MAI PIÙ CIE La detenzione LASCIATECIENTRARE … · migranti e la violazione dei diritti umani. 2 3...

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CIENTRARE La detenzione amministrativa dei migranti e la violazione dei diritti umani

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIELa detenzione amministrativa dei migranti e la violazione dei diritti umani

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European Alternatives è una organizzazione non-profit che mira ad esplorare e promuovere una cultura e una politica veramente transnazionale, mediante campagne, conferenze, pubblicazioni e l’organizzazione del Festival Transeuropa.

Siamo convinti che sfide quali la partecipazione democratica, l’uguaglianza sociale e l’innovazione culturale non possano più essere risolte a livello nazionale, ma che si debba incoraggiare l’emergere di una collettività transnazionale che si faccia promotrice di tali valori.

www.euroalter.com

Editing e coordinamentoAnna Lodeserto Sara Saleri Alessandro Valera

Un ringraziamento aAlessandra Capodanno, Lorenzo Marsili,Migreurop, ASGI, ARCI

Ogni anno in Europa, migliaia di migranti sono detenuti in centri chiusi fino a diciotto mesi, per il solo motivo di non avere il permesso di soggiorno e senza aver commesso alcun reato. Al 2012, sono 473 i centri di detenzione censiti dalla rete Migreurop negli stati europei e nei paesi confinanti, per una capienza cono-sciuta di circa 37.000 posti. Un numero che non cessa di aumen-tare e rivela la sistematizzazione della detenzione amministrativa come anello chiave nella gestione dei flussi migratori, che mal cela una vera e propria “guerra” contro i migranti.

Dall’inizio degli anni ‘90, tutti gli stati membri hanno sviluppa-to dispositivi legislativi, amministrativi e politici che si sono tra-dotti nella creazione di veri e propri campi di detenzione. Più di recente, la prassi della detenzione amministrativa degli immigra-ti è praticata anche in luoghi informali, a tempo indeterminato, senza alcun controllo giurisdizionale, con la negazione dei diritti

IntroduzioneFlore Murard-Yovanovitch, European Alternatives

“Il CIE è il luogo nel quale si massimizzano tutti i dispositivi e i protocolli di controllo delle attuali leggi in materia di immigrazione. È quella zona grigia nella quale il migrante, una volta entrato, viene denudato di tutto, anche della sua soggettività, fino a divenire un mero numero sul quale applicare leggi extragiuridiche, in funzione del mantenimento stesso del sistema di profitto economico dei CIE. Affinché si possa andare oltre questo modo di gestire le migrazioni, occorre guardarle da una prospettiva diversa, costruendo una memoria culturale condivisa attraverso i percorsi di vita che i migranti portano con sé.”

Mario Badagliacca – Archivio Memorie Migranti

Questo progetto ha ricevuto un supporto finanziario dalla Commissione Europea. La pubblicazione riflette unicamente il punto di vista degli autori, e la Commissione non può essere considerata responsabile per l’uso che possa essere fatto delle informazioni qui contenute.

Foto fornite daMario BadagliaccaRaffaella CosentinoLorenzo Rinelli

Grafica e impaginazioneErika Kramarikwww.sketching-erika.com

Progetto finanziato daCommissione europea – Europa per i cittadiniOpen Society Foundations

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La Campagna LasciateCIEntrare nasce nel maggio del 2011 dall’iniziativa di alcuni settori attivi della società civile insieme alla Federazione nazionale della stampa e all’Ordine dei gior-nalisti in risposta alla circolare 1305/2011 emanata dall’allora Ministro dell’Interno italiano Maroni, che vietava l’ingresso dei giornalisti e di gran parte delle associazioni nei Centri di Iden-tificazione ed Espulsione (CIE). Proprio a seguito dell’azione di pressione portata avanti dalla Campagna, a dicembre 2011 la circolare è stata ritirata ma il problema dell’accesso ai CIE per-mane. Infatti, l’elevata discrezionalità delle singole Prefetture nell’autorizzare l’accesso determina ancora oggi una censura di fatto. La Campagna ricorda come la normativa europea preve-de che “I pertinenti e competenti organismi ed organizzazioni nazionali, internazionali e non governativi hanno la possibilità di accedere ai centri di permanenza temporanea (...) Tali visite possono essere soggette ad autorizzazioni” (Direttiva 2008/115/CE art. 16 co. 4). Il diritto europeo prevede quale regola gene-rale il diritto di accesso ai CIE da parte di enti che vogliano mo-nitorare le condizioni effettive in cui si svolge il trattenimento e, pur prevedendo la possibilità che le visite siano soggette ad autorizzazione, stabilisce che tale prassi non debba ostacolare di fatto, con procedure lunghe e dilatorie, il concreto accesso alle strutture, come invece avviene in Italia.

Nel corso di questo anno e mezzo la Campagna ha promosso un monitoraggio costante delle condizioni di vita dei migranti nei CIE, strutture degradate oltre il limite della vivibilità e del ri-spetto della dignità umana e dove si verificano continue e siste-

APPELLO MAI PIù CIEFoglio di via alle violazioni dei diritti umani

di difesa, e persino della possibilità di accedere alle procedure di protezione internazionale.

Eppure, la società civile europea spesso non conosce l’esisten-za di quei luoghi segreti, ma diffusi su tutto il territorio dell’Unio-ne europea, dove si verificano continue e sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali dei migranti, nonché delle con-venzioni europee e internazionali.

La Campagna LasciateCIEntrare, in partenariato con European Alternatives, ha per obiettivo di rompere il muro di silenzio che circonda quei luoghi oggetto di censura e di informare i cittadini italiani di cosa avviene in loro nome e con i loro contributi. Per rivelare, oltre i cancelli, gli abusi quotidiani, le torture e la fra-gilizzazione psicofisica dei detenuti migranti, di cui sono prova inconfutabile i numerosi suicidi, atti di autolesionismo e rivolte ripetute.

Per raggiungere il suo obiettivo di un paese senza campi di detenzione, la campagna ha bisogno di ognuno di voi. Intanto, si chiede agli stati membri dell’UE di mettere immediatamente fine alla prassi della detenzione amministrativa e di ripensare una po-litica migratoria diversa, basata sull’apertura di canali legali d’in-gresso e su pratiche diverse dell’accoglienza di coloro che sono costretti a lasciare il loro paese da guerre e persecuzioni.

CIE di Ponte Galeria. Foto di Mario Badagliacca

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matiche violazioni dei diritti umani fondamentali.Due le mobilitazione nazionali organizzate: il 25 luglio del

2011, e dal 23 al 28 aprile del 2012, con presidi in dieci diverse città che hanno visto la partecipazione di parlamentari, associa-zioni e organizzazioni della società civile, sindacati, giornalisti.

Il sistema della detenzione amministrativa per i migranti rappresenta un vulnus nel sistema giuridico italiano in quan-to prevede la privazione della libertà personale per chi non ha commesso alcun reato, se non quello “formale” dell’assenza di permesso di soggiorno (reato amministrativo introdotto dalla legge 94/2009 cd. “legge sicurezza”).

I centri di detenzione amministrativa sono sta ti introdotti dalla legge Turco-Napolitano (con la denominazione di CPTA – Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza con limite di trattenimento ai 30 giorni). Il periodo di trattenimento è stato poi prolungato a un massimo di 60 giorni (L. 189/2002 cd. Bossi-Fini), poi a 180 giorni (L.125/2008) sino ad arrivare per iniziati-va dell’ex Ministro dell’Interno Maroni a un massimo di 18 mesi (D.L.89/2011). Denominati Centri di Identificazione ed Espulsio-

ne dalla legge 125/2008, i centri si sono dimostrati nel corso degli anni inefficaci e fallimentari.

La Campagna osserva che, per quanto la normativa europea non censuri l’istituto della detenzione amministrativa, ne am-mette l’utilizzo solo come extrema ratio, mentre in Italia esso è assunto come strumento ordinario di esecuzione delle espul-sioni.

I tanti episodi di rivolte e di fughe, di suicidio, di autolesio-nismo, il racconto delle violenze subite, lo stato di prostrazione che provocano anche pochi giorni di detenzione, l’alto tasso di consumo e abuso di psicofarmaci indispensabili a sopportare un “regime carcerario” legalizzato sono comprovati non solo dalla cronaca ma anche da approfondite ricerche svolte da organiz-zazioni nazionali e internazionali indipendenti. Una di queste, curata dalla Commissione De Mistura istituita dal Governo italia-no nel 2007, a conclusione del rapporto propose il progressivo superamento dei CPTA. Da allora la situazione dei centri di de-tenzione è ulteriormente peggiorata.

In particolare segnaliamo alcuni degli aspetti più critici:

“Fondamentale che la mobilitazione di LasciateCIEntrare prosegua. Nel nostro paese lo spread da colmare è anche quello dei diritti umani. La questione ampia e complessa dell'immigrazione in questi anni è stata affrontata troppe volte con un approccio di mero ordine pubblico. Invece di intervenire in una logica conforme ad integrare in modo vantaggioso per tutti una risorsa così preziosa per la crescita e il rilancio economico del paese si sono alzati pesanti muri e costruiti ghetti intorno alle popolazioni straniere. Da anni ormai come radicali proponiamo un cambio totale di rotta, che vuol dire innanzitutto il rientro nella legalità costituzionale, europea e internazionale.”

Sen. Emma Bonino – Vice Presidente del Senato della Repubblica, Partito Radicale

CIE di Ponte Galeria. Foto di Mario Badagliacca

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• violazione del diritto alla salute: utilizzo massiccio di psi-cofarmaci, frequenti omissioni di soccorso;

• mancato accesso alle informazioni: le persone spesso vengono detenute senza sapere perché e per quanto tempo;

• difficoltà di comunicazione con l’esterno: alle persone detenute vengono spesso preclusi il possesso e/o l’utiliz-zo del cellulare, l’uso della rete tramite internet così come la possibilità di acquisire informazioni sul loro tratteni-mento;

• assenza di tutela legale: gravissimi e frequenti gli episo-di di convalide “farse” a volte solo cartacee, espresse da giudici di pace spesso privi delle necessarie competen-ze. Sono inoltre frequenti i casi in cui non è consentita neanche la comunicazione tra i detenuti e gli avvocati di fiducia o le associazioni ed enti di tutela;

• frequenti abusi e maltrattamenti da parte delle forze dell’ordine e/o del personale di sorveglianza;

• violazione del diritto di informazione e di cronaca: l’ac-cesso ai centri da parte dei giornalisti rimane problemati-

co e discrezionale;• molti casi di trattenimenti illegittimi e illegali di minori,

vittime di tratta, richiedenti asilo, persone nate in Italia e cittadini comunitari;

• massiccia presenza nei centri di persone provenien-ti dal circuito penale, che – dopo aver scontato l’intera condanna – subiscono un ulteriore e ingiustificato perio-do di detenzione, perché non sono già stati identificati in carcere;

• sproporzione tra l’alto costo di gestione dei CIE e l’effi-cacia della detenzione amministrativa, scarsa trasparenza delle convenzioni stipulate con gli enti gestori.

A fronte di queste gravi violazioni dei diritti umani, la Campa-gna sottolinea l’inefficacia e l’inefficienza dei CIE rispetto alle funzioni affidate ad essi dal legislatore: negli anni, meno della metà delle persone detenute nei centri è stata effettivamente rimpatriata a fronte di costi elevati per l’allestimento, la gestione, la manutenzione e la sorveglianza delle strutture. La Campagna sottolinea altresì come i diritti delle persone trattenute non sia-no disciplinati da alcuna norma primaria, bensì siano affidati ad una generica e lacunosa disposizione regolamentare e persino a meri “capitolati” di gestione.

“Se l'Italia è fanalino di coda in Europa per la libertà di informazione lo dobbiamo anche alla vergogna dei CIE, all'interno dei quali i detenuti non possono comunicare con l'esterno, mentre per i giornalisti l'accesso ai centri resta complicato. Così facendo chi può vigilare sul trattamento dignitoso che dovrebbero ricevere, secondo le convenzioni internazionali, i cittadini accolti temporaneamente in questi centri?”

Stefano Corradino – Direttore Articolo21

CIE di Ponte Galeria. Foto di Mario Badagliacca

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La Campagna LasciateCIEntrare nasce nell’aprile 2011 a seguito della decisio-ne dell’ex Ministro dell’Interno Maroni di precludere l’accesso ai giornalisti nei CIE e CARA in Italia. Non si poteva accettare in silenzio una violazione del diritto dovere di informazione, non si poteva accettare l’esistenza di luoghi “censurabili” agli occhi della stampa e quindi dell’opinione pubblica. Insieme alle associazioni dei giornalisti, organizzazioni che si occupano della tutela dei migranti, avvocati, parlamentari, associazioni della società civile, e la CGIL abbiamo organizzato una prima mobilitazione nazionale nel luglio 2011 di fronte ai dieci centri operativi di Roma, Torino, Milano, Gradisca, Modena, Bologna, Bari, Cagliari, Trapani, Crotone, Catania, Lampedusa.

Iniziavano così le prime visite di molti parlamentari che si “sostituivano” alla stampa interdetta, e si poteva finalmente dare voce agli “ospiti” di questi cen-tri, veri “lager istituzionali”, denunciando la situazione di censura della stampa e cercando nello stesso tempo di raccontare la realtà dei centri, le gravi carenze assistenziali e normative, fino a far luce sui numerosi casi di violenza fisica, psi-cologica e sulla mancata garanzia di tutela legale dovuta per legge ai cittadini stranieri. Vengono organizzati incontri di formazione per giornalisti e la rete ter-ritoriale serve anche per poter denunciare quello che prima era negato e tenuto sotto silenzio.

La seconda mobilitazione avviene nel mese di aprile 2012, e a luglio 2012 l’as-sociazione Articolo 21 assegna alla Campagna LasciateCIEntrare il Premio Giun-tella per la Libertà di Informazione. Nel novembre 2012 la Campagna organizza il convegno “Il sistema CIE e la violazione dei diritti umani” presso l’Ufficio di In-formazione del Parlamento Europeo nell’ambito della settimana “L’Europa è per i diritti umani”, nel quale presenta l’appello MAI PIÙ CIE e il documento Alcune proposte per una nuova politica in materia di immigrazione.

La Campagna è oramai riconosciuta a livello politico, istituzionale e civile. Due sono state le delegazioni “ufficiali” della Campagna, riconosciute dal Ministero dell’Interno, che hanno visitato il CIE di Gradisca e di Bari in ottobre e dicembre.

Brevi cenni sulla Campagna LasciateCIEntrare Gabriella Guido (Coordinamento Campagna LasciateCIEntrare)

Alla luce di queste considerazioni la Campagna LasciateCIEntrare

CHIEDEl’immediata chiusura di tutti i CIE d’Italia

Le alternative alla detenzione amministrativa e ai CIE sono possibili a partire innanzitutto dalla puntuale e corretta appli-cazione della direttiva 2008/115/CE (cd. direttiva rimpatri) e co-munque dall’indispensabile e improrogabile riforma complessi-va del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 286/98). Sono urgenti una modifica del sistema degli ingressi, delle procedure di iden-tificazione, della disciplina del soggiorno e delle espulsioni, una corretta applicazione della normativa europea sull’accoglienza che innalzi gli standard attualmente praticati, una riforma della legge sulla cittadinanza, una legge per l’introduzione del diritto di voto amministrativo, una legge organica sul diritto di asilo.

Le istanze della Campagna saranno sottoposte alle forze par-lamentari, politiche, amministrative, istituzionali, e alla società civile e, contestualmente al percorso nazionale, la Campagna presenterà la propria posizione a livello europeo presso il Parla-mento della UE. Questo il percorso che LasciateCIEntrare intende promuovere, anche in prospettiva delle elezioni politiche in Italia nella primavera del 2013, e in Europa nella primavera del 2014.

Novembre 2012

“I CIE sono luoghi esemplari, usati nei confronti di tutti gli immigrati in arrivo verso le nostre frontiere quale esempio di cosa potrebbe loro accadere se mai decidessero di varcarle e giungere in Italia. I maltrattamenti riservati alle donne e agli uomini nei CIE sono diretti a fungere da monito verso tutto il resto della comunità migrante. Vi sono tutti gli ingredienti del crimine di tortura se mai questa intenzionalità fosse dimostrata.”

Patrizio Gonnella – Associazione ANTIGONE

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Approfondimento e proposte divulgate congiuntamente all’ap-pello “MAI PIù CIE” dalla Campagna LasciateCIEntrare – Novembre 2012

1. È ormai improrogabile una svolta chiara in politica estera, senza delegare i controlli delle frontiere a stati che non ap-plicano effettivamente la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati, o che non vi hanno neppure aderito. Non dovranno più concludersi accordi bilaterali per sostenere finanziariamente e tecnicamente la Libia, o altri paesi di transito, che non garantiscono il rispetto dei diritti umani nel “controllo dei flussi di immigrazione clan-destina”. Gli ultimi contatti diplomatici tra Italia e Libia han-no trascurato ogni riferimento alla tutela dei diritti uma-ni dei migranti, e hanno soltanto prospettato i problemi dell’immigrazione irregolare che i due stati dichiarano di volere contrastare.

2. In base alle leggi vigenti e alla costante giurisprudenza, chiunque giunga sul suolo europeo in cerca di protezione ha diritto quantomeno all’esame della propria situazione individuale da parte di una commissione indipendente, con un diritto di ricorso effettivo, in un contesto dignitoso e in tempi rapidi, così come stabiliscono le convenzioni internazionali e la Costituzione italiana. Per questa ragio-

Documento sintetico

Alcune proposte per chiudere i centridi detenzione per stranieri per una nuova politica dell’immigrazione

Fulvio Vassallo Paleologo e Alessandra Ballerini

ne, per garantire effettivamente i diritti di difesa a tutti i potenziali richiedenti asilo, occorre abrogare per intero il decreto legislativo n. 159 del 2008 che ha ampliato i casi di trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo e priva-to di effetto sospensivo automatico i ricorsi contro i dinie-ghi di status di protezione pronunciati dalle Commissioni territoriali.

3. Rimpatri collettivi e deportazioni di massa sono incompa-tibili non solo con il regime normativo dei paesi demo-cratici, ma anche con i più elementari principi di civiltà e di rispetto della dignità della persona umana. Così come la detenzione e i lunghissimi tempi di attesa per l’esame della domanda di asilo. Occorre applicare rigorosamen-te il principio del non respingimento, affermato in primis nell’art. 33 della Convenzione di Ginevra e ribadito nella legislazione comunitaria. L’utilizzazione surrettizia dell’i-stituto del respingimento, immediato o differito, previsto dall’art. 10 del Testo unico sull’immigrazione, ha consenti-to l’esecuzione di vere e proprie espulsioni collettive, vie-tate da tutte le convenzioni internazionali (e dal prot. n. 4 alla Cedu), senza alcuna possibilità di esercitare i diritti di difesa o di fare valere una richiesta di protezione inter-nazionale. Quanto rilevato anche nel corso delle visite nei CIE, effettuate da delegazioni parlamentari e da giornalisti, conferma il contrasto tra l’art. 10 comma 2 del T.U. n. 286

“In tanti, in questi mesi, da giornalisti, hanno bussato alle porte dei CIE e dei CARA dicendo ‘Noi vogliamo entrare’ perché, come ha detto con una frase di straordinaria forza un immigrato detenuto: ‘Avete il dovere di raccontare che noi stiamo in un canile’. Il dovere: lui ricorre a una parola che a volte anche noi ci ricordiamo di mettere nei nostri documenti. Non c’è il diritto di informare: prima di tutto c’è il dovere di informare.”

Roberto Natale – FNSI

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MAI PIÙ CIEdel 1998, che prevede il cd. respingimento differito, l’art. 14 dello stesso Testo unico, in materia di trattenimento amministrativo, e gli articoli 3, 10, 13 e 24 della Costituzio-ne italiana, che impongono formalità e garanzie che nella prassi applicata non vengono riconosciute dalle autorità amministrative italiane.

4. Per rispettare nella sostanza la direttiva comunitaria 2008/115/CE sui rimpatri, vanno ridotti i casi di rimpatrio con accompagnamento forzato, che dopo la legge Bossi-Fini del 2002 costituiscono l’ipotesi più frequente, e che richiedono misure di trattenimento amministrativo e pro-cedure di convalida che non risultano applicabili nella ge-neralità dei casi. Bisogna quindi ripristinare il sistema delle espulsioni basato generalmente sull’intimazione a lasciare il territorio dello stato, come era previsto dalla legge 40 del 1998 (Turco-Napolitano) e come è richiesto adesso dalla direttiva comunitaria sui rimpatri.

5. La prospettiva di medio periodo, che presuppone l’aper-tura di vie legali di ingresso e la regolarizzazione perma-nente su base individuale di chi maturi nel tempo requisiti

come un lavoro e la disponibilità di un alloggio, non può che essere quella della chiusura dei CIE, e della utilizzazio-ne della detenzione amministrativa per un tempo massi-mo di 96 ore solo per quei casi individuali di espulsione di persone che costituiscono una grave minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini. Ma sempre nel rispet-to dei diritti fondamentali della persona umana, dettati dalla Costituzione, e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea a salva-guardia dei diritti dell’uomo.

6. La convalida, ed ancor più la proroga del trattenimento amministrativo nei CIE, avviene sovente senza un effettivo controllo giurisdizionale e senza la possibilità di fare vale-re i diritti di difesa, malgrado la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4544 del 2010, abbia affermato che sareb-be evidente la incostituzionalità dell’art. 14 comma 5 del T.U. sull’immigrazione n. 286 del 1998, per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, ove “si affidasse al mero colloquio cartaceo tra amministrazione e giudice di pace il controllo della permanenza e dell’aggravamento delle condizioni autorizzanti la protrazione del vincolo” (decreto di proroga). Il rito camerale di convalida del trattenimen-

“La sentenza del Tar del Lazio 18 maggio 2012 ha dichiarato illegittima la circolare Maroni che impediva alla stampa l’accesso ai CIE, sancendo una prima vittoria della Campagna LasciateCIEntrare contro la censura. Queste le parole dei giudici: ‘In definitiva, la libertà di stampa svolge un ruolo fondamentale nel dibattito democratico, tale da non sopportare l’introduzione di limiti atti a restringerla, dovendo convenirsi con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo allorché questa ha affermato che i giornali sono i così detti “cani da guardia” (watch dog) della democrazia e delle istituzioni’.”

Raffaella Cosentino – Giornalista

Sit in di LasciateCIEntrare al CIE di Ponte Galeria, luglio 2011. Foto di Raffaella Cosentino

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIEto nei CIE appare ancora oggi lesivo dei diritti di difesa da riconoscere anche agli immigrati irregolari. Occorre dunque un indirizzo amministrativo alle questure, ed un preciso richiamo del Ministro della Giustizia rivolto anche agli uffici dei giudici di pace, in modo da garantire il pieno rispetto del principio del contraddittorio, la presenza e la tempestiva convocazione del difensore, la notifica degli atti all’interessato, la possibilità per i difensori di studiare i casi e articolare le difese.

Per superare davvero, e non per decreto, lo stato di emer-genza immigrazione, e per evitare l’utilizzazione del carcere e dei centri di accoglienza/detenzione come strumenti esclusivi di controllo e di regolazione della circolazione e dell’ingresso dei migranti occorrono dunque:

1. Una revisione sostanziale della legge sull’immigrazione nelle parti in cui si rende difficile, se non impossibile, otte-nere il rilascio di un visto di ingresso regolare o il rilascio, il rinnovo o la conversione di un permesso di soggiorno (si pensi solo alle migliaia di lavoratori stranieri che perdendo il lavoro e rimanendo disoccupati perdono automatica-mente il titolo di soggiorno diventando irregolari e dun-que espellibili o a tutte le persone che entrano per turismo e poi non possono convertire il permesso di soggiorno

breve in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro).2. Meccanismi di regolarizzazione permanente per lavora-

tori subordinati e autonomi senza richiedere la necessaria partecipazione del datore di lavoro, ma ad istanza dei soli lavoratori per evitare, come si è verificato ovunque negli ultimi anni, il diffondersi di odiose truffe ed in attuazione della direttiva 52/2009 e della convenzione Oil.

3. Abolizione del reato di clandestinità.4. Revisione della legge sulla cittadinanza.

Con queste ed altre modifiche, da apportare al Testo unico sull’immigrazione del 1998, come modificato nel 2002 dalla leg-ge Bossi- Fini, e con una depenalizzazione delle fattispecie penali tipiche ricorrenti più frequentemente nei casi di irregolarità, la presenza dei detenuti stranieri negli istituti di pena, oggi oltre un terzo, potrebbe diminuire. Anche il numero degli irregolari po-trebbe ridursi drasticamente e consentire la chiusura della mag-gior parte dei centri di detenzione, strutture disumane ed ineffi-caci, che costano centinaia di milioni di euro all’anno, e neanche realizzano la finalità di aumentare il numero degli immigrati che anno per anno vengono effettivamente rimpatriati.

“L’associazione Class Action procedimentale ha citato in giudizio civile con azione popolare il Ministero dell’Interno, ivi denunciando il carattere illegale del regime di detenzione dei migranti nel CIE di Bari. L’azione popolare costituisce esercizio di militanza del sapere giuridico al servizio dei diritti umani ed ha quale primaria finalità quella di riportare la dignità dell’uomo al vertice della scala dei valori giuridici.”

Luigi Paccione – Class Action Procedimentale

CIE di Ponte Galeria. Foto di Raffaella Cosentino

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Presentiamo un estratto sintetico della ricerca Betwixt and Between: Turin’s CIE, condotta dal programma Human Rights and Migration Law Clinic (un programma di clinica legale condotto dall’International University College di Torino in collaborazione con l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e le Fa-coltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale – sede di Alessandria), condotta da Emanuela Roman, Abigael Ogada-Osir, Shalini Iyengar, Carla Landri, Marghe-rita Mini e Tatiana Skalon e coordinata da Ulrich Stege e Maurizio Veglio. La ricerca, che aveva l’obiettivo di verificare il rispetto o meno dei diritti europei, internazionali e dei diritti umani nella pratica di ogni giorno all’interno dei CIE, si basa su 17 interviste a persone che sono state trattenute nei CIE e 12 interviste ad avvocati, mediatori sociali e altre persone che hanno un contatto quotidiano con i CIE.

FOCUSLa ricerca sul CIE di Torino Betwixt and Between: Turin’s CIE

Ulrich Stege, Maurizio Veglio

Con la nostra ricerca, abbiamo provato a raccontare la deten-zione in un CIE attraverso la voce di chi vi è trattenuto, ci ponia-mo perciò l’obiettivo di invitare al tavolo della discussione chi subisce direttamente sulla propria pelle gli effetti della politica di cui parliamo.

Il CIE di Torino, CIE Brunelleschi, è un’ex struttura militare ri-convertita che ha una capienza, in linea teorica, di 210 posti, ma a causa di un’area inutilizzata, ha una capienza reale massima di 131 posti. L’ente gestore del centro è la Croce Rossa Italiana che agisce in regime di convenzione.

Un primo focus della ricerca riguarda le condizioni in cui si svolge il trattenimento. In primo luogo, ci siamo occupati degli aspetti legati alla vita familiare e al rispetto dell’unità familiare. Nel corso delle interviste abbiamo incontrato vicende partico-larmente significative di persone che hanno un radicamento in Italia pluriennale (5, 10, 15 fino a 20 anni di residenza in Italia). In qualche caso abbiamo incontrato esperienze caratterizzate dalla regolarità del soggiorno, anche per un periodo molto lungo, ma che poi, a seguito di eventi penali o anche solo amministrativi, si

“All'interno dei CIE alla sospensione del diritto si accompagna una vera e propria sospensione del tempo che incide profondamente sulla dimensione esistenziale e sulla salute psico-fisica dei migranti reclusi. Bloccati, paralizzati, sradicati e senza contatti umani, perdono i loro punti di riferimento e le loro appartenenze. Le persone rinchiuse non solo subiscono un'interruzione del loro ciclo vitale ma anche una violenta aggressione all'identità.”

Franca Di Lecce – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia/Servizio Rifugiati e Migranti

CIE di Ponte Galeria. Foto di Raffaella Cosentino

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIEsono concluse con la caduta nella condizione di irregolarità. In molti casi il soggiorno irregolare prolungato ha evidentemente ridotto e reso residuali i legami con il paese di provenienza.

In tutti i casi ciò che emerge è che il diritto all’unità familia-re e, in particolare, il superiore interesse del fanciullo, che è un principio che viene richiamato non solo a livello nazionale ma ovviamente a livello internazionale, non trova adeguata consi-derazione. Solo per citare due vicende in particolare: il caso di una cittadina peruviana con una figlia di 9 anni nata in Italia, a Roma, e residente a Roma, che finisce dentro il CIE di Torino con impossibilità di incontrare la figlia, la quale, perciò, verrà inevita-bilmente affidata alle cure della nonna; o ancora, il caso di una cittadina della ex Jugoslavia residente a Reggio Calabria, con quattro figli minorenni, che è trattenuta a Torino, quindi a 1.345 km di distanza.

Il diritto all’unità familiare non trova adeguata considerazione negli elementi che abbiamo raccolto, né al momento della de-cisione di adottare un decreto di espulsione né tanto meno al momento di convalida del decreto di trattenimento e nemme-no nel corso dell’esecuzione del trattenimento, perché in molti casi si verifica il trasferimento delle persone in diversi centri, con

“L’istituzione dei CIE costituisce per l'ASGI una ferita nel sistema giuridico italiano. Le criticità dal punto di vista giuridico riguardano, tuttavia, l’intero sistema di trattenimento ed espulsione in vigore in Italia, che viola in molte parti importanti le norme costituzionali, internazionali e dell’Unione europea. L’ASGI aderisce con convinzione alla Campagna “MAI PIÙ CIE” segnalando che il superamento della necessità dei CIE non può prescindere da una riforma globale della normativa in materia di immigrazione, a cominciare dalle norme sull’ingresso, il soggiorno e la cittadinanza.”

ASGI – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione

la finalità di agevolare le procedure di identificazione, quindi per facilitare il lavoro di ambasciate e consolati, ma con ulteriore le-sione al diritto all’unità familiare, perché il trasferimento rende di fatto impossibili le visite dei parenti.

Un secondo tema della ricerca riguarda i rapporti tra CIE e carcere. A Torino nel 2011 il 30% circa dei trattenuti nel CIE pro-viene dal carcere o ha avuto un’esperienza carceraria; il dato, for-nitoci dalla Prefettura, è molto probabilmente conservativo, nel senso che abbiamo avuto la sensazione che la percentuale sia anche maggiore. Siamo naturalmente di fronte a un paradosso: il trattenimento, che è finalizzato all’identificazione, si rivolge in questo caso a persone che hanno trascorso anche periodi molto lunghi in carcere, senza che questo obiettivo – l’identificazione – fosse portato a termine. Inoltre, tutte le persone con esperienze carcerarie, all’unanimità, ci hanno segnalato che il trattenimento presso il CIE avviene in condizioni deteriori, in primo luogo per l’assenza assoluta di attività, iniziative, lavoro, formazione pro-fessionale e educativa, qualunque tipo di attività possa riempire una giornata, ma in particolare perché lo straniero trattenuto presso un CIE è di fatto dipendente in tutto e per tutto dalla struttura, dalla richiesta di accensione di una sigaretta a quella

CIE di Lampedusa. Foto di Lorenzo Rinelli

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIEdi intervento del personale sanitario, perciò lo straniero non è in nessun modo autonomo. Abbiamo avuto la sensazione di avere a che fare con persone che si percepiscono come corpi a di-sposizione della struttura – cioè, in ultima istanza della pubblica amministrazione – in una situazione in cui la privazione di ogni forma di autonomia personale avviene con modalità ancor più invasive di quelle che si verificano all’interno di un carcere.

Il tema della comunicazione con l’esterno è un punto estre-mamente dolente. Per la grande difficoltà di ottenere visite, il telefono è davvero l’unica possibilità che le persone hanno per contattare parenti amici o conoscenti. Non moltissimi sanno che esiste un decreto ministeriale che risale al 2001, secondo il quale ai trattenuti devono essere garantiti cinque euro di credito telefoni-co per ogni dieci giorni di permanenza e tre lettere alla settimana.

Tutte le persone con le quali abbiamo parlato ci hanno con-fermato che all’atto dell’ingresso venivano loro consegnate tre schede da cinque euro ciascuna, le quali però dovevano bastare per tutto il periodo del trattenimento, sia che questo fosse du-rato una settimana sia che fosse durato 12 mesi. La Croce Ros-sa Italiana rivendica di aver “inventato” un sistema di ricariche in base al quale lo straniero otterrebbe ogni giorno un credito pari

“Dal suo esordio la rete Primo Marzo ha chiesto la chiusura dei CIE, considerando la loro esistenza inaccettabile sul piano umano e incompatibile con lo stato di diritto: queste strutture limitano infatti la libertà personale di donne e uomini migranti in nome di una violazione puramente amministrativa e sono teatro di molteplici illegalità quotidiane. Riproponendo costantemente la logica dell’emergenza le politiche dell'immigrazione in Italia colpiscono, attraverso il razzismo istituzionale, i quasi cinque milioni di migranti che vivono e lavorano in Italia.”

Cecile Kashetu Kyenge – Rete PRIMO MARZO

a 3,5 euro con i quali comprare cibo, sigarette e anche schede telefoniche. Sul punto abbiamo avuto ulteriori conferme da par-te dei trattenuti che questo credito ricaricabile non può esse-re utilizzato per comprare schede telefoniche, quindi una volta esauriti i 15 euro iniziali che possono essere utilizzati nel telefono pubblico che si trova all’interno delle aree (ovviamente quando funziona), il trattenuto, se non ha un telefono cellulare proprio, con una ricarica propria e con un credito proprio, non ha la pos-sibilità di usare il telefono.

Va detto che, benché non sia previsto da alcuna normativa, non è consentito l’ingresso di alcun cellulare dotato di video-camera. Poiché quasi tutti i telefoni cellulare in diffusione oggi hanno questa possibilità, allo straniero viene perciò presentata l’alternativa di rompere l’obiettivo della videocamera oppure di non utilizzare il cellulare. Il risultato è che la prima richiesta che viene fatta a volontari, mediatori e personale religioso che entra nel CIE è di poter utilizzare un telefono.

Un altro punto critico riguarda le condizioni igieniche delle strutture. In generale si lamenta uno stato di degrado sia delle aree, sia delle condizioni igieniche personali. Fino a poco tempo fa non venivano neanche distribuite le lamette per il taglio della barba, ma venivano condivisi alcuni rasoi, con evidenti malumo-ri e preoccupazioni da parte delle persone costrette a utilizzarli.

Come si accennava all’inizio, una delle sei aree del CIE non è utilizzabile, quindi al momento i 131 posti (96 per gli uomini e 35 per le donne) sono ripartiti fra le altre cinque aree. In due di queste i refettori, cioè gli spazi comuni destinati al consumo del cibo, sono stati danneggiati e non sono stati mai ripristinati da anni. Per questo, i trattenuti consumano i pasti stando seduti a terra o sui materassi sui quali dormono.

I profili medici rappresentano gli aspetti di maggiore preoc-cupazione che abbiamo rilevato nel corso delle interviste telefo-niche. Più che l’intervento medico in sé, vale a dire la qualità del servizio, viene contestato il ritardo con il quale lo stesso viene

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIECIVIL SOCIETYprestato. Si tenga conto che la struttura consente la presenza solo di un medico e di un infermiere per 131 persone teoriche, il che rende dunque il tutto eccessivamente farraginoso. Nel cor-so del 2011 sono stati registrati 156 gesti anticonservativi, 100 ingestioni e 56 ferite da arma da taglio, e in generale un abuso di psicofarmaci, confermato peraltro dalla stessa Croce Rossa, che spiega come siano i trattenuti stessi a richiedere la fornitura di psicofarmaci. Tale dato induce a ritenere che questo “strumento” sia utilizzato più per fini di ordine pubblico che non per motivi prettamente terapeutici.

I rapporti tra i trattenuti sono molto difficili. Specialmente quando nelle stesse aree si radunano persone che hanno stru-menti e competenze linguistiche molto diverse, chi sa parlare l’italiano diventa automaticamente l’apice della piramide sociale che si ricrea all’interno di ogni CIE.

Passiamo ai meccanismi giuridici, che sono uno dei cuori del malfunzionamento dei CIE. L’autorità giudiziaria preposta a deci-dere del trattenimento è rappresentata dai giudici di pace. Come tutti sappiamo, si tratta giudici non professionisti, istituiti più che altro per risolvere questioni giuridiche di limitata portata (le “liti di condominio”), e che in ambito penale non possono nemmeno irrogare sanzioni di tipo detentivo. Eppure in questa materia sono chiamati a decidere della libertà personale dei migranti.

“L’Italia è il paese che fa meno rimpatri d’Europa; di quelli che vengono effettuati solo una misura irrisoria proviene dai CIE, un numero insignificante. Oggi la direttiva europea prevede i rimpatri assistiti che sono molto più laboriosi ma più corretti dal punto di vista umano. Tutti gli altri paesi europei che applicano in modo regolare la direttiva fanno più rimpatri dell’Italia con il suo 'cattivismo' istituzionale.”

Piero Soldini – Responsabile Immigrazione CGIL

Abbiamo ottenuto – pur con estrema difficoltà – i dati relativi alle percentuali di convalide e di proroghe dei trattenimenti de-gli stranieri, e abbiamo avuto la conferma (sono dati forniti dalla Questura) che nel 96% dei casi il giudice di pace convalida il de-creto di trattenimento; in sede di proroga la percentuale diventa ancor più eclatante perché si sale al 98% dei casi. Situazione fo-tografata con una mirabile sintesi da uno dei trattenuti, il quale ha detto che: “Più che di giudici di pace si dovrebbe parlare di giudici di guerra”.

Pareri estremamente critici sono stati raccolti anche in merito al lavoro degli avvocati, in particolare gli avvocati d’ufficio, accu-sati di aver sostanzialmente atteggiamenti collusivi con giudici di pace e pubblica amministrazione. In sede di convalida, la per-centuale di stranieri che è assistita da un avvocato di fiducia non supera il 15% e vi è, inoltre, un’estrema difficoltà di dialogo con gli avvocati, che di solito vengono informati dell’udienza soltan-to un’ora prima della celebrazione della stessa; non vi è assisten-za linguistica fornita da soggetti qualificati e comunque non al di fuori dell’udienza di convalida; non vi è partecipazione dello straniero alle udienze di proroga, condizione che aumenta l’insi-curezza e la confusione. Si tenga conto che all’interno del CIE di Torino non vi è infatti notifica né della fissazione dell’udienza né dell’esito della stessa. Di fatto non c’è alcun rimedio effettivo e a fronte di una convalida, l’unico mezzo di impugnazione previsto è il ricorso per cassazione, che però molto difficilmente si rivela uno strumento efficace per i lunghi tempi di attesa e, soprattut-to, non ha effetto sospensivo.

Per concludere, riguardo alla protezione internazionale ab-biamo avuto segnalazioni estremamente preoccupanti di ritardi registrati tra il momento di manifestazione della volontà di richie-dere protezione internazionale e il momento della sua effettiva formalizzazione. È evidente che attendere 12 giorni per poter sottoscrivere l’istanza di protezione internazionale è inammissi-bile, poiché in quel periodo di tempo, in cui la persona dovrebbe

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LASCIATECIENTRAREMAI PIÙ CIEOltre i CIE: il confronto con la società civile

Anna Lodeserto - European Alternatives

essere inespellibile, la stessa è sottoposta al pericolo del rimpatrio. Non c’è infine rispetto per le categorie vulnerabili in quanto vi è un’estrema promiscuità nella distribuzione delle persone, tra cui richiedenti asilo, trattenuti assieme a persone in attesa di espul-sione per pericolosità sociale, ad esempio, o persone vittima di tratta o di sfruttamento, trattenute insieme a ex detenuti. Uno dei casi più eclatanti riguarda due cittadini siriani, possessori di un passaporto valido, che sono stati trattenuti più di un mese presso il CIE di Torino prima di avere il loro status di rifugiato riconosciuto.

“Ho considerato sin dall’inizio importante contribuire alla costruzione della Campagna LasciateCIEntrare. Seguo le tragiche vicende della detenzione amministrativa per migranti fin dal 1998, anno di introduzione dei CPTA, ora CIE, ne ho denunciato con costanza la crudeltà, l’inutilità, il sistema opaco di gestione privatistica. Ho conosciuto centinaia di uomini e donne rinchiusi per il solo fatto di esistere, in nome di un arrogante diritto che cancella lo stato di diritto. Ho visto rivolte e disperazione, tentativi di suicidio e fughe, mobilitazioni antirazziste spesso poco gradite e comprese dai governi di ogni segno. Alla luce di questi 15 anni di storia ritengo, anche in nome del partito che rappresento, necessario addivenire alla chiusura immediata di tali centri e ad una ridefinizione radicale delle leggi che riguardano l’immigrazione.”

Stefano Galieni – Responsabile Nazionale Immigrazione Prc

L’attività di sensibilizzazione e azione sulla situazione dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), giunta al culmine delle attività nel primo semestre dell’anno 2012 sull’intero territorio italiano ed europeo, anche grazie alle campagne LasciateCIEn-trare e Open Access Now, ha costantemente rafforzato il lavoro di denuncia grazie all’attività di comunicazione e a momenti di confronto con la cittadinanza.

European Alternatives, come promotore insieme a Migreurop della campagna europea Open Access Now e tra le associazioni parte della campagna italiana LasciateCIEntrare, ha organizzato nel corso del 2012 tre momenti pubblici nei quali tale confronto ha potuto trovare spazi e forme di realizzazione concreta.

Il primo appuntamento è stato il forum “Quali alternative ai CIE? Prospettive e proposte”, tenutosi a Bologna in Sala Borsa il 10 Maggio 2012 nell’ambito del percorso “People Power Partici-pation”, un progetto transnazionale che si compone di una serie di consultazioni cittadine in tutta Europa atte a promuovere la partecipazione democratica e il dialogo tra cittadini europei. Tale forum è stato realizzato in collaborazione con l’Associazio-ne Giù le frontiere – Rete Primo Marzo, ha ottenuto il patrocinio della Commissione europea, della Regione Emilia Romagna, della Provincia di Bologna e del Comune di Bologna e ha visto

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“1998-2011: diritti violati, detenzioni arbitrarie, atti di autolesionismo, tentativi di suicidio. Il sistema di detenzione amministrativa è stato ed è soprattutto questo. Ciò mentre solo il 46% dei migranti detenuti nei CPTA e nei CIE è stato effettivamente rimpatriato. Se una norma resta in vigore nonostante la sua applicazione non garantisca gli obiettivi identificati dal legislatore e lasci spazio a gravi violazioni dei diritti umani, significa che nel sistema democratico si è aperta una falla profonda.”

Grazia Naletto – Presidente di Lunaria

“Abbiamo aderito e sostenuto con convinzione la Campagna LasciateCIEntrare perché consapevoli dell'importanza di fare luce su un sistema che riteniamo da superare. Ci impegniamo affinché la prossima legislatura ponga come priorità nell'agenda di governo una sostanziale riforma della legge sull'immigrazione e di accoglienza sul territorio italiano. La Campagna LasciteCIEntrare ha il merito di aver mantenuto alta l'attenzione su un tema che altrimenti sarebbe caduto nell'oblio.”

Monica Cerutti – Responsabile Nazionale Diritti Cittadinanza Sinistra Ecologia Libertà

l’adesione di oltre 35 organizzazioni della società civile, facol-tà universitarie e cooperative sociali e la partecipazione di un centinaio di singoli cittadini, studenti e operatori sociali. Le di-verse sessioni che hanno composto il Forum hanno affrontato i molteplici aspetti legati al più generale fenomeno migratorio. Alcuni temi chiave sono stati poi approfonditi nell’ambito di ta-voli tematici di discussione, anticipati e seguiti da un momento collettivo di confronto diretto, nel quale i partecipanti hanno avuto l’opportunità di presentare le proprie proposte per supe-rare la pratica della detenzione amministrativa.

Il mese successivo il panel “Cittadinanza, detenzione, e con-vergenza europea sulle alternative ai CIE” è stato incluso nel programma dell’evento “Agorà Transeuropa” tenutosi al Teatro Valle di Roma il 2 e 3 giugno, a conclusione del Transeuropa Fe-stival, organizzato da European Alternatives in 14 città europee. In questa occasione l’ampia partecipazione di rappresentanti da molte diverse città europee ha permesso di portare la di-scussione su un’arena propriamente transnazionale.

L’ultimo incontro pubblico del 2012 su questo tema è sta-to organizzato nella metà del mese di novembre, questa volta presso l’Ufficio d’informazione in Italia del Parlamento europeo. In questa sede, il convegno “Il Sistema CIE e la violazione dei diritti umani”, promosso in collaborazione con la Rappresentan-

za italiana della Commissione europea, è stato ospitato come evento conclusivo della settimana “L’Europa per i diritti umani” legata all’assegnazione del “Premio Sakharov 2012 per la libertà di pensiero”. Nel corso di quest’incontro numerosi relatori hanno presentato le relazioni di un lavoro intenso che li ha visti impe-gnati nel corso degli ultimi mesi, senza trascurare un rinnovato impegno nel proseguire con le attività di ricerca, monitoraggio e denuncia delle situazioni di grave e persistente violazione dei diritti fondamentali e della dignità umana che sono state rileva-te nei centri di detenzione nel corso delle visite.

Sempre più intensa è la collaborazione con istituzioni univer-sitarie internazionali con sede in Italia e con università e orga-nizzazioni attive in altri paesi europei. In particolare, nel corso dei tre convegni è stato possibile presentare in corso d’opera lo studio condotto dal gruppo di ricerca “CIE Research Project” nell’ambito dello Human Rights and Migration Law Clinic Pro-gramme attivo presso l’International University College di To-rino (IUC). Tale ricerca, i cui risultati sono sinteticamente pre-sentati anche nella presente pubblicazione, costituisce ora una base per analisi ancor più dettagliate, rispetto alle situazioni dif-fuse sull’intero territorio italiano ed europeo, congiuntamente al capillare lavoro di mappatura che Migreurop realizza sin dal 2003 e che alimenta oggi la campagna Open Access Now.

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FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana / Art. 21 / Primo Marzo / European Alternatives / CGIL / A Buon Diritto / Class Action Procedimentale / Lunaria / Associazione Antigone / FCEI – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia / Casa Internazionale delle Donne / Associazione Giù le Frontiere / Associazione Interculturale DAWA / Istituto Italiano Fernando Santi / Misna – Minori Stranieri non Accompagnati / Tenda per la Pace e i Diritti / Progetto Melting Pot Europa / ESC Infomigrante / Archivio Memorie Migranti / UCPI e Osservatorio Carcere UCPI / CNCA – Coordinamento Nazionale delle Comunità d'Accoglienza / ZaLab / Corriere Immigrazione / Progetto Diritti Onlus / Osservatorio Migranti Basilicata / Libertà e Giustizia / International University College of Turin / ARCI / Raffaella Cosentino / Stefano Galieni / Gabriella Guido / Fulvio Vassallo Paleologo / Alessandra Ballerini / Alessio Genovese / Tana De Zulueta / Flore Murard-Yovanovitch / Gabriele Del Grande / Stefano Liberti / Francesca Koch / Mauro Palma / Mario Badagliacca / Dagmawi Yimer / Davide Lessi / Sandro Medici / Luigi Paccione / Nicola Montano / Stefania Ragusa / Avv. Arturo Salerni / Avv. Mafrio Angelelli / On. Sandra Zampa / Prof. Luca Guzzetti, Università di Genova / Fabrizio Gatti / Fabio Geda / Nando Dalla Chiesa / Ugo Mattei

SEL SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’ / RIFONDAZIONE COMUNISTA / PARTITO RADICALE / Luigi De Magistris Sindaco di Napoli / Nicola Fratoianni Assessore Regione Puglia

Hanno inoltre aderito:Erri De LucaDaniele VicariAscanio Celestini

Hanno aderito alla Campagna LasciateCIEntrare

“Ognuno dovrebbe secondo me, almeno una volta nella vita, visitare un luogo di detenzione (in generale) perché la detenzione non si può raccontare, quindi credo sia un’esperienza che tutti dovremmo fare. Ma la visita di un CIE ha un impatto ancora più violento di un luogo di detenzione classico come può essere una prigione, perché chi subisce la detenzione amministrativa spesso non capisce neanche perché tutto ciò gli sta accadendo e, se è vero che la pena detentiva deve avere una funzione educativa, la detenzione nei CIE diventa per forza diseducativa.”

Chiara Tamburini – Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo

Mappa europea dei centri di detenzione per migranti stilata da Migreurop. Disponibile online sul sito di www.migreurop.org

Per un elenco aggiornato delle adesioni, si veda: www.lasciatecientrare.itPer contattare la Campagna LasciateCIEntrare, scrivete a [email protected]

CIVIL SOCIETY

Ogni anno in Europa migliaia di migranti sono rinchiusi in centri di detenzione, fino a diciotto mesi, unicamente perché non possiedono un permesso di soggiorno, senza aver commesso alcun reato. La società civile europea spesso non conosce l’esistenza di quei luoghi segreti, ma diffusi su tutto il territorio dell’Unione europea, dove si verificano continue e sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali, nonché delle convenzioni europee e internazionali. La Campagna LasciateCIEntrare, in partenariato con European Alternatives, ha per obiettivo di rompere il muro di silenzio che circonda quei luoghi oggetto di censura e di informare i cittadini di cosa avviene in loro nome e con i loro contributi. Questo pamphlet raccoglie alcuni risultati della campagna e porta avanti proposte concrete per una nuova politica dell’immigrazione.