ ragionevole ipotizzare CdE per gruppi omogenei di
malattie in grado di garantire diagnosi differenziale e la gestione assistenziale
complessiva.
Raccomandazione
Considerando la realtà del nostro Paese, non si ritiene opportuna la creazione
di nuove strutture, bensì l’individuazione di nuovi Centri di Expertise all’interno
della rete esistente, e la conseguente loro razionalizzazione, per un loro
miglioramento e per l’ottimizzazione delle risorse esistenti.
E’ indispensabile che i CdE accreditati e monitorati possano ricevere adeguata
allocazione di risorse strumentali e umane, considerando anche la loro capacità
di attrazione, al fine di garantire la loro attività nel tempo.
Si raccomanda l’attivazione di equipe multidisciplinari, laddove possibile nello
stesso CdE, attraverso modalità adeguate di finanziamento e di incentivazione.
159
PARTECIPAZIONE NELLE RETI DI RIFERIMENTO EUROPEE
STATO DELL’ARTE
Esistono alcune reti a livello nazionale ed europeo.
PUNTI DI FORZA
Le esperienze stesse di reti realizzate finora sono concreti punti di forza.
CRITICITÀ
E’ al momento attivo un piccolo numero di reti, per lo più orientate alla ricerca
biologica di base.
Finanziamento ad oggi stanziato solo una tantum.
PROSPETTIVE
Si reputa necessario:
Promuovere la partecipazione alle reti europee quale indicatore dell’attività • del CdE;
Favorire il riconoscimento ufficiale da parte dei singoli stati membri delle reti • esistenti (per l’Italia ad esempio IPINET per le ImmunoDeficienzePrimitive)
e la condivisione di una piattaforma per la creazione, verifica, finanziamento
e disseminazione delle reti;
Potenziare l’uso delle migliori soluzioni tecnologiche esistenti al fine di • fare viaggiare i dati clinici e i campioni biologici del paziente e non i
pazienti.
Per instaurare una buona cooperazione tra gli esperti nazionali o internazionali,
si auspica inoltre:
- l’attivazione da parte delle società scientifiche europee ed internazionali di forum
ed iniziative coordinate sulle malattie rare; l’aggregazione e l’ottimizzazione degli
scambi al momento di congressi e incontri internazionali già programmati.
ACCELERARE L’ACCESSO ALLA DIAGNOSI
STATO DELL’ARTE
Esiste un censimento dei laboratori diagnostici, curato dalla S.I.G.U., recepito
completamente da Orphanet Italia. Orphanet (in collaborazione con Eurogentest)
ha censito una serie di laboratori diagnostici Italiani che si occupano di MR.
PUNTI DI FORZA
Le esperienze realizzate in alcuni territori (registri).
CRITICITÀ
- mancanza di coordinamento e di scambio di conoscenze fra i nodi della rete
dei servizi;
- disomogeneità territoriali;
- eccessivi spostamenti del malato raro per la diagnosi e la cura.
PROSPETTIVE
Si auspica la mobilità di conoscenze e competenze attraverso:
la diffusione dell’informazione sulle reti esistenti anche grazie a siti • specifici validati e banche dati (es. Ipinet);
160
la formazione e informazione dei Medici Medicina Generale, Pediatri • Libera Scelta e specialisti del SSN;
il collegamento tra i nodi della rete anche mediante strumenti informatizzati • (p.e. fascicolo sanitario informatizzato) per ridurre la mobilità del paziente
e migliorare l’integrazione degli interventi;
l’uso e l’ampliamento dei database esistenti (Orphanet);•
Per mappare, mettere in rete e sostenere i laboratori a livello nazionale si • ritiene opportuno
promuovere, con l’accordo e supporto delle Regioni, un ulteriore • censimento nazionale dei laboratori e test eseguiti, con particolare
attenzione a quelli che eseguono test di tipo genetico. La partecipazione
al censimento dovrà essere obbligatoria e i risultati dello stesso dovranno
essere validati a livello nazionale dalle istituzioni locali (Regioni, Ministero
della Salute e Istituto Superiore di Sanità)
mantenere e mettere in rete i nuovi laboratori attraverso le banche dati • esistenti in particolare Orphanet;
prevedere una razionalizzazione dei test eseguibili, supportando i • laboratori che offrono test per malattie ultrarare e favorire economie di
scala.
SCREENING E TEST GENETICI
STATO DELL’ARTE
In ambito nazionale esistono delle procedure già consolidate per l’invio di
campioni biologici e genetici. Esistono inoltre delle Linee guida 2008 relative allo
screening allargato (a cura della Società Italiana Studio Malattie Metaboliche
Ereditarie e della Società Italiana Screening Neonatali).
PUNTI DI FORZA
- L. 104 del 5 febbraio 1992: ha introdotto l’obbligatorietà, sul territorio nazionale,
dello screening per tre patologie: fenilchetonuria, fibrosi cistica e ipotiroidismo
congenito.
PROSPETTIVE
- In riferimento allo “Screening allargato”, è opportuno che ciascuna regione
indichi le diverse modalità utilizzate per l’attivazione dello “screening allargato”
(con il format delle BP
Per sostenere lo sviluppo di linee guida Europee sui test diagnostici e di
screening della popolazione si auspica la diffusione ed attuazione delle linee
guida già esistenti a livello europeo in materia di tests diagnostici (in particolare
Eurogenetest).
Per lo sviluppo di linee guida per specifiche malattie si auspica un
finanziamento dedicato.
161
Si auspica in fine a livello europeo, la definizione di un tariffario comune dei
costi e modalità di trasporto e accettazione dei campioni.
COLLEGAMENTO TRA I CDE E L’ASSISTENZA SOCIOSANITARIA A
LIVELLO LOCALE
CRITICITÀ
Gli interventi sono poco coordinati.
Manca una presa in carico a livello territoriale.
E’ assente la dimensione sociale.
PROSPETTIVE
E’ auspicabile:
Promuovere il collegamento tra la rete dei CdE, gli presidi ospedalieri, • la rete delle cure primarie, i servizi di riabilitazione e la rete dell’urgenza-
emergenza;
Sviluppare e potenziare l’informatizzazione del fascicolo sanitario;• Favorire processi di valutazione multidimensionale, multi professionali • relativi sia ai problemi assistenziali sanitari quanto alla dimensione
sociale. Ci sono delle buone pratiche già in corso a livello Regionale .
4.1.Farmaci Orfani
8. Il futuro dei farmaci orfani
9. L’accesso ai farmaci orfani per i malati rari. Prezzi e rimborsabilità
10. Uso compassionevole e approvazione temporanea dei farmaci orfani.
Uso off-label (al di fuori dell’indicazione terapeutica prevista)
Membri del gruppo di lavoro
Agenzia italiana del Farmaco – AIFA Daniela Settesoldi
Coordinamento Malattie Rare Veneto Cinzia Minichiello
Coordinamento Regioni Matteo Volta
Rappresentante Elisa Rozzi
Farmindustria Massimo Boriero
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG Andrea
Crapanzano
Federazione Italiana Medici Pediatri – FIMP Carla Cafaro
Federsanità ANCI Rosanna Di Natale
Istituto Superiore di Sanità – ISS Claudio Frank
ORPHANET Martina Di Giacinto
Partners Italiani Europlan Simone Baldovino Arrigo Schieppati
Società Italiana di Pediatria – SIP Andrea Bartuli
Telethon Carla Paganin
Uniamo - Consiglio Direttivo Loredana Nasta
Uniamo - portatore d’interesse Tommaso Meleleo
Uniamo – verbalizzante Gabriele Bona
STATO DELL’ARTE
Le aziende farmaceutiche, a seguito dell’autorizzazione all’immissione in
commercio da parte dell’EMA, poiché i prezzi in Italia sono tra i più bassi in
162
Europa, spesso preferiscono contrattare il prezzo di vendita prima in altri Paesi
europei e poi in Italia.
Uno dei punti critici per la disponibilità sul mercato dei farmaci orfani, è il tempo
che intercorre da quando l’azienda fa richiesta all’AIFA (Agenzia Italiana del
Farmaco) di prezzo e rimborso e la chiusura della negoziazione. L‘AIFA ha messo
a punto un meccanismo nuovo di negoziazione dei prezzi, basato sull’incremento
dei pazienti effettivamente trattati rispetto a quelli presunti. Questo per abbattere
i costi e rendere più accessibili alcuni farmaci estremamente costosi destinati a
pochi pazienti.
La definizione del prezzo e della rimborsabilità sono prerogative nazionali, mentre
è compito dei Centri di Riferimento definire il Piano Terapeutico (appunto
Conf. Stato Regioni). L’erogazione e la somministrazione delle terapie potrà
essere assicurata anche dalle strutture presenti sul territorio di residenza del
paziente, in concerto con il Centro di Riferimento prescrittore.
La Legge 326/2003 prevede che le risorse confluite nel fondo (5% spese
promozionali delle Industrie Farmaceutiche) siano destinate dall’Agenzia (AIFA)
per il 50% alla Costituzione di un Fondo Nazionale per l’impiego, a carico del
Servizio Sanitario Nazionale, di OD per MR e di farmaci che rappresentano una
speranza di cura, in attesa della commercializzazione, per particolari e gravi
patologie. Esiste un percorso codificato per accedere a questo Fondo.
L’Italia ha già messo in atto un modello di rimborsabilità condizionata, articolato
nei tre seguenti punti: cost sharing, risk sharing, payment by result.
In Italia l’uso compassionevole è regolamentato dal DM 8 maggio 2003. Inoltre la
legislazione nazionale, con la L.648, prevede la possibilità di utilizzare, a carico
del SSN,
farmaci per indicazioni non registrate,• farmaci in commercio in altri Stati ma non in Italia, • farmaci sottoposti a sperimentazione e che possono essere utilizzati al • di fuori della sperimentazione quando non esiste una valida alternativa
terapeutica.
Tramite la stessa legge è dunque possibile prescrivere farmaci con utilizzo
off-label. Inoltre, la prescrizione di farmaci off-label per il singolo paziente è
normata a livello nazionale anche dalla L. 94/98. Essa è possibile sotto la diretta
responsabilità del medico prescrittore e supportata da evidenze scientifiche
sull’efficacia e sicurezza e con il consenso informato del paziente.
L’elenco dei medicinali inclusi nella L.648 erogabili a totale carico del Servizio
Sanitario Nazionale è pubblicato dall’AIFA che lo integra periodicamente.
Attualmente il Registro Nazionale degli OD, gestito dell’Istituto Superiore di
Sanità, non permette di risalire al numero dei pazienti in trattamento.
In Italia le fasi principali che intercorrono tra l’autorizzazione all’immissione in
commercio rilasciata dall’EMA e la disponibilità finale sul mercato dei farmaci
orfani, sono essenzialmente tre.
tempo che intercorre tra l’autorizzazione EMA e la richiesta di prezzo e 1.
rimborso all’AIFA
tempo che intercorre tra la suddetta richiesta e la definizione della classe 2.
di rimborsabilità e prezzo.
la disponibilità sul mercato. 3.
163
Ci possono essere inoltre tempi diversi di accesso alle cure disponibili fra
pazienti di Regioni diverse, in quanto le Regioni possono valutare se includere
un farmaco orfano all’interno dei propri Prontuari Terapeutici Regionali (PTR) e
Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali (PTOR).
Tutti i Farmaci Orfani sono rimborsabili.
In Italia sono attualmente disponibili 42 dei 62 farmaci orfani approvati con
procedura centralizzata dall’EMA (dati aggiornati ad Ottobre 2010) e il costo
di tutti 42 è totalmente a carico del Sistema Sanitario Nazionale per la loro
indicazione terapeutica. Per i restanti 20 farmaci orfani approvati dall’EMA, 10 di
questi hanno una richiesta pendente da parte delle aziende produttrici di prezzo
e rimborso all’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), ed è in corso la valutazione,
mentre per i rimanenti 10 farmaci orfani le aziende produttrici non hanno richiesto
l’autorizzazione al commercio in Italia.
PUNTI DI FORZA
- In Italia, farmaci orfani ed altri trattamenti innovativi destinati alla cura dei
pazienti affetti da malattie rare sono garantiti agli assistiti in quanto inclusi nei
LEA nazionali. Tutti i farmaci orfani attualmente in commercio in Italia sono
infatti completamente rimborsati dal SSN.
- Regolamentazione dell’uso compassionevole tramite DM 8 maggio 2003.
- Tutte le Regioni hanno garantito ad oggi ai propri assistiti affetti da malattie
rare trattamenti extra-LEA, mediante procedure di integrazioni ai LEA nazionali
sia formali che informali.
- In Italia c’è una buona disponibilità di farmaci orfani, 42 dei 62 farmaci orfani
approvati dall’EMA sono in commercio nel nostro Paese. Inoltre l’AIFA
contribuisce attraverso svariati mezzi a migliorare ulteriormente l’accessibilità
e la disponibilità dei farmaci destinati alla cura delle patologie rare, attraverso
l’erogazione a totale carico del SSN dei medicinali inclusi nella Legge 648/96,
dei farmaci off-label con uso consolidato, sulla base dei dati della letteratura
scientifica, con estensione delle indicazioni autorizzate, il finanziamento della
ricerca indipendente, l’applicazione di modelli di rimborsabilità condizionata
per farmaci potenzialmente innovativi.
- Sono già stati formulati protocolli per la gestione del trattamento dei pazienti
affetti da malattie rare, anche nell’ ambito di collaborazioni interregionali, sia
riguardanti farmaci orfani con lo sviluppo di sistemi regionali di raccolta dati
dedicati, sia riguardanti trattamenti extra-LEA concessi in esenzione da alcune
Regioni (con fondi propri) essenziali per i pazienti.
CRITICITÀ
- Tempi lunghi di accesso alle cure, a causa dei meccanismi stessi di richiesta
di prezzo e rimborsabilità, e di autorizzazione in commercio.
- Le Regioni possono decidere di ritardare l’immissione di un farmaco orfano
all’interno di un PTOR, a causa di vincoli di bilancio o scelte di politiche
sanitarie generando discrepanza di disponibilità di farmaci tra i pazienti di
diverse Regioni.
- Difficoltà ad accedere al fondo AIFA, previsto all’art. 48 della L. 326/2003. La
difficoltà probabilmente è legata alle disinformazione sulle modalità d’accesso
a tale fondo, così caratterizzate:
164
è stato disposto che le istanze per l’accesso al fondo vengano inoltrate
all’AIFA, tramite le Regioni, dai Centri di riferimento che hanno in cura i malati
o da strutture specialistiche individuate dalle Regioni, con la definizione della
diagnosi e del piano terapeutico.
La documentazione di richiesta di accesso al suddetto fondo viene valutata nel
corso della riunione della Commissione consultiva Tecnico Scientifica dell’Aifa
che, verificata l’esistenza delle condizioni previste dalla legge, esprimerà il
proprio parere. Le istanze si sottopongono al Consiglio di Amministrazione
per l’acquisizione dell’assenso all’utilizzo del Fondo.
- Necessità di processi di revisione del prezzo nell’ambito della sorveglianza
postmarketing in caso di allargamento dell’indicazione nell’utilizzo clinico
reale del farmaco orfano.
- Il Registro Nazionale dei farmaci orfani allo stato attuale non permette di
risalire al numero totale dei pazienti in trattamento presso tutti i Centri di
Riferimento in Italia abilitati alla prescrizione ed erogazione dei farmaci orfani.
Tali dati sono tuttavia disponibili attraverso i sistemi regionali di monitoraggio
dell’assistenza farmaceutica erogata, si tratta di definire un debito informativo
specifico tra livello regionale e nazionale, così come avvenuto con il Registro
Nazionale.
- Definire che il monitoraggio e la prescrizione di farmaci orfani sono prerogative
dei Centri di expertise individuati dalle Regioni, i quali in base alla definizione
europea, hanno tra i loro compiti quello di formulare il piano terapeutico-
assistenziale.
PROSPETTIVE
Si rileva:
- la necessità di un nuovo sistema di negoziazione del prezzo degli OD sulla
base del numero dei pazienti trattati (vedi AIFA Stato dell’arte)
- l’importanza di un monitoraggio post marketing per valutare efficacia e
sicurezza nell’utilizzo clinico reale del farmaco orfano e per una revisione dei
costi successivamente all’immissione dei OD sulla base dei dati di quanto
effettivamente erogato da parte delle Regioni.
- la necessità di uniformare le modalità di prescrizione, erogazione e
somministrazione tra le diverse Regioni e si propone di raggiungere tale
obiettivo attraverso un confronto all’interno del tavolo tecnico interregionale
delle MR con l’eventuale coinvolgimento di AIFA.
- la necessità di miglioramento delle modalità di accesso al fondo AIFA previsto
all’art.48 della L. 326/2003 .
- l’opportunità di allargare il metodo dell’individuazione dei protocolli
terapeutici per gruppi di patologia rara anche in contesti territoriali, regionali
o interregionali, nuovi, allo scopo di definire, possibilmente, l’estensione
dei benefici previsti per legge, che identifichino i trattamenti essenziali ed
indispensabili per trattare la malattia rara e/o le sue complicanze, che possono
includere non solo farmaci ma anche preparazioni galeniche, integratori
alimentari e parafarmaci in genere, prodotti dermatologici, dispositivi medici,
etc. Questo allo scopo di garantire una uniformità di accesso alle cure
attualmente disponibili fra pazienti residenti anche in aree diverse limitrofe.
165
Tema 5 – L’Empowerment del paziente e i servizi sociali
Sotto- Temi
L’inclusione del paziente e dei suoi rappresentanti nei processi decisionali 1.
circa le Malattie Rare.
Supporto alle attività portate avanti dalle organizzazioni dei pazienti2.
Servizi sociali specializzati: Servizi assistenziali ( Respite Care Services ) 3.
Programmi ricreativi e terapeutici; servizi sociali tesi all’integrazione del
malato raro.
Help Lines 4.
Membri del gruppo di lavoro
Coordinamento Regioni Rappresentante Annunziata Di Palma
Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – FIMMG
Mietta Venzi
Federazione Italiana Medici Pediatri – FIMP Riccardo Amoroso
Federsanità ANCI Rosanna Di Natale
Istituto Superiore di Sanità – ISS Marta De Santis
ORPHANET Sonia Festa
Società Italiana di Pediatria – SIP Guido Cocchi
Telethon Alessia Daturi
Uniamo - Associazioni Federate Carmen Cardone
Uniamo - Consiglio Direttivo Annalisa Scopinaro
Uniamo – verbalizzante Antonella Esposito
STATO DELL’ARTE
Nel Piano Sanitario Nazionale 2010 – 2012 l’empowerment del paziente è
considerato solo per il controllo dell’erogazione dei servizi (customer satisfaction
e audit civico), mentre il Piano Sanitario Nazionale 2006 – 2008 era molto più
ricco di contenuti , con articolazioni che rimandavano ad una visione strategica
ampia e di lungo periodo.
Nella delibera attuativa di alcune regioni per l’istituzione del Centro di
coordinamento delle Malattie Rare sono previste l’informazione e la formazione
dei pazienti con Malattia Rara oltre che degli operatori.
In alcune Regioni sono stati costituiti tavoli operativi istituzionali per le MR,
composti da tutti i portatori di interessi compreso il paziente.
Sono previsti bandi di finanziamento, statali e regionali e alcune agevolazioni
fiscali sono previste a supporto delle attività delle organizzazioni dei pazienti.
La legge 266/2001 ha previsto l’istituzione di centri di servizio (CESV) per il
coordinamento e l’agevolazione delle attività delle associazioni di volontariato.
In alcune Regioni si attua una riabilitazione “speciale” per i MR, che prescinde
dagli standard, e attività di consulenza. Nel Trentino Alto-Adige, Regione a
Statuto Speciale, è stata istituita la figura del direttore socio-sanitario.
Esistono numerose esperienze di help lines, alcune istituzionali.
PUNTI DI FORZAAlcune associazioni di primo e secondo livello ed enti istituzionali, sono impegnati
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in iniziative molteplici di empowerment e di informazione Come esempi di
BUONE PRATICHE si segnalano:
Governance del consenso informato, modello partecipativo di buona • pratica clinica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda;
Iniziativa “Dado Magico”: corso di formazione sull’empowerment dei • pazienti sui linguaggi istituzionali, UNIAMO FIMR;
Iniziativa “Momo: l’empowerment che fa la differenza”, UNIAMO FIMR; • Iniziativa “empowerment per le persone che si occupano della cura della • persona”- Prader-Willi;
Progetto “Il Codice di Atlantide:promozione di una cultura della • ricerca sulle MR” empowerment sulla ricerca e processi di selezione e
finanziamento, UNIAMO FIMR ;
Anche in Italia esiste una buona pratica di assistenza terapeutica ricreativa • realizzata dal Dynamo Camp.
La guida “I diritti dei cittadini con disabilità” CNMR-ISS in collaborazione • conAssociazione Crescere -- Bologna Associazione Crescere Bologna
e Associazione Prader Associazione Prader--Willi Willi –– Calabria
CRITICITA’Manca il coinvolgimento del paziente nei percorsi che lo riguardano, • dall’inizio della progettazione alle azioni.
E’ assente la considerazione del paziente come attore, in un’ottica di • Medicina partecipata (di solito è l’oggetto e non il soggetto).
Manca la mappatura dei bisogni, con attenzione speciale a quelli • trasversali.
I progetti locali, anche quelli encomiabili, sono frammentati, lasciati alla • buona volontà dei soggetti coinvolti, non strutturati, non messi in rete.
Riduzione dei fondi dedicati alle iniziative sociali e socio-sanitarie• Non è disponibile una mappatura dei bisogni, con particolare riguardo a • quelli trasversali.
Mancano servizi assistenziali rispondenti alla complessità funzionale sia • dei pazienti gravi sia di quelli con disabilità medio-lievi, e in generale
delle categorie sociali più vulnerabili interessate da MR (complessità
nella complessità).
Manca l’assistenza alla famiglia, anche psicologica.• Le liste di attesa per l’abilitazione e la riabilitazione sono lunghissime • (fino ad anni di attesa).
Manca o è insufficiente la terapia abilitativa per le patologie che hanno • problemi mentali.
Manca il trasferimento dell’expertise al personale dedicato all’assistenza • socio-sanitaria.
Necessità di includere gli esperti sulle MR nelle Commissioni medico • legali.
PROSPETTIVEAttribuire al presunto Comitato Nazionale, proposto dal gruppo della Governance,
l’identificazione di criteri condivisi di formazione per gli operatori delle cooperative
sociali
Rispetto al supporto delle attività delle organizzazioni dei pazienti, si
auspica:
La consulenza informativa sui progetti di ricerca, sull’associazionismo, • sui centri esperti;
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Fornitura di supporti logistici e informativi in via preferenziale (ad es.: • concessioni di locali, computer, ecc.).
Rispetto all’empowerment del paziente/associazione si auspica:
L’inclusione del paziente e/o dei suoi familiari in tutti i processi decisionali • che lo riguardano con la condivisione di linguaggi;
Il riconoscimento della formazione effettuata dal paziente e/o da un suo • familiare, con strumenti diversi (ECM, rimborsi spese – diaria, permessi
lavorativi ad hoc);
Il riconoscimento del fatto che la formazione determina circoli virtuosi • che ricadono a cascata, oltre che sui pazienti e sulle associazioni di
appartenenza, su tutto il sistema;
la promozione di protocolli d’intesa/progettuali con un pool di pazienti /• associazioni che rappresentino interessi comuni.
Rispetto ai servizi assistenziali specializzati, si auspica:
La rilevazione sistematica dei bisogni attraverso un confronto tra pari;• La presa in carico condivisa e multidisciplinare (socio-assistenziale);• La partecipazione del paziente al processo di accreditamento e di • controllo dei servizi sociali appaltati e ai privati.
Rispetto alle Help-lines, si auspica:
L’istituzioni di numeri verdi regionali in collegamento con il numero verde • nazionale e il numero verde europeo;
Il monitoraggio dei bisogni informativi come requisito per la costituzione • di un’adeguata help-line.
Temi orizzontali
“Temi orizzontali” 6 e 7 possono essere affrontati all’interno dei Temi dall’1 al
5. E’ possibile anche organizzare gruppi di lavoro specifici su questi Temi. Se
gli organizzatori dovessero optare per questa soluzione, i sottotemi specifici
per questi due Temi sono identificati in grigio nel documento Content Outline
– Schema del Contenuto della Conferenza . Di conseguenza anche i reports
dovranno essere coerenti con la scelta fatta dagli organizzatori.
Tema 6 – Sostenibilità
Contesto Nazionale
Dall’analisi dei PSN emerge che l’impegno dell’amministrazione centrale al
sostegno alle iniziative nell’ambito delle MR rare è costante e esplicito, con livelli
distinti di decisione, nelle linee programmatiche di indirizzo, negli ultimi dieci
anni.
Tuttavia non è mai emersa nessuna indicazione esplicita sulla politica
dell’amministrazione centrale in merito al tema della sostenibilità del sistema
MR. L’analisi dei Piani Sanitari Nazionali, infatti, lascia evincere implicitamente
nell’amministrazione pubblica l’intenzione e la volontà a supportare attraverso
mezzi di finanziamento adeguati le patologie rare senza dettagliare particolarmente
il tema. Va tuttavia sottolineato, che per sua natura il PSN che può normare in
maniera dettagliata e programmatica i singoli capitoli di spesa, in quanto tale
delega è rimessa alla competenza e alla autorità delle regioni.
168
Attualmente le principali fonti di finanziamento delle malattie rare sono le
seguenti:
ISS – sostiene l’attività del Centro Nazionale malattie rare istituito presso - l’ISS e della consulta nazionale. Il primo di questi organi ha funzioni di ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e farmaci orfani, finalizzata alla prevenzione, al trattamento e alla sorveglianza delle MR, e coordina l’attività dei contesti regionali in materia di registri. La consulta è un organo di contatto con il mondo associazionistico, ha lo scopo di rafforzare i legami e le sinergie tra le organizzazioni di tutela della rete delle malattie rare presenti nel nostro Paese, a partire dalla convinzione che esse svolgano un ruolo fondamentale per orientare pazienti e familiari all’interno del Servizio sanitario nazionale e contribuire alla individuazione delle priorità per l’agenda delle politiche pubbliche. Quest’ultima ha unicamente funzione consultiva e lavora senza portafoglio;Ministero della Salute/Ministero dell’Università e della Ricerca – eroga - finanziamenti relativi alla ricerca corrente e finalizzata destinati a svolgere attività di ricerca che in maniera diretta e indiretta, in alcuni casi particolari, interessano anche il mondo delle malattie rare;Conferenza Stato/Regioni – si è occupato di malattie rare in particolare - sottoscrivendo:
l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali di un bando di ricerca sanitaria per l’anno 2008 finalizzata per attività di ricerca sulle malattie rare per un importo pari a 8.000.000 € (di cui 5.000.000 € ai sensi dell’art. 1, comma 813 della Legge Finanziaria 2007, 3.000.000 € provenienti da fondi dell’AIFA, DL n . 269 del 30/9/2003 convertito in legge, legge 24/11/2003 n . 236 Art. 48 comma 19 lettera b); l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali di linee guida per l’utilizzo da parte delle Regioni e delle Province autonome delle risorse vincolate, ai sensi dell’articolo 1, commi 34 e 34bis, della legge 23 dicembre 1996, n . 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2010. In particolare “Malattie Rare : per l’anno 2010 si introduce un vincolo di 20 milioni di euro”;
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – sostiene indirettamente - le malattie rare erogando annualmente fondi su progetti a bando alle associazioni di malati rari che abbiamo natura di associazione di promozione sociale (APS) o di associazione di volontariato (legge 383/2000, art. 12, comma 3);Autonomie regionali – attraverso fondi propri destinati al capitolo di spesa - e di bilancio relativo alle attività sociali e socio-sanitarie assegnati alle priorità regionali dei Piani Socio Sanitari Regionali di periodo;Altri fondi derivano dalla attività di sostegno alla ricerca di associazioni - di categoria di ambito eminentemente farmacologico piuttosto che da attività di fund raising delle associazioni di malati rari presso enti di natura pubblica e/o privata, lasciti e donazioni da parte di persone fisiche o giuridiche e da liberalità raccolte nel corso delle varie attività di sensibilizzazione in materia.
SINTESI
Sulla base delle raccomandazioni del consiglio europeo relative alla sostenibilità
del sistema delle malattie rare è possibile affermare che ad oggi all’interno del
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contesto italiano il tema della sostenibilità è diffuso con buona sensibilità sia a
livello nazionale sia a livello regionale che locale. Attualmente data l’attuazione
del modello federale in ambito sanitario la competenza sul finanziamento
relativo alle iniziative sulle malattie rare che abbiano rilevanza fattiva all’interno
del contesto quotidiano dei pazienti affetti è a carico alla Regione come ente
attuativo di linee di indirizzo di carattere sovra-ordinato e proprie.
In tale contesto è utile rilevare che ad oggi le principali fonti di finanziamento del
mondo delle malattie rare sono di natura pubblica (finanziamenti strutturali). Le
fonti di finanziamento, comunque importanti, ma residuali rispetto alle dimensioni
complessive dell’indotto, che derivano da forme di partecipazione private sono
destinate, nella maggior parte dei casi, a investimenti puntuali (finanziamenti ad
hoc).
Nel contesto attuale si riscontra anche una significativa carenza dell’utilizzo
delle fonti di finanziamento secondo una logica sussidiaria che coinvolga in
maniera attiva e responsabilizzi il patrimonio conoscitivo e relazionale di tutti gli
attori della rete. Ciò è probabilmente attribuibile alla mancanza di un confronto
stabile e di un coordinamento sistemico delle MR sul tema del finanziamento del
sistema che coinvolga tutti gli interlocutori della rete. Da questo punto di vista,
si rileva, come il presente progetto sia stato un utile momento di riflessione e di
conoscenza reciproca dei soggetti della rete.
PROSPETTIVE
L’orizzonte in tema di sostenibilità del sistema malattie rare dovrà, nel prossimo
futuro, essere strettamente interconnesso al tema della creazione di valore sociale.
In tal senso occorre pianificare, progettare, attuare, monitorare e valutare delle
politiche che agiscano in tale direzione permettendo una definizione chiara dei
compiti, dei meccanismi di valutazione e delle relative responsabilità. Rivolgere
l’attenzione su tale elemento presuppone accogliere il bisogno globale del malato
raro e sviluppare un approccio integrato che, in termini di sostenibilità (nel senso
più ampio della sua accezione), garantisca un maggiore valore aggiunto per
l’individuo e per la Società.
Relativamente alle priorità di indirizzo trattate in tema di sostenibilità e
finanziamento del sistema emerge la necessità di pensare in futuro ad un
coordinamento delle fonti (almeno in ambito pubblico), relative all’universo delle
MR che porti ad una politica omogenea e coordinata, relativamente alle politiche
prioritarie di attenzione del sistema MR (centri di expertise, reti socio-sanitarie,
ricerca, registri, farmaci orfani, ecc.). Relativamente a tale punto di interesse
si evince la necessità di un coordinamento tecnico di indirizzo economico
che si occupi di indicare, in attuazione delle policies, le linee di investimento
prioritario del periodo identificato per attuare le politiche di investimento e
finanziamento omogenee a tutti i livelli istituzionali. Tale ambito dovrebbe
essere rappresentativo di tutti i portatori d’interesse del sistema malattie rare e
dovrebbe essere paritetico, consultivo e attuativo. In tal senso è auspicabile che
gli ambiti e i progetti condivisi e finanziati abbiano come prima caratteristica la
trasversalità sistemica e l’interesse del malato raro in primis in modo da generare
una immediata e auspicabile ricaduta organizzativa e assistenziale che apporti
un beneficio reale in termini assistenziali, economici e sociali al malato raro.
In base a tali considerazioni emerge la necessità di considerare la sostenibilità non
solo in termini economici ma anche sociali. Uno studio condotto su un campione
di 392 famiglie di 10 Associazioni di Malattie Rare - condotto per la prima volta
dall’Istituto per gli Affari Sociali (IAS), in collaborazione con la Federazione Italiana
Malattie Rare Uniamo FIMR Onlus, Orphanet-Italia e Farmindustria dimostra
che il problema della sostenibilità economica è importante, ma che altrettanto
170
importante è il problema della sostenibilità sociale e ambientale, che deve essere
garantita ad un paziente affetto da MR. Il costo sociale infatti è significativamente
più rilevante rispetto al costo “vivo” sostenuto per l’assistenza di questi pazienti.
Per tale ragione occorre in maniera sinergica creare le condizioni sistemiche
socio-sanitarie che permettano al paziente affetto da malattia rara di migliorare
sensibilmente la propria qualità della vita.
Di conseguenza non si può decidere su un utilizzo idoneo dei finanziamenti
a disposizione nel mondo delle MR se non accogliendo, in via sussidiaria, le
richieste dello stakeholder di riferimento in quanto portatore cosciente del
bisogno assistenziale.
Si rileva, inoltre, la necessità di garantire adeguate risorse per sostenere
investimenti condivisi di lungo periodo (long-term sustainability) per avviare
politiche di sviluppo strutturate su alcuni temi di interesse prevalente del
sistema degli stakeholders delle malattie rare. L’idea è quella di condividere una
strategia di sviluppo di lungo periodo che non risolva situazioni contingenti o
risponda a necessità puntuali ma che attui in una logica di programmazione
degli investimenti e di copertura delle spese correnti che permetta uno sviluppo
progressivo, strutturato e sinergico del sistema malattie rare. Si auspica pertanto
la definizione di un fondo strutturato e continuativo di sostegno alle iniziative
e alle politiche in tema di MR con capitoli di spesa dedicati (registri, centri di
expertise, formazione, informazione, farmaci orfani, ecc.).
Si auspica inoltre lo sviluppo di sistemi di finanziamento delle materie in tema di
MR in cui siano valorizzate le partnership virtuose tra la pubblica amministrazione
ed il privato sociale, per il sostegno di elementi puntuali e concertati del sistema.
In tale senso è utile pensare ad un sistema economico/fiscale che incentivi
l’iniziativa del privato impegnato nel sostegno diretto o indiretto all’interno del
contesto delle MR, in particolare nell’ambito della ricerca e del sostegno alle
associazioni di malati rari.
Molto è stato fatto, a volte con scienza e coscienza a volte meno
consapevolmente, e molto si può ancora fare riconoscendo il valore sociale delle
iniziative già intraprese, sostenendo il patrimonio di conoscenza già sviluppatosi
autonomamente presso gli stakeholders del sistema malattie rare e coordinando
in maniera sinergica gli attori del sistema.
Tema 7 – Raccolta dell’expertise a livello europeo
I CENTRI DI EXPERTISE NEL NOSTRO PAESE E CON GLI ALTRI PAESI
STATO DELL’ARTE
La multidisciplinarietà non rappresenta solo l’espressione di professionalità e
punti di osservazione diversi, ma anche l’integrazione delle diverse dimensioni:
organizzativa, economica ed etica. In relazione a questo ultimo punto risulta
rilevante l’integrazione del punto di vista e dei valori dei pazienti e dei familiari.
I Centri di riferimento fanno principalmente riferimento alla letteratura scientifica
e le evidenze scientifiche (EBM), alle linee guida e alle raccomandazioni
internazionali.
In Italia esiste il Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità e dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali ed all’interno
del quale sono state realizzate alcune linee guida, consensus, etc (www.snlg-
iss.it).
171
Partendo da una precisazione necessaria che metta in luce la differenza tra Linee
Guida e Raccomandazioni, in Italia si rappresenta la seguente situazione:
il CNMR dell’I.S.S. è impegnato in attività di ricerca, studio e - documentazione per la realizzazione di nuove linee guida per malattie
rare in collaborazione con il SNLG, altri enti di ricerca nazionali ed
internazionali e diverse strutture del Sistema Sanitario Nazionale (Cliniche
universitarie, Policlinici, IRCCS,ecc), associazioni di pazienti, adottando
il metodo DELPHI.
Ad oggi sono state realizzate tre linee guida (emiplegia alternante, - sindrome di Down-che in Italia è inserita nelle malattie rare), una è in corso
di pubblicazione (epidermolisi bollose ereditarie) e tre sono in corso di
elaborazione (aniridia, esostosi multiple ereditarie e sclerosi tuberosa).
In varie Regioni,sono stati definiti alcuni percorsi diagnostico terapeutici ai
quali si è ritenuto opportuno aggiungere anche gli aspetti assistenziali (PDTA).
Tale attività è riconosciuta tra i compiti dei Coordinamenti regionali, ed è svolta
in collaborazione con i Centri di riferimento regionali-interregionali. In alcune
esperienze tali protocolli hanno rappresentato la base per specifiche azioni
normative per il riconoscimento di diritti esigibili per i pazienti in aggiunta ai LEA
(es. farmaci, parafarmaci, dietetici, etc. )
Prospettive
La questione che resta aperta è su come arrivare a dare risposte concrete per
tutte le malattie rare che aspettano di poter disporre di una diagnosi certa e di un
trattamento equo e coerente, indipendentemente dalla realtà in cui esso venga
erogato.
Il meccanismo che garantisce lo scambio di expertise è la condivisione delle
conoscenze attraverso le reti per patologie, che possono prendere il via, come
stimolo, dalla rete delle associazioni presenti in Europa e oltre e devono essere
il riferimento per il mondo scientifico che si occupa di quella patologia.
Sarebbe utile inserire nei database informatici riguardanti i pazienti utilizzati da
MediciMedicinaGenerale e PediatriLiberaScelta, nel proprio ambulatorio, alcuni
indirizzi chiave che consentano al professionista di orientarsi verso il sospetto
diagnostico di malattia rara, anche attraverso la Rete nazionale malattie rare.
Conclusione del Rapporto Finale
Oltre ai reports di ogni tema il Rapporto Finale comprende:
Una valutazione generale dell’utilità delle raccomandazioni di EUROPLAN • e degli indicatori di EUROPLAN per l’avanzamento della strategia
nazionale nel proprio Paese;
La trasferibilità delle Raccomandazioni di EUROPLAN in Italia soprattutto • in tema di “governance sostenibilità”.
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Ringraziamenti
Oltre agli intervistati e ai parlamentari che hanno voluto collaborare al
progetto, si ringraziano per il prezioso contributo: Uniamo, in particolare
Renza Barbon Galluppi, per la generosità con la quale ha accolto l’iniziativa e
Nicola Spinelli, per il supporto scientifico nella gestione della Consultazione
Pubblica; Orphanet e la Consulta Nazionale delle Malattie Rare, per aver
promosso la Consultazione attraverso il loro network; Edea Perata, per il
costante apporto di idee ed entusiasmo, nonché per aver curato i rapporti
con le Istituzioni; le aziende Genzyme e Biomarin, per il loro supporto non
condizionato all’iniziativa.
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Finito di stampare nel mese di maggio 2012 da Tipolitografia F.G. S.r.l. - Savignano sul Panaro (Modena)
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