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Periodico trimestrale del Senero Francescano della Pace Aut. n. 52 del 28 oobre 2010 del Tribunale di Perugia Periodico trimestrale del sentiero Francescano della Pace Anno IV - Numero 13 I DIFFUSIONE GRATUITA Frate Francesco Il nostro libro Il lupo San Francesco di Felice Feltracco: intervista esclusiva al pittore del lupo

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Periodico trimestrale del sentiero Francescano della Pace

Anno IV - Numero 13

I

DIFFUSIONE GRATUITA

Frate Francesco

Il nostro libro

Il lupoSan

Francescodi

Felice Feltracco:intervista esclusiva al pittore del lupo

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

Il Sentiero Francescano

Periodico trimestrale del Sentiero Francescano della Pace

Registrazione Ufficio Periodici n. 52 del 28/10/2010 

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Cristiano Francesco Antonelli,  Daniele Crotti

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← In copertina un nostro fotomontaggio su base del San Francesco

di Cimabue, Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi.

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nobile

lupoTerribile

misterioso, sacrale

di Diego Mecenero *

* autore e giornalista, direttore responsabile della rivista

Gentilissimi lettori,con orgoglio do l’apertura a questo nuovonumero che vede protagonista il lupo. Ci ri-feriamo, ovviamente, al lupo di Gubbio, manon solo: vi parleremo del lupo a tutto tondo,dalla letteratura all’arte, da come lo vedono ibambini a come è ritratto nei cartoni o nei fu-metti, dalle sue forme di presenza più terrifi-canti a quelle più nobili.Lo vedrete, cioè, in diverse sfaccettature. Ame preme solo farvi sfogliare queste paginecon una mia premessa iniziale, che più chetale è una semplice proposta.Questa: distinguete tra il lupo come animalee il lupo come archetipo. Dico questo perché ritengo giocoforza chemolte delle suggestioni che stiamo per pre-sentarvi inneschino una legittima domanda:“ma il lupo è davvero cattivo come lo si è dasempre ritratto?”. E da qui potrebbe partireuna giusta causa per demolire questo alonedi “malvagità” che il mondo gli ha tessutoaddosso. È una causa giusta, alla quale mi as-socio anch’io, ma per il lupo in quanto ani-male. Per il lupo in quanto archetipo, invece,cioè  portatore  di  un  significativo  carico  disimboli  culturali  ed  antropologici  le  cosestanno a parere mio diversamente.Questo  “lupo”,  che  non  è  il  nobile  e  stu-

pendo animale che ci può accadere di scor-gere in natura, è stato percepito ed elabo-rato fin dall’antichità come “cattivo” per unprofondo significato e ruolo che è positivoe culturalmente e psicologicamente irrinun-ciabile. Per gli antichi (che spesso avevanodel bestiame da allevare e difendere) il lupoera per davvero pericoloso e questo ha por-tato alla sua scelta per divenire in testi, rac-conti,  metafore  e  simboli  l’emblema  del“selvatico”. Il selvatico è diverso da noi, cimette in crisi, ci fa paura. Ma confrontan-doci con  lui noi, paradossalmente, diven-tiamo più umani.  La paura è  importante,socialmente e psicologicamente, e al lupoarchetipo dobbiamo per quanto ha veico-lato nella storia un grosso “grazie”.Ringrazio tutti i collaboratori che hanno fir-mato i preziosi e interessanti pezzi di questonumero e anticipo una novità che riguardala Rivista, una grossa novità, che però rac-conteremo meglio  nel  prossimo  numero:abbiamo cambiato proprietario. La Rivista èstata desiderata da qualcuno che l’ha cor-teggiata e crede in lei. E la vuole far volareancora più in alto. Noi gli abbiamo credutoe gliela abbiamo “venduta” per 1 euro.

Buona lettura, quindi!

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licata e appassionata al contempo, ricca di mes-saggi importanti per le generazioni di oggi, sia sulpiano  religioso  che  su  quello  semplicementeumano. Che, poi, essere “umani” non è per nulla“semplice”... ma Francesco vi è riuscito in modostraordinario e la sua statura di vero uomo s’ergecome un gigante dinanzi al mondo intero.In questo libro di lui narra il simpatico animale chele  antiche  Fonti  Francescane descrivono  comequello in assoluto più caro al Santo, e lo sanno inpochi: l’allodola. In compagnia di questo umile esemplice volatile dalle piume color saio e dalle alispiegate a forma di croce, si ripercorre tutta la vitadi San Francesco, ritmandola al passo delle stagioni:

1. Laudato sii, Signore mio: la sua giovinezza e conver-sione settembre-ottobre

2. Una notte a Greccio: San Francesco e Maria e il Na-tale novembre-dicembre

3. Sulle ali del Vangelo: la vita del Santo, i suoi seguacigennaio-febbraio

4. Qua la zampa, fratello lupo: la sua missione di pacee amore marzo-aprile

5. Sorella Chiara: l’amica Chiara e gli Ordini da lui fon-dati maggio

6. Mi chiamo Francesco: la figura di Papa Francesco giu-gno

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

COME RIVISTA E ASSOCIAZIONE ABBIAMOPUBBLICATO UN LIBRO PER RAGAZZI / BAMBINISULLA FIGURA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

Francesco  d’Assisi,  la  sua  terra,  la  sua  gente...come non raccontare una storia così bella e signi-ficativa ai giorni d’oggi, epoca che in maniera cosìimpressionante assomiglia alla sua?Come non narrare di lui ai bambini, per la magiae la sacralità della sua figura? Come non parlarneai giovani, per lo straordinario coraggio e coerenzadelle sue scelte spiazzanti? Come tacere del Santodinanzi agli adulti e alle famiglie, per lo spessoredi vita della sua esistenza? Come non parlarne aglianziani,  per  la  saggezza e  sapienzialità del  suomessaggio?Questo libro e le sue canzoni raccontano del Po-verello di Assisi, del “più santo degli italiani” e del“più  italiano  dei  Santi”,  come  ebbe  a  dire  ungiorno qualcuno. Ed è una storia incantevole, de-

RECENSIONI

a cura della Redazione

Frate FrancescoUn libro ...nostro!

↑ Il cd di canzoni allegato al libro

↑ La copertina della pubblicazione

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Inverno 2013-2014 - www.sentierofrancescano.it

CRONACA

a cura della Redazione

Lasciando il giusto spazio ai dibattiti su cosa o chifosse veramente il lupo di Gubbio (a quattro zampeo a “due zampe”?) va saputo che a Gubbio nellacosiddetta chiesa dei Muratori (chiesa di San Fran-cesco della Pace) vi è la sua tomba.È visitabile pagando un biglietto dal costo conte-nuto. In una cripta sotterranea alla chiesa (peraltromolto bella) è custodita una lapide che ritrae scol-pita sulla roccia una figura di lupo (o lupa, qual-cuno  dice)  sopra  la  quale  sovrasta  una  grandecroce fiorita.Il muso dell’animale, purtroppo un po’ rovinato,punta verso l’alto e si nota la presenza dell’aureolaattorno alla testa. Vale la pena visitare questo postodavvero suggestivo.

↖ Pellegrini sul Sentiero Francescano in arrivo a Gubbio.

Lo sapevate? A Gubbio esiste la

Tomba del lupo (o lupa)

Aperto a Gubbio un nuovo infopoint per turisti

Piccola Accoglienza GubbioNel 2013 era nato a Gubbio l’Ufficio diocesanoper la pastorale del tempo libero, pellegrinaggi,turismo  e  sport,  affidato  al  coordinamentodell’amico Simone Minelli. A un anno esattodalla decisione del Vescovo della diocesi eugu-bina sarà inaugurato l’ufficio di Piccola Acco-glienza Gubbio, una sorta di  infopoint per ilturismo religioso in città e - in particolare - de-dicato ai pellegrini in cammino lungo il SentieroFrancescano della Pace.

↑ La lapide della tomba nella cripta della cosiddetta chiesa dei Muratori.

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Abbiamo voluto che le uscite dei numeri de Il Sen-tiero Francescano fossero “ritmate” dalla sapientecadenza del  fluire delle stagioni. Quattro quindisono i numeri diffusi nell’arco dell’anno, uno perciascuna delle stagioni, dando così modo di con-notare in tal senso una serie di rubriche e argo-menti che già di per sé sono connotati da una fortevalenza “naturale”:

• le tratte del Sentiero;• luoghi caratteristici lungo il Sentiero;• tradizioni legate al territorio;• fauna e flora lungo il Sentiero;• cronaca inerente la zona;• i valori tipici del francescanesimo;• la voce dei bambini delle scuole;• le interviste agli anziani con i loro ricordi;• le leggende e ricette del territorio;• ...e molto altro.

In questo tredicesimo numero:

Terribile, nobile, misterioso, sacrale lupo 3Cronaca 4Una rivista per ogni stagione 6Il lupo: Fonti Francescane alla mano 7Il lupo tra le pagine della letteratura 8Il “male di luna”: il lupo mannaro 10IL’uomo-lupo: il licantropo 12Intervista a Felice Feltracco 14Con il lupo dei bambini 16

Lupus in fabula: il lupo nelle fiabe      18Leggenda, storia, tradizione del Monte Cucco 20Il lupo nei bestiari medievali      26Incontro con il lupo 28Il lupo di Keith Haring 30Lupo ovvero drago a Gubbio 32Fauna - Flora 34 Il lupo nei fumetti e nei cartoni 36La posta - La ricetta 38

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

RivistaStagione

di Diego Mecenero

Una

per ogni

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Frate Francesco

Il nostro libro

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Felice Feltracco:intervista esclusiva al pittore del lupo

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Molto si è detto sul “lupo” di Francesco, ma partiamo dalle fonti

Al tempo che Santo Francesco dimorava nella cittàdi Agobbio (1208), venne nel contado di detta cittàun grandissimo lupo, terribile et feroce, che nonsolamente divorava li animali, ma eziandio li uo-mini; in tanto che li cittadini stavan tutti in gran ti-more, che molto speso si avvicinava alla città. Onde, quando fuori andavano, tutti andavano ar-mati come andassono a combattere, et, con tuttociò, non si poteano difendere da lui, chi solo conesso si scontrava. Et per paura che di lui avevanovennono a quello, che nullo ardiva uscire della terrasolo. Per la qual cosa Santo Francesco, avendo lorogran  compassione,  diliberò  uscir  fuori  a  questolupo, ben che da li cittadini sconsigliato ne fosse. Et fattosi il segno della santissima croce, uscì fuoridella terra egli co' suoi compagni, et solo puosesua fidanza in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, Santo Fran-cesco prese il cammino inverso il luogo dove era illupo. Ed ecco che, vedendo molti cittadini li qualierano venuti a vedere cotesto miracolo,  il dettolupo si fa incontro a Santo Francesco, con la boccaaperta; ed appressandosi a Lui Santo Francesco glifa il segno della santissima croce, e chiamollo a see disse così: Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte diCristo che tu non facci male nè a me nè a persona.Mirabile cosa a dire! Immantanente che Santo Francesco ebbe fatta lacroce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette dicorrere; e fatto il comandamento, venne mansue-tamente come agnello, e gittossi alli piedi di SantoFrancesco a giacere. 

a cura di Rita Pannacci *

* docente di Scuola Primaria

E Santo Francesco gli parlò così: Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, e haifatti grandi malifici, guastando e uccidendo le crea-ture di Dio sanza Sua licenza, e non solamente haiuccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d'uc-cidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qualcosa tu se'degno delle forche come ladro e omicidapessimo; e ogni gente grida e mormora di te, etutta questa terra t'è nemica.Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro,sicché tu non gli offenda più, ed eglino ti perdo-nino ogni passata offesa, e nè li uomini nè li cani tiperseguitino più.E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e dicoda e di orecchi e con inchinare il capo mostravad'accettare ciò che Santo Francesco dicea e di vo-lerlo osservare. (Fioretti, XXI)

↑ Affresco con San Francesco e il lupo di Gubbio, Pienza.

Il lupo:Fonti Francescane

alla mano

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

Raffigurato sin dal mondo antico quale personificazione di cattiveria, avidità, fame, ingordigia, sim-bolo di pericoli, minacce, istinto violento, mangiatore di agnelli e di buoni, il lupo rappresenta perantonomasia il lato oscuro, il buio della notte e dell’animo. Da Esopo a Fedro, passando per le fiabe di Cappuccetto Rosso o dei I tre porcellini, sino agli scrittievangelici, il lupo è citato come bestia crudele e malvagia. Matteo 10,16-18: Io vi mando come pe-core in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Ezechiele22,27: I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda, versano il sangue, fannoperire la gente per turpi guadagni. Giovanni 10,11-16: Il buon pastore offre la vita per le pecore. Ilmercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo,abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. Atti 20,29,30: So infatti che, dopo la mia partenza, entreranno tra voi de' lupi rapaci; i quali non ri-sparmieranno il gregge; e anche di mezzo a voi si leveranno su degli uomini a insegnar cose perverse,per strascinarsi dietro i discepoli. Anche il Padre della Chiesa Sant’Ippolito nel III secolo scriveva: Ipastori saranno come lupi; i sacerdoti abbracceranno la menzogna; i monaci brameranno le cosedel mondo; i ricchi diverranno duri di cuore; i governanti non aiuteranno i poveri; il potente ripudieràogni compassione; i giudici toglieranno giustizia al giusto e, accecati dalla corruzione, emetterannoverdetti iniqui.È la terza delle tre fiere incontrate da Dante nella selva oscura nel I Canto dell'Inferno. La lupa, qualeallegoria dell'avarizia e della cupidigia, così definita anche da San Paolo nelle lettere a Timoteo:radix omnium malorum (radice di tutti i mali, 1 Timoteo 6,10), non solo impedisce a Dante di pro-seguire il proprio cammino, ma rappresenta la causa principale del disordine morale e politico cheattraversa l'Italia del primo Trecento. Più volte citati da Dante, la lupa o il lupo compiano in diversicanti. Plutone nel VII canto dell’Inferno è definito da Virgilio un lupo; la lupa ritorna nella famosaapostrofe del XX canto del Purgatorio: Maladetta sie tu, antica lupa, / che più di tutte l'altre bestiehai preda / per la tua fame sanza fine cupa. Ancora nel XIV canto del Purgatorio, Guido del Ducaallude ai Fiorentini chiamandoli lupi, poiché dediti al peccato di avarizia. L'accusa di avarizia vienerivolta anche alla città di Firenze nel IX canto del Purgatorio, dove Folchetto di Marsiglia definisceFirenze come città del demonio che produce e spande il maladetto fiore / c'ha disviate le pecore egli agni, / però che fatto ha lupo del pastore.

Il lupopagine

di Silvia Papa *

tra le

della

letteratura

* storico dell’arte

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La minaccia  si  trasforma  e  il  lupo  diventauomo. Homo homini  lupus -  l'uomo è unlupo per l'uomo - Hobbes sosteneva che es-sendo  la  natura  umana  egoista,  l’uomo  èmosso solo dall’istinto e dalla sopraffazione. Alter ego dell’uomo, il lupo simboleggia lalussuria. Nelle novelle di Verga La lupa o Cac-cia al  lupo,  il genere umano è soggiogatodalla carnalità. Le donne si facevano la crocequando la vedevano passare, sola come unacagnaccia, con quell’andare randagio e so-spettoso - la lupa. C'è un lupo... qui vicino... Voglio pigliarlo.Ella istintivamente volse una rapida occhiataall'uscio della cucina, e fissò gli occhi smarritiin volto al marito, che non la guardava nep-pure, chino sulla  sua pipa, assaporandola,quasi assaporasse già il piacere di cogliere lamala bestia. Ella, facendosi sempre più pal-lida,  colle  labbra  tremanti,  mormorava:Gesù!... Gesù!... In Caccia al lupo, il conta-dino Lollo scopre che la moglie ha una rela-zione con un altro uomo e intavola con leiuna discussione metaforica su una caccia lalupo. Lollo vuole preparare una trappola ecatturare il lupo/amante.L’incrocio uomo lupo diviene mitologia nelracconto Wagner l’uomo-lupo di Georg Wil-liam Reynolds, capostipite del genere horrordel licantropo.Nei primi del 1900 un romanzo, cult nella let-teratura per ragazzi, dal titolo Zanna Biancadi  Jack London nobilita  la  figura del  lupo.Ambientato nel territorio canadese Yukon, altempo dei cercatori d’oro, mostra un  rap-porto tra uomo e animale, dapprima domi-nato dalla violenza e poi dall’amicizia. ZannaBianca, cosi chiamato a causa delle colore delpelo delle sue zampe, vive con la madre finquando non si imbatte in un gruppo di in-diani che lo portano al loro villaggio. Com-prato  e  usato  per  i  combattimenti  e  lescommesse,  viene  salvato  da  un  giovanecommerciante, che inorridito da tanta fero-cia, porta Zanna Bianca  in California nellabella tenuta del padre. Qui il lupo viene trat-

tato dagli uomini con amore e Zanna Biancadiventa un perfetto cane da guardia e imparacosa sia l’amicizia e la riconoscenza non solotra gli animali, ma anche tra animali ed uo-mini. Nella letteratura russa, Tolstoj diverse volteassocia al lupo il simbolo di libertà. Nella sto-ria Il lupo e il bambino durante una notte unbambino sogna un lupo che invece di man-giarlo, lo ammonisce dicendogli di non ma-giare le cose che ama.Akela, il grande Lupo Solitario grigio, che co-mandava tutto il Branco con forza e astuzia,se ne stava completamente allungato sullasua rupe, e sotto di lui sedevano quaranta opiù lupi di ogni dimensione e colore. Akela,nel Il libro della giungla di Rudyard Kipling, èun lupo indiano col pelo grigio e capo delbranco dei lupi di Seeonee, di cui fa parteanche Mowgli. Il suo nome dal significato solitario, rispec-chia  il carattere schivo del  lupo, ma pienod’affetto per il bimbo di uomo da diventareuno dei suoi maestri nella giungla. Diverso il tono utilizzato da Hermann Hessenel Lupo nella steppa, il protagonista HarryHaller è un intellettuale sulla cinquantina chevive  in  perenne  conflitto,  tra  l’umanità,l’amore per l'arte e la filosofia e la bestialità,simile a quella del lupo sempre alla ricerca dipiaceri selvaggi. Un conflitto che lo spinge adisprezzare la società e il mondo borghese incui vive, una solitudine che lo conduce sem-pre di più verso il suicido, ma l’incontro conla bella Erminia lo fa desistere, sino a quandotragicamente Harry toglie la vita a Erminia.Altro finale amaro per Ignazio Silone nel suoromanzo Il pane e il vino, nel quale la prota-gonista Cristina viene sbranata da un brancodi lupi nella neve. Ritratto  da  scrittori,  novellisti,  evangelistiquale simbolo di cupidigia, bramosia, scelle-ratezza, il lupo si lega alle paure ancestralidell’uomo, il quale attraverso storie ricche diavventure ed emozioni tenta di esorcizzare eraccontare. 

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"Dicon che sia nemico della luce (…) Raccontanopure che se uno lo punge con uno spillo, con uncoltello, con un ferro qualsiasi, gli ridona imme-diatamente la calma. Il lupo allora si accosta pianpianino, in atto sommesso al suo liberatore e lochiama compare, baciandolo”.Così scriveva del lupo mannaro, nel 1887, Il cam-pobassano  Enrico  Melillo,  nel  suo  volumetto"Otello rusticano".

Prima della sua riscoperta come fenomeno lette-rario e cinematografico, il lupo mannaro ha alber-gato  nell’immaginario  popolare,  soprattuttodell’Europa continentale, fin dall’antichità. I primi tratti di questa figura mitica sarebbero daricondursi addirittura all’età della pietra, quandol’uomo, cacciatore nomade, aveva bisogno dellaguida del lupo, predatore per eccellenza, sui ter-reni di caccia e ne invocava lo spirito perché lo aiu-tasse  nell’impresa,  attraverso  riti  di  imme-desimazione. 

Questo  sentire  iniziale  dovette mutare  radical-mente quando l’essere umano diventò agricoltoree allevatore stanziale. Il lupo perse così il benevolovolto dello spirito guida da imitare nelle attività dicaccia per divenire quello di un competitore per ilcibo. Fu questo il momento in cui nacque la figuradel lupo mannaro dal latino volgare lupus homi-

narius (cioè "lupo umano" o "lupo mangiatoredi uomini"), un essere metà uomo, metà lupo lacui trasformazione in bestia era da addebitarsiad una punizione divina.

Le storie più suggestive di esseri mutaforma ciarrivano dall’antichità classica. Tra le figure piùinteressanti c’è sicuramente quella di Zeus Liceo(dal greco lýkos, “lupo”), una sua metamorfosiin  lupo che veniva adorata ad Argo, dove se-condo la tradizione, era comparso sotto spoglieanimali per appoggiare il malcontento popolarenei confronti del re Gelanore.Di grande fascino è anche il mito di re Licaone,che ben noto agli dei per la sua spietatezza, fumesso alla prova da Zeus che, travestito da men-dicante gli chiese ospitalità. Il sovrano imbandìun lauto banchetto durante il quale, per sma-scherare il mendicante/Zeus gli servì le carni di

* giornalista e content manager

“male di luna”:Il

di Carmen Nardi *

il lupo mannaro

inItalia

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uno schiavo (o, secondo altre versioni di quelle diuno dei suoi figli). Il dio, inorridito per quell’attosciagurato, fulminò la sua numerosa prole e lopunì trasformandolo in un “feroce lupo” affa-mato di carne umana. Questa versione del mitoha origine in Arcadia, zona che, molto più di Argoo  Atene,  basava  la  sua  economia  sull’alleva-mento, con tutto ciò che questo implicava nellacompetizione e nel timore di un predatore qualeil lupo. Per i romani, invece, esistevano i versipellis, uo-mini sotto la cui pelle cresceva il pelo del  lupoche, rivoltandosi gli faceva assumere le fattezzebestiali con cui compivano azioni malvagie.Durante il Medioevo il lupo assunse la valenza disimbolo  demoniaco  e  la  caccia  al  “lupo man-naro” divenne la caccia al male che si annidavanella società. Si  arrivò  anche  a mettere  insieme  una  lista  disegni fisici che potevano essere indicatori di lican-tropia, tra gli altri: le sopracciglia folte e unite alcentro, i canini aguzzi, il dorso delle mani peloso,il volto ferino, Il dito indice più lungo del medio,il piacere di mangiare carne cruda.

In questa contesto si può apprezzare la novità ap-portata dall’aneddoto su San Francesco e il lupodi Gubbio. Il Santo infatti, attraverso la figura dellupo, incontra senza paura il male da esso rap-presentato e lo redime con la luce della compas-sione e dell’amore “per tutte le creature”, anchee soprattutto per quelle ai margini della società.

Durante  il Medioevo si diffuse  la  credenza  se-condo la quale la trasformazione da uomo a lupomannaro poteva avvenire tramite la magia.Tra i rituali che si ritrovano più spesso in lettera-tura c’è quello piuttosto truce dell’autoscortica-zione, dopo la quale bisognava vestirsi con unapelle di lupo maledetta, possibilmente donata daSatana...Non potevano mancare i famosi filtri magici, neiquali l’ingrediente principe era il grasso di lupo,spesso mescolato  con  erbe dagli  effetti  psico-tropi.Si riteneva che se la trasformazione non era vo-

lontaria  poteva  avvenire  a  causa  della maledi-zione di una strega o di un santo (come nel casodella leggenda di San Patrizio, che trasformò inlupi i pagani) e per cause accidentali: ad esempionascere la notte di Natale (ritenuto un atto bla-sfemo) o dormire sotto la luna piena.

Tra i modi segnalati dalla tradizione italiana perdifendersi e far tornare il licantropo alla normalitàc’è quello di pungere il “mutaforma” con un og-getto acuminato  (ancora meglio  se d’argento,dalle riconosciute proprietà disinfettanti), asper-gerlo con dell’acqua o lanciargli un panno di lanatra i denti: “Quando torna a casa... sarà libero delbrutto male se viene aperto dalla moglie dopo diaver picchiato tre volte all'uscio. Se, per una qual-siasi combinazione, riesce a guadagnar la camerada letto senza prima aver picchiato, e continueràla sua vita tormentata continuamente da quellapenosa malattia. A meno che, la moglie non rie-sca a gettargli avanti una mappa (panno) rossa dilana, che egli, nel furor del male, riduce in pezziminutissimi".  Così  scriveva  Enrico  Melello nel1887, nel volume Otello Rusticano.

Con il XVIII secolo l’ossessione per la licantropiatende a scemare, anche grazie alle scoperta dellepatologie psichiatriche che spesso albergavanonella mente dei cosiddetti licantropi: malati o as-suntori di sostanze psicotrope che ne alteravanoil comportamento. Nel XIX secolo la fascinazione del licantropo tornagrazie alla letteratura gotica, ma ormai la sua esi-stenza appartiene solo al mito.Attualmente i licantropi sono materia per fictione giochi di ruolo e non fanno più paura a nes-suno, anzi hanno anche beneficiato dell’influssopositivo derivante delle battaglie che da diversianni le associazioni animaliste stanno portandoavanti a favore del lupo. Dopo  che  le  ombre  su  questa  figura mitica  sisono diradate resta solo il fascino per quello cheessa rappresenta e ha da sempre rappresentato:l’energia primigenia, la guida dell’istinto, l’unionetra l’uomo e le forze della natura più libere e sel-vagge. 

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uomo-lupo:L’

di Silvia Papa

Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

il

Ad accrescere la mitologia popolare è poi in-tervenuta la letteratura e il cinema. Pioniere èstato il Wagner l’uomo-lupo, di Georg WilliamReynolds, seguito, solo per fare alcuni esempida altri lavori, come Il marchio della bestia diRudyard Kipling e Il campo del cane di Alger-

Il licantropo o lupo mannaro è una delle figurepiù famose della tradizione popolare. Entrata afar parte nel nostro immaginario, grazie alla let-teratura e alla cinematografia dell’orrore, nellenotti di luna piena il licantropo si trasforma inuna belva feroce e ululante. Leggenda nata durante il Medioevo, un’età incui  l’uomo e  l’animale non  sempre  si distin-guono, in un mondo in cui tutto era possibile,dove il visibile conviveva con l’invisibile, la paurae la mancanza di certezze moltiplicarono sug-gestioni e superstizioni e il lupo si trasformò inlupo mannaro e l’uomo diventò licantropo.

La  tradizione dell’uomo-lupo  si diffonde du-rante il periodo dell’Inquisizione e della cacciaalle streghe sino al secolo dei Lumi, quando illicantropismo viene relegato ad una realtà pa-tologica. Presente dalle saghe del Nord Europa e quelleorientali e americane, il licantropo assume di-verse forme: lupo o incrocio-uomo lupo, man-giatore famelico di essere umani e animali, daitratti demoniaci e malvagi, incute paura e ter-rore, dotato di artigli, denti affilati, ha un pelolungo e corvino. Secondo la tradizione un morso o una maledi-zione possono trasfigurare un uomo in un lupomannaro, ma  un  proiettile,  una  spada  d’ar-gento o del  fuoco possono uccidere  il  lican-tropo.

↑ Antica raffigurazione medievale di figure licantrope.

licantropo

nelmondo

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non Blackwood per giungere agli horror/co-medy con i film di John Landis Lupo mannaroamericano a Londra  e Un lupo mannaro ame-ricano a Parigi di Anthony Waller, dove con iro-nia, paura e buffoneria si affronta il tema dellicantropo. 

Ma, agli inizi degli anni ottanta, sarà con il fa-mosissimo video Thriller di Michael  Jackson,che l’immagine del lupo mannaro viene defini-tivamente rivoluzionata, divenendo un cult. Il video, diretto da John Landis, lo stesso registadel film Un lupo mannaro americano a Londra,è stato non solo uno dei video più costosi dellastoria della musica, ma ha segnato un cambia-

↓ La locandina de Un lupo mannaro americano a Londra.

mento nel modo di girare videoclip. Al cinema Michael e la fidanzata stanno guar-dando un film horror, un giovane innamoratosi trasforma in licantropo e insegue la sua fi-danzata, che fugge terrorizzata. La ragazza diMichael, impaurita esce dal cinema e lui rincuo-randola le dice che il film è pura fantasia. Ma idue vengono accerchiati da zombie, Michaeldiventa uno di loro e iniziano a ballare, lei si ri-fugia in casa, raggiunta dai mostri chiude gliocchi e quando li riapre trova il suo fidanzatoche  aiutandola  la  porta  fuori  casa.  Michaelguarda l’obiettivo e con gli occhi gialli da lican-tropo, sorride! Nobilitato dalla musica, il lupo mannaro è di-venuto un’icona del pop.

Secondo le più antiche tradizionilupi mannari si nasce.

Succede, così dicono, se si è concepitinella notte di San Paolo, oppure se si nasce

a mezzanotte della notte di Natale.Ma lupo mannaro, ovviamente,

si può anche diventare.

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Felice Feltracco,

lupo di Francesco

Con

tra gli acquerelli del

di Diego Mecenero

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Pioviggina a Gubbio, primo pomeriggio, primi di gennaio. Colori scurie cupi, tanti muri e mattoni, perlopiù oscurati dal semicerchio del mioombrello appena sopra la mia testa. Di certo ben visibili a terra le mat-tonelle del centro storico e, a tratti, l’asfalto: ombre anche lì.Striscio veloce lungo un ultimo muro fino all’ingresso della sala cheospita la mostra di Felice, riconosco la locandina sulla soglia dell’in-gresso, entro abbassando l’ombrello aperto ad impedirmi la visualeverso l’interno e quando lo chiudo... sono in un altro mondo. Solenni, luminose, talora eteree, mi stanno fissando le sue opere arti-stiche. Mi circondano e penso davvero che sono in un’altra dimen-sione. Non solo perché sono acquerelli o tecniche miste bellissimi (usoun termine semplice, ma mi pare il più appropriato), ma perché da essi traspare una luce molto naturalee soprannaturale al contempo. Le ammiro, passeggiando tra i pannelli come tra alberi sacri di una forestamagica di una terra lontana lontana.Sto aspettando che arrivi lui, l’artista, e intanto mi ripasso la lezione, che cose che so di lui, reperite qua elà in rete: che ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia (wow, veneto come me!), che è statoun ottimo scenografo di teatro, che con i suoi acquerelli è poi approdato a Londra, dove ha avuto solenniriconoscimenti e apprezzamenti, che infine è ora in una fase di ricerca di una nuova tecnica inedita frutto

di un confronto col mondo orientale.Beh, mi aspetto un santone, o giù di lì. Si ag-giunge l’amico Simone Minelli, responsabiledell’Ufficio  diocesano  per  la  Pastorale  deltempo libero, pellegrinaggi, turismo e sport,che ringrazio per aver organizzato questo in-contro. Poi arriva Felice e scopro con bella sor-presa che il suo nome di battesimo bene siaddice alla sua personalità: è una persona lu-minosa, allegra e ci si sente subito a proprioagio con lui. Nondimeno, bastano poche parole per intuireche  in  lui, oltre all’allegria, è custodita unagrande capacità di ricerca umana e artistica,

INTERVISTAESCLUSIVA

↘ Un momento dell’intervista a Felice Feltracco.

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perfino spirituale. Mi rivela subito di es-sere una grande appassionato della na-tura e non  lo dice come chi elenca  ipropri hobby, ma con  lo sguardo as-sente che si spinge verso chissà qualilontani posti, anzi no: chissà verso qualidimensioni dell’animo umano, di cui labellezza del mondo è semplicementeinterruttore di innesco. Si parla così di“spiritualità” dei luoghi, di meraviglia,di ricerca dell’infinito, di mistica dellanatura, di “Madre natura”.È da questa natura che “salta fuori” ilsuo  lupo  (per  inciso dico  la  cosa piùovvia, per amor di cronaca: Felice Fel-tracco è l’illustratore per Feltrinelli Edi-tore  della  bella  storia  per  bambini  eadulti di Chiara Frugoni dal titolo “SanFrancesco e il lupo: un’altra storia”).Chi è questo lupo? “Il lupo rappresental’esperienza della solitudine” mi dice,“e la foresta è la metafora di una terrasenza sentiero, una vita in ricerca”.Colpito fin da bambino dal lupo del ce-lebre  scritto  di  Jack  London,  Feliceevoca un animale che punta dritto asuscitare una presa di consapevolezzacapace di riconciliazione, nel senso piùampio e antropologico del termine.“Per gli uomini  il  lupo rappresenta  ilmale, ma perché? Il  lupo non è altroche lo specchio della natura. Come SanFrancesco, alcuni esemplari maschi do-minanti non accettano di essere domi-nati  e,  se  scacciati  dal  branco,divengono erranti, capaci di rinunciarea tutto per seguire il proprio istinto”.Lo ascolto incantato, condivido moltoquello che mi racconta e, purtroppo,non riesco a farlo stare tutto in questepagine. Chiedo venia per questo.

Gli faccio una domanda, su una cosa che ho notatoosservando le sue opere: perché si vede sempre, so-lenne, il volto del lupo e mai quello di Francesco, na-scosto  nell’ombra  del  suo  cappuccio  o  ritratto  dispalle? “Perché questo libro è più dalla parte del lupoe della natura, che del Santo. È più il lupo che trovaFrancesco, e non viceversa”. Vero, penso.Entrambi i protagonisti del libro, il lupo e Francesco,vanno nella foresta e lì l’uno ricerca, quasi pedina l’al-tro. Potrebbe sembrare una scena thriller, e invece èl’abile tessitura di una profonda metafora che enucleale cose più vere e importanti della vita. Una bella storiae delle immagini che parlano. Tutto finisce con un an-nusamento: il lupo sente l’odore di quell’uomo strano,stremato a terra, e non l’assale, perché ha l’odore diun “uomo buono”. I due non si lasceranno più.

Vedi la videointervista

↗ L’ingresso della mostra a Gubbio.

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

di Rosita Roncaglia

Il lupo resta nella letteratura per l’infanzia un pro-tagonista ancora attuale: la paura che nostri an-tenati avevano di lui, perché reputato cattivo espietato, è rimasta sempre ancestralmente radi-cata anche nelle attuali generazioni, che pur nonhanno visto e forse non vedranno mai un lupo senon in qualche documentario televisivo che parladella sua possibile salvezza.Si ricorre ancora spesso all’uso dell’immagine del“lupo cattivo” per spaventare i bambini.Quante volte sento mamme che sgridano i lorofigli ampliando i loro rimproveri con frasi minac-ciose del tipo: “Se non ti comporti bene, il lupocattivo verrà a mangiarti stanotte o ti porterà viada me”, e i bambini, immaginando il lupo comeun essere malvagio, ne rimangono angosciati. Masfido io! Quale bambino non avrebbe paura diquesta sorta di “scena horror”? L’adulto, così fa-cendo, preme sul punto più debole della psichedel  bambino,  ovvero  l’allontanamento/abban-dono dalla mamma, che è la paura e l’angosciapeggiore per lui.Quindi, se si vuol costruire una società civile e ri-spettosa degli animali, dovremmo cominciare ri-badendo sin da subito che il lupo cattivo di moltefavole e racconti, è un personaggio puramentefantastico che non mangia nessuno. Fortunata-mente non esistono solo storie in cui ai lupi vienedato questo ruolo terrificante. E proprio l’incontro col libro San Francesco e illupo di Chiara Frugoni,  illustrato da Felice Fel-tracco, mi ha dato  lo spunto per raccontare aibambini  di  3,  4  e  5  anni  della mia  sezione  discuola dell’infanzia (Recanati) un episodio dellavita del Santo, vicino alla natura e agli animali.

Si tratta di una storia semplice, capace di suscitaresentimenti, stati d’animo e conduce a rifletteresull’”odore” della bontà, proprio così! Ho  ricreato uno  spazio  intimo e piacevole  condelle panchine e in poco tempo ci siamo immersinella magica atmosfera della lettura drammatiz-zata della storia. Guardavo i bambini, per accom-pagnarmi  al  loro modo  di  vivere  la  vicenda  diquesto  lupo  cacciato  dal  branco  perché  ormaivecchio e troppo debole rispetto ai lupi più gio-vani. Tono e modulazione della voce, le pause, ilmovimento delle mani e la mimica del volto sonostate tutte cose che hanno concorso in manieradeterminante all’efficacia dell’esposizione. Gli ac-querelli, molto suggestivi, hanno svolto un ruolodi chiarimento, di puntualizzazione e insieme diconvalida della vicenda. Mentre mostravo le immagini delle varie scene,invitavo di volta in volta i bambini a fare il versodell’animale, a simulare la lotta tra lupi, a imper-

* docente di Scuola dell’Infanzia

Abbasso la paura!bambiniil lupo raccontato ai

Abbiamo letto lastoria illustrata daFelice Feltraccoai bambini

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sonare gli abitanti di Gubbio impauriti e France-sco che vagava nel bosco, scalzo, per cercare diparlargli, finché esausto si ad-dormenta. Ma la scena che più ha coin-volto i bambini è stata quelladel lupo che trova Francescodisteso sul ghiaccio: 

“Gli girò intorno, e l'annusò.Sentì un odore magico, nuo-vissimo.  Non  somigliava  af-fatto all'odore di  carne e disangue che tanto gli piaceva.Il lupo era sorpreso e sbalordito. All'improvvisocapì che Francesco non voleva ucciderlo, come gliuomini che gli davano la caccia.Capì  che  Francesco  gli  avrebbevoluto bene. Si sdraiò accanto alui e lo riscaldò col suo pelo”.Rivolgere  loro  anche  domandeappropriate, nei momenti oppor-tuni ha  fatto emergere osserva-zioni  non  scontate  o  di  facilesupposizione.

Costantino,  5  anni:  “Se  il  luposegue Francesco perché non riu-sciva  a  staccarsi  dal  suo  odore,che odore era?”.Melissa,  5  anni:  “Che  cosa  l'haconvinto a diventare mansueto eaffettuoso?”.

La  risposta,  l’odore  di  un  uomo buono,  arrivadritta e centra in pieno il cuore dei bambini, mainevitabilmente anche il mioche  pure  sto  narrando  unastoria  che,  seppur  in  altreforme, già conoscevo. In que-sta interpretazione è il lupo asalvare Francesco, accuccian-dosi accanto a lui per riscal-darlo  nel  freddo  del  boscoinnevato.Dunque anche i lupi sentonol’odore  della  bontà,  e  difronte al suo richiamo si am-

mansiscono alla mitezza.Il racconto è stato rievocato collettivamente dai

bambini, sia per appagare laloro naturale tendenza di rias-saporare il piacere delle emo-zioni  vissute,  sia per  indurread  una  più  attenta  osserva-zione dei vari elementi dellastoria. Mi sono limitata ad in-tervenire  con  domande-guida,  di  sollecitazione  e  dicorrezione,  quasi  fossi  io  avoler conoscere la vicenda:

• Perché il lupo viene cacciato dal branco? • Cosa deve fare per sopravvivere?

•  Perché  gli  abitanti  di  Gubbioerano in apprensione?• A chi chiedono aiuto?• Secondo voi San Francesco è co-raggioso? Perché?

Dopo la discussione, ho messo adisposizione dei bambini il libro eloro liberamente hanno scelto dirappresentare la scena che più glipiaceva. Si  sono  anche  molto  divertiti  agiocare  con  le  marionette  delSanto e del Lupo! La narrazione delle emozioni miha  molto  affascinato  e  il  lupo,scoperto  in  questa  versione,  hasuscitato in tutti noi una sorta di

compassione e di bellezza.Mi auguro che questo straordinario animale che

è il lupo, capace di toccare lenostre più profonde emozionie far emergere le paure ance-strali di cui è portatore, nonperda mai il vizio di farsi tro-vare  nel  bel  mezzo  di  un“sentiero narrativo” nelle suemolteplici personalità: fame-lico, arrogante, sfortunato, unpo’  ignorante, ma anche  in-genuo,  gentile,  premuroso,ironico, forte, libero e fiero.

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zione simbolica dei pericoli e identificazione delmale, con l’intento di avvertire e ammonire gliascoltatori. Spesso le favole sono anche meta-fore delle varie  fasi di  crescita nella vita del-l’uomo. Ci sono prove o ostacoli da superare,esempi di virtù da seguire o comportamenti daevitare.

Nella versione dei  fratelli Grimm del 1857 diCappuccetto Rosso, la bimba di rosso vestita,porta un cesto alla nonna ammalata, ma nelbosco un grosso lupo, ingannandola si fa rive-lare l’abitazione della nonna, che divora in unsolo boccone. Il  lupo ancora non sfamato, sitraveste e si mette a letto, aspettando l’arrivodi Cappuccetto rosso, che non riconoscendo illupo, cade sotto i denti affilati dell’animale. Mal’intervento provvidenziale del  taglialegna  ri-solve la brutta situazione, dopo aver tagliato la

Lupus in fabulafiabe

di Silvia Papa

:

il lupo nelle

↗ Il lupo e i sette capretti in un’illustrazione di Karl Fahringer.

Molte volte abbiamo ascoltato nelle fiabe di unterribile lupo che si aggirava feroce e crudeleper compiere azioni malvagie. Già nell’anticaGrecia,  Esopo citava  il  lupo nelle  sue  favole.Nello Scherzo del pastore, il lupo tanto invocatoper gioco dal pastore annoiato finisce per man-giare tutto il suo gregge. Ugualmente raccontaFedro di un lupo, avido e crudele, prevaricatoresui deboli, come nel Lupo e l’agnello. Tra gli innumerevoli esempi, possiamo ancoraricordare Cappuccetto rosso, I tre porcellini, IlLupo e i sette capretti, Pierino e il lupo.

Il tema del lupo, famelico e ingordo, ha originilontane. Legato alle tradizioni e morali popolari,il lupo compare nelle storie come rappresenta-

↖ Il lupo de I tre porcellini.

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pancia del lupo, libera le duemalcapitate ancora vive. Luposconfitto e abitanti sereni.

Il tema delle vittime estrattesane  e  salve  dal  ventre  dellupo, ricorre anche nella fiabadi Pierino e il lupo, opera delcompositore russo Prokofiev,così pure la raffigurazione dellupo come pericolo e minac-cia.  Lo  stesso  dicasi  per  lafiaba Il lupo e i sette capretti.Pierino è un bambino corag-gioso che vuole uccidere ungrosso lupo che si aggira neiboschi, ma il nonno per evi-tare  che  commetta  qualchesciocchezza, lo chiude all’in-terno del giardino di casa, maquando il lupo arriva mangia la povera anatranello stagno. Un uccellino avvisa i cacciatori del pericolo checorre Pierino, che nel frattempo è riuscito a fer-mare e immobilizzare il lupo. Liberata l’anatra

viva dalla pancia del lupo, ini-ziano i felici festeggiamenti. 

Di uguale intento e tradizioneè la fiaba dei fratelli Grimm Illupo  e  i  sette  capretti.  Unamamma capra lascia i suoi 7capretti per andare nel boscoa far provviste, raccomandanoai suoi piccoli di stare attenti ea non aprire  al  lupo  cattivo.Ma dopo diversi  tentativi daparte  del  lupo,  i  piccoli  ce-dono e aprono la porta. Compreso  l’inganno  si  rifu-giano  in  ogni  angolo  dellacasa,  ma  invano  e  il  lupo  limangia uno dopo l’altro. Soloil più piccolo riesce a salvarsi,perché ben nascosto. 

Tornata  la mamma  si  mette  sulle  tracce  dellupo, il quale sazio dormiva nel bosco. Senzafarsi scoprire la mamma capra taglia la panciadel lupo e salva tutti i suoi sei figlioletti ancoravivi. Al loro posto mette delle pesanti pietre equando il lupo si sveglia e va a bere, cade an-negato.

I tre porcellini, fiaba europea dalle incerte ori-gini, sono una metafora legata alla crescita eall’abbandono della casa materna per iniziareun  cammino  di  vita  con  le  proprie  forze.  Ilprimo dei  tre porcellini decide di costruire  lacasa di paglia, ma il lupo con un soffio la buttagiù e lo mangia. Il secondo prova a costruirlacon  le  assi  di  legno, ma  ugualmente  finiscesotto le fauci del lupo. Il terzo costruendola dimattoni, resiste agli assalti del lupo, il quale ca-landosi dal camino muore dentro la pentola diacqua calda, preparata dall’astuto porcellino. 

Attraverso un percorso di formazione e di av-venture, anche negative, le fiabe insegnano ariconoscere e  scindere  il bene dal male e al-meno nella favole il cattivo perde sempre! 

↗ Il lupo di Cappuccetto Rosso in un’illustrazione

di J. W. Smith.

↗ Un’antica incisione raffigurante un momento de Il lupo e l’agnello

di Fedro.

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Leggenda, storiatradizionee sul lupo del

Dal Lupus in Fabula al Lupus in PabulaDal Passus Lupi al Lupus Pascens

di Euro Puletti *

Un famoso episodio storico, narrato, forse, atratti, anche in maniera un po' leggendaria,da Tito Livio (cfr Titus Livius, La prima Deca,Libro X. Traduz. in italiano di L. Perelli. Torino,1953) nella descrizione della Battaglia di Sen-tinum, avvenuta durante l’anno295  a.C.,  proprio  nelle  vici-nanze dei luoghi giacenti alpiede orientale del MonteCucco,  tratta del  presagiodella cerva e del lupo. 

Esso è così traduci-bile: 

«Il terzo giorno icontendenti sce-sero in campocon tutte leforze. Mentre  glieserciti  eranoschierati,  unacerva,  inse-guita  da  unlupo, venne giù

Monte Cucco

* antropologo e speleologo

dai monti, e, correndo, attraversò la pianurain mezzo agli opposti schieramenti; quindi lefiere piegarono la corsa in opposta direzione,la cerva verso i Galli, il lupo verso i Romani. Al lupo fu lasciato libero il passaggio fra lefile; la cerva fu trafitta dai Galli. Allora,  un  soldato  romano delle prime  filedisse: «La fuga e la strage si volgeranno daquella parte dove vedete giacere  l’animalesacro a Diana; di qua, il lupo vittorioso, sacroa Marte, intatto e illeso, ha voluto ricordarcila nostra origine da Marte e il nostro fonda-tore». 

Alcuni studiosi locali hanno, così, ritenuto chei Romani si siano “imbattuti” nel fausto pas-saggio-presagio  del  lupo,  durante  la  loromarcia d’avvicinamento al campo di batta-glia,  alla  volta  del  territorio  di  Sentinum(l'odierna Sassoferrato di Ancona), proprio incorrispondenza  dell’attuale  località  umbraPascelupo, in Provincia di Perugia e nel Co-mune di Scheggia, la quale, proprio dal tran-sito  di  questo  “marziale  canide”,  avrebbetratto il nome che ha portato, ininterrotta-mente, sino ad oggi.

↑ Euro Puletti.

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Là dove, all'ombra tutelare del MonteCucco, pasceva tranquillamente il lupo

La storia del lupo a Monte Cucco ha inizio con una leggendaquella narrata da Tito Livio

nella trattazione d'un episodio saliente della Battaglia di Sentinum

("Battaglia delle Nazioni") del 295 a.C.

Tuttavia, il nome di  luogo Pascelupo risale,probabilmente,  a  quello  di  Vico  detto  "IlLupo" feudatario di stirpe regale longobarda,il quale controllava, fra le molte altre cose,esigendo pagamento di pedaggi, i traffici diuomini e merci, attraverso un  locale passoviario, denominato, per l'appunto, "PassusLupi", 'Passo di quell'uomo, che era detto IlLupo'.

In realtà, però, il primo documento, che fac-cia esplicita menzione a Pascelupo, quale ca-stello  del  comitato  di  Gubbio  (CastrumPascelupi), risale al 19 marzo dell’anno 1317.In esso, il presidio militare è denominato Pa-scilupo, ma, altrove, anche Passilupo, la qualeultima forma risale, con tutta probabilità, allalocuzione latina "Passus Lupi", cioè "Passo diLupo", vale a dire, come detto, ‘passo di pro-

prietà  o  di  custodia  di  un  uomo di  nomeLupo’:  «[...]  Vico,  detto  Il  Lupo,  figlio  delConte Monaldo, di Nocera». Il fatto che illupo cerchi di predare le pecore ricade, dache mondo è mondo, entro il normale ordinedelle cose naturali. Un antico proverbio dellenostre parti, vero e proprio concentrato disaggezza  popolare,  recitava,  infatti:“Ognuno ’l suo mestiere e ’l lupo a le pe-core!”. I pastori d’un tempo, per evitare l’ag-gressione alle greggi da parte del predatore,le rinchiudevano entro gli stazzi, facendovelepascolare, fintanto che non avessero com-pletamente esaurito le erbe ivi presenti. Glistessi “pecorari” provvedevano, poi, a spo-stare lo stazzo, e i medesimi ovini rinchiusivi,detti “pecore a la rete”, in una porzione diprato ancora abbondante di erbe. Alla finedella  stagione  pascoliva,  tutti  i  prati  dellamontagna risultavano essere stati così “staz-zati”, vale a dire abbondantemente conci-mati. Il pastore doveva dunque “invigilare”assiduamente le pecore, poiché, come reci-tava un altro antico e saggio proverbio po-polare:  “’L  pastore  a  spasso  fa  ’l  lupograsso”. Sul Monte Cucco, l’aspra competi-zione alimentare, l’ardua lotta per la soprav-vivenza, tra pastori e lupi ha radici antiche.Al contenimento numerico, in questi luoghiselvaggi, delle popolazioni di tale formidabilecarnivoro contribuirono già molto i provvidistatuti eugubini (cfr Concioli, Statuta Civita-tis Eugubii, Maceratae Typis Josephi Piccioni1678 - Liber V - Rub. 43. p. 309), i quali as-segnavano la taglia di un fiorino ai cacciatoridi lupi dell’epoca, spesso definiti “lupari”. Daprecise testimonianze di fonte orale (DuilioMorelli di Villa Col de’ Canali, ed altri), inol-tre, si è appreso come, agli inizi del XX se-colo, “Pian delle Macinare” fosse il centroincontrastato della caccia al lupo sul MonteCucco. Dall’alto di palchi di legno, apposita-mente costruiti, i cacciatori d’un tempo spa-ravano  ai  lupi,  dopo  averli  attirati  con

↗ Cucciolo di lupo fotografato sul Monte Cucco.

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carogne, appese, per le zampe, a pali ed alberi,o accatastate, alla rinfusa, sul terreno. Questespecie di altane, chiamate palchi, sembra chefossero altresì collocate nelle località “Capannadei Rancanesi” ed “Ara dei Frati”. Dagli inizidel ’900, la caccia al lupo fu così frequente edincessante da far sì che, attorno alla fine deglianni  ’30,  i  lupi  sembrassero  completamentescomparsi dalla montagna. All’eliminazione fi-sica di tali predatori, si accompagnavano, ta-lora,  anche  pratiche  simili  all’esorcismo,riassunte nell’espressione popolare “scongiurài lupi”. Messi talvolta in atto da solerti sacer-

doti, anche durante il canonico rito delle Roga-zioni,  taluni  di  questi  interventimagico-religiosi, a volta considerati del tutto ri-solutori, sono stabilmente entrati a far partedell’aneddotica popolare. Un tempo, per te-nere lontani, o scacciare, i lupi, i vecchi pastoridi Fossato di Vico pare impiegassero il “bastóncornùto” (loc.). Era, questo, un bastone pasto-rale,  terminato,  al  vertice,  da  un  acuminatocorno d’animale, spesso da quello ritorto d’unariete o d’un caprone, con il quale (oltre cheservire da valida impugnatura e far apparire, diprofilo, il bastone come un serpente nell’attodi mordere) ci si difendeva validamente dall’ag-gressione dei lupi. A Fossato di Vico, un dettoesemplificava l’uso che di questa verga si fa-ceva, da parte dei pastori, sino a circa novan-t’anni or sono: “Chi me da ’n bastón cornùtoper tiràllo da quel lupo? Però ’l lupo me s’ar-voltò e tutte le pecore me se magnò”.Dopo trenta anni di tutela della specie da partedella Legge, il lupo, aumentato ovunque di nu-

mero  in  Italia, è ora  tornato ad abitare, conqualche  “nucleo  familiare”,  anche  il MonteCucco. Alle autorità competenti sta, adesso, ildifficile compito di mediare tra le esigenze dellasua salvaguardia e quelle, altrettanto giuste,della  sopravvivenza dell’allevamento bovino,equino ed ovino, che, con le razze tipiche dellavacca chianina, del cavallo del Catria, e dellapecora sopravvissana, non potrà e non dovràmai scomparire dalle belle e verdeggianti pra-terie del Monte Cucco. La continua, e, a volte,folta presenza di questo canide selvatico sulCucco  fece  sì  che  molti  termini  popolari,  e

modi di dire relativi al lupo, entrassero in usonel  vocabolario  dialettale  delle  nostre  zonemontane, alcuni di essi restandovi fino ai giorninostri. Ad Isola Fossara, ad esempio, il fitonimo(nome di pianta) “lòffa del lupo” indica il co-mune fungo, denominato ‘vescia’. “Lòffa” e“lòffa del lupo” sono due fitonimi popolari, im-piegati, nell’area del Parco, per designare alcunifunghi del genere Lycoperdon, comunementeconosciuti col nome di “béscia”(s. f.), o “vé-scia”  (s.  f.),  termini  che  risalgono,  probabil-mente, entrambi, a causa dell’aspetto rigonfioe tondeggiante che il fungo assume, ad unaforma  apocopata  del  termine  “bescìca/ve-scìca”(s.  f.),  ‘vescica’  (in  dialetto  anche  “bi-scìga”, s. f.). Tuttavia, il fitonimo italiano vésciasi fa generalmente risalire al latino vissire, ‘farpeti’.  Come  è  ben  noto,  anche  il  termine“lòffa” significa ‘peto’ ed ha connessioni at-tendibili col germanico luft, ‘aria’. “Lòffa dellupo”  (si  confrontino  l’analogo dialettalismolessicale trentino pèti di lóf, ‘peti di lupo’, indi-

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↘ Il Monte Cucco innevato.

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cante, però, il ‘mirtillo’ ed il valdostano lùfie,‘vescia’),  poi,  ha  un  significato  analogo  allavoce scientifica Lycoperdon, che è costituita dalgreco lýkos, ‘lupo’ e pérdomai, ‘spetezzare’. Laragione per la quale alcuni funghi del genereLycoperdon sono stati concettualmente acco-stati all’idea di peto, nell’accezione metaforicadi ‘aria che fuoriesce’, risiede nel fatto che talifunghi, giunti a maturità, si gonfiano d’aria e,poi, producendo un rumore sordo, scoppiano,liberando così, al vento, le spore in essi conte-nute. Le forme linguistiche popolari, compresii termini toponimici, che contengono sostantivi

od aggettivi riferentisi al lupo (“fava del lupo”;“lòffa del lupo”; “lupìno”; “lupéngo”; Passodal Lupo, ecc.), assumono una connotazionedecisamente spregiativa, segno lampante, que-sto, della valutazione assai negativa che la cul-tura popolare attribuiva al canide. Gli aggettivi“lupéngo”  e  “lupìno”  valgono,  rispettiva-mente ed alla lettera, ‘guardingo e circospettoalla maniera del lupo’ e ‘(cosa) da lupo’, dun-que ‘inutile, cattiva, velenosa’. Nell’Alta Valledel Tevere,  l’aggettivo “lupéngo” è vicariatodalla forma aggettivale “lupégno”, ‘di lupo, re-lativo al lupo’.Ad Isola Fossara, la “tajjatùra a bòcca da lùpo”è il ‘taglio praticato colpendo, con la roncola,due soli punti del tronco di un piccolo albero,in maniera tale che il taglio finale rassomigli,vagamente, alle fauci aperte di un lupo. I raris-simi zoonimi popolari “lupàtto” e lupat(t)èllo,valgono, entrambi, ‘cucciolo di lupo’, ‘lupac-chiotto’. Lo zoonimo dialettale “lupat(t)èllo”dovrebbe  aver  dato origine  ad un  cognome

umbro  di  discreta  diffusione:  Lupattelli.L’espressione,  registrata  ad  Isola  fossara,“’Llùpo se (s)fiónca” significherebbe ‘il lupo as-sale’, mentre “’L lupo ùrla”, onnipresente nelleparlate del Parco, vuol dire ‘il lupo ulula’. Adun uomo dall’aspetto selvaggio e trasandato edal comportamento furtivo si soleva dire: “Par-ghi  ’l  lupo!”,  cioè  ‘sembri  il  lupo!’.  Ad  unuomo spossato di fatica si diceva spesso: “Par-ghi ’n lupo strónco!”. Una persona sgraditaalla quale si volesse accennare, senza peraltrofarne il nome, era spesso chiamata “’l lupo”.Quest’epiteto, in qualche modo simile al latino

“lupus in fabula”, si attribuisce, ad esempio,ai vigili urbani o ai finanzieri. Quando, infatti,si teme di ricevere una multa da uno di questiagenti,  rivolgendosi  ad  un’altra  persona,  sidice: “Va’ ’mpo’ a véde fòri si tante volte c’è ’llupo!”. Ad Isola Fossara, l’espressione, riferita,indifferentemente, ad uomini od animali, “È ’nlupo!”, vale: ‘È forte, astuto e sveglio come unlupo!’. Ad una persona che veniva sorpresanell’atto di espletare un bisogno fisiologico sidiceva: “Chi ha visto ’l lupo a cacà? Tìrije ’nsasso e fall’arizzà!” Di una persona che abbiaavvertito lancinanti dolori fisici (e, molto più ra-ramente, morali) si dice “Ha ’ntéso ’l mòrso dellupo”, ‘Ha provato il morso del lupo’. Il noto(in  ambito  popolare  locale)  proverbio  “Aognuno ’l suo mestiere e ’l lupo a le pècore”veniva spesso ripetuto a chi, in un lavoro, ten-tava, ma in maniera del tutto maldestra, di so-stituirsi a colui che, quell’operazione, era solitofarla di mestiere ed a regola d’arte.L’organo genitale femminile, specie nel terri-

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torio eugubino, è detto talvolta “lupa (nera)”(s.f.), cioè, traducendo in maniera metaforica,‘bocca vorace’. L’origine di tale denominazione può risiederenel fatto che la lupa è stata per secoli conside-rata il simbolo stesso della lussuria. Non è, in-fatti  senza  ragione  che  un  uomo,  preso  dairresistibili voglie sessuali, venga popolarmentedetto “(’n) alupàto” (agg. e agg. sost.), cioè‘un allupato’.Molti cognomi e soprannomi del Parco, e dellezone  limitrofe ad esso, derivano da zoonimi(nomi d’animali) dialettali ed in lingua italiana.Fra i molti, a titolo di esempio, ricorderemo sol-tanto:  “Lupàro”  (forse non direttamente dalupo, ma da “luparo”, ‘cacciatore di lupi’).Intorno al “sinistro” comportamento dei lupifiorirono, nei secoli, molte storie, leggende ecredenze popolari. Secondo una di queste, il lupo era consideratocome l’abitatore principe delle grotte, vale adire un animale delle tenebre, ctonio e demo-niaco. Il suo verso veniva, infatti, come detto,definito “urlo” (s. m.) e le sue tane, quasi sem-pre, “grotte” (s. f. pl.). La toponomastica delParco, in effetti, abbonda di Grotte e Tane delLupo.Si credeva, un tempo, che, per difendere i pro-pri vitelli dall’attacco dei lupi, le vacche si di-sponessero  in  circolo  attorno  ad  essi.Incontrando un uomo, poi, il lupo si sarebbefermato un solo istante a guardarlo, per poi ri-prendere tranquillamente il proprio cammino.Si riteneva, un tempo, per certissimo che i lupi,anche raccolti in branco, avrebbero potuto es-sere messi  in  fuga col  semplice  rumore pro-dotto da due zoccoli  (“zòcchi”,  s. m. pl.), opezzi di legna, sbattuti fra loro, e che per fardissanguare (“svenà ”, v. intr.) le vacche, il lupole azzannasse alle mammelle  (“pócce”,  s.  f.pl.).  Dopo  aver  “scannàto”  una  pecora  edaverne “tracanato” il sangue, inoltre, un lupoavrebbe potuto rimanersene in una grotta perben diciotto giorni, senza né bere e né man-giare.

MOLTI ZOOTOPONIMI (TOPONIMI, CIOÈ, RELATIVI ALLAFAUNA) DEL PARCO DEL MONTE CUCCO SI RIFANNOALL’ANTICA PRESENZA DEL LUPO  IN QUESTE ZONE.DALLO  ZOONIMO  LATINO  LUPUS,  ‘LUPO’,  DISCEN-DONO, AD ESEMPIO, I TOPONIMI: IL PASSO DAL LUPO,COSTA  FOSSA  LUPO,  FORCA  LUPARA,  PASCELUPO,CANTALUPO.  ALLO  ZOONIMO  GERMANICO  WULF,‘LUPO’, POTREBBE,  INOLTRE, RISALIRE  IL TOPONIMODEL MONTE CUCCO, IN COMUNE DI COSTACCIARO,LA GUFÀRA. NEL CASO IN ESAME, CI SENTIREMMO DIESCLUDERE  QUALSIASI  RIFERIMENTO  AL  GUFO  INQUANTO UCCELLO, VISTO CHE DA NOI TALE TERMINENON È GRANCHÉ POPOLARE, PREFERENDOGLISI ALTRIAPPELLATIVI.  IL  TOPONIMO  LA  GUFÀRA DESIGNAUN’AREA  BOSCHIVA  DEL  VERSANTE  OCCIDENTALEDELLA MONTAGNA.

APPENDICEUn esempio d’aneddotica popolare sui lupiLibere interpretazioni e trasposizioni in versi 

di Euro Puletti

De la Costa, ’l povero Tomasso, a San Giròllimosott’a ’l grande sasso,1 andò ’n bel giorno persupplica’ ’l priore, da tutti e ognuno tenuto ingrande  onore,  che  per  nome  era  chiamatoForte,2 de  scongiura’  le bestie da  la morte.Morte che i lupi jje stéveno a da’, ’ntanto, cheragionàveno ’l pastore e l’òmo santo: «Vo’ che’n sant’òmo certamente séte, ’sti lupi, ’mpo’,da scongiura’ vedete… Io li scongiuro - dissecon affanno  - Ma  ’n so dove spedìlli da do’stanno. Docché li mando loro faranno danno:ènno già troppe le bestie ch’ònno scanno.».Dal bon Tomasso jje venne ’nn’idea, e confidò’l pensiero che ci avéa: «C’e ’n pòsto solo do’’n pòsseno fa’ danno, ma solo utilità, si scan-

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↓ Un luparo mostra una trappola per lupi.

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naranno… tutti coloro, o guadàmbio raro, chestanno sul comun de Costaciàro…».3

“Co’ lo sbatte i zòcchi s’alontana ’l lupo”Raccontino, in versi dialettali, 

liberamente tratto da una storia vera

’Na pòra donna, le pecore parava, e tranquillacol cane se ne stava, co’ ’n cagnolétto, ch’era’na bestia fida, quann’ècco ’n animale giù LaFida; comme lanciò ’nte l’aria nn urlo cupo, liasùbbito  s’acòrse  ch’era  ’l  lupo.  Presa  da  lapaura,  che  l’affanna,  fa  apéna  ’n  tempo  abocca’ ’nte la capanna. Mentr’essa era drento,che pregava, fòri era ’l cane che da ’l lupo jje’bajjàva.  Al’improvìso,  ’sta  donna  ebbe’nn’idea: da sbatte ’nsième i du’ zòcchi che ciavéa. Dóppo che ’l lupo sente ’sto rimóre, com-m’a l’inverno, jj’ha preso ’n grande trimóre. La-scia  l’agnella,  ch’apéna  éva  ’dentato,  echiappa, via, cornuto e bastonato.

Gubbio: un fiorino per la morte d’un lupo

Così, l’erudito padre camaldolese don PlacidoMaria  da  Todi,  eremita  all’Eremo  di  MonteCucco nel XIX secolo, scriveva circa la faunache popolava, “in allora”, la montagna. “Or sea differenza dell’aquila  che nell’eminenza diuna roccia tiene il vasto suo nido, nelle cavitàinferiori delle rupi o degli alberi i ghiri e li sco-iattoli, le faine e le martore, le volpi ed i tassied altri mammiferi  rosicchianti o carnivori  vihanno il loro covile, non poteva essere a menoche il lupo, fra gli animali delle nostre contradeil più terribile non vi si procacciasse, nei più ri-posti nascondigli, il suo diurno ricovero, dopoche  l’uomo  avevagli  dichiarata  guerra  met-tendo sino a prezzo la testa di lui, sol limitan-dosi a bravarne il pericolo nelle sue scorrerienotturne, nelle quali dalla fame pressato, fa-cendo stragge delle circostanti gregge per sinonegli  ovili,  divideva  poscia  la  preda  coi  suoipasti, che al dir di Luca ispano (Lib. III. e. I. p.64 tergo) depositava in quell’antro medesimo,

di cui or ora si parlerà, che poscia convertito inoratorio si disse di S. Girolamo; e da ciò nevenne secondo il medesimo scrittore (ivi) chel’adiacente vallata assumesse il nome di pasci-lupo e da essa il castello eziandio che quindi visorse. Ma se alla distruzione in quei recessi diquesto formidabile carnivoro molto contribui-rono i provvidi statuti Eugubini, i quali asse-gnavano (Conciolo, Statuta civitatis Eugubii -Maceratae Typis Josephi Piccioni 1678 - LiberV - Rub. 43. p. 309) la taglia di un fiorino ossiadi giuli cinque corrispondente alla nostra mo-neta a in favore degli interpellori (cacciatori) diesso”.

1 «A San Giròllimo sott’a ’l grande sasso» = sotto all’anticamente detta:“Grande Spelonca di san Girolamo”.2 Secondo il frate francescano, padre Bonaventura Bartolomasi, agiografodel beato Tomasso da Costacciaro, il beato Forte, della nobile famiglia eu-gubina dei Gabrielli, sarebbe stato contemporaneo del beato costacciarolo(XIII-XIV secolo). Il frate fonda tale affermazione su una delle prime laudededicate al Beato, composizione agiografica in versi, realizzata da un ano-nimo scrittore, tra i secoli XIV e XV. La maggior parte degli storici (lo Jacobilli,in primis) ritengono, invece, che il beato Forte Gabrielli vivesse nel secoloXI, conducendo vita anacoretica al romitorio del Monte di Santa Maria,presso Scheggia. Alla voce isolata del Bartolomasi, si unisce il citato raccontodi tradizione orale popolare, che in questo presunto priore dell’eremo diMonte Cucco (pare che, con tale nome, non vi sia stato alcun priore al-l’eremo) ed «Òmo santo» adombra la figura storica del Beato eugubino, lecui spoglie mortali riposano nella cattedrale di Gubbio.3 Secondo questa storia vera, tramandata oralmente da alcuni anziani diCosta San Savino, un tempo, un uomo di nome Tomasso (in cui forse si celail beato Tomasso da Costa San Savino), si recò all’Eremo di Monte Cucco, ilcui priore era un uomo considerato santo, di nome Forte (dietro al quale sinasconde, con tutta probabilità, la figura del beato Forte Gabrielli di Gubbio,che  alcune  leggende  vogliono  compagno  d’eremitaggio  del  beato  To-masso), per scongiurarlo di allontanare la piaga dei molti lupi, che arreca-vano gravissimi danni agli allevatori di bestiame. Il priore si mostrò subitopronto ad operare quest’esorcismo, ma disse che, ovunque avesse mandatoi lupi del Monte Cucco, questi avrebbero continuato a mietere vittime nelnumero delle greggi e degli armenti delle montagne circonvicine. Dopo unbuon momento di smarrimento, al pastore Tomasso venne in mente un’ideageniale: perché non dirottare i lupi nel Municipio di Costacciaro al momentodel consiglio comunale? Là, sicuramente, non avrebbero arrecato alcundanno, ma, anzi, divorando tutti  i membri del consiglio, apportato unagrande utilità all’intera collettività paesana.‘Il defunto Tommaso di Costa San Savino, si recò, un bel giorno, sotto lagrande rupe dove sorge l’Eremo di San Girolamo di Monte Cucco, al finedi supplicare il priore, padre Forte, che tutti ed ognuno tenevano in grandeconsiderazione, di esorcizzare la presenza dei lupi, che portavano la morteal bestiame pascolante, quella morte che i lupi stavano infliggendo alle be-stie anche nel momento stesso in cui il pastore ed il santo priore comincia-vano a parlare. Rivolgendosi al priore, Tommaso parlò in questi termini: «Voiche siete certamente un uomo santo, fate in modo di esorcizzare la minacciadi questi lupi...». «Io volentieri esorcizzerò la presenza di questi lupi - dissecon affanno - ma non ho idea di dove mandarli, una volta che li abbia de-finitivamente allontanati di qui. Ovunque io li mandassi, infatti, essi conti-nuerebbero a fare gli stessi danni che arrecano in questo luogo. Sono fintroppe le bestie che hanno sgozzato.».Al buon Tommaso venne, finalmente,un’idea, e la confidò subito al priore: «C’è un unico posto - disse - doveessi non possono fare danni, ma solo rendere un utile, qualora sgozzas-sero... tutti coloro, o straordinario guadagno, che lavorano nel Municipiodi Costacciaro...».

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Il lupobestiari medievalidi Silvia Papa

nei

I bestiari diffusi nel Medioevo sono trattati chedescrivono  animali  veri  o  immaginari,  eranoopere di grande fama e influenza, illustrati da mi-niature, in cui autori sconosciuti offrivano un’in-terpretazione  degli  animali  e  delle  lorocaratteristiche in chiave simbolica e religiosa. Unasorte di genere didascalico letterario, una summadel sapere medievale sugli animali, i bestiari trag-gono origine dal fortunatissimo testo greco del IIsecolo, il Physiologus, redatto e tradotto poi inpiù lingue. Un ampia descrizione del lupo è rintracciabile nelbestiario Libro della natura degli animali, compo-sto da un anonimo in Italia settentrionale alla finedel  1200: la  natura  del  lupo  è  tale  per  cui,quando un uomo lo vede prima che esso vedal’uomo, l’animale perde tutta la sua forza e il suoardimento; ma se il lupo vede l’uomo per primo,allora questi perde la voce e non può dire piùnemmeno una parola. Il comportamento del lupo è ripreso anche neibestiari  d’amore,  si  ricordi  il  famoso  Bestiaired’amour di  Richart  de  Fournival:  quando  vi  èamore fra l’uomo e la donna, se l’uomo si ac-corge che la donna lo ama e glielo fa notare, al-lora  lei  perde  ogni  ardimento  nel  negare  e  siabbandona al sentimento, ma se l’uomo si rivelaalla donna e le dichiara il suo sentire, lei lo respin-gerà e lui non potrà più dire o fare nulla per ri-conquistarla. 

Altri aspetti vengono attribuiti al feroce animale:ha  il  collo  così  rigido  da  non  poterlo  piegaresenza girarsi con tutto il corpo; cattura solo leprede lontane dalla sua tana e, quando entra inun ovile per rubare e divorare le pecore, se gli ca-pita di far rumore in qualche modo con le zampe,è tale la rabbia che si morde da solo la zampache lo ha danneggiato, spaventando le prede.Le nature del lupo vengono paragonate a quelledegli uomini. Come i lupi, gli uomini vivono dirapine, accettano incarichi pubblici unicamenteper truffare. Simbolo di superbia, il lupo rappre-senta il principio di ogni male. Come il lupo, ildiavolo  si  appropria  dell’animo umano,  impe-dendo di chiedere perdono per i propri peccati,al contrario se l’uomo si pente allora nulla e nes-suno lo può allontanare da Dio, lo stesso per illupo sorpreso dall’uomo che rimane indifeso.Il lupo per le popolazioni medievali è l’animalepiù spietato: è l'animale più crudele e più astuto.Procede sempre nella direzione del vento, perchéi cani non possano seguire le sue tracce; quandoulula, si mette la zampa davanti alla bocca per

↘ Lupi in un bestiario del British Library, Royal MS 12 F. xiii, Folio 29r.

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Il lupobestiari medievali

far credere di non essere solo.  Il suo morso ètanto più velenoso in quanto si nutre di rospi e,come il cane, è spesso rabbioso. È così diabolicoche là dove passa, l'erba non cresce più. Il rapporto dell’uomo con la natura dopo l’anti-chità entrò in crisi in Europa, facendo nascerepaure e mostri. I bestiari sono importanti docu-menti utili alla comprensione della cultura che liha prodotti. Determinanti per lo loro stesura fu-rono le minori conoscenze scientifiche e l'attac-camento  alle  tradizioni  locali  e  leggende

pervenute da lontano. I bestiari incrementaronola fantasia umana sulla base della condizione ter-ritoriale e geografica nella quale vivono. Gli in-sediamenti erano fortificati e isolati a causa dellenumerosissime  invasioni  ed  erano  collocati  dinorma a ridosso di un bosco per garantire la ri-fornitura di legname. La foresta rappresentavadunque una fonte di approvvigionamento, maallo stesso tempo inquietava e incuteva timore.Il buio e i rumori non riconoscibili facevano pen-sare che di notte la foresta fosse popolata dapresenze  sinistre e demoniache e animali  sel-vaggi, come i lupi. La percezione del lupo non poteva che essere dinemico dell’uomo. Divoratore di greggi, il lupoattaccava  l'uomo  con  insolita  audacia,  uscivadalla foresta e arrivava nelle case, attentandoalla vita degli uomini e dei suoi animali. I poteripubblici e privati organizzarono, in un clima diterrore e odio, una caccia mortale contro l’ani-male. Carlo Magno aveva istituito i lupari per contra-stare e uccidere l’avanzata dei lupi. La tradizione

biblica e cristiana offriva inoltre una base ideolo-gica a questa guerra. Il vescovo Eucherio di Leonelo dice fin dal V secolo: "Lupo, diavolo o eretici".Quando, nel XIII secolo, vengono fondati gli or-dini dei Mendicanti, i Domenicani, i cani del Si-gnore avevano  il  compito  di  proteggere  gliuomini, pecore del Signore, dai lupi diabolici ederetici. Ogni animale nei bestiari è un’allegoria: la tigrecorrisponde agli uomini che si fanno ingannaredal demonio;  la  farfalla è  il  peccatore attiratodalla bellezza; il drago corrisponde al demonioadulatore; come pure  la  salamandra e  il  corvosono altre manifestazioni del maligno; la panteraè Cristo che si nutre di tutte le anime che attira;mentre la sirena è la donna che attrae l'uomo.Favolose descrizioni riguardavano inoltre i mostrie gli esseri chimerici, visti, sognati o tramandatinei racconti popolari, un pesce monaco: un mo-stro marino che vive  lungo  le coste norvegesi,con il corpo di pesce e la testa tonsurata con uncappuccio simile a quello dei frati. Boschi e fore-ste sono popolate da essere deformi, i draghi vi-vono nelle montagne e mostri marini nel fondodei mari. Non era infatti cosa strana trovare nei bestiari ac-canto ad animali reali anche creature leggenda-rie,  poiché  per  l’uomo medievale  il  mistero  èpresente  ovunque  e,  proprio  per  questo,  nonesclude nulla a priori, indipendentemente dallasua possibile esistenza. Non vi è una netta cesuratra logico e illogico, la credenza del soprannatu-rale non è incompatibile con la concezione razio-nale del mondo e con la realtà naturale. Gli spiritipossono coesistere con gli umani e i morti con ivivi. Non dobbiamo infine dimenticare che nel Me-dioevo uomini, animali e tutte le altre cose visibilie invisibili, erano anzitutto creature di Dio. Allabase dei bestiari vi è questa convinzione: postele innegabili diversità tra piano umano animale,umano e spirituale vi sono delle similitudini chevanno lette e interpretate unicamente con l'aiutodella retorica o della fede. I bestiari e i loro mondirimangono una fonte preziosa di tradizione, dimagia e di conoscenza di un’età inevitabilmentedivisa tra realtà e sogno. 

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

di Daniele Crotti *

con il

Poche settimane addietro camminavo con altriescursionisti lungo i sentieri del nostro pre-Ap-pennino umbro-toscano; a metà mattina incon-triamo un  cacciatore.  Stava  scendendo dallacima di un monte, fucile infoderato a tracolla,ghette antirovi, cane al seguito. Parliamo. Ciracconta che all’inizio di un mattino di pochigiorni avanti, proprio lungo il medesimo trattodi sentiero ove lo incontrammo, si era imbat-tuto, erano poco da lui distanti, in una coppiadi  lupi;  silenzio:  i  lupi proseguirono, verso  lastrada di Francesco. La presenza di un lupo, il suo passaggio, il suosaperlo nei paraggi, è desumibile anche da altrisegni, da altre tracce. Sia le impronte che gliescrementi potrebbero avvisarci; le prime sonomolto simili a quelle di un grosso cane pastoree i secondi non dissimili da quelli di un cane ditaglia  medio-grande,  a  forma  cilindrica  concontenuto  però  che  sovente  è  pelo  attorci-gliato. Ma sapevate che il lupo depone questisuoi escrementi in “latrine”? Già: vengono de-posti in punti ben evidenti, vicino a cespugli omassi, per marcare il “suo” territorio.Noi li incontrammo, anzi li vedemmo da lon-tano, erano tre o quattro  (la memoria con  iltempo affievolisce), sui monti della Sibilla, in uninverno di anni addietro. Silenziosi, sulla nevecaduta abbondante la notte precedente, pro-cedevano in fila indiana. Scomparvero, ma rag-

giungemmo le orme che avevano lasciato: unasorta di “pista”. Sì, perché proprio sul terrenoinnevato i lupi in gruppo procedono in fila, ri-calcando le impronte degli individui che li pre-cedono,  lasciando  così  un’unica  pistadall’andamento  pressoché  rettilineo;  solo  atratti le orme si separano: formano le cosiddette“asole”. Una poesia, Il lupo, di Alarico Bernardi, recita:

Ti stagli sulle cime già innevate,fiutando l'aria che non sa di vento.Dalle tue fauci, al cielo spalancate,lanci quell'urlo, simile a un lamento!Poi corri ad incontrare il tuo destino,senza trovarlo, con il cuore in gola,hai alle spalle la luce del mattinoe nella testa solo una parola:"Lupo!" tuona l'eco nel valico montano,mentre avvicini il branco sulla piana. "Lupo!" ripete quella voce invano,tu fuggi e ignori la morte che ti chiama!Gli alberi piangono lacrime copiosesulla tua ombra, bagnandoti il mantello.Senti nel muschio l'odore delle rose,sbocciate a maggio sul greto del ruscello!Senti il profumo intenso della vitatra i bucaneve, apparsi sull'altura.Capisci che per te non è finita,brilla la luna, svanisce la paura!

Incontrolupo

* medico e ricercatore di tradizioni locali

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È attraverso l’ululato che i branchi di lupo co-municano tra loro. E, quando insieme, tutti imembri della famiglia possono contribuire: èun modo efficace per manifestare la loro pre-senza, la posizione, la dimensione del branco.Udibili sino a una decina di chilometri di lon-tananza, tali ululati mantengono lontani altribranchi, ad evitare scontri sanguinosi. Al pari di cani, volpi, sciacalli, coyote, il lupo èun canide: appartiene alla famiglia Canidae.Canis lupus è così il lupo comune, il “lupo gri-gio”, presente in Eurasia e Nord America. An-tenato  del  cane  domestico,  è  animaleintelligente e sociale, si organizza più spessoin piccoli branchi, popola marcandolo, anchecon secrezioni ghiandolari, un territorio solita-mente piuttosto esteso, e la gerarchia è bendefinita:  incentrata  sulla  coppia dominante,essa si riproduce e resta unita per tutta la vita.Il corpo del  lupo comune è robusto, a voltetozzo, e ben proporzionato, il muso è allun-gato con denti lunghi ed affilati, le orecchiesono  grandi  e  sensibili  (come  quelle  della“nonna di Cappuccetto rosso”), la pelliccia èfolta (deve pur mantenere il calore corporeo),gli arti lunghi e robusti pur’essi, piedi ed un-ghie grandi, ma è il naso soprattutto che loaiuta  a  individuare  la  sua  preda.  Da  noi  leprede più cacciate sono cinghiale, cervo, dainoe capriolo, ma a volte non si arresta davanti aduna bella pecorella! Ma… si legga la favola diEsopo:

Il lupo sazio e la pecora 

Quello era davvero un gran giorno per un lupo rinomatoin tutto il contado per la sua insaziabile fame. Infatti, senzaneppure alzare un dito egli era riuscito a procurarsi ottimeprede trovate casualmente a terra perché colpite da qual-che cacciatore e si era preparato un pranzo degno di Re!Il lupo, dopo avere abbondantemente mangiato, si inoltrònella foresta per fare due passi. Fu così che incontrò unamansueta pecorella la quale, terrorizzata dal temibile ani-male  notoriamente  suo  nemico,  non  riuscì  neppure  amuoversi, paralizzata dallo spavento. Il lupo, più per istintoche per altre ragioni, afferrò la preda tenendola stretta,stretta. Ma solo dopo averla catturata si rese conto di es-sere talmente sazio da non avere più alcun appetito. Oc-correva trovare una valida giustificazione per poter liberarequella pecora senza fare brutta figura.

" Ho deciso" Disse quindi il lupo "di lasciarti andare a con-dizione che tu sappia espormi tre desideri con intelligenza.La pecorella sconcertata, dopo aver pensato un istante ri-spose: "Bé, anzitutto avrei voluto non averti mai incon-trato. Seconda cosa, se proprio ciò doveva avvenire, avreivoluto trovarti cieco. Ma visto che nessuno di questi duedesideri è stato esaudito, adesso vorrei che tu e tutta la tuarazza siate maledetti e facciate una brutta fine perché miavete reso la vita impossibile e avete mangiato centinaia dimie compagne che non vi avevano fatto alcun male!"Inaspettatamente il lupo, invece di adirarsi come prevedi-bile, dichiarò:"Apprezzo  la tua sincerità. Hai avuto molto coraggio adirmi ciò che realmente pensavi per questo ti lascerò li-bera!" Così dicendo liberò la pecorella e, con un cenno di

saluto, la invitò ad allontanarsi.

In lupo in Umbria (C. lupus lupus) è presentesull’arco appenninico; ma da qui ha raggiuntoanche monti più vicini ai centri urbani e quotebasse. Il lupo è l’animale che forse, nella fantasia enell’immaginario popolare, è quello che è statopiù demonizzato e perseguitato, nonché trasfi-gurato in un immaginifico a volte esasperato. Noi siamo concreti: lo rispettiamo e aneliamopoterlo incontrare, o forse solo ammirare, mada lontano, certo. E non confondiamoci con icani vaganti, inselvatichiti e abbrutiti; questi,oltre a essere dei competitori, rappresentanodei serbatoi di malattie, e l’accoppiamento traquesti ed i lupi potrebbero portare a ibridi fer-tili, pericolosi per la sopravvivenza del nostro.Che però ha ripreso vita: può essere così unproblema, per gli allevatori soprattutto, e per icoltivatori, indirettamente. Ma sarà allora “giu-sto”, “giustificabile”, quanto sta avvenendo inalcune realtà nostrane? Su un quotidiano a finegennaio lessi: “Quelle carcasse fatte a pezzi:segno di una natura distante”; alludeva, l’arti-colo giornalistico, alla Maremma, in Toscana,ove da mesi ignoti fanno strage di lupi, deca-pitandoli, scuoiandoli, facendoli a pezzi. E l’ar-ticolista concludeva: il voltapelle (versipellis, lochiamavano i latini), colui che ha pelo nel ro-vescio della pelle, nella saga dei licantropi, èquello che «mette a nudo il miserabile impo-verimento culturale del nostro mondo, mai cosìdistante dal senso profondo della natura».

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Keith Haring è uno dei maggiori pittori e wri-ter americani degli anni ottanta, esponentetra i più rappresentativi della correte pop. Cresciuto tra fumetti e cartoni animati dise-gnati dal papà,  inizia  la  sua  carriera pittu-rando sui muri pubblici e sulle metropolitane. Il suo marchio di fabbrica sono dei pupazzistilizzati con un gessetto bianco. In un’inter-vista del 1990 su Arts Magazine Haring di-chiarava: «era una linea continua, una lineamolto forte graficamente, e soggetta a un li-mite temporale. Dovevo lavorare più veloce-mente  possibile.  Senza  poter  correggereniente. In realtà non potevo permettermi disbagliare. Dovevo stare attento a non farmiprendere». Fin da subito semina una serie di successi ar-tistici e commerciali. Amico di Andy Warhole  Jean-Michel  Basquiat,  nel  1986  apre  ilprimo Popshop a New York, dove il pubblico

poteva acquistare gadgets e guardare l'artistaal lavoro, ne segue un altro a Hong Kong. Le sue opere vengono esposte dal Brasile alGiappone, lavora in Italia a Milano per lo sti-lista di moda Elio Fiorucci, che lo ricorda cosìin un'intervista al mensile Stilearte: 

«Invitai Haring a Milano, stregato dalla suacapacità di elevare l'estemporaneità ai gradinipiù alti dell'arte. Egli diede corpo ad un hap-pening no stop, lavorando per un giorno euna notte. I suoi segni "invasero" ogni cosa,le pareti ma anche i mobili del negozio, cheavevamo svuotato quasi completamente. Fuun evento indimenticabile. Io feci portare un

lupoKeith Haring

di Silvia Papa

Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

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Il di

↑ L’artista americano Keith Haring.

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tavolone, fiaschi di vino, bicchieri. La genteentrava a vedere Keith dipingere, si fermavaa bere e a chiacchierare. Ventiquattr'ore diflusso  continuo;  e  poi  i  giornali,  le  televi-sioni...».

Lavora  in  Toscana  sul  muro  esterno  dellaChiesa di Sant'Antonio Abate di Pisa, ese-guendo un grande murale, intitolato Tutto-mondo, dedicato alla pace universale. Muoregiovanissimo nel 1990, a soli 32 anni. 

L’arte di Haring è un’arte fatta di segni, sim-boli  e  icone,  che  veicolano  un  messaggiochiaro, semplice e universale. I suoi bebè raggianti, gli angeli volteggianti,i cuori di colore rosso vivo, i cani che abba-iano e i  lupi sono temi e allegorie che raffi-gurano emblemi della nostra epoca: il fungo

atomico, la croce, gli schermi tv o dei pc, maanche l’ipocrisia, il perbenismo l’ottusità e ilpotere sfrenato. Con un gioco di colore trasforma le sue pit-ture in oggetti pop, che diventano amba-sciatori di idee e porta bandiere di visioni sulcapitalismo, la religione, i mass media, il raz-zismo, la malattia. 

Un grande e cattivo lupo ricorre negli affol-lati lavori di Keith Haring, quale metafora diuna società di “benpensanti” impregnata diperbenismo e conformismo. Il  lupo è  l’immagine di una collettività bi-gotta e puritana da denunciare e da liberare. Keith Haring con omini che irradiano, caniche latrano o lupi che saltano ha dato vita aun linguaggio inconfondibile per un’arte ac-cessibile a tutti e libera da ogni stereotipo. 

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↑ Il muro esterno della Chiesa di Sant'Antonio Abate di Pisa.

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

Lupo dragoSan Giorgio

di Cristiano Francesco Antonelli *

a Gubbio tra

ovvero :

e

A Gubbio

Per un breve periodo Francesco rimase a Gub-bio nella casa di Federico Spadalonga, poi lasciòla dimora del nobile eugubino per trasferirsi nellebbrosario di San Lazzaro.Sette anni dopo il vescovo della città concedeai frati l'antica chiesa di Santa Maria della Vit-toria (o chiesa della Vittorina), che la tradizio-ne indica come il luogo dove il santo avrebbeammansito un lupo.

La leggenda di San Giorgio e il drago invece èraccontata come lotta di sangue, tanto nellaletteratura come nell'iconografia. Secondo certa storiografia Giorgio appartenevaa quella comunità celtica già da secoli conver-

titasi alla fede della risurrezione del Nazareno,comunità conosciuta come galata e destinata-ria delle missive paoline. 

Militare romano vissuto alla fine del secolo III,in ragione del suo alto grado partecipa all'as-semblea in cui Diocleziano avrebbe decretatouna persecuzione sanguinaria, e, nell'incredu-lità di tutti, confessa essere cristiano egli stesso,e condanna come cosa abominevole l'editto. 

Viene allora invitato a rinnegare la sua fede erendere omaggio agli dei, e invano viene spe-rimentata sul suo corpo ogni genere di tortura. Giorgio,  finalmente,  viene  condannato  amorte, decapitato otto giorni prima delle ca-lende di maggio, il 23 di aprile del 303.

* scrittore

San Francesco

Cristiano Francesco Antonelli è di Gubbio e ha pubblicato, edito da Edizioni Thyrus, un saggio de-dicato a San Giorgio, dal titolo San Giorgio e la Rosa. Si tratta di un interessatissimo studio nel quale vengono trattate le origini storiche e leggendariedel martirio del Santo e della lotta al drago, e, di seguito, la diffusione del culto, in Italia e altrezone del mondo.Nell’ambito di questo nostro numero dedicato al lupo è interessante il “ponte” che il nostro amicoautore getta tra il “drago” e il “lupo”, il tutto documentato da fonti antiche.

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• Appartiene alla nostra storia come testimo-niato dalle località che ne adottarono il patro-nato e, seppure col trascorrere dei secoli tantedi queste vi abbiano rinunciato, ancora oggiquelle che lo hanno come santo patrono sonoun numero così “esagerato” che va a superarequello di tutte le altre località europee messeinsieme. • Appartiene alla nostra storia come testimo-niato dalle cronache che raccontano il 23 aprilecome giorno di festa anche laddove non ne erapatrono, e nonostante celebrato come se  lofosse. • Appartiene alla nostra storia come testimo-niato da una produzione artistica che lascia im-pressionati solo a scorrerne l'elenco.        

Un cavaliere che uccide un dragone, una scenache  da  secoli  conosce  una  popolarità  senzauguali  nell'immaginario  comune,  una  scenaplastica che, anticipando ogni speculazione ra-zionale,  subito provoca una  reazione che vaoltre. 

San  Giorgio,  un  personaggio  che,  nascostonelle nebbie del mito, così si pone fuori dellastoria; San Giorgio, che col suo cavallo è comefosse un unico che guida e anima la lancia vit-toriosa e mortale; San Giorgio, icona dei popolie delle loro identità.

Tuttavia vi sono delle eccezioni, e, in partico-lare, fa eccezione  la narrazione riportata neldocumento più antico, il Codex Latinus Mona-censis 14473:

Sancte crucis signaculo se protegens ivit in oc-cursum eius et ait : «Domine Jesu Christe damihi virtutem tuam; ut hodie huius draconiscaput  conteram  et  sciant  omnes,  quia  tumecum es, et laudent nomen tuum benedic-tum in secula seculorum». Ad hanc vocem ve-niens  draco mitissimus  ut  agnus  et  omniferocitate deposita in terram se pedes eius pro-iecit.

(Santificandosi per proteggersi [san Francesco]andò  verso  lui  e  disse:  «Signore Gesù Cristoconcedimi la tua grazia perché oggi sottomettaquesto drago, affinché tutti sappiano che tu seicon me, e lodino il tuo nome benedetto nei se-coli dei secoli». A queste parole il drago si avvi-cinò  docile  come  un  agnello,  e  ormai  senzaalcuna ferocia si prostrò ai suoi piedi.)

Tale  eccezione  rimanda  chiaramente  alla  vi-cenda del nostro lupo di Gubbio. In ragione didue leggende tanto simili, una prima conside-razione è di carattere storico-letterario, vale adire che è plausibile riconoscere nel racconto delCodex l'ispirazione letteraria del Fioretto XXI,ispirazione  eventuale,  e  che  comunque  nonmetterebbe necessariamente in discussione laveridicità dell'accadimento.

Una seconda considerazione attiene alla simbo-logia del lupo (o della lupa), che rimanda a unorizzonte mitografico  eterogeneo  secondo  ilcontesto culturale e storico.Nel caso in esame quel significato va contestua-lizzato all'Italia del tardo Medioevo, e, in questoquadro, il lupo, nel suo essere minaccia mortaleper l'uomo, è l'alter ego del drago raccontatodalla letteratura giorgina.

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Col nome popolare di Bocca di lupo ci si ri-ferisce alla Melittis melissophyllum, piantaappartenente alla famiglia delle Lamiaceae,graziosa, con corolle pelose, a forma d'im-buto, a due labbra, in genere di colore rosa,ma a volte anche bianche punteggiate dirosa. Il suo nome comune deve la sua origine allaconformazione  fisica  del  fiore,  che  puòsembrare la bocca spalancata di un lupo (inalcune zone si dice “di leone”), ma in realtàl’etimologia greca del nome tecnico (me-litta)  fa  riferimento  a  un  altro  animale,l’ape,  per  via  delle  proprietà mellifere  diquesta pianta. Viene chiamata talora anche Erba limona,per il suo caratteristico aroma al limone sela si strofina.

Il calice della Bocca di lupo è intero, quelloinferiore a 3 lobi. Anche il calice è pratica-mente bilabiato, cioè diviso in due lobi sal-dati in corrispondenza della parte basale,che  ricordano per  l’appunto  la posizionedelle labbra. Ha foglie picciolate, più o meno grandi, aforma di cuore. È fortemente odorosa. Fio-risce da maggio a luglio, nei boschi e neiluoghi selvatici.

Con le foglie essiccate si possono prepararedelle bevande simili al tè. 

Veniva utilizzata infatti dalla medicina po-polare con l’infuso come digestivo, o ester-namente  per  trattare  ferite,  favorire  lacicatrizzazione,  lenire  i  dolori  causati  dacontusioni o infiammazioni. In erboristeria viene utilizzata contro l'inson-nia e l'eccitazione nervosa.

la

bocca di lupodi Marta Zerbini *

la floradel Sentiero

* docente di Scuola Primaria

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Rilasciato in natura sarebbe cioè certamentemorto. Così l’animale vive in semi libertà,accudito da esperti, in un limbo tra non sel-vatichezza e non addomesticamento.Apparteneva a un branco che staziona at-torno alla località di Vallinfante (prov. di Ma-cerata, “Vallinfante” = “Valle delle fate”),ma nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini sipossono contare complessivamente 5 o 6branchi, per un totale di 25-30 lupi.Proponiamo  dal  link  cliccabile  su  logo  diquesta pagina l’interessante servizio tv tra-smesso da Rai 2 su “Cronache animali”.

il lupo

Merlinodi Rosanna Giappichini *

la faunadel Sentiero

Abbiamo già parlato del lupo tempo fa (cfrnumero 9) ma dato che in questo numeroquesto nobile animale campeggia in tuttele pagine non ci dispiace replicare.Ma diamo alla cosa un taglio particolare,dedicando  questa  breve  rubrica  a  “un”lupo in particolare, vivono alle nostre terre.Questo lupo ha un nome: Merlino.Si tratta di un cucciolo di lupo trovato qual-che tempo fa ferito sui Monti Sibillini.È stato salvato e curato ma, dato che il lupoè un “animale  sociale”  e  lo  è  in  sommogrado, non ha potuto imparare ed acquisiredal branco gli elementi essenziali per  so-pravvivere da solo. 

35* ex docente di Scuola Primaria

↘ Lupo Merlino

Vedi lo spezzone di Rai 2 di “Cronache animali”

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

lupo fumettidi Silvia Papa

neiIl

Nel fumetto, chi è il lupo del reame?

In Italia il titolo di lupo del reame è assegnato alsimpatico  Lupo  Alberto,  dal  pelo  azzurro,  natodalla matita di Guido Silvestri, in arte Silver. Ap-parso per la prima volta nel 1973 sul Corriere deiragazzi, Silver ambienta le vicende di Alberto nellafattoria Mackenzie, nella quale l’uomo non com-pare mai, poiché sostituito dagli animali, metaforedi difetti e di pregi degli uomini. Silver trasforma lo stereotipo del lupo cattivo. Tran-quillo e mite, Alberto vive in una collina vicino allafattoria e ogni giorno tenta di entrarci per incon-trare la sua fidanzata, la gallina Marta, ma vieneostacolato dal grosso cane da guardia, Mosè, uncustode attento e vigile. Amico e nemico di Alberto è Enrico la talpa. Spo-sato con Cesira, questa spesso coinvolge Albertoin strampalate avventure. Cinico e talvolta gene-roso, riflette l’uomo con la voglia di evasione dallaroutine famigliare e lavorativa, mentre la moglieCesira, classica pettegola di quartiere, è una casa-linga repressa di mezza età, che cerca di consolaree consigliare Marta nel suo rapporto conflittualecon Alberto. Coprotagonisti del fumetto sono lamamma di Marta, donna di campagna, senza unnome proprio, indossa un grembiule e un foulardannodato in testa e stressa la figlia perché si sposie le dia finalmente dei nipotini, magari addiritturacambiando il fidanzato! Poi vi è Alcide, il maiale, colto e sensibile, che amaleggere e  comporre poesie. Odoardo,  cugino dicittà di Marta, è un saccente e antipatico gallinac-cio, con un “debole” per la “bella cugina”. Alice,la migliore amica di Marta, è  invece sempre allaprese con problemi d'amore e di linea. Joseph il pa-pero, detto Glicerina, personaggio sciocco e ton-

tolone, è spesso vittima di truffe e raggiri, frequen-temente ad opera di Enrico. Tra gli altri personaggi, ricordiamo Alfredo, un tac-chino eclettico, Lodovico un cavallo che sogna divincere il derby di trotto, Krug un toro, irascibile eviolento, e unico data la sua stazza a non riceve pu-nizioni o rimproveri da parte di Mosè.Omar il gallo e poi il dottore, un tacchino che si oc-cupa della salute degli abitanti della fattoria e infineSilvietta, ultima figura ad entrare nel cast, è unastudiosa modello che frequenta la facoltà di medi-cina. 

Un famoso e celebre lupo del reame, questa voltad’oltreoceano, è il Lupo Ezechiele. Creato dalla Di-sney, negli anni trenta, con un aspetto antropo-morfizzato, indossa bretelle e pantaloni. Sempreimpegnato, seppur senza successo, alla caccia deitre porcellini, all’inizio della serie è affiancato da treferoci nipoti, che vengono sostituiti dalla figura delfiglio Lupetto. Lupo dai buoni sentimenti, crea nonpochi dispiaceri al papà, che non solo lo vorrebbemalvagio e crudele, ma quantomeno non amicodei tre porcellini. Entrambi sono comparsi anche nelle storie di To-polino, Paperino e Zio Paperone, in particolare nellastoria di Guido Martina e Angelo Bioletto, L'Infernodi Topolino, parodia della Divina Commedia, il lupoEzechiele, è relegato nel cerchio dei ladri per avertentando, fallendo, il rapimento dei tre porcellini.

↗ Lupo Alberto.

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lupo cartonineiIl

Una splendida “letteratura disegnata” che prendevita dalle idee, dai gusti e dalle personalità degliautori per entrare nel quotidiano dei lettori, bimbie adulti, per tenere loro compagnia e per farli sor-ridere o riflettere. Fantasia e realtà rivivono nelle tavole istoriate e co-lorate  con  didascalie,  onomatopee,  dialoghi  e

I cartoni animati e i film d’animazione, amatissimidai più piccoli  e non  solo,  sono  ricchi di perso-naggi, storie, avventure e disavventure da vederee ascoltare. Moderne forme di divertimento, an-cora di più nell’era del web, con effetti speciali egrafiche tecnologiche, l’animazione veicola mes-saggi e insegnamenti. Il cartone rappresenta una delle principali fonti at-traverso le quali i bimbi possono sviluppare l’im-maginazione, l’empatia, la generosità e il coraggio,entrano inoltre in contatto con pericoli e minacce,spesso il protagonista ha un avversario da sconfig-gere o prove da superare.Come nelle  favole, spesso  la parte del cattivo èsvolta dal lupo, simbolo del male e severo monitodi comportamento.Nel film i Tre porcellini, il cattivo Lupo Ezechiele, at-tenta alla vita dei poveri maialini più volte, primadi essere sconfitto. Stessa sorte al malvagio lupo inCappuccetto rosso, idem in Pierino e il lupo. NelRobin Hood della Disney, uno dei suoi antagonisti,lo sceriffo di Nottingham, è un lupo antropomorfo,avido e bramoso, che si occupa della riscossionedelle tasse. 

Accanto allo stereotipo del lupo maligno, l’anima-zione ci ha regalato anche modelli diversi in cui illupo, abbandonata la sua indole famelica, è ani-mato da buoni sentimenti. Ne è un esempio il per-sonaggio  dei  cartoni  animati  Lupo  de’  Lupis.Gentile e garbato, con un accento francese, dato-gli nel doppiaggio, trascorre le sue avventure conun agnello e il cane Setola. Sono Lupo de Lupis, illupo tanto buonino! - ripeteva Lupo de’ Lupis.Un’opera davvero commovente, ma anche diver-tente con protagonista un lupo è il cartone della

Disney Balto. La trama si ispira a un avvenimentorealmente accaduto nel 1925. Ambientato nella cittadina dell’Alaska Nome, ungiorno  in pieno  inverno scoppia un’epidemia didifterite. Il medicinale si trova in una città vicina,ma  per  procurarselo  occorre  utilizzare  cani  daslitta, poiché la ferrovia e le strade non sono pra-ticabili, a causa delle neve. Indetta una gara, Balto pur vincendo non viene ac-cettato a far parte del gruppo, poiché è un randa-gio, metà cane e metà lupo. La spedizione parte,ma si perde lungo la via del ritorno. Balto  decide  allora  di  partire  per  recuperare  ilgruppo, ma appena lo ritrova, scoppiano gelosie escontri. Solo con tanta determinazione, grinta ecoraggio, Balto riesce tornare al villaggio con i me-dicinali. Accettato finalmente dalla comunità, iniziala sua nuova vita con Jenna e con gli amici di sem-pre, l’oca Boris e i due orsi Muk e Luc. Con tinte positive e toccanti, Balto insegna a nonarrendersi alle difficoltà e cosa più importante adaccettarsi per ciò che si è, perché ognuno di noipossiede preziosi talenti. Ti voglio dire una cosa Balto, un cane non può farequesto viaggio da solo. Ma, forse... un lupo sì -Boris.

azioni. Sagaci, violenti, indolenti, teneri, generosie sognatori, anche nel fumetto il lupo può esseredisegnato come metafora dell’uomo e delle pro-prie attività.Il lavoro mi perseguita, ma io sono più veloce! -Lupo Alberto.

→ Balto.

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Il Sentiero Francescano - Anno IV, Numero 13

ricetta:agnello tartufo nero

Salve,desideravo sapere se era possibile avere unacopia della rivista "Sentiero Francescano"anche pagando la spedizione.

Grazie Giovanni

Gentilissimo Giovanni,le ho già scritto personalmente rispondendoalla sua email, ma colgo l’occasione per al-largare la risposta a quanti ci chiedono lastessa cosa.Allora,  la  rivista  (fin  dall’inizio  e  attual-mente)  non  è  cartacea:  è  nata  espressa-mente come telematica e quanto si vede sulnostro sito internet non è da considerarsicome estensione digitale di una pubblica-zione cartacea, ma è ...”tutto lì”.Questa è stata una decisione voluta, che èin linea naturale con la natura stessa di unarivista che è attualmente totalmente gra-tuita.  È  gratuita  non  solo  nel  senso  chechiunque in rete vi può accedere senza nes-suna spesa, non solo perché non abbiamomai dato spazio a sponsor, ma anche per-ché chi ci lavora, dalla redazione, a chi firmagli articoli fino a chi la impagina e la mette

posta

lettoriLa

dei

risponde Diego Mecenero

online lo fa totalmente gratuitamente.Segno, questo, della passione di un gruppodi persone, giornalisti, professionisti e sem-plice gente di paese che si è presa a cuorequesta  rivista,  quanto  tratta  e  come  lotratta. Ho però annunciato nell’editorialeuna grossa novità, finora solo accennata,ma ne parleremo di più nel prossimo nu-mero: la rivista ha un nuovo proprietario eda qui si intendono aprire nuove piste chefacciano crescere questo apprezzato perio-dico. Come? Lo si vedrà, lo si deciderà as-sieme in itinere. Le idee non ci mancano.Intanto,  come  annunciavo  tempo  fa,  daquesto stesso numero la rivista è online contecnologia HTML5, che le consente di es-sere letta anche da tablet e smartphone. E  il cartaceo?... Chissà,  forse, nessuno  loesclude. Ma non dimentichiamo che il fu-turo è digitale, è “tutto lì”.

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Inverno 2013-2014 - www.sentierofrancescano.it

a cura della Redazione

ricetta:agnello tartufo nero

La

l’

Ingredienti

• un cosciotto d’agnello• 200 g di vitello• 200 g di maiale• 50 g di tartufo nero• 600 g di funghi prataioli• brodo di carne• vino rosso• pochi pomodorini• olio• sale e pepe• bacche di ginepro

al

Preparazione

Con tutta la “comprensione” per l’agnello, madato  che  abbiamo  dedicato  questo  numerodella rivista al lupo, consentiteci una ricetta dicarne, precisamente per l’appunto di agnello.

Disossare  il  cosciotto  d'agnello,  spalancarlo,farcirlo con i funghi prataioli tritati finemente,con la carne di maiale e di vitello a piccoli pezzie con il tartufo nero.Condire l’interno con sale, pepe e bacche di gi-nepro schiacciate.Richiudere e legare, condire esternamente an-cora con poco sale, pepe e olio di oliva.Cuocere in forno a 180° C per circa 40 minuti.Di tanto in tanto cospargere con il brodo e unavolta cotto, innaffiare con il vino rosso; lasciarloasciugare e servire.

Che fame...da lupi!

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www.sentierofrancescano.itPERIODICO DEL SENTIERO FRANCESCANO DELLA PACE

IL NOSTRO LIBRO!In collaborazione con l’editriceMela Music di Verona abbiamoraccontato e cantato la meravi-gliosa storia di San Francesco.

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