LumsaNews n. 42 del 1° giugno 2014

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Libera Università Maria Ss. Assunta - Ordine dei giornalisti del Lazio Periodico del MASter in giOrnALiSMO n. 42/5 - 1° giugno 2014 di Silvia Renda A ria nuova al Campidoglio. La giunta capitolina risente del successo di Matteo Renzi e applica alla lettera il “cambio verso” del premier. Verso l’uscita Barca e Mor- gante. Verso l’entrata Guerini e Panecaldo. L’as- sessore alla cultura Flavia Barca, infatti, lascia il posto perché “non sussistono più le condizioni necessarie per affrontare un così delicato ruolo istituzionale”. A distanza di un mese dalle di- missioni dell’ex titolare del Bilancio, Daniela Morgante. E trema anche la poltrona dello stesso Marino, alla quale, secondo alcune indiscrezione, starebbe puntando Enrico Gasbarra, terzo clas- sificato nelle schiere Pd alle ultime elezioni eu- ropee. Previsto infine l’arrivo al Bilancio di Scozzese. Un cognome come monito per l’as- sessore, che dovrà mettere in pratica la proverbiale taccagneria degli abitanti della Scozia, vista la vuotezza delle casse romane. Altri servizi a pag. 3 I giornali strillano: “Parioli rosso”. Il famoso quartiere di Roma, da sempre centro nevralgico della borghesia capitolina, sarebbe la nuova roccaforte del potere di sinistra. Ad avallare la tesi il recente risultato delle elezioni europee, che ha visto trionfare nel II Municipio il Pd di Renzi. Sarà forse sfuggito ai giornali (Repubblica, Messaggero e numerose radio e tv) che, in seguito al recente accorpamento, ora fa parte dello stesso Municipio dei Parioli e del rione Trieste anche il quartiere popolare di San Lorenzo, da sempre il più “rosso” della città. Il cambiamento in parte sicuramente c’è stato. Le nuove generazioni insediatesi ai Parioli hanno sdoganato le vecchie appartenenze politiche “nere”. Ma rimarrà deluso chi ha davvero cre- duto che il Che Guevara italiano potesse essere “pariolino”. Parioli rosso? Solo da quando sta insieme a San Lorenzo... LUMSA NEWS IL PERIODICO Marino cambia verso Dopo il ciclone Renzi il sindaco punta ad un rimpasto S S t t a a z z i i o o n n e e T T i i b b u u r r t t i i n n a a N N u u o o v v a a m m a a g g i i à à n n e e l l d d e e g g r r a a d d o o Nel muro del lungomare di Ostia ora si apre una breccia Cronisti freelance È guerra contro gli editori Pag. 2 Pag. 5 Pag. 8

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Periodico della scuola di giornalismo della Lumsa

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Libera Università Maria Ss. Assunta - Ordine dei giornalisti del LazioPeriodico del MASter in giOrnALiSMO n. 42/5 - 1° giugno 2014

di Silvia Renda

Aria nuova al Campidoglio. La giuntacapitolina risente del successo di MatteoRenzi e applica alla lettera il “cambio

verso” del premier. Verso l’uscita Barca e Mor-gante. Verso l’entrata Guerini e Panecaldo. L’as-sessore alla cultura Flavia Barca, infatti, lasciail posto perché “non sussistono più le condizioninecessarie per affrontare un così delicato ruoloistituzionale”. A distanza di un mese dalle di-missioni dell’ex titolare del Bilancio, DanielaMorgante. E trema anche la poltrona dello stessoMarino, alla quale, secondo alcune indiscrezione,starebbe puntando Enrico Gasbarra, terzo clas-sificato nelle schiere Pd alle ultime elezioni eu-ropee. Previsto infine l’arrivo al Bilancio diScozzese. Un cognome come monito per l’as-sessore, che dovrà mettere in pratica la proverbialetaccagneria degli abitanti della Scozia, vista lavuotezza delle casse romane.Altri servizi a pag. 3

I giornali strillano: “Parioli rosso”. Il famoso quartiere di Roma, da sempre centro nevralgicodella borghesia capitolina, sarebbe la nuova roccaforte del potere di sinistra. Ad avallare latesi il recente risultato delle elezioni europee, che ha visto trionfare nel II Municipio il Pd diRenzi. Sarà forse sfuggito ai giornali (Repubblica, Messaggero e numerose radio e tv) che,in seguito al recente accorpamento, ora fa parte dello stesso Municipio dei Parioli e del rioneTrieste anche il quartiere popolare di San Lorenzo, da sempre il più “rosso” della città. Ilcambiamento in parte sicuramente c’è stato. Le nuove generazioni insediatesi ai Parioli hannosdoganato le vecchie appartenenze politiche “nere”. Ma rimarrà deluso chi ha davvero cre-duto che il Che Guevara italiano potesse essere “pariolino”.

Parioli rosso? Solo da quandosta insieme a San Lorenzo...

LUMSANEWSIL PERIODICO

Marinocambia verso

Dopo il ciclone Renziil sindaco punta ad un rimpasto

SSttaazziioonnee TTiibbuurr tt iinnaaNNuuoovvaammaa gg iiàà nnee ll ddeeggrraaddoo

Nel muro del lungomaredi Ostiaora si apre una breccia

Cronisti freelanceÈ guerracontro gli editori

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di Federico Marcello Capurso

Il sentiero dorato che da Milanoscende, passando per Reggio Emi-lia, Bologna, Firenze, attraverso

tutte le nuove stazioni ferroviarie del-l'alta velocità – costosissime, ma fir-mate dalle archistar, per carità - hacome sua ultima tappa la nuova sta-zione romana di Tiburtina, intitolataa Cavour, e prontamente ribattez-zata dai cittadini romani: “la catte-drale nel deserto”.Intorno alla nuova stazione Tibur-tina non si è concretizzato l’auspi-cabile sviluppo della zona (ildeserto rimane deserto) eppure ilnastro viene tagliato in fretta efuria, con i lavori finiti a metà.L’obiettivo improrogabile, d’al-tronde, era riuscire a far rientrarel’inaugurazione all’interno del150esimo dell’unità d’Italia, anchese, in linea teorica, non sarebbestato possibile rendere la stazionepienamente operativa prima del2013. In linea pratica, invece, si de-cise di fissare la cerimonia d’aper-tura a fine novembre di quellostesso anno, con i primi treni previ-sti in zona Cesarini per l’11 dicem-bre 2011, e il presidente dellaRepubblica Giorgio Napolitano chedurante la cerimonia non riuscì atrattenersi da uno «speriamo chefunzioni tutto per il meglio». E infatti, come da sofferto auguriopresidenziale, la cattedrale proget-tata dall’archistar Zaha Hadid, re-siste alle prime “intemperie”atmosferiche del duro inverno ro-mano. Un mese dopo, si allaga

tutto: dagli uffici riservati ai dipendential livello -1, fino alle sale d’aspetto delsecondo piano, con il crollo di un pan-nello in cartongesso del soffitto, impre-gnato d’acqua. La stazione è cosìgrande che qualche guasto ci sarà sem-pre, si dirà. Effettivamente, sono circa35mila i metri quadrati di aree aperte al

pubblico, di cui 18mila di spazi desti-nati ai servizi ai viaggiatori, alla risto-razione, ad aree commerciali edespositive. Per orientarsi, dunque, nonsi può prescindere dalla segnaletica. Aquesto proposito, la raccomandazionepiù gettonata da parte di un gruppettodi pendolari che vive la stazione Tibur-

tina ogni giorno è: “lascia perdere”. Lasegnaletica sembrerebbe infatti proget-tata per condurre il viaggiatore ovunquenon stia cercando di andare e, a simbolodel mefistofelico inganno del progetti-sta, i pendolari pongono la sfida:«Trova un bagno». Il più delle volte,però, «uno se la tiene fino alla metro-

politana», confessano con unmezzo sorriso. Nel tentativo di uscire dalla sta-zione, si è obbligati a passare attra-verso la nuova galleriacommerciale e poi per la grandegalleria vetrata dove, per aiutareforse il ricircolo dell’aria, si è pen-sato di lasciare degli interstizi tra ipannelli di vetro, in modo da avereun perfetto clima antartico in in-verno e piacevolmente equatorialein estate. Una volta giunti all’uscitadella stazione al livello -1 (in se-guito al ritrovamento dell’unicobagno aperto della stazione), tuttosembra essere tornato alla norma-lità. Peccato che le mattonelle delpiazzale non siano state “fissate” alterreno e facciano ballare chiunqueci cammini sopra. Superato ancheil piazzale, schivata la spazzaturanon raccolta e scoperto dietro alcassonetto il “bagno alternativo” difronte al quale c’è una nutrita filadi senzatetto, si può recuperare lapropria auto nel nuovo grande par-cheggio non custodito adiacentealla stazione - dove andrebbe orga-nizzata una raccolta straordinariadel vetro, copiosamente presentesull'asfalto - e andare via da questagrande e bellissima cattedrale, ge-stita come se fosse una sagrestia.

di Alessandro Testa

Nemmeno ‘Italo’ sembra più credere molto alla stazione Tiburtina. Dal 15 giugno, due colle-gamenti A/R al giorno saranno infatti prolungati alla stazione Termini, arrivando così nel cuoredella Capitale per sfruttare al massimo uno dei due vantaggi del treno sull’aereo: il collegamentoda centro a centro delle città.L’altro è particolarmente gradito alla danarosa clientela business, ed è la possibilità di lavorareininterrottamente con telefono e Internet, senza “tempi morti”. Imbattibile sulle medie distanze,grazie alla nuova rete ad alta velocità il treno sembra ormai aver stracciato definitivamente laconcorrenza dell’aereo anche su tratte dove un tempo le ali sembravano indispensabili per an-dare e tornare in giornata.Il caso più eclatante è quello della rotta Roma-Milano, dove in pochi anni le linee aeree, a co-minciare dall’Alitalia, hanno perso metà della loro clientela. Perfino le low cost, che sulle rotteeuropee hanno a loro volta eroso clienti e margini di guadagno alle “sorelle maggiori” ex com-pagnie di bandiera, sui cieli nazionali stanno alzando bandiera bianca: Ryanair ha effettuatoinfatti l’ultimo collegamento Orio al Serio (Bg)-Ciampino lo scorso 29 marzo.

Tiburtinastazione

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due�anni�fa�dopo

lunghi�e�costosissimi

lavori

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ROMA-MILANO, IL TRIONFO DEL TRENOLASCIA A TERRA GLI AEREI

TRASPORTI SU ROTAIA

Il nuovo scalo ferroviario già tra desolazione e degrado

il Periodico

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di Samantha De Martin

Non ha certo i toni ironici dellacampagna messa a punto daglioperai della Ideal Standard di

Zoppola, che ritraeva Matteo Renzi se-duto sul wc e Beppe Grillo accomodatosu “trono” del bidet, ma la propagandaelettorale (che negli ultimi mesi ha tap-pezzato Roma e le città italiane in vistadelle elezioni europee e amministrativedello scorso 25 maggio) ha avuto an-ch'essa un suo perché, caratterizzata datoni non sempre docili e slogan elettoraliindubbiamente curiosi.Nella scalata verso l'Europa alcune can-didate non hanno tralasciato di ricorrereai miracoli del lifting virtuale di Photo-shop. Ne sa qualcosa la cofondatrice diFratelli d’Italia Giorgia Meloni che, neisuoi manifesti per le elezioni europee,era apparsa con qualche “ritocchino” cheaveva scatenato, sul web, un tam tam dibattute al vetriolo. E così il povero exministro, risultata essere la grandeesclusa dal Parlamento europeo non es-sendo riuscita a superare lo sbarramentodel 4%, era stata costretta a twittare lafoto di un'enorme cozza accanto al sim-bolo di Fratelli d'Italia, modificando, sulsocial network, i manifesti con tanto dislogan “No Photoshop”.In un clima elettorale in cui più che i

contenuti ha decisamente trionfato loscatto migliore inneggiante all'elisir dilunga vita, la popolare Iva Zanicchi, datempo impegnata in politica al fianco diSilvio Berlusconi, candidata per ForzaItalia alle europee, grandeggiava su ma-nifesti elettorali, sfoggiando un sorrisoda quarantenne, ringiovanita di quasi 30anni. Il ritocchino non è però servito al-l’ex presentatrice tivù, arrivata quinta al-l'interno del suo partito, a riottenere ilproprio seggio in Parlamento. Una delu-sione tale da convincere l'ex cantante alasciare per sempre l'impegno politicoper darsi all’ippica.Se la sindrome di Dorian Gray ha spintole donne a photoshoppare le grinze deltempo, per approdare “giovani” in Eu-ropa, qualche candidato ha preferito op-tare per uno strip tease dalla dubbiasensualità. Mauro di Fabbio, in lizzanella lista Italia dei Valori, ha preferito

farsi immortalare seduto su una pila dilibri, nudo, con uno slip bianco e la di-dascalia “Siamo in mutande”.Accanto ai colleghi in corsa per l’Eu-ropa, nella bizzarra galleria di perso-naggi, fedele specchio dell’affannosacompetizione per rimediare un seggioalle comunali ad ogni costo, c’è stato chi,come Manuel Brazzò, in lista per Fdi adAlba, ha colto l’occasione per snoccio-lare addirittura il proprio curriculumvitae che, in tempi di crisi, è sempre benesponsorizzare.Se la forzista Alessandra Gallone hascelto i selfie e le smorfie per propagan-

dare la propria candidatura, il candidatodi Sel Alessandro Azzolina figurava neimanifesti, mentre portava a spasso neigiardinetti comunali un rassegnato asi-nello. Lino Chiarizia, un cursus hono-rum culminato nella brillante carica dicorteggiatore a “Uomini e Donne”, pro-metteva agli elettori una “Campobassofashion e moderna”.“È iniziata la campagna elettorale e iouso qualunque mezzo. Votate L'altra Eu-ropa con Tsipras” era stato il commentosulla pagina Facebook del capo della co-municazione della lista “L'altra Europacon Tsipras”, Paola Bacchiddu che, peraccrescere la visibilità della lista in climapre elettorale, aveva pubblicato la pro-pria foto in bikini con tanto di lato B inprimo piano.Perché in clima elettorale omnia licet.Anche che il capitano Francesco Schet-tino si imbarchi nella campagna a soste-gno del candidato sindaco del comunecampano di Meta, Giuseppe Tito. Sicu-ramente una trovata scaramantica perscongiurare un naufragio politico.

Follieda�campagna�elettorale

Ecco�una�rassegna�delle�piùbizzarre�iniziativedi�candidati�(quasi�tutte�fallite)

L’arma dell’ironia (e del Photoshop)per un posto in Europa

Renzi: la speranza ha vinto contro la rabbiadi Alberto Gentile

Matteo Renzi aveva definito l'appuntamento eletto-rale come “un derby tra rabbia e speranza", tra chiscommette sul fallimento dell'Italia e chi pensa dipotercela fare. La vittoria schiacciante del PartitoDemocratico ha decretato vincente la fiducia."Questo è il momento dell'Italia - ha dichiaratoRenzi in conferenza stampa, il giorno dopo le ele-zioni - dobbiamo guidare il semestre e il percorso

di cambiamento dell'Europa”. Il 25 maggio è statauna data cruciale per il premier, con la vittoria hapotuto recuperare quella legittimazione popolareche era mancata al suo arrivo a Palazzo Chigi. "Nonera un referendum sul governo né su di me" avevadichiarato Renzi ma c'è chi lo definisce un test "po-litico" per le nuove elezioni in autunno. Un esameche il Partito Democratico ha superato alla grande:il 40% è un dato che aumenta notevolmente il pesodei democratici e sostiene la politica di riforme de-

lineata dal Governo. Ma il tempo dei festeggiamentiè finito e "bisogna pensare alle riforme". Riformeche includono anche la legge elettorale. Il risultatonon cambia le valutazioni: “Il ballottaggio è centraleper garantire la vittoria, se ci fosse il proporzionalepuro neanche un Pd al 40% potrebbe governare.Sono fiducioso che si farà, anche con il contributodel M5S". Anche la riforma del lavoro è un temacaldo e il disegno di legge va accelerato "per nongiocarci la credibilità internazionale".

il Periodico

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43% 25% 13% 6%

ELEZIONI EUROPEE A ROMA

Alcune delle bizzarre iniziative dei candidati del 25 maggio

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di Corinna Spirito

Èun ambiente serenoe familiare quellodel Teatro Valle. Nel

bellissimo edificio, fondatonel 1700, a due passi daPiazza Navona, artisti e tec-nici si occupano del propriolavoro con diligenza e pas-sione da quando, nel giugno2011, ne assunsero la dire-zione. A qualsiasi ora sitrova qualcuno che, sorri-dente e cortese, mostra lasuggestiva sala oro e ma-genta o è disposto a faredue chiacchiere mentremangia un piatto di spa-ghetti al sugo o incolla unpezzo della scenografiadello spettacolo dei bam-bini. Sono passati tre anni dal-l’inizio dell’occupazionedel Valle, con cui gli artistie i dipendenti della strut-tura decisero di mandare unsegnale forte a quel go-verno che chiuse l’E.T.I(Ente Teatrale Italiano), ta-gliò drasticamente i fondialla cultura e rese più cheprobabile la possibilità cheil teatro fosse venduto aprivati. Tre anni, eppurequasi nulla è cambiato. Lasituazione è ancora quellaprecaria in cui i lavoratoriguardano al teatro comealla loro casa, si autogesti-scono, dividendosi gli in-troiti, assegnandosi compitie orari e il Ministero deiBeni Culturale sta a guar-dare.Gli abitanti del quartiere, isostenitori della scommessadel Valle Occupato e i suoiartisti e tecnici, per un to-tale di oltre 5.000 persone(tra cui volti noti come Va-

lerio Mastandrea, DanieleSilvestri, Rocco Papaleo edElio Germano), hanno sot-toscritto la Fondazione Tea-tro Valle Bene Comune, unpercorso costituente per lacostruzione di una nuovaistituzione che crei un pre-cedente per qualunque altrastruttura che voglia se-guirne l’esempio. Quello acui gli occupanti puntano èproporre un modello alter-nativo di gestione di unbene comune lontano daimeccanismi della politica,che, presa dagli interessieconomici e dalle logichedi mercato, si dimentica dipreservare l’anima cultu-rale e arti-stica delluogo.Finora, no-nostante siastata redattoin collaborazione con varigiuristi (tra cui Stefano Ro-dotà e Ugo Mattei), il testodi riferimento della Fonda-zione Teatro Valle BeneComune non è stato ricono-sciuto valido dalla prefet-tura di Roma per“mancanza di linearità giu-r i d i c a ” .Come spie-gato nel ri-g e t t oformale daparte del pre-fetto, unaFondazione è una persona-lità giuridica che necessitaquindi di avere una sede le-gale, dei referenti, la certi-ficazione di requisiti disicurezza. Gli occupanti delValle non sono stati ingrado di presentare tuttoquesto e dunque la loro per-manenza nel gioiello sette-

centesco di Roma non puòessere legittimata dal Co-mune.Gli artisti, neanche a dirlo,non si arrendono. Capi-scono che un riconosci-mento formale della loro

Fondazioneè necessarioperché l’at-tuale ge-s t i o n esopravviva

anche in futuro e conti-nuano a migliorare lo sta-tuto sperando che un giornoottenga il “vestito giuri-dico”. Nel frattempo, ilValle si regge su un’asso-ciazione non riconosciuta,che, proprio perché illegit-tima conferisce loro mag-giore libertà di azione.

E questa li-b e r t àd’azione èstata iltrampolinodi lancio

per la grande ondata di rin-novamento che gli occu-panti hanno portato con sésin dall’inizio della loroprotesta, a giugno 2011. Dastruttura allo stremo, desti-nata a passare in mano aiprivati per sperare di so-pravvivere, il Teatro Vallesi è imposto come un punto

di ritrovo per i romani ap-passionati di arte e culturadiventando un’alternativareale a tutti quei teatri tra-dizioni, amministrati dalMibac, che faticano a co-prire le spese.Grazie a un approccio com-pletamente nuovo, il Vallenon è più soltanto una salain cui si assiste a uno spet-tacolo: è un luogo di forma-zione dove si istruisconotecnici del suono e delleluci e dove si realizzano la-boratori di recitazione per ibambini; è un centro di fu-sione di tutte le arti dove ilballetto convive con la pro-iezione di film inediti inItalia. Questi sforzi nonsono passati inosservati: il18 marzo l’European Cul-tura Foundation di Bruxel-les ha consegnato al TeatroValle Occupato di Roma ilsuo premio più prestigioso,il Princess Margriet Award.Ora non resta che attendereuna reazione della politicache certo non potrà far per-durare ancora a lungo unasituazione di illegalitàcome quella in cui verte ilValle da tre anni, e, al con-tempo, neppure potrà igno-rare i successi ottenuti daglioccupanti con la loro Fon-dazione.

Un’occupazione “illegittima” lunga tre anni, per ora senza alternative

di Elisa Mariella

Sembra infinita l’occupazionedel Teatro Valle di Roma, in attodal maggio 2010. Dopo la costi-tuzione, da parte di attori, tecnicie ragazzi (che abitano lo stabilecon lo scopo di autogestirlo),della Fondazione Teatro ValleBene Comune, per il progettogiuridico del collettivo Valle an-cora nulla di fatto: dopo averpresentato il documento dellaFondazione regolarmente sotto-scritto da un notaio agli ufficidella Provincia, se lo sono vistobocciare dal prefetto GiuseppePecoraro. Quest’ultimo non ha voluto rico-noscere la personalità giuridicaalla Fondazione, in quanto – hadichiarato Pecoraro - il «soggettonon ha i requisiti richiesti dallalegge». Matteo Renzi, attualepremier ha parlato del Valle sot-tolineando che «quando mi di-cono che per salvare la culturabisogna fare come stanno fa-cendo al Teatro Valle di Roma,io dico che ci sono altre solu-zioni». Il premier ha così eviden-ziato come la situazione romananon sia assolutamente ammissi-bile né replicabile, essendo difatto “illegale” perché occupa-zione non è sinonimo di “culturadi qualità”. La Giunta Capitolina per mezzodei suoi portavoce si è espressaaffermando che la cultura deveessere tutelata con strumenti le-gali, ma a oggi nessun rappre-sentante del Comune di Roma siè concretamente mosso per tro-vare un accordo con gli occu-panti, sindaco compreso, che aoggi non si è ancora confrontatodirettamente con i giovani dellaFondazione. Sbalorditi gli occu-panti: «Non ci fermeranno – diceuno dei ragazzi -, andremoavanti con il nostro progetto».Un progetto che sperano facciauscire dalla logica partitica del“vendiamo tutto” per portare auna corretta politica del fare co-mune.

Il Comunenon si muove

“E noirestiamo qui”

belloe impossibile

Teatro

Valle

il Periodico

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Un segnaledegli artisti controi tagli alla cultura

Non solo spettacoliora diventa

luogo di formazione

Uno striscione degli occupanti sulla facciata del teatro

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Renato Papagni è il presi-dente di AssobalneariRoma. A lui abbiamo ri-

volto alcune domande per ca-pire come si stannoorganizzando i gestori dei lidiin vista delle novità in arrivocon la prossima stagione bal-neare. Quale�è�la�posizione�di�Asso-balneari�in�merito�alle�que-

stioni� sollevate� nella� letteradel�Capitano�Savarese�che�ac-cusa�i�lidi�per�l’eccessiva�ce-mentificazione�del�litorale?«Noi siamo aperti a un sereno ecostruttivo confronto con la Ca-pitaneria di Porto e il Comunedi Roma. Però su un punto vo-gliamo essere chiari: le strutturepresenti sul lungomare di Ostiasono state costruite con regolareconcessione ed esercitano le-galmente da molti anni la pro-pria attività».Come� si� pone�Assobalneaririguardo� al� problema� sicu-rezza� e� alla� mancanza� dispiagge�libere?«Abbiamo fornito alla Capita-neria e al Comune una mappadove sono indicati i lidi e lespiagge libere con i relativi var-chi. Inoltre abbiamo specificatoanche quali sono le strutture cherestano aperte d’inverno. Dallamappa si evince chiaramenteche le zone dedicate alla bal-neazione libera sono molte. La-sciare i lidi aperti anched’inverno potrebbe esporre lestrutture ad atti vandalici o fa-vorire attività criminali». Quali�sono�le�richieste�di�As-sobalneari�nei�confronti�delComune�di�Roma?«La zona del litorale ostiensenon è adeguatamente sfruttatadal punto di vista turistico. Il ri-sultato della gestione delle ul-time amministrazioni comunaliè stato quello di rendere Ostiasoltanto il mare di Roma. Oc-correrebbero nuove infrastrut-ture non solo ricettive per poterinserire il litorale romano in uncircuito turistico più ampio epiù vicino alle sue reali poten-zialità».

Il Capitano di Vascello Lo-renzo Savarese, Coman-dante Capitaneria di porto

di Roma, spiega a LumsaNewsle motivazioni che lo hannospinto ad inviare la lettera alsindaco Marino sulla situazionedel litorale ostiense: dubbi, per-plessità e preoccupazioni. Cosa�l’ha�spinta�a�scrivere�lalettera�al�sindaco�Marino?«Volevo sottoporre al sindacouna serie di problematiche le-gate al lungomare di Ostia, pertrovare in modo congiunto unasoluzione. La lettera contieneuna sorta di quadro di indirizziche sottolinea una serie di ne-cessità e di opportunità: ora staal Comune di Roma saperle co-gliere». Quali�sono�i�principali�pro-blemi�posti�nella�lettera?�«Intanto c’è una questione pri-maria legata alla sicurezza.D’inverno, infatti, quando glistabilimenti sono chiusi, l’ac-cesso alla spiaggia risulta moltodifficile e limitato a poche zone.In caso di emergenza è compli-cato garantire un interventotempestivo. Inoltre l’eccessivacementificazione operata dailidi limita l’accesso all’arenilee deturpa il paesaggio. La li-bertà di accesso alla spiaggia ela tutela del patrimonio paesag-gistico e ambientale sono duetemi per noi fondamentali».Quale�è�stato�l’esito�della�let-tera?«I problemi che ho sollevatosono stati discussi in Capido-glio in seno alla CommissioneAmbiente presieduta dal consi-gliere comunale Athos DeLuca. Il Comune si è impe-gnato a riaprire in tempi brevi

due vecchi varchi preesistentiinagibili da trent’anni perchéchiusi uno da una catena e l’al-tro da un muro. In più il sindacointende aprire sul lungomare,nella zona del pontile storico diOstia, due nuovi accessi perrendere fruibili ulteriori zonecostiere per la balneazione li-bera».

Lungomaredi�cemento

Litorale romano, sempre più difficile l’accesso alla spiaggia

Arriva la prima doccia fredda che gela l’estateostiense. Risale ad aprile la lettera del Capitanodi Vascello Lorenzo Savarese, Comandantedella Capitaneria di Porto di Roma, che sottoli-nea le croniche carenze del litorale romano:mancano gli accessi liberi alla spiaggia, gli are-nili pubblici sono pochi e sussistono gravi pro-blemi di sicurezza, perché d’inverno, quando lestrutture restano chiuse, per un’ambulanza è im-possibile superare il muro di cemento dei lidi eraggiungere il bagnasciuga.Il Comune di Roma si sta attrezzando. La Com-missione Ambiente presieduta da Athos DeLuca, consigliere comunale del Pd, ha elaboratoun piano d’intervento che, una volta realizzato,renderà più attrezzato e facilmente fruibile illungomare attraverso la riapertura di due vecchiaccessi chiusi da circa trent’anni e la creazionedi due nuovi varchi nella zona del pontile.Tuttavia non si placano le polemiche da partedei gestori dei lidi che, attraverso Assobalneare

Roma, fanno sentire la loro voce. I proprietarichiedono una modernizzazione e un potenzia-mento delle infrastrutture che scongiuri i pro-babili mancati incassi dell’imminente stagionebalneare. Romani e turisti sono le vittime diquesta disorganizzazione.Una donna a passeggio con il suo bambino,confessa di non saper come fare per portare almare il suo piccolo: «Mi hanno detto che nonesistono spiagge che siano facilmente accessi-bili e per questo motivo non posso mai farglifare un tuffo in zona».Una turista spagnola sottolinea le difficoltà chesi incontrano per arrivare in spiaggia: «Non ècorretto che venga negato il libero accesso a unbene comune come il mare. Però è anche veroche gli stabilimenti offrono un servizio. Quindibisognerebbe trovare l’equilibrio tra un giustoaccesso delle persone alle spiagge libere, attra-verso la rimozione di un po’ di cancelli, e la fun-zione che i lidi svolgono».

Spariti gli arenili liberi

Pochi varchi tra gli stabilimenti

L’allarme

della�capitaneriaI�balneatori:

“E�la�sicurezza?”

Ostia: cementificazioneselvaggia e limitato accessoall’arenile sono i problemiche affliggono il litorale

romano. Cosa fare? Abbiamo sentito il pareredel comandante del porto

e di un rappresentantedei balneatori

di Cesare Bifulco e Valerio Dardanelli

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di Silvia Renda

Dai Masterchef ai Master-flop. La parabola di un ge-nere televisivo, tra idee

azzeccate e altre meno fortunate.Nei talent show, infatti, non piùsolo ragazzi aspiranti cantanti eballerini come agli inizi, ma ancheimpiegati di banca che sperano dipubblicare un libro. È il caso diMasterpiece, il talent di Raitre

presentato come la rivelazione del-l’anno. Ma non lo è stato negliascolti. Partendo da una promet-tente prima puntata (5,14%), loshare è rapidamente colato a piccoe ha toccato anche l’1,91%. Dopoessere costato alle casse Rai quasi3 milioni di euro (circa 200.000euro a puntata).Nonostante le diverse declinazioniche il format ha avuto nel tempo,a primeggiare resta la geniale in-tuizione della campionessa di

ascolti Maria De Filippi, Amici.Lo share medio in quest’ultimaedizione è stato infatti del 23% apuntata, a tredici anni di distanzadalla prima messa in onda, quandoancora il programma si chiamavaSaranno Famosi. Il titolo vennemodificato perché accusato di pla-gio dall’omonima serie televisivastatunitense, nell’originale ingleseintitolata “Fame”. Fama: l’obiet-tivo finale di chi vi partecipa. Unsuccesso che corona la fatica e il

merito.Ma è davvero sempre così? Nellamaggior parte dei talent a contareè soprattutto la personalità, l’estro,la bellezza. Chi lo capisce allevolte asseconda le richieste espinge al massimo per uscire fuoridall’ordinario. Una domanda noncelata in Italia’s got Talent, dove ilridicolo spesso fa spettacolo. In al-cuni casi però il percorso potrebbeessere di trasformazione, quandospenti i riflettori dello show laprospettiva più probabile è quelladi cadere nel buco nero del dimen-ticatoio. Così capita che lolite per-dano i freni inibitori e cantantistandardizzino la propria musicaper produrre melasse uguali a séstesse, che hanno mercato più fa-cile tra le ragazzine.Il Paese delle Meraviglie è semprepronto ad aprire le porte ai suoigiovani sognatori. Se guardi benepotrai riconoscere il Brucaliffo ac-canto a Raffaella Carrà, mentrequesta a The Voice stringe fra lemani il volto di una sua concor-rente appena eliminata e le garan-tisce: “Tu sei brava, avrai successocomunque”. Ma chi lo dice adAlice che non sarà così? Forse ungenitore più attento raccomande-rebbe al proprio figlio prima diuscire di casa di far attenzione ad“accettare sogni dagli scono-sciuti”. Perché può capitare che ilsogno si tramuti in sonno della ra-gione. E quello, si sa, genera mo-stri.

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LUMSANEWS6Suor Cristina Scuccia è diventata in poco tempouna delle suore più conosciute d'Italia, e non solo,grazie alla sua vittoria al talent show di Rai 2 "TheVoice”. Ma cosa pensano le stesse suore dell'ex-ploit della giovane siciliana? "Seha talento è giusto che lo sfrutti -ha detto una rappresentante del-l'Ordine delle Maestre Pie Filip-pini - l'importante però è che nonsi faccia trasportare troppo dalsuccesso e che faccia attenzione aitesti di alcune canzoni". A darleman forte ci pensa suor Elizabeth:"Non so se sia giusto o sbagliato ma se il suo pro-getto mette al centro Dio è giusto che vadaavanti".Non mancano però le critiche: "Per quanto mi ri-guarda, credo che il palcoscenico non sia un posto

adatto ad una suora" sentenzia suor Anna, cheperò resta isolata tra le sue "colleghe". "Siamosuore sì, ma non siamo fatte solo di spirito, c'èanche altro" è il pensiero di suor Felicia. E a chi

muove critiche sulla possibilità diguadagnare dei soldi rispondesuor Eufemia: "Noi facciamo, tragli altri, anche un voto di povertàe quindi i soldi sarebbero sicura-mente utilizzati a scopo benefico".Suor Cristina dunque spopolaanche tre le proprie consorelle,che vedono in lei una possibilità di

rilancio della figura della suora nella società."Cantando può avvicinare sempre più gente almondo della Chiesa - dichiara suor Elsy - e dimo-strare che una suora non è solo una suora ma puòessere anche una buona cantante".

Si moltiplicano gli show televisiviper chi è in cerca di sogni di gloria

NoN SoLo

“AMICI”Molte�imitazioni

ma�anche

tanti�fallimenti

LA RIVELAZIONEDI “THE VOICE”

Il fenomenosuor Cristina

visto dalle sueconsorelle

di Mario Di Ciommo

Ma�c’è�ancheil�talent�flop

Page 7: LumsaNews n. 42 del 1° giugno 2014

di Cecilia Grecoe Renato Paone

Sei sono i manicomi crimi-nali, oggi chiamati ospedalipsichiatrici giudiziari (Opg),

ancora sparsi nel Paese. Questo no-nostante una legge risalente al 2012che, oltre ad aver previsto la lorochiusura per quest’anno, poi rin-viata all’anno prossimo, ha predi-sposto lo stanziamento di circa 300milioni di euro, nell’arco di treanni, per la costruzione di nuovestrutture e per creare un’assistenzaalternativa, che si concretizzerànelle Residenze per Esecuzione diMisure di Sicurezza (Rems).Attualmente le persone reclusesono 1050, un centinaio di donne eil resto uomini, a cui lo Stato nonriesce a fornire una soluzione di-gnitosa. Questo nonostante i conti-

nui appelli degli addetti ai lavori alPresidente della Repubblica, Gior-gio Napolitano, particolarmentesensibile sul tema, e al governo.Senza contare l’ispezione condottadalla Commissione d’inchiesta del2011, cui partecipò anche il sindacodi Roma Ignazio Marino, che portòa galla le condizioni inumane a cuierano sottoposti i pazienti e la fati-scenza delle strutture dove sonotutt’ora seguiti, indegne per unpaese che si definisce civile: reclusiimpossibilitati a lavarsi, trattenuti

in condizioni igieniche degradanti,mani e piedi legati al letto con unacinghia di cuoio, alcune volteanche per diversi giorni. Situazioniai limiti dell’assurdo, ma soprat-tutto tenute a debita distanza dagliocchi e dalle orecchie dell’opinionepubblica, totalmente all’oscuro ri-guardo alla situazione degli Opg, senon addirittura ignara della loroesistenza. Proprio la ragion d’essere di questiistituti venne meno già nell’ormailontano 1978, quando entrò in vi-

gore la legge 180, comunementenota come legge Basaglia, dalnome dello psichiatra Franco Basa-glia, principale riformatore dellamedicina psichiatrica italiana. Pre-rogativa della norma fu quella di ri-durre le terapie farmacologiche e lacoercizione fisica, incentivando unpercorso di cura che promuovessel’instaurazione di rapporti umani,sia con il personale addetto, sia conla comunità, rispettando piena-mente il diritto a una vita di qualitàdei pazienti, senza doverli mai ri-durre a «oggetto di violenza di unasocietà che rifugge la malattia men-tale», vuoi per ignoranza, vuoi perpaura, ottenendo come unico risul-tato l’ostracizzazione degli infermimentali.Dal prossimo anno, almeno sullacarta, gli Opg saranno sostituitidalle Rems, che privilegerannol’aspetto sanitario e riabilitativo,così come auspicato dallo stessoBasaglia 30 anni fa. Ma basterannole Rems, strutture per cui sono statisborsati ben 180 milioni di euro edi cui alcune regioni non hanno an-cora consegnato i progetti esecu-tivi, né assegnato gli appalti per lagestione, a debellare la malattiadegli Opg? Oppure il “farmaco”più efficace è insito nella comunitàstessa che, tutelando i diritti del-l’infermo mentale, garantisce da séla sicurezza degli altri componenti?

A trent’anni dalla Legge Basaglia ci sono ancora 1.050 ricoverati

In che modo lo Stato tutela i diritti degli in-fermi mentali? Lo abbiamo chiesto a EligioResta, ordinario di filosofia del diritto al-l’Università Roma Tre e sostenitore dell’As-sociazione Antigone, da sempre impegnatasul fronte dei diritti nel sistema penale.“Attualmente il diritto penale agisce preven-tivamente, allontanando dalla comunità gli in-dividui ritenuti “pericolosi”,garantendo in questo modosolo la sicurezza della so-cietà ritenuta “sana”. Questoè un approccio errato pro-prio perché il diritto nondeve essere vendetta, ma tu-tela dei diritti di ogni citta-dino, che in ogni caso deveavere la possibilità di partecipare alla vita co-munitaria, senza limitazioni.”Come� definisce� l’atteggiamento� dello

Stato?

“Si può affermare che lo Stato svolgeun’azione “violenta” basata sul principio diignoranza, nel senso letterale del termine.Non potendo accettare un senso di potenziale

instabilità, preferisce allontanare il malato,trattandolo come un problema da dimenticare,negandogli in questo modo il principio di di-gnità, proprio di ogni essere umano. Agendoa priori, le istituzioni puniscono senza curare.Il “farmaco” se somministrato in dosi supe-riori al dovuto e forse non necessarie, si tra-sforma in veleno.”

Qual�è�il�farmaco,�e�come

utilizzarlo?

“E’ dentro la comunità chenasce il problema ed è al-l’interno di essa che va ri-solto. Deve essere piùgarantista e accogliente, allostesso tempo attrezzata a ge-stire situazioni di “non pre-

vedibilità”. La risposta sta nell’ “ecologia”:un sistema ciclico e interdipendente che dasolo produce il problema ma contemporanea-mente trova la soluzione. Questo può avve-nire solo in un contesto comunitario, che sidifferenzia dalla società, insieme d’istitu-zioni, per la sua natura assistenziale e inclu-siva.” cg e rp

Resta: un errore della società

Manicomiaboliti per leggema sempre aperti

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Direttore�responsabile

Cesare Protettì

Tutor�senior

Guido Alferj

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Nicole Di TeodoroMonia Nicoletti

Emanuela PendolaMichele Farro

Paolo Ribichini(resp. impaginazione)

Redazione

Alessandra AuriliaEmanuele Bianchi

Cesare BifulcoAnna Bigano

Domenico CappelleriFederico CapursoValerio Dardanelli

Samantha De MartinCarlotta Dessì

Mario Di CiommoStefania Fava

Antonino FazioStelio FergolaAlberto GentileCecilia Greco

Giulia LucchiniElisa Mariella

Maria Lucia PanucciRenato PaoneSilvia Renda

Roberto Maria RotunnoRaffaele SardellaCorinna Spirito

Nicola StacchiettiFederica TagliaviaAlessandro TestaFlavia Testorio

Page 8: LumsaNews n. 42 del 1° giugno 2014

di Alessandra Aurilia

Com’è oggi la vita di un free-lance? Solo pochi giorni fa latragica notizia della morte di

Andy Rocchelli, il fotoreporter ita-liano ucciso da un colpo di mortaio aSloviansk, nell’Est Ucraina, mentredocumentava con i suoi scatti l’evol-versi della guerra civile. Ora che èmorto i suoi reportage sono su tutti igiornali. Gli stessi che fino a ieri sirifiutavano di pubblicarli. Perchéoggi essere un giornalista freelance inItalia vuol dire accettare sacrifici, ri-nunce, umiliazioni. Tante umilia-zioni. Specie quando per difendere ilproprio status di “liberi giornalisti” siè costretti a scendere a compromessi,e ad accettare paghe misere e al li-mite del ridicolo: ciò che offronooggi le testate italiane ai collaboratorio giornalisti autonomi privi di un re-golare contratto.Di recente qualcuno ha sentito il do-vere di dire “basta”, di rompere, sep-pure in forma anonima, il silenzio cheda anni circonda la categoria. E la ve-rità è finalmente venuta a galla. Inrete sono apparsi i “tariffari per col-laboratori” stabiliti dall’Ansa e dallaGazzetta dello Sport (il presidente

dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Ia-copino, ne ha poi pubblicato un terzo,quello dell’Unione Sarda) e sui socialnetwork è infuriato il dibattito. Lecifre parlano da sole: se guardiamoquelle della Gazzetta dello Sport (ag-giornate al 1 marzo 2014), ci accor-giamo che il compenso minimo perun articolo è di 8 euro (valido pertutte le edizioni: regionale, nazionale,online ed “extratime”) e quello mas-simo non supera i 50 euro (e solonell’“extratime”). Ma c’è di peggio:l’Unione Sarda può pagare anchesolo 2 euro (una notizia breve) e nonoffre più di 30 euro (nel caso di un ar-ticolo di cultura). Quanto all’Ansa,gli importi minimi sono di 5 euro (persegnalazione o informazione effetti-vamente utilizzata dalla testata) e 10euro (per foto o contenuti audio-

video) e vengono espressamente in-dicati come “comprensivi di qualsiasionere sostenuto dal Collaboratore” e“non suscettibili di incremento”.Ad una prima lettura verrebbe quasida ridere, se non fosse che in gioco cisono le vite di giornalisti che inve-stono tempo, energie e passione inquello che fanno, e che, seppure in-dipendenti, lavorano rispettando iprincipi deontologici della profes-sione. E pensare che da gennaio 2013è in vigore la legge 233/2012sull’“equo compenso per i giornalistifreelance e i collaboratori autonomi”,la quale impone “una remunerazioneproporzionata alla quantità e alla qua-lità del lavoro svolto”. Ma possonodirsi “equi” i suddetti compensi? Aun anno di distanza, la legge è rima-sta inapplicata, e la maggioranza deifreelance continua a lavorare sottopa-gata e spesso sotto la soglia della po-vertà. E allora la storia dell’equocompenso è solo una favola, cosìcome il freelance è libero solo per de-finizione, mentre resta schiavo degliabusi degli editori e della paura diperdere il posto se proverà a contrat-tare una paga più alta. In definitiva,se proverà a salvare la propria di-gnità.

Freelance

BARBARA

SCHIAVULLI

“I nostri nemici?Gli editori

e i pensionati”

vite�spericolateLavorano

per�pochi�euro.

E�c'è�chi�come

Andy�Rocchelli

ci�perde�la�vita

di Cesare Bifulco

Freelance: compensi sempre piùbassi e inviati ormai in pensione checontinuano a lavorare falsando ilmercato. Una situazione ormai con-solidata nel mondo del giornalismoitaliano, che influisce direttamentesulla qualità dei servizi e sulla sicu-rezza dei giornalisti all’estero. Paroleamare e dure quelle di Barbara Schia-vulli, giornalista free lance da sempreimpegnata in zone di crisi.Com’è�attualmente�la�situazione�in

Italia�per�i�freelance?�

“La situazione in Italia ormai è grave,si sta cercando in modo deliberato didistruggere una gloriosa storia gior-nalistica. I giornali non solo nonhanno quasi più inviati, perché hannoun costo troppo elevato, ma neanchevogliono spendere meno per pagare ifree lance.” Cosa� comporta� questa� ‘politica’

degli�editori?

“Ovviamente se il filtro non è più laqualità ma il prezzo a ribasso, si of-frono servizi fatti sempre peggio.Perché fare un reportage in zone diguerra ha dei costi fissi notevoli, chenon cambiano in base al compenso.Inoltre per ridurre le spese rischio dimettere in pericolo me stessa, perchédevo andare in alberghi più econo-mici ma meno sicuri, rischiandospesso di fare un lavoro meno accu-rato, per coprire le spese che sonosempre a carico mio.” Come�si�orientano�i�colleghi?

“Alcuni colleghi pensionati sicura-mente troppo presto (ritengo siaignobile che un giornalista a 57 annidebba posare la penna) offrono ser-vizi, data l’esperienza, qualitativa-mente alti a costi chiaramenteridottissimi. Accettano, infatti, con-tratti di collaborazione con i giornalia prezzi irrisori supportati però damigliaia di euro di pensione. Questaconsuetudine crea due ordini di pro-blemi: innanzitutto non permette aigiovani di fare esperienza e cosaancor più grave falsa il mercato per-ché i colleghi anziani, che possonocontare sulla pensione, accettanocompensi bassissimi. Se la tendenzanon cambia, noi free lance siamo de-stinati a sparire e purtroppo con noiuna parte importante dell’informa-zione e della cultura.”

I�morti�per�l’informazione�nel�mondo

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Giornalisti 88 77��������������������������������������20

operatori 7�������������������������������������4����������������������������������������5

Blogger�� 49����������������������������������48���������������������������������������11

Tirano la cinghia in attesa dell’equo compenso

il Periodico

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