Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di...

16
V iviamo in un mondo caratterizzato da molte contraddizio- ni, in particolare per quanto riguarda la Sanità. Si sente spesso dire che la Sanità in Italia rappresenta un costo, talvolta ritenuto inso- stenibile. Molti, esperti e non, affermano che si spende trop- po e che questo trend di cresci- ta indiscriminata della spesa, a breve, non sarà più sostenibile. Peccato che ci si dimentichi di andare a guardare i dati. Pro- prio i dati ci dicono che, in real- tà, la spesa sanitaria pubblica in Italia è pari al 6,8% del Pil (spendiamo un po’ di più della Grecia e siamo allineati con la Spagna, mentre tutti gli altri Paesi europei industrializzati sono ampiamente sopra di noi). Ancora, la spesa sanitaria totale, pubblica e privata, am- monta circa il 9,4% del Pil, ma il settore sanitario nel suo com- plesso contribuisce al Pil per circa il 13%. Allora non sembra vero che spendiamo troppo e che la Sa- nità rappresenta un costo per il Paese. Anzi, potremmo spen- dere di più (lo si evince dal rap- porto tra spesa sanitaria pro ca- pite e Pil pro capite) e, soprat- tutto, potremmo spendere me- glio, cercando anche di attrarre investimenti nel settore sanita- rio stesso. Continuando ad affermare che si spende troppo e in ma- niera incontrollata si è arrivati a influenzare i decisori, che hanno attuato delle strategie di contenimento dei costi basate esclusivamente sul concetto dei «Silo Budget». Questo comporta, quale conseguenza principale, che si ponga l’atten- zione esclusivamente sui costi diretti sanitari dimenticando un’altra importantissima voce di costi, quelli indiretti e socia- li, che hanno un impatto im- portante sulla spesa pubblica in generale e sul Pil del nostro Paese. continua a pagina 15 di Francesco Saverio Mennini Aids , virus e pregiudizi Lunedì 23 Novembre 2015 www.corrieredelmezzogiorno.it Perché potremmo spendere di più Sanità, i costi indiretti La storia di Francesca ha riacceso i riflettori sulla malattia alle pagine 2 e 3 Nespoli E PREVENZIONE Salute On line Ritrova tutti i contenuti di questo numero di Salute e prevenzione sul sito www.corrieredel mezzogiorno.it

Transcript of Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di...

Page 1: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Viviamo in un mondocaratterizzato damolte contraddizio-ni, in particolare perquanto riguarda la

Sanità. Si sente spesso dire chela Sanità in Italia rappresentaun costo, talvolta ritenuto inso-stenibile. Molti, esperti e non,affermano che si spende trop-po e che questo trend di cresci-ta indiscriminata della spesa, abreve, non sarà più sostenibile.Peccato che ci si dimentichi diandare a guardare i dati. Pro-prio i dati ci dicono che, in real-tà, la spesa sanitaria pubblicain Italia è pari al 6,8% del Pil(spendiamo un po’ di più dellaGrecia e siamo allineati con laSpagna, mentre tutti gli altriPaesi europei industrializzatisono ampiamente sopra di noi). Ancora, la spesa sanitariatotale, pubblica e privata, am-monta circa il 9,4% del Pil, ma ilsettore sanitario nel suo com-plesso contribuisce al Pil percirca il 13%.

Allora non sembra vero chespendiamo troppo e che la Sa-nità rappresenta un costo per ilPaese. Anzi, potremmo spen-dere di più (lo si evince dal rap-porto tra spesa sanitaria pro ca-pite e Pil pro capite) e, soprat-tutto, potremmo spendere me-glio, cercando anche di attrarreinvestimenti nel settore sanita-rio stesso.

Continuando ad affermareche si spende troppo e in ma-niera incontrollata si è arrivatia influenzare i decisori, chehanno attuato delle strategie dicontenimento dei costi basateesclusivamente sul concettodei «Silo Budget». Questocomporta, quale conseguenza principale, che si ponga l’atten-zione esclusivamente sui costi diretti sanitari dimenticandoun’altra importantissima vocedi costi, quelli indiretti e socia-li, che hanno un impatto im-portante sulla spesa pubblicain generale e sul Pil del nostroPaese.

continua a pagina 15

di Francesco Saverio Mennini

Aids, virus e pregiudizi

Lunedì 23 Novembre 2015 www.corrieredelmezzogiorno.it

Perché potremmo spendere di più

Sanità, i costi indiretti

La storia di Francesca ha riacceso i riflettori sulla malattia

alle pagine 2 e 3 Nespoli

E PREVENZIONESalute

On line

Ritrova tutti

i contenuti

di questo

numero

di Salute

e prevenzione

sul sito

www.corrieredel

mezzogiorno.it

Page 2: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

2 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Il caso della piccola Francesca ha riaperto il dibattitoSpesso prevalgono i pregiudizi più ottusie si sottovalutano i passi avanti della medicinaIn Campania 3.500 pazienti, 200 contagi ogni anno

Aids, ci sono gli strumentiper convivere con il virus Purché non vinca la paura

Quella della piccolaFrancesca (nome difantasia), malata diAids e rifiutata dallascuola media statale

di Trentola Ducenta fino aquando è intervenuto addirit-tura il Governo, è una vicendacomplessa. Una storia che haindignato e fatto discutere laCampania; forte abbastanza dascuotere il torpore della pro-vincia e arrivare all’Italia inte-ra.«Non possiamo accettareuna vicenda vissuta come vio-lenza istituzionale», avevanoscritto i suoi genitori affidatariin una lettera indirizzata al mi-nistro Stefania Giannini.«Francesca ha diritto a crescerein classe come tutti». Quel di-ritto alla fine ha prevalso. È ser-vito l’intervento del ministro,ma i cancelli della scuola me-dia San Giovanni Bosco si sonoaperti. Francesca, con il suozainetto rosa, è andata a lezio-ne esattamente come tutti i

dentemente, era soltanto sopi-to, annidato nelle paure pro-fonde della società e pronto avenir fuori in qualsiasi mo-mento.

«Un pregiudizio che ci cata-pulta negli anni ‘80», dice ilneopresidente della Societàitaliana di malattie infettiveAntonio Chirianni. «Fortunata-mente, però, gli ultimi tren-

t’anni non sono passati invano;dal punto di vista terapeutico sisono aggiunte molte valide op-zioni. Non siamo in grado dieliminare il virus dall’organi-smo, e quindi non possiamoavere una guarigione, però riu-sciamo almeno a garantire unaquantità e una qualità di vitamolto simile a quella di unapersona non infetta. Sta di fatto

di Raffaele Nespoli

L’inchiesta

che di questa malattia si parlatroppo poco». Si considera po-co, ad esempio, che l’Aids con-tinua a propagarsi.

Chirianni, che è direttore deldipartimento di malattie infet-tive del Cotugno-Azienda deiColli, evidenzia un dato su tut-ti. In Campania si registrano inmedia 200 nuovi contagi ognianno e questo fa sì che il nume-ro delle persone che convivonocon l’Hiv sia in costante au-mento. «Avere a disposizioneterapie sempre più efficaci —spiega — ha allungato la vitamedia delle persone affette,ma è ovvio che se non si agiscesulla prevenzione del contagioil numero delle persone siero-positive aumenta. Noi del Co-tugno seguiamo oggi circa2.500 pazienti con Hiv, in tuttala Campania ci sono circa 3.500con una diagnosi da Hiv e in te-rapia». Se i progressi della me-dicina hanno portato a una mi-gliore qualità di vita per i pa-zienti, e anche un’aspettativa divita comparabile quasi a quelladi una persona non sieropositi-

Antonio

Chirianni

Neopresidente

della Società

italiana di

malattie

infettive, dirige

il Dipartimento

malattie

infettive e

urgenze

infettivologiche

del Cotugno.

Un modo per sentire il proprio corpo,ritrovare l’equilibrio psicofisico, af-frontare problemi anche molto in-validanti, quali per esempio nevrosi,

psicosi e altri disturbi della psiche. La bio-danza, nata in Cile grazie allo psicologo eantropologo Rolando Toro Araneda, è utileanche per le persone affette da Aids, nel senso che può ristabilire, come dicono gliesperti, il «cordone ombelicale con la vita»spezzato dalla malattia. La biodanza è cosaben diversa dalle tante tecniche nascono emuoiono ogni anno, più che altro per ragio-ni di business. È una tecnica che affonda lesue radici nelle neuroscienze e nelle scienzeumane, e sono proprio i progressi speri-mentati nelle neuroscienze che hanno datonuovo impulso alla metodologia di biodan-za. Molti studi hanno dimostrato infatti chela stimolazione ambientale induce rispostedi plasticità nel cervello.

La biodanza, riconosciuta quale praticasanitaria dalle Regioni Toscana e Lombar-dia, a Napoli una delle più interessanti, seriee complete esperienze nell’affascinate mon-do della biodanza la si può vivere grazie aCristina Canino, laureata in Psicologia (indi-rizzo clinico e di comunità) e oggi alla guidadella scuola sistema Rolando Toro Aranedadi Napoli. La Canino è anche presidente delCentro studi Biodanza Napoli.

«La biodanza — dice — dev’essere inqua-

Cristina Canino

Psicologa,

laureata in

indirizzo clinico

e di comunità,

dirige la scuola

sistema

Rolando Toro

Araneda

e presiede

il Centro studi

Biodanza

Napoli.

drata come percorso di crescita personale.Ecco perché ritengo che lavorare con classieterogenee sia un bene, perché nell’integra-zione delle diversità c’è arricchimento indi-viduale. Questo percorso nella biodanza se-gue una strada inconsueta, inversa rispettoa quanto solitamente avviene. Parliamo in-fatti di istinto, emozione, pensiero». Di quiuno dei concetti chiave, quello di «viven-cia».

Un concetto non semplice da spiegare inmaniera astratta, ma fondamentale nella pratica. «Prima di spiegare la “vivencia” —dice la dottoressa Canino — è importantefar comprendere che la musica, il movimen-to e l’esperienza di gruppo sono nella bio-danza gli “strumenti” irrinunciabili di un

percorso di crescita. Un percorso che puòavere un diverso significato per ciascuno de-gli allievi. Si avvicina spesso alla biodanzaanche chi è in cerca del proprio benesserepsicologico ma non è pronto a parlare di sé.Questa tecnica non ha necessariamente bi-sogno del linguaggio verbale, proprio per-ché si basa sulla “vivencia”, sull’attimo in-tensamente vissuto, “qui e ora”».

Si potrebbe avere la sensazione che tuttosi basi su un approccio esclusivamente spi-rituale, ma non è così. La biodanza è invecefortemente radicata nella scienza, perché la«vivencia» agisce sul «sistema adattivo-lim-bico-ipotalamico». Lo spiega bene CristinaCanino: «Semplificando un po’, possiamo dire che nel nostro sistema nervoso esisteuna zona definita corteccia limbica, all’in-terno della quale si diramano diverse strut-ture. Una di queste viene definita amigdala,ed è un po’ il centro neurale della paura edell’ansia. Tramite il sistema simpatico e pa-rasimpatico, la biodanza influenza la fun-zionalità dell’amigdala. In sostanza riequili-bra lo stato di guardia e quello di rilassa-mento riducendo lo squilibrio neurovegeta-tivo. Facile comprendere come nella societàmoderna questo equilibrio sia spesso a ri-schio: ritmi di vita e fattori esterni ci spingo-no a sacrificare molto lo stato di rilassamen-to, con una serie di problemi che si innesta-no gli uni sugli altri». Concetti non facili da

digerire che sul piano pratico si traduconoperò in un’esperienza molto diretta e imme-diata.

All’interno di un gruppo di partecipanti,spesso anche molto eterogeneo, ognuno viene invitato a muoversi con naturalezza sumusiche di vario genere (dal pop, alla classi-ca, al jazz, al blues e così via) e a rapportarsicon se stesso e con l’altro attraverso una se-rie di esercizi individuali, in coppia e ingruppo, secondo logiche precise. CristinaCanino, che tiene le sessioni di biodanza invia Francesco De Mura (dove c’è la sede dellascuola di formazione che dirige) e da pocoanche a Pozzuoli in viale Bognar, spiega cheogni incontro dura due ore e per avere bene-fici concreti servono almeno tre mesi. «La-voro con questa tecnica da circa dieci anni— spiega — e dal 2009 la insegno anche.Devo dire che nella mia esperienza la bio-danza è stata di grande aiuto per moltissimepersone, ma un momento che non potròmai dimenticare è stato quello nel quale hopotuto lavorare con i piccoli pazienti onco-logici del Pausilipon. Un’esperienza che miha arricchito molto e che spero si possa ri-petere in futuro».

Quella con i bambini del Pausilipon è sol-tanto una delle tante esperienze che hannomostrato efficacia della biodanza, applicatacon successo anche a chi soffre di disturbi emalattie psicosomatiche, persone con disa-bilità sensoriali e mentali (sindrome diDown, autismo, disturbi dell’umore, distur-bi del comportamento). Ma anche personeaffette da disturbi gastroalimentari, alimen-tari, diabete, osteoporosi, ipertensione arte-riosa sistemica, cardiopatie e sindrome di Parkinson.

Raf. Nes.

suoi coetanei. Placata la pole-mica, restano senza risposta al-cune domande. Qual è la situa-zione dell’Hiv in Campania enel Mezzogiorno d’Italia?Quanti sono i malati? E quanti ibambini affetti dall’Aids?

La storia di Francesca ha sve-lato purtroppo lo spettro di unpregiudizio che molti credeva-no caduto. Ma che invece, evi-

La (bio)danza che riavvicina alla vitaIn alcune Regioni del Nord la tecnica è già considerata una pratica sanitaria

Page 3: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

3

Se c’è una lezione che lastoria della piccolaFrancesca può dare èche paura e pregiudizio

si muovono spesso assieme, e che il confine tra il pregiudizioe la discriminazione è molto la-bile. Sebbene esistano moltis-simi fattori socio-culturali chein casi come questo entrano ingioco, uno degli aspetti pre-ponderanti è quello psicologi-co. «Semplificando un po’ —spiega Ilaria Di Giusto, psicolo-ga e psicoterapeuta — ci sonodiversi “meccanismi di discri-minazione” che si attivano nelmomento in cui siamo sotto-posti a una minaccia, o meglionel momento in cui ci sentia-mo minacciati da qualcuno oqualcosa».

Quindi una sorta di autodi-fesa?

«In un certo senso sì. Ovvia-mente questo non giustifica inalcun modo il comportamentodiscriminatorio, semplice-mente ci aiuta a comprenderela genesi di determinate azio-ni».

Un meccanismo innato?

«Sì, e può essere più o menoforte da persona a persona. Pe-rò non dimentichiamo mai chesi tratta di impulsi, che devonoessere mediati dalla ragione».

Bisogna «trattenersi»?«SI deve ragionare. La capa-

cità di usare la ragione per di-stinguere ciò che è giusto daciò che è sbagliato ci rende di-versi da qualsiasi altro essere vivente. Certe paure sono insitenell’essere umano, ma tutti noiabbiamo una capacità di razio-cinio che deve farci distinguerele minacce reali da quelle chenon lo sono. Una componenteforte alla base della discrimina-zione è proprio la paura che possa esserci qualcosa chesfugge al nostro controllo».

In realtà sono moltissimele cose che sfuggono al no-stro controllo.

«La questione è legata allapercezione. In altre parole, sia-mo ben consapevoli di vivere inuna società che ci espone con-tinuamente a rischi, ma tuttosommato sono rischi lontanida noi. Quando il rischio è vici-no, magari nella nostra classe o

che è al di fuori di questi sche-mi è considerato un disturbo.Le persone “diverse” non van-no incluse perché possono cre-are disagio».

Il pregiudizio degli adultipuò «contagiare» anche i piùgiovani?

«Non solo può, lo fa. I bam-bini sono come spugne, assor-bono i messaggi che arrivanodal mondo che li circonda.Inoltre tendono a imparare, astrutturare gli schemi mentalisulla scorta di quello che rice-vono dalle figure di riferimen-to. Ecco perché la famiglia è ilprimo luogo importante nella formazione di una persona. Ibambini hanno una capacitàempatica molto forte, quindidare una giusta chiave di lettu-ra rinforza in loro la capacità diaccogliere. In questo modo ilcompagno “diverso” si senteincluso. Lavorare sulla capacitàdei più piccoli di “comprende-re” e di “accogliere” significacostruire una società migliore.In casi come quello di France-sca e non solo».

Raf. Nes.

va, non si può non considerarel’enorme costo che questa ma-lattia ha sulle casse regionali.«Si è fatto un gran parlare —dice Chirianni — dei costi perle terapie di ultima generazio-ne per eradicare il virus del-l’epatite C. Per quei farmaci icosti si aggirano sui 20 mila eu-ro a trattamento. La terapia perl’Hiv costa all’incirca 10 milaeuro l’anno e accompagna ilpaziente per l’intera durata del-la sua esistenza. Anche volendofare un semplice conto ragio-nieristico, è facile comprende-re quanto si risparmierebbecon un’adeguata campagna diprevenzione».

Dopo aver seguito la storiadella piccola Francesca, moltisi sono chiesti quanti sono ibambini Hiv positivi in Campa-nia. Chirianni, che per il ruoloche ricopre è nella posizione dipoter fare una valutazione cor-retta, spiega che l’Hiv nella no-stra regione, e più in generaleanche nel resto del Mezzogior-no, non è una malattia che col-pisce particolarmente il mon-

do dell’infanzia. «Da noi bam-bini con Hiv ce ne sono pochis-s i m i . L e m o d a l i t à d itrasmissione del virus sonoprevalentemente due: per con-tatto con sangue infetto o per via sessuale. Non mi preoccu-perei più di tanto di cercare ilnumero dei piccoli pazienti af-fetti da Hiv, sarebbe importan-te invece rendere obbligatorioil test in gravidanza, perchécon le terapie che abbiamo adisposizione, una mamma ma-lata può mettere al mondo unfiglio sano». Un dato che con-ferma le parole di Chirianni èquello che concerne la trasmis-sione del contagio per nascita,in passato il 30% circa dei bam-bini nati da un genitore siero-positivo aveva a sua volta l’Hiv,oggi si parla dell’1%. «Questo —dice il primario del Cotugno —mi sembra un tema da spinge-re. Tutto il calvario di France-sca, invece, mi ha lasciato unagrande tristezza. Sono certoche moltissimi genitori che hanno letto della sua storia so-no stati attraversati dal dubbio

«La ragione deve sconfiggere le discriminazioni»La psicologa Di Giusto: «I bambini sono come spugne, possono assorbire anche i pregiudizi»

e chi sa come reagirebbero se sapessero che anche nelle clas-si dei loro figli c’è un compa-gno o una compagna con Hiv.Immagino che avrebbero pau-ra. Eppure nessuno di questigenitori si è mai minimamentepreoccupato del caso, moltopiù probabile in termini stati-stici, che in classe possa esserciun insegnante sieropositivo.

Che, sia chiaro, neanche questaeventualità deve destare allar-me. Fare informazione signifi-ca anche far capire che con lenormali precauzioni non c’è al-cun rischio né per i bambini néper gli adulti. Anche se un assi-stente scolastico dovesse medi-care un taglietto di questa bim-ba, un paio di guanti in latticesarebbero più che sufficienti.Al di là dei fatti di cronaca, chese non altro hanno riaccesol’attenzione dell’opinione pub-blica su questa malattia, va re-gistrato un andamento insolitodella malattia in termini di pre-valenza su base regionale.L’Hiv è uno dei pochi temi peril quale si è creata negli anni una sorta di «questione setten-trionale», nel senso che il gra-diente Nord-Sud è a tutto van-taggio delle regioni meridiona-li. In particolare, la Lombardiache è al primo posto in terminidi persone sieropositive, men-tre la Campania è settima. Otti-mo anche il livello di cure chesi riescono ad erogare in Cam-pania e al Sud. Al Cotugno, per

esempio, ogni nuova terapia èdisponibile in media in 15-20giorni, anche grazie alla sensi-bilità del direttore generale An-tonio Giordano, molto attentoalla sofferenza di questi pa-zienti. «Garantire i migliori far-maci in commercio — conclu-de Chirianni — è l’unico modoche abbiamo per prenderci cu-ra delle persone con Hiv. Negliultimi 30 anni le cose sono an-date sempre meglio, ma la vac-cinazione è un sogno lontano,se non addirittura inarrivabile.Né mi sento di credere che pos-sa arrivare a breve una “rivolu-zione” come quella vissuta nel-la lotta al virus dell’epatite C. Idue virus non sono comparabi-li, l’Hiv si integra rapidamentenel Dna, e quando questo av-viene non ci sono possibilità dieradicarlo. Il virus diventa par-te costituente nel Dna. Lascia-mo che la ricerca vada avanti,ma per ora il modo più efficaceche abbiamo per vincere la bat-taglia è la prevenzione. Un te-ma sul quale bisognerebbe in-vestire di più».

Ilaria Di Giusto

Psicologa e

psicoterapeuta,

è cultore della

materia presso

la cattedra

di pedagogia

della Seconda

Università.

nella nostra scuola, la situazio-ne cambia».

È questo che è successo nelcaso di Francesca?

«Premetto che di questa sto-ria so quanto ho potuto leggeresui giornali. Ma ne viene fuoriun quadro allarmante fatto dimancanza di informazione e dipaure più o meno nascoste.Questa bambina avrebbe avutobisogno di inclusione e acco-glienza, invece si è trovata nella

condizione opposta. Ma atten-zione, la sua storia è venuta allaluce perché è un po’ sui gene-ris, ma di situazioni simili ce nesono tantissime. Episodi delgenere accadono spesso aidanni di bambini disabili».

Perché il gruppo tendespesso a isolare il «diverso»?

«L’essere umano è abituato ausare schemi mentali che rego-lano le modalità comunicativee comportamentali, tutto ciò

I disegni

di queste

pagine

e di copertina

sono

di Daniela

Pergreffi

Page 4: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

4 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Giovani scienziati

Quante possibilità cisono che due univer-sità italiane si con-tendano un giovanestudioso a suon di

milioni di euro? Molto poche.Negli Stati Uniti questo può ac-cadere, anzi è già accaduto. È lastoria di Giuliano Scarcelli, diBari, che il 28 ottobre 2015 si èaggiudicato il premio dell’Is-snaf, la fondazione dei ricerca-tori italiani che lavorano in NordAmerica, nella categoria medi-cina, bioscienze e scienze cogni-tive. Nel suo curriculum: laureain ottica quantistica all’Universi-tà di Bari; post-dottorato e inca-richi di insegnamento ad Har-vard; poi il passaggio all’Univer-sità del Maryland che ha messoa disposizione più di un milionedi dollari di risorse per convin-cerlo a lasciare l’Università dellaIvy League. Oggi Scarcelli è pro-fessore nel dipartimento diBioingegneria dell’Ateneo delMaryland e studia una nuovatecnica microscopica per misu-rare le proprietà meccaniche dicellule, tessuti e biomateriali so-lo con la luce, senza toccare ilcampione. Questa ricerca ha giàportato a quattro brevetti acqui-stati da industrie ed è in corso lasperimentazione per l’utilizzonella diagnostica dell’oftalmolo-gia. «Non penso di tornare inItalia. Le risorse per la ricercasono troppo limitate perché siraggiungano livelli competiti-vi», dice.

mo Policlinico di Napoli manon ha ottenuto un posto sta-bile in Italia e quindi ha decisodi lasciare il Paese. Ora è in ser-vizio al Mass General Hospitale al Beth Israel di Boston e an-che lei fa parte della grande fa-miglia di Harvard. Si è interes-sata di sensibilità al glutine e degli effetti positivi di una die-ta senza glutine e caseina sullavita dei bambini autistici. Oraaspetta di sostenere un esamee vedere riconosciuto il suo ti-tolo di medico in America pertornare alla diagnostica comefaceva in Italia.

Il sistema americano è senzadubbio diverso: ogni ricercato-re, spiegano i premiati, non hanecessariamente un «postofisso» e deve cercarsi i finan-ziamenti da solo. La precarietà,però, non sembra essere unproblema perché i fondi non mancano: «Fare ricerca non èun lavoro, è un privilegio. Il percorso è tortuoso anche inAmerica, ma è giusto così»,ammette Giuliano Scarcelli. Lasua presenza negli Stati Unitiinsieme a quella di Aldo Roc-caro e Anna Sapone fa senz’al-tro bene all’Italia perché con-ferma l’ottima formazione chei nostri atenei sanno fornire: icentri di ricerca statunitensiattingono dai vivai dei ricerca-tori italiani per i loro progetti,avviano collaborazioni con iprofessori italiani e attirano inAmerica i più capaci. Quelli,però, sono talenti che lascianoil nostro Paese e forse non tor-neranno mai indietro.

Via dall’Italia, premiati negli Stati UnitiLe storie di tre studiosi meridionali che hanno trovato la propria strada oltre oceanoE hanno ottenuto i riconoscimenti della fondazione dei ricercatori italiani in Nord America

Hanno trascorso anni astudiare e formarsi nel-le facoltà di Medicina enegli ospedali italiani.

Ripongono gli strumenti da la-voro in valigetta e se ne vanno.Lasciano un Paese dove per loronon c’è lavoro, nonostante lecarenze di personale negliospedali. Sono giovani donne euomini che hanno impiegatofino a undici anni della loro vitaper diventare bravi professioni-sti. Vanno via dal precariato, da-gli stipendi bassi e mai sicuri edalle logiche del «nonnismo»di corsia. Un vero e proprio boom di espatri quello degli ul-timi cinque anni, con 2.363 me-dici italiani che lo scorso annohanno chiesto al ministero del-la Salute i documenti necessariper ottenere un impiego al-l’estero. Sono sestuplicati ri-spetto ai 396 del 2009. E in que-sti numeri rientra solo chi si ètrasferito nei Paesi, prevalente-mente europei, che richiedonoall’Italia un certificato che con-

fermi laurea ed eventuale spe-cializzazione. Chi va a lavorarealtrove, per esempio in SudAmerica oppure in Africa, sfug-ge ai calcoli del ministero. Mol-ti invece vanno via prima dispecializzarsi. Se ogni anno inItalia si laureano 10 mila camicibianchi, i posti nelle scuole dispecializzazione sono circa lametà. Chi invece riesce a entra-re in una scuola e a concludereil percorso formativo si trovadavanti un altro problema. Ilblocco del turn over da anni ri-duce le assunzioni nelle azien-de sanitarie e ospedaliere pub-bliche. Eppure le carenze neireparti sono denunciate daisindacati dei medici, che spes-so sono costretti a sostenereturni di lavoro estenuanti. Allo-ra si scelgono altri paesi e una volta intrapresa la carriera diffi-cilmente si fa ritorno. Il cosid-detto «controesodo» interessapochi, proprio perché il rientronon è facile per molti aspetti,soprattutto economici.

La destinazione più comuneè il Regno Unito, seguito dallaFrancia (le più semplici, perché

stroenterologo casertano, nonè riuscita a vincere il premiodell’Issnaf per il 2015 ma è co-munque contenta di aver avutola possibilità di partecipare.Tra gli studiosi del Sud Italiaimpegnati in campo medicoche sono arrivati alla finale delconcorso, la dottoressa Saponeè quella che negli Stati Uniti siè trasferita da meno tempo, unanno appena. Ma la sua espe-rienza tra Italia e America nonè meno significativa di quelladei suoi colleghi. Ha comincia-to i suoi viaggi sull’Atlanticogià nel 2002. Ha lavorato al Pri-

Oltre duemila medici «espatriati»Nel 2009 erano partiti in 396Prima destinazione il Regno Unito. Sfuggono ai conti quelli che vanno in Africa

Laurea, specializzazione,dottorato, post-dottorato, emi-grazione. Le tappe delle storieprofessionali dei giovaniscienziati italiani in America sono simili. Il percorso è statoquesto anche per un altroscienziato pugliese, Aldo Roc-caro, medico di Andria, chequest’anno ha vinto il PremioPaola Campese per la ricercasulle leucemie. Roccaro è ri-cercatore capo alla HarvardMedical School e lavora al Da-na-Farber Cancer Institute diBoston. La formazione delloscienziato è stata tutta italiana,

all’Università di Bari. Nel 2004va negli Stati Uniti per conti-nuare i suoi studi di oncologia.E la sua ricerca porta a indivi-duare, tra le altre cose, nuovemodalità di trattamento delmieloma multiplo. Il tema del-le risorse per mettere in piedi iprogetti è caro anche a lui: «Ifinanziamenti pubblici e priva-ti che in Italia mancano, negliStati Uniti abbondano», dice,anche se ammette di non averabbandonato la speranza ditornare a far parte della comu-nità scientifica italiana.

Anna Sapone, medico ga-

N efrologi, urologi, chirurghi, infermieri si sonoritrovati ieri a Città della Scienza in occasione

del diciannovesimo meeting annuale NephroCare. Nell’occasione Raffaele Topo, presidente della commissione Sanità, ha spiegato quali sono i programmi della giunta regionale dedicati ai dializzati. Il nefrologo Attilio Di Benedetto, direttore del convegno, ha invece parlato di corretta nutrizione, indispensabile per chi è colpito da malattia renale cronica. In

particolare Di Benedetto ha parlato della Dieta mediterranea, spiegando che è questo il modello nutrizionale ideale per i pazienti in dialisi. La Dieta mediterranea, grazie a un ridotto apporto di fosforo, a un carico limitato di idrogenioni e, soprattutto, a un adeguato apporto proteico ed energetico, permette infatti di ottenere un rallentamento della progressione della malattia migliorando sensibilmente la qualità di vita.

NefrologiaDieta mediterraneaè l’ideale per i pazienti in dialisi

parte dell’ Unione Europea), su-bito dopo gli Stati Uniti. I medi-ci italiani che si trovano nel Re-gno Unito sono più di tremila.All’inizio del 2014, 2.919 mediciitaliani (1,1 per cento del totale)erano iscritti al General Medi-cal Council, quindi abilitati asvolgere la professione medicanel Regno Unito, ma il numeroè in continuo aumento. Lamaggior parte lavora per il Na-tional Health Service (Nhs); diquesti, 238 erano consultants,secondo un rapporto dellaHouse of Lords del 2013. Altrilavorano nella ricerca di base,nell’industria farmaceutica onelle agenzie regolatorie (Ema,Nice, Mhra, ecc). Non tutti glispostamenti rientrano in unquadro di emigrazione econo-mica, ma la maggior parte sì.«Cervelli in fuga» dunque enon «talenti in movimento»,due concetti così distanti: il pri-mo dettato da un mancato rico-noscimento, il secondo da unoscambio culturale, in un qua-dro di fisiologico spostamentoall’interno dello stesso paese(l’Unione Europea). I medici

italiani scappano e in numerosempre maggiore e non torna-no perché l’ostacolo è propriola difficoltà di fare ritorno inItalia. I giovani si incontranosui social network per scam-biarsi informazioni su comefuggire dall’Italia nel minortempo possibile. «Doctors in fuga» è il primo gruppo natosui social network per i giovanilaureati in Medicina o già spe-cializzati che hanno deciso difare le valigie e andare via. In-somma, se in Italia ci sono otti-me scuole, all’estero ci sono ot-timi centri di ricerca che accol-gono a braccia aperte i cervellinostrani che l’Italia non riesce avalorizzare.

Per non parlare della ricerca.Oltre 240 brevetti prodotti daimigliori 50 ricercatori italianifiniscono all’estero. E ogni annorendono un miliardo e mezzo dieuro. Basta guardare ai dati for-niti da Ocse, Anvur (Agenzia na-zionale di valutazione del siste-ma universitario e della ricerca)e I-Com. Nonostante l’Italia siaall’ottavo posto nel mondo perquantità e qualità della produ-zione scientifica (secondo i datiOcse), solo una minima parte diquesti progressi scientifici sitraduce in brevetti, produzioneindustriale e quindi ricchezza,nove volte meno che in Dani-marca, sette volte meno che inUsa, quattro volte meno che inGermania, Francia e Spagna. In-somma, l’Italia perde non soloun enorme potenziale scientifi-co, ma anche opportunità dicrescita economica.

di Sofia Gorgoni

La HarvardMedicalSchooldi Boston, negli Usa

Aldo Roccaro

Medicodi Andria, è ricercatore capo alla Harvard Medical School.

di Lara Martino

Anna Sapone

Casertana laureata alla Sun, da un anno negli Usa, gastroentero-loga a Boston.

Giuliano Scarcelli

Laureato a Bari, ha appena vinto il premio dell’Issnaf, la fondazione dei ricercatori italiani negli Usa.

Page 5: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

5

Vincono le start up che lavorano per la saluteDue aziende innovative che operano al Ceingesi aggiudicano i primi posti nella «sfida» campana

La grande speranza deivaccini antitumorali ela novità di un kit dia-gnostico multi-esameper lo screening di ma-

lattie genetiche e alterazionicromosomiche correlate all’in-fertilità di coppia. Sono questi idue lavori con cui il Ceinge, ilCentro di ingegneria geneticafondato e diretto da Franco Sal-vatore, ha fatto incetta di premiin occasione di «Start cupCampania 2015», premio an-nuale per l’innovazione pro-mosso dalle sette Universitàcampane con l’obiettivo di sele-zionare gruppi di studiosi cheelaborino idee imprenditorialibasate sulla ricerca e sull’inno-vazione. Una vera e propria bu-siness plan competition, che inquesto modo promuove e sti-mola la ricerca e l’innovazionetecnologica finalizzata allo svi-luppo economico e alla nascitadi imprese ad alto contenuto diconoscenza. Obiettivo, per al-tro, spesso centrato e verso ilquale sembrano già ben avviatele due start up nate in seno alCeinge. In questo senso, un

buon esempio e quello di«Okairos», nata come piccolaazienda da un laboratorio di ri-cerca all’interno del Ceinge edivenuta oggi una delle piùgrandi aziende al mondo pro-duttrici di vaccini, tanto da es-sere stata ceduta due anni or-sono alla Glaxo per ben 250 mi-lioni di euro.

Una strada imprenditorialeche nello stesso settore potreb-be ripercorrere la «Generationof p e g y l a te d a d e n ov i r a lvectors», la start up diretta daLucio Pastore, professore ordi-

tunità della Presidenza delConsiglio dei ministri) compo-sto da Federica Cariati, ValeriaD’Argenio, Barbara Lombardo,Maria Valeria Esposito e AlessiaBerni. «Si tratta di un kit dia-gnostico — spiega Rossella To-maiuolo — che permette dieseguire in un’unica sedutaanalitica lo screening di malat-tie genetiche e alterazioni cro-mosomiche correlate all’infer-tilità di coppia sfruttando unametodica genomica d’avan-guardia». Unico al mondo nelsuo genere la grande novità diquesto kit, come evidenziaRossella Tomaiuolo «è la possi-bilità di riunire in un solo esa-me oltre venti diverse indaginiche prima uomini e donne do-vevano fare separatamente».

Entrambi i progetti del Cein-ge parteciperanno il 3 e il 4 di-cembre all’Università della Ca-labria al Pni, il Premio naziona-le per l’innovazione, una sorta«coppa dei campioni» tra i mi-gliori progetti d’impresa hi-te-ch della ricerca accademica ita-liana.

R. S.

nario di biochimica clinica allaFederico II e principal investi-gator del Ceinge. Pastore, as-sieme al suo gruppo di ricerca-tori composto da Eleonora Leg-giero, Martina Esposito e DalilaSavoia, si è aggiudicato il se-condo premio di Start cupCampania 2015 con un proget-to di generazione di vaccini an-titumorali basati su vettori ade-novirali chimicamente modifi-cati, ideato in collaborazionecon la biologa Claudia De Lo-renzo, l’economista Daniele Si-niscalco e con un team di ricer-

eccellenti nell’uomo». L’obiettivo del progetto

PegVax sarà adesso quello disviluppare a livello imprendi-toriale una piattaforma di pro-duzione di vettori adenoviralimodificati chimicamente, perlo sviluppo di potenziali farma-ci anti-neoplastici, utilizzandouna triplice strategia che preve-de la combinazione di Peghila-zione, AdVec oncolitici e veico-lazione di una proteina anti-tu-morale.

Di immediata applicazione èinvece il progetto «One4Two-Next Generation Sequencing»per lo screening dell’infertilitàdi coppia, elaborato dall’altrastart up nata in seno al Ceinge:la Futura Diagnostics diretta daRossella Tomaiuolo, professo-re associato di scienze tecnichedi medicina di laboratorio al-l’Università Federico II e princi-pal investigator del Ceinge, acapo di un gruppo di ricercatri-ci tutte al femminile (insigniteper questo anche con il premiospeciale Pari opportunità e im-prenditorialità femminile deldipartimento per le Pari oppor-

Giovani scienziati I ricercatori dell’Istituto per l’endocrinologia e l’oncologia Gaetano Salvatore del Cnr di Napoli

e dell’Università di Salerno hanno scoperto che la proteina p53, già conosciuta per essere coinvolta nello sviluppo delle neoplasie, regola la via metabolica di una molecola chiamata «mevalonato» (fondamentale per la proliferazione cellulare) la cui produzione incontrollata è stata associata a tumori quali il carcinoma mammario, polmonare ed epatico,

linfomi, leucemie e alcuni tumori cerebrali. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista «Cell Death & Disease» e la sua importanza è legata al fatto che questa scoperta potrebbe favorire l’identificazione di nuovi bersagli terapeutici. Una migliore comprensione dei processi che regolano la via metabolica del «mevalonato» nelle cellule neoplastiche potrebbe aprire la strada a nuovi approcci terapeutici.

Al Cnr

Scoperta «p53»,la proteina che «aiuta» i tumori

ca dell’Università di Helsinkiguidato dal napoletano Vin-cenzo Cerullo.

«Grazie alla ricerca biotec-nologica — spiega Lucio Pasto-re — è stato possibile trasfor-mare i virus in vettori, elimi-nando dal loro genoma le ca-r a t t e r i s t i c h e c h e n edeterminano la virulenza. I vet-tori adenovirali (AdVec) som-ministrati nei tumori si sonodimostrati efficaci per indurrenell’ospite una risposta del si-stema immunitario contro an-ti-geni tumorali con risultati

Nel laboratorio

del gruppo

PegVax:

Martina

Esposito,

Lucio Pastore,

Dalila Savoia

ed Eleonora

Leggiero

Sopra, la Futura

Diagnostics:

Alessia Berni,

Valeria D’Argenio,

Rossella

Tomaiuolo e

Federica Cariati

con Franco

Salvatore

Page 6: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

6 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Page 7: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

7

Medicina e assistenza

In tutto il mondo la Comu-nicazione aumentativa al-ternativa (Caa) viene utiliz-zata per aiutare pazientiche non riescono a comu-

nicare verbalmente. Si usa peresempio nelle case di riposoper anziani con difficoltà dellaparola e della comunicazione,in ospedale su pazienti chehanno subito interventi chirur-gici che ne limitano la capacitàdi parola. E ancora, con bambi-ni che per varie patologie nonriescono a parlare (per esem-pio perché colpiti da paralisicerebrale infantile), con bam-bini affetti da sindrome didown, con adulti colpiti da Slae così via.

Sulla Comunicazione au-mentativa alternativa l’Italia èun paese a due velocità, da unlato è arenato a vecchie tecni-che e teorie, dall’altro all’avan-guardia al punto da aver svilup-pato applicazioni e metodolo-gie della Caa utili nella riabili-tazione e con bambini consindrome di Angelmann e altresindromi genetiche, con bam-bini colpiti da gravi disprassieverbali, affetti da alcune tipolo-gie di disturbi pervasivi dellosviluppo.

A Napoli, tra i professionistiche hanno da sempre credutonelle potenzialità di questo ap-proccio c’è il logopedista Fran-cesco Bianco, membro del con-siglio direttivo dell’Isaac Italia(società che appunto promuo-ve lo sviluppo della Comunica-zione aumentativa alternativa)e presidente dell’Associazione

gia di base alle capacità visiveed uditive. Ma anche quellemotorie e le caratteristiche deicontesti di vita. In conformità aquesti bisogni vengono sugge-rite soluzioni che la personaadotta nella propria vita quoti-diana».

È bene chiarire che non esi-stono limiti d’età per l’uso dellaCaa, anche se in Italia si impie-ga prevalentemente in età evo-lutiva. Molte tecniche di Comu-nicazione aumentativa alterna-tiva che si rivolgono a bambiniche per età o patologia nonpresentano ancora intenziona-lità comunicativa si rifanno allaEarly Communication che con-siste nell’utilizzo di immagini(Pcs) appositamente pensateper permettere la comunica-zione attraverso un linguaggiotrasversale e poco fraintendibi-le. In paesi di più lunga tradi-zione viene usata anche conadulti e anziani.

Uno dei temi sui quali si di-batte molto è legato alla figuraspecialistica alla quale la Caa èaffidata. Se all’estero la consu-lenza in Comunicazione au-mentativa alternativa è affidataai logopedisti e rientra nel lorocurriculum di studi in Italia, in-vece, viene esercitata più gene-ricamente da coloro che si oc-cupano di riabilitazione, quin-di: medici, fisioterapisti, logo-pedisti, e ultimamente ancheda infermieri e terapisti occu-pazionali formati ad hoc. «Og-gi per una buona formazione— dice Bianco — esistono di-versi corsi e master: la scuolaBenedetta d’Intino a Milano,per esempio, il master univer-sitario di Reggio Emilia e il ne-onato master della Lumsa diRoma».

Raimondo Nesti

La comunicazione che va oltre le paroleLa Caa non è un metodo ma un insieme di tecniche, strategie e tecnologie È «aumentativa» e «alternativa» perché integra le modalità tradizionali

Adesso, incrociando ledita, la deadline si èspostata alla prossimaprimavera. I lavori so-

no ripresi, anche se non uffi-cialmente, a fine ottobre, dopol’ennesima interruzione, ma dasola questa circostanza non ba-sta a dare garanzie a centinaia di famiglie irpine che attendo-no da oltre un decennio il com-pletamento del Centro perl’Autismo in località Valle, traAvellino e Mercogliano. Già al-tre volte, infatti, sembrava chesi fosse ad uno snodo impor-tante e poi, come in un mici-diale gioco dell’oca, si è tornatial punto di partenza. In un’alta-lena allucinante di disperazio-ne e gioia.

È una storia fatta di ritardi,cavilli burocratici, omissioni ecolpevole indifferenza quellache accompagna ormai la rea-lizzazione di una struttura for-temente voluta da quanti il pro-blema dell’autismo lo vivonoogni giorno drammaticamente

sulla propria pelle. Non è uncaso che il procuratore di Avel-lino Rosario Cantelmo abbianominato una commissione diconsulenti per accertare even-tuali responsabilità nei ritardi ese ci siano stati sprechi di da-naro pubblico. Nel frattempo,però, l’Associazione IrpiniaPianeta Autismo, presieduta daElisa Spagnuolo, non si perded’animo e prosegue nell’ attivi-tà di pressing e vigilanza. «Stia-mo combattendo e combatte-remo un nemico che non si ve-de e non si sente ma c’è, è forte,è potente, è implacabile, è fred-do e determinato nel servire lesue divinità, il potere e il dena-ro», sottolinea Scipione Paglia-ra, presidente della coop socia-le rl «Pianeta Autismo», e pa-dre di Francesca, ragazza auti-stica ormai trentenne, natadall’unione con Elisa Spagnuo-lo. Proprio a lei, Franci, «picco-la e dolcissima creatura» ha de-dicato il libro di testimonianzae denuncia che uscirà a dicem-bre, edito da Youcanprint, AdUlisse andò anche meglio, conpresentazione del giornalista

modalità di comunicazioneche sono diverse da quelle tra-dizionali.

«È importante chiarire —spiega il logopedista — cheesistono molti e diversi ap-procci tecnici che derivano daesperienze cliniche, scientifi-che e culturali che si confron-tano fra di loro. L’esperto ha laresponsabilità tecnica di sce-gliere e applicare l’approcciopiù corretto ed efficace per ilsingolo soggetto. Le variabiliche incidono sulla scelta sonomolte, dall’età della persona al-le sue capacità comunicativenaturali residue, dalla patolo-

Centro per l’autismo pronto a marzoFaraone: «Segno tangibile di civiltà»Avellino, lavori ripresi: la gioia del sottosegretario. Libro-denuncia su sprechi e ritardi

partenopea Ipertesto, partico-larmente attiva nella riabilita-zione di persone con difficoltàdel linguaggio. «Sempre più —dice Bianco — si sente parlaredi “Caa”, un approccio impor-tante per tutte quelle personeche hanno difficoltà a utilizza-re i più comuni canali comuni-cativi, soprattutto la parola e lascrittura. Si deve però elimina-re un equivoco: la Comunica-zione aumentativa alternativanon è un metodo, bensì un in-sieme di tecniche, strategie etecnologie rivolte alla personache non parla, ai suoi interlo-cutori e al suo ambiente di vita

laddove per ambiente di vita siintendono tutti i partner co-municativi della persona chenon ha accesso alla comunica-zione: familiari, docenti nel ca-so dei ragazzi, operatori sanita-ri e sociali, fino ai fornitori diservizi. L’obiettivo è facilitarenella comunicazione questepersone, così da consentire lo-ro una migliore integrazionesociale».

Si parla di Comunicazione«aumentativa» perché non mi-ra a sostituire i normali canali,ma incrementa le possibilitànaturali della persona. Ed è«alternativa» perché integra

D agli esoscheletri alle terapie cellulari, passando per le più moderne tecniche

chirurgiche e i materiali ad alta tecnologia. Nel corso del congresso Flebologia Oggi (tenuto sabato all’hotel Montespina di Agnano, a Napoli) i massimi esperti del settore hanno fatto il punto sui grandi progressi registrati in questo campo negli ultimi anni. Il congresso è stato organizzato da Lanfranco Scaramuzzino, chirurgo vascolare e specialista in flebologia, ed è stato proprio lui a

sottolineare l’importanza del progresso tecnologico degli ultimi anni. «Oggi — ha detto — abbiamo a disposizione terapie cellulari che garantiscono ottimi risultati a un costo molto accessibile. La comunità scientifica guarda inoltre con grande interesse all’utilizzo dei monociti e degli adipociti, terapie staminali che sipossono usare quando il paziente ha una grave compromissione arteriosa, tale da mettere a rischio la sopravvivenza di un arto.

Flebologia OggiChirurgia vascolare, grandi passi avanticon la tecnologia

Gianni Festa. «Il libro raccontain dettaglio — scrive nella pre-fazione il sottosegretario del ministero dell’Istruzione, Davi-de Faraone, grande amico del-l’Aipa — la difficoltà di realiz-zare una struttura nel territo-rio, di avere le istituzioni ac-canto con la consapevolezza che non “serve” ad alcuni sfor-tunati, ma è utile perché segnotangibile di civiltà». Particolar-mente dura la lettera che Pa-gliara indirizza «ad un politicoqualunque» («Il comporta-mento che hai assunto è consi-derato così palesemente sub-dolo ed egoista che chiunque tisente parlare ha la ferma e pre-cisa convinzione di essere“preso per il culo”») mentre èuno sfogo immaginario quelloche intrattiene con don Anto-nio Barracano, il sindaco delrione Sanità: «Una delle coseche più affliggono l’animo diun genitore di una persona af-fetta da autismo è pensare “Checosa ne sarà di mio figlio quan-do io non ci sarò più ?”, “Chi sioccuperà di lui?»

L’autismo è una disabilità

gravissima, si manifesta nella prima infanzia e dura tutta lavita. L’incidenza è all’incirca diun caso ogni quasi cento nati.In Italia più di 400.000 famigliehanno un familiare con auti-smo. Nel 2010 i casi nel mondoerano 52 milioni, pari ad una incidenza del 7,6 per mille. Lasintomatologia è caratterizzatada deficit dell’interazione so-ciale (incapacità a stabilireamicizie, cercare conforto nellepersone care, condividereesperienze e sentimenti altrui),deficit di comunicazione (as-senza anche completa di lin-guaggio, compreso quello cor-poreo e di espressione faccia-le), deficit nel repertorio delleattività (interessi limitati, scar-sa o assente autonomia, rispo-ste di panico a cambiamentianche minimi, assenza del gio-co di finzione), comportamen-ti bizzarri e ripetitivi, autolesio-nismo, aggressività. Non sonoancora chiare le cause dellamalattia e del vertiginoso au-mento dell’incidenza negli ulti-mi decenni. Il presidente Ba-rack Obama in un discorso, te-nuto nel 2009, riferì che negliUsa l’autismo è al terzo postofra le emergenze sanitarie do-po i tumori e le malattie cardio-vascolari. «In Italia la politica ele istituzioni fanno finta di nul-la — è la denuncia di Pagliara— la nostra società è completa-mente indifferente al proble-ma. Il risultato è che le famigliesono lasciate nella più totaledisperazione e solitudine».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Gabriele Bojano

Anziani

La Caa si usa spesso nelle case di riposo per anziani con difficoltà di parola e di comunicazione

La vicenda

La prima pietra del Centro di eccellenza dedicato alla cura dei pazienti autistici (che sono circa 2 mila in Irpinia) risale al 2007. Due anni dopo il cantiere è fermo e abbandonato al più totale degrado. Dopo una serie di stop and go i lavori sono ripresi il 22ottobre scorso.

Francesco

Bianco

è un logopedista, membro del consiglio direttivo dell’Isaac Italia, società che promuove lo sviluppo della Comunicazione aumentativa alternativa. È presidente dell’associa-zione Ipertesto

Page 8: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

8 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Salute mentale

In un contesto nel quale lestrutture territoriali riesco-no sempre meno a dedica-re attenzione alla dimen-sione umana dei pazienti,

le farmacie guadagnano terre-no offrendo servizi che vannoben oltre la semplice venditadei farmaci. Ora, grazie a unprotocollo d’intesa che vedefianco a fianco l’Ordine deglipsicologi della Campania e gliOrdini dei farmacisti di Napolie Caserta, questo tipo di assi-stenza si eleva a un livello ancorpiù alto. Con l’obiettivo di pro-muovere la cultura del benes-sere tra i cittadini, in centinaiadi farmacie si stanno realizzan-do infatti incontri informativi,tenuti appunto dagli psicologi.Un vero e proprio «calendariodel benessere psicologico infarmacia» inaugurato la scorsa

per lo psicologo territoriale,che prevede la presenza di que-sta figura nei contesti sensibili,a partire dalla scuola e dai ser-vizi sociali. Dal punto di vista«operativo», l’intesa tra farma-cisti e psicologi prevede che aogni farmacia vengano distri-buito materiale informativi eche gli Ordini coinvolti compi-lino gli elenchi dei farmacisti edegli psicologi che su invitoaderiranno volontariamenteall’iniziativa.

«Il protocollo — sottolinea ilpresidente dell’Ordine dei far-macisti di Napoli VincenzoSantagada — nasce dalle esi-genze che arrivano dal territo-rio. Per tradizione il farmacistasi è sempre preso cura dei citta-dini e quest’intesa rientra pie-namente nella cosiddetta “far-macia dei servizi”, che si staevolvendo per rispondere ai bi-sogni degli utenti. La presenzadi uno psicologo in forma gra-tuita potenzia ancora di piùquesto sportello della salute. Amemoria penso sia l’unicoesempio a livello nazionale diquesto tipo».

anche collettivo. Le altre inizia-tive di questo tipo patrocinatefinora da Ordini anche impor-tanti, secondo noi sono statesbagliate per diversi aspetti: c’èper esempio chi ha offerto se-dute gratuite, che in alcuni casipotrebbero già rappresentareun intero intervento psicologi-co e non solo l’accoglienza delpaziente. C’è un aspetto etico inquello che chiamiamo “aggan-cio alla terapia”, ovvero la co-struzione di una relazione tera-peutica, e infine c’è una moti-vazione politica, perché la no-stra è una professione e inquanto tale va pagata. Noi pro-muoviamo la professione, nonla paghiamo. L’altro aspetto digrande responsabilità sta nelfatto che per la prima volta in-teragiamo pubblicamente conun’altra professione. Lo faccia-mo perché per il futuro si pre-vede che nell’assistenza sanita-ria in Italia si punti su una sani-tà più leggera, meno costosa ri-spetto agli ospedali, che deverispondere efficacemente sulterritorio alle richieste di salutedei cittadini».

Psicologi e farmacisti, patto per il benessere Iniziativa congiunta a Napoli e a Caserta. Milleduecento farmacie ospitano incontri divulgativisu tabagismo, alimentazione, rapporto genitore-figli, malattia cronica ed equilibrio mente-corpo

settimana con diversi focus sultabagismo e pronto a prosegui-re su temi altrettanto sentiti,quali ad esempio la corretta ali-mentazione, la nascita e il be-nessere genitore-figli, la malat-tia cronica e il sostegno ai caregiver e infine la cura di sé nel-l’equilibrio mente-corpo.

Con questa iniziativa psico-logi e farmacisti rimarcano lavolontà di essere vicini ai citta-dini e di abitare i contesti perpromuovere il benessere eun’idea di salute che non sia in-tesa solo come assenza di ma-lattia. Va letta in questo sensola scelta di realizzare quest’ini-ziativa proprio nelle farmacie,che ormai sono un punto di ri-ferimento per i cittadini, «casedella salute» e non più luoghidove si va unicamente per ac-quistare medicinali.

Il protocollo d’intesa va an-che nella direzione di quantostabilito dalla legge regionale

Per Antonella Bozzaotra,presidente degli psicologi dellaCampania, questo è un modoper «guardare all’interventopsicologico di tipo sanitario inmodo diverso, non solo nelservizio pubblico, ma al servi-zio dei cittadini nei luoghi incui c’è maggiore richiesta di sa-lute. È un passo importante nella direzione che l’Ordine hatracciato già dalla precedente consiliatura, presieduta da Raf-faele Felaco, con l’intento dipromuovere sinergie tra i pro-fessionisti volte a sviluppare ilbenessere psicologico».

Per farsi trovare pronti, a ot-tobre l’Ordine degli psicologiha realizzato due incontri for-mativi, uno a Napoli e l’altro aCaserta, visto che l’intesa ri-guarda proprio queste due pro-vince, nelle quali sono ben1.200 le farmacie che hannoscelto di aderire al protocollod’intesa.

«Una grande responsabilità— chiosa Raffaele Felaco, expresidente dell’Ordine deglipsicologi regionale — non sol-tanto a livello individuale, ma

di Raffaele Nespoli

I «sani» non godono di buona saluteE la terapia si trasforma in torturaIl saggio di Francesco Blasi e Antonio Mancini

Oggi non ci sono molte illusionida farsi sul destino dei soffe-renti psichici e questo piccololibro, scritto da due psichiatri

napoletani, non se ne fa. «Torturare ecurare», di Francesco Blasi e AntonioMancini (edizioni La Città del Sole), af-fronta il problema della sofferenza psi-chica con l’occhio clinico, è il caso di di-re, di chi da anni lavora sul campo. Unosguardo disilluso che talvolta può sem-brare addirittura brutale, salvo poi ren-dersi conto che la brutalità non è nelleparole di chi analizza e racconta, manella quotidianità di un sistema divenu-to ormai ragionieristico.

Blasi e Mancini (quest’ultimo è segre-tario del forum Sergio Piro) ragionanodi globalizzazione e capitalismo finan-ziario, chiarendo al lettore come soprat-tutto il secondo abbia prodotto guai im-mensi nell’assistenza alla sofferenzapsichica. Gli autori spiegano che «laglobalizzazione, strumento e motore diuna sperimentazione psicofarmacolo-gica su vasta scala, ha contribuito inmodo esemplare a ridurre la grandecomplessità della sofferenza psichicaalla spiegazione naturalistica (le soffe-renze psichiche sono causate da disfun-zioni cerebrali), mentre il capitalismofinanziario globalizzato ha di fatto abo-lito diritti e conquiste nel campo socialee sanitario e ha tagliato risorse ai servizidi salute mentale».

Dal libro di Blasi e Mancini questa te-naglia, aggravata in Campania dal pianodi rientro in sanità per sanare il megadebito accumulato, si configura comeuna vera e propria «tortura e cura» dichi soffre. A volte la tortura consiste nel-la cura (somministrazione di farmaci indosaggi estremi), altre volte la accom-pagna (contenzione fisica). Senza giri diparole, il volume ricorda al lettore comeNapoli sia una città sopra le righe: «È laprima grande città italiana dove si inse-gna alla polizia municipale come fare

un trattamento sanitario obbligatorio con scudi e manette».

Sollevando lo sguardo al mondo dei«sani», ci si accorge che questo nonsembra godere di buona salute. Il mon-do che descrivono è pervaso da ondateviolente di fanatismi, di ideologie re-gressive di massa, di ideologie identita-rie e innocenti che sospingono di fattola sofferenza psichica o nelle mani deglipsichiatri biologisti armati del solo far-maco, o nella marginalizzazione estre-ma, o ancora tra le braccia di psichiatridal volto umano, accattivanti e pseudodemocratici. Di tutto questo Napoli è, ancora, la fotografia esemplare. «Il di-partimento di salute mentale — spiega-no gli autori — da un lato con le sue bu-rocrazie e le sue pratiche di cura ridico-le e violente, dall’altro un osservatoriosulla salute mentale (a cui guardavanogli autori di questo libro con grandesperanza) istituito da un sindaco che di-viene poliziotto e fa un corso sul Tso aisuoi vigili per addestrarli all’uso di scu-di di gomma». Per chi soffre non sem-bra esserci scampo. Sarebbe necessariauna ricerca sociale vasta e corale sullasofferenza psichica (fatta da tutti coloroche se ne occupano: non solo psichiatrie psicologi ma anche insegnanti, assi-stenti sociali, educatori, terapisti, e cosìvia), un progetto di ricerca che veda uni-ti sul campo operatori sanitari, mondodelle associazioni e politici locali. Gliautori sognano luoghi per il supera-mento delle crisi al di fuori degli ospe-dali, spazi di ascolto per i giovani là do-ve la vita scorre e si aggrega, atelier arti-stici aperti a tutti, laboratori musicali edespressivi diffusi in città e in collabora-zione con enti, associazioni, musei, bi-blioteche. In una parola un impegnodiffuso e massiccio in una città tormen-tata dalle violenze e dall’abbandono, ungrande rilancio della vita collettiva, in-telligente, sensibile, desiderante.

Raimondo Nesti

Francesco Blasi

e, sotto,

Antonio Mancini

S abato 12 dicembre la Sala Vasari del complessomonumentale di Sant’Anna dei Lombardi, a

Napoli, ospiterà la giornata inaugurale del dipartimento clinico intitolato a Françoise Dolto, la cui madrina sarà Catherine Dolto, figlia della psicoanalista francese scomparsa nel 1988. L’evento è patrocinato dall’Ordine degli psicologi della Campania, dal Comune di Napoli, dal Santobono-Pausilipon, dall’associazione culturale Pediatri, dall’associazione Pianoterra Onlus e da

Fairitaly Onlus. La finalità per la quale nasce il dipartimento è quella di promuovere e diffondere la teoria e la clinica psicoanalitica e istituzionale, in particolare dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia, in prospettiva di accrescimento e innovazione. Il dipartimento organizza un ciclo annuale di seminari dedicati monograficamente a temi diversi d’ispirazione psicoanalitica e, nell’incontro con la pratica clinica, si fa portavoce diqualcosa di nuovo.

A NapoliSi inaugurail dipartimento Françoise Dolto

Supplemento della testata

Distribuito con il Corriere della Sera non vendibile separatamente

a cura di Angelo Lomonaco

Enzo d’Errico direttore responsabile

Carmine Festa redattore capo centrale

Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.con socio unico, soggetta a direzione e coordinamento da parte della società RCS Mediagroup S.p.A. Alessandro Bompieripresidente

Domenico Erricoamministratore delegato

Redazione, produzione, amministrazione e sede legale: Vico II S. Nicola alla Dogana, 9 - 80133 Napoli - Tel: 081.760.20.01Fax: 081.58.02.779

Reg. Trib. Napoli n. 4881 del 17/6/1997

© Copyright Editoriale del Mezzogiorno s.r.l.Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge.

Stampa: Sedit Servizi Editoriali srlVia delle Orchidee, 1 - 70026 Z. I. Modugno Bari Tel. 080.585.74.39

Sped. in A.P. - 45% - Art.2 comma 20/B Legge 662/96 - Filiale di Napoli

Diffusione:m-dis Distribuzione Media SpaVia Cazzaniga, 19 - 20132 MilanoTel. 02.25821

Pubblicità:Nazionale: Rcs MediaGroup S.p.A.Dir. Communication Solutions, www.rcscommunicationsolutions.itVico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli - Tel. 081.497.77.11Fax 081. 497.77.12Locale: Piemme S.p.A.Via G. Arcoleo, snc - 80121 NapoliTel. 081 2473.111 - Fax 081 2473.220www.piemmeonline.it

Proprietà del Marchio:

RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Quotidiani

Distribuito con il

Direttore responsabileLuciano Fontana

E PREVENZIONE

Saluteprevenzione

Coordinatore tecnico-scientifico

Marco Trabucco Aurilio

In questo numero hanno scritto: Gabriele Bojano, Marco Contini, Sofia Gorgoni, Alessandra Grassi, Roberto Grella, Guido Lanzara, Lara Martino, Ettore Mautone, Raffaele Nespoli, Raimondo Nesti, Francesco Saverio Mennini.

Sono stati intervistati: Giuseppina Annicchiarico, Luigi Argenziano, Paolo Bandiera, Francesco Bianco, Francesco Blasi, Antonella Bozzaotra, Cristina Canino, Raffaele Castaldo, Antonio Chirianni, Ilaria Di Giusto, Giordano D’Urso, Raffaele Felaco, Antonio Mancini, Stefano Nardi, Aldo Roccaro, Giuseppe Rosato, Ernesto Rossi, Vincenzo Santagada, Anna Sapone, Luigi Sparano, Tiziana Spinosa, Giuliano Scarcelli, Raffaele Tripodi.

Antonella

Bozzaotra

Psicologa

e psicoterapeuta

dirigente di sanità

pubblica all’Asl

Na 1, è presidente

dell’Ordine

della Campania.

Raffaele

Felaco

Psicologo

dell’Asl Napoli 2

Nord, è stato

presidente

dell’Ordine

professionale

della Campania.

Vincenzo

Santagada

Presidente

dell’Ordine

dei farmacisti

di Napoli,

è professore

ordinario

alla Federico II.

La copertina

di «Torturare

e curare»,

saggio

di Blasi

e Mancini

pubblicato

dalla casa

editrice La Città

del Sole

Page 9: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

9

Ricerca e terapia S i parlerà delle innovazioni e dei problemi legatialla malnutrizione e alla nutrizione artificiale,

ospedaliera e domiciliare, nel corso del sedicesimo congresso nazionale intitolato «Nutrire il pianeta... Nutrire il malato», organizzato dalla Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo a Napoli, dal 26 al 28 novembre. Nell’occasione i maggiori esperti del settore discuteranno anche di esperienze maturate in altreregioni, in particolare in Piemonte (dove è stata

approvata la prima legge ad hoc), il tutto nell’ottica di omogeneizzare al meglio le varie realtà locali; d’altronde, all’Expo la Nad è stata considerata come una delle dieci sfide che l’Italia deve affrontare in un tavolo di lavoro del ministero della Salute. Un’intera sessione del congresso sarà dedicata al tema «Alcune difficoltà del fine vita», per valutare come venire incontro alle esigenze di un’utenza particolare in progressivo aumento.

Il congressoNutrireil pianetaE il malato

Una scossa al cervellocontro la depressionePoliclinico Federico II all’avanguardia nella tecnica di stimolazione transcranica con correnti dirette

di Raffaele Nespoli

Èuna delle più impor-tanti innovazioni nellacura dei disturbi psi-chiatrici, e anche se dalnome potrebbe sem-

brare una procedura cruenta (sichiama infatti «tecnica di sti-molazione transcranica con cor-renti dirette» o anche Tdcs), inrealtà i pazienti non percepisco-no il minimo fastidio. In questocampo Napoli è uno dei centrid’eccellenza e risultati chestanno destando l’interessedella comunità scientifica in-ternazionale arrivano dalla Fe-derico II, in particolare dal-l’Unità dipartimentale di psi-chiatria e farmacoresistenzadiretta dal professore Andreade Bartolomeis.

Un lavoro iniziato nel 2010 eproseguito nei successivi cinqueanni grazie all’impegno e allescoperte dello psichiatra Gior-dano D’Urso. Ed è proprio lui araccontare di aver conosciutoquesta tecnica durante un peri-odo di formazione alla Colum-bia University di New York.«L’idea — dice — è di usarecampi magnetici o correnti elet-triche di lievissima intensità perstimolare o inibire aree cerebra-

trattamento più selettivo, per-ché si opera con una maggiorprecisone su porzioni più ridot-te della corteccia cerebrale. Dalpunto di vista clinico la Tms hauna casistica più importante diquella della Tdcs, ma questo di-pende soprattutto dal fatto chegli studi sugli effetti benefici deicampi magnetici sono iniziaticirca dieci anni prima». Tuttaviaal Policlinico federiciano gli stu-di sulla Tms non sono mai parti-ti; le apparecchiature ci sonoma, al momento, sono impiega-te solo per scopi diagnostici. Lasperanza è che presto possa na-scere una nuova collaborazionetra reparti, una sinergia che por-ti a esplorare anche questa tec-nica molto promettente per iltrattamento dei disturbi psi-chiatrici.

tria traslazionale grazie al lavorodel dottore Felice Iasevoli) ha re-alizzato varie pubblicazioni na-zionali e internazionali. SoloD’Urso ne ha all’attivo dieci, cheriguardano i risultati delle sue sperimentazioni cliniche, lo sta-to dell’arte e le possibili evolu-zioni. «Un campo tutto daesplorare — prosegue — è quel-lo dei disturbi con esordio in etàinfantile».

Altra tecnica molto promet-tente e per certi versi affine allaTdcs è poi la Tms, ovvero stimo-lazione magnetica transcranica.«In linea di principio — conclu-de lo psichiatra — il concetto difondo non è dissimile a quelloche riguarda la Tdcs, ma invecedi usare una corrente diretta sisfruttano i campi magnetici.Questo consente di avere un

sola applicazione al giorno, mala metà per i pazienti possonosottoporsi a due sedute giorna-liere. In tutto si devono effettua-re dalle 20 alle 30 applicazioni.Sino a oggi abbiamo trattato cir-ca un centinaio di pazienti affet-ti da depressione, disturbo os-sessivo-compulsivo e pazientiadulti con disturbo autistico. Irisultati ottenuti sono stati sor-prendenti, certamente compa-rabili con quelli ottenuti conl’uso di farmaci. Peraltro unodegli aspetti più interessantidella Tdcs è l’efficacia dimostra-ta sui pazienti che non rispon-dono sufficientemente al tratta-mento farmacologico. In questosenso la tecnica può rivelarsiuna vera e propria ancora di sal-vezza per centinaia di migliaiadi persone». A ogni modo è be-ne sottolineare anche che laTdcs non si propone in sostitu-zione al trattamento farmacolo-gico, anzi, spiega lo psichiatra,«ha una maggiore efficacia se ledue terapie vengono appropria-tamente combinate. Le poten-zialità e i benefici per i pazientisono enormi e non ancora deltutto esplorati».

Su questa tecnica l’unità di-partimentale di psichiatria e far-macoresistenza della Federico II(che si occupa anche di psichia-

li implicate nei meccanismi bio-logici di un disturbo psichiatri-co».

Semplificando un po’, graziea questa corrente diretta (chepotrebbe essere paragonata aquella di due pile stilo) si modi-fica la tensione elettrica dei neu-roni, permettendo di modularel’eccitabilità della corteccia cere-brale e quindi l’attività neurona-le nel cervello. In questo modo èpossibile aumentare o diminui-re la funzionalità dell’area sti-molata, producendo effetti du-raturi a livello cognitivo e com-portamentale. Sulla pelle non sipercepisce quasi nulla, in gene-re appena un formicolio. «Learee da stimolare — precisa lopsichiatra — sono diverse a se-conda della patologia che sivuole affrontare. Per la depres-sione ad esempio usiamo unadoppia stimolazione che mira acurare lo squilibrio tra la regio-ne frontale destra e quella sini-stra. Per ottenere risultati servo-no protocolli molto precisi, eccoperché una parte rilevante dellavoro che portiamo avanti conil professore de Bartolomeis ri-guarda l’ottimizzazione di que-ste procedure».

Quanto dura un trattamento?«In genere servono dalle 4 alle 6settimane se si procede con una

Andrea

de Bartolomeis

È responsabile dell’Unità dipartimentale di psichiatria e farmacoresisten-za del Secondo Policlinico.

Giordano

D’Urso

È psichiatra e dottore di ricerca in Scienze del comportamentoe dei processi di apprendimento

Per la ricerca«Ho intenzione di devolvere all’AiSla i proventi del nuovo librodedicato alla mia patologia al quale sto lavorando»

«La Sla mi ha stravolto. Ma non mi arrendo»Raffaele Tripodi, che ha scoperto la malattia nel 2000,ha pubblicato un romanzo e prepara un libro di storie

Aquarant’anni RaffaeleTripodi si definisce un«fisico mancato». E ineffetti la strada della

sua «prima vita» lo avrebbecondotto in quella direzione,se alla fine del 2000 non gli fos-se stata diagnosticata la sclero-si laterale amiotrofica (Sla).Una diagnosi dura da accettare,che però non è riuscita cambia-re il suo modo di essere. Ancheper questo la storia di RaffaeleTripodi vale la pena di essereraccontata: non per dare unesempio, ma semplicementeper suggerire una chiave di let-tura alternativa. «Certo — spie-ga Tripodi — lo sport e le gitein montagna sono diventati unricordo. Ma ho continuato a fa-re quello che dovevo fare, auscire e divertirmi, a portareavanti i miei progetti. La Slanon è riuscita a limitarmi».

Uno dei momenti più duri,nel 2004, è legato a una crisi re-spiratoria che è costata a Raffa-ele quattro lunghi mesi in unreparto di r ianimazione.«Quella — dice ora — è stata latransizione tra la mia prima vi-ta e quella attuale. Ammalarsidi Sla è dura, ma succede. Nonlo dico tanto per dire, ma aconti fatti credo di essere co-

munque fortunato. Nonostan-te tutto il mio corpo mi offre unottimo standard di vita. Sonotracheostomizzato, eppuremangio, bevo, parlo e conservouna discreta capacità respirato-ria. Grazie a un puntatore, usoun computer che per me è co-me una finestra sul mondo.Porto avanti i miei progetti e continuo a inseguire i miei so-gni. Insomma, sono fortunato.La malattia non mi ha piegato,anzi, a dirla tutta non mi sentoun malato. Cerco di pedalare edi mettere cura in ciò che fac-cio. Devo dire che sono riuscitoa ricostruirmi una vita non pri-va di soddisfazioni». Una dellequali si chiama «Tuxedo»(pubblicato dalla casa editriceAd Est dell’Equatore) ed è unromanzo ambientato in un fu-turo neanche troppo lontano,irrimediabilmente segnato daldeclino e dai cambiamenti cli-matici. La storia racconta della

e a tutte le persone che hannocreduto in me». Come ogniscrittore che si rispetti, Raffae-le Tripodi sta già pensando aun nuovo libro, anzi come spie-ga lui stesso scherzando «a unaraccolta di storielle sui mieiviaggi di Sla». Poi però si fa piùserio: «Ammalarsi di una ma-lattia neurodegenerativa — di-ce — è un lungo viaggio. Al-l’inizio hai solo piccoli disturbi.Poi vedi che il tuo corpo se neva un giorno dietro l’altro. È ro-ba dura, ma l’ironia non mimanca». Ironia che sarà la chia-ve di lettura, anzi di scrittura,per queste storie di vita vissutadi Raffaele Tripodi. «Se e quan-do questa raccolta sarà pubbli-cata — conclude — ne cederò idiritti all’AiSla, l’associazioneche promuove la ricerca sullaSla».

Raf. Nes.

MicroRice, che sintetizza uncocktail di microrganismi ingrado di stravolgere la produ-zione mondiale di biocarbu-ranti, e la nuova scoperta mettein pericolo la posizione di unpotente broker cinese. L’uomoassolda il giovane Henry per re-cuperare un rapporto conte-nente informazioni in grado disterilizzare l’impatto della sco-perta. Il prestigioso incaricoporta Henry dai putridi bassi-fondi in cui vive al mondo do-rato della classe dominante. Ilgiovane intraprende un inten-so viaggio psicofisico verso ilsuccesso, ma un imprevedibileevento sconvolge la sua missio-ne.

Se è ovvio che le chat e i so-cial sono per Tripodi una fine-stra aperta sul mondo, non eraaltrettanto scontato che la Slalo mettesse in condizione discoprire questo suo talentonella scrittura. Perché «Tuxe-do» non è il romanzo di un uo-mo che non potendo fare altrosi chiude nella fantasia, è inve-ce un romanzo avvincente emai scontato, ricco di partico-lari, di spunti e non senza qual-che sviluppo inatteso.

«Nel libro — spiega l’autore— ho raccontato molti episodi

realmente accaduti durante la mia prima vita. È stato un mo-do per raccontare un pezzo dime, e soprattutto è stato unmodo per condividere le mieidee sulla brutta strada presadall’umanità. Sono contento diessere riuscito a scrivere un ro-manzo estremamente facile daleggere».

Il libro di Tripodi si presta auna doppia lettura: come purointrattenimento, seguendo lastoria di Henry; oppure in ma-niera più approfondita, se-guendo i molti spunti di rifles-sione che contiene.

«Scrive “Tuxedo” è stato ab-bastanza facile e divertente. Hoimpiegato solo circa novantagiorni. Raffinarlo e trovare uneditore è stato molto più lungoe difficile. Per questo sento diringraziare Ad Est dell’Equato-re per aver creduto nel progetto

La copertina di «Tuxedo»,il romanzo di Raffaele Tripodi

Page 10: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

10 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Le interviste S arà sottoscritto domani il patto di collaborazione scientifica tra l’Unione degli

industriali di Napoli e la Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) volto a sostenere azioni di promozione di stili di vita salutari e di educazione alimentare. La collaborazione si basa sulla convinzione che i temi della nutrizione, della salute e della sicurezza alimentare, temi particolarmente cari ai pediatri della Fimp, rappresenteranno l’asse strategico per

l’industria alimentare nei prossimi vent’anni. L’accordo sarà siglato alla presenza del presidente dell’Unione degli industriali Ambrogio Prezioso, del presidente della sezione Industria alimentare dell’Unione Giuseppe Esposito, del segretario provinciale della Fimp di Napoli Antonio D’Avino e della pediatra Raffaella de Franchis, che coordina il gruppo di lavoro sulla Dieta mediterranea della sezione napoletana della Federazione italiana dei pediatri .

A NapoliAlimentazioneaccordo tra pediatrie industriali

Giuseppina

Annicchiarico

è una pediatra e guida il Coordinamentoregionale malattie rare (Coremar) dell’Ares Puglia.

Se dal punto di vistaclinico la ricerca sullasclerosi multipla hafatto passi da gigante,per quanto riguarda

la presa in carico dei pazienti el’integrazione ospedale-terri-torio il quadro non sembra es-sere dei più incoraggiati. «Unasituazione che merita di essereaffrontata al più presto» spiegaPaolo Bandiera, direttore affarigenerali dell’Aism. «La sclero-si multipla — prosegue — èuna malattia che sfugge alle di-namiche tipiche del nostro Pa-ese, in questo senso non esistepropriamente una “questionemeridionale”; c’è invece unagrande differenza nell’organiz-zazione amministrativa e neisistemi sanitari e socio-assi-stenziali delle diverse regioni.Il problema non è tanto nelladicotomia tra Nord e Sud,quanto nella concreta attua-zione a livello locale di quantoprevisto sul piano nazionale».

Come incidono sull’assi-stenza spending review eblocco del turnover?

«Una Regione commissaria-

territorio è una risorsa prezio-sissima. Se oggi possiamo par-lare di presa in carico dei pa-zienti è proprio grazie al lavoroche questi centri svolgono daanni. Sarebbe importante riu-scire a portare l’attenzione del-le istituzioni sanitarie e dellapolitica prima di tutto sul rico-noscimento e valorizzazionedi questa realtà, quindi inter-venire anche sulla presa in ca-rico territoriale, nel senso difornire ai malati di sclerosimultipla tutta una serie di ser-vizi che possono diventare in-

lute e di inclusione, Aism hada tempo avviato un dialogocon diverse regioni per pro-muovere la definizione di que-sti Pdta. Abbiamo promosso erichiesto la partecipazione for-male ai tavoli di lavoro regio-nali volti alla costruzione di unmodello di Pdta che renda ap-plicabile la presa in carico dalmomento della diagnosi (conattenzione anche alla pre-dia-gnosi) alle fasi di terapia, pre-sa in carico sanitaria (multis-pecialistica), riabilitativa e as-sistenziale sulla base di un pia-n o i n d i v i d u a l i z z a t o egarantendo la continuitàospedale-territorio. Oggi sonoben cinque le Regioni chehanno adottato questo model-lo, tra queste la Sicilia. Anchela Puglia sta per completare unlavoro analogo sviluppato dal-l’Agenzia sanitaria regionalecon il coinvolgimento della re-te dei centri clinici e dell’asso-ciazione».

Qual è l’obiettivo da rag-giungere?

«Si deve garantire assisten-za a tutte le persone con scle-rosi multipla e in tutte le fasi divita e della malattia. Chi è col-pito da sclerosi multipla attra-versa diverse fasi della malat-tia, e deve poter contare su ri-sposte sanitarie, socio-assi-stenziali, di inclusione socialeche siano sancite per diritto,quel diritto alla base della Car-ta dei diritti delle persone consclerosi multipla e dell’Agen-da della sclerosi multipla 2020con cui ci confrontiamo gior-no dopo giorno con i principa-li portatori di interesse, a par-tire dalle istituzioni».

dispensabili con il progrediredella malattia. Questi pazienti non devono essere lasciati so-li».

Qual è il ruolo dell’Aism inquesto senso?

«Le nostre sezioni provin-ciali vivono grazie a tanti vo-lontari che danno informazio-ni corrette, sollecitano la rac-colta fondi per i nostri pro-g r a m m i d i r i c e r c a e d iassistenza, orientano le perso-ne con sclerosi multipla, le af-fiancano e supportano nellesfide che il vivere con la Sm po-ne ogni giorno. Un lavoro vera-mente essenziale, che si ac-compagna ad un impegno ditutela e rappresentanza, tipicodi un ente di advocacy quale èAism: anche sul piano “politi-co” infatti siamo riusciti a otte-nere importanti risultati».

Quali per esempio?«Parlo dei percorsi diagno-

stico terapeutici assistenziali(Pdta). Per far fronte alla com-plessità dei bisogni e dei per-corsi assistenziali delle perso-ne con sclerosi multipla e allamancanza di un processostrutturato che metta effettiva-mente la persona al centrodelle scelte e dei percorsi di sa-

ta non può garantire gli stessilivelli di assistenza di una Re-gione “virtuosa”. Il blocco delturnover è un problema in tuttigli ambiti dell’assistenza, equindi ancor più per una ma-lattia come la Sclerosi multi-pla, che nel tempo diventasempre più invalidante e ri-chiede un presidio costante econtinuativo e referenti certi».

Si parla spesso di presa incarico “globale”, a che puntosiamo?

«La rete dei centri clinici de-dicati alla malattia sparsi sul

di Raimondo Nesti

Paolo

Bandiera

È il direttore affari generali dell’Aism, l’Associazione italiana sclerosi multipla

«Epidermolisi, nemica dei bambini»La pediatra Giuseppina Annicchiarico: «Malattie rare, troppi equivoci Questa patologia autoimmune rende la pelle estremamente vulnerabile»

Quando si parla di malattierare il fraintendimento èdietro l’angolo; spesso sicade nell’equivoco di cre-dere che queste patologie

riguardino nel complessoun numero esiguo di persone, manon è così. Le malattie rare colpi-scono singolarmente poche perso-ne, la Comunità Europea definiscerare le malattie che affliggono me-no di 5 persone su 10mila, e solo inquesto senso sono «rare», ma il lo-ro numero è tale che sommate so-no un problema enorme. Così co-m’è un problema il fatto che l’opi-nione pubblica ne sappia poco onulla. È il caso dell’epidermolisi bollosa, una malattia rara che col-pisce la pelle, la rende fragilissimaal trauma. «Ne sono colpiti i bam-bini sin dalla nascita per un difettogenetico, nelle forme più gravi tra-mandato da genitori sani», spiegaGiuseppina Annicchiarico, coordi-natrice del coordinamento regio-nale malattie rare dell’AReS Pu-glia.

«È una malattia gravissima. Laperdita di lembi cutanei conferisceall’epoca neonatale una condizio-ne d’emergenza e urgenza che im-pone il ricovero in centri di altacompetenza. Ogni trauma banale,un abbraccio più forte, un pizzi-cotto, una manina stretta per evi-tare banali cadute induce sulla pel-le bolle a contenuto liquido edestese escoriazioni. Sono neonatie bambini che dovranno esseretrattati con cura. Mamma e papàdevono togliere orologi, anelli e

ogni cosa possa ferire il loro bam-bino. Anche gli abiti e i giocattolidevono essere morbidi per noncreare escoriazioni. Nelle forme cliniche più importanti il quadrogenerale si complica. Le dita dellemani si uniscono, la deambulazio-ne è difficile. È complicato ancheingoiare il cibo quando le feritecolpiscono l’esofago. Sono bambi-ni tanto piccoli per la loro età, si anemizzano e da grandi vanno in-contro a insufficienza renale e atanto altro. Questa è la storia di bambini e persone che convivonocon le loro ferite. Storie di bambiniche nascono, che crescono con leloro difficoltà, che hanno doloresempre, si medicano tutti i giorni,ma continuano a vivere con le loroferite e le loro “storie” di donne euomini».

Quante sono le persone colpi-te da questa sofferenza in Italia?

«Sono poco più di un migliaio ibambini e le persone con epider-molisi. Qualche centinaio quelliammalati delle forme più gravi. LeRegioni italiane hanno costruitoun sistema efficiente di registri dipopolazione dedicati alle malattierare. La confluenza di questi dati nel Registro nazionale delle malat-tie rare consentirà nei prossimianni di monitorare con puntualitài gli ammalati e determinare ap-propriatezza negli interventi di sa-nità pubblica».

Lei è capofila di un gruppo diricerca che ha portato all’eviden-za una nuova scoperta.

«L’epidermolisi è una malattia

da sempre inquadrata come unapatologia malformativa della pel-le. Studiata e curata tradizional-mente dai dermatologi. Essere pe-diatra mi ha consentito un approc-cio sistemico all’Eb, un approccioolistico, mi ha permesso di guar-dare oltre la pelle, di andare oltreschemi consueti di cura. Erano glianni ’90, visitavo e medicavo conregolarità circa quaranta ammala-ti. La genetica faceva passi da gi-gante e con i dermatologi ci accor-gemmo che alla stesso difetto ge-

netico corrispondevano forme cli-niche assolutamente diverse:tanto gravi e tanto lievi. È comin-ciata la ricerca spasmodica di ciòche faceva la differenza, dell’indi-zio, e ci appariva sempre più chia-ro il ruolo dell’infiammazione. Gliammalati più gravi apparivano in-fiammati, le ferite avevano un alo-ne rosso per sempre. La resistenzadei dermatologi a questa nuova vi-sione della malattia rallentava laricerca. Solo alla fine del 2009,quando un ragazzo si ammala gra-

vemente, finalmente, emerge l’in-dizio che cercavamo: erano altissi-mi gli anticorpi contro la pellestessa, contro quella frazione dicute modificata a causa del difettogenetico di partenza. Estendiamol’indagine a tutti gli altri ammalatied emergono dati straordinari: lagravità della malattia correla con lapresenza di auto anticorpi anticu-te, con la propensione genetica al-l’infiammazione intestinale. Gliammalati più gravi si caratterizza-no per avere aumentati i livelli di citochine proinfiammatorie, mo-lecole che mediano l’infiammazio-ne nei tessuti e negli organi inter-ni. I primi dati vengono pubblicatisu riviste scientifiche specializzatea partire dal 2012. Risale a pochigiorni fa la pubblicazione su “Me-dicine”».

Quali sono le novità sostanzia-li?

«La nuova definizione dell’epi-dermolisi quale malattia a compo-nente autoimmune ed autoinfiam-matoria e l’ingresso nei circuiti in-ternazionale della scienza diun’idea tutta pugliese inizialmentee firmata dal coordinamento re-gionale malattie rare pugliese edell’ Università-Azienda Policlini-co di Bari, di Foggia e del Salento(Lygia Brunetti, Michele Lattarulo,Maria Grazia Morgese, SalvatoreMauro) valorizzano l’attuale alle-anza coi reumatologi dell’Universi-tà di Bari (Florenzo Iannone) e congruppi di ricerca italiani dedicatialle malattie autoinfiammatorie(Luca Cantarini e Susanna Esposi-to) e conferiscono ulteriore pregioall’approccio interdisciplinare allaricerca e all’assistenza. Si aprononuovi scenari per la terapia e pre-sto pubblicheremo nuovi dati inmerito».

Il contributo della sua storiapersonale e privata?

«La visione del tempo, avevofretta».

C. P.

«Sclerosi multipla, l’obiettivoè l’assistenza sul territorio»A colloquio con Paolo Bandiera, direttore dell’Aism per gli affari generali

Page 11: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

11

Medicina e bellezza

Sono sempre di più lepersone che desidera-no migliorare il pro-prio aspetto fisico, edè per questo che sono

molti i pazienti che ogni annosi sottopongono a interventi dichirurgia estetica. Al primo po-sto tra gli interventi di chirur-gia c’è la mastoplastica additiva(aumento del seno) che, se-condo una pubblicazionescientifica americana di qual-che anno fa, è l’intervento dichirurgia estetica più eseguitoal mondo.

Moltissime donne si sotto-pongono a quest’operazione, non solo per migliorare il volu-me e la forma del proprio seno,simbolo di femminilità e ma-ternità, ma anche per migliora-re la propria autostima e sicu-rezza nella vita di tutti i giorni.Questo tipo di intervento vienerichiesto da donne con mam-melle di piccole dimensioni,oppure con un seno svuotatoda ripetuti allattamenti o im-provvisi dimagrimenti. Se lapaziente presenta una notevole«ptosi», ossia una rilevante ca-

possibile grazie al costante mi-glioramento delle tecnichechirurgiche e l’evoluzione tec-nologica dei materiali protesicidi nuova generazione, semprepiù biocompatibili e tollerati dall’organismo, che hanno re-so questo intervento sicuro e hanno abbattuto i tassi di com-plicanze che ormai sono infe-riori allo 0,1%. Infatti, anche lacontrattura capsulare, il cosid-detto «rigetto», unico vero

eseguire interventi di chirurgiaestetica, basta che abbianoconseguito una laurea in medi-cina. Non è necessario che ilmedico abbia frequentato do-po la laurea la scuola di Specia-lizzazione in Chirurgia PlasticaRicostruttiva ed Estetica delladurata di cinque anni, alla qua-le si accede con un concorsonazionale e che forma i mediciad eseguire questi interventi. Trattandosi, infatti, di inter-venti effettuati in regime priva-to, per la legge italiana posso-no essere eseguiti da qualsiasimedico e purtroppo si calcolache su dieci chirurghi che pra-ticano interventi di chirurgiaestetica e si definiscono chi-rurghi plastici o estetici, solotre siano realmente specialistiin Chirurgia Plastica. Altri pae-si della comunità Europea co-me Francia e Austria, tutelano ipropri cittadini permettendodi eseguire questi interventisolo ai medici specialisti. Perquesto è importante verificareil curriculum e accertarsi che ilchirurgo sia specializzato sulsito della Federazione naziona-le dei medici chirurghi odon-toiatri, o che sia appartenentealla Società scientifica della ca-tegoria (Società italiana di chi-rurgia plastica ricostruttiva edestetica). La mancanza di rego-le porta questi medici a non tu-telare le pazienti ma ad ambiresolo all’interesse del proprioportafoglio, quindi occhi aper-ti.

problema legato all’impiegodelle protesi, è ormai diventatoun evento estremamente raro;tant’è che alcune delle miglioriaziende produttrici di protesiemettono una garanzia e un’as-sicurazione contro questo tipodi problema, legato essenzial-mente ad una intolleranza neiconfronti dell’impianto.

La tecnica di posizionamen-to con la scelta delle relativeproporzioni sono personaliz-zate per ogni donna, il risultatoviene programmato rispettan-do anche le motivazioni e leaspettative della paziente.L’ideale estetico sono le formemorbide e proporzionate, que-sto risultato è possibile grazie aoltre 250 modelli di protesi chesi adattano a ogni donna per-mettendo un risultato perso-nalizzato e «su misura».

La vera domanda da porsi è:chi decide di sottoporci a que-sto tipo d’intervento sa vera-mente a quali mani affidarsi?La scelta del medico a cui rivol-gersi è importantissima, esempre più spesso si basa su ri-cerche effettuate su internet.Purtroppo la legge Italiana nontutela i propri cittadini per-mettendo a tutti i medici di

duta del seno verso il basso, sa-rà necessario abbinare un in-tervento di mastopessi o liftingdel seno, cioè il rimodella-mento e il sollevamento dellamammella. L’obiettivo dellachirurgia del seno deve esserequello di ottenere un risultatonaturale, che sia conforme allapropria corporatura; nessunodovrebbe accorgersi della dif-ferenza da un seno rimodellatoa uno naturale. Tutto ciò oggi è

di Roberto Grella

M ettere al centro i risultati clinici e terapeutici ma anche la pratica medica, e

da questo dedurre gli aspetti teorici. Cambia prospettiva l’approccio nell’endodonzia e nell’odontoiatria restaurativa. Un nuovo modus operandi presentato al Fatebenefratelli di Benevento nel corso del convegno «Patient-centered outcomes in endodonzia e odontoiatria». L’appuntamento, promosso dagli odontoiatri Pasquale De Vita e Davide Mancino

ha richiamato in Campania circa duecento tra studiosi e medici odontoiatri internazionali. «Oggi — spiega Mancino — grazie all’impiego di nuove tecnologie di altissima precisione e a immagini tridimensionali la categoria sta mettendo in discussione concetti che fino a oggi erano dogmi, ma solo frutto di ragionamento teorico. La sfida e la novità sono invece porre al centro i risultati terapeutici e da quelli poi giungere alla teoria generale».

Il convegnoNuove tecniche in odontoiatriarestaurativa

Roberto Grella

è specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. È membro del consiglio direttivo della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica

Un sorriso smagliantecon l’aiuto del computerIl napoletano Raffaele Castaldo è specialista in chirurgia implantare guidata dal pc

Il n o m e è i n g l e s e e d è«Four–Facial OroMaxilloUltimate Rehabilitation», sitratta di una società voluta e

messa in piedi dal giovane pro-fessionista napoletano Raffae-le Castaldo, specialista in chi-rurgia maxillo-facciale. La so-cietà nasce con l’intento di for-n i r e s e r v i z i c h i r u r g i c iall’avanguardia a tutti quei pro-fessionisti (odontoiatri, chirur-ghi orali, chirurghi plastici)che hanno bisogno di un sup-porto o di una consulenza perinterventi complessi nel di-stretto cranio-maxillo-facciale.Il suo quartier generale è unastruttura dal Dna futuristico,che si trova nel cuore della zo-na ospedaliera di Napoli. MaCastaldo si sposta molto perl’Italia, chiamato da numerosicolleghi per consulenze chirur-giche.

«Gli interventi in assolutopiù richiesti — spiega — sonoquelli di implantologia com-plessa e ricostruzione di ma-scellari atrofici con osso auto-logo o eterologo per fini im-plantari e interventi di chirur-gia orale avanzata. Avulsionicomplesse di denti del giudizioinclusi a contatto con il nervoalveolare inferiore, il nervosensitivo che decorre all’inter-no della mandibola, rimozioni

di cisti mascellari o mandibo-lari, biopsie o escissioni chi-rurgiche di sospette neoforma-zioni del cavo orale, grandi rial-zi di seno mascellare, interven-to con tecnica Caldwell Luc,che aiuta ad alleviare la sinusitecronica migliorando il drenag-gio dei seni mascellari, le cavitàche si trovano sotto all’occhio.E anche interventi di chirurgiaestetica, soprattutto revisioni di esiti cicatriziali sul volto».

Raffaele Castaldo è tra i piùgiovani chirurghi nel panora-ma nazionale a praticare la chi-rurgia implantare computerguidata. Dopo essersi laureatoin Medicina e Chirurgia nel 2009 alla Seconda Università diNapoli, il dottor Castaldo si èpoi specializzato in chirurgiamaxillo-facciale, perfezionan-do il suo training chirurgicocome assistente del professorSalvatore D’Amato all’ambula-torio di chirurgia orale. Castal-do ha studiato a lungo in Italiae all’estero con i pionieri e gliinnovatori dell’implantologiamondiale come il professorPaulo Malo, e con i massimiesponenti della chirurgia pla-stica internazionale. Alla conti-nua ricerca dell’armonia delleforme e della naturalezza parladell’intervento chirurgico co-me di «un’imitazione fedele

della natura, perché da essaprendono vita le cose più bel-le».

Non a caso la sua attività è ri-volta principalmente alla chi-rurgia estetica del volto a tuttotondo: chirurgia plastica rico-struttiva, ricostruttiva prepro-tesica dei mascellari atrofici,chirurgia parodontale, chirur-gia plastica perimplantare, im-plantologia zigomatica, im-plantologia tradizionale, a cari-co immediato e secondo il con-cetto All-on-4, implantologiacomputer guidata (NobelGui-de). Dalla fondazione della so-cietà Four nel 2013, di cui è am-ministratore delegato, parteci-pa come relatore a numerosicongressi nazionali e interna-zionali. È socio attivo della So-cietà italiana di chirurgia oralee di implantologia e membrodell’European academy of cra-nio maxillo facial surgery. Èconsulente tecnico d’ufficio delTribunale di Napoli dal 2009 ecollabora con diversi avvocatidel foro partenopeo per diri-mere controversie in ambitomedico-legale.

«La chirurgia implantarecomputer guidata — dice —– èuna tecnica innovativa rispettoall’implantologia tradizionale.Attraverso un software dedica-to possiamo infatti progettare

«Un bel seno accresce l’autostimaE si può fare naturale e su misura»Il chirurgo Roberto Grella: «Ma attente a chi vi affidate per l’intervento»

virtualmente l’intervento alcomputer e dal file che ne deri-va si realizza poi una mascheri-na chirurgica da possizionaresulla mandibola o sulla ma-scella del paziente, questa ma-schera è come una guida chepresenta già i fori da noi pro-gettati per l’inserimento degliimpianti. Ne deriva una chirur-gia estremamente precisa, tal-volta da utilizzare con successo

in caso estremi, con notevoleriduzione dei tempi operatori,minore sanguinamento e pos-sibilità di donare al paziente unsorriso nuovo nell’arco delle 24ore. Il tutto effettuando il cari-co immediato, cioè caricandogli impianti immediatamente,anziché attendere i tempi ca-nonici per l’osteointegrazio-ne».

R. S.

Raffaele

Castaldo è tra i più giovani chirurghinel panorama nazionale a praticare la chirurgia implantare computer guidata

Star

L’attriceJulia Roberts,nota anche per il suo sorriso, forse il più amato di Hollywood

Page 12: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

12 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Endocrinologia

Una rete europea di specialistiper fornire un’assistenza rapi-da ed efficace ai pazienti affet-ti dalla malattia di Cushing.Una patologia rara, non gene-

tica, che deriva nella maggior parte deicasi da un tumore benigno all’ipofisi eche colpisce molte volte donne tra i ven-ti-trent’anni. La malattia è caratterizzatada sintomi che spesso si confondonocon quelli di altre malattie rendendo non sempre tempestiva la diagnosi.Parte il progetto Arcus, che coinvolgeoltre dieci paesi dell’Unione Europea evede capofila l’Italia, guidata da Anna-maria Colao, professore ordinario di en-docrinologia presso l’Università deglistudi di Napoli Federico II. «È una ma-lattia con molte facce — spiega la pro-fessoressa Colao — che difficilmente èriconosciuta subito dai medici poiché isintomi sono vari e molto comuni, co-me ipertensione, aumento di peso si-gnificativo ed improvviso, osteoporosi,perdita di capelli. Sintomi che si con-fondono con quelli di altre patologienon rendendo immediata la diagnosi».Molti gli obiettivi del progetto: formarei medici per assicurare una pronta dia-gnosi, dare un punto di riferimento, av-valendosi delle nuove tecnologie, ai pa-zienti sui centri di eccellenza e sui me-dici che possono fornire una prima dia-gnosi. Poi, tramite una app, i pazientipotranno compilare una sorta di que-stionario per capire se i propri sintomisono un campanello d’allarme per lamalattia.

Al progetto hanno aderito oltre al-l’Italia, guidata dal team napoletano

della professoressa Colao, anche Fran-cia, Regno Unito, Spagna, Olanda, Bul-garia, Romania, Polonia, Ungheria, Slo-venia ed Estonia. Un progetto supporta-to dall’European Neuroendocrine Asso-ciation (Enea) , l’Istituto superiore disanità e la Società italiana di endocrino-logia.

Tanti gli interventi che saranno attua-ti. A cominciare dalla possibilità per i medici, non solo endocrinologi, ma an-che neurologi, ortopedici e medici di

base — spesso il primo punto di riferi-mento dei pazienti — di partecipare adei corsi on line. Partiranno infatti pro-grammi di e-learning, tenuti da espertieuropei nella cura della malattia di Cu-shing, che si concluderanno con un esa-me finale e il rilascio di expertise. «Me-dici che avranno una preparazione ge-nerale — spiega la professoressa Anna-maria Coalo — e che saranno inseriti inuna lista di clinici rintracciabili tramiteuna App dai pazienti. In questo modo il

paziente, o chi sospetta di essere affettoda tale patologia, potrà incominciare aprendere i primi contatti per una inizia-le diagnosi. Inoltre — aggiunge la pro-fessoressa — sempre avvalendoci ditutte le nuove tecnologie compileremouna mappa completa, cui potrà accede-re il paziente, dei centri di eccellenza che si occupano della malattia e di quel-li più vicini alla propria città. Stiamo poirealizzando un’altra applicazione, ac-cessibile ai medici, che grazie ad un al-goritmo permetterà di verificare se ilpaziente ha un quadro clinico compati-bile con la malattia. Il gruppo degli spe-cialisti che aderiscono al progetto Arcus— spiega Annamaria Colao — ha alcentro della propria azione il paziente,il malato. Si è infatti costituito per mi-gliorare aspettativa e la qualità di vitadei malati di Cushing attraverso l’attivi-tà di una rete europea di riferimento,Ern, che lavora per incrementare le co-noscenze e i contatti tra i medici e pa-zienti europei per facilitare la diagnosi eavviare prima possibile le terapie».

Napoli, dunque, capofila in Europaper la malattia di Cushing . «Il nostro èun Centro di riferimento per i tumoriipofisari — evidenzia Annamaria Colao— nel quale lavorano professionisti edesperti giovani, napoletani e preparati.È un lavoro ovviamente di équipe po-tendo contare su varie figure professio-nali, come gli specialisti del laboratoriodi analisi molecolare, chirurghi, neuro-logi altamente qualificati».

Il progetto punta anche su una ridu-zione degli esami e dei costi: identifi-cando tempestivamente la malattia ilpaziente non dovrà sottoporsi a nume-rosi esami per giungere a una diagnosidefinitiva.

Sfida europea alla malattia di CushingParte il progetto Arcus, che coinvolge dieci paesi dell’Unione Europea con l’Italia capofilaPool nazionale guidato dal team di Annamaria Colao dell’Università Federico II di Napoli

di Alessandra Grassi

C on l’obiettivo di contrastare falsi miti, indicazioni nutrizionali prive di fondamento

scientifico ed evitare inutili allarmismi, l’Associazione nazionale dietisti lancia la campagna «Chiedilo a noi», con il claim «La scelta è tua, la competenza è nostra». «La campagna di comunicazione — dice Ersilia Triano, presidente Andid — mira a lanciare un messaggio semplice e diretto alla popolazione. L’alimentazione è un tema che interessa tutti

perché ha una forte componente rituale e sociale. È quindi comprensibile che se ne discuta anche tra interlocutori non addetti ai lavori, ma se si intende iniziare un percorso nutrizionale consapevole è necessario rivolgersi esclusivamente ai professionisti della salute di riferimento nell’ambito dell’alimentazione, in grado di occuparsi del soggetto sano e del soggetto con patologie, senza correre inutili rischi per la propria salute».

Iniziativa AndidDubbi e problemisull’alimentazione?«Chiedilo a noi»

Diabete, se lo conosci ci puoi convivere beneAumentano i casi ma anche farmaci e cure A fare la differenza sono stile di vita e controlli

Diabete, subdolo com-pagno di viaggio dellasocietà opulenta. Fat-tori familiari e am-

bientali (abitudini alimentarierrate, metabolismo fuori con-trollo, dieta mediterranea di-menticata, poca attività fisica) la perniciosa miscela che faammalare. In Italia l’incidenzastimata è salita ormai oltre il li-mite dell’8%. In tutto circa 5 mi-lioni di individui di cui oltre il10 per cento in Campania. «Il24 per cento non sa però di es-sere malato», avverte ErnestoRossi, diabetologo specialista aBenevento, presidente dell’As-sociazione medici diabetologi,tra i protagonisti della giornatamondiale del diabete tenuta il14 e il 15 novembre: «Le perso-ne affette da diabete in regionesono probabilmente 500 mila.Di queste 330 mila sanno diavere il diabete, altre 110-200mila non sono state ancora dia-gnosticate». La Campania è laseconda regione in Italia pernumero di persone con diabe-te. Da record anche i casi diobesità in età pediatrica (37 per

cento). Dopo la diagnosi il pa-ziente cosa deve fare? A chi de-ve rivolgersi? «Il proprio medi-co curante è il primo tassello diuna rete di cura che va effettua-ta sul territorio — spiega LuigiSparano, studio in piazza Na-zionale e presidente provincia-le della Fimmg di Napoli — chein prima istanza potrà sia pre-disporre un piano di cura, siaconsigliare il paziente sulleabitudini di vita da adottare, siainserirlo nella rete specialisticaallargata all’ambito delle na-scenti Unità complesse di cureprimarie».

«Il diabete — aggiunge Ti-ziana Spinosa, medico della AslNapoli 1 — ma è sempre unamalattia cronica e invalidantecon il tempo che richiede unarete di servizi specialistici chedevono dialogare tra loro».

Novità promettenti sul pianoterapeutico non mancano siaper il diabete di topo 2 (non di-pendente dall’insulina) sia peril diabete di tipo 1 (insulinodi-pendente). «Per il diabete in at-to — dice Gabriele Riccardi,professore di malattie del me-

tabolismo e area diabetologicadell’Azienda ospedaliero uni-versitaria Federico II — oggiesistono moltissimi farmaci ef-ficaci. In prospettiva è in faseavanzata di sperimentazione ilpancreas artificiale costituitoda un sensore che inserito sot-to cute misura costantementela glicemia e grazie a un micro-infusore somministra insulinain maniera tale da garantireuna misura costante di glice-mia. Un piccolo computer deci-de istante per istante quantainsulina somministrare regi-strando anche il trend di iper oipoglicemia. Nel diabete di tipo2 — continua Riccardi — a dif-ferenza da quello di tipo 1, l’in-sulina viene prodotta ma l’or-ganismo sviluppa resistenza enell’80 per cento dei casi ci cor-rela all’obesità e al sovrappeso.L’eccesso di acidi grassi chevanno in circolo con la dieta inquesti casi interferiscono e an-tagonizzano l’azione dell’insu-lina. In questo caso i farmacipiù efficaci oltre a ridurre la gliemia aiutano anche a perde-re peso. Tra essi il glifozine,

o poi torna a manifestarsi. Lavera guarigione purtroppo nonesiste».

Tra i rimedi dietetici speri-mentati Riccardi suggeriscel’uso esclusivo di olio extraver-gine di oliva al posto di ogni al-tro tipo di grasso della dieta(burro e oli vegetali di semi, digirasole), il caffè, i mirtilli, learance rosse e tutti gli ortaggi colorati di rosso e viola checontengono tutti polifenoli ca-paci anche di abbassare la gli-cemia e i trigliceridi. Funzionaa tale scopo anche il pane inte-grale che agisce sull’insulinaaiutando ad abbassare anche itrigliceridi.

Ettore Mautone

farmacioche fa perdere gluco-sio con le urine. Ci sono poi i cosiddetti analoghi del Glp 1(glucagon like 1) che svolgonoun’azione di rallentato svuota-mento gastrico favorendo lasensazione di pienezza dellostomaco post prandiale. La chi-rurgia bariatrica, la diversione biliopancreatica e gli altri in-terventi di riduzione o accor-ciamento dei tratti intestinalideputati all’assorbimento dinutrienti sono in grado di farsparire la malattia con una re-missione che si ha anche in chiperde peso con esercizio fisicoe dieta. In questi casi la remis-sione può durare anche moltianni ma il difetto resta a prima

Iniezione

Una paziente diabeticasi inetta una dose di insulina

Annamaria Colao

Docente ordinariadi endocrinologia, è la direttrice della sezione autonoma di neuroendocrino-logia del Dipartimento di endocrinologia e oncologia molecolare e clinica dell’Università Federico II di Napoli. È anche responsabile, per l’Azienda Universitaria Federico II, di diagnosi, trattamento e registro delle malattie endocrine rare della Campania, autore di studi e ricerche internazionali e figura nella lista dei Top Italian Scientists.

Gabriele

Riccardi

Ordinario di endocrinologia e malattie del metabolismo alla Federico II di Napolied è il direttore dell’Unità operativa complessa di Diabetologia del Po liclinico. È stato presidente della Società italiana di diabetologia e ha all’attivopiù di 300 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.

Page 13: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

13

Cardiologia

Arriva in Campania ilpacemaker più pic-colo del mondo: treimpianti sono statieffettuati nei giorni

scorsi per la prima volta in re-gione, presso il presidio ospe-daliero accreditato PinetaGrande di Castel Volturno, inprovincia di Caserta, dagli spe-cialisti Stefano Nardi e LuigiArgenziano. Utilizzata un’inno-vativa tecnica mini-invasiva eun sistema di stimolazione in-tracardiaco transcatere Micra(transcatheter pacing system (Tps) di Medtronic). «I disposi-tivi — dice Nardi, responsabiledel centro di aritmologia edelettrofisiologia cardiaca di Pi-neta Grande — sono stati ap-plicati a soggetti affetti da epi-sodi sincopali ricorrenti secon-dari alla presenza di una fibril-lazione atriale che si estendevaai ventricoli a una frequenzaparticolarmente bassa (inferio-re a 30 pulsazioni al minuto) per la concomitante presenzadi una patologia del nodoatrio-ventricolare».

Un vero e proprio sistemaelettrico, con un sistema diconduzione formato da piccoli

cavi e relais biologici sono pre-senti nel tessuto cardiaco e sot-to l’influenza del sistema ner-voso autonomo presiedono al-la frequenza della contrazionedel muscolo cardiaco. Quandoqualcosa in questo sistema nonfunziona si verifica la fibrilla-zione, ossia una contrazionedisordinata in questo caso del-le cavità superiori dell’organochiamate appunto atri. In Cam-pania sono migliaia le personeche ogni anno sono costrette aricorrere all’impianto di un pa-

cemaker per ripristinare un rit-mo cardiaco adeguato e com-patibile con la vita, e questoperché sia la prevalenza sia l’in-cidenza delle malattie elettri-che del cuore sono in costanteaumento, tendendo a crescerein maniera esponenziale conl’aumentare dell’età laddove lafrequenza cardiaca normale è compresa tra i 60 e i 100 battitiper minuto.

«I sintomi più comuni diquesta patologia — prosegueLuigi Argenziano — sono ge-

e in tutte le visite di follow-updei pazienti (1-3 mesi), i valoridella stimolazione elettrica so-no rientrati nei parametri pre-visti. I soggetti coinvolti copro-no un’ampia gamma di profili,dal punto di vista dell’età (da 21a 94 anni), del peso corporeo(da 41 a 148 Kg), delle comorbi-lità (Bpco, broncopneumopa-tia cronica ostruttiva e iperten-sione polmonare).

A oggi sono 13 le aziendeospedaliere italiane in cui si ef-fettua tale procedura: Bari, Bo-logna, Brescia, Cotignola, Mila-no, Pisa, Roma, Torino, Udine eCaserta. Micra Tps è prodottoda Medtronic, azienda specia-lizzata nella miniaturizzazionedei dispositivi cardiaci impian-tabili.

«Il nuovo pacemaker — con-clude Nardi — comporta note-voli vantaggi e benefici per ilpaziente. Elemento cruciale seconsideriamo il numero di de-vice impiantabili. E i numeriparlano da soli: nel 2014, in Ita-lia, sono stati impiantati, circa89.500 dispositivi cardiaci, dicui, 63.440 pacemaker per labradicardia, circa 2.000 per laresincronizzazione cardiaca(nello scompenso cardiaco) eoltre 24 mila defibrillatori im-piantabili».

La foto a destra, con il mini pacemakernella mano,consente di rendersi pienamenteconto delle sue dimensionimolto ridotte

Cuore matto, arriva il micro pacemakerEffettuati i primi tre impianti in Campania nella clinica Pineta Grande di Castel VolturnoGli specialisti Stefano Nardi e Luigi Argenziano utilizzano una tecnica mini invasiva

neralmente caratterizzati dallapresenza di vertigini, stanchez-za, mancanza di respiro e sve-nimenti. Nei pazienti in cui labradicardia è provocata daun’anomalia del sistema elet-trico del cuore, il trattamentostandard consiste nell’impian-to di un pacemaker. Il Micra èuna delle soluzioni possibili,perché è in grado di ripristina-re il normale ritmo cardiacomediante il costante invio di impulsi elettrici che permetto-no di ristabilire la giusta fre-quenza cardiaca».

L’innovativo dispositivo haricevuto il marchio Ce lo scorsoaprile, sulla base dei risultatidei primi 60 pazienti arruolatinello studio clinico mondiale Micra (Transcatheter pacingstudy) a distanza dai primi tremesi dall’impianto. Lo studio, multicentrico ora procede per completare il follow up con ilcoinvolgimento di 700 pazientiin 56 centri di 19 Paesi. Durantel’ultimo simposio annuale del-la Heart rhythm society svoltosilo scorso maggio sono stati presentati i risultati di 140 pa-zienti. Il successo riguarda il100% dei casi. «Nessuna infe-zione o evento che abbia ri-chiesto un nuovo intervento —aggiungono i due specialisti —

di Ettore Mautone

Ciro Mauro è stato nominato membro del consiglio direttivo della Società italiana di cardiologia invasiva (Gise). Direttore dell’Unità operativa complessa di cardiologia Utic e capodipartimento di Emergenza accettazione del Cardarelli, l’ingresso di Ciro Mauro nel direttivo nazionale del Gise è avvenuto nel corso dell’ultimo congresso nazionale tenuto a Genova.

«Per me — spiega — la nomina è motivo di grande soddisfazione, non solo per il fatto che la Campania era fuori da troppi anni dal direttivo, ma anche in considerazione della “giovane età” dell’emodinamica del Cardarelli. Evidentemente in questi abbiamo fatto un buon lavoro». Una nomina che conferma l’impegno di una vita profuso da Mauro al servizio della cardiologia.

Società italianaCiro Mauronel direttivodel Gise

Luigi Argenziano È responsabile dell’Unità operati-va di terapia intensiva corona-rica del presidio ospedaliero Pineta Grande di Castel Volturno.

Stefano Nardi

È il responsabiledel centro di Aritmologia ed elettrofisiologia cardiaca del presidio ospedaliero Pineta Grande.

Page 14: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

14 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno

Sanità e economia

Chi come me si occupada decenni del gravefenomeno delle frodiassicurative sa quan-to, erroneamente, le

imprese assicurative in Italiatendano a concentrare i lorosforzi e la loro massima atten-zione quasi esclusivamente alramo Rca, trascurandone altri.Se il property, le cauzioni , i tra-sporti, gli infortuni e le malat-tie tendono a non essere ana-lizzati nelle loro manifestazio-ni fraudolente, il settore medi-co, la cosiddetta MedMal(Medical Malpractice) è permolti, oltre che sconosciuta,anche non attaccabile dalla fro-de. La realtà è invece completa-mente diversa.

Nel 2012 AmTrust Europe Li-mited (Ael) ha ampliato la pro-pria presenza in Europa conl’apertura di una sede a Milanoe, ad oggi, AmTrust Italia detie-ne più del 60 per cento del mer-cato della sanità pubblica e pri-vata, essendo ormai leader nelsettore. Per volere del Ceo Ema-nuele Netzer, nel gennaio 2015la rappresentanza generale inItalia di AmTrust ha deciso didotarsi di un’adeguata e specia-

non esistevano regole precisedi «alert antifrode» e dove nes-suno si era mai cimentato: in-dividuare «alert», ovvero se-gnali di possibile fraudolenza non solo sui sinistri , già di perse molto tecnici, ma anche infase «assuntiva», cioè nella fa-se di stipula stessa delle poliz-ze, sia nel pubblico che nel pri-vato (le così dette «SingleDoctor»), poteva apparire

ve» e «sinistri», organizzatauna specifica formazione «an-tifrode» alle strutture sinistri,assuntive e commerciali dellarappresentanza e, con unosforzo considerevole, è statadotata la struttura di un softwa-re antifrode specifico nella Me-dMal di tipo predittivo, allaavanguardia nel settore e total-mente costruito «in house»con l’ausilio di un analista in-terno. Obiettivo del Ceo era diaffiancare alla già capace squa-dra di liquidatori uno strumen-to di aiuto atto a individuare lespeculazioni in un campo,quello medico, dove i valori ed idiritti in gioco (la salute del cit-tadino) sono elevatissimi, cosìcome l’elevato volume dei sini-stri gestiti dalla struttura liqui-dativa.

I risultati ad oggi conseguitisu «lato assuntivo» e «lato sini-stri» sono importanti e fannodi AmTrust Italia un modello dicome un adeguato e strutturatopresidio antifrode sia di aiutoal business assicurativo, poten-ziando la qualità del cosiddetto«portafoglio polizze». In talsenso, riteniamo che il model-lo antifrode AmTrust diventeràun virtuoso modello, visto chele attività di analisi e supportodirezionale sono state organiz-zate anche nel settore commer-ciale e nel settore underwriter:seppur la sfida iniziata a gen-naio 2015 sia stata vinta, nellospecifico settore non bisognamai fermarsi ma essere sempreaggiornati e vigili.

quindi una sfida impossibile,non solo per la delicatezza del-le attività da mettere in campo,ma anche e soprattutto per latotale assenza di riferimenti edesperienze precedenti.

Ad oggi, invece, è possibileaffermare che AmTrust Italiaabbia vinto la sfida su cui il Ceoaveva puntato: è stato costituitoun ufficio antifrode, createadeguate procedure «assunti-

lizzata struttura antifrode percercare di identificare e ridurreal minimo l’eventuale presenzadi frodi specificamente nel de-licato settore della sanità.

Quando sono stato chiamatoad affiancare il vertice azienda-le per supportarlo in questanuova e attualissima sfida, è ri-sultato subito chiaro come sitrattasse di affrontare un setto-re del tutto inesplorato, dove

di Marco Contini

Le grandi firme al fianco della Lilt con l’iniziativa «Nastro Rosa 2015... la prevenzione va di moda», realizzata nell’ambito della campagna per la prevenzione del tumore al seno Nastro rosa 2015. Quest’anno i medici della Lilt sono stati alla sede della Carpisa dell’Interporto di Nola dove hanno incontrato le dipendenti e hanno insegnato loro le tecniche dell’autopalpazione. Una procedura semplice che può salvare la vita.

Tumori al seno

Grandi firme e LiltLa prevenzione«va di moda»

Marco Contini

Consulente del

Ceo Amtrust

Europe Ltd -

rappresentanz

a generale per

l’Italia, ufficiale

in congedo

dell’Arma dei

Carabinieri,

lavora nel

settore

assicurativo a

fianco delle

direzioni

generali e dei

consigli di

amministrazio

ne di molte

compagnie

nazionali e

internazionali.

Anziani, tutto da rivedereil sistema dell’assistenzaUno dei principali problemi è la ripartizione dei costi per le residenze tra familiari degli ospiti e Ssn

La presa in carico dell’an-ziano fragile ha trovatonella atipica gestione«home care» delle Resi-

denza sanitarie assistenziali unadimensione di massima tutelasocio-sanitaria; un modello diassistenza alla disabilità e allanon autosufficienza introdottain Italia a partire dagli anni No-vanta (1992) che si è sviluppatasu un sistema vincente, a im-pronta domiciliare, strutturatoin modo da rispettare il bisognoindividuale di riservatezza in uncontesto di alta assistenza medi-ca e infermieristica.

Più fattori orientati alla tutelae al miglioramento dei livelli diautonomia, al mantenimentodegli interessi personali e allapromozione del benessere sonostati terreno fertile per attuareun’assistenza alla persona e nonsolo alla malattia. Il modelloplurispecialistico integrato del-l’Rsa (Residenza sanitaria assi-stenziale) ha sostituito, nel cor-so degli anni, le precedenti solu-zioni residenziali (lungodegen-za) dove la condiz ione d idipendenza assoluta era routi-naria e ogni tentativo di recupe-ro dell’autonomia era abbando-nato al buon cuore di familiari

ed amici. Il malato accolto in ri-covero abbandona lo stigma chetipicamente l’anziano non auto-sufficiente porta con sé per avvi-cinarsi alla dimensione più fa-miliare di ospite.

Uno tra i mille problemi delsistema Rsa è stato certamente ladistribuzione del carico econo-mico di questa tipologia di longterm care suddiviso, sin dall’ini-zio, tra il servizio sanitario na-zionale e il Comune di residenzacon la compartecipazione del-l’utente, in via integrativa, ga-rantendo l’assistenza gratuita aisoggetti più deboli. Nel corsodegli ultimi anni gli importi ri-chiesti alle famiglie sono au-mentati in modo considerevolecon incrementi medi compresitra il +12,8% e il +18,5. Nel 2012 ilcosto che ciascun ospite dovevasostenere si aggirava tra i 50 e 60euro al giorno con una spesamedia, funzione della situazionereddituale dell’assistito e dellalocalizzazione geografica dellastruttura, tra 1.100 e i 1.300 euro.

La partecipazione alla spesada parte dell’ospite ha semprerappresentato un elemento dicriticità del sistema; è nota la vi-cenda dei contratti imposti allefamiglie da parte dei soggettierogatori con i quali si reclama-va un impegno economico sup-pletivo per le spese di gestione.

In più occasioni vari Tribunalihanno evidenziato l’illegittimitàdi tal genere di richieste ricor-dando che i criteri di ripartizio-ne delle spese di degenza fra en-ti pubblici e cittadini non posso-no essere gestiti «privatamente»con contratti atipici. Un elemen-to di certezza è stata la sentenza1607 del 2011 del Consiglio diStato che ha definito, con chia-rezza, che la quota che l’utente deve corrispondere alla strutturadeve essere calcolata in base al-l’Isee personale e non familiare.Negli ultimi tre anni il sistema sembrava reggere e ribasarsi allaluce dei nuovi orientamenti nor-mativi sino a quando nel dicem-bre 2013 con Dpcm 159, il Consi-glio dei ministri ha approvato ilnuovo «Regolamento concer-nente la revisione delle modalitàdi determinazione dell’Indicato-re della situazione economicaequivalente» introducendo mol-ti elementi di novita’ rispetto alladeterminazione dell’Isee per leprestazioni di degenza in Rsa.Difatto ha dato avvio a una disci-plina peggiorativa rispetto alleindicazioni precedenti moltogravosa per gli anziani, per le lo-ro famiglie e per i nuclei familia-ri ad essi collegati. Sparisce il ri-ferimento al «reddito del soloassistito» contenuto all’articolo3 del decreto legislativo.109/98

Frodi e salute, business milionarioLe compagnie assicurative si concentrano sulle polizze auto e sui trasportie sottovalutano la Medical Malpractice. Ma qualcosa adesso sta cambiando

per la determinazione della quo-ta sociale per la degenza in Rsa,che il Consiglio di Stato avevaconfermato essere applicabile,specificando che non sarà possi-bile detrarre le spese sostenuteper l’ammontare della retta ver-sata per «l’ospitalità alberghie-ra».

Un immediato incrementodelle rette mensili sostenute dal-le famiglie o dagli ospiti è stata la conseguenza delle ridetermi-nazioni Comunali: aumenti me-di tra i 300 e i 600 euro mensilehanno portato la retta, in alcunicasi, a valori ben superiori ai1.750 euro al mese con un impat-to sull’assetto globale del siste-ma Rsa devastante. Si è assistitoad una immediata migrazionedegli ospiti verso strutture a mi-nor costo «Case di Riposo» conproiezioni negative sui lavorato-ri delle strutture interessate.Tralasciando, le seppur impor-tanti, implicazioni di naturaaziendale quello che prioritaria-

mente preoccupa di tutta questavicenda è il downgrade assisten-ziale che i soggetti impossibili-tati a restare presso le Rsa trova-no in ambienti residenziali sorticome funghi per accogliereospiti apolidi.

Si tratta, nella maggior partedei casi, di contesti a basso costodove, per magia, il necessarioapproccio individuale viene ab-bandonato per una generica ecollettiva gestione dei bisogniassistenziali tralasciando l’ equi-pe multiprofessionale che devesostenere le richieste dei sogget-ti fragili; spesso tutto diventacollegiale, tutto diventa sostapermanente al cospetto a un tu-bo catodico. Lascia l’amaro inbocca vedere ospiti, persone fra-gili, separarsi dopo anni di colla-borazione percorsi di sostegno erecupero delle funzioni cogniti-ve per andare via in anonime Ca-se di riposo. Obiettivo salute edequità sociale ancora una voltamancato.

di Guido Lanzara

Guido Lanzara

è specialista

in medicina

legale e igiene

e medicina

preventiva.

Si occupa di

risk

management e

responsabilità

professionale

medica.

Page 15: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

Corriere del Mezzogiorno Lunedì 23 Novembre 2015 NA

15

Farmaci biotecnologici biosimilari,chance di risparmio e innovazioneL’esperienza dell’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino

Su molte malattie gravi,quali ad esempio tumo-ri, malattie autoimmu-ni, infettive e cardiova-scolari, uno dei passi in

avanti più significati degli ultimianni è stato quello di essere riu-sciti a sviluppare nuove terapieche si basano sull’utilizzo di ma-teriale biologico. L’era delle bio-tecnologie ha aperto orizzonti dicura prima impensabili, ma lacomplessità dei processi di pro-duzione di questi nuovi farmaciha svelato ben presto anche l’altrafaccia della medaglia: i farmacibiotecnologici sono spesso moltocostosi. Una grande opportunità èarrivata con lo scadere di molti brevetti, che solitamente duranocirca 20 anni; circostanza che haspinto l’industria farmaceutica asviluppare farmaci biotecnologicibiosimilari. Vale a dire farmacimolto meno costosi ma con lastessa efficacia terapeutica, dellastessa qualità e altrettanto sicuri.

In Campania, una delle struttu-re che ha fatto della capacità diimpiego di questi farmaci una ri-sorsa strategica è l’Azienda ospe-daliera San Giuseppe Moscati di

Avellino. «Questi farmaci — spie-ga il direttore generale GiuseppeRosato — costituiscono un’enor-me opportunità per garantire l’ac-cesso a terapie innovative al mag-gior numero possibile di pazienti,nel rispetto di una maggiore so-stenibilità economica del siste-ma».

Analizzando i dati della farma-cia del Moscati l’impiego di que-sti farmaci, e il trend in aumento,è evidente. L’ospedale di Avellinoè passato dal 30,69% di confezionidi biosimilari nel 2010 all’84,99%del 2014; il tutto con un risparmiodi centinaia di miglia di euro,400mila euro solo nel 2014. «Sol-di — prosegue Rosato — chereinvestiamo in ammoderna-mento tecnologico».

Per capire come sia possibilerisparmiare tanto è importantedistinguere i farmaci generici daquelli biosimilari. Rosato lo spie-ga con chiarezza: «I farmaci tradi-zionali sono costituiti da moleco-le che si ottengono tramite pro-cessi di sintesi chimica, processiche si possono ripetere con relati-va semplicità in qualsiasi labora-torio. Invece, quando si parla difarmaci biotecnologici, si parteda materiale biologico, come adesempio cellule animali o batte-

ri». Facile capire quali tecnologieservano per ottenere le molecoleche porteranno allo sviluppo del farmaco, e quindi fare una valuta-zione dei costi. Ma proprio il pro-cesso produttivo in questo caso fala differenza. Il principio attivodel biosimilare non è identico aquello contenuto nell’originatore.La complessità del metodo diproduzione dei medicinali biolo-gici ne determina differenze qua-litative e quantitative. Sebbenenel paragone con un farmaco ge-nerico il biosimilare appaia co-munque molto costoso, il rispar-mio rispetto a un biotecnologicoè decisivo. In questo senso, anco-ra una volta, i dati provenienti dalMoscati sono significativi. Facen-do un largo uso di biosimilari,l’ospedale ha rilevato infatti tra il2014 e 2015 un risparmio del34,19%.

Uno dei temi sui quali in passa-to più si è dibattuto è quello dellasicurezza di questi farmaci. La do-manda che in molti si sono postiè una e una sola: come viene auto-rizzato un farmaco biotecnologi-co biosimilare? Rosato spiega che«così come avviene per tutti i far-maci in commercio, anche per ifarmaci biotecnologici biosimila-ri sono rispettate norme severe e

Giuseppe

Rosato È il direttore generale dell’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellinoe socio ordinario della Associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri.

molto puntuali. Anche in questocaso si autorizza l’immissione incommercio solo dopo una valuta-zione scientifica dei dati di sicu-rezza, efficacia e qualità del far-maco». In questo senso, in Euro-pa il percorso dei biosimilari èben diverso da quello dei farmacigenerici. Per arrivare in commer-cio i biosimilari devono superareprocedure complesse, che preve-dono una serie di linee guida bendettagliate sui requisiti necessari.L’ente preposto a questi controlliè l’European Medicines Agency.«Quello dei biosimilari — spiegaRosato — è un percorso moltocomplesso e proprio per questovolto a garantire l’assoluta affida-bilità del farmaco. Se si guarda al-le linee guida dell’Ema ci si accor-ge che per ciascun farmaco sonoprevisti studi clinici estremamen-te puntuali, utili a dimostrare lacosiddetta “sovrapponibilità del-l’azione biologica” di un biosimi-lare con quella del farmaco origi-nario. All’Azienda Moscati, l’im-piego massiccio di questi farma-ci, come prescritto peraltro daidiversi decreti regionali che si so-no succeduti nel tempo, ha con-sentito di migliorare i livelli di cu-ra garantendo un risparmio che siè tradotto in innovazione».

Sanità e economia

di Raimondo Nesti

Il «peso» dei costi indiretti

Perché potremmo spendere di piùdi Francesco Saverio Mennini

SEGUE DALLA PRIMA

Ma cosa sono i costi indiretti e perché dovrebbero es-sere presi più in considerazione? I costi indiretti indivi-duano il valore della perdita di produttività sul lavorodovuta all’assenza causata dalla malattia. Questi costi siriferiscono alle attività lavorative del paziente e pertantoall’impatto che l’intervento ha sul contributo del pazien-te alla produzione economica. Questo impatto dev’esse-re documentato da adeguate evidenze empiriche (studi,registri, database amministrativi) e dev’essere valorizza-to moltiplicando il tempo di lavoro perso per una retri-buzione unitaria lorda relativa alle condizioni professio-nali medie dei pazienti a cui fa riferimento l’analisi (vedile Linee Guida Aies). Calcolare questi costi e andare a ve-dere quale impatto ci sia all’interno di ogni singola ma-lattia è quindi molto importante. Se si scopre che all’in-terno di una specifica malattia tali costi rappresentanouna quota importante dei costi totali, si può dedurre chetrattare questa definita patologia in maniera più efficacepuò contribuire a una drastica riduzione non solo deicosti diretti ma anche di quelli indiretti, con un vantag-gio fondamentale per la ricchezza del Paese e anche intermini sociali.

Negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni studiche hanno evidenziato a quanto ammontano i costi in-diretti all’interno di patologie molto impattanti nel no-stro Paese, tanto dal punto di vista epidemiologico chedei costi. Il diabete, per esempio, è una delle malattiemaggiormente impattanti dal punto di vista epidemio-logico, ma allo stesso tempo è una malattia caratterizza-ta da un dirompente impatto in termini di costo. Un re-cente studio ha stimato un costo totale annuo del diabe-te in Italia pari a 20,3 miliardi di euro. Di questi, 9,6 sonodiretti e 10, 7 sono indiretti: più della metà dei costi tota-li sono quindi indiretti. Ancora, le malattie allergiche re-spiratorie sono caratterizzate da un costo annuo pari a7,3 miliardi di cui circa 3 sono da annoverare tra i costiindiretti. L’epatite C, prima dell’introduzione dei nuovifarmaci innovativi, era caratterizzata da un costo totaleannuo pari a 1,6 miliardi all’anno con una prevalenza deicosti indiretti pari a più di 600 milioni. Infine, l’artritereumatoide è caratterizzata, sempre in Italia, da un im-patto notevole dei costi indiretti. Un recente studio hacalcolato che per la sola perdita di produttività causatadalla malattia si sostengono coti annuali pari a 1,1 miliar-di. Riuscire a rendere disponibili, quindi, cure efficaci einnovative, oltre a migliorare lo stato di salute dei pa-zienti può contribuire a ridurre in maniera sostanzialenon solo i costi diretti per il sistema sanitario ma anchee soprattutto a ridurre i costi indiretti e sociali con unnotevole vantaggio per tutto il sistema paese.

Page 16: Luned 23 Novembre 2015 www ... - Prevenzione e salute · con successo anche a chi soffre di disturbi e malattie psicosomatiche, persone con disa-bilit sensoriali e mentali (sindrome

NA

16 Lunedì 23 Novembre 2015 Corriere del Mezzogiorno