LUNEDÌ1SETTEMBRE2014 Hanno DonCiotti:“SeRiina detto … · 2015. 12. 10. ·...

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LA STAMPA LUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 . Cronache . 17 L’ATTACCO UN ANNO FA NEL CARCERE MILANESE DI OPERA Don Ciotti: “Se Riina ci minaccia significa che siamo incisivi” Il leader di Libera: “Resteremo con chi sceglie l’onestà” «Putissimu pure ammazzar- lo», dice Totò Riina nel carce- re milanese di Opera, quasi un anno fa, il 14 settembre 2013: e stavolta il destinatario della rabbia del capo di Cosa no- stra, nelle sue conversazioni con il suo ex compagno di so- cialità Alberto Lorusso, è don Luigi Ciotti. Il sacerdote anti- mafia, «anima» di Libera, è odiato da Riina non solo per- ché dà tanto filo da torcere ai boss, con iniziative e interven- ti pubblici e con l’intensissima attività della sua associazione nel campo della gestione dei beni confiscati, ma anche per un incontro mai avvenuto in carcere tra il detenuto e il pre- te. Dichiarazioni minacciose, pesanti, con cui Riina mette don Ciotti sullo stesso piano di padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio, oggi Beato, che fu assassinato il 15 settembre 1993 su ordine dei fratelli-boss Filippo e Giuseppe Graviano («Quei ragazzi, quei bravi ra- gazzi», li definisce il super- boss, ai quali don Pino voleva «scippare» il quartiere). E per Ciotti «Salvatore Riina - dice il capomafia parlando di sé in terza persona - uscendo è sempre un pericolo, per lui specialmente». Don Ciotti affida a un co- municato la sua replica: «Queste minacce - scrive - so- no la prova che questo impe- gno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi. Siamo al fianco dei familiari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di chi, caduto nelle reti crimi- nali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia, scegliere la via dell’onestà e della dignità». L’aspetto che rende inviso il prete antimafia a Riina è legato all’attivismo contro Cosa no- stra, che fu già di don Puglisi: e, come spesso è accaduto, a spin- gere il capo corleonese a minac- ciare di morte qualcuno, nelle conversazioni intercettate su ordine della Procura di Paler- mo, è ancora una volta Lorusso, piccolo capetto della Sacra Co- rona Unita pugliese. È la ex «da- ma di compagnia» di Riina a Opera a ricordare che don Ciotti «fa industria, fa agricoltura», che è «un parrino con la scorta… ci specula, questo signore». Rii- na ha poi un motivo personale per avercela con il presidente di Libera, un incontro mai avvenu- to, dapprima sollecitato dalla moglie, Ninetta Bagarella, e ri- fiutato proprio dal detenuto, che successivamente cambiò idea. L’udienza col prete torinese sal- tò e il probabile equivoco spinge il capo di Cosa nostra a riempire di improperi il «parrinu». Le misure di vigilanza nei confronti del sacerdote sono state rafforzate, ma Ciotti ha una tutela affidata sempre a due poliziotti: «Per me - dice an- cora il diretto interessato - l’im- L’ ultimo allarme sulla gestione dei beni confiscati alle mafie è arrivato all’inizio del mese scor- so, nel momento in cui è stato stipulato un accordo per lo start up di impresa, realizzato nell’ambito del Piano giovani della Regione Sicilia, per adesso nau- fragato tra polemiche, dimissioni e ri- mozioni di dirigenti. Per quel che ri- guarda sequestri e confische, a segna- lare che ancor oggi qualcosa non va era stato il direttore di Libera, l’associazio- ne di don Luigi Ciotti, partner di questa intesa: «Ci sono ancora 2144 beni im- mobili confiscati che devono ancora es- sere assegnati dall’Agenzia ai Comuni - aveva detto Enrico Fontana - e 588 aziende di cui si deve definire il futuro». Divisa tra polemiche e veleni, l’Agenzia, fino alla scorsa primavera diretta da Giuseppe Caruso, si ritrova ad avere un patrimonio di quasi 15 mila beni, 13 mila immobili e duemila azien- de: valore stimato, con la necessaria approssimazione, trenta miliardi di eu- ro, una manovra finanziaria, tre miliar- di dei quali liquidi, cioè denaro contan- te o titoli. Non si tratta ovviamente di beni bloccati solo in Sicilia, dove pure Cuffaro, pure lui in cella, con l’accusa di essere stato una talpa della mafia. Mille miliardi delle vecchie lire valgo- no i beni e le aziende del costruttore Vin- cenzo Piazza, divenuto ricco con gli affit- ti di scuole al Comune di Palermo e pron- to a reinvestire il suo enorme capitale in varie regioni d’Italia, soprattutto in aziende agricole toscane. La gestione dei suoi beni (e non solo) ha creato non pochi problemi e suscitato polemiche tra Caruso e la sezione misure di preven- zione del Tribunale di Palermo. È confiscato, e diventerà presto sede della stazione dei carabinieri di Palermo Uditore, anche un luogo-simbolo, la villa di Totò Riina, la sua ultima residenza da latitante, quella da cui uscì il giorno del suo arresto, il 15 gennaio 1993. Nello stesso complesso però ci sono quattro ville rimaste ancora «scheletri», mai rifi- nite. Lo stesso Fontana, nel siglare l’inte- sa con l’assessorato regionale alla For- mazione e con Anci Sicilia, Avviso pub- blico, Aci e Unicop, ha ricordato che in Sicilia Libera gestisce solo due beni con- fiscati e assegnati su 2096, e cinque in tutta Italia, su 5859. E proprio a Torino, che di don Ciotti è la città, ci sono tredici beni rimasti in carico all’Agenzia e non assegnati al Comune. Tra difficoltà di gestione (solo 30 sono i dipendenti del- l’ente) e ipoteche e debiti che gravano sui beni, la disponibilità rimane spesso solo teorica. [R. AR.] Confische alla mafia Ancora 30 miliardi di beni inutilizzati L’agenzia stenta a decollare Retroscena PALERMO Pizzo Sella Tra le confische ad Antonino Buscemi anche le famose villette Caro don Ciotti ti conosco da anni e so che non ti sei lasciato intimorire neppure per un attimo Pietro Grasso Presidente del Senato Nessun commento Non voglio fare da cassa di risonanza a un boss di Cosa nostra Franco Roberti Procuratore nazionale antimafia Hanno detto pegno contro la mafia è da sem- pre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiusti- zie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei po- veri, degli esclusi». Riguardo don Puglisi, il sacerdote dice di riconoscersi nella sua Chiesa «che “interferisce”, che non smette di ritornare al Vangelo e alla sua intransigenza etica». Solidarietà al prete minaccia- to è arrivata dal presidente del Senato ed ex procuratore nazio- nale antimafia: «Ti conosco da anni e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un atti- mo», scrive Piero Grasso su Fa- cebook. Solidale anche il presi- dente della Camera, Laura Bol- drini («Minacce che preoccupa- no ma non sorprendono»), men- tre il successore di Grasso alla guida della Dna, Franco Roberti, dice di non volere commentare: «Non voglio fare da cassa di riso- nanza a Totò Riina». Il boss di Cosa nostra: «Questo fa industria fa agricoltura, questo signore ci specula» c’è la maggior parte di attività o di im- mobili sottoposti a provvedimenti «abla- tivi» (5515, contro i 1918 e i 1811 di Cam- pania e Calabria e i 1186 della Lombar- dia, che precede la Puglia): è tutta l’Ita- lia ad essere interessata, ma nell’Isola ci sono aziende come quelle del gruppo di Michele Aiello, che da sole valgono 800 milioni. E Aiello è un personaggio che sta scontando 15 anni e mezzo dopo una condanna rimediata nello stesso proces- so in cui fu riconosciuto colpevole l’ex presidente della Regione Sicilia, Totò RICCARDO ARENA PALERMO L’abbraccio tra don Ciotti e papa Francesco il 21 marzo scorso CLAUDIO PERI/ANSA LANNINO/ANSA

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LA STAMPALUNEDÌ 1 SETTEMBRE 2014 .Cronache .17

L’ATTACCO UN ANNO FA NEL CARCERE MILANESE DI OPERA

Don Ciotti: “Se Riinaci minaccia significache siamo incisivi”Il leaderdiLibera:“Resteremoconchisceglie l’onestà”

«Putissimu pure ammazzar-lo», dice Totò Riina nel carce-remilanese di Opera, quasi unanno fa, il 14 settembre 2013: estavolta il destinatario dellarabbia del capo di Cosa no-stra, nelle sue conversazionicon il suo ex compagno di so-cialità Alberto Lorusso, è donLuigi Ciotti. Il sacerdote anti-mafia, «anima» di Libera, èodiato da Riina non solo per-ché dà tanto filo da torcere aiboss, con iniziative e interven-ti pubblici e con l’intensissimaattività della sua associazionenel campo della gestione deibeni confiscati, ma anche perun incontro mai avvenuto incarcere tra il detenuto e il pre-te. Dichiarazioni minacciose,pesanti, con cui Riina mettedonCiotti sullo stesso pianodipadre Pino Puglisi, il parrocodi Brancaccio, oggi Beato, che

fu assassinato il 15 settembre1993 su ordine dei fratelli-bossFilippo e Giuseppe Graviano(«Quei ragazzi, quei bravi ra-gazzi», li definisce il super-boss, ai quali don Pino voleva«scippare» il quartiere). E perCiotti «Salvatore Riina - diceil capomafia parlando di sé interza persona - uscendo èsempre un pericolo, per luispecialmente».

Don Ciotti affida a un co-municato la sua replica:«Questeminacce - scrive - so-no la prova che questo impe-gno è incisivo, graffiante, glitoglie la terra da sotto i piedi.Siamo al fianco dei familiaridelle vittime, di chi attendegiustizia e verità, ma anchedi chi, caduto nelle reti crimi-nali, vuole voltare pagina,collaborare con la giustizia,

scegliere la via dell’onestà edella dignità».

L’aspetto che rende inviso ilprete antimafia a Riina è legatoall’attivismo contro Cosa no-stra, che fu già di don Puglisi: e,come spesso è accaduto, a spin-gere il capo corleonese a minac-ciare di morte qualcuno, nelleconversazioni intercettate suordine della Procura di Paler-mo, è ancora una volta Lorusso,piccolo capetto della Sacra Co-ronaUnita pugliese. È la ex «da-ma di compagnia» di Riina aOpera a ricordare chedonCiotti«fa industria, fa agricoltura»,che è «unparrino con la scorta…

ci specula, questo signore». Rii-na ha poi un motivo personaleper avercela con il presidente diLibera, un incontromai avvenu-to, dapprima sollecitato dallamoglie, Ninetta Bagarella, e ri-fiutatopropriodal detenuto, chesuccessivamente cambiò idea.L’udienza col prete torinese sal-tò e il probabile equivoco spingeil capo di Cosa nostra a riempiredi improperi il «parrinu».

Le misure di vigilanza neiconfronti del sacerdote sonostate rafforzate, ma Ciotti hauna tutela affidata sempre adue poliziotti: «Perme - dice an-cora il diretto interessato - l’im-

L’ultimo allarme sulla gestionedei beni confiscati alle mafie èarrivato all’inizio delmese scor-

so, nel momento in cui è stato stipulatoun accordo per lo start up di impresa,realizzato nell’ambito del Piano giovanidella Regione Sicilia, per adesso nau-fragato tra polemiche, dimissioni e ri-mozioni di dirigenti. Per quel che ri-guarda sequestri e confische, a segna-lare che ancor oggi qualcosa non va erastato il direttore di Libera, l’associazio-ne di donLuigi Ciotti, partner di questaintesa: «Ci sono ancora 2144 beni im-mobili confiscati che devono ancora es-sere assegnati dall’Agenzia ai Comuni -aveva detto Enrico Fontana - e 588aziendedi cui si devedefinire il futuro».

Divisa tra polemiche e veleni,l’Agenzia, fino alla scorsa primaveradiretta da Giuseppe Caruso, si ritrovaad avere un patrimonio di quasi 15milabeni, 13 mila immobili e duemila azien-de: valore stimato, con la necessariaapprossimazione, trentamiliardi di eu-ro, unamanovra finanziaria, tremiliar-di dei quali liquidi, cioè denaro contan-te o titoli. Non si tratta ovviamente dibeni bloccati solo in Sicilia, dove pure

Cuffaro, pure lui in cella, con l’accusa diessere stato una talpa della mafia.

Mille miliardi delle vecchie lire valgo-no i beni e le aziende del costruttoreVin-cenzoPiazza, divenuto ricco con gli affit-ti di scuole al Comunedi Palermoepron-to a reinvestire il suo enorme capitale invarie regioni d’Italia, soprattutto inaziende agricole toscane. La gestionedei suoi beni (e non solo) ha creato nonpochi problemi e suscitato polemichetraCaruso e la sezionemisure di preven-zione del Tribunale di Palermo.

È confiscato, e diventerà presto sededella stazione dei carabinieri di PalermoUditore, anche un luogo-simbolo, la villadi Totò Riina, la sua ultima residenza dalatitante, quella da cui uscì il giorno delsuo arresto, il 15 gennaio 1993. Nellostesso complesso però ci sono quattroville rimaste ancora «scheletri»,mai rifi-nite. Lo stessoFontana, nel siglare l’inte-sa con l’assessorato regionale alla For-mazione e con Anci Sicilia, Avviso pub-blico, Aci e Unicop, ha ricordato che inSicilia Libera gestisce solo due beni con-fiscati e assegnati su 2096, e cinque intutta Italia, su 5859. E proprio a Torino,che di don Ciotti è la città, ci sono tredicibeni rimasti in carico all’Agenzia e nonassegnati al Comune. Tra difficoltà digestione (solo 30 sono i dipendenti del-l’ente) e ipoteche e debiti che gravanosui beni, la disponibilità rimane spessosolo teorica. [R. AR.]

Confische alla mafiaAncora 30 miliardidi beni inutilizzatiL’agenzia stenta a decollare

RetroscenaPALERMO

Pizzo SellaTra le confische

ad Antonino Buscemianche le famose villette

CarodonCiottiti conoscodaanniesochenonti seilasciato intimorireneppureperunattimo

Pietro GrassoPresidente del Senato

NessuncommentoNonvogliofaredacassadi risonanzaaunbossdiCosanostra

Franco RobertiProcuratore nazionale antimafia

Hannodetto

pegno contro lamafia è da sem-pre un atto di fedeltà alVangelo,alla sua denuncia delle ingiusti-zie, delle violenze, al suo staredalla parte delle vittime, dei po-veri, degli esclusi». Riguardodon Puglisi, il sacerdote dice diriconoscersi nella sua Chiesa«che “interferisce”, che non

smette di ritornare al Vangelo ealla sua intransigenza etica».

Solidarietà al preteminaccia-to è arrivata dal presidente delSenato ed ex procuratore nazio-nale antimafia: «Ti conosco daanni e so che non ti sei lasciatointimorirenemmenoperunatti-mo», scrive Piero Grasso su Fa-

cebook. Solidale anche il presi-dente della Camera, Laura Bol-drini («Minacce che preoccupa-noma non sorprendono»), men-tre il successore di Grasso allaguidadellaDna,FrancoRoberti,dice di non volere commentare:«Nonvoglio faredacassadi riso-nanza a Totò Riina».

IlbossdiCosanostra:«Questofaindustriafaagricoltura,questosignorecispecula»

c’è la maggior parte di attività o di im-mobili sottoposti a provvedimenti «abla-tivi» (5515, contro i 1918 e i 1811 di Cam-pania e Calabria e i 1186 della Lombar-dia, che precede la Puglia): è tutta l’Ita-lia ad essere interessata, ma nell’Isola cisono aziende come quelle del gruppo diMichele Aiello, che da sole valgono 800milioni. E Aiello è un personaggio chesta scontando 15 anni e mezzo dopo unacondanna rimediata nello stesso proces-so in cui fu riconosciuto colpevole l’expresidente della Regione Sicilia, Totò

RICCARDO ARENAPALERMO

L’abbraccio tra don Ciotti e papa Francesco il 21 marzo scorsoCLAUDIO PERI/ANSA

LANNINO/ANSA