L’utilizzo di acido acetilsalicilico associato o meno a...

34
1

Transcript of L’utilizzo di acido acetilsalicilico associato o meno a...

1

L’utilizzo di acido acetilsalicilico associato o meno a clopidogrel riduce il rischio di eventi cardio- e cerebrovascolari in profilassi sia secondaria sia primaria.L’utilizzo di acido acetilsalicilico associato o meno a clopidogrel aumenta il rischio di emorragie gastrointestinali.Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono in grado di ridurre il rischio di emorragie gastrointestinali.

Gli IPP potrebbero ridurre l’efficacia (interazione negativa) di clopidogrel sul rischio cardiovascolare.

2

Solo le buone domande possono ottenere buone risposte. La qualità della domanda è un presupposto della risposta.

3

Le evidenze (prove sperimentali) coprono un’area limitata della pratica clinica.Solo raramente le decisioni e le scelte possono essere guidate da evidenze di alta qualità.

4

Il numero di riviste scientifiche mediche è molto elevato (più di 120), con un numero di articoli pubblicati per anno superiore a 60.000. Tale quantità di informazione è difficile da gestire da parte del clinico. Una soluzione è quella adottata dall’American College of Physicians Journal Club (supplemento mensile di Annals of Internal Medicine): 3000 studi vengono selezionati in base alla correttezza metodologica (primo filtro), e tra questi ne vengono scelti 25 in base alla rilevanza clinica. La ridondanza delle informazioni viene affrontata con due filtri che consentono di proporre un numero realistico di studi che ogni clinico dovrebbe leggere ogni anno.

5

Le evidenze o prove sperimentali hanno un valore diverso a seconda della modalità con cui sono ottenute (piramide a sinistra). In caso di metodologia rigorosa la probabilità che i risultati siano smentiti da nuovi studi è minore. Evidentemente la dimostrazione ottenuta con una metanalisi o da un trial randomizzato controllato è più solida dei suggerimenti di esperti o di singole esperienze non controllate.Anche il tipo di risultato può avere valore diverso (piramide a destra). È ovviamente più rilevante ottenere la riduzione della mortalità piuttosto che ridurre un fattore di rischio. Anche ottenere una diagnosi precisa di per sé non ha un gran valore, a meno che ciò comporti un possibile miglioramento della prognosi grazie al trattamento appropriato.

6

La definizione di un problema come semplice, complesso o caotico dipende dai livelli di incertezza (dei dati disponibili) e disaccordo (sulle soluzioni possibili al problema tra coloro che lo devono affrontare). Ponendo sull’asse orizzontale il livello (variabile da zero a uno) di incertezza e sull’asse verticale il livello (variabile da zero a uno) di disaccordo, è possibile definire tre aree: semplicecorrisponde a bassi livelli di entrambe le variabili, caotica ad alti livelli e complessa a livelli intermedi.

7

Nella pratica clinica problematiche semplici possono essere affrontate e risolte con efficacia ed efficienza tramite la definizione di linee guida, percorsi diagnostico-terapeutici o anche utilizzando i risultati di trial randomizzati controllati (RCT).

Quando il livello di incertezza è più alto, come pure il disaccordo tra gli operatori, e quindi il problema è definibile come complesso, è necessario ricorrere a soluzioni individualizzate che non possono semplicemente e automaticamente derivare da regole generali o dal trasferimento di altre esperienze, per quanto metodologicamente corrette come gli RCT. Occorre bilanciare per ogni scelta o decisione le evidenze generali (e generiche) disponibili con le caratteristiche peculiari, proprie del singolo paziente. Di fronte a situazioni caotiche non sono proponibili soluzioni se non quella di cercare di ridurre incertezza e disaccordo a livelli inferiori (complessi) e quindi affrontabili.

8

Il percorso decisionale clinico può essere rappresentato come una progressiva riduzione dell’incertezza. Con la diagnosi si definisce la probabilità che il paziente abbia una malattia. La gravità clinica e la prognosi dimostrano un’ampia variabilità (spettro di malattia). La risposta al trattamento di una malattia dipende dalla probabilità di esserne affetto: quanto più la diagnosi è fondata tanto più saranno evidenti i benefici. Viceversa se la diagnosi è improbabile i danni del trattamento saranno maggiori dei possibili vantaggi.

9

La diagnosi può essere rappresentata come un nodo decisionale, in quanto corrisponde alla probabilità di essere affetto da una malattia per cui è possibile decidere se trattare o meno il paziente.

Nell’esempio sono proposti due possibili trattamenti, ciascuno associato a una diversa probabilità di risposta.

10

Il trattamento viene rappresentato come un nodo casuale, nel senso che gli esiti del trattamento dipendono dal caso. Non è possibile prevedere per il singolo paziente la risposta al trattamento; può essere definita la probabilità di risposta. Quindi la scelta tra due trattamenti è in realtà una scelta tra due probabilità di risposta.

11

Per i problemi definiti nella slide 1, decidere se associare gli IPP alla doppia antiaggregazione (acido acetilsalicilico + clopidogrel) per ridurre il rischio di emorragia digestiva valutando una possibile interferenza negativa degli IPP sull’efficacia di clopidogrel. Le evidenze disponibili derivano da trial randomizzati controllati (RCT) o studi osservazionali.

12

La pratica clinica è fatta di singoli pazienti che hanno probabilità di risposta al trattamento variabili (eterogeneità della risposta). Il risultato medio fornito dagli studi è un’approssimazione spesso eccessiva. Quando disponibili, le metanalisiforniscono un dato più preciso (con intervalli di confidenza meno ampi) ma la cui trasferibilità al singolo individuo rimane problematica.

13

Mentre per la diagnosi e la valutazione prognostica l’utilizzo dell’approccio probabilistico è comune (il regno della probabilità), la valutazione dell’efficacia del trattamento viene spesso spacciata come obiettivamente misurabile (l’impero della certezza). In realtà la risposta individuale non è prevedibile con certezza e la soluzione di una “pillola” che funzioni per tutti è improponibile, come lo sarebbe una taglia unica per i capi d’abbigliamento.

14

Il problema del singolo paziente va interpretato e le ipotesi diagnostiche hanno diversa probabilità. Alla fine si arriva a un livello di probabilità della diagnosi: l’incertezza è massima al centro, per le probabilità intermedie, e minima in caso di probabilità <10% o >90%.

15

Una volta attribuita al paziente la (probabilità della) diagnosi, viene definita la prognosi e, quando possibile, la probabilità di risposta al trattamento. Per livelli di probabilità bassi (forme lievi di malattia) il trattamento potrebbe produrre più danni che benefici, viceversa i benefici del trattamento dovrebbero prevalere sui possibili danni in caso di alta probabilità diagnostica e di elevata gravità della malattia. Talora però la probabilità di risposta al trattamento è più bassa proprio nelle forme più severe: l’efficacia del trattamento diminuisce quando è più utile.

16

Gli studi clinici ci forniscono risultati medi che è necessario provare a individualizzare per il singolo paziente.

17

Le evidenze di maggior livello qualitativo sono quelle prodotte dagli RCT. Un RCT è un esperimento che deve essere condotto con rigore massimizzando l’omogeneità e riducendo il numero di variabili in esame. Tale rigore nel disegno, pianificazione e conduzione dello studio rappresenta la validità interna.

La validità esterna è invece la capacità di riprodurre il contesto reale con la molteplicità delle variabili (ad es., la comorbilità) minimizzando la selezione dei pazienti.

18

La validità interna è un presupposto per la generalizzabilità dei risultati e la loro trasferibilità o applicabilità nel contesto clinico. D’altra parte però i risultati sono tanto meno trasferibili quanto più nello studio i pazienti sono stati resi omogenei con la selezione. Quindi, quanto maggiore è la validità esterna di uno studio tanto maggiore sarà la trasferibilità dei risultati. È necessario pertanto un compromesso.

19

Il trial randomizzato controllato è un ottimo esperimento, ma una scadente indagine di rilevazione, scarsamente rappresentativa. I risultati hanno validità interna ma la loro trasferibilità in contesti clinici è limitata.

20

Lo studio osservazionale garantisce un’eccellente indagine di rilevazione, è in grado di rappresentare adeguatamente le molteplici caratteristiche dei pazienti, ma come esperimento non è in grado di fornire risultati validi, per la difficoltà ad annullare i fattori confondenti.

21

I trial randomizzati controllati sono uno strumento adeguato per definire i possibili benefici di un trattamento. Grazie all’allocazione casuale ottenuta con la randomizzazione è possibile evitare che i pazienti che ricevono il trattamento in esame siano diversi da quelli che non lo ricevono. Negli studi osservazionaliinvece l’effetto della selezione prescrittiva compromette la comparazione: infatti è impossibile annullare l’effetto confondente dell’indicazione al trattamento (confounding by indication).

22

Gli RCT non sono uno strumento adeguato per individuare e riportare gli eventi avversi dovuti al trattamento. Ad esempio l’aumento dei sanguinamenti gastrointestinali associato all’uso concomitante di inibitori del reuptake della serotonina (SSRI) e di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) non è stato individuato dai pur numerosi RCT con questi farmaci, ma solo da una metanalisidi studi osservazionali dimostrandone una frequenza non bassa (il numero necessario di pazienti per avere un danno, in questo caso emorragia gastrointestinale, è 100. NNH = 100).

Inoltre la qualità del reporting degli eventi avversi negli RCT è in genere bassa e in una rilevante parte degli studi non viene nemmeno programmata.

23

Le reazioni avverse al trattamento non possono essere conosciute prima e quindi non è possibile anticiparle. Anche quando siano state riconosciute non è possibile prevedere la loro manifestazione per il singolo paziente.

La loro frequenza è in genere bassa, >1/1000 pazienti, pertanto il campione necessario per riconoscerle deve essere particolarmente ampio, almeno pari a tre volte la loro frequenza, quindi almeno >3000.

24

Come per le evidenze, anche per i risultati degli studi esiste una gerarchia di valori (rappresentata nella piramide dei risultati). Spesso, per ridurre il tempo di follow-up e la numerosità del campione, gli studi vengono condotti per misurare risultati surrogati, che dovrebbero essere strettamente correlati e saper predire quelli più rilevanti clinicamente. In realtà non sempre il cambiamento di un fattore di rischio, il miglioramento del risultato di un test o la riduzione di un segno o sintomo si accompagnano a una prognosi migliore. Al contrario, vi sono numerosi esempi in cui il miglioramento dell’indicatore surrogato si accompagna a un incremento della mortalità, o comunque a un peggioramento clinico.

25

Proseguendo il discorso dalla slide precedente, in ogni caso il valore di un risultato dipende dalle preferenze del singolo paziente, in base alla sua personale gerarchia di valori, che non sempre coincide con quella del medico.

26

Nello studio viene dimostrata la differenza delle preferenze tra i pazienti e i medici curanti. Pur di prevenire un ictus i pazienti sono disposti a tollerare un livello di rischio di sanguinamento gastrointestinale molto più alto dei medici. Per i pazienti l’evenienza ictus è considerata molto più dannosa di un’emorragia gastrointestinale; per i medici invece i due eventi sono quasi simili.

27

In questo studio viene analizzata la diversa importanza nei vari componenti della definizione di qualità di vita, in caso di sclerosi multipla. Per il paziente lo stato mentale e la vitalità sono molto più rilevanti di misure di funzionalità fisica a cui i curanti sembrano invece dare più peso.

28

Non è possibile definire il valore di un risultato senza tenere conto delle preferenze del paziente. In taluni casi il valore di un risultato è ovvio, come per una guarigione completa, ma anche l’allungamento della sopravvivenza o la morte evitata di per sé non sono sempre un valore assoluto. Le preferenze variano a seconda della qualità della vita, in base a criteri individuali e del tutto personali.

29

È una metodologia che può essere di supporto nelle decisioni cliniche, definendo la scelta migliore che riesca a soddisfare le preferenze del paziente e abbia maggiore probabilità di realizzarsi. Tiene dunque conto delle preferenze del paziente espresse quantitativamente con una misura numerica (utilità) e di valutazioni delle probabilità di ottenere i risultati. Le valutazioni soggettive del paziente sono inserite in una rappresentazione schematica (albero decisionale) probabilistica di eventi clinici e delle loro probabilità.

30

Il medesimo trattamento ottiene risultati estremamente variabili (eterogeneità della risposta al trattamento). I principali fattori sono: il diverso grado di severità della malattia e la sua prognosi in assenza di trattamento, la diversa suscettibilità individuale al trattamento, sia per il conseguimento dei benefici sia per i possibili eventi avversi, e la forza delle preferenze individuali per i risultati (utilità).

Nella popolazione la variabilità è ancora maggiore di quanto stimabile nel campione oggetto dello studio.

Dell’inevitabile approssimazione delle stime di tali fattori si deve tener conto nell’analisi decisionale.

31

La doppia antiaggregazione (acido acetilsalicilico e clopidogrel), specie in particolari contesti (stent medicati), è particolarmente efficace nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, anche se determina un incremento del rischio di emorragie gastrointestinali.

32

L’aggiunta degli IPP riduce il rischio di emorragie gastrointestinali ma potrebbe ridurre l’effetto protettivo cardiovascolare. È corretto scegliere di aggiungere gli IPP se si ritiene che la possibile riduzione del danno gastrointestinale sia maggiore della possibile riduzione del beneficio cardiovascolare.

33

Per potere fare la scelta migliore è necessario cercare di definire con la migliore approssimazione una stima dei seguenti elementi: - efficacia della doppia antiaggregazione per la condizione clinica del paziente

- rischio di emorragia gastrointestinale - utilità (preferenze del paziente per i diversi risultati: evento cardiovascolare o gastrointestinale)- riduzione del rischio emorragico gastrointestinale a seguito dell’assunzione di IPP- riduzione del rischio cardiovascolare a seguito dell’assunzione di IPP

34