LumsaNews n. 38 del 1° aprile 2014

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Libera Università Maria Ss. Assunta - Ordine dei giornalisti del Lazio Periodico del MASter in giOrnALiSMO n. 38 - 1° aprile 2014 di Roberto Rotunno U n anfiteatro in acciaio e vetro con facciata in pietra sta per sorgere a Tor di Valle. L’obiettivo della Roma è di trasferirsi nel nuovo stadio, presentato con il sindaco Ignazio Marino in Campidoglio, per la stagione 2016/17. Il progetto è imponente: alla struttura sportiva sarà affiancato il Roma village, spazio pieno di centri commerciali aperti tutto l’anno. Un investimento da circa un miliardo di euro – 300 milioni solo per lo stadio – tutti provenienti da fondi privati, ha assicurato la dirigenza. Il Comune ha ora novanta giorni per esprimersi sull’interesse pubblico. Secondo Marino, va data priorità alla mobilità.: “Niente stadio senza infrastrutture”. Tra gli interventi è prevista una biforcazione della metro B, probabilmente dalla fermata Eur Muratella. Più di mille uomini sono stati impiegati per la sicurezza durante la visita romana di Barack Obama. Risultato: la totale impossibilità per i romani di poter scorgere il presidente americano anche solo per un attimo. A partire dall’arrivo in via della Conciliazione e dagli incontri con Napolitano al Quirinale e Renzi a villa Madama per finire con la visita ad un Colosseo ec- cezionalmente blindato e liberato per l’occasione da bancarelle e camionbar. Al termine, Obama ha annunciato un imminente ritorno in Italia, forse già in estate. La curiosità dei ro- mani, che questa volta ha dovuto cedere il passo ad esigenze di sicurezza, avrà un’altra chance. (rr) Obama Chi lo ha visto? LUMSA NEWS IL PERIODICO Il nuovo Colosseo Ecco come sarà lo stadio della Roma Marino: “Ma prima faremo le infrastrutture L L a a z z i i o o : : d d i i s s o o c c c c u u p p a a z z i i o o n n e e a a l l 1 1 3 3 % % U U n n g g i i o o v v a a n n e e s s u u d d u u e e s s e e n n z z a a l l a a v v o o r r o o Pag. 3 Ciak si chiude Così Roma perde i suoi cinema storici Pag. 7 Vaticano made in China Negozi di souvenir hanno gli occhi a mandorla Pag. 8

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Periodico della Scuola di Formazione al Giornalismo della Lumsa

Transcript of LumsaNews n. 38 del 1° aprile 2014

Libera Università Maria Ss. Assunta - Ordine dei giornalisti del LazioPeriodico del MASter in giOrnALiSMO n. 38 - 1° aprile 2014

di Roberto Rotunno

Un anfiteatro in acciaio e vetro con facciatain pietra sta per sorgere a Tor di Valle.

L’obiettivo della Roma è di trasferirsi nelnuovo stadio, presentato con il sindaco IgnazioMarino in Campidoglio, per la stagione 2016/17.Il progetto è imponente: alla struttura sportivasarà affiancato il Roma village, spazio pienodi centri commerciali aperti tutto l’anno. Uninvestimento da circa un miliardo di euro –300 milioni solo per lo stadio – tutti provenientida fondi privati, ha assicurato la dirigenza.Il Comune ha ora novanta giorni per esprimersisull’interesse pubblico. Secondo Marino, vadata priorità alla mobilità.: “Niente stadio senzainfrastrutture”. Tra gli interventi è prevista unabiforcazione della metro B, probabilmentedalla fermata Eur Muratella.

Più di mille uomini sono stati impiegati per la sicurezza durante la visita romana di BarackObama. Risultato: la totale impossibilità per i romani di poter scorgere il presidente americanoanche solo per un attimo. A partire dall’arrivo in via della Conciliazione e dagli incontri conNapolitano al Quirinale e Renzi a villa Madama per finire con la visita ad un Colosseo ec-cezionalmente blindato e liberato per l’occasione da bancarelle e camionbar. Al termine,Obama ha annunciato un imminente ritorno in Italia, forse già in estate. La curiosità dei ro-mani, che questa volta ha dovuto cedere il passo ad esigenze di sicurezza, avrà un’altrachance. (rr)

Obama

Chi lo ha visto?

LUMSANEWSIL PERIODICO

Il nuovoColosseoEcco come sarà lo stadio della Roma

Marino: “Ma prima faremo le infrastrutture

LLaazziioo::

ddiissooccccuuppaazziioonnee aall 1133%%

UUnn ggiioovvaannee ssuu dduuee

sseennzzaa llaavvoorrooPag. 3

Ciak si chiude

Così Roma perde

i suoi cinema

storiciPag. 7

Vaticano made in China

Negozi di souvenir

hanno gli occhi

a mandorlaPag. 8

di Valerio Dardanelli

C’è un dato che accomunal’Italia intera: gli sprechi

degli enti locali. I bilanci dicomuni, province e regioniassomigliano a una groviera.E la tendenza, nonostante ipolitici non facciano che par-lare di crisi e di “spending re-view”, mostra un costante epreoccupante aumento. Que-sta è la fotografia scattatadalla Corte dei Conti delLazio che ha sottolineato lostato di default tecnico nelquale versano le amministra-zioni locali, da nord a sud. Gli sprechi assumono inmolti casi i volti di consulentie collaboratori che drenanorisorse senza portare alcunvalore aggiunto. Le giustifi-cazioni di spesa riportano de-finizioni generiche:“monitoraggio”, “assistenzatecnica”, “consulenza scien-tifica”. In tutto sono in vigorepiù di 277mila contrattiesterni all’amministrazionepubblica ma sovvenzionaticon i soldi dei cittadini. Ilcosto di tanta “sapienza” è di1,3 miliardi di euro all’anno.Accanto ai contratti di spe-cialisti ed esperti del settore,il buco nero degli sprechi ècostantemente alimentato dalproliferare delle società par-tecipate e dei consorzi che,secondo una stima del-l’Unione delle province ita-liane, costano ai contribuentioltre 7 miliardi di euro al-l’anno. Un interessante dossier pub-blicato dal “Fatto Quoti-diano” riporta i casi piùeclatanti di sperpero di ri-

sorse pubbliche: si va dagli80mila euro sborsati dalla re-gione autonoma Valle d’Ao-sta per il monitoraggio degliungulati (i mammiferi conzoccoli) fino ai 46mila eurospesi dal comune di Cento(Ferrara) che, attanagliatodall’annoso problema deltraffico, ha pagato un profes-

sionista per effettuare un’in-dagine sul traffico e le sostenel centro storico, scaval-cando i vigili urbani locali.Ma il caso che ha catalizzatol’attenzione pubblica è quellodel cosiddetto “crocifisso diMichelangelo”, una piccolascultura lignea del valore dipoche migliaia di euro che lo

Stato ha comprato nel 2008per l’esorbitante cifra di 3milioni e 250mila euro. Se i buchi di bilancio sonouna consuetudine in tutta Ita-lia, la Corte dei Conti asse-gna la maglia nera al Lazio ea Roma. La regione a guidaZingaretti è in stato di insol-venza da dieci anni: ha un de-

bito consolidato di 12 mi-liardi di euro di cui 4 miliardiaccumulati nel solo 2012,vero e proprio “annus horri-bilis” che ha condotto alloscioglimento della giuntaguidata dalla Polverini nelmarzo del 2013. Se la situa-zione nel Lazio è grave, aRoma è addirittura disperata.Il comune è sull’orlo del dis-sesto finanziario e soprav-vive solo grazie a unagestione commissariale che,di tanto in tanto, ha consen-tito di alleggerire il passivoconsolidato che attualmentesfiora i 9 miliardi di euro.Una voragine causata da unaccavallarsi di sprechi cuinessuna amministrazione hasaputo porre rimedio. I nu-meri, anche in questo caso,lasciano ben poco spazio al-l’immaginazione: a Roma idipendenti, comprendendoquelli delle municipalizzate,sono 62mila (contro i 3miladella regione Lombardia) e leditte che fanno capo al Co-mune sono in costante per-dita. A tutto questo vannoaggiunti gli scandali chehanno riempito le pagine dicronaca cittadina degli ultimianni: dalla “parentopoli”delle assunzioni familiarinelle municipalizzate fino al-l’emergenza rifiuti, passandoper le recenti vicende chehanno coinvolto la famigliaCerroni e la discarica di Ma-lagrotta, chiusa nel 2013 afronte di una normativa euro-pea che ne imponeva lo stopgià nel lontano 2007. L’enne-simo ritardo nel paese deglisprechi.

il Periodico

LUMSANEWS2

Il GrandeS p reco

Altro che spending review. La Corte dei Conti accusa Comuni e Regioni

di Stefania Fava

La vicenda del crocifisso erroneamenteattribuito al Buonarroti, da cui “CodiceMichelangelo”, è stata portata alla ribaltadella cronaca, nell'estate del 2010, dalTg1, ma il primo a parlare del crocifisso“indagato” fu nel 2007 Tiziano Dossenasu “Idea Magazine”, tre anni dopo AndreaPalladino in un articolo sull'”Unità” perpoi arrivare a Gabriele Mastellarini chesempre nel 2010, dopo un lungo lavoro diricerca, propose la teoria dei due croci-fissi gemelli di Michelangelo; uno auten-tico, al centro di un intrigointernazionale, l'altro fasullo venduto allostato italiano.Ma è nei primi mesi del 2012, grazie aquanto scritto da Tomaso Montesano eMalcom Pagani sul Fatto, che si riesce afar chiarezza su questa vicenda. Secondoquanto scritto, al centro della vicenda ci

sarebbe il professor Roberto Cecchi col-laboratore del ministro Ornaghi. Pare cheCecchi si battè molto per farlo comprareal Mibac e adesso si troverebbe nei guaiper una crosta pagata 150 volte il suo va-lore. Il sottosegretario Cecchi non si li-mitò a firmare le carte ma fu lui stesso afissare il prezzo (più di 3 milioni di euro.La Corte dei Conti che ha indagato sulcaso si è concentrata sulla valutazioneche Cecchi diede alla perizia del vendi-tore (definendola oggettiva) e sul cata-logo di vendita del Cristo (reputato da luiattendibile). Cecchi non riuscì a farsi direda dove provenisse l'opera, non indagòsul perchè l'ente Cassa di risparmio di Fi-renze avesse rinunciato all'acquisto del-l'opera e infine non si chiese come mai un“vero” Michelangelo fosse rimasto peranni a disposizione e venduto ad un sestodella richiesta iniziale posta all'ora mini-stro Rutelli che rifiutò sdegnato.

Un falso da 3 milioni di euro

di Stelio Fergola

La dichiarazione del fondatore delCensis Giuseppe De Rita è consi-

derata da molti come lo specchio dellarealtà economica nel Lazio. “Roma stacambiando. Non c’è più la netta divi-sione tra ricchi e poveri, ma una mar-mellata complessiva di difficilecodificazione”. Per l’Istat la “marmellata” della capi-tale si trova nelle condizioni peggioridagli anni ‘70, seppur in lievissima ri-presa. Il tasso dei senza lavoro delLazio è uno dei più alti a livello nazio-nale e il più elevato dell’Italia centro-settentrionale, con il 13% didisoccupati, in linea con la media na-zionale. I binari sono gli stessi per entrambi idati (nazionali e regionali) anche perl’analisi del periodo intercorso dal 2007alla fine del 2013, passando dal 6,1% -6,5% di sette anni fa al 13% odierno.Un leggero progresso rispetto all’ul-timo trimestre del 2013, quando iltasso attestato era al 13,5%, ma comun-que ben definito dalla recente espres-sione “numeri drammatici” delpresidente del Consiglio Matteo Renzi.A perdere, come al solito, sono i gio-vani nella fascia d’età 18-30 anni, inoc-cupati nel 42,3% dei casi. La RegioneLazio vuole fronteggiare la situazionecon un pacchetto di provvedimenti mi-rato ad inserire gli under 24 nei circolidella produttività: regole ferree per l’as-sunzione di stagisti, che non potrannoessere retribuiti meno che 400 eurolordi per una durata minima di 6 mesi.L’intento è nobile: i risultati dovrannofar fronte a realtà lavorative sommerseche potrebbero prevalere. Per alcuni l’imprenditoria di medie di-

mensioni del circolo PMI è una spe-ranza di uscire dalla crisi in tempi piùbrevi. Movimpresa riporta un dato inat-teso: il 97% delle imprese nel Lazio ap-partengono all’area della PMI, farriprendere loro fiato darebbe una spintaal livello occupazionale. Erino Colombi, presidente della CNA-PMI, nel corso di un incontro esclusivocon Lumsanews, ha enfatizzato moltoquesto dato: “Due terzi degli occupatisi devono all’artigianato e ai piccoli im-prenditori, che non sono quindi deimarziani come spesso si lascia inten-dere, ma il cuore pulsante della ric-

chezza”. E prosegue: “Esiste un’economia realeche crea ricchezza e lavoro: sostenen-dola possiamo immaginare un futuro,altrimenti diventa difficile. L’austeritàrappresenta la negatività, il rigore do-vrebbe essere l’aspetto sul quale pun-tare. La staticità dell’Europa non puòfavorire lo sviluppo”. Colombi, gom-mista di professione, recepisce i disagidella piccola impresa e ritiene necessa-rio un aggiornamento di competenze,oltre alla richiesta di un fisco meno op-pressivo. Per Accredia-Censis il quadro delle im-prese italiane è lusinghiero, con unaqualità giudicata mediamente elevata.Colombi ritiene però “necessario ac-quisire competenze professionali (inparticolar modo fiscali) ulteriori aquelle del proprio ambito”. Lo stru-mento prediletto è la tradizionale asso-ciazione: “Creare reti di piccolecategorie imprenditoriali ci aiuterebbea crescere e ad affrontare meglio l’op-pressione fiscale”.

il Periodico

LUMSANEWS 3

Lenta la ripresa

E per i giovaninon si vedonovie d’uscita

ParlaAndrea Brunetti

Troppi i senza lavoroDisoccupazione record

a Roma e nel Lazio

Colombi (Cna):

“Si salvano solo

gli artigiani

e le piccole imprese”

di Flavia Testorio

La disoccupazione giovanile è sempreesistita, ma la crisi economica è diven-tata motore d’accelerazione di questoprocesso, soprattutto in alcune zoned’Italia. A Roma i dati parlano chiaro:il 42% dei giovani è senza impiego.Andrea Brunetti, responsabile dellePolitiche giovanili della Cgil nazio-nale, ci ha spiegato meglio la situa-zione.Qual è il problema principale che

paralizza il mondo del lavoro?

“Il turnover bloccato. Non sostituiamoil personale che va via, la Fornero haallungato l’età pensionabile e questocrea ulteriori problemi ai giovani, so-prattutto in questa fase. Sono scorag-giati e non si iscrivono piùall’università perché «tanto ormai nonserve per trovare lavoro»”.Nella bozza del Job Act di Renzi,

pubblicata dall’Ansa, si legge: asse-

gno universale esteso, obbligo di se-

guire un corso professionale e di

non rifiutare un secondo impiego.

Come commenta?

“Sulla prima parte ci siamo. Mi con-vince il fatto di legare la formazioneprofessionale con il mantenimentodell’assegno al reddito, però con unacritica: non deve esserci disallinea-mento tra le competenze professionalie il lavoro offerto. Se un biologo ri-fiuta di fare il cassiere è giusto che siachoosy”.La CGIL cosa pensa di fare in me-

rito?

“La riflessione di massima è che sianecessario un piano d’investimenti.Bisogna prendere i capitali dalla spesaimproduttiva e dai tagli ai costi dellamacchina burocratica e amministra-tiva, dalla lotta alla corruzione, allamafia e all’evasione fiscale, per poi in-vestirli nei settori che possano stimo-lare la ripresa del pubblico e delprivato. Questo risolverebbe moltiproblemi anche della città di Romaperché, togliendo dal patto di stabilitàqueste spese, l’occupazione potrebberipartire. Inoltre la CGIL ha chiestoche venga ripristinato il reddito mi-nimo garantito nel Lazio ed ha firmatoun protocollo con la Regione affinchéle risorse del fondo sociale europeo sispendano davvero. È una vergognache il Lazio, al pari di altre regioni,non ne faccia uso!”.

Disoccupazione in Italia (rielaborazione dati Istat)

di Mario di Ciommo

e Maria Lucia Panucci

Il dissesto delle strade è un graveproblema che affligge l’Italia da

Nord a Sud. Secondo un’indagineIstat il numero degli incidenti cau-sati dalle buche è in crescita: un+17% sulle strade urbane e+27% su quelle extraurbane. Lezone più dissestate si trovanonei grandi centri dove il tra-sporto su gomma è notevol-mente aumentato. La maglianera va a Palermo ma è allarmeanche a Roma dove le stradesono sempre più sdrucciolevoli,più scivolose e insicure. Solonell’ultimo anno nella capitalesi è registrato un incrementodei dissesti stradali del 61%,complici i sampietrini che pocosopportano la pioggia e il traf-fico. Secondo l’articolo 2051 del Co-dice Civile è il comune ad es-sere responsabile dei danniprovocati a veicoli o a personeche hanno quindi il diritto di es-sere rimborsati. Il Codice dellaStrada prevede che il 50% degliintroiti delle multe siano inve-stiti per il miglioramento dellacircolazione, il potenziamentodella segnaletica e la fornituradi mezzi tecnici necessari per lasicurezza. Una somma pari a700 milioni di euro l’anno. Un bel tesoro, sicuramente.Peccato che la pubblica ammi-nistrazione indirizzi tali ricaviper tamponare altri interventi.

La legge, infatti, mentre impone diindirizzare almeno un quarto dellasomma all’ammodernamento dellasegnaletica e un altro quarto ai con-trolli, non fissa alcuna quota per lamanutenzione delle strade. Addirit-tura per risparmiare si sistemano lebuche “alla buona”, peggiorando in

molti casi la situazione. L’80%delle buche è provocato dai sotto-fondi dissestati, ai quali non sipensa da almeno 20 anni. L’ammi-nistrazione comunale, invece discavare a fondo, si preoccupatroppo spesso di far livellare solo lasuperficie della strada, scegliendo

magari le imprese che offrono ilprezzo più basso, senza badare allaqualità. Ma in questo modo sicreano solo più danni.Il maltempo è una delle cause prin-cipali del continuo dissesto sullestrade. Nonostante il clima mite,nella città eterna ogni anno cadono

876 millimetri di pioggia, noncerto pochi, soprattutto se pa-ragonati ai 611 millimetri dellapiovosa Londra.Il risultato? L’asfalto in moltipunti cede e crea le buche dovepoi si possono formano dellevere e proprie pozzanghere onella peggiore delle ipotesi deipiccoli laghi artificiali quandomagari i tombini non funzio-nano. Ecco perchè al vaglio c’èla proposta di coprire tutte lestrade di Roma con un nuovotipo di asfalto: un bitume spe-ciale ricavato dal riciclo deipneumatici, fonoassorbente emolto resistente che permette-rebbe di risparmiare sulla ma-nutenzione. L’unica pecca è ilcosto sensibilmente più alto ri-spetto all’asfalto normale.Intanto però un primo esperi-mento in merito è stato fatto davia di Torpignattara sino a viadell’Acquedotto Alessandrino.Trecento metri di asfalto spe-ciale, equivalente a circa 500pneumatici riciclati. Un primopasso verso l’innovazione,verso la risoluzione di un pro-blema annoso che la Capitale sitrascina ormai da troppotempo.

“Altro che “Grande bellezza”, siamo precipitati di nuovo nella grande bruttezza”. Aparlare è Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini in Campidoglio in me-rito al problema delle buche stradali a Roma.A detta del Codici (Centro per i diritti del cittadino) la più colpita nel 2013 è la zonadi Monte Mario, dove dall’inizio dell’anno si sono formate ben 16 voragini ma anchepercorrendo Montesacro, Casal Boccone e Conca d’Oro si trovano parecchi disagi. 8buche negli ultimi nove mesi si sono aperte nel quartiere Prenestino-Tiburtino-Tusco-lano mentre nel centro storico se ne contano almeno una al mese.“E’ in pericolo la sicurezza delle persone che ogni giorno rischiano sulle strade”, hadichiarato Ivano Giacomelli, Segretario del Codici. All’ospedale “Sandro Pertini” diRoma, che conta ben 80mila accessi annui, arrivano in media due pazienti al giornoper cadute causate dalle buche. Ce l’ha riferito il primario del pronto soccorso, Fran-cesco Rocco Pugliese. “Le conseguenze peggiori sono ai danni dei motociclisti – hadetto – In questi casi contiamo un 70% di fratture agli arti e al bacino mentre il restosono traumi toracici o addominali”. E a farsi male sono soprattutto i giovani, sotto i35 anni. (mdc e mlp)

Percorsidi

guerraBuche e voragini

rendono sempre più difficile

la vita dei 600.000

motociclisti romani.

E da anni si parla inutilmente

dei lavori di riparazione

ONORATO: “È UNA GRANDEBRUTTEZZA”

L’INTERVISTA

Le strade di Roma in pessime condizioni e tanti incidenti

il Periodico

LUMSANEWS4

di Emanuele Bianchi

Fare il giornalista è desiderio dimolti ma come ogni profes-

sione richiede la conoscenza e il ri-spetto di alcune regole di primariaimportanza, anche in un settore dinicchia quale lo sport. La responsa-bilità sociale e l’attendibilità delgiornalista si misurano appunto dal

grado di preparazione di scrupolo-sità, buonsenso e onestà. L’arro-ganza e la banalità in generechiudono le porte ai candidati cheintendono realizzare il sogno pro-fessionale. Nell’era della conver-genza e della mediatizzazioneesasperata testo, parole o immaginiche siano vanno verificate e analiz-zate per sottoporre ai cittadiniun’informazione quanto più cor-retta e responsabile. Si è svolto, neigiorni scorsi, il convegno “Etica,sport e deontologia” organizzatodall’Università Lumsa di Roma. Hanno partecipato all’incontro: ilprofessor Gennaro Iasevoli (Diret-tore del dipartimento Scienzeumane della Lumsa) in rappresen-tanza del rettore della Lumsa, ilprofessor Cesare Protettì (direttoredel Master di Giornalismo) che haaperto i lavori, Paola Spadari, pre-sidente dell’Ordine dei Giornalistidel Lazio, Guido D’Ubaldo (Consi-gliere nazionale dell’Ordine deiGiornalisti e caposervizio del Cor-riere dello Sport), il direttore delServizio relazioni con i mezzi d’in-

formazione nonché Garante per laprotezione dei dati personali, BaldoMeo, il professor Mario Pollo (cat-tedra di Pedagogia alla Lumsa), Fa-brizio Bocca (giornalista de “laRepubblica” e blogger), il presi-dente della S.S. Lazio, Claudio Lo-tito, Massimo Caputi (responsabileservizi sportivi del Messaggero),Simona Rolandi (giornalista “Drib-bling” Rai 2) e il professor SergioCherubini (cattedra di Marketingall’Università Tor Vergata). Il con-vegno è stato anche occasione perdar seguito all’obbligo di forma-

zione professionale continua per gliiscritti all’Ordine dei Giornalisti. Tv e web cambiano usi e costumi

degli italiani. Al termine della faseintroduttiva i giornalisti intervenutihanno sottolineato quanto tv e webabbiano contribuito a trasformarel’informazione sportiva in spetta-colo, ricordando anche quanto tuttociò abbia influito negativamentesulla carta stampata. Come eviden-ziato da un parallelismo del profes-sor Mario Pollo il business che giraattorno a giocatori e società calci-stiche ha profondamente alterato la

funzione formativa e ludica del cal-cio. Lotito show. Lotito, appena presala parola, ha immediatamente fattosua la scena. In apertura il presi-dente della Lazio ha condotto unadisamina sulla sempre più fre-quente mancanza, nell’attuale so-cietà, di occasioni di formazione eeducazione sia dentro e fuori lemura casalinghe. Poi un fiume inpiena. Accuse, ragionamenti, giu-dizi, massime e citazioni, come diconsuetudine, caratterizzano il les-sico del presidente biancoazzurro:«Nella professione giornalistica sicerca, anche troppo, di fare lo

scoop. Gli interessi economici deglieditori sono alla base della collabo-razione con free-lance impreparatii quali non controllano a doverel’attendibilità della notizia. Quandopoi, documenti alla mano, si smen-tiscono tali comunicati questi si-gnori rispondono di non essere piùcoinvolti e consigliano di inoltrarela smentita. Questi sono opinionisti,non giornalisti. I veri professionistidell’informazione non fanno diquesti errori». A seguire, in ordinesparso, Lotito si esibisce in riferi-menti a Luigi Pirandello, ImmanuelKant, citazioni in latino, giudiziduri sul sistema universitario, valu-tazioni su tifosi e sul mestiere delfornaio il tutto ad avvalorare la tesisostenuta in precedenza. Sul finireè nata anche una polemica anchefra il presidente biancoceleste e Ca-puti ma le parole finali di BaldoMeo, Simona Rolandi e GennaroIasevoli hanno ristabilito le logichedel convegno. Un incontro acceso atratti, vivo e colorito dal bagagliodi esperienze professionali e umanedegli ospiti intervenuti.

Un convegno della Lumsa su etica e giornalismo. “No alle banalità”

di Silvia Renda

Simona Rolandi, giornalista di RaiSport, a fine convegno ha risposto adalcune domande in merito all’etica nelgiornalismo.L’Ordine deve imporre delle regole

più efficaci per garantire il rispetto

della deontologia?

“Credo che le regole siano già giustee sufficienti, l’importante è ricordar-sele. Con l’avvento di internet l’impe-rativo è diventato dare lo scoop primadi tutti. La velocità dell’informazioneè importante, ma lo è altrettanto rispet-tare le regole che ci permettono diesercitare la professione con corret-tezza”Il fatto che la deontologia sia uno

strumento di autodisciplina com-

porta che le sanzioni siano più

blande?

“In realtà le sanzioni sono abbastanzapesanti. L’Ordine vigila con attenzionee nel momento in cu si sbaglia si paga.Il problema è che a molti giornalisti

non importa affrontare questo rischio.Servirebbe più coscienza, anziché vin-coli di legge” Secondo lei il giornalista può contri-

buire a fomentare l’odio tra le tifo-

serie?

“Certamente. Nella capitale poi c’èun’esasperazione totale del mondocalcistico. Alcune radio parlano diRoma e Lazio da mattina a sera e si-curamente qualsiasi frase detta puòtoccare delle corde più sensibili ri-spetto alle altre città”

In questo senso come giudica l’eco

mediatica data alle critiche contro il

presidente della Lazio Claudio Lo-

tito?

“Lotito sa che tutto ciò che dice vieneamplificato e lui stesso alle volte rendeconflittuali i rapporti con l’informa-zione. Ad esempio ha impedito a deigiornalisti di partecipare alle sue con-ferenze stampa. Noi abbiamo il dovered’informare correttamente, ma ancheil diritto di entrare in sala stampa perfare il nostro lavoro”

Rolandi: le regole ci sono

“Testo, paroleo immaginivanno verificate”

Lo show di Lotito

e le novità del web

Quanto è difficile

raccontareoggi lo sport

il Periodico

LUMSANEWS 5

Tre parole chiave:scrupolositàpreparazione e buon senso

di Antonino Fazio

Passeggiando per via Vittorio Ve-neto ci si imbatte, passo dopo

passo, in sfarzosi caffè e sontuosi al-berghi a cinque stelle. Tra i tanti pa-lazzi ministeriali e le ambasciateestere, una targa ricorda che quellastrada è indissolubilmente legata algenio di Federico Fellini, che “fece divia Veneto il teatro della Dolce vita”. A pochi metri di distanza, al civico 90,le serrande abbassate dello storico“Café de Paris”. Dal 18 febbraio, in-fatti, il celebre ritrovo degli artisti –sequestrato per mafia nel 2009 e poiconfiscato e affidato dagli ammini-stratori giudiziari alla società “L.Q. LeQualité” – ha chiuso i battenti, in se-guito alla notifica di un avviso disfratto per morosità. «La società proprietaria delle mura –a cui è stato riconsegnato lo storicopalazzo (l’immobiliare milanese

“Aedes”, ndr) – non vuole più conce-dere in affitto il locale» dice ManuelGrassi, direttore del “Café Veneto”,che fa capo alla stessa società che ge-stiva “il Café de Paris”. «Adesso suquesta via puntiamo solo sul Café Ve-neto ma il Café de Paris aveva unastoria e un prestigio impossibile daeguagliare» ammette con rammarico.A osservarla bene, via Veneto hal’aspetto di un bel quadro dentro unacornice sfasciata. I palazzi, ormaiquasi tutti di proprietà dei magnatistranieri, svettano imponenti su quellache è diventata una vera e propriastrada tangenziale. Le auto sfreccianooccupando le corsie centrali, ai lati lecorsie preferenziali per bus, taxi e autoblu dirette verso i palazzi del potere.È proprio contro il potere, per lo piùlocale, che si scagliano i commer-cianti della via. Lamentano una ge-stione dissennata del traffico,parcheggi liberi praticamente inesi-

stenti e la perdita di attrattive culturali,come gli artisti di strada che in passatosi riunivano nella vicina Villa Bor-ghese. Colpisce come la strada non si sia ade-guata ai tempi, forse imprigionata nel-l’immagine onirica che ne ha tracciatola “Dolce Vita”. A parte l’Hard RockCafe, infatti, non c’è neanche l’ombradi un pub. Solo ristoranti, caffè egrandi griffe. Per clienti facoltosi chenon ci sono più. «I clienti non ci mancano, – dice Rai-mondo del “Regina Hotel Baglioni” –vengono perché qui ci sono ancora imigliori alberghi di Roma. Ma poivanno a passare la serata in posti piùvivi, con maggiori attrattive». Nelle traverse laterali, quando cala lanotte, si animano i night club dovepoter soddisfare le proprie voglie aprezzi neanche tanto economici.Lungo via Veneto, poi, è un continuoviavai di ragazze in cerca di clienti.

Niente di nuovo, comunque: le prosti-tute col seguito di sfruttatori e avven-tori frequentano da sempre questastrada. È tutto il resto che manca, quelbrulicare di arte, cultura e genio che lìsi davano appuntamento, attorno ai ta-voli dei bar. La lenta ritualità dei gesti,che ben conciliava l’attenta disaminache della società facevano gli intellet-tuali, ha ormai lasciato il posto allafrenesia dei tour operator. Risalendo verso Porta Pinciana, l’oc-chio cade nuovamente sul Café deParis. Affisse nelle bacheche – tra lealtre – le foto di Modugno, Sordi eMastroianni seduti ai tavolini al-l’aperto. I turisti si avvicinano curiosi,guardando anche loro la serranda ab-bassata e quei lontani ricordi. E vieneil sospetto che la Dolce Vita ormai an-data si stia trasformando sempre di piùin una dolce morte, il suicidio assistitodi una città che non trova più il corag-gio di sognare.

Ciaovia Veneto

Come era bella

la Dolce Vita

Spariscono i locali storicidella strada cara a Fellini

E rischia la chiusura anche il Caffè della Pacedi Corinna Spirito

Alla rosa dei locali storici che si accingono a chiu-dere per sempre i battenti, rischia di unirsi anche ilCaffè della Pace, sotto il Chiostro del Bramante, adue passi da piazza Navona. La mobilitazione degliartisti e degli intellettuali che popolano il bar ha sol-tanto rimandato lo sfratto che sembra ormai inevi-tabile.L’Istituto Teutonico Santa Maria dell’Anima, chepossiede l’immobile, ha intenzione di convertire ilbar in una struttura alberghiera e ha negato alla con-duttrice del Caffè, Daniela Ripanti in Serafini, qual-siasi tipo di confronto dopo la lettera di sfratto delgiugno 2013. Sono state le oltre 5.000 firme raccolte

e l’impegno del presidente dell'associazione Botte-ghe Storiche, Giulio Anticoli, a sensibilizzare la pre-fettura, che ha riconosciuto “il valore storicodell'attività commerciale” e si è attivata per difen-dere quel locale che tutti, romani e stranieri, cono-scono di fama.Quando chiediamo alla signora Serafini di ricordarequalcuno dei grandi nomi passati di lì, preferiscenon nominarne nessuno: “Sarebbe meglio chiederechi non è stato al Caffè della Pace: su queste sediesi sono seduti tutti”. E in fondo è vero. Dalla suaapertura, nel 1891, i nomi più illustri lo hanno fre-quentato: da Ungaretti a Monicelli, da Fellini aWoody Allen, fino a papa Giovanni Paolo II. Ora,però, l’elenco rischia di interrompersi per sempre.

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di Anna Biganoe Renato Paone

Cartelli gialli con la scritta“Affittasi” appesi sui vetri

sporchi, poltroncine di vellutorosso accatastate sui camion:lo sgombero del cinema Holi-day di Largo Benedetto Mar-cello è solo l’ultimo episodiodi un fenomeno che Roma co-nosce molto bene. Negli ultimivent’anni ha chiuso i battentiuna trentina di sale cinemato-grafiche del centro, dall’Ari-ston dell’ex galleria Colonna altrasteverino Troisi. La stessafine è toccata, fra gli altri, al-l’Embassy di viale Parioli, almaxi schermo del Gregory,persino al centenario Metropo-litan di via del Corso, inaugu-rato nel 1911 e amatissimo dalpubblico per la programma-zione in lingua originale. Asoffrire di più sono le mono-sale dedicate alle prime visioni(come l’Holiday, appunto),soppiantate dai multiplex di

periferia – più moderni e con-fortevoli – e trasformate in fastfood, bingo, megastore, addi-rittura in luoghi di culto: è ilcaso dell’Ausonia di piazzaBologna, diventato una sina-goga. Una situazione parados-sale per una città i cui studicinematografici sono cono-sciuti in tutto il mondo e chedal cinema è stata consacrata:si pensi solo alla Dolce Vitadel maestro Federico Fellini oal recentissimo film da OscarLa grande bellezza.«Che cosa ci faranno qua,un’altra banca?», chiede unaresidente del quartiere Salarioagli operai che stanno libe-rando la sala di Largo Mar-cello, svuotata definitivamentesolo qualche settimana fa, machiusa già dal 2008: «Speravotanto che lo rinnovassero, fa-cevano dei bei film». La rispo-sta è secca: «Deve andare neimultisala ormai, signora». Ineffetti, i soli a cavarsela sono imaxi complessi dei grandi cir-

cuiti, come il gruppo UCI oThe Space Cinema, che, graziea consistenti finanziamenti pri-vati, possono permettersi il no-leggio contemporaneo di piùfilm e soprattutto l’acquistodelle apparecchiature necessa-rie con il passaggio al digitale.Dal 30 giugno di quest’anno (iltermine originario è stato pro-rogato di sei mesi), infatti, levecchie pellicole 35 mm nonsaranno più distribuite perlegge. Ogni cinema dovrà dun-que adeguarsi alle nuove tec-nologie, con costi onerosi chenon tutti possono sostenere (laspesa per un proiettore oscillafra i 50mila e i 90mila euro).La nuova normativa potrebbedare il colpo di grazia a tantesale già in difficoltà a causa delcalo degli spettatori, sempre dimeno sia per l’aumento delcosto dei biglietti, sia per laconcorrenza sleale dei tanti sitidi streaming, che consentonodi vedere gratis anche le ultimeuscite. Anche se la Regione Lazio hastanziato 3 milioni e 400 milaeuro per l’aggiornamento tec-nologico delle sale, i soldi peraltri investimenti sono pochi ela situazione non è certo rosea;tanto più che la chiusura deipiccoli esercizi non è solo undanno culturale, ma anche so-

ciale, poiché si riflette sulle ca-tegorie che vivono e che fannovivere le sale romane. Propriol’estate scorsa il Circuito Ci-nema aveva varato il licenzia-mento di 23 persone su untotale di 61 dipendenti: una si-tuazione drammatica poi tam-ponata solo grazie ad unariduzione degli stipendi e al-l’attivazione di un corso pro-fessionale per riqualificareprofessionalmente gli opera-tori. E se il rilancio delle salepassa anche da strategie com-merciali volte ad attirare nuovi“clienti”, i lavoratori del set-tore reclamano l’attenzionedelle autorità per rimuovere iveri ostacoli, in primo luogo laspeculazione edilizia e la tas-sazione esosa che soffoca gliesercenti. Le leggi a tuteladegli spazi culturali ci sono (neè un esempio la delibera co-munale nota come “Nuovo Ci-nema Paradiso”, che permettedi ristrutturare vecchi teatri ecinema e di adibire una partedella superficie a limitate atti-vità commerciali), ma aggi-rarle, per i grandi gruppi edili,è fin troppo semplice. Senzal’ingegno dei privati, ma so-prattutto senza l’interventopubblico la città del cinemanon sarà più quella dei cinema.

Monosale in centro addio. E aumentano ancora i costi

Romano, 37 anni, Giorgio Fer-rero è il numero uno dell’A.n.e.c.Lazio, l’associazione di catego-ria che riunisce gli esercenti deicinema.Come sono stati distribuiti i fi-nanziamenti regionali per l’ag-giornamento tecnologico dellesale? “Il bando è stato un vero puntodi svolta. Senza, l’adeguamentosarebbe stato molto difficile,visto che già molti esercenti de-vono fronteggiare grosse speseper l’ammodernamento, mentrei box office crollano. Dovremmoriuscire a soddisfare tutte le do-mande, ma il processo è statomolto democratico: chi si è pre-sentato prima allo sportello eaveva i requisiti, otterrà i fondi.”L’A.n.e.c. Lazio sostiene gliesercizi a rischio chiusura? “Siamo tutti a rischio chiusura,sempre. Come associazione cer-chiamo di intervenire soprattuttoper ridurre le tasse indirette, tipol’Imu o l’Ama, che penalizza ilocali con ampie metrature. Poibisognerebbe attuare la “NuovoCinema Paradiso” e puntaresulla polivalenza degli spazi, adesempio affiancando alla sala ci-nematografica un bistrot, un ne-gozio di dischi, un piccolosupermercato… Grazie alla di-gitalizzazione, comunque, saràpiù facile attuare una multipro-grammazione su misura.”Perché investire nella costru-zione di multisala nei centricommerciali, invece che nel rin-novamento delle sale già esi-stenti?“Colpa di leggi che hanno bar-baramente favorito i multisala.In pochi anni il numero deglischermi è raddoppiato, maquello degli spettatori è rimastolo stesso, con un danno enormeper i piccoli esercizi. Di soldi dainvestire, comunque, non ce nesono. Ecco perché si sta tor-nando a un’economia di “ba-ratto”, di aiuto reciproco: ilsegreto per sopravvivere è con-dividere i problemi e le solu-zioni.”ab e rp

Ferrero:Siamo tutti

a rischio

dei cinema chiusi

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di Federico Capurso

L’arrivo di Papa Francesco inVaticano ha dato un’importante

boccata d’ossigeno all’economiadella zona. Ne avrebbe beneficiatoanche lo storico settore degli arti-coli religiosi, ma qualcosa è andatostorto. A un aumento sensibile delladomanda è infatti corrisposto unaumento spropositato dell’offerta.Più di venti negozi di souvenir sonostati aperti da famiglie cinesi negliultimi cinque anni, tutti nella zonacircostante il Vaticano (in meno di2 chilometri quadrati) e rigorosa-

mente identici l’uno all’altro. Sonoarrivati in concomitanza con lacrisi, subentrando ai piccoli arti-giani di quartiere. I torchi delle ti-pografie e gli attrezzi da fabbrosono stati sostituiti da modelliniplasticosi di San Pietro e del Colos-seo, pinocchietti tricolore, innume-revoli Papa Francesco e persinoGiovanni Paolo II santificato in an-ticipo.«Una piaga». Così – diplomatica-mente – i commercianti del quar-tiere vedono l’arrivo dei banchicinesi. «Prima eravamo una doz-zina a dividerci il mercato del sou-venir qui a San Pietro», spiega P.,

commerciante romano di articolireligiosi. «Non è che prima dei ci-nesi si diventava ricchi – aggiunge– ma almeno si riusciva a far an-dare avanti una famiglia. Ora in-vece, grazie alla liberalizzazionedelle licenze fatta da Bersani,siamo in dieci solo su via del Ma-scherino e a stento si arriva allafine del mese».La maggior parte delle attivitàcommerciali di zona sono sottocontratto di affitto, a un costo chesi aggira tra i 3 e i 4 mila euro men-sili. Ogni giorno, quindi, per ov-viare a una spesa fissa superiore ai100 euro (senza considerare bol-

lette, tasse e imposte comunali), inegozianti dovrebbero incassare al-meno il doppio. «Ma molti di que-sti cinesi vanno avanti con unadecina di clienti al giorno - conti-nua P. - E vendono quasi a prezzodi fabbrica. Come fanno?».Per sopravvivere, molti commer-cianti romani si sono trovati co-stretti ad abbassare i prezzi e inalcuni casi, loro malgrado, ad ac-quistare prodotti cinesi di bassaqualità che danno un guadagno dipochi centesimi sul prezzo finale. Inegozianti cinesi invece, che giàvendono a prezzi stracciati, optanonon di rado per l’evasione fiscale.Il 90% dei loro negozi evita siste-maticamente di battere lo scon-trino, contro il 55% di evasoriitaliani. Nel frattempo, mentre i negozi bat-tenti bandiera rossa continuano aproliferare, quelli italiani vendono.Già tre, da gennaio, sono in cercadi un compratore. Eppure, spiegaM. - commerciante romano conun’attività aperta da quarant’anni -«i cinesi che hanno messo in ginoc-chio le nostre attività sono anchegli unici in cui speriamo per ven-dere».La rabbia però non è indirizzatatanto all’invasione straniera,quanto allo Stato che «non fa nulla.O meglio, fa qualcosa solo per legrandi firme, per il grande indotto,senza rendersi conto che l’Italia èfatta anche e soprattutto dei piccolicommercianti di quartiere», attaccaS. «Ci lascia soli. Non tutela noi enon tutela il made in Italy».

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LUMSANEWS8A un anno dalla proclamazione di Papa Francesco,nel quartiere di Borgo Pio si respira un’aria nuova.Curiosando tra un negozio e un altro, i volti deicommercianti e albergatori sono sereni e alla do-manda: “E’ cambiato qualcosa dall’arrivo di PapaFrancesco”, loro senza esitare scuotono la testa erispondono “assolutamente sì”. I turisti sono au-mentati e arrivano da tutto il mondo; giovani, cop-pie, anziani e tante famiglie.La curiosità di vivereuna giornata a San Pietro è tanta e la piazza vati-cana è diventata la casa di tutti. Ovviamente però,come in tutte le cose, non tutti i punti di vista sonopositivi, specialmente tra i venditori di negozi diarte sacra. “Con questo Papa abbiamo avuto uncalo del 15%. - dice un negoziante – Prima si ven-devano tantissime statue e arredi per la Chiesa,ora la situazione è totalmente cambiata”.Niente croce in oro, niente mozzetta color porpora

bordata in ermellino: il nome Francesco rispec-chia la semplicità e la tendenza alla povertà, chePapa Bergoglio ha sempre assunto come gesuitae come concreto discepolo di Gesù. Ma non solo,Bergoglio porta l’anello d’argento dorato e nond’oro e ha scelto di non indossare i paramenti por-tati invece dai papi precedenti, come Papa Bene-detto XVI. Una scelta spiegata benissimo in unadelle sue tante udienze dove specifica: “La chiesaè la casa di Dio non una corte e noi siamo servi diDio non privilegiati; la povertà è un delitto so-ciale, anzi una violazione dei diritti umani perchéle grandi diseguaglianze nascono dall’estrema po-vertà e da condizioni economiche ingiuste”. E’ appena passato un anno dalla sua proclama-zione e già è evidente che, nonostante sia il 266°Papa della Chiesa Cattolica è il primo in tantealtre cose.

Stravolto il mercato dei “ricordini” religiosiPrezzi stracciati e troppa concorrenza

I negozianti

romani

vanno via

e arrivano

gli stranieri

Con l’arrivodi Papa Francesco

il boomdelle venditedi souvenir

di Carlotta Dessì

Cinesia Borgo Pio