L’uso del vaccino anti epatite A in Italia · nei gruppi a rischio e in caso di epidemia ......

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L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Sicurezza, efficacia, indicazioni d’impiego nei gruppi a rischio e in caso di epidemia DOCUMENTO D INDIRIZZO DOCUMENTO 3 maggio 2002 Programma nazionale per le linee guida ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

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L’uso del vaccino anti epatite A in ItaliaSicurezza, efficacia, indicazioni d’impiego nei gruppi a rischio e in caso di epidemia

DOCUMENTO D’INDIRIZZO

DOCUMENTO 3maggio 2002

Programma nazionaleper le linee guida

ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ

Nota per gli utilizzatori

I documenti di indirizzo del Programma nazionale linee guida (PNLG) contengono sintesicritiche delle prove di efficacia, sicurezza e impatto degli interventi sanitari. Lo scopo è di mettere in grado amministratori e operatori sanitari di compiere scelte appropriate su presidi preventivi, terapie farmacologiche, procedure diagnostiche,cliniche e organizzative.I documenti di indirizzo si differenziano dalle linee guida in quanto non contengonoraccomandazioni graduate sulla forza delle prove, ma suggerimenti per l’attuazione di interventi che devono essere valutati nel contesto decisionale locale. Questi documenti vengono prodotti in alternativa alle linee guida nei casi in cui siverifichino una o più delle seguenti condizioni:• le prove disponibili sono scarse;• le prove disponibili sono di qualità variabile;• vi è notevole incertezza sui criteri applicativi degli interventi;• la realtà sanitaria analizzata presenta caratteristiche epidemiologiche, geografiche o socioeconomiche fortemente eterogenee.

Progetto finanziato nell’ambito del programma «Percorsi diagnostico-terapeutici» dell’Istituto superiore di sanità.

PNLG3L’uso del vaccino

anti epatite A in Italia

DOCUMENTO D’INDIRIZZO

Data di pubblicazione: maggio 2002Data di aggiornamento: maggio 2004

RedazioneChiara Cecchi, Zadig, Milano

Progetto graficoChiara Gatelli

ImpaginazioneGiovanna Smiriglia

StampaArti Grafiche Passoni srl, Milano

PresentazioneQuesto documento nasce come aggiornamento di una conferenza di consenso sell’epatite Ae sull’uso del vaccino tenuta all’Istituto superiore di sanità nel 1995. I quesiti a cui in-tende rispondere prendono spunto da dati epidemiologici nazionali e rapporti degli orga-ni preposti al controllo dell’infezione, e riguardano i possibili gruppi a rischio, i focolai epi-demici, l’uso della profilassi nella postesposizione. L’attuale versione si è arricchita di unarevisione sistematica sull’efficacia e sicurezza del vaccino e di una analisi economica checonfigura diversi scenari nel contesto italiano. L’elaborazione del documento, secondo unametodologia ormai consolidata, ha visto la collaborazione di un gruppo di esperti e il coin-volgimento attivo di rappresentanti delle società scientifiche rappresentative dei temi af-frontati. Esso è rivolto principalmente a clinici e operatori di sanità pubblica che si tova-no nella condizione di dover decidere una strategia di intervento in caso di epidemia, op-pure di suggerire l’uso del vaccino a persone che per motivi diversi potrebbero essere poten-zialmente a rischio di contrarre l’infezione. Inoltre, una versione per i cittadini-utenti saràa disposizione degli interessati sul sito Internet del PNLG.

3Presentazione

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

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PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

AUTORIBrunella Adamo, epidemiologa, ASL Napoli 1Piero Luigi Almasio, epatologo, Università di Palermo Pietro Amoroso, infettivologo, AO Cotugno, NapoliEmanuela Carniglia, economista, ASL 20 AlessandriaRosalia Cirrincione, sociologa, Istituto superiore di sanitàRosa Cristina Coppola, igienista, Università di CagliariPaolo D’Argenio, epidemiologo, Istituto superiore di sanitàVittorio Demicheli, epidemiologo, ASL 20 AlessandriaElisabetta Franco, igienista, Università di Roma «Tor Vergata»Stefania Fucci, economista, ASL 20 AlessandriaGiovan Battista Gaeta, infettivologo, Università di Napoli Giovanni Gallo, igienista, Regione VenetoCristina Giambi, igienista, Università di Roma «Tor Vergata»Rita Ialacci, igienista, Università di Roma «Tor Vergata»Alfonso Mele, epidemiologo, Istituto superiore di sanitàGloria Taliani, infettivologa, Università di Firenze Alessandro Zanetti, virologo, igienista, Università di Milano

COMITATO DI REDAZIONET.O. Jefferson, A. Mele, R. Cirrincione, E. Bianco, L. Sagliocca, V. Wenzel, Istituto superiore di sanità, Progetto «Percorsi diagnostico-terapeutici»

REFEREES. Corrao, epidemiologo, AO Civico e Benefratelli, Palermo C.M. Maffei, igienista, AO Umberto I, AnconaT. Stroffolini, epatologo, Istituto superiore di sanità

COLLABORATORI/ESPERTIA. Tozzi, pediatra, epidemiologo, Istituto superiore di sanitàM.G. Pompa, igienista, Ministero della saluteM. Rapicetta, virologa, Istituto superiore di sanitàG. Gentili, immunologo, Istituto superiore di sanità

SOCIETA’ SCIENTIFICHE RAPPRESENTATEN. Caporaso, Società italiana di gastroenterologia e Ass. italiana per lo studio del fegatoA. Moiraghi, Società italiana di igieneR. Piazzolla, Federazione italiana medicina pediatricaF. Piccinino, Società italiana di malattie infettive e tropicaliA. Rossi, Società italiana di medicina generaleF. Tancredi, Società italiana di pediatria

IndiceRiassunto pag 7Introduzione » 9Metodi » 9Epidemiologia dell’infezione da virus dell’epatite A in Italia » 10Efficacia e sicurezza del vaccino » 11Modello economico-decisionale » 12Possibili gruppi a rischio » 13• Viaggiatori » 13• Militari » 14• Personale sanitario » 14• Addetti allo smaltimento rifiuti » 14• Alimentaristi » 14• Personale asili nido » 15• Soggetti istituzionalizzati con handicap mentali » 15• Politrasfusi » 15• Emofiliaci » 15• Tossicodipendenti » 16• Omosessuali » 16• Detenuti » 16• Soggetti HIV sieropositivi » 16• Epatopatici cronici » 17Interventi in corso di epidemia in base a 3 diversi scenari

epidemiologici » 17Profilassi postesposizione » 18Indicatori di monitoraggio e verifica » 19Notifica di casi di epatite A » 19Avvertenza » 19Glossario » 20Appendice. Valutazione economica

della vaccinazione anti epatite A » 21Sintesi delle principali prove disponibili » 35Bibliografie » 75

5Indice

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

RiassuntoL’epatite A è una malattia infettiva acuta causata dall’infezione del virus HAV. Una vol-ta contratto il virus, la persona infettata non presenta subito i sintomi della malattia, cheha un tempo di latenza mediamente di 28 giorni. Quando è sintomatica, l’epatite A simanifesta in modo aspecifico, con sintomi di malessere generale, fatica, dolori articola-ri, febbre, e una fase conclamata di ittero. Il virus HAV si contrae in seguito a ingestionedi cibo contaminato, viaggi in aree ad alta endemia e contatti con soggetti itterici. Ladiagnosi consiste nella determinazione degli anticorpi anti-HAV della classe IgM.Il presente documento d’indirizzo è stato elaborato in seguito alle tematiche discussedurante la conferenza di consenso tenutasi nel 1995 presso l’Istituto superiore di sanitàsull’utilità della vaccinazione anti-HAV di massa o dei gruppi ritenuti a rischio di infe-zione. Il documento discute l’epidemiologia, l’efficacia e la sicurezza del vaccino, il suoutilizzo nel controllo delle epidemie, e la valutazione economica del suo impiego nellavaccinazione di massa e nella profilassi postesposizione. Scopo del presente documento è fornire raccomandazioni e suggerimenti su come evi-tare il contagio da HAV, su come comportarsi nei confronti della vaccinazione preven-tiva, e su come procedere in caso di contrazione del virus. Si tratta di raccomandazio-ni comportamentali, stabilite sulla base di un processo di revisione sistematica della let-teratura e di pareri da parte di esperti nel settore.•Epidemiologia: si registra una riduzione dei casi e dell’incidenza da 10 casi (1985) a

3 casi per 100.000. •Efficacia del vaccino: per prevenire l’epatite A, il vaccino mostra un’efficacia protetti-

va pari all’86%.•Strategia vaccinali a confronto: alla luce di una valutazione di tipo economico, il do-

cumento suggerisce la vaccinazione di massa solo in presenza di situazioni epidemi-che, mentre conferma l’utilizzo di routine della vaccinazione dei contatti.

•Possibili gruppi a rischio: dall’analisi di 14 potenziali gruppi più esposti il documen-to suggerisce di vaccinare i viaggiatori (solo se si recano in paesi ad alta endemia), co-sì come i militari, gli addetti allo smaltimento rifiuti, gli emofiliaci, i soggetti istitu-zionalizzati con handicap mentali (a seconda dei contesti), i tossicodipendenti, i de-tenuti, gli epatopatici cronici.

•Terapia dell’epatite A: per quanto riguarda la terapia in caso di infezione, o profilassipostesposizione, due sono i presidi a disposizione: immunoglobuline e vaccino. Il do-cumento ne analizza i rispettivi vantaggi e raccomanda la somministrazione di immu-noglobuline entro 14 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice, e intervento convaccino entro 8 giorni dall’esposizione. Con una preferenza per il vaccino.

7Riassunto

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

IntroduzioneArgomento, scopi e destinatari Con questo documento l’Istituto superiore di sanità intende fornire suggerimenti sul-l’uso del vaccino epatite A (HAV) in Italia in corso di epidemie e in contesti specifici diprevenzione primaria.Dopo aver analizzato l’epidemiologia dell’epatite A in Italia e i dati relativi a efficacia esicurezza del vaccino, il documento confronta costi e benefici di due diverse strategievaccinali (di massa e dei contatti). Si passa quindi all’analisi dei possibili gruppi a rischioper suggerire, per ciascuno di questi, l’opportunità di un eventuale intervento di pre-venzione primaria e di vaccinazione immediata in caso di epidemia.Al documento di indirizzo seguono:! un’appendice di approfondimento sulla valutazione economica comparata delle due

diverse strategie vaccinali;! la sintesi delle principali prove disponibili;! le bibliografie.Il documento è rivolto rivolto a tutti gli operatori coinvolti nell’uso del vaccino (ope-ratori dei servizi di sanità pubblica e in particolare dei dipartimenti di prevenzione, me-dici di medicina generale e pediatri di libera scelta, direzioni delle aziende sanitarie eopinione pubblica). E’ prevista una versione divulgativa per i cittadini finalizzata ad au-mentare le conoscenze e l’autonomia nella decisione d’uso del vaccino.

MetodiSecondo la metodologia seguita dal Programma nazionale per le linee guida (PNLG),il documento viene elaborato attraverso i seguenti passaggi:! individuazione di un gruppo multidisciplinare di esperti che comprenda tutte le com-

petenze e le esperienze utili alla elaborazione del documento. Attraverso la consul-tazione con gli esperti si individuano i quesiti specifici clinici e organizzativi ai qua-li è chiesto di dare risposta;

! elaborazione di una strategia di ricerca che permetta di reperire le prove scientifichedisponibili in letteratura;

! valutazione delle prove scientifiche che seguono alla revisione rapida;! sintesi dei dati derivanti dagli studi presi in esame;! trasformazione di tali prove in suggerimenti (si ricorda che il documento di indiriz-

zo non dà raccomandazioni ma offre suggerimenti e consigli);! redazione del documento secondo i criteri già esposti nel Manuale metodologico;! aggiornamento periodico del documento.

9Introduzione

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Nel 1995 si è tenuta presso l’Istituto superiore di sanità una conferenza di consenso sulpossibile utilizzo del vaccino anti-HAV con l’obiettivo di definire l’utilità di una strate-gia di vaccinazione di massa o di gruppi ritenuti a rischio di infezione. L’elaborazionedel presente documento riprende i temi della consensus conference e la completa, con l’at-tiva collaborazione dei rappresentati delle società scientifiche, trattando la questione del-l’efficacia e sicurezza del vaccino, l’uso del vaccino per il controllo delle epidemie e lavalutazione economica del suo impiego in due diversi scenari quali quelli della vaccina-zione di massa e della profilassi post esposizione.La ricerca delle prove relative ai quesiti clinico-organizzativi sull’efficacia degli interventinei diversi contesti è stata effettuata ricercando i trial clinici disponibili su varie banchedati. Per il vaccino sono stati consultati i seguenti database: The Cochrane ControlledTrial Register (Issue 4-2001); Medline (1966-Dic 2001 inclusi); Embase (1974-2001inclusi); SciSearch (Science Citation Index 1974-2001 inclusi); PubScience (1974-2001inclusi) con la seguente combinazione di termini: (HEPATITIS-A-VACCINES or HE-PATITIS-A or hepatitis A) and (VACCINES-ATTENUATED or VACCINES-INAC-TIVATED or explode VACCINES or VACCINATION or explode IMMUNIZATIONor vaccin* or immuni* or inoculat*).E’ stata altresì condotta una ricerca bibliografica sulle stesse banche dati di prove di ef-ficacia delle immunoglobuline.Sono inoltre stati contattati tutti i produttori del vaccino per individuare eventuali altritrial non pubblicati. I metodi utilizzati per il modello economico seguono quelli indicati dalla check-list delBritish Medical Journal,1 che propone una struttura per la conduzione e il reporting del-le valutazioni economiche. La check-list è stata validata in contesti economici e meto-dologici differenti e rappresenta l’unico strumento del suo genere al mondo.Per la valutazione della vaccinazione delle categorie a rischio, in assenza di trial, sonostati utilizzati tutti gli studi non randomizzati disponibili per verificare l’utilità dell’in-tervento.

Epidemiologia dell’infezioneda virus dell’epatite A in ItaliaL’epatite A è una malattia infettiva virale acuta caratterizzata, quando sintomatica, daun periodo prodromico con sintomi aspecifici (malessere generale, fatica, dolori artico-lari, febbre ecc.) e una fase conclamata itterica.La diagnosi eziologica viene posta attraverso la determinazione degli anticorpi anti-HAVdella classe IgM. Nelle ultime decadi, l’epidemiologia dell’epatite A, in Italia, come de-

Epidemiologia10

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

sumibile dal sistema di sorveglianza SEIEVA, è mutata: assieme a una riduzione dei ca-si e dell’incidenza, passata dai 10 casi per 100.000 nel 1985 ai 3 casi per 100.000 nel1999, è stata osservata una riduzione di soggetti naturalmente immuni, con uno spo-stamento dell’età di massima incidenza della malattia sintomatica dall’infanzia all’età gio-vane adulta. Tale riduzione non è stata uniforme sul territorio nazionale né costante nel tempo: inalcune aree, la circolazione del virus è oggi scarsa mentre da alcune regioni si segnala-no ogni anno alcune centinaia di casi, e si riportano epidemie estese, la più importantedelle quali in Puglia negli anni 1996-1997.2

I fattori di rischio più frequenti in Italia sono il consumo di frutti di mare, i viaggi inaree ad alta endemia e i contatti con soggetto itterico. Quest’ultimo fattore è riportatoda circa il 15% dei casi notificati.3

Lo spostamento della suscettibilità all’infezione verso un’età più adulta comporta un au-mento di incidenza tra i giovani e gli adulti nei quali la malattia ha un’espressione cli-nica più grave. Inoltre le epidemie da virus dell’epatite A, talvolta di grandi dimensio-ni, determinano un notevole impatto sia sociale sia economico. Esistono tuttavia incer-tezze relativamente all’impiego del vaccino in interventi di prevenzione primaria e incorso di epidemie.

Efficacia e sicurezza del vaccinoLa revisione sistematica sull’efficacia e sicurezza del vaccino anti epatite A ha consenti-to di identificare complessivamente 7 studi. Per quanto riguarda l’efficacia nella pre-venzione dei casi di epatite A (con conferma di laboratorio) sono stati identificati 3 stu-di riguardanti il vaccino inattivato (1 in cui il vaccino è confrontato con placebo e 2 convaccino ricombinante anti epatite B come controllo). E’ stata analizzata una popolazionecomplessiva di 41.417 bambini. L’efficacia protettiva del vaccino è risultata pari all’86%(95% IC 63-95%).In nessuno dei trial riportati in altri studi sulla sicurezza del vaccino inattivato sono sta-te segnalate reazioni avverse gravi.4-9 L’impiego su più ampia scala del vaccino forniràmaggiore informazione sulla frequenza e gravità di reazioni avverse.In uno degli studi identificati viene utilizzato il vaccino inattivato per la prevenzionedei casi secondari (definiti come casi confermati in contatti familiari a oltre due set-timane dal caso primario), ed è stata analizzata una popolazione complessiva di 404soggetti giovani e adulti. L’efficacia protettiva del vaccino è risultata pari all’82% (95% IC 23-96%).10

11Efficacia

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Modello economico-decisionaleI benefici prevedibili della vaccinazione sono stati considerati in due diversi scenari, lavaccinazione di massa e la vaccinazione dei contatti (vedi anche Appendice pag. 21). Ilprimo scenario ha a sua volta due alternative:a) vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi (il vaccino è somministrato in con-temporanea al vaccino trivalente) e vaccinazione di tutti i dodicenni con un vaccino com-binato «epatite A+epatite B»;b) vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B» e vac-cinazione dei contatti dei casi acuti.Sono state utilizzate le stime di efficacia ottenute dalla revisione sistematica;11,12 in par-ticolare, per quanto riguarda l’efficacia nella prevenzione dei casi di epatite A (con con-ferma di laboratorio), l’efficacia protettiva del vaccino è stata assunta pari all’86% (95%IC 63-95%). Il vaccino inattivato per la prevenzione dei casi secondari, definiti comecasi confermati in contatti familiari a oltre 2 settimane dal caso primario, ha efficaciaprotettiva assunta pari all’82% (95% IC 23-96%).10

Strategia 1

Vaccinazione della popolazione di riferimento! Vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi in contemporanea al vaccino triva-

lente, e di tutti i dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»;! vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»;! si ipotizza una durata protettiva del vaccino compresa fra i 24 e i 47 anni;! efficacia del vaccino dell’86% (95% IC 63-95%) e riduzione annua dell’incidenza del

5% a partire dal settimo anno.

Conclusioni! I valori di costo per caso evitato e di costo netto per caso evitato sono risultati sem-

pre molto elevati;! il modello appare sensibile ai valori di incidenza e, in minima misura, ai valori del co-

sto per caso evitato;! nell’analisi di sensitività i costi si riducono solo utilizzando i valori di incidenza rile-

vati durante l’epidemia pugliese e i costi netti diventano molto bassi nel caso si scel-ga di vaccinare sia i nuovi nati sia i dodicenni, e addirittura negativi nel caso si scel-ga di vaccinare soltanto i dodicenni.

Dal punto di vista economico la vaccinazione di massa appare raccomandabi-le solo in situazioni epidemiche.

Modello economico-decisionale12

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PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Strategia 2

Vaccinazione dei contatti! Si vaccinano i contatti dei casi segnalati di HAV;! si considera un arco temporale di un anno cercando di valutare i costi evitabili deri-

vanti da questa strategia di vaccinazione;! efficacia del vaccino dell’82% (95% IC 23–96%);! numero di contatti per caso 2,77;! percentuale di casi evitabili 4,78.

Conclusioni! I valori di costo per caso evitato appaiono decisamente contenuti;! il modello è costruito secondo parametri derivati da un singolo studio, che sono in-

sensibili ai valori di incidenza presenti nella popolazione e che quindi potrebbe rive-lare problemi di generalizzazione;

! l’analisi di sensitività condotta secondo 2 scenari estremi non mostra variazioni rile-vanti del costo per caso evitato. I costi netti per caso evitato sono sempre negativimostrando, quindi, la presenza potenziale di un beneficio assoluto.

Dal punto di vista economico la vaccinazione dei contatti è senz’altro utilizza-bile come provvedimento di routine.

Possibili gruppi a rischio

Viaggiatori

Due rassegne di studi relativi all’incidenza o alla prevalenza di pregressa infezione diepatite A tra i viaggiatori13,14 mettono in evidenza il rischio di questa malattia tra co-loro che, provenendo da aree a bassa endemia, si recano in aree a elevata circolazionedi questo virus. Uno studio italiano caso-controllo condotto sui dati della sorveglian-za dell’epatite virale acuta (SEIEVA) conferma questo rischio e mostra un suo gradientein relazione al livello di endemicità dell’area di destinazione dei viaggiatori.15

La mappa delle aree secondo il livello di endemia, sviluppata dall’Organizzazione mon-diale della sanità, è accessibile sul sito: http://www.who.int/emc-documents/hepatitis/whocdscsredc20007c.html. La vaccinazione è suggerita per i viaggiatori che si recano in aree caratteriz-zate da elevata endemia.

Gruppi a rischio

Gruppi a rischio14

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Militari

Sebbene siano state descritte epidemie di epatite A durante le due guerre mondiali trai militari impegnati in operazioni belliche,16 non esistono prove che la vita militare diper sé sia un fattore di rischio per questa infezione.17

La vaccinazione è suggerita per i militari che si recano in servizio in aree a ele-vata endemia.

Personale sanitario

Studi di sieroprevalenza non dimostrano che il personale sanitario sia a maggior ri-schio di infezione rispetto alla popolazione generale.18,19

Epidemie di epatite A segnalate in ambito ospedaliero sono causate dalla mancata os-servanza delle comuni norme igieniche. Interventi di informazione/educazione all’osservanza delle misure di prevenzione nonimmunitarie hanno il vantaggio di essere aspecifici ed efficaci sulla trasmissione di tut-te le malattie a trasmissione oro-fecale.La vaccinazione non è suggerita.

Addetti allo smaltimento dei rifiuti

La segnalazione di focolai epidemici tra gli addetti allo smaltimento di rifiuti20-22 e il ri-scontro di prevalenza più elevata rispetto a gruppi di riferimento in tale categoria di sog-getti,23-29 suggeriscono un maggior rischio di infezione. La vaccinazione è suggerita.

Alimentaristi

Sebbene siano stati segnalati numerosi focolai epidemici di epatite A causati da cibo con-taminato, non esistono dati a supporto di un rischio maggiore di infezione per gli ad-detti alla preparazione e distribuzione di alimenti.30,31 La trasmissione di infezione a ope-ra di un alimentarista infetto è evitabile mediante l’osservanza delle comuni norme igie-niche (vedi anche personale sanitario).La vaccinazione non è suggerita.

15Gruppi a rischio

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Personale di asili nido

Sono stati descritti diversi focolai epidemici che hanno origine da asili nido e che han-no coinvolto anche il personale addetto.32-36 Non esistono comunque studi osserva-zionali o di sieroepidemiologia condotti con metodologia appropriata che mostrino com-plessivamente un rischio maggiore di contrarre l’epatite A da parte del personale che la-vora negli asili nido rispetto a gruppi di confronto.La vaccinazione non è suggerita.

Soggetti istituzionalizzati con handicap mentali

Esistono tre studi37-39 di sieroprevalenza di scarsa qualità che riportano un rischio diepatite A più alto nei soggetti istituzionalizzati. Questo argomento è poco studiato.L’indicazione alla vaccinazione può essere data a livello locale ed è legata allavalutazione della capacità della struttura di mantenere adeguati standard dinorme igieniche.

Politrasfusi

Gli studi non documentano un eccesso di rischio di epatite A associato a trasfusioni.40,41

La vaccinazione non è suggerita.

Emofiliaci

E’ stata documentata la trasmissione di epatite A in seguito a somministrazione di fat-tori della coagulazione (VIII/IX) che includono nel ciclo di produzione un solo trat-tamento di inattivazione virale basato sul metodo solvente/detergente.42 Tale metodoè inefficace per l’inattivazione di virus sprovvisti di envelope. Gli attuali metodi di pro-duzione prevedono l’applicazione di trattamenti aggiuntivi, quali trattamento al caloree filtrazione. Non sono stati descritti ulteriori casi di trasmissione di HAV. Tuttavia l’inattivazione/rimozione di virus sprovvisti di envelope rimane un argomento di studio.I fattori della coagulazione prodotti con metodologie di ricombinazione genica sonoesenti da rischio di trasmissione di HAV. Si suggerisce la vaccinazione per tutti i casi in cui non sia possibile garantireai pazienti trattamenti basati sull’esclusiva applicazione di prodotti derivati daricombinazione genica.

Gruppi a rischio16

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Tossicodipendenti

Descrizione di focolai epidemici, studi di sieroprevalenza e studi caso-controllo43-45

documentano un eccesso di rischio di epatite A per soggetti che fanno uso di sostan-ze stupefacenti. Vi è la prova che i tossicodipendenti presentano un rischio di contrarre l’epatite A mo-dicamente superiore rispetto alla popolazione generale dovuto a fattori socioeconomi-ci e alla promiscuità sessuale, oltre che allo scambio di siringhe e alla contaminazionedegli strumenti utilizzati per l’assunzione delle droghe.La vaccinazione è suggerita contestualmente alla vaccinazione per l’epatite B.

Omosessuali

Sono stati segnalati focolai epidemici tra omosessuali.46 Il rischio di contrarre l’infezio-ne è legato soprattutto alla promiscuità sessuale e alla frequentazione di dark rooms. Studi di sieroprevalenza non documentano però che gli omosessuali siano a rischio mag-giore di epatite A rispetto a gruppi di confronto.47

La vaccinazione non è suggerita.

Detenuti

Le carceri sono un ambiente in cui confluiscono diversi fattori di rischio quali la promi-scuità sessuale, l’uso di droghe e lo scarso livello igienico.48

La vaccinazione è suggerita.

Soggetti HIV sieropositivi

Non è provato che i pazienti HIV sieropositivi costituiscano una categoria a rischio; in-fatti la possibilità dei soggetti affetti da AIDS di contrarre l’epatite virale A non nascedalla loro condizione di immunodeficienza, bensì è legata all’appartenenza a categoriedi persone di cui è discusso il maggior rischio di esposizione all’HAV, cioè gli omoses-suali, i tossicodipendenti, i politrasfusi e gli emofilici.La vaccinazione non è suggerita.

17Interventi

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Epatopatici cronici

I soggetti con epatopatia cronica e cirrosi hanno mostrato un maggior rischio di com-plicanze anche se gli studi sono spesso di qualità modesta, di piccole dimensioni cam-pionarie ed eterogenee nei risultati.49-54

La vaccinazione è comunque suggerita per i soggetti con malattia cronica allostadio avanzato e cirrotici previo screening sierologico.

Interventi in corso di epidemia in base a tre diversi scenari epidemiologiciIn base alle esperienze descritte in letteratura in Italia e in paesi dalle caratteristichesimili, si sono ipotizzati alcuni scenari in cui è prevedibile che epidemie di epatite Asi possano sviluppare.55-58

Comunità chiusa

Comunità chiuse, come scuole materne e asili nido, in cui gran parte degli individui so-no suscettibili, il contatto tra le persone è frequente e intimo, le infrastrutture sono spes-so di comune utilizzo ed è quindi alto il rischio di trasmissione da persona a persona.Si suggerisce la vaccinazione di familiari conviventi, compagni di classe, inse-gnanti e personale direttamente a contatto dopo segnalazione del primo caso.

Per i ragazzi più grandi, a partire dalla scuola media inferiore (età superiore a 11 anni),in cui l’infezione è più spesso sintomatica ed è minore la probabilità di contatti a rischiola vaccinazione è suggerita quando vi è prova di trasmissione secondaria al-l’interno della comunità: deve verificarsi almeno un nuovo caso secondario do-po 15 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice.

Comunità aperta

Per quanto riguarda le comunità aperte bisogna distinguere comunità di ridotte dimen-sioni (orientativamente al di sotto dei 5.000 abitanti), in cui è possibile raggiungere in bre-ve tempo elevate coperture vaccinali dei suscettibili o potenzialmente tali (orientativamentel’80%), da comunità di grandi dimensioni in cui questo obiettivo non è realistico.

Profilassi18

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Piccole comunità aperteSono comunità aperte di piccole dimensioni, per esempio, comuni di limitata ampiez-za demografica (minori di 5.000 abitanti), in cui si verificano più casi collegati di HAV,in distinti nuclei familiari.Si suggerisce la vaccinazione a coorti di età che sono maggiormente suscetti-bili, soprattutto a bambini e adolescenti.E’ stato osservato che questo intervento si dimostra efficace solo se si rag-giungono coperture superiori all’80% della popolazione.

Grandi comunità aperteVi è poi il caso di grandi comunità aperte in cui si verificano periodiche riaccensioni epi-demiche a distanza di anni, mentre nei periodi interepidemici continuano a verificarsicasi come quelli nella regione Puglia.L’offerta attiva della vaccinazione a coorti di suscettibili non è praticabile perla difficoltà di raggiungere coperture elevate in tempi brevi. La strategia alter-nativa praticabile è la vaccinazione di conviventi dei casi acuti combinata allemisure di controllo non immunitarie.59-61

Questi suggerimenti si riferiscono all’intervento in caso di epidemia e non entrano nelmerito delle strategie che sono state proposte o adottate per prevenire le epidemie diepatite A in aree endemico-iperendemiche.

Profilassi postesposizioneDue sono i presidi a disposizione per la profilassi postesposizione: immunoglobuline evaccino. Non sono stati individuati studi che ne confrontino direttamente l’efficacia.Si raccomanda come profilassi standard post esposizione dell’epatite da HAV la som-ministrazione di 0,02 ml/kg di immunoglobuline (Ig) entro 14 giorni dall’inizio deisintomi del caso indice. L’efficacia stimata negli studi individuati (Ig vs placebo)62-64

mostrano un’efficacia di circa l’80% nei riceventi.Tuttavia emergono differenze nell’efficacia profilattica di lotti diversi di Ig:62 sono sta-ti dimostrati titoli anticorpali più bassi in lotti di produzione recente65 che rendono me-no efficace o di efficacia variabile la profilassi passiva con preparati standard di Ig di cuisi ignora il titolo in anti-HAV.66

E’ disponibile un unico trial recente a supporto dell’efficacia post esposizione del vac-cino: la sua protezione, se somministrato entro 8 giorni dall’inizio dei sintomi del casoindice, è dell’82% e ha limiti di confidenza piuttosto ampi (IC 23-96%) per le ridottedimensioni campionarie.

Considerata la breve durata della protezione, la variabilità e la tendenza alla di-minuzione del titolo anticorpale nelle immunoglobuline, l’intervento con vac-cino entro 8 giorni dall’esposizione67 è da considerare preferibile all’impiegodelle gammaglobuline.

Indicatori di monitoraggio e verificaL’uso di indicatori è di ausilio nella sorveglianza dell’epatite A nonché nella valutazio-ne dell’efficacia degli interventi suggeriti in questo documento. Vengono di seguito pro-posti indicatori di possibile utilizzo:! rilevazione attraverso questionari o interviste della modalità di impiego del vaccino

da parte delle aziende sanitarie;! copertura vaccinale e appropriatezza d’uso del vaccino attraverso indagini ad hoc;! incidenza nel tempo dei casi notificati e descrizione dei fattori di rischio riportati uti-

lizzando il SEIEVA (Sorveglianza epidemiologica integrata delle epatiti virali acute);! indagini sieroepidemiologiche;! registrazione di focolai epidemici.

Notifica di casi di epatite AIl medico deve notificare tempestivamente un caso di epatite A come a norma di legge(decreto ministeriale del 15 dicembre 1990 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale serie ge-nerale numero 6 dell’8 gennaio 1991, circolare ministeriale del 17 dicembre 1990). La scheda di notifica delle malattie infettive di classe II è reperibile in formato PDF nelsito dell’Istituto superiore di sanità all’indirizzo:http://www.simi.iss.it/files/sch2.PDF; mentre la scheda di riepilogo mensile è reperibile all’indirizzo:http://www.simi.iss.it/files/mod16.PDF.

AvvertenzaSi ricorda che l’osservanza delle norme igieniche è premessa essenziale per evitare la tra-smissione dell’epatite A.

19Indicatori

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

GlossarioAllerta epidemica: caso di epatite A in una comunità chiusa in cui la maggior parte del-le persone è verosimilmente suscettibile all’infezione.Analisi economica: valutazione analitica dei costi e delle conseguenze di interventi sa-nitari alternativi.Caso di epatite A: diagnosi eziologica attraverso la determinazione degli anticorpi anti-HAV della classe IgM.Caso secondario: soggetto che manifesta l’esordio clinico dopo almeno 14 giorni dal-l’inizio dei sintomi nel caso indice e non oltre 6 settimane.Comunità aperta: gruppo di persone che vive nella stessa regione, provincia o città, manon condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago eccetera.Comunità chiusa: gruppo di persone che condivide la stessa abitazione, luogo di la-voro, svago. Esempi di comunità chiuse sono, oltre alle abitazioni, ospedali, asili, scuo-le, residenze per anziani.Contatto: individuo che è o è stato in contatto con il caso.Endemia: livello di presenza superiore alla norma di una caratteristica o di una malattia.Epatopatia cronica: malattia del fegato di durata superiore a 6 mesi.Epidemia: incremento non casuale, rispetto a quanto atteso, dell’incidenza di epatite A.Focolaio epidemico: epidemia limitata a un incremento localizzato nell’incidenza di unamalattia.HAV: epatite da virus A.Ipertransaminasemia: aumento dei valori normali delle transaminasi.Ittero: comparsa di colore giallo alle sclere o sul corpo.Modello economico-decisionale: rappresentazione sintetica delle alternative decisionalibasata sull’analisi economica.Revisione sistematica (Cochrane): individuazione, raccolta, valutazione e sintesi del-le evidenze disponibili sull’efficacia e sicurezza di un intervento sanitario.

Glossario20

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Appendice: valutazione economica

della vaccinazione anti epatite A

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A22

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

PARAMETRI FONTE VALORE ANALISI DI SENSITIVITA’

CAMPIONE Assunto 100.000 (15 mesi+12 anni)50.000 (solo dodicenni) -

TASSO Arbitrario 3% 0-5%DI SCONTO

COSTO Prezzi di vendita • 15 mesi: 12,91 euro -DEL VACCINO • 12 anni:

10,33 euro per i primi 2 anni;14,72 euro dal terzo anno in poi.

EFFICACIA RCT3 86% 63-95%DEL VACCINO

INCIDENZA SEIEVA Dati a livello nazionale Dati:per fasce d’età 0-14 e 15-24 • Nord

• Sud• Puglia

COSTO MEDIO Studio Lucioni4 Costi espressi per fasce d’età • Costi PER CASO diretti+costi indiretti

• Costi diretti decurtati del 75%+costi indiretti

PRIMA STRATEGIASi considerano due possibilità:• vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi in contemporanea al vaccino trivalente e vaccinazione

di tutti i dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»;• vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B».Si ipotizza un periodo di vaccinazione di 12 anni che permetta di arrivare a una copertura totale per i sog-getti fino a 24 anni. In questo modo si riesce a coprire il periodo di massima incidenza della malattia.Si ipotizza una durata protettiva del vaccino compresa fra i 24 e i 47 anni.1A partire dal terzo anno viene abolita la vaccinazione combinata per i dodicenni. Questo provoca un cam-biamento nei costi di vaccinazione:• il costo di vaccinazione dei dodicenni nel primo e secondo anno equivale alla differenza tra il costo

del vaccino combinato e il costo del vaccino dell’epatite B;• il costo di vaccinazione dei dodicenni dopo il secondo anno equivale al costo del vaccino dell’epati-

te A ricaricato del 15%: questo rappresenta la stima minima dei costi di somministrazione derivata dauna revisione dei costi della vaccinazione antiepatite B.2

A partire dal settimo anno l’incidenza della malattia diminuisce di una quota pari al 5% ogni 2 anni, perapprossimare l’effetto della scomparsa dei casi di origine inter-umana.Le fonti e i valori dei parametri utilizzati nell’analisi sono presentati nella tabella che segue:

Si sono ipotizzate e messe a confronto due strategie:• prima strategia: vaccinazione di massa• seconda strategia: vaccinazione dei contattiVittorio Demicheli, Emanuela Carniglia, Stefania Fucci

23Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Per ciascun anno di vaccinazione sono stati calcolati i costi per caso evitato e i corrispondenti costinetti, accumulando i casi evitati fino a quel momento e attualizzando opportunamente i costi di vacci-nazione e dei casi evitati.

dove i casi evitati derivano dalla somma di quelli nelle fasce d’età considerate nei diversi anni.

A conclusione della strategia in questione sono proposte le seguenti tabelle (vedi pp. 24-31):• 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazione

sia dei nuovi nati a 15 mesi sia dei dodicenni, ipotizzando valori di incidenza crescenti rispetto ai va-lori nazionali, definiti «di base», a quelli dell’Italia del Sud e a quelli riscontrati durante l’epidemia del1996 in Puglia;

• 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazionesolo dei dodicenni, ipotizzando valori di incidenza crescenti rispetto ai valori nazionali, definiti «di ba-se», a quelli dell’Italia del Sud e a quelli riscontrati durante l’epidemia del 1996 in Puglia;

• 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazionesia dei nuovi nati a 15 mesi sia dei dodicenni, ipotizzando differenti livelli di efficacia del vaccino;

• 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazionesolo dei dodicenni, ipotizzando differenti livelli di efficacia del vaccino.

Costi per caso evitato (anno X) =! Costi totali vaccinazionex

! Casi evitatix

Costi netti per caso evitato (anno X) =! Costi totali vaccinazione – ! Costi casi di epatite evitatix x

! Casi evitatix

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A24

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

0

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

121110987654321

Costo per caso evitato

Cost

i

Anni

Figura 1. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione contro l’epatite A.

VALUTAZIONE PER INCIDENZA

Vaccinazione nuovi nati + dodicenni

COSTI TOTALI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Pugliacampagna vaccinale

1 128.685,27 41.575,00 4.851,692 84.503,33 27.301,00 3.185,943 66.482,86 21.479,00 2.506,544 53.992,28 17.443,00 2.035,625 45.114,50 14.575,00 1.700,916 38.543,26 12.452,00 1.453,167 33.564,18 10.843,00 1.265,448 29.650,42 9.579,00 1.117,889 26.518,95 8.567,00 999,8210 23.947,41 7.736,00 902,8611 21.810,29 7.046,00 822,2912 20.000,20 6.461,00 754,05

Tabella 1. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di in-cidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di baseè pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A.

Incidenza di base

Incidenza Italiameridionale

Incidenza Puglia

25Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

0

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

121110987654321

Costo netto per caso evitato

Figura 2. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione anti epatite A.

Tabella 2. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescentidi incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di scon-to del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A.

COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Pugliacampagna vaccinale

1 127.352,00 40.252,99 3.529,372 83.627,81 26.432,81 2.317,623 65.836,02 20.837,60 1.865,024 53.482,49 16.938,10 1.530,025 44.695,96 14.160,38 1.285,806 38.189,78 12.101,89 1.102,587 33.261,24 10.543,39 964,998 29.386,00 9.317,13 855,639 26.286,14 8.336,77 768,9210 23.739,80 7.530,97 696,9711 21.624,19 6.861,84 637,7212 19.831,80 6.294,60 587,03

Cost

i

Anni

Incidenza di base

Incidenza Italiameridionale

Incidenza Puglia

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A26

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

0

10.000,00

20.000,00

30.000,00

40.000,00

50.000,00

60.000,00

70.000,00

80.000,00

90.000,00

100.000,00

121110987654321

Costo per caso evitato

Figura 3. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione contro l’epatite A.

COSTI TOTALI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Pugliacampagna vaccinale

1 85.790,18 14.298,00 1.668,142 56.335,55 9.389,00 1.095,413 47.697,91 7.949,00 927,464 39.985,29 6.664,00 777,495 34.007,22 5.667,00 661,256 29.383,62 4.897,00 571,357 25.788,74 4.298,00 501,458 22.912,76 3.818,00 445,539 20.583,00 3.430,00 400,2210 18.651,54 3.108,00 362,6711 17.034,68 2.839,00 331,2312 15.657,08 2.609,00 304,44

Tabella 3. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di in-cidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di baseè pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A.

Vaccinazione dodicenni

Cost

i

Anni

Incidenza di base

Incidenza Italiameridionale

Incidenza Puglia

27Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Pugliacampagna vaccinale

1 84.277,29 12.785,47 155,252 54.837,79 7.891,49 -402,353 46.215,05 6.466,79 -555,414 38.517,10 5.196,03 -690,695 32.553,49 4.214,14 -792,476 27.944,14 3.457,79 -868,137 24.363,45 2.872,83 -923,848 21.501,50 2.407,54 -965,739 19.185,70 2.033,20 -997,0710 17.268,04 1.725,10 -1.020,8211 15.664,91 1.469,34 -1.038,5412 14.300,88 1.253,31 -1.051,76

Tabella 4. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescentidi incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di scon-to del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A.

-10.000,00

0

10.000,00

20.000,00

30.000,00

40.000,00

50.000,00

60.000,00

70.000,00

80.000,00

90.000,00

121110987654321

Costo netto per caso evitato

Figura 4. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione anti epatite A.

Cost

i

Anni

Incidenza di base

Incidenza Italiameridionale

Incidenza Puglia

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A28

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Figura 5. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per differenti livelli diefficacia del vaccino contro l’epatite A.

0,00

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

160.000,00

180.000,00

200.000,00

121110987654321

Costo per caso evitato

VALUTAZIONE PER EFFICACIA

Vaccinazione nuovi nati + dodicenni

COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della 86% 63% 95%campagna vaccinale (caso base)

1 128.685,27 175.665,61 116.494,042 84.503,33 115.353,75 76.497,753 66.482,86 90.754,39 60.184,494 53.992,28 73.703,74 48.877,225 45.114,50 61.584,88 40.840,506 38.543,26 52.614,61 34.891,807 33.564,18 45.817,77 30.384,418 29.650,42 40.475,18 26.841,449 26.518,95 36.200,47 24.066,6310 23.947,41 32.690,11 21.678,7011 21.810,29 29.772,78 19.744,0512 20.000,20 27.301,87 18.105,45

Tabella 5. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 diversi livelli di effi-cacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tas-so di sconto del 3%.

Cost

i

Anni

Efficacia 63%

Efficacia 86%

Efficacia 95%

29Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della 86% 63% 95%campagna vaccinale (caso base)

1 127.352,00 174.332,34 115.160,762 83.627,81 114.478,23 75.622,233 65.836,02 90.107,55 59.537,654 53.482,49 73.193,95 48.367,435 44.695,96 61.166,33 40.421,956 38.189,78 52.261,13 34.538,317 33.261,24 45.514,83 30.081,488 29.386,00 40.210,76 26.577,019 26.286,14 35.967,66 23.773,8110 23.739,80 32.482,51 21.471,1011 21.624,19 29.586,67 19.557,9512 19.831,80 27.133,47 17.937,05

Tabella 6. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 differenti livellidi efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a untasso di sconto del 3%.

0,00

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

160.000,00

180.000,00

200.000,00

121110987654321

Costo netto per caso evitato

Figura 6. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per 3 differentilivelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A.

Cost

i

Anni

Efficacia 63%

Efficacia 86%

Efficacia 95%

Efficacia 63%

Efficacia 86%

Efficacia 95%

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A30

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

0

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

121110987654321

Costo per caso evitato

Figura 7. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per differenti livelli diefficacia del vaccino contro l’epatite A.

COSTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della 86% 63% 95%campagna vaccinale (caso base)

1 85.790,18 117.110,41 77.662,692 56.335,55 76.902,50 50.998,503 47.697,91 65.111,43 43.179,164 39.985,29 54.583,09 36.197,215 34.007,22 46.422,55 30.785,486 29.383,62 40.110,97 26.599,917 25.788,74 35.203,68 23.345,608 22.912,76 31.277,74 20.742,089 20.583,00 28.097,43 18.633,0310 18.651,54 25.460,83 16.884,5511 17.034,68 23.253,69 15.420,8712 15.657,08 21.373,16 14.173,78

Tabella 7. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 diversi livelli di effi-cacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tas-so di sconto del 3%.

Vaccinazione dodicenni

Cost

i

Anni

31Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO)

Anno dall’inizio della 86% 63% 95%campagna vaccinale (caso base)

1 84.277,29 115.597,51 76.149,802 54.837,79 75.404,73 49.500,733 46.215,05 63.628,57 41.696,304 38.517,10 53.114,90 34.729,025 32.553,49 44.968,83 29.331,766 27.944,14 38.671,49 25.160,437 24.363,45 33.778,39 21.920,318 21.501,50 29.866,48 19.330,829 19.185,70 26.700,13 17.235,7310 17.268,04 24.077,34 15.501,0611 15.664,91 21.883,92 14.051,1012 14.300,88 20.016,96 12.817,58

Tabella 8. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 differenti livellidi efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a untasso di sconto del 3%.

0

20.000,00

40.000,00

60.000,00

80.000,00

100.000,00

120.000,00

140.000,00

121110987654321

Costo netto per caso evitato

Figura 8. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per 3 differentilivelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A.

Cost

i

Anni

Efficacia 63%

Efficacia 86%

Efficacia 95%

Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A32

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

SECONDA STRATEGIASi vaccinano i contatti dei casi segnalati di epatite A. Si considera un arco temporale di un anno cer-cando di valutare i costi evitabili derivanti da questa strategia di vaccinazione.I parametri fondamentali di stima derivano dallo studio Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T, Adamo B,Tosti ME, Lettieri G, Esposito C, Buonocore S, Pierri P, Mele A. Efficacy of hepatitis A vaccine in pre-vention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999; 353: 1136-39, che da ora inpoi chiameremo semplicemente TRIAL.

Le fonti e i valori dei parametri utilizzati nell’analisi sono presentati nella seguente tabella:

PARAMETRI FONTE VALORE ANALISI DI SENSITIVITA’

CAMPIONE Assunto 1.000.000 -

COSTO DEL VACCINO Prezzo di vendita Euro 15,49 -

EFFICACIA DEL VACCINO TRIAL 82% 23-96%

INCIDENZA SEIEVA Dati Nord e Sud -

NUMERO DI CONTATTI TRIAL 2,77 2,4-3,2PER CASO

PERCENTUALE TRIAL 5,8 -DEI CASI EVITABILI

Numero soggetti da vaccinare = incidenza malattia x numero contatti per casoNumero casi evitabili = numero soggetti da vaccinare x % casi evitabili

Costo per caso evitato = Costi totali della vaccinazioneNumero casi evitati

Costi netti per caso evitato = Costi totali della vaccinazione – Costi casi di epatite evitatiCasi evitati

Vengono proposti i risultati dei valori di base e di due scenari: • in quello pessimista è massimo il numero dei contatti da vaccinare, è minima l’efficacia del vaccino

e, di conseguenza, è minimo anche il numero dei casi evitati; • in quello ottimista il numero dei contatti da vaccinare è minimo, l’efficacia del vaccino è massima co-

sì come il numero di casi evitati.

33Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI

Strategia 1I valori di costo per caso evitato e di costo netto per caso evitato sono risultati sempre molto elevati. Ilmodello appare sensibile ai valori di incidenza e, in minima misura, ai valori del costo per caso evitato.Nell’analisi di sensitività i costi si riducono solo utilizzando i valori di incidenza rilevati durante l’epidemiapugliese e i costi netti diventano molto bassi nel caso si scelga di vaccinare sia i nuovi nati sia i dodicen-ni, e addirittura negativi nel caso si scelga di vaccinare soltanto i dodicenni.Dal punto di vista economico la vaccinazione di massa appare raccomandabile solo in situazioni epide-miche o comunque a incidenza elevatissima.

Strategia 2I valori di costo per caso evitato appaiono decisamente contenuti. Il modello è costruito secondo para-metri derivati da un singolo studio, che sono insensibili ai valori di incidenza presenti nella popolazione epotrebbe rivelare problemi di generalizzazione. L’analisi di sensitività condotta secondo due scenari estre-mi non mostra variazioni rilevanti del costo per caso evitato. I costi netti per caso evitato sono sempre ne-gativi mostrando, quindi, la presenza potenziale di un beneficio assoluto.Dal punto di vista economico la vaccinazione dei contatti è senz’altro da raccomandare come provvedi-mento di routine.

BASALE SCENARIO SCENARIOPESSIMISTA OTTIMISTA

CAMPIONE 1.000.000 1.000.000 1.000.000EFFICACIA DEL VACCINO 0,82 0,23 0,96INCIDENZA DELLA MALATTIA 160 160 160CONTATTI PER CASO 2,77 3,2 2,4

NUMERO SOGGETTI DA VACCINARE 443 512 384COSTO DEL VACCINO (euro) 15,49 15,49 15,49COSTO DELLA VACCINAZIONE (euro) 6.862,07 7.930,88 5.948,16

INDICE CASI EVITABILI 0,04756 0,01334 0,05568NUMERO CASI EVITABILI 21,06908 6,83008 21,38112

COSTO TOTALE DEI CASI EVITATI (euro) 38.084,45 12.346,05 38.648,49

COSTI PER CASO EVITATO (euro) 325,00 1.161,17 278,20COSTI NETTI PER CASO EVITATO (euro) -1.481,91 -646,43 -1.529,40

Sintesi delle principali prove disponibili

Sintesi delle principali prove disponibili36

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?E’ stata riscontrata tra i viaggiatori una maggior incidenza,diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? I viaggiatori costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

INTRODUZIONEUna review del 19931 raccoglie dati sull’incidenza e sulla prevalenza dell’epatite A nella popolazione, pub-blicati dal 1978 al 1991, evidenziando il rischio di infezione da HAV per i viaggiatori che si recano da pae-si a bassa endemia verso zone a endemia più elevata.Una review del 1994,2 che racchiude gli studi pubblicati su Index Medicus e Medline risalenti al periodocompreso tra il 1973 e 1993 e i dati provenienti dai Centers for Diseases Control and Prevention, conclu-de che i viaggiatori sono a rischio di infezione da HAV e raccomanda il vaccino a tutti coloro che non so-no immuni e si recano in paesi in via di sviluppo.Il tasso di incidenza per i viaggiatori non protetti (inclusi i soggiornanti in hotel di lusso), è stimato essere3/1000 viaggiatori/1 mese di villeggiatura in paesi in via di sviluppo e raggiunge 20/1000 viaggiatori/1 me-se per campeggiatori o altre persone che consumano cibi o bevande in scarse condizioni igieniche.Questi dati sono stati ribaditi per i paesi europei in un ulteriore studio3 e in seguito sono stati presi nuo-vamente in considerazione per gli americani.4Vari autori di numerosi paesi hanno emesso raccomandazioni per la vaccinazione dei viaggiatori5-10 e an-che la consensus conference pubblicata dall’Istituto superiore di sanità nel 19952 la raccomanda.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i viaggiatori un gruppo a rischio di contrarre l’infezioneda HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni.Parole chiave utilizzate sia come termini controllati che come parole libere: Hepatitis A (MESH), Hepati-tis A virus human (MESH), HAV.mp, Travel (MESH), Travel, Risk, Risk factor, Risk group. Sono stati trovati46 articoli considerati pertinenti, di cui 15 irreperibili nelle biblioteche italiane. Quattro articoli sono risul-tati non pertinenti alla lettura del testo completo. E’ stato inoltre considerato il documento finale della con-sensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.11

RISULTATISono stati esaminati 15 articoli5-10,12 che riportano raccomandazioni e linee guida emesse in vari paesi dal1995 al 2001, e che sottolineano l’importanza della profilassi nei viaggiatori, insistendo perché essa ven-ga praticata.Le indicazioni pubblicate su «The medical letter on drugs and therapeutics» sono state tradotte anche initaliano.13

Un articolo14 pubblicato nel 2000 raccomanda ai medici di medicina generale di vaccinare i viaggiatori ver-so aree endemiche prima della partenza.C’è un accordo generale sulla necessità di insistere affinché aumenti la percentuale di viaggiatori che sisottopongono a vaccinazione. Da uno studio francese15 pubblicato nel 1998, che ha preso in considera-zione 9.156 soggetti reclutati all’aeroporto di Parigi prima della partenza verso 12 destinazioni tropicali, èemerso che solo il 18% dei francesi (7.955), il 32% degli europei del Nord (908) e l’8,5% degli europei delSud (293) presentavano una copertura vaccinale.Sono state analizzate 3 ampie review2-4 che raccomandano il vaccino per i viaggiatori non immuni direttiverso aree endemiche, prese in considerazione nell’introduzione.Le prove sul rischio per i viaggiatori sono derivate essenzialmente da studi condotti prima del 1990; alcu-ni studi successivi, comunque, continuano a segnalare lo stesso rischio.

I due studi seguenti2-3 sono già stati citati nella review di Steffen.2 Il primo17 valuta la percentuale di casidi epatite A associati a viaggiatori rispetto al totale di casi di epatite A in Svezia, dove l’incidenza dell’in-fezione risulta molto bassa. Lo studio rileva che, nonostante il calo dell’incidenza dell’epatite A nella po-polazione generale dal 7,3 al 3/100.000 tra il 1985 e il 1990, la quota attribuita ai viaggi è rimasta costante,con un rischio più elevato in Africa e in Asia (1/300 e 1/100 rispettivamente).Il secondo articolo16 valuta il rischio di epatite A nei missionari americani in Africa, segnalando una sie-roprevalenza del 16% prima della partenza e del 42% al ritorno dalla missione, con una sieroprevalen-za maggiore del 90% per soggetti con più di 20 anni di servizio. Gli autori hanno anche riscontrato untasso di incidenza maggiore nei primi 2 anni di servizio (pari al 28%) e minore nei successivi 10 anni (5,4%).I missionari americani vengono presi in considerazione anche in un altro lavoro18 che, a fronte di una sie-roprevalenza iniziale di 50,9%, rileva un tasso d’incidenza di 0,8/100 persone/anno di servizio.Uno studio condotto in Nepal19 ha mostrato che l’epatite A è la più frequente infezione a trasmissione oro-fecale che determina l’ospedalizzazione dei turisti, mentre l’ epatite E è la forma predominante tra i resi-denti, che raggiungono l’immunità per l’HAV già all’età di 5 anni.Sono stati, infine, valutati 4 studi di prevalenza,20-23 visualizzati in tabella 1, che non evidenziano i viaggiverso aree endemiche come significativi fattori di rischio per inglesi e svizzeri. Nei marinai scandinavi ilrischio legato a viaggi internazionali compare solo per soggetti con età superiore a 40 anni.Uno studio italiano caso-controllo,24 che confronta 1.102 casi di epatite A con 3.671 casi di epatite B, rile-va un’associazione tra epatite A e viaggi statisticamente significativa per soggetti con età superiore a 14anni che vivono nel Nord Italia; i viaggi verso paesi del Mediterraneo, Europa dell’Est, Africa, Asia, Ame-rica centrale e del Sud sono considerati a maggior rischio.

LACUNE CONOSCITIVEGli studi che mostrano prove sul rischio di epatite A per i viaggiatori sono datati.

COMMENTOLe prove sul rischio dei viaggiatori risalgono a studi degli anni ottanta e dei primi anni novanta. Comun-que tuttora, nonostante il miglioramento del livello socioeconomico, il viaggio è segnalato come fattore dirischio di acquisire l’epatite A, con una gradazione dipendente dal livello di endemia dell’area visitata edalle precauzioni igieniche osservate. Rimane, perciò, un accordo generale sulla raccomandazione dellavaccinazione in questa categoria di soggetti.

37Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Sintesi delle principali prove disponibili38

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

22

TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA NEI VIAGGIATORIArt n.

Paesi scandinavi

Luogo Popolazionestudiata

Controlli

aprile-dicembre 1993

515 marinai /// La prevalenza degli anticorpi anti-HAVcorrisponde a 0,3% in soggetti di etàinferiore a 40 anni, mentre aumentasopra i 40 anni.La prevalenza risulta maggiore inmarinai implicati nel commerciointernazionale

20 Inghilterra marzo 1988-ottobre 1989

104 soggetti distinti in 3 gruppi in baseall’esposizione al rischio:• 52 senza fattori di rischio;• 27 con fattori di rischiomaggiori (essere nati o aver vissuto in areaendemica, storia di ittero);• 25 con fattori di rischiominori (viaggi in aree ad alto rischio, abuso di droghe, contatti con persone infette).Età media: 30 anni

/// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:

• popolazione generale: 42%(44/104)• gruppo n.1: 9,6% (5/52)• gruppo n.2: 100% (27/27)• gruppo n.3: 48% (12/25)

21 Svizzera luglio-agosto 1990

1.091 turisti reclutatipresso il Centrovaccinazionidell’Università di Zurigo:Età media: 34,7 anni.• maschi: 49%• femmine: 51%

Popolazioni di studiprecedenti,condottiprincipalmentetra donatori di sanguesvizzeri

La prevalenza risulta minore rispetto alla popolazione di riferimento, eccettoper i nati prima del 1.940. Da ciò segueche non è necessario testare i viaggiatori a meno che non siano natiprima del 1940, e non abbiano storia di ittero e di viaggi in zone endemiche.Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV (%):

Paese nativo ResidenzaSvizzera 14,9 16,2Nord America 0 0Sud Europa 34,8 15,4zone tropicali/subtropicali 48,8 71,4Viaggi in aree tropicali:• mai 11,4%• 1-30 giorni 17,1%• un mese-un anno 15,3%• più di un anno 35 %

23 Inghilterra 1987-1988 1.111 viaggiatori inglesi /// La sieroprevalenza anticorpi anti-HAVrisulta associata con l’età e la storia di ittero, mentre non risulta alcunaassociazione con la destinazione e la durata del viaggio

RisultatoAnno

39Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?E’ stata riscontrata tra i militari una maggior incidenza,diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questa categoria costituisce un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

INTRODUZIONEUn lavoro del 19921 descrive numerose epidemie di epatite infettiva che hanno colpito il personale milita-re durante le guerre mondiali. Si tratta di epidemie che hanno coinvolto un così alto numero di personeda devastare interi eserciti e influenzare le strategie militari. Gran parte degli articoli che riportano epi-demie di epatite A nelle truppe è stata pubblicata precedentemente al 1990. Quasi tutti gli studi raccoltidopo tale anno vertono sull’efficacia del vaccino e propongono vari trial di vaccinazione per i militari, dan-do ormai per scontato che essi costituiscono un gruppo a rischio in cui è necessaria la profilassi. Un ar-ticolo2 esamina due diversi trial di vaccinazione in militari norvegesi e ne dimostra l’efficacia e l’impor-tanza, soprattutto in una zona, come la Norvegia, in cui il rischio di contrarre l’epatite A è alto poiché sitratta di un’area geografica a bassissima endemia. Prima il rischio di acquisire l’epatite A veniva consi-derato legato alle scarse condizioni igienico-sanitarie in cui si trovavano a vivere i militari; attualmente,con il miglioramento del livello socioeconomico, il rischio è attribuito principalmente a viaggi in aree adalta endemia in analogia con i viaggiatori.La consensus conference3 pubblicata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 propone la vaccinazionedelle truppe destinate a operazioni in zone ad alta endemia senza screening vaccinale, ma non dei mili-tari di leva al momento dell’arruolamento.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i militari un gruppo a rischio di contrarre l’infezione daHAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia diricerca ha utilizzato termini con vocabolario controllato e parole libere: hepatitis A (MESH), hepatitis A vi-rus human (MESH), HAV.mp, Army.mp, soldier.mp, military personnel (MESH), risk (MESH), risk factors (ME-SH), risk group.mp. Sono stati trovati 36 articoli considerati pertinenti di cui: 9 irreperibili nelle bibliotecheitaliane; 3 sono stati scartati perché utilizzati come punto di partenza per un ulteriore articolo; altri 6 sonostati esclusi perché risultati assolutamente non pertinenti dopo la lettura del testo per esteso.E’ stato quindi raggiunto un totale di 18 articoli.E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto su-periore di sanità nel 1995.3

RISULTATINella maggior parte degli articoli4-11 i militari vengono considerati soltanto in quanto campione della po-polazione generale, di cui viene studiata la prevalenza. Da questi lavori e da un ulteriore studio7 risulta uncalo della sieroprevalenza in tutta la popolazione se confrontata con gli anni precedenti.Uno studio effettuato nella Repubblica ceca12 confronta la prevalenza di anticorpi nei militari e quella nel-la popolazione generale e riscontra valori paragonabili.Sono pochi gli studi che esaminano l’associazione tra epatite A e vita militare. Uno studio norvegese13 cor-rela l’infezione al sovraffollamento e al consumo di cibo e acqua contaminati e rileva una riduzione deigiorni di astensione dal servizio e dei decessi per epatite A in seguito all’introduzione di profilassi passi-va con immunoglobuline.Un lavoro14 ha ricercato i marker sierologici per l’epatite in indigeni africani e in militari francesi stabiliti-si nel Djibouti con le loro famiglie, al fine di individuare l’eziologia virale di un’epidemia di epatite lì osser-vata nel 1993 associata alla contaminazione dell’acqua. I risultati ottenuti identificano sia l’HAV che l’HEV

Sintesi delle principali prove disponibili40

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

come responsabili, con una diversa distribuzione nella popolazione studiata: infatti, mentre le infezioni daepatite A erano osservate principalmente in soggetti francesi, le infezioni da HEV coinvolgevano quasiesclusivamente gli indigeni.Da uno studio pubblicato nel 1992,15 che valuta la prevalenza di epatite A in 2.072 soldati americani, emer-ge una maggiore prevalenza nei militari che avevano prestato servizio per più di un anno nei Caraibi, a te-stimoniare che l’infezione è associata con viaggi in zone a endemia medio-alta.Un ulteriore studio italiano condotto nel 199016 riscontra un tasso di incidenza di epatite A nei militari no-tevolmente alto, pari a 1,3/100 persone/anno. La popolazione oggetto del lavoro è però composta da 1.268militari osservati durante un periodo di 8 mesi in Campania, regione ad alta endemia; perciò questi datinon sono rappresentativi della situazione dei militari italiani. Infatti un articolo recente17 riporta un tassod’incidenza di epatite A nei militari sovrapponibile a quello della popolazione generale.Infine, uno studio francese18 identifica un solo caso di epatite A su 4.500 militari che avevano prestato ser-vizio nella ex Jugoslavia in un periodo in cui il virus circolava nella popolazione. Questa bassa incidenzarisulta legata sia all’efficacia della somministrazione di immunoglobuline che all’imposizione di severe mi-sure igieniche.

LACUNE CONOSCITIVELa maggior parte degli articoli valutati si riferisce a studi di prevalenza in cui i militari sono presi in consi-derazione come campione della popolazione generale e le infezioni vengono correlate ai comuni fattori dirischio.

COMMENTOIn passato le epidemie di epatite A tra i militari erano principalmente correlate al sovraffollamento e allescarse condizioni igieniche. Attualmente il fattore di rischio maggiore per i militari è il soggiorno in areeendemiche ed è quindi una condizione sovrapponibile a quella dei viaggiatori.I lavori esaminati hanno uno scarso significato per quanto riguarda l’identificazione del gruppo a rischio,poiché è ormai dato per scontato che per i militari è raccomandabile la profilassi, specialmente se sonodestinati a paesi a endemia elevata.

41Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?E’ stata riscontrata tra gli operatori sanitari una maggior incidenza,diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli operatori sanitari costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

INTRODUZIONEUna review del 1996,1 che si riferisce a tutti gli articoli in lingua inglese pubblicati tra il 1983 e il 1996, ri-porta 6 focolai epidemici in ambiente ospedaliero, 4 dei quali pubblicati precedentemente al 1990, che han-no coinvolto essenzialmente le infermiere dei reparti pediatrici.Un ulteriore articolo2 riporta altre 4 epidemie, precedenti al 1990, di cui 2 coincidono con quelle descrittenella pubblicazione già citata.1Il principale fattore di rischio riconosciuto è stato il consumo di cibo e bevande nei reparti ospedalieri.E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanitànel 19953 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli operatori sanitari la vaccinazionecontro l’epatite A.

OBIETTIVOStabilire se vi sono prove per poter considerare gli operatori sanitari un gruppo a rischio di contrarre l’in-fezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato ter-mini MESH e parole libere: Hepatitis A (MESH); Hepatitis A virus, human (MESH), Health Personnel (ME-SH), nursing staff (MESH), personnel hospital (MESH), physicians (MESH), Occupational Health, Risk fac-tors (MESH), Health Workers. Sono stati individuati 20 articoli, incluso il documento finale della consen-sus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995;3 due erano irreperibili nelle bibliote-che italiane.

RISULTATISono stati valutati 5 studi4-8 che riferiscono di epidemie insorte tra gli operatori sanitari, le cui caratteri-stiche sono riportate nella tabella 1.Sono stati riportati 7 studi di prevalenza,2,9-14 i cui risultati sono visualizzati nella tabella 2. Tre articoli pren-dono in considerazione un diverso aspetto della questione. Uno studio,15 che confronta la sieroprevalen-za degli anticorpi anti-HAV in addetti alla lavanderia dell’ospedale (54,5%) con quella di aiuto infermieri(13,5%), conclude che i primi sono esposti a maggior rischio occupazionale e ipotizzano come fattore dirischio il contatto con tessuti contaminati.Un altro lavoro16 non rileva alcuna differenza nella sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV tra infermieri pe-diatrici e controlli impiegati in un reparto chirurgico, non evidenziando, quindi, un’associazione tra con-tatto con i bambini e rischio di infezione da HAV. Un altro studio17 riporta la prevalenza di anticorpi anti-HAV in 1.051 soggetti operanti in ambito sanitario, suddivisi in 4 gruppi in base all’esposizione a diverso ri-schio biologico, e non riscontra tra di essi un differente rischio di contrarre l’epatite A.E’ stata analizzata un’ampia review,1 menzionata nell’introduzione.E’ stato, infine, esaminato un ulteriore articolo18 che estende l’inquadratura dell’HAV, includendo il pro-blema della vaccinazione e sottolineando che molti autori, sebbene consapevoli dell’assenza di una sie-roprevalenza di anticorpi anti-HAV elevata tra gli operatori sanitari, continuano a proporre la vaccinazio-ne in questa categoria, considerandola comunque esposta a un rischio di contrarre l’infezione maggiorerispetto alla popolazione generale.

LACUNE CONOSCITIVEGli studi di prevalenza sono studi di qualità non elevata.

Sintesi delle principali prove disponibili42

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

COMMENTODallo studio degli articoli raccolti è assolutamente evidente la possibilità di insorgenza di focolai epide-mici tra gli operatori sanitari ed è indubbio che l’esiguo numero di epidemie descritte si é verificato per lamancata osservazione delle basilari norme igieniche e comportamentali in ambiente ospedaliero. Infattigli unici fattori di rischio riscontrati sono il consumo di cibi e bevande nei reparti ospedalieri, il mancatouso dei guanti e l’inadeguata pulizia delle mani.Gli studi di prevalenza analizzati, sebbene non risultino essere di elevata qualità, mostrano una sieropre-valenza degli anticorpi anti-HAV tra gli operatori sanitari sovrapponibile a quella delle popolazioni di con-trollo; tuttavia molti autori preferiscono raccomandare la vaccinazione di questa categoria.18

La possibilità di attuare le universali misure precauzionali e la mancanza di una prova di una maggioresieroprevalenza anticorpale in questa categoria lavorativa rispetto alla popolazione generale, ci consen-tono di affermare che gli operatori sanitari non costituiscono un particolare gruppo a rischio di contrarrel’HAV.

4

TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA OPERATORI SANITARIArt n.

USA

Luogo Anno Caso indice Diffusione operatori sanitari

novembre 1988

2 neonati ricoveratinell’Unità di terapiaintensiva neonatalesottoposti a trasfusionehanno ricevuto sangueinfetto da donatorenella fase prodromicadi HAV

• 22 infermieri (24%)• 8 altri membri dellostaff ospedaliero

• 13 neonati• 4 contattifamiliari

• Consumare cibi ebevande nel reparto• non usare guanti• fumare in reparto• turni di notte• avere unghie lunghe

5 USA gennaio-marzo 1990

Uomo di 32 anni e suofiglio di 8 mesi,ricoverati in un centroustioni

11 operatori sanitari (su 154 esposti)

1 paziente • Consumare cibi ebevande nel reparto• inadeguata puliziadelle mani

6 USA luglio-ottobre1991

Bambina di 14 mesiricoverata in Clinicapediatrica per diarreaprofusa

19 operatori sanitari (su 151 esposti)

1 paziente Inadeguata puliziadelle mani

7 Norvegia aprile-giugno 1996

Senzatetto alcolista di56 anni ricoverato perpolmonite in un repartodi medicina interna

25 infermieri • 5 pazienti• 2 contattifamiliari

• Inadeguata puliziadelle mani• consumare cibi ebevande nel reparto

8 USA 1989 Bambino trasfuso conplasma frescocongelato

9 infermiere • 1 bambino• 1 contattofamiliare (madre)

Inadeguata puliziadelle mani

Diffusione altre persone

Fattori di rischio

43Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

9

TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZAArt n.

Germania

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazionedi riferimento

1990 2.293 operatorisanitari

Popolazione generale(caratteristiche nonspecificate)

La prevalenza degli anticorpi anti-HAV negli operatori sanitari è sovrapponibile aquella riscontrata nella popolazione generale.Non risulta alcuna differenza tra le diversecategorie lavorative sanitarie (medici,infermieri, eccetera)

2 Francia 1992 406 infermieri 132 impiegati inospedale con altremansioni (tecnici,impiegatiamministrativi,eccetera)

La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nella popolazione studiata è del 57,1%; mentrenella popolazione di riferimento è del 36,4%.La prevalenza negli operatori sanitari è significativamente maggiore nelle classid’età oltre i 30 anni

10 Francia dicembre 1992-aprile1993

325 operatori sanitariin diretto contattocon i pazienti (medici, infermieri,eccetera)

115 impiegati inospedale con altremansioni (tecnici,farmacisti, impiegatiamministrativi,eccetera)

La sieroprevalenza aumenta con l’età.Non c’è nessuna differenza tra la popolazionestudiata (51,2%) e quella di riferimento (54,3%).Non c’è differenza tra le 2 categorie di operatori

11 Francia febbraio-maggio 1994

525 operatori sanitari Popolazione generaledi un altro studio(controllo storico)

Non è stata riscontrata alcuna differenza trala popolazione studiata e la popolazionegenerale

12 Belgio 1986-1987 5.064 impiegati in 22diversi ospedali

Popolazione generale(caratteristiche non specificate)

La prevalenza è significativamente inferiorenel gruppo di operatori sanitari nelle classi di età compresa tra i 25 e i 54 anni

13 Francia 1999 (anno dipubblicazione)

926 operatorisanitari, di cui 45,4%infermieri e 42%assistenti infermieri

• 322 impiegati inospedale conmansioni d’ufficio• 268 cuochi o addettialla cucina

Gli operatori sanitari non hanno un rischiomaggiore di contrarre l’infezione rispetto agli impiegati (sieroprevalenza= 53,8%).Tra gli operatori sanitari, la sieroprevalenza è maggiore negli assistenti degli infermieri che negli infermieri.La sieroprevalenza negli addetti alla cucina è del 53,4%

14 Israele 2001 (anno dipubblicazione)

115 soggettiimpiegati in ambitodentistico, di cui• 82 dentisti• 21 assistenti• 8 igienisti• 4 tecnici di laboratorio

/// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• globale 51,3%• dentisti 50,0%• non dentisti 54,4%

E’ stata riscontrata una sieroprevalenzamaggiore, ma non statisticamente significativa,nei soggetti che avevano lavorato in ospedalee in quelli che avevano lavorato con bambini.E’ invece risultata statisticamente significatival’associazione tra il rischio di contrarre l’HAV e il numero di anni di servizio

Risultati

Sintesi delle principali prove disponibili44

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONELa consensus conference1 organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 raccomandava, oltre a unavalida formazione, la vaccinazione selettiva del personale addetto al trattamento e smaltimento delle ac-que reflue e dei liquami, preceduta dallo screening per la ricerca degli anticorpi anti-HAV. Effettivamenteesiste una plausibilità biologica di rischio di contrarre l’epatite A in questa categoria, per lo sviluppo diaerosol e per il contatto diretto con materiali potenzialmente contaminati, come confermato anche dalladescrizione di un’epidemia.2

OBIETTIVOStabilire se vi sono prove per poter considerare gli addetti al trattamento e allo smaltimento delle acquereflue un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccina-zione in questa categoria.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia diricerca ha utilizzato termini MESH e parole libere: Hepatitis A (MESH), hepatitis viral, human (MESH),HAV.mp, Sewage (MESH), waste management (MESH), water purification (MESH), sewage.mp, occupa-tional diseases (MESH). Sono stati selezionati 18 articoli considerati pertinenti, di cui 2 irreperibili nelle bi-blioteche italiane. Un articolo è stato scartato a causa della lingua (danese), considerando che posse-diamo altri articoli che trattano lo stesso aspetto dell’argomento in lingue più accessibili. Un altro è statospostato dopo la lettura del testo completo in un altro gruppo. E’ stato raggiunto un totale di 14 articoli per-tinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Isti-tuto superiore di sanità nel 1995.1

RISULTATISono stati esaminati 9 studi di prevalenza,3-11 sette dei quali concordano su un rischio per questa cate-goria (tabella 1). Un lavoro12 consiste in una lettera di commento allo studio riportato nell’articolo 3. Un ul-teriore lavoro,13 ambientato in Israele, non riscontra una maggiore prevalenza degli anticorpi anti-HAV inquesta categoria, come confermato anche dall’articolo 10.Vi sono 3 studi,2,14,15 risalenti ad alcuni anni fa, che riferiscono di focolai epidemici che hanno coinvoltoalcuni membri del personale addetto allo smaltimento dei liquami.

COMMENTONella maggior parte degli studi si riscontra una più alta sieroprevalenza in questa categoria che è espo-sta a rischio di infettarsi nel caso di un’epidemia nella comunità, specialmente in zone a bassa ende-mia, dove è alta la frequenza di adulti suscettibili. Infatti, in paesi ad alta endemia, dove la circolazionedel virus è maggiore, gran parte degli adulti sono naturalmente immuni. Uno studio condotto in Israele8

non riporta differenze significative con una popolazione di controllo, ma la popolazione a 20 anni ha unasieroprevalenza superiore all’80%. Alcuni studi6,7,10 in cui non si riscontrano differenze significative nel-la sieroprevalenza fra gli addetti agli impianti di depurazione e le popolazioni di riferimento, mostranoevidenza di un rischio, anche se limitato, associato all’esposizione a liquami. Sebbene siano descrittifocolai epidemici che hanno coinvolto personale addetto allo smaltimento dei liquami, nessuno riportaepidemie in cui essi rappresentino la sorgente di infezione. In conclusione, vi è la prova che, pur conl’osservanza di misure igieniche adeguate, questa categoria è esposta a un maggior rischio correlatocon la professione.

E’ stata riscontrata tra gli addetti allo smaltimento delle acque reflue e dei liquami una maggior incidenza, diffusione o gravità dell’infezionedell’epatite A? Questi lavoratori costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

45Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

3

TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN ADDETTI ALLO SMALTIMENTO DEI LIQUAMIArt n.

Inghilterra

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazionedi riferimento

1993(anno dipubblicazione)

40 addetti allosmaltimento dei liquamiEtà media: 42,2 anni.53 tutori di persone con difficoltàd’apprendimento.Età media: 41,3 anni

18 addetti allalavorazione dell’asfalto:età media: 38,7 anni.20 lavoratori in ufficio:età media: 41 anni

4 Singapore novembre1992-gennaio 1993

600 addetti allo smaltimento dei liquami

453 adulti sani chefacevano test clinici di routine

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 72,7%(436/600);• controlli 50% (230/453).La prevalenza negli addetti allosmaltimento dei liquami è 2,2 voltemaggiore di quella riscontrata nei controlli nelle classi d’età oltre i 30 anni

5 Canada 1995 (anno dipubblicazione)

76 addetti allo smaltimento dei liquami.Età media 41 anni Anni di lavoro: 10

2 controlli presi dallapopolazione generaledella stessa età e sesso per ogni caso

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV (%):

<40 >40• popolazione studiata: 54 81• controlli: 49 65La differenza non è significativa, diventa significativa dopo i 40 anni

6 Francia novembre-dicembre 1993

155 impiegati in un impianto didepurazione dell’acqua esposti al contatto con i liquami

70 lavoratori nello stesso impiantonon esposti al contattocon i liquami

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 60% (93/155);• popolazione di riferimento: 47,1% (33/70).La differenza non è significativa, ma correggendo i fattori di confondimento, emerge chel’esposizione ai liquami rappresenta un rischio, seppur modesto

7 Inghilterra giugno 1995-febbraio 1996

228 impiegati in un impianto di depurazione

/// Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• 34,6% (79/228)• <40 anni 19% (22/79)• >40 anni 50% (57/79)Associazione tra prevalenza e esposizione ai liquami, ma non ai liquami trattati

Risultati

La prevalenza degli anticorpi anti-HAVnegli addetti allo smaltimento dei liquami è maggiore di quellariscontrata nella popolazione di riferimento.Fattori di rischio:• aerosol;• abbigliamento ed equipaggiamentocontaminati;• consumo di cibo sul posto di lavoro;• abitudine al fumo sul posto di lavoro

continua

Sintesi delle principali prove disponibili46

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

8

TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN ADDETTI ALLO SMALTIMENTO DEI LIQUAMIArt n.

Israele

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazionedi riferimento

novembre1996-aprile1997

100 addetti allo smaltimentodei liquamiEtà: 22-27 anniEsposizione ai liquami da 0,5 a 3,5 anni

100 impiegati con mansioned’ufficio

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata 82%• controlli 91%Non ci sono differenze significative tra popolazione studiata e popolazione di controllo.Si tratta di una zona ad alta endemia e basso livello socioeconomico, con altasieroprevalenza anche nella popolazionegenerale

9 USA 1998-1999 163 addetti allo smaltimento dei liquami.Età media 46 anni

139 elettricisti e addetti allaristorazione

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 26% (42/163)• popolazione controllo: 12% (17/139)L’impiego allo smaltimento dei liquami non risulta, dopo il controllo dei fattori di confondimento, significativamenteassociato a un aumento di prevalenza

10 USA 1996-1997 359 addetti allo smaltimento dei liquami.Età media 41,3 anni

89 lavoratori in acquedotti.Età media 41,2 anni

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 28,4% (102/359)• popolazione controllo: 23,6% (21/89)La differenza della prevalenza nei 2 gruppi non è significativa, ma dopo controllo dei fattori di confondimento, risulta esserciassociazione tra HAV ed esposizione ai liquami.Fattori di rischio:• consumo di cibo sul posto di lavoro;• più di 8 anni di servizio;• non indossare la maschera di protezione;• contatto con liquame almeno 1 volta al giorno

11 Italia 2001 (anno dipubblicazione)

65 addetti allosmaltimento dei liquami• uomini 94%• donne 6%laureauniversitaria 2%

160 altri lavoratorinella stessa areadella popolazione diriferimento:• uomini 69%• donne 31%laurea universitaria 11%

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 50,7% (33/65)• popolazione controllo: 45,7% (70/160)La differenza della prevalenza nei 2 gruppinon è significativa, neanche dopoaggiustamento.Associazione con basso titolo di studio,nascita nel Sud Italia

Risultati

47Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEGli alimentaristi svolgono un duplice ruolo nella catena di trasmissione dell’HAV; essi possono:• contrarre l’infezione, mediante la manipolazione di alimenti contaminati;• rappresentare, una volta infettati, la sorgente d’infezione attraverso la contaminazione del cibo du-

rante le fasi di preparazione.Pur essendo descritte1 numerose epidemie di HAV legate all’ingestione di cibo contaminato (soprattut-to molluschi e frutti di mare crudi), sono poche le segnalazioni di focolai in cui sono coinvolti gli ali-mentaristi come portatori ed escretori del virus e, in questi casi, la trasmissione risulta legata a una scar-sa osservanza delle universali norme igieniche. In caso di alimentaristi che contraggono l’infezione, nonc’è dimostrazione di contagio come conseguenza diretta dell’attività lavorativa.E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanitànel 19952 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli alimentaristi la vaccinazione con-tro l’epatite A, sottolineando, invece, l’importanza di una valida formazione del personale e di un’effi-cace vigilanza sulle strutture.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per considerare gli alimentaristi un gruppo a rischio di contrarre o esseresorgenti di infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni, inserendo termini con-trollati e parole libere: hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), HAV.pm, Food Handling (ME-SH), Occupational Diseases (MESH), Risk Factor (MESH), risk, risk group.mp.Sono stati selezionati 10 articoli considerati pertinenti, 1 dei quali è risultato non pertinente dopo la let-tura del testo completo.E’ stato aggiunto a questo gruppo un ulteriore lavoro,1 menzionato nell’introduzione, ma non indicizza-to su Medline, inerente alla correlazione tra HAV, alimenti e relative misure di prevenzione, raggiungendoun totale di 9 articoli pertinenti.E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto su-periore di sanità nel 1995.2

RISULTATIUno studio di prevalenza,3 di qualità non elevata, ricerca la sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV in va-rie categorie lavorative tra cui alimentaristi e operatori sanitari con differenti mansioni in ambiente ospe-daliero e rileva un lievissimo aumento di prevalenza (10%) negli alimentaristi di età inferiore a 30 anni,rispetto alla popolazione generale (4,4%). Un altro studio del 19904 riscontra una sieroprevalenza di an-ticorpi anti-HAV maggiore nel personale addetto alla cucina che nel personale medico, senza però con-siderare i fattori di tipo socioeconomico.Un dato interessante, che emerge da un lavoro italiano del 1996,5 è l’eventuale seppur modesto rischiodi contrarre l’infezione in seguito a manipolazione di alimenti crudi. Un altro lavoro italiano6 riscontraun’associazione significativa tra sieropositività e anzianità lavorativa degli alimentaristi.Cinque articoli4,7-10 descrivono focolai epidemici potenzialmente associati ad alimentaristi infetti (tabella1); in 1 di essi, l’assenza di IgM anti-HAV nel siero degli alimentaristi ha escluso il loro possibile ruoloquale sorgente d’infezione.

E’ stata riscontrata tra gli alimentaristi una maggiore incidenza,diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi lavoratori costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

Sintesi delle principali prove disponibili48

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

7

TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI CAUSATI DA ALIMENTARISTIArt n.

USA

Luogo Anno Caso indice Persone coinvolte

maggio-dicembre 1996

/// 170 soggetti L’assenza di IgM anti-HAV nel siero di730 alimentaristi impiegati nelle mensedove si servivano i soggetti infettati haescluso il possibile ruolo degli stessiquale sorgente d’infezione

4 Germania 1990(anno dipubblicazione)

1 cuoco 7 persone, di cui • 4 infermieri• 1 donna delle pulizie• 1 medico• 1 paziente

Cibo contaminato dal caso indice

10 USA 1 alimentaristaimpiegato in un’impresa di catering

91 persone Manipolazione di alimenti crudi

9 USA aprile-maggio1994

1 fornaio 79 persone, di cui • 9 impiegate nel clubrifornito dal fornaio• 55 clienti del club• 2 casi secondari

Manipolazione di prodotti dolciari

8 USA luglio-agosto 1988

1 alimentaristatossicodipente

68 persone Manipolazione di hamburger dopo la cottura

Fattori di rischio

ottobre 1994

COMMENTODalla revisione della letteratura dal 1990 non emerge alcuna prova di rischio per l’epatite A tra gli ali-mentaristi.L’evenienza di una contaminazione alimentare da parte di alimentaristi portatori del virus o di un’infezio-ne degli stessi attraverso la manipolazione di cibi infetti è facilmente evitabile mediante l’osservanza del-le più comuni e basilari norme igieniche.Pertanto non ci sono motivazioni valide per considerarli un gruppo a rischio e consigliare la vaccinazio-ne di tutti gli alimentaristi.

49Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEIl riconoscimento dell’asilo quale sorgente di trasmissione di HAV risale alla metà degli anni settanta,come descritto in una review del 19941 che riporta diversi studi focalizzati sulla segnalazione di focolaiepidemici in asili.Negli asili il virus dell’epatite A è trasmesso attraverso cibo infetto, giocattoli e fonti contaminati, e me-diante il contatto interpersonale. Sono perciò a rischio, oltre ai bambini, tra cui è più facile e compren-sibile la trasmissione dell’infezione, anche i familiari e i membri del personale, tra cui il contagio è su-bordinato all’inosservanza delle basilari norme igieniche.E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanitànel 19952 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli assistenti all’infanzia la vaccina-zione contro l’epatite A, migliorando invece, per superare il problema, la formazione del personale.

OBIETTIVOStabilire se esiste la prova per poter considerare il personale dell’asilo nido un gruppo a rischio di con-trarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategiadi ricerca ha utilizzato termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere. I termini impiegati so-no stati: hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), HAV.pm, Day Care Centre. Sono stati tro-vati 18 articoli considerati pertinenti, di cui 9 irreperibili nelle biblioteche italiane.E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto su-periore di sanità nel 1995.2

RISULTATIQuattro degli studi valutati3-6 riferiscono diverse epidemie, le cui caratteristiche sono riportate nella ta-bella 1, che vedono l’asilo nido quale sorgente dell’infezione. Uno di questi articoli6 evidenzia come spes-so l’infezione decorra in maniera asintomatica nei bambini, che possono quindi rappresentare una fon-te di contagio silente. Epidemie precedenti al 1990 sono riportate in una review del 1994,1 menzionatanell’introduzione. Sono stati esaminati 2 studi di prevalenza,7,8 i cui risultati sono visualizzati nella ta-bella 2. Il primo di questi due articoli2 ricerca la sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV nel personale diun asilo nido belga e sebbene si tratti di 2 popolazioni numericamente sproporzionate (413 vs 24), i ri-sultati indicano un aumento della prevalenza nei membri esposti a maggior rischio perché a diretto con-tatto con i bambini, rispetto a quelli meno esposti perché impiegati in mansioni d’ufficio.E’ stata anche riscontrata nel personale di età compresa tra i 35 e i 44 anni una prevalenza maggiorerispetto ai controlli, scelti tra i donatori di sangue.Il secondo studio8 rileva una sieroprevalenza del 13% tra impiegati in un asilo nido statunitense e nontrova alcuna associazione tra sieropositività e altri parametri, quali anzianità di servizio nell’asilo nido,frequenza del cambio di pannolini, consumo di cibo sul luogo di lavoro, uso dei guanti, etnia, età.Un ulteriore articolo testimonia che, anche in realtà a elevata endemia e alta sieroprevalenza anticor-pale, quale il Brasile, il rischio di contrarre l’HAV è proporzionale al tempo di permanenza nell’asilo.9Un lavoro sul tasso di incidenza annuale di epatite A in diverse categorie professionali conclude che ilpersonale che lavora con i bambini non presenta un rischio significativamente maggiore rispetto allapopolazione generale.10

E’ stata riscontrata tra il personale degli asili nido e delle scuole materneuna maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da epatite A?Questo personale costituisce un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

Sintesi delle principali prove disponibili50

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

3

TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI ORIGINATI IN ASILI NIDIArt n.

USA

Luogo Anno Caso indice Casi secondari

1988-1989 /// 311 casi di epatite A:111 casi, su 302 di cui sihanno informazioni, hannoavuto contatti con l’asilonido:• 33 bambini• 4 impiegati• 74 contatti familiari

Asili nidi sovraffollati

4 Francia marzo-luglio 1994

1 compagno di classe di un fratellomaggiore di un bambinodell’asilo

17 persone coinvolte:• 11 bambini (2-3 anni)• 2 membri del personale(su 19)• 3 genitori• 1 genitore educatore

Giochi dei bambini nella stessa piscina

6 Italia 2 bambiniasintomatici,in una comunità per bambini orfaniprovenienti dal Ruanda

6 persone coinvolte, di cui 5 facenti parte del personale volontario di questa comunità e 1 figlia di uno dei volontari

Contatto con bambini asintomatici

5 Israele luglio 1997-febbraio1998

Probabilmente casiasintomatici in un asilo nido

23 persone coinvolte, di cui17 avevano contatti conl’asilo nido:• 14 con figlio all’asilo nido• 3 contatti delle 14 personesopra riportate

Uso dello stesso lavandino per la preparazione dei pasti e il cambio dei pannolini

Fattori di rischio

maggio-settembre1994

LACUNE CONOSCITIVEI dati sul ruolo del personale nelle epidemie originatesi in asili nido sono limitati e non univoci. Non cisono documenti a riguardo dal 1996.

COMMENTODall’analisi degli studi raccolti è assolutamente evidente la possibilità di insorgenza di focolai epidemi-ci di HAV nell’ambito di asili nido tra i bambini, ma non c’è alcuna prova che il personale di assistenzasia a rischio. Dalla lettura degli articoli che descrivono l’insorgenza e diffusione di epidemie in asili nido emerge cheil rischio di contrarre l’infezione è maggiore nei familiari che nel personale; nei primi il rischio è legatoallo stretto contatto con i bambini, nel secondo è facilmente evitabile attraverso un’adeguata osservanzadelle universali norme igieniche. Esigui e non univoci sono i lavori che studiano la sieroprevalenza an-ticorpale nei membri dello staff. Pertanto non ci sono motivazioni valide per considerare il personale ungruppo a rischio e suggerirne la vaccinazione.

51Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

7

TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA NEL PERSONALE DI ASILI NIDOArt n.

Belgio

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazione riferimento

1991 560 impiegate in 40asili nido:• 413 esposti a > rischio (contattocon i bambini)• 24 esposti a < rischio (lavorod’ufficio)• 123 con mansioni non specificate

560 donatrici di sangue Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 48,4%• popolazione di riferimento: 42,9%.Nell’ambito della popolazione studiata,la prevalenza nelle 413 impiegateesposte a maggior rischio è 3 voltemaggiore di quella nelle 24 esposte a minor rischio.Nelle classi di età 35-39 e 40-44 anni la sieroprevalenza tra i casi supera del 26 e 34% rispettivamente quellaregistrata tra i controlli

8 USA maggio-agosto 1994

360 impiegati in asilinido

/// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: 13% (48/360)La sieropositività è fortemente associataal non essere nati in USA; ma non è associata ad altre variabili (sesso,livello d’istruzione, anzianità di servizionell’asilo, frequenza del cambiopannolini, uso dei guanti, consumo di cibo sul luogo di lavoro)

Risultati

Sintesi delle principali prove disponibili52

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEI soggetti con handicap fisici e, soprattutto, mentali istituzionalizzati possono più facilmente contrarre l’HAVattraverso la trasmissione oro-fecale a causa della maggiore difficoltà nel rispettare le comuni norme igie-niche.Nonostante il declino dell’incidenza dell’epatite A in seguito a notevoli miglioramenti in campo igienico esanitario, focolai epidemici sono stati riportati nell’ambito di comunità dal 1970.1La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 non menziona questi sog-getti tra i potenziali gruppi a rischio di acquisire l’HAV.2

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti istituzionalizzati o il personale di tali istituzio-ni un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazio-ne in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline ed Embase; limitatamente agli ultimi 10 anni.Parole chiave, sia in vocabolario controllato che in termini liberi: Hepatitis A; Hepatitis A virus, human; In-stitutionalization; Residential Facilities; Community Mental Health Center, Hospice, Nursing Home, Resi-dential Home, Health Care Facility. Sono stati individuati 7 articoli considerati pertinenti, di cui 3 irreperi-bili nelle biblioteche italiane, raggiungendo un totale di 4 articoli pertinenti.E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto su-periore di sanità nel 1995.3

RISULTATISono stati valutati 4 studi di prevalenza1,2,4,5 i cui risultati sono visualizzati in tabella 1. I primi due lavori,1,4

di qualità non elevata, sono stati effettuati in concomitanza con l’insorgenza di focolai epidemici in duecomunità per soggetti con handicap mentali. Il terzo articolo,5 di qualità migliore, evidenzia una prevalen-za superiore nella popolazione studiata.Il quarto lavoro3 non presenta una popolazione di confronto, ma non riscontra un’associazione tra la du-rata del ricovero e la prevalenza di Ig anti-HAV né tra i bambini istituzionalizzati né tra il personale di 13istituti in Francia.

LACUNE CONOSCITIVEI lavori che studiano il rischio di soggetti istituzionalizzati di contrarre HAV sono pochi; oltretutto, 2 dei 4studi di prevalenza raccolti sono di qualità non elevata.

COMMENTOIl problema del rischio di focolai epidemici tra soggetti con handicap mentali o fisici residenti in questicentri sta emergendo, in quanto il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie ha determinato un de-clino della sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV nella popolazione generale, con conseguente incrementodella suscettibilità all’infezione.Gli articoli, sebbene 2 di essi siano di qualità non elevata, vanno tutti nella stessa direzione, mostrandouna maggiore prevalenza anticorpale nei soggetti istituzionalizzati. Perciò, tenendo presente la scarsità

Sono state riscontrate una maggior incidenza, diffusione e gravitàdell’infezione da virus dell’epatite A tra i soggetti con handicapistituzionalizzati o tra i membri del personale di tali istituzioni? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

53Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

numerica di dati disponibili, sembra che ci sia per i pazienti una modesta prova di rischio nell’ambito del-le istituzioni.Nessuno degli articoli raccolti menziona il rischio di contrarre l’ HAV per il personale delle comunità, che,rispettando le basilari norme igieniche, può facilmente tutelarsi dall’esposizione al virus. Il lavoro, che con-sidera il rischio di contrarre l’ HAV per il personale delle comunità,3 non trova un’associazione con la du-rata dell’attività negli istituti; infatti il personale, rispettando le basilari norme igieniche, può facilmente tu-telarsi dall’esposizione al virus.

4

TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN SOGGETTI ISTITUZIONALIZZATIArt n.

Australia

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazione riferimento

febbraio1993

270 soggetti con difficoltàdi sviluppo,istituzionalizzatipermanentemente.La popolazione è statastudiata in seguito aun’epidemia che hacoinvolto:• 11 residenti permanentidel centro• 2 residenti temporanei• 1 membro del personale

/// In 128 dei 270 soggetti istituzionalizzatisono stati riscontrati segni sierologici di infezione recente o passata: 117 sonorisultati positivi alla ricerca delle Ig totalianti-HAV, ma negativi alle IgM, 11 sonorisultati positivi alla ricerca delle IgM.Fattori di rischio:• età dei residenti• tempo di permanenza nel centroCirca la metà dei residenti del centro(52,6%) sono suscettibili all’HAV: è proposta la vaccinazione

1 Francia ottobre1992-febbraio1993

280 soggetti con difficoltàdi apprendimentoistituzionalizzati. Età media 31,1 anni:• uomini: 133• donne: 147La popolazione è statastudiata in seguitoall’identificazione di 3 casinella comunità

Popolazione generalefrancese (le caratteristiche non sono specificate)

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:globale 49,8%, di cui:• uomini 39,1% (52/133)• donne 59,6% (87/147)Il rischio di contrarre l’HAV è maggioreper i soggetti ricoverati che per la popolazione generale

2 Francia 811 bambiniistituzionalizzati. Età media 12,6 anni.Durata mediaistituzionalizzazione: 3,2 anni

/// Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV nella popolazione studiata:20%.Gli unici fattori associati al rischiod’infezione da HAV sono l’originegeografica e l’età

5 Spagna giugno 1996-gennaio1997

157 pazienti con ritardomentale. Età media 24,4±3 anni.Durataistituzionalizzazione: 9,7±5 anni

157 pazienti nonritardati (con cecità).Età media 19,2±5 anni.Durataistituzionalizzazione:4,6±3 anni

Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 54%• controlli: 22%I soggetti mentalmente ritardati hannorischio di contrarre HAV maggiore dei non ritardati

Risultati

1989-1991

Sintesi delle principali prove disponibili54

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEData la breve durata del periodo di viremia nell’epatite A, l’infezione da HAV non è una complicanza si-gnificativa delle trasfusioni di sangue; tuttavia, sebbene rari, alcuni casi di trasmissione sono stati ri-portati in seguito a trasfusione di sacche di sangue da donatori nella fase d’incubazione e tra tossico-dipendenti per via endovenosa.1 Una review del 19942 riferisce che nessuno degli studi prospettici con-dotti negli anni settanta e ottanta per stabilire l’incidenza di epatite A post trasfusionale ha identificatocasi di infezione da HAV trasmessa per via parenterale.I primi dati in letteratura a favore di una trasmissione attraverso il sangue risalgono al 1981 quando un’e-pidemia di epatite A si è verificata in una clinica pediatrica in Svezia, causata da una bambina che ave-va ricevuto sangue infetto alla nascita. Simili episodi risalenti al 1984 sono riportati nella stessa review.Attualmente in Francia viene raccomandata la vaccinazione ai politrasfusi.3La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 affrontava l’argomento deipolitrasfusi occupandosi solo del problema degli emofiliaci, da noi esaminato in una categoria separata.4

OBIETTIVOStabilire se esistono evidenze per poter considerare i politrasfusi un gruppo a rischio di contrarre l’infe-zione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategiadi ricerca ha utilizzato termini con vocabolario controllato e termini liberi: Hepatitis A (MESH), HepatitisA virus, human (MESH) Vaccination, Transfusion, Risk, Risk Factor, Risk group, con l’esclusione degli ar-ticoli riguardanti l’HIV e l’emofilia; sono stati individuati 21 articoli considerati pertinenti, di cui 9 irrepe-ribili nelle biblioteche italiane. Non sono stati reperiti 2 articoli redatti in lingua cinese e giapponese. Dei10 articoli esaminati, 4 sono risultati non pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale dellaconsensus conference, organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.4

RISULTATISono stati valutati 2 articoli5,6 dei primi anni novanta che descrivono 2 focolai epidemici negli USA, in cuiil caso indice era rappresentato da bambini trasfusi con plasma o sangue infetto. Uno studio condotto inSicilia nel 1997,7 che ricerca i marcatori sierologici per l’epatite A in 75 pazienti talassemici politrasfusi,mostra una bassa prevalenza degli anticorpi anti-HAV (2,7% nella fascia d’età tra 0 e 19 anni e 11,4% nel-la fascia tra i 20 e i 39 anni). Sono stati infine esaminati 3 lavori1-3 già menzionati nell’introduzione.

LACUNE CONOSCITIVEE’ presente un solo studio di prevalenza nel gruppo dei politrasfusi.

COMMENTODalla revisione della letteratura dal 1990 è assolutamente evidente, sebbene rara, la possibilità di tra-smissione del virus dell’epatite A per via parenterale. Infatti gli articoli esaminati riportano diversi epi-sodi di trasmissione dell’HAV post trasfusionale nei bambini.Non ci sono però dati di prevalenza a sostegno dell’ipotesi di un rischio aumentato; l’unico studio dispo-nibile è un articolo italiano che mostra una sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV molto bassa in sog-getti talassemici politrasfusi, probabilmente legata a una minor esposizione ai generici fattori di rischio.Pertanto non ci sono prove che ci consentono di considerare i politrasfusi un gruppo a rischio.

E’ stata riscontrata tra i politrasfusi una maggiore incidenza, diffusione o gravità dell’infezione da epatite A? I politrasfusi costituiscono un gruppo a rischio ?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

55Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEI concentrati dei fattori della coagulazione prodotti da pool di donazioni possono essere contaminati davirus dell’epatite A, presente anche in un singolo donatore fortemente viremico. I metodi di inattivazio-ne con solvente/detergente non sono attivi contro il virus dell’epatite A. E’ stato dimostrato che emofi-liaci trattati con tali prodotti sono a rischio di contrarre l’infezione. La consensus conference del 1995dell’Istituto superiore di sanità1 raccomandava la vaccinazione per gli emofiliaci.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti emofiliaci un gruppo a rischio per l’infezio-ne da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline (1966-2000) ed Embase (1988-2000), limitatamente agli ultimi 10 anni. E’stata seguita una strategia di ricerca attraverso termini di vocabolario controllato (MESH) e parole li-bere: Hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), hepatovirus (MESH), hemophilia (MESH), ri-sk (MESH), risk group.mp, risk factor.mp. Sono stati trovati 39 articoli considerati pertinenti, di cui 14 ir-reperibili nelle biblioteche italiane. Dei 25 articoli pervenuti, alla lettura del testo completo 1 è risultatonon inerente: in totale sono pertanto 24 gli articoli pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documentofinale della consensus conference, organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.1

RISULTATIDal 1989 al 1997 sono stati pubblicati vari studi che riferiscono di numerosi focolai epidemici di epatite Ain soggetti emofiliaci trattati con fattore VIII e IX della coagulazione precedentemente inattivati col meto-do solvente/detergente.2,3,4C-10 I risultati, riportati nella tabella 1, vengono raccolti e analizzati in 2 recen-ti review.11,12 Gli studi di prevalenza e caso controllo effettuati,13-23 riportati in tabella 2, e un lavoro del19924A non riscontrano una maggior evidenza di infezione da epatite A nei pazienti emofiliaci. Una letteradel 19924B riferisce che è stato costituito un gruppo di studio internazionale per definire la situazione. Unlavoro del 199324 raccomanda la sterilizzazione terminale del sangue con calore secco a 100° C per di-struggere anche i virus privi di involucro lipidico. Da uno studio retrospettivo del 199625 emerge la possi-bilità di trasmissione dell’HAV, seppur rara, e viene trovato l’HAV-RNA mediante PCR nel fattore IX tratta-to con solvente/detergente.

COMMENTOUna recente review12 riporta numerosi casi di epatite A in emofiliaci, trattati con concentrati di fattore VIIIe IX inattivati con solvente/detergente, verificatisi tra il 19872,3 e il 1997.10 Il principale fattore di rischio erada ricondurre all’inefficacia del trattamento con solvente/detergente nell’inattivare il virus dell’epatite A.Inoltre la diminuita incidenza dell’infezione da virus dell’epatite A nei paesi industrializzati è responsabiledella presenza di un maggior numero di giovani e di adulti suscettibili all’infezione anche fra gli emofilia-ci. E’ anche aumentata la probabilità che un donatore possa presentare un’epatite A in fase di incubazio-ne e che vi sia una ridotta quantità di anticorpi specifici nei pool di donazioni. Attualmente non vi sono piùsegnalazioni di epatite A negli emofiliaci, in quanto il sistema di inattivazione è stato completato con untrattamento al calore capace di neutralizzare il virus dell’epatite A ed è sempre maggiore l’uso di prodot-ti ottenuti con tecniche di ricombinazione genetica. Dall’esame della letteratura appare evidente che, uti-lizzando concentrati privi di HAV o trattati con metodi capaci di inattivare il virus, gli emofiliaci non pre-sentano un rischio di contrarre l’epatite A superiore a quello della popolazione generale.

E’ stata riscontrata tra gli emofiliaci una maggior incidenza, diffusione o gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli emofiliaci costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

Sintesi delle principali prove disponibili56

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

2

TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA EMOFILIACIArt n.

Italia

Luogo Anno Numero dei casi

1989-1992 41 casi inpazienti con emofilia A in 10 centriitaliani

C’è una maggiore incidenza nei pazienti con emofilia A grave

4 c Irlanda maggio-agosto1992

17 casi di infezione su 343 pazienti trattaticon FVIII S/D

Vi è una notevole coincidenza tra trasfusione di FVIII S/D e casi di epatite A

5 Belgio 1992 6 emofiliaci trattati con FVIII S/D su 250emofiliaci studiati

In Belgio un simile cluster di epatite A è insolito

6 Sud Africa giugno 1993-febbraio 1994

7 pazienti con emofilia A trattati con FVIII S/D1 paziente con malattia di Von Willebrand

In 3 dei pazienti studiati erano presentisequenze di HAV cDNA identiche al100% in un lotto di sangue

78

USA settembre-novembre 1995

3 casi in pazienti affetti da emofilia A1 caso in pazienti affetti da emofilia B

I fattori della coagulazione S/D sonoriconosciuti come fattore di rischio

9 USA 1995 4 casi in emofiliaci A2 casi in emofiliaci B

L’HAV è stato identificato nei FVIII e FIXtrasfusi

10 Germania gennaio 1997 5 casi in pazienti con emofilia A1 caso in pazienti con malattia di von Villebrand

L’epatite A può essere trasmessatramite FVIII S/D

3 Germania 1988-1992 13 casi di infezione su 46 pazienti trattaticon FVIII S/D

E’ stato trovato HAV-RNA in un lotto di sangue sospetto

Fattori di rischio/conclusioni

13

TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA E CASO-CONTROLLOArt n.

Italia

Luogo Anno Popolazionestudiata

Popolazione riferimento

1992 53 pazienti con emofilia A9 pazienti con malattia di Von Villebrand

67 parenti in buonostato di salute

Prevalenza anticorpi anti HAV:• popolazione studiata: 63% (39/62)• popolazione riferimento: 72% (48/67)Nessuna differenza significativa tra i 2 gruppi

Risultati

14 Germania 1993 58 pazienti con emofilia A37 pazienti con malattia di Von Villebrand trattaticon concentrati di FVIIIpastorizzatoEtà media: 8 anni

61 bambini ricoveratinel reparto dichirurgia e bambinicon difetti dellacoagulazione masenza necessità diterapia sostitutiva

Prevalenza anticorpi anti HAV:• popolazione studiata: 3,16%• popolazione riferimento: 4,82% La pastorizzazione risulta un metodo sicuro per prevenire la trasmissione di HAV

15 USA 1993 339 soggetti trattati dal 1985 al 1990 con preparati di fattoridella coagulazione, inclusiquelli trattati con S/D. Diquesti 130 erano anti-HAVnegativi all’entrata

/// Sieroconversione in 11/130 emofiliaci (8,5%).Sembra che la sieroconversione sia avvenutaper trasferimento passivo di anticorpi

continua

57Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA E CASO-CONTROLLOArt n. Luogo Anno Popolazione

studiataPopolazione riferimento

17 USA 41 emofiliaci /// I pazienti con emofilia, principalmente quelli HIVpositivi, hanno una maggior prevalenza dianticorpi anti-HBV (75,6%) e anti-HCV (90,2%)che di anti-HAV (24,4%)

16 Norvegia 1992 202 emofiliaci Donatori di sanguestratificati per età

28/202 emofiliaci erano IgG-antiHAV positivi.Nessuna differenza significativa rispetto al gruppo di controllo

Risultati

1993

18 Svezia 50 emofiliaci Caratteristiche non specificate

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 20% (10/50)• popolazione riferimento: 5%La maggior parte delle sieroconversioni nellapopolazione studiata risale a prima del 1983.Non c’è stata una recente conversione

1994

19 Italia 29 pazienti emofiliaci conepatite e itteroEtà media: 22 anni

71 pazienti emofiliacisenza segni di infezioneEtà media: 22 anni

La trasfusione di FVIII è ritenuta un fattore dirischio.L’identificazione di sequenze di HAV-RNA in 5dei 12 lotti testati indica che la contaminazionevirale dei preparati di FVIII S/D avvieneabbastanza frequentemente

1994

20 Francia 69 bambini con emofilia A10 bambini con emofilia BEtà media: 7,5 anniOrigine:• 73 Nord Europa• 6 Africa

1.061 bambinifrancesi non emofiliaciEtà: range 6-15 anni

Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 7,6% (6/79)

1/6 europeo (1,4%)5/6 africani (83,3%)

• popolazione riferimento: 9% L’infezione è associata a fattori ambientali egeografici piuttosto che all’uso do concentratiantiemofilici

1995

21 Irlanda 29 emofiliaci residenti inIrlanda con epatite A acutaEtà media: 16 anni

78 emofiliaci residenti in Irlandaanti-HAV negativiEtà media: 22 anni

L’incidenza di epatite A acuta tra gli emofiliacieccede quella nella popolazione generale.L’associazione dell’infezione con FVIII risulta il più importante fattore di rischio. E’ statodimostrato un effetto dose-risposta

1993

23 Olanda 292 emofiliaci A42 emofiliaci B7 pazienti affetti da malattiadi Von Villebrandsuddivisi per età

19.746 donatori di sangue suddivisiper età

Prevalenza:• casi: 17% (58/341)• controlli: 41% (8047/19746)La prevalenza nei pazienti emofiliaci è minore di quella dei donatori

1993-1994

22 USA 1) STUDIO DI PREVALENZA46 bambini emofiliaci trattaticon concentrati di FVIII,inattivato con varie metodichetra cui melATE (S/D)2) STUDIO CASO-CONTROLLO37 emofiliaci trattati conmelATE

///

37 emofiliaci nontrattati con melATE

1995 1) 1 bambino su 46 risulta positivo.

2) Prevalenza IgG anti-HAV:• casi: 41% (15/37)• controlli: 43% (16/37)Non c’è maggior prevalenza di infezione in pazienti che hanno usato melATE

Sintesi delle principali prove disponibili58

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONELa questione dell’epatite A nei tossicodipendenti1 è strettamente correlata con la variazione della preva-lenza nella popolazione generale.Infatti, i primi paesi in cui si è riscontrato un aumento dei casi di epatite A in tossicodipendenti sono quel-li scandinavi, in cui la prevalenza nella popolazione è bassa.2Con l’aumento del fenomeno della tossicodipendenza, nei paesi a bassa incidenza di epatite A si è assi-stito, durante la prima metà degli anni ottanta, a una crescita parallela della prevalenza di epatite A in tos-sicodipendenti in cui l’immunità naturale era ridotta.3In Italia la consensus conference organizzata dall’ Istituto superiore di sanità nel 1995 consigliava la vac-cinazione di individui tossicodipendenti.4

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per considerare i tossicodipendenti un gruppo a rischio di contrarre l’infezio-ne da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questi soggetti.

METODOBanche dati consultate: Medline (1966-2001) ed Embase (1988-2001).E’ stata utilizzata una strategia di ricerca con termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere.Substance abuse, intravenous (MESH), drug abuse.mp, drug dependance.mp, drug addiction.mp, druguser.mp, risk factors (MESH), risk (MESH), risk group.mp, hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (ME-SH), hepatovirus (MESH). Sono stati considerati pertinenti, e inseriti in bibliografia, 16 articoli.E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto su-periore di sanità nel 1995.4

RISULTATISono stati analizzati 8 studi di prevalenza,5-12 la maggior parte dei quali concordano su una prevalenza dianticorpi anti-HAV lievemente superiore nei tossicodipendenti rispetto ai gruppi di controllo (tabella 1).Uno studio, che descrive 5 epidemie verificatesi in Australia, riporta la scarsa igiene personale come ilpiù probabile fattore di rischio.13

Altri articoli identificano come fattori di rischio lo scambio di siringhe12,14 e l’assunzione orale di droghepotenzialmente contaminate.14

Alcuni studi riferiscono l’insorgenza di epidemie tra tossicodipendenti e omosessuali, che diventano im-portanti fonti di epatite A.2,6,15

È stato esaminato un ulteriore articolo già menzionato nell’introduzione.3

COMMENTOTutti i dati in nostro possesso concordano su una prevalenza di epatite A lievemente superiore nei tossi-codipendenti rispetto a varie popolazioni di riferimento, anche se i reali fattori di rischio non sono altret-tanto chiari.La trasmissione è legata a fattori di tipo socioeconomico, alla promiscuità sessuale, allo scambio di sirin-ghe e alla contaminazione degli strumenti per utilizzare la droga, ma non c’è accordo nello stabilire qua-li siano i principali.Non si riscontrano inoltre lavori in cui i tossicodipendenti siano causa di epidemia.

Sono state riscontrate una maggior incidenza, diffusione e gravità dell’ infezione da epatite A tra i tossicodipendenti? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

59Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

5

TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN TOSSICODIPENDENTIArt n.

Polonia

Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione riferimento

gennaio 1998-marzo 1999

100 tossicodipendenti ev• 74 uomini• 26 donneEtà media: 23,7 anni

120 donatori di sangue* di uguale sesso ed età

*prima delloscreening

Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV:• popolazione studiata: 65%• popolazione riferimento: 55%La differenza non è significativa. Però la Polonia è una zona ad alta endemia,scarso livello socioeconomico generale ealta sieroprevalenza nella popolazione

6 Svezia 1990 171 tossicodipendenti Popolazionesvedese generale(la Scandinavia è un’area abassissimaendemia)

La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nei tossicodipendenti (52%) è 10 voltemaggiore rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale.Associazione con durata ditossicodipendenza, numero di partnertossicodipendenti negli ultimi 3 anni

7 Italia 1990-1991 645 tossicodipendenti ev Popolazionegenerale, da unostudio dello stessoautore del 1987

La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nei tossicodipendenti (50,9%) è sovrapponibile a quella riscontrata nella popolazione generale

8 Francia 174 omosessuali122 tossicodipendenti ev

76 membri del personaleospedaliero

Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV:<35 anni >35 anni

• omosessuali: 41,3% 80%• tossicodipendenti ev: 65,5% 79%• controlli: 33% 83%La prevalenza nei tossicodipendenti è maggioreche nei controlli, nella fascia di età <35 anni

11 Svizzera 1997 175 tossicodipendenti:• 70% uomini• 30% donneEtà media: 30,6

/// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:63,6% (110/175).Non c’è correlazione tra durata della storia ditossicodipendenza e HAV

10 Australia 1990-1992 2.175 detenuti;293 tossicodipendenti

2.983 donatori di sangue

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV (%):globale

• tossicodipendenti 51,2 19,6 39,2• detenuti 44,6• controlli 30,1 27 33

9 USA 1993-1994 292 tossicodipendenti294 omosessuali

300 donatori di sangue

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali 32,3% (95/294)• tossicodipendenti 66,4% (194/292)• controlli 13,7% (41/300)Nei tossicodipendenti il rischio è correlatoalle scarse condizioni igieniche piuttosto cheall’abuso di droga

Risultati

12 Canada marzo-agosto1998

235 tossicodipendenti51 omosessuali

111 giovani distrada

E’ stata riscontrata una prevalenza di anticorpi anti-HAV significativamente piùelevata nei tossicodipendenti che nellapopolazione di controllo

Sintesi delle principali prove disponibili60

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEL’ipotesi di considerare gli omosessuali come un potenziale gruppo a rischio di contrarre l’HAV risale aiprimi anni novanta. Sebbene i risultati dei primi studi siano contrastanti, il sospetto nasce dalla dimo-strazione di una frequenza elevata di epatite A nei soggetti di età compresa tra i 20 e i 40 anni di sessomaschile rispetto ai soggetti di sesso femminile, in un contesto di netto decremento dell’infezione, le-gato al miglioramento delle condizioni socioeconomiche nei paesi industrializzati. La plausibilità del ri-schio è correlata a rapporti oro-anali. La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sa-nità nel 1995 non menzionava gli omosessuali tra i potenziali gruppi a rischio e prima di tale anno era ri-portato solo un esiguo numero di documenti. Si tratta per lo più di descrizioni di focolai epidemici tra gliomosessuali; uno studio prospettico del 1994 non rivela alcuna differenza nella sieroprevalenza di an-ticorpi anti-HAV tra omosessuali ed eterosessuali.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per considerare gli omosessuali un gruppo a rischio di contrarre l’infezione daHAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questi soggetti.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. Nella strate-gia di ricerca sono stati utilizzati termini controllati (MESH) e parole libere: Hepatitis A (MESH), hepatitisA virus, human (MESH), Homosexual.mp homosexuality, MSM.mp, risk (MESH), risk factors (MESH), riskgroup.mp. Sono stati trovati 34 articoli considerati pertinenti, di cui 8 irreperibili nelle biblioteche italiane.E’ stato raggiunto quindi un totale di 26 articoli pertinenti.

RISULTATISono stati valutati 12 studi1-12 che riferiscono di focolai epidemici insorti tra gli omosessuali (tabella 1). Al-cuni di questi articoli sono commentati in un ulteriore lavoro.13 Tre studi caso-controllo,14-16 condotti nel-l’ambito di epidemie insorte tra soggetti omosessuali, identificano come principali fattori di rischio la pro-miscuità sessuale, la frequenza di dark rooms e i rapporti oro-anali (tabella 2). Gli studi che indagano laprevalenza di anticorpi anti-HAV in omo/bisessuali17-23 non riscontrano differenze significative rispetto al-le popolazioni scelte come controllo (popolazione generale/tossicodipendenti) come emerge dalla tabel-la 3. Un lavoro è un commento pubblicato su BMJ 24 che si esprime criticamente sull’ipotesi della vacci-nazione anti epatite A per gli omosessuali.

COMMENTONumerosi studi, a partire dal 1991 e intensificatisi nel corso degli anni successivi, descrivono l’insorgen-za di focolai epidemici tra gli omosessuali. Dall’analisi di diversi lavori, che studiano l’associazione di taliepidemie con potenziali fattori di rischio, emerge che il rischio di contrarre l’HAV è legato non all’omo-sessualità in sé quanto alle pratiche oro-anali e alla promiscuità sessuale, come anche confermato dauna review del 1998.25 Tra gli omosessuali, infatti, i soggetti a maggior rischio presentano una storia di fre-quenti rapporti casuali, numerosi partner e frequentazione di dark rooms. Nonostante ciò, gli studi di pre-valenza esaminati non rivelano importanti differenze della prevalenza di anticorpi anti-HAV tra omoses-suali e gruppi di controllo. Questo dato è segnalato anche in una review del 1998,26 che conclude che viè prova di trasmissione dell’epatite A solo in un modesto numero di omosessuali che abbiano un com-portamento sessuale a rischio, mentre la maggioranza non sembra presentare un rischio aumentato.Pertanto è evidente che ci sono dei comportamenti a rischio più frequenti tra gli omosessuali che tra glieterosessuali, ma non tali da determinare un significativo incremento di prevalenza nei primi.

E’ stata riscontrata tra gli omosessuali una maggior incidenza,diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli omosessuali costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

61Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

1

TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA OMOSESSUALIArt n.

Inghilterra

Luogo Anno Numero dei casi

1989-1990 • 2.913 casi nel 1989, di cui 1 tra omosessuali• 4.087 casi nel 1990, di cui 17 tra omosessuali

Rapporti oro-anali

4 Inghilterra 1989-1992 65 casi tra il 1989-1992 con aumento di prevalenza negli omosessuali

• Rapporti oro-anali• promiscuità sessuale

5 Canada novembre 1994-dicembre 1995

261 casi, di cui il 78,5% tra uomini: il numero di casi tra omosessuali è aumentato nel 1995

///

6 Inghilterra 1994-1996 Incremento del numero di casi di HAV da 270 a 481. Tra omosessuali l’aumento è del 346%: da 13 casi nel 1994 a 58 casi nel 1995

Rapporti oro-anali

7 Inghilterra 1995-1996 48 casi di cui 41 tra uomini; dei 33 uomini adulti il 40% è omosessuale e del 60% non siconoscono le abitudini sessuali

Rapporti oro-anali

2,3 USA

Canada

Australia

1991 Denver: 24 casi tra omosessuali.New York: 632 casi, di cui 254 a Brooklyn e 253 a Manhattan. Tra questi ultimi 221 (87%) si sono verificati tra uomini, 115 (45%) dei qualirisedevano in zone tipiche di omosessuali.San Francisco: 350 casi. 293 (84%) tra uomini,186 (78%) dei quali erano omo/bisessuali (su 237 intervistati).Nel 1990 254 casi: 189 (74%) tra uomini, di cui 64 (68%) omo/bisessuali (su 94).Toronto: 274 casi. 235 (85%) tra uomini, di cui 94 (56%) omo/bisessuali (su 169 intervistati).Nel 1990 68 casi.Montreal: 389 casi. 234 (60%) tra uomini, di cui45 (42%) omosessuali (su 107 intervistati).Sidney: 134 casi. 102 (76%) tra uomini, di cui 35 (34%) omosessuali.Nel 1990 41 casi

• elevato numero di partner• rapporti oro-anali• scarsa conoscenza delle modalità di STD

8 Australia 1991-1992 570 casi di cui 33 tra omo/bisessuali ///

9 USA gennaio-settembre 1996 222 casi, di cui il 75% tra omosessuali ///

10 Australia gennaio 1991-agosto 1992settembre-agosto 1992settembre 1994-giugno 1995luglio 1995-dicembre 1996

561 casi di cui 323 tra omosessuali98 casi di cui 36 tra omosessuali126 di cui 42 tra omosessuali330 di cui 186 tra omosessuali

///

11 Canada agosto 1996 376 casi tra omosessuali ///

12 Inghilterra gennaio 1996-dicembre 1997

175 casi di cui 161 tra uomini. Di questi 100erano omosessuali, 3 eterosessuali e in 53 casil’orientamento sessuale non era determinato

///

Risultati

Sintesi delle principali prove disponibili62

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

14

TABELLA 2: STUDI CASO-CONTROLLOArt n.

Olanda

Luogo Anno Popolazionestudiata

dicembre 1991-marzo 1993

37 omo/bisessuali con HAV.Età media: 30 anni

Frequentazione di dark rooms, saune, bar, discoteche

68 omo/bisessualisieronegativi peranticorpi anti-HAV.Età media: 36 anni

15 USA 1991 25 omo/bisessuali con HAV

• Rapporti sessualicasuali;• rapporti oro-anali

42 omo/bisessualisieronegativi peranticorpi anti-HAV

16 Olanda gennaio-maggio 1998 19 omo/bisessuali con HAV.Età media: 33 anni

• Rapporti sessualicasuali• frequentazione di dark rooms

46 omo/bisessualifrequentanti club gay, con esclusione di quellicon storia di ittero o vaccinati per HAV.Età media: 35 anni

Fattori di rischio

Popolazione di riferimento

17

TABELLA 3: STUDI DI PREVALENZAArt n.

Inghilterra

Luogo Anno Popolazionestudiata

1993 185 omosessualiricoverati in una clinica di Londra.Età media: 32,6 anni

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali 32,4% (60/185)• eterosessuali 30,0% (21/70)• soggetti (115/185) praticanti rapportioro-anali 33%• soggetti (70/185) non praticantirapporti oro-anali 31,4%.Non ci sono evidenti differenze nellasieroprevalenza tra omosessuali edeterosessuali; non c’è associazione tra aumento della prevalenza e rapporti oro-anali

70 eterosessualiricoverati in una clinica di Londra.Età media: 32,2 anni

18 Spagna marzo-giugno1994

74 omosessuali ricoveratiin una clinica per STD a Madrid.Età media: 28±5 anni

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali, di cui il 48% praticarapporti oro-anali: 47% (35/74)• eterosessuali, di cui l’8% praticarapporti oro-anali: 43% (32/74)In aree a endemia intermedia, gli omosessuali non sono esposti a maggior rischio di contrarre HAVrispetto agli eterosessuali.La frequenza di rapporti oro-anali,maggiore tra gli omosessuali, non influenza la sieroprevalenzaanticorpale

74 eterosessualiricoverati in unaclinica per STD aMadrid.Età media: 29±5 anni

RisultatiPopolazione di riferimento

continua

63Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

TABELLA 3: STUDI DI PREVALENZAArt n. Luogo Anno Popolazione

studiata

19 Francia 1996 (anno dipubblicazione)

• 174 omosessuali;• 122 tossicodipendenti ev

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali età <35 anni: 41%

>35 anni: 80,8%• tossicodipendenti età <35 anni: 65,5%

>35 anni 79,2%• controlli età <35 anni: 33%

>35 anni: 82,5%Tossicodipendenti ev di età <35 annimostrano una sieroprevalenzasuperiore ai controlli.Non c’è differenza tra omosessuali econtrolli.

76 infermieri in corsiapediatrica e impiegatinella mensaospedaliera

20 USA 1993-1994 • 294 omosessuali;• 292 tossicodipendenti ev

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali 32,3% (95/294)• tossicodipendenti 66,4% (194/292)• controlli 13,7% (41/300)Associazione tra sieroprevalenza in omosessuali e numero di partnersessuali

300 donatori di sangue

21 USA luglio 1992aprile 1993

411 omo/bisessuali115: età 17-19 anni296: età 20-22 anni

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: 28,0%.Presentano maggior prevalenza i gruppi di etnia latina, basso gradodi istruzione, alto numero di partnersessuali, rapporti oro-anali, abuso di droga

///

22 Italia gennaio-dicembre 1997

146 omosessuali, pazientidi una clinica per STD, a Roma

Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV:• omosessuali 60,3% (88/146)• eterosessuali 62,2% (178/286)Non c’è differenza di sieroprevalenzatra le 2 popolazioni studiate

286 eterosessuali,pazienti di una clinicaper STD, a Roma

23 Canada marzo-agosto1998

51 omosessuali Sieroprevalenza anticorpi anti-HAVpiù elevata negli omosessuali, con differenza ai limiti della significatività

111 ragazzi di strada

RisultatiPopolazione di riferimento

Sintesi delle principali prove disponibili64

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONELe carceri sono considerate un ambiente a rischio per la trasmissione delle malattie infettive. La diminui-ta incidenza dell’infezione da HAV e, di conseguenza, l’aumento della popolazione suscettibile anche nel-le classi socioeconomiche più disagiate sono alla base di un potenziale rischio di trasmissione dell’HAVall’interno degli istituti di detenzione.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti detenuti un gruppo a rischio di contrarre l’in-fezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOBanche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca hautilizzato termini MESH e parole libere. Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus human (MESH), HAV.mp,Prisoners (MESH), prisoner.mp, prisons (MESH), risk (MESH), risk factors (MESH), risk group.mp. In to-tale gli articoli pertinenti sono 6, di cui 2 irreperibili nelle biblioteche italiane, raggiungendo un totale di4 articoli utili.

RISULTATIL’unica descrizione di epidemia in un carcere riferisce di persone che hanno sviluppato i sintomi dellamalattia subito dopo la reclusione, ma che avevano contratto il virus all’esterno.1Da uno studio di prevalenza2 la sieropositività risulta maggiore in detenuti e ancor più in tossicodipen-denti, molti dei quali con una storia di prigionia, rispetto a una popolazione di riferimento rappresenta-ta da donatori di sangue.Un altro lavoro3 riporta l’associazione della sieropositività con scadenti condizioni socioeconomiche eabuso di droga. Mentre le scadenti condizioni socioeconomiche rendono la maggior parte dei detenu-ti già sieropositivi all’ingresso nell’istituto di detenzione, l’abuso di droga sembra essere il maggior fat-tore di rischio per gli individui sieronegativi. Un lavoro recente riscontra una bassa prevalenza di anti-HAV nei detenuti4 e ne consiglia la vaccinazione.

COMMENTOI dati in nostro possesso su un’eventuale maggior prevalenza dell’epatite A nei detenuti sono pochi, con-trastanti e poco conclusivi.Le carceri possono essere considerate un ambiente in cui confluiscono svariati fattori di rischio per l’in-fezione da epatite A, come la promiscuità sessuale, l’abuso di droghe, lo scarso livello igienico-sanitario.

E’ stata riscontrata tra i detenuti una maggior incidenza e diffusione dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

65Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONENon è segnalato in letteratura un rischio maggiore di contrarre l’infezione da HAV nei soggetti HIV posi-tivi. Questi ultimi vengono però presi in considerazione, essendo la loro condizione di immunodeficienzaspesso legata a maggiore gravità del decorso clinico delle patologie.

OBIETTIVOStabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti sieropositivi un gruppo a rischio di contrarrel’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria.

METODOSono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, attraverso una strategia di ricerca che ha uti-lizzato termini controllati (MESH) e parole libere: HIV (MESH), Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus hu-man (MESH), HAV.mp, hiv infections (MESH). Sono stati trovati 12 articoli considerati pertinenti, di cui 7 ir-reperibili nelle biblioteche italiane. Dei 5 articoli pervenuti, 2 sono risultati non pertinenti alla lettura deltesto completo, raggiungendo un totale di 3 articoli pertinenti.

RISULTATIDalla ricerca bibliografica effettuata non emergono lavori che descrivono una correlazione tra HAV e HIV.I tre articoli1-3 analizzati ci confermano l’assenza di prove convincenti di un’interazione tra le 2 infezioni,né di una più grave manifestazione clinica dell’HAV in soggetti sieropositivi.

COMMENTOManca la prova che i pazienti HIV sieropositivi costituiscano una categoria a rischio. Infatti la possibilitàdei soggetti affetti da AIDS di contrarre l’epatite virale A non nasce dalla loro condizione di immunodefi-cienza, bensì è legata all’appartenenza a categorie di persone di cui è discusso il maggior rischio di espo-sizione all’HAV, cioè gli omosessuali, i tossicodipendenti, i politrasfusi e gli emofiliaci.

E’ stata riscontrata tra gli HIV sieropositivi una maggior incidenza e diffusione dell’infezione da virus dell’epatite A? L’HAV si manifesta in forma clinica più grave nei soggetti con AIDS? Questi ultimi costituiscono un gruppo a rischio?Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti

Sintesi delle principali prove disponibili66

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEL’infezione da virus dell’epatite A (HAV) presenta un decorso benigno e spesso asintomatico nella primainfanzia, mentre nei soggetti adulti è in grado di determinare frequentemente una malattia clinicamenterilevante, a volte anche con l’evoluzione fatale in epatite fulminante in una percentuale che oscilla tra lo0,1 e lo 0,5% dei casi infetti. Tra i fattori che promuovono questo infausto decorso vanno indicati l’età avan-zata dei pazienti e la coesistenza di una malattia cronica al fegato, o epatopatia. Se quest’ultima condi-zione può essere ragionevolmente considerata rilevante nell’influenzare il decorso dell’infezione da HAV,ne consegue che, nell’ambito di una valutazione costi/benefici, è necessario valutare l’opportunità di unacopertura vaccinale dei soggetti con questa malattia cronica, al fine di evitare che una possibile esposi-zione al virus dell’epatite A possa indurre l’insorgenza di una forma di epatite fulminante.

OBIETTIVOGli scopi della presente revisione bibliografica sono stati i seguenti:• stima della percentuale suscettibile all’infezione da HAV nei pazienti con epatopatia cronica attraverso

lo studio della prevalenza degli anticorpi anti-HAV;• analisi del decorso clinico dell’infezione da HAV in pazienti con epatopatia cronica per valutare la mor-

talità e i possibili fattori di rischio responsabili dell’insorgenza di un’epatite fulminante;• valutazione dell’immunogenicità e sicurezza del vaccino anti-HAV nei pazienti affetti da epatopatia cro-

nica.

METODOLa ricerca bibliografica si è basata sull’uso di alcune parole chiave, sia come termini controllati (MESH)che parole libere (hepatitis A, hepatitis A vaccine, chronic liver disease, fulminant hepatitis, acute liverfailure, mortality rates, epidemiology, anti-HAV, vaccine, vaccination) attraverso la revisione di 2 banchedati: Medline ed Embase. Questo ha prodotto l’identificazione di 7 pubblicazioni per il primo obiettivo,1-7 di18 lavori per il secondo obiettivo8-25 e di 5 lavori per il terzo obiettivo.26-30

RISULTATI• La revisione della letteratura mostra come le percentuali di soggetti con epatopatia cronica già siero-

convertiti per anti-HAV siano estremamente alte; tuttavia se i pazienti vengono stratificati per età, la pro-tezione scende notevolmente con tassi inferiori al 30%;

• l’evoluzione in epatite fulminante e i tassi di mortalità in epatopatici cronici sono stati rivisti in 18 studicon diversa dimensione campionaria. La maggior parte di questi studi sono basati su piccole casisticheretrospettive e in essi la mortalità per epatite fulminante da HAV varia dallo 0 al 100%. Tre studi si diffe-renziano per il numero dei soggetti studiati e uno, in particolare, per il disegno prospettico seguito. Inquesti lavori la mortalità secondaria all’infezione da HAV sembra essere diversa per i pazienti con infe-zione da HBV, rispetto a quelli con infezione da HCV, in cui il tasso di mortalità è più alto e raggiunge il35,3%.

• La vaccinazione anti epatite A è sicura e ugualmente immunogenica nei soggetti con epatopatie croni-che lievi o moderate, raggiungendo livelli di protezione superiori al 95%, similmente a quanto avvienenella popolazione sana; l’efficacia invece nei soggetti con cirrosi scompensata e nei trapiantati potreb-be essere inferiore, dal momento che meno del 50% dei pazienti produce anticorpi.

LACUNE CONOSCITIVEL’analisi della prevalenza della positività per anti-HAV è stata fatta in studi trasversali con una numerosità

E’ stata riscontrata tra gli epatopatici cronici una maggior incidenza,diffusione o gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio?Piero Luigi Almasio, Pietro Amoroso

67Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

del campione non sempre adeguata allo scopo. Sembra emergere comunque una nuova coorte di epa-topazienti che hanno una copertura naturale contro l’HAV sempre più bassa come conseguenza della ri-dotta circolazione del virus.La valutazione della gravità del decorso clinico dell’infezione da HAV è stata fatta spesso su casistichemolto piccole e con dati retrospettivi, e con un’imprecisa caratterizzazione del tipo di danno epatico pre-esistente dei soggetti con sovrainfezione da HAV. Questo spiega la notevole eterogeneità dei dati rac-colti, che mostrano tassi oscillanti tra lo 0 e il 100%.A riguardo della sicurezza e dell’immunogenicità del vaccino, gli studi rinvenibili in letteratura, sono po-co numerosi e riguardano casistiche molto spesso esigue e assai eterogenee.

COMMENTOL’infezione da HAV ha un decorso più sfavorevole nei soggetti con epatopatia cronica, come dimostratodal numero dei decessi osservati in seguito a epatite virale acuta. Tuttavia non tutte le casistiche con-cordano su questo punto, dal momento che diversi epatopazienti sviluppano un’infezione acuta da HAVsenza alcun deterioramento della malattia al fegato. Il dato epidemiologico più rilevante appare comun-que quello di una progressiva riduzione della protezione naturale contro l’HAV man mano che l’età deipazienti con epatopatia cronica va diminuendo. Ciò determinerà nel giro di pochi anni una nuova coortedi soggetti più suscettibile all’infezione da HAV di quanto succedeva nel passato quando la sovrainfezio-ne da HAV in epatopazienti, specie nelle regioni meridionali italiane, era un evento del tutto eccezionale.Il vaccino negli epatopazienti appare egualmente sicuro che nella popolazione generale. Nelle epatopa-tie non avanzate le modalità vaccinali possono rimanere le stesse raccomandate per la popolazione ge-nerale, giacché l’immunogenicità del vaccino risulta sostanzialmente sovrapponibile nelle 2 popolazioni.Per le epatopatie scompensate invece, in cui secondo alcuni studi la produzione di anticorpi si verificain meno del 50% dei vaccinati, vanno verosimilmente valutate differenti modalità.

PROPOSTE DI RACCOMANDAZIONISulla base dell’analisi dei dati in letteratura, sembra opportuno proporre una vaccinazione anti-HAV insoggetti con malattia epatica cronica di età inferiore ai 40 anni, previo screening sierologico, data l’altacircolazione che comunque il virus ha tuttora nel nostro paese.Nelle epatopatie non avanzate non si raccomanda la verifica dell’avvenuta protezione post vaccinale, da-to che l’immunogenicità del vaccino in questi soggetti è elevata, come nella popolazione generale.

Sintesi delle principali prove disponibili68

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONENelle ultime decadi, l’epidemiologia dell’epatite da virus A in Italia, è mutata: assieme a una riduzio-ne dei casi e dell’incidenza, passata dai 10 ai 3 casi per 100.000 dal 1985 al 1999, è stata osservatauna riduzione della prevalenza di adulti immuni e lo spostamento dell’età di massima incidenza dellamalattia sintomatica e delle notifiche, dall’infanzia all’età giovane adulta.Ma tale riduzione non è stata uniforme sul territorio nazionale, né costante nel tempo: in alcune aree,la circolazione del virus è oggi scarsa mentre da alcune regioni sono segnalati ogni anno alcune cen-tinaia di casi, e sono state riportate epidemie estese: la più importante in Puglia negli anni 1996-1997.I dati della sorveglianza mostrano che, negli anni novanta, l’esposizione al virus è stata legata al con-sumo dei frutti di mare e ai viaggi in aree a elevata endemia, mentre un minore impatto è stato attri-buito alla convivenza con bambini che frequentano l’asilo. D’altra parte, studi di epidemie in comu-nità aperte sottolineano il ruolo svolto dai bambini che frequentano gli asili, più spesso soggetti a in-fezioni asintomatiche, e tra i quali sono frequenti i contatti molto stretti. Nelle aree a scarsa circolazione del virus, molti sono i suscettibili nelle prime età della vita e tra i gio-vani adulti. Nelle aree endemiche, la frequenza di suscettibili è minore ma il rischio di esposizione alvirus è più elevato. Nel primo caso epidemie possono verificarsi a seguito dell’introduzione del virus,nel secondo le epidemie si verificano periodicamente quando, tra i soggetti in più giovane età, si èaccumulato un consistente pool di suscettibili. Nel controllo dei focolai, accanto alle misure igieni-che, possono essere utilizzate le immunoglobuline e il vaccino, ma non esistono indicazioni univoche.Pertanto è stato deciso di effettuare una revisione della letteratura per giungere a raccomandazioniadatte alla realtà italiana attuale.

OBIETTIVO• Tenendo conto dell’epidemiologia dell’epatite A in Italia negli ultimi anni, descrivere i tipi di epide-

mie e focolai epidemici possibili, considerando un orizzonte temporale di 1-5 anni;• valutare le misure di prevenzione alla luce delle prove di efficacia, di sicurezza e accettabilità e gli

aspetti organizzativi connessi alla loro attuazione;• sviluppare raccomandazioni per l’uso del vaccino durante focolai epidemici in Italia.

METODOLa strategia per la ricerca bibliografica è stata mirata a:• identificare studi che documentino epidemie e focolai epidemici di epatite A in Italia nel periodo

1990–2000;• identificare studi che documentino l’attuazione di misure di controllo durante epidemie, focolai epi-

demici e allerta epidemici senza delimitazioni geografiche.Banche dati consultate: Medline (1966-2001) ed Embase (1988-2001), limitatamente agli ultimi 10 an-ni. vista la mutata epidemiologia dell’epatite A in Italia. E’ stata seguita una strategia di ricerca at-traverso termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere: epidemic, disease outbreaks, vi-rus transmission, disease transmission, hepatitis A, viral hepatitis vaccines. Inoltre sono stati con-sultati: rapporti elaborati dal Ministero della sanità nel periodo 1990-2000; rapporti elaborati dall’Isti-tuto superiore di sanità nel periodo 1990-2000; rapporti elaborati dalle strutture regionali deputate alcontrollo delle malattie infettive nel periodo 1990-2000.Il risultato della ricerca bibliografica consta di 2 parti distinte:• studi di tipo descrittivo che hanno permesso di delineare scenari e condizioni per lo sviluppo di fo-

colai epidemici, nel breve e medio periodo in Italia;

Qual è l’efficacia del vaccino anti epatite A nel controllo di focolai epidemici in comunità chiuse o aperte, rispetto ad altri interventi o a nessun intervento?Paolo D’Argenio, Brunella Adamo, Giovanni Gallo

69Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

• studi comparativi che documentano l’attuazione di misure di controllo in corso di epidemie e foco-lai epidemici, in comunità aperte e chiuse.

Criteri di inclusione/esclusione degli studi per l’obiettivo 1Sono stati esclusi:• lavori che non trattavano di epidemie, rapporti di sorveglianza, studi di laboratorio;• articoli del tipo di rassegne e commenti;• articoli su epidemie in gruppi a rischio;• articoli su aspetti particolari di epidemie come costi, analisi economiche, eccetera.

Criteri di inclusione/esclusione degli studi per l’obiettivo 2• correttezza del disegno dello studio: il valore delle conclusioni dello studio dipende dalla assenza

di sostanziali distorsioni presenti nel disegno;• dimensioni campionarie: il valore dipende dalla potenza statistica dello studio;• capacità del sistema di sorveglianza di rilevare una variazione di incidenza a seguito dell’attuazio-

ne di misure di controllo;• accuratezza della definizione di caso;• presenza di potenziale confondimento;• presenza di potenziali modificatori d’effetto.

Risultati della ricerca bibliografica finalizzata all’obiettivo 1Sono stati selezionati su Medline 200 articoli; di questi 154 sono stati esclusi perché riguardavanopaesi troppo diversi dall’Italia,a o perché non erano pertinenti.bSette erano articoli ripetitivi e 2 non sono risultati reperibili. Sono stati selezionati su Embase 154 ar-ticoli e 150 sono stati esclusi perché erano già presenti nel precedente elenco oppure perché nonerano pertinenti.Successivamente è stata effettuata un’ulteriore ricerca per aggiornare i dati a maggio 2001. Sono sta-ti rintracciati 37 nuovi articoli su Medline e 3 sono stati inclusi. Degli 8 articoli trovati su Embase nes-suno è stato selezionato.

In Italia, nel periodo 1997-1999 sono stati notificati al Ministero della sanità 80 focolai epidemici, perun totale di 319 casi. In virtù della definizione adottata, un focolaio è individuato dalla presenza di 2o più casi collegati. A fronte di questa numerosità, i rapporti sui focolai pubblicati sulla letteraturamedica e ritenuti appropriati per la costruzione di scenari realistici in Italia sono stati 28. Tra questi6 riguardano focolai epidemici verificatisi in altri paesi sviluppati simili all’Italia:• epidemie di origine alimentare, in cui la fonte è stata individuata in frutti di mare contaminati,1-4 frut-

ta (lamponi, fragole congelate),5-8 insalata,9 cipolline.10 In alcuni casi di epidemie da fonte comu-ne alimentare è stato provato che un alimentarista infetto aveva contaminato cibi quali insalata,11

panini,12 bevande;13,14

• 4 focolai erano risultati associati all’acqua da bere proveniente da pozzi inquinati,15,16 e di piscina;17,18

• casi in cui l’epidemia si era diffusa da persona a persona in piccole comunità chiuse:1. scuole materne o elementari,19-30 in cui a volte, il virus era introdotto in gruppi di suscettibili da

bambini o adulti infettatisi durante un viaggio in area a elevata circolazione;31-33

2. reparti ospedalieri;34-38

3. accoglienza per i rifugiati;39

• epidemie in comunità aperte di medio-grandi dimensioni;17,40-45

• epidemie in villaggi di ridotta ampiezza demografica.46-49

a. Paesi diversi dai 23 definiti «high income economies», gruppo OECD dalla World Bank.b. Riguardavano epidemie in potenziali gruppi a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, persone che ricevono sangueo derivati), non descrivevano epidemie di epatite A, non erano studi originali bensì rassegne, editoriali, commenti,descrivevano epidemie avvenute negli anni ottanta.

Sintesi delle principali prove disponibili70

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Risultati della ricerca bibliografica finalizzata all’obiettivo 2Sono stati selezionati su Medline 77 citazioni di articoli pubblicati. Settanta di questi sono stati esclusiperché non riguardavano interventi vaccinali in corso di epidemie. Sono stati selezionati su Embase 126citazioni, e 123 non sono state prese in considerazione perché erano già presenti nel precedente elencooppure perché non erano pertinenti.20,24,41,46-52

Gli studi descrivono epidemie o focolai in cui è stata impiegata la vaccinazione come misura di con-trollo. Essi documentano una riduzione dell’incidenza di epatite A tra i vaccinati, rispetto ai non vacci-nati, nonché una riduzione dell’incidenza dopo la vaccinazione, ma nessuno di essi è in grado di do-cumentare l’efficacia della vaccinazione nell’interrompere una epidemia di epatite A, mediante un con-fronto con l’uso di immunoglobuline o placebo. Il disegno e la qualità degli studi non consentono di ri-spondere al quesito specifico.Un trial clinico non controllato e non randomizzato sull’uso del vaccino per interrompere una larga epi-demia in diversi villaggi rurali dell’Alaska, ha mostrato l’interruzione in un’area dove circa l’80% dei bam-bini e giovani adulti suscettibili avevano ricevuto una dose di vaccino, ma è continuata nelle aree do-ve meno del 50% della popolazione bersaglio era stata vaccinata.48

Altri studi descrittivi del tipo pre/post intervento, sia in comunità aperte che chiuse (scuole, day cen-tres eccetera) sembrano accelerare il declino delle epidemie studiate ma il contributo dell’uso del vac-cino rispetto al decorso naturale dell’epidemia non è quantificabile. In mancanza di una documenta-zione sperimentale, la base razionale per le scelte è costituita dalle seguenti considerazioni:40,53,54

• efficacia del vaccino nella profilassi pre esposizione: la vaccinazione dovrebbe essere in grado diproteggere i suscettibili che non sono ancora stati esposti al contagio;

• efficacia del vaccino nella profilassi post esposizione: la vaccinazione dovrebbe essere in grado diproteggere gli individui che sono già stati esposti al contagio;

• sono stati descritti fallimenti dell’uso di immunoglobuline per interrompere epidemie, fallimenti attri-buibili soprattutto alla durata limitata della protezione rispetto alla durata dell’epidemia, che a suavolta dipende dal lungo periodo di incubazione dell’epatite A.

LACUNE CONOSCITIVE• molti focolai in Italia non sono stati descritti e questo limita l’affidabilità della costruzione di scenari

dei possibili focolai epidemici;• non sono stati effettuati studi sperimentali sull’efficacia del vaccino per interrompere le epidemie;• mancano studi che confrontano la durata delle epidemie in base alle coperture vaccinali raggiunte.

COMMENTOScenari tipo:E’ possibile individuare gli scenari tipo in cui esiste un potenziale epidemico, in Italia:• comunità chiusa: in cui la gran parte degli individui sono suscettibili e il contatto tra le persone è fre-

quente e intimo ed è quindi verosimile la trasmissione persona-persona. a) alto rischio a priori: tipica situazione potrebbe essere quella di una scuola materna in un’area nonendemica in cui si verifica un caso; b) alto rischio a posteriori: evidenza di trasmissione persona-persona nella comunità, un caso indi-ce e almeno un caso secondario.

• comunità aperta del tipo di comuni di limitata ampiezza demografica, si verificano più casi collegatidi epatite A in distinti nuclei familiari;

• quando, in comunità aperte si verificano periodiche riaccensioni epidemiche, a trasmissione perso-na-persona, e a distanza di anni e nei periodi interepidemici continuano a verificarsi casi associati aconsumo di alimenti contaminati. La situazione tipo potrebbe essere quella della regione Puglia.

1. ImmunoglobulineIn questi casi la profilassi con immunoglobuline (IgG), efficace nel prevenire casi secondari, ha mo-strato efficacia limitata. Gli elementi che spiegano il fallimento della strategia con IgG per il controllodi epidemie in comunità aperte sono:

71Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

Comunità chiuse: alto rischio a priori di trasmissione persona-persona (per esempio comunitàprima infanzia)

Nessuna prova sperimentale, base razionale

Vaccinazione raccomandata ai contatti del primo caso (per esempio la stessa classe obambini che usano gli stessi bagnie loro personale di assistenza)

SCENARIO PROVE DI EFFETTO O CRITERIO UTILIZZATO PER LE RACCOMANDAZIONI

PROPOSTA DI RACCOMANDAZIONE

• le IgG possono essere somministrate con ritardo: i contatti spesso ignorano il momento dell’esposizio-ne, oppure i casi di epatite sono notificati troppo tardi per una tempestiva profilassi post esposizione;

• i soggetti trattati con IgG, possono avere infezioni subcliniche;• la durata dell’immunità passiva è troppo breve, considerato che i focolai di epatite A durano a lungo

(8-18 mesi in comunità aperte);• si può verificare una bassa accettazione delle IgG, perché derivate dal sangue.

2. Vaccinazione anti epatite A per interrompere focolai epidemiciIl fatto che sia stato dimostrato che il vaccino è efficace nel prevenire la malattia nella profilassi postesposizione e anche nella profilassi pre esposizione (livello di prova di tipo I), costituisce la base ra-zionale per il suo impiego nei focolai epidemici, in quanto il vaccino potrebbe ridurre i casi clinicamenteevidenti e ridurre le infezioni subcliniche, il cui ruolo è importante nel mantenere l’epidemia.Nonostante queste considerazioni siano a sostegno dell’impiego del vaccino, le prove che esso accorcii tempi dell’epidemia in comunità aperte, anche quando si raggiungono elevate coperture vaccinali, so-no di tipo osservazionale e deboli. • nelle comunità chiuse la vaccinazione dei membri della comunità è raccomandata quando c’è prova

di trasmissione secondaria all’interno della comunità: almeno un secondo caso sospetto dopo 15 gior-ni dell’inizio sintomi del caso indice;

• in focolai che si verificano in comunità aperte a ridotta ampiezza demografica, in aree non endemi-che, quando il focolaio è mantenuto dalla trasmissione persona-persona, è raccomandata la vacci-nazione;

• nelle comunità aperte incluse in aree endemiche in cui periodicamente si verificano riaccensioni epi-demiche bisognerebbe considerare la possibilità di impiego della vaccinazione sistematica nelle etàinfantili, se è possibile raggiungere elevate coperture vaccinali.

Comunità chiuse: con evidenza di trasmissione persona-persona(per esempio caso indice e un caso secondario in una scuola elementare)

Nessuna prova sperimentale, base razionale

Vaccinazione raccomandata ai contatti (per esempio la stessaclasse o bambini che usano gli stessi bagni e loro personale di assistenza)

Comuni di limitata ampiezzademografica, in cui si verificanopiù casi collegati di epatite A in distinti nuclei familiari

Nessuna prova sperimentale, base razionale

Raccomandata a coorti di etàsuscettibili se prevedibili elevatecoperture. Premettere indagine.Verifica esistenza focolaio nonlimitato a gruppi a rischio, né da fonte comune

Grandi comunità aperte in areeendemiche in cui periodicamentesi verificano riaccensioniepidemiche

Nessuna prova sperimentale, base razionale

Non raccomandata offerta attivadella vaccinazione per interrompere l’epidemia

Sintesi delle principali prove disponibili72

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

DEFINIZIONI ADOTTATEepidemia: incremento non casuale, rispetto a quanto atteso, dell’incidenza di epatite A;focolaio epidemico: epidemia limitata a un incremento localizzato nell’incidenza di una malattia;comunità chiusa: gruppo di persone che condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago. Esempidi comunità chiuse sono, oltre le abitazioni, ospedali, asili, scuole, residenze per anziani;comunità aperta: gruppo di persone che vive nella stessa regione, provincia o città, ma non condivide lastessa abitazione, luogo di lavoro, svago eccetera;allerta epidemica: caso di epatite A in una comunità chiusa in cui la maggior parte delle persone è ve-rosimilmente suscettibile all’infezione.

73Sintesi delle principali prove disponibili

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

?INTRODUZIONEL’epatite da virus A (HAV) si trasmette per via fecale e orale e nel 15-20% dei casi acuti il fattore di rischioè rappresentato dal recente contatto personale con un malato.1 In epoca pre vaccinale, la somministra-zione di immunoglobuline standard (Ig) per via intramuscolare al dosaggio di 0,02 ml/kg rappresentava laprocedura raccomandata per prevenire la malattia negli esposti.2 Tuttavia, le Ig standard derivano da am-pi pool di donatori e la modificazione del profilo epidemiologico dell’infezione da HAV nei paesi industria-lizzati rende dubitabile che il titolo degli anticorpi anti-HAV nei preparati standard raggiunga livelli com-patibili con un’efficace protezione.3 Inoltre, la recente introduzione del vaccino anti-HAV ha aperto nuo-ve prospettive di prevenzione, e la sua dimostrata capacità di indurre una pronta risposta immune lo ren-de adatto all’impiego nella profilassi post esposizione.4

OBIETTIVORicerca bibliografica delle prove disponibili in letteratura per identificare la migliore procedura di pre-venzione post esposizione dei casi di epatite acuta da HAV tra la somministrazione di immunoglobulinestandard per via intramuscolare e la somministrazione di vaccino inattivato.

METODOSono state consultate 2 banche dati Medline (1966-2000) ed Embase (1988-2000). Sono stati utilizzati i se-guenti termini sia come termini MESH che come parole libere: prophilaxis.pm, post-exposure.mp, serumglobulins (MESH), Immunoglobulin (MESH), IMMUNOGLOBULIN.mp, HAV.mp, hepatitis a (MESH), hepati-tis a virus (MESH). Sono stati presi in considerazione solo lavori in lingua inglese.

RISULTATILa prima dimostrazione di efficacia delle Ig nella prevenzione post esposizione dell’epatite da HAV de-riva da uno studio controllato eseguito negli anni quaranta, che dimostrava una riduzione di incidenzadi epatite acuta A dell’87% nei trattati rispetto ai controlli.5 Studi successivi confermavano che la som-ministrazione di Ig, al dosaggio di 0,3-0,01 ml/kg, entro le 2 settimane dal contatto, proteggeva dalla ma-lattia nelle 2-24 settimane successive con efficacia del 79-91%,6-10 sebbene l’evenienza di epatite gra-ve sia stata descritta dopo profilassi con Ig.11 Nel 1968 un trial clinico randomizzato ha mostrato chepossono esservi variazioni di efficacia tra diversi lotti di Ig.12 Negli anni successivi è stato dimostratoche i livelli di Ig nei preparati commerciali potevano variare da un titolo minimo di 200 a un massimo di40.00013-15 e che la concentrazione di anti-HAV nelle preparazioni più recenti è verosimilmente inferio-re rispetto a quelle precedenti.3 In seguito, studi non controllati sull’impiego di Ig per limitare focolaiepidemici di epatite A dimostravano la ricomparsa di eventi acuti dopo 316 o 4 mesi17 dalla sommini-strazione della profilassi. Ciò indicava che la copertura passiva si era accorciata rispetto alle descri-zioni precedenti, forse per effetto della riduzione del titolo anticorpale nei preparati immunoglobulinici.Alla stessa conclusione giungeva uno studio che misurava i titoli anticorpali ottenuti dopo immunizza-zione attiva e passiva.3La somministrazione post esposizione di vaccino HAV previene la malattia nella marmosa, anche se ilvirus è dimostrabile nel fegato.18,19 Nell’uomo, la vaccinazione post esposizione sembra permettere l’e-screzione del virus nelle feci, pur prevenendo la malattia.20 La somministrazione di vaccino nel corso diepidemie è seguita dalla cessazione della comparsa di nuovi casi nei vaccinati nelle 2-3 settimane suc-cessive alla vaccinazione.21-23 Un unico trial clinico randomizzato disegnato per stimare l’efficacia pro-tettiva del vaccino somministrato entro 8 giorni dall’esposizione ha dimostrato un’efficacia del 79% (IC7-95%) nei confronti dell’infezione e la capacità di prevenire la malattia in tutti i soggetti vaccinati.24

Qual è l’efficacia del vaccino e delle immunoglobuline nella prevenzione postesposizione dell’epatite da HAV?Gloria Taliani, Giovanni Battista Gaeta

Sintesi delle principali prove disponibili74

PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia

LACUNE CONOSCITIVEMancano studi di valutazione del contenuto di Ig anti-HAV nelle preparazioni standard di immunoglobuli-ne attualmente in commercio.Non sembrano esservi studi randomizzati disegnati per la valutazione comparata dell’efficacia protettivadella somministrazione di Ig verso la somministrazione di vaccino. Non ci sono dati sull’efficacia della som-ministrazione combinata Ig+vaccino nella prevenzione post esposizione. Non ci risulta indagata la possi-bilità di potenziare la dose di vaccino nella post esposizione.

COMMENTOLe prove riguardanti l’efficacia delle Ig nella profilassi post esposizione dell’epatite da HAV sembrano de-rivare da studi condotti anni fa i quali avevano come obiettivo finale la riduzione del numero di epatiti acu-te sintomatiche. In tali studi si dimostrava l’efficacia della profilassi passiva: i casi di epatite acuta A era-no infatti significativamente inferiori nei riceventi Ig rispetto ai non trattati.5-10 La somministrazione di Igai contatti da un lato sembra essere efficace nel prevenire la malattia o ridurne l’espressività clinica, madall’altro sembra essere permissiva verso l’infezione, non arrestando del tutto la circolazione e la tra-smissione del virus.25 Uno studio ha dimostrato che l’intervallo massimo per la somministrazione di Ig do-po l’esposizione è di 2 settimane, mentre se la somministrazione avviene tra le 2 e le 3 settimane dopo ilcontatto, non è più in grado di prevenire le manifestazioni cliniche della malattia.26

In seguito si è ipotizzato che l’efficacia dei singoli preparati immunoglobulinici poteva non essere costantenel tempo. Uno studio comparativo tra vari lotti di Ig ha mostrato una variazione di efficacia nella profi-lassi post esposizione del 40% tra 2 lotti diversi.12 Trattandosi di uno studio sul campo mancavano test sie-rologici che dimostrassero titoli diversi di anti-HAV nei preparati immunoglobulinici impiegati, ma gli au-tori ritenevano responsabile della diversa efficacia proprio la differenza di titolo anticorpale specifico. Ein effetti è stata riscontrata una notevole variabilità nei preparati immunoglobulinici standard13-15, 27 e laconcentrazione di anti-HAV nelle preparazioni più recenti indica la tendenza verso valori più bassi rispet-to a quelli degli anni quaranta, legata alla mutata situazione epidemiologica tra i donatori di plasma.3 Un’ul-teriore prova indiretta della riduzione del titolo di anti-HAV nei preparati immunoglobulinici deriva dall’os-servazione che l’uso di Ig in occasione di recenti focolai epidemici ha permesso un controllo di breve du-rata del focolaio.16,17 Tutte queste osservazioni sottolineano l’inaffidabilità delle dosi di Ig precedentementeraccomandate in letteratura per l’uso a scopo profilattico.3La somministrazione nella marmosa di vaccino a dosaggio pieno in post esposizione si è rivelata capacedi prevenire la malattia e l’escrezione virale, pur consentendo la replica del virus nel fegato.18,19 Nell’uo-mo, la vaccinazione induce una sieroconversione nel 54-88% dei casi entro 2 settimane, nel 90% dopo 24giorni e nel 99% dopo 4 settimane,28-30 il che rende ipotizzabile un’efficace profilassi post esposizione nel-la maggioranza dei casi esposti al contagio entro le 2 settimane precedenti la vaccinazione.31-34 Ciò è pos-sibile in quanto il virus dell’epatite A è caratterizzato da un periodo relativamente lungo di incubazione ri-spetto ad altri agenti virali, che va da 10 a 50 giorni, con una media di 28 giorni. Questa previsione è stataconfermata sia dal trial clinico randomizzato disegnato con l’obiettivo di valutare l’efficacia post esposi-zione del vaccino,24 sia dagli studi realizzati nel corso di epidemie.21-23,35 In questi la diffusione dell’epa-tite è risultata controllabile vaccinando gli esposti, specialmente nei setting pediatrici dove la vaccina-zione interrompe efficacemente la trasmissione dell’infezione, prevenendo il 100% dei casi secondarientro 21 giorni dalla somministrazione.21 Inoltre, in un recente studio il vaccino è risultato più efficacerispetto alle Ig nel controllare un’epidemia di HAV,36 a ulteriore conferma che la concentrazione di Igspecifiche nei preparati immunoglobulinici attuali può essere insufficiente ad assicurare un’adeguataprotezione passiva.D’altra parte va riportata una segnalazione secondo cui la vaccinazione post esposizione permette la re-plica e l’escrezione virale nel ricevente e in definitiva la trasmissione dell’infezione ai contatti.20 A tale pro-posito non sono noti dati circa l’utilità di potenziare la dose di vaccino nella profilassi post esposizione.Tuttavia, considerando che esiste un’eccellente correlazione tra il titolo di anti-HAV e il grado di prote-zione,4 potrebbe risultare utile colmare questa lacuna conoscitiva.In tutti i casi la precocità del trattamento degli esposti è considerata critica, sebbene non sia noto l’inter-vallo massimo accettabile tra esposizione e profilassi attiva.

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Finito di stampare nel mese di maggio 2002 presso Arti grafiche Passoni srl – Milano

Qualsiasi commento, osservazione, richiesta di chiarimento può essere inoltrata a:Segreteria Programma nazionale per le linee guida (PNLG), Istituto superiore di sanità (ISS),viale Regina Elena 299, 00161 Roma. Oppure a: [email protected]

Tutti i documenti prodotti dal programma sono consultabili nel sito internethttp://www.pnlg.it. In esso sono anche consultabili le versioni semplificate delle linee guidaper la cittadinanza.

Coordinatori del PNLG• Istituto superiore di sanità (ISS), viale Regina Elena 299, 00161 Roma; tel: +39 06 49901; fax: +39 06 49387118• Agenzia per i servizi sanitari regionali(ASSR), piazza Marconi 25, 00144 Roma; tel: +39 06 54951411; fax: +39 06 54951488

Unità operative• Centro per la valutazione dell’efficaciadell’assistenza sanitaria (CeVEAS), viale Muratori 201, 41100 Modena; tel: +39 059 435200; fax: +39 059 435222• Zadig, Agenzia di comunicazionescientifica, via Calzecchi 10, 20133 Milano; tel: +39 02 7526131; fax: +39 02 76113040• Health Reviews LtdUfficio scientifico: via Adige 28a, 00061 Anguillara Sabazia (Roma);tel: +39 06 99900989

Il Programma nazionale per le linee guida (PNLG)In Italia, l’elaborazione di linee guida e di altri strumenti di indirizzo finalizzati al miglioramento della qualitàdell’assistenza avviene all’interno del Programmanazionale per le linee guida (PNLG). La legislazione vigente propone l’adozione di linee guidacome richiamo all’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse disponibili e come miglioramentodell’appropriatezza delle prescrizioni. Con queste finalità prende il via quindi il Programmanazionale per le linee guida, coordinato dall’Istitutosuperiore di sanità (ISS) e dall’Agenzia per i servizi sanitariregionali (ASSR) con i compiti specifici di:• produrre informazioni utili a indirizzare le decisioni degli operatori, clinici e non, verso una maggiore efficaciae appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienzanell’uso delle risorse;• renderle facilmente accessibili;• seguirne l’adozione esaminando le condizioni ottimali per la loro introduzione nella pratica;• valutarne l’impatto organizzativo e di risultato.Gli strumenti utilizzati per perseguire questi fini sonoappunto linee guida clinico-organizzative, documenti di indirizzo all’implementazione e documenti di indirizzoalla valutazione dei servizi.