Luis Barragan e Tadao Ando

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Politecnico di Torino - I Facoltà di Architettura Corso di laurea in Architettuta (costruzione) - a.a. 2007/08 Saggio di ricerca I a carattere storico critico Pof. Pierre-Alain Croset Luis Barragan e Tadao Ando la Cappella di Tlalpan e la Chiesa della luce Francesca Diano 144096

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Autore: Francesca Diano In questo breve saggio si indagano i legami manifesti e reconditi che uniscono due architetti apparentemente lontani, Luis Barragan e Tadao Ando, evidenziando proprio come scelte ed influenze di sistemi culturali diversi possano approdare a soluzioni tanto opposte quanto, ad un'attenta lettura, intimamente vicine.

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Politecnico di Torino - I Facoltà di ArchitetturaCorso di laurea in Architettuta (costruzione) - a.a. 2007/08

Saggio di ricerca I a carattere storico critico

Pof. Pierre-Alain Croset

Luis Barragan e Tadao Ando

la Cappella di Tlalpan e la Chiesa della luce

Francesca Diano144096

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Indice

1. Introduzione

2. Luis Barragan

3. Tadao Ando

4. Legame tra le poetiche dei due architetti

5. Tlalpan chapel

6. Chiesa della luce

7. Confronto

· volumetrie: angoli, setti e percezione dello spazio

· luce tangente i setti

· buio e luce

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1. Introduzione

Questo breve saggio si pone l’obiettivo

di indagare i legami, indi le dissonan-

ze e le somiglianze, tra le architetture

di due grandi architetti appartenenti a

culture e mondi diametralmente op-

posti.

Ciò vuole dimostrare come nulla

nasce dal nulla e dalla ignoranza – in-

tesa come l’assenza di conoscenza,

come qualsiasi grande architetto con-

osca il passato, sia esso remoto o

prossimo, e da questo inizi il proprio

percorso personale. Inoltre si vuole

sottolineare come scelte di materiali,

colori, luci, strutture differenti portino

alla composizione di architetture sen-

sibilmente dissimili, nonostante siano

esse scaturite da problematiche ed

ideologie simili: questo a sottolineare

delle molteplici risoluzioni possibili ad

un problema reale, opinabile, e non

piuttosto l’unica e la sola in senso as-

soluto.

2. Luis Barragan (1902-1988)

Luis Barragan è stato uno degli ar-

chitetti messicani del novecento che

più ha cercato di fondere in un unicum

la tradizione della propria terra con le

innovazioni dell’ International Style.

La sua capacità, come diceva il suo

amico scultore Mathias Goeritz,

è stata quella di “porre dei valori

spirituali sull’estetica e sulla funzi-

one” [ in Danièle Pauly, “Barragan,

space and shadow, walls and color”,

Birkhauser, Basel, 2002, p.6], cre-

ando un’architettura moderna senza

tempo, spirituale, fatta di contaminazi-

oni differenti.

“Non chiedetemi di questo o quel

lavoro; non chiedetemi che cosa fac-

cia; guardate ciò che ho visto io. Sono

[in

Danièle Pauly, “Barragan, space and

shadow, walls and color”, Birkhauser,

Basel, 2002, p. 9]; in realtà si possono

individuare tre grandi temi fusi nelle

architetture di Barragan: l’esperienza

mediterranea e quella del Movimento

Moderno.

1. L’architettura della tradizione-

si possono enumerare differenti temi

ricorrenti: la presenza di patii e alberi

luoghi privati di ombre e luci neces-

sari in un clima torrido come quello

messicano; i corredores, ovvero por-

tici che fungono da luoghi intermedi

nel particolare, i colori della tradizione

simbolici, che si fondono con quelli

del Barocco Spagnolo, vere e proprie

texture.

2. L’architettura mediterranea

scoperta nei viaggi europei - ciò che

più suggestionerà l’architetto saranno

i monasteri, in particolare il complesso

di Assisi, e l’ Alhambra. L’arte per Bar-

ragan è ispirata dalla religione e dalla

spiritualità; i monasteri e le chiese col-

mano la sua necessità di solitudine,

silenzio, spiritualità grazie alla perfetta

sintesi tra luci, ombre, volumi.

3. L’International Style - utiliz-

zando volumi puri, piani intersecanti

e linee secche Barragan si avvicina a

quelle che erano le teorie del modern-

ismo europeo, diventando egli stesso

un esponente del nuovo movimento

moderno.

La sintesi delle tre esperienze avvi-

ene nel momento in cui l’architetto ri-

esce a creare una nuova espressione

piani e volumi tipici della tradizione

moderna: la percezione dei volumi

cambia in base alle ombre che vi si

stagliano nell’arco della giornata, di-

ventando prima piani, poi linee. Tutte

le sue architetture dipendono dalla

luce che le tange: i volumi e gli angoli

assumono una forza scultorea che fa

in modo che essi vengano percepiti

come oggetti che mutano nel tempo;

colore in base alla texture che incon-

tra; tutta l’architettura è investita da

Luis Barragan, San Cristobal Ranch

Page 5: Luis Barragan e Tadao Ando

“ -

cato dell’architettura tradizionale negli

[ in Danièle Pauly,

“Barragan, space and shadow, walls

and color”, Birkhauser, Basel, 2002,

p. 27]

3. Tadao Ando

Come lo stesso Ando riferisce in

un’intervista [crf. Federica Zanco,

“Luis Barragan: the quiet revolution”,

Skira, Milano, 2001, p.12], la sua

architettura si rifà in qualche modo

all’esperienza di Barragan: le pre-

messe dei due architetti sono net-

tamente differenti, ma giungono alla

che a loro volta vengono rielaborate

e concretizzate in contesti e prodotti

sensorialmente e matericamente dif-

ferenti.

L’architettura di Tadao Ando mira ad

essere un connubio e una sincrasia

tra tre elementi: i materiali autentici, la

pura geometria, la natura.

autentici nel momento in cui riman-

gono “puri nella loro materia”, non

intaccati da elementi estranei alla

loro prima natura; la geometria è per

l’architetto il simbolo della ragione

umana che trascende la natura e il suo

della parola su quello di regolarità e

semplicità vitruviano, assolutamente

cielo, acqua.

La vera architettura si cristallizza nel

momento in cui queste tre categorie

trovano una coesione a discapito di

una prima opposizione; la geometria

così diventa la cornice per la visione

di ciò che gli è attorno e crea delle

condizioni di luce e materia interne in-

esistenti in natura, totalmente nuove,

simboli stessi della natura esterna. In

questo senso deve essere inteso il

rapporto natura-spazio: i tre elementi

naturali entrano letteralmente nella

geometria: questa perde la sua con-

notazione di oggetto e diventa vera

architettura, creando un organico

impossibile da rintracciare in natura,

senza simili, giusto compromesso tra

dell’elemento naturale con quello ra-

zionale. L’interno e l’esterno diventa-

no così un luogo continuo ma di cui si

distinguono i caratteri.

Il sito che all’inizio sembra essere in

contrasto con l’architettura, al termine

del processo di progettazione, coe-

siste con l’architettura stessa che vi

si adatta secondo una logica di com-

penetrazione da cui ne deriva il suo

carattere di unicità.

“The moment that nature enters into

a relationship with architecture it be-

comes no longer whole. It changes

its appearance and is reduced to el-

ements like light, wind, water or sky.

Light, wind, water or sky become the

symbol of nature. Nature, which up to

-

comes, through its resonance with the

geometry embodied in the architec-

ture, an abstraction” [ in El Croquis,

vol. n. 44, Tadao Ando, Madrid, sep-

tember 1990, p.5 ] 1

1 “ Il momento in cui la natura entra in relazione con l’architettura, questa diviene non

più un’entità unica, un tutto. Cambia il suo aspetto ed si riduce a elementi quali luce,

vento, acqua o cielo. Luce, vento, acqua o cielo diventano il simbolo della natura. La na-

con la geometria che prende corpo nell’architettura, un’astrazione”

Tadao Ando, Museo della letteratura, Himeji, Japan

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Tadao Ando, Koshino House

Luis Barragan, Barragan House

L’architettura di Tadao Ando non tenta

però unicamente di creare una sintesi

tra questi tre elementi, ma si pone

anche lo scopo di fondere le con-

cezioni spaziali e culturali occidentali

con quelle orientali: l’architettura che

caratterizza l’occidente in generale

è per lui infatti prevalentemente

verticale e spaziale, nettamente in

contraddizione con quello della cul-

tura giapponese, orizzontale ed ir-

regolare. L’effetto di questo processo

è un’architettuta ”trascendentale”, che

ritrova le sue radici nelle esperienze

sensoriali del Pantheon o nelle ar-

chitetture disegnate di Piranesi com-

miste alla diversa concezione della

natura e dello spazio giapponese.

4. Legame tra le poetiche dei due architetti

Tadao Ando racconta di essere stato

-

bino dalla poesia e dal pathos della

luce che illumina gli spazi e che lam-

bisce la geometria [ El Croquis, vol.

n. 44, Tadao Ando, Madrid, septem-

ber 1990, p.5], siano essi quelli delle

chiese cistercensi piuttosto che del

Pantheon o di Ronchamp; è la luce

-

enza l’espressionismo di ogni epoca.

Barragan, sostiene Ando, partendo

dalle proprie radici messicane, da

nascita ad una luce totalmente nuova,

sensuale, caratterizzata da una pro-

fusione di colori e sfumature prima

sconosciute.

Insieme a Legorreta ed a Souto de

Moura, Ando fa parte di quegli ar-

chitetti contemporanei che più sono

dell’architetto messicano. Se però Le-

gorreta dimostra come un’architettura

poetica come quella di Barragan pos-

sa essere generata da semplici com-

ponenti e possa essere accessibile ad

una società composta da più livelli (of-

frendo da un lato spazi esotici ed alter-

nativi piacevoli ed edonistici, dall’altro

luoghi di uso quotidiano riscattati da

un gioco interattivo di luci, colori, ac-

qua e paesaggio), Ando abbraccia

l’aspetto più spirituale dell’architettura

di Barragan, trasponendo i suoi prin-

cipi non solo in diversi materiali e su-

-

turale totalmente differente.

E’ da sottolineare il fatto che nonos-

tante i principi da cui scaturiscono i

processi intellettivi dei due siano af-

-

ferenti e in alcuni casi nettamente in

antitesi.

Due temi posso essere esplicativi di

questo processo di comprensione

prima e trasposizione poi: la modu-

lazione della luce attraverso fessure

verticali e il rapporto con l’acqua. Nel

primo caso possiamo asserire che, se

per Barragan ( e anche per Legorreta)

lo schermo perforato abbia come fun-

zione primaria quella di ombreggiare

gli interni e contemporaneamente

diffondere il colore, per Ando questo

diventi solo un modulatore di luce.

Confrontando infatti le architetture dei

due, anche l’occhio profano coglie la

grande differenza cromatica e percet-

tiva che deriva da tagli nella muratura

molto simili tra loro (ex casa Barragan,

/casa Koshino,): ciò si può ricondurre,

come prima accennato, al fatto che i

due architetti nascano in culture così

diverse e vivano in mondi le cui con

necessità climatiche e di vita differ-

iscono profondamente. Gli spazi che

si vengono a creare, così, sembrano

differenti.

Anche l’acqua è un elemento fonda-

mentale nell’architettura di entrambi:

ma se per Barragan è un elemento

dirompente che si riversa rumorosa-

mente in grandi vasche per mezzo

di copiose cascate facendo breccia

nei volumi monolitici dell’architettura,

per Ando le fontane sono impercet-

tibili movimenti dell’acqua all’interno

di grandi vasche quasi immobili, si-

lenziose, che creano scenari presi in

prestito dalla natura e che entrano si-

lenziosamente dentro l’architettura e

dentro lo spazio dell’uomo.

Nonostante queste differenze di com-

posizione e di concezione del rap-

porto tra l’uomo, la natura e lo spazio,

per entrambi gli architetti è fondamen-

tale il rapporto con il paesaggio e con

nella creazione di spazi intimi ed intro-

versi, in Ando in luoghi progettati con

Page 7: Luis Barragan e Tadao Ando

che la natura sia stata contaminata

dall’uomo: entrambi così sviluppano

la necessità di ricreare un enclave, un

luogo che possa riproporre all’interno

del caos delle megalopoli degli spazi

privati di serenità e protezione.

5. Tlalpan Chapel

La piccola Cappella di Tlalpan, il cui

progetto risale al 1950, fa parte di un

convento ristrutturato da Barragan per

le suore cappuccine a Città del Messi-

co. In questo piccolo intervento si re-

alizza quella che Barragan intendeva

come “opera d’arte completa”, ovvero

la completa interazione tra pittura,

architettura, scultura. E’ importante

il fatto che nella progettazione della

chiesetta l’architetto sia stato consigli-

ato dall’amico artista Mathias Goeritz

che ne disegnò la vetrata e l’altare.

Questa cappella diviene il maggior

esempio di quell’architettura emozio-

nale tanto perseguita dall’architetto,

architettura emozionale che, provo-

cando sensazioni emotive, diventa

veicolo per la ricerca della spiritualità

Lo scopo di Barragan nel proget-

tare la cappella è quello di ricreare

l’atmosfera di contemplazione che

lui aveva trovato ad Assisi come ad

Actopan. La piccola cappella si avvic-

ina anche alle chiese barocche mes-

sicane, non per le forme e i volumi,

quanto piuttosto per quella luminosità

dorata che tange gli oggetti e dà loro

una dimensione spirituale.

L’impianto della chiesa è semplice: è

costituita da un rettangolo ampliato

lateralmente da uno spazio che evoca

una cappella.

La luce non arriva mai diretta all’interno

vetrata, ora da schermi in legno che

fanno in modo che la luce appaia pro-

venire da una fonte “divina”.

e la sua luminosità dipende dall’ora

della giornata: in base a questo cam-

biano le proporzioni dell’intera cap-

pella.

Luis Barraga, Tlalpan Chapel, vista dell’altare

Luis Barraga, Tlalpan Chapel, stralcio della pianta del complesso con evidenziata la cappella

Luis Barraga, Tlalpan Chapel, modello tridimensionale del comples-so

Page 8: Luis Barragan e Tadao Ando

6. Chiesa della Luce

-

pliamento della chiesa esistente del

quartiere; la forma è infatti dovuta

al doppio rapporto con il sole e con

-

-

tangolo la cui dimensione è quella di

tre sfere ad esso inscritte di 5,9 m di

diametro; questo grande prisma è in-

tersecato da un setto di diciotto centi-

metri più basso ed inclinato di 15 gra-

di rispetto all’asse longitudinale. Tale

setto abbraccia da un lato la chiesa

piegandosi con un angolo acuto, e,

dall’altro, crea la porta di ingresso

nel suo punto di intersezione con un

della chiesa degrada lentamente ver-

so l’altare; l’effetto prospettico è ac-

centuato sia dalla discesa che dalla

geometria interna trapezoidale che

il setto forma con i muri perimetrali.

Analizzato l’impianto generale

-

gliere il dettagli dei materiali,

-

le ed architettonica dell’autore.

Per quanto riguarda i materiali,

sono impiegati solo vetro traspar-

ente, calcestruzzo e legno grezzo,

assecondando la teoria secondo

cui anche con il minimo budget

si possano creare spazi

di valore ed evocativi.

La presenza del setto che entra

all’interno della costruzione e ne

riesce evoca il forte legame che

l’architetto intende creare tra lo spazio

dell’uomo e quello della natura: inter-

no ed esterno sono entità diverse, ma

un legame sottile. E’ da sottolineare

il fatto che il nuovo spazio che si vi-

ene a creare non sia più né natura,

né uomo, ma la vera architettura.

Anche il ritmo delle aperture e

la modulazione della luce contri-

buiscono a questa totalità: i tagli

nelle pareti sono pochi, ma ognu-

no di essi ha un preciso obiettivo.

Le fonti di luce sono tre: la prima,

quella più diretta e percepibile, è la

grande croce intagliata nella mu-

ratura del presbiterio; la seconda

è costituita da un taglio di diciotto

centimetri che chiude lo spazio las-

è costituita da tutte le aperture che

si formano nei punti di intersezi-

one tra il setto e i muri perimetrali.

La luce diventa evocativa e si carica

con la profonda oscurità e quando

taglia il buio; l’intento è quello di as-

trarre l’elemento naturale dal suo con-

testo e allo stesso tempo fare in modo

che questo stesso diventi una com-

ponente essenziale dell’architettura.

Tadao Ando, Chiesa della Luce, planimetria

Tadao Ando, Chiesa della Luce, assonometria

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista

Page 9: Luis Barragan e Tadao Ando

7. Confronto

Il confronto tra le due chiese è stato

effettuato cercando di evidenziare al-

cune tematiche ricorrenti a cui i due

architetti hanno dato soluzioni simili o

nettamente differenti; nel particolare

l’analisi è stata effettuata sui seguenti

sei aspetti:

· volumetrie: angoli, setti e

percezione dello spazio

· luce tangente i setti

· frame e parzializzazione

· buio e luce

1. VOLUMETRIE: ANGOLI,

SETTI E PERCEZIONE DELLO

SPAZIO

In entrambi i casi, gli architetti sono

-

metrie semplici: Ando, come detto in

precedenza, sostiene la necessità di

utilizzare geometrie pure per creare

spazi e contesti nuovi ed evoca-

tivi; Barragan, fedele alla tradizione

del Movimento Moderno, sostiene

creare, mediante l’aiuto della luce,

luoghi suggestivi e continuamente

mutevoli nel tempo.

alla base della struttura è il rettangolo

che viene in un caso dilatato, nell’altro

frazionato, mediante l’inserimento di

un piano verticale: in questo modo la

qualità dello spazio cambia profonda-

mente pur partendo dalle stesse pre-

messe.

Nel caso della Chiesa della luce avvi-

ene l’inserimento del piano all’interno

del rettangolo: per entrare nella chie-

setta si cammina tangenti ad un alto

muro che abbraccia il volume sem-

angolo di 15°. Nel punto in cui inter-

seca la prima parete della chiesetta

è situato l’ingresso. Una volta entrati

il setto prosegue per poi fuoriuscire

dallo spazio interno attraverso il muro

viene così diviso in due parti, atrio e

navata, che assumono però forme in-

consuete per uno spazio liturgico;

inoltre il setto che buca i muri perim-

etrali crea delle lame di luce proprio

dove avviene l’intersezione, mettendo

così in risalto i punti di discontinuità

della geometria.

Ne caso della cappella di Barragan,

invece, un setto che crea un angolo

fortemente acuto con le pareti è utiliz-

zato per creare un piccolo spazio ap-

pendice della cappella stessa da cui

proviene una luce calda e soprasen-

sibile: il setto ha la funzione di celare

la vetrata e, solo avanzando nella na-

vata, mostra uno spazio aggiuntivo.

Lo spazio in questo modo sembra

“sfuggire” e la dinamica interna è ac-

centuata notevolmente.

Inoltre, nella chiesetta di Barragan, lo

spazio è ulteriormente ampliato gra-

zie ad un altro espediente: invece di

creare un muro per dividere la navata

da una piccola cappella laterale, uti-

lizza una griglia che lascia intravedere

lo spazio retrostante che, in questa

maniera, viene illuminata ancora una

volta dalla luce della navata e ne am-

plia contemporaneamente la percezi-

one.

La sensazione interna dello spazio è

resa anche differente dalle discrep-

anze di quota del pavimento nei due

casi.

Nella cappella di Ando il pavimento

è inclinato verso l’altare: questo,

assieme alla forma trapezoidale che

assume lo spazio interno, aumenta la

fuga prospettica interna.

Nella Cappella di Tlalpan, invece,

il pavimento ha quota costante e la

zona dell’altare è sopraelevata risp-

etto a quella di calpestio.

Se quindi da un lato si intraprende

una “discesa” per giungere alla zona

sacra, dall’altro, al contrario, vi è

un’ascesa.

Tadao Ando, Chiesa della Luce, evidenziati in rosso il setto, in giallo la navata, in blu l’altrio

Luis Barragan, Tlalpan Chape, eviden-ziati in rosso il setto, in giallo la navata, in verde le cappelle

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista

Tadao Ando, Chiesa della Luce, sezione

Page 10: Luis Barragan e Tadao Ando

2. LUCE TANGENTE I SETTI

Abbiamo già detto che sia nel caso

della Chiesa della luce che nella Cap-

pella di Tlalpan i setti sono anche pi-

ani utilizzati per creare giochi di luce

e che, grazie alla luce stessa, assu-

mono matericità e consistenza.

La luce che proviene dalle aperture

verticali mette in evidenza i punti di in-

tersezione del setto con i muri crean-

do la continuità tra l’interno e l’esterno

tipica dell’architetto giapponese; la

luce che proviene a cascata da sopra

il setto, resa possibile dal fatto che

la lama di calcestruzzo è di diciotto

in modo che il setto sembri un’entità

sospesa, quasi casualmente nel con-

testo, elemento che cela viste e luci

il setto lo mette in risalto nell’oscurità

della chiesa, rendendolo un elemento

fortemente caratterizzante e vivo.

In questo caso è la luce che dà vita e

ragion d’essere al corpo solido, che,

senza questa, perderebbe la sua

carica emotiva e apparirebbe non

più come un oggetto quasi bidimen-

sionale, ma sarebbe percepito come

solido.

il setto nel caso della Cappella di

Tlalpan: sebbene anche in questo

caso si crei un taglio verticale in cor-

rispondenza del setto che piega, la

luce non ha la funzione di esaltare né

il muro stesso, né la sua matericità.

Il rapporto di funzioni tra la luce e il

muro si inverte: è infatti il muro con la

sua posizione e il suo colore che es-

alta la luce proveniente dalla vetrata,

nascondendo la fonte luminosa e dis-

simulandola alla vista, in modo che il

visitatore non si renda conto della sua

esatta provenienza e facendo sì che

tutta la chiesa assuma una dimensio-

ne di sospensione ed immanenza.

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista dei tagli in cor-rispondenza del setto

Tadao Ando, Chiesa della Luce, evidenziati in rosso il setto, in giallo le fonti di luce

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, evidenzi-ati in rosso il setto, in giallo le fonti di luce

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, particolare della vetrata

Page 11: Luis Barragan e Tadao Ando

3. CORNICE E PARZIALIZZA-

ZIONE DELLE SUPERFICI

Un altro tema importante nel confron-

suddivise.

In tutta l’opera di Barragan l’utilizzo

di cornici che racchiudono e suddi-

vidono spazi contigui è una costante

volontà è quella di creare piani, solita-

mente modulari, che siano contempo-

raneamente muri e trasparenze.

Anche nella piccola Cappella in analisi

queste pareti parzializzate hanno una

grande importanza: l’architetto le usa

in due modalità diverse; in un caso

la griglia viene usata per dividere lo

spazio della chiesa con quello della

piccola cappella laterale: si viene

così a creare un luogo minore, rac-

colto, che appare dalla navata quasi

invisibile, ma che permette alla luce

di penetrare nell’angusto angolo. Nel

secondo caso il piano forato è utiliz-

zato nella parete di ingresso: qui la

sua funzione è duplice: da un lato

della chiesetta in modo schermato,

creando ombre sull’altare e colo-

rando lo spazio, dall’atro quello di

creare uno spazio da cui le monache

di clausura possano seguire la messa

se nella cappella vi sono persone es-

terne al convento. In entrambi i casi

questi piccoli tagli e frazionamenti dei

piani verticali sono intesi come texture

vere e proprie, sfruttate sia per creare

proiezioni di luce e colori che per dis-

simulare spazi diversi ma permetten-

do tra loro un legame sensoriale.

Tutt’altro l’intento dell’architetto giap-

ponese.

Nel suo caso, fatta eccezione per i tagli

eseguiti tangenti ai punti di intersezi-

one tra le pareti e il setto, la continuità

la grande croce di luce dell’abside.

all’intersezione della parete di fondo

con quelle ad essa ortogonali, con

così una lama di luce che si staglia

nel buio della sala, modulata dalla

luce esterna, simbolo e legame tra la

natura e l’uomo. Inoltre la divisione

crea la sensazione che la parete sem-

bri formata da quattro pannelli sepa-

leggeri, operando, come per il setto,

una smaterializzazione del materiale

e utilizzando la luce come mezzo per

questo scopo.

La parete in cui si viene a formare

la croce è infatti costituita da quattro

pannelli in calcestruzzo due dei quali

laterali, mentre gli altri due sono ap-

poggiati al pavimento: si crea così

un contrasto tra la leggerezza delle

avere il peso reale del calcestruzzo, e

quelle appoggiate che invece gravano

a terra.

Tadao Ando, Chiesa della Luce, in giallo evi-denziati i tagli sulle pareti

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, evidenziate le pareti forate

Page 12: Luis Barragan e Tadao Ando

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, particolare della parete di ingresso

Tadao Ando, Chiesa della Luce, tagli in cor-rispondenza del punto di intersezione tra il setto e la parete di fondo

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista dall’esterno della croce di luce (in questo caso i rapporti luce-ombra si invertono e la croce ap-pare dall’esterno come un taglio scuro)

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, particolare della parete di ingresso e della vetrata viste dall’interno

Page 13: Luis Barragan e Tadao Ando

4. BUIO E LUCE

appare immediatamente chiaro come

i rapporti tra le parti in ombra e quelle

illuminate siano invertiti.

Entrando nella Chiesa della Luce

ciò che per prima cosa colpisce è il

sia caratterizzato da uno stato di pe-

nombra rotta dalla grande croce di

luminosità diffusa e diafana proveni-

ente dal lato del setto. In questo caso

il “buio” è una condizione ricercata

dall’architetto per mettere in risalto

le epifanie di chiarore ed enfatizzata

dalla monocromia dell’interno.

Entrando nella Cappella delle mona-

che, invece, ciò che subito colpisce

non è un buio nero e profondo, a cui

l’occhio si deve abituare, ma piut-

tosto un’atmosfera calda, resa pos-

sibile grazie al sapiente uso del co-

lore, intorpidita, non troppo luminosa,

ma comunque chiara. L’abside non

è una zona profonda e scura come

nell’architettura di Ando, rotta dalla

luce, ma è invece pervasa da un’aurea

divina di riverbero, proveniente da una

fonte che lo spettatore non può ricon-

oscere, capovolgendo la situazione

descritta nella Chiesa della luce.

5. OMBRE E LUCI - RIFLESSI

Come già accennato, la tematica del-

le ombre nasce, per Barragan, come

una necessità dovuta al luogo in cui

vive: il calore e il clima messicano

impongono la creazione di spazi che

siano per lo più schermati dal sole

e mitigati dalla presenza del verde.

L’architetto messicano coglie questo

spunto come partenza per un utilizzo

delle ombre sensuale e morbido, uti-

lizzando le stesse come texture sem-

pre in movimento e capace di ricreare

immagini sempre mutevoli.

Anche Ando utilizza tagli e cornici per

creare giochi di ombre, ma con intenti

differenti: non vi sono necessità pret-

tamente legate al luogo, ma piuttosto

la volontà di giocare con gli spazi e la

loro profondità.

Il primo confronto può essere fatto

entrambi i casi la croce absidale non

è un oggetto materiale, ma piuttosto

un’immagine immateriale e legata

all’ambiente esterno; come già detto,

la croce nella cappella di Ando è costi-

tuita da un taglio di luce nella parete

di fondo dell’abside, che cambia lu-

minosità e colore durante le ore della

giornata: luce su fondale in ombra.

Nella cappella di Barragan il simbolo

cristiano è l’ombra di una massiccia

croce posta longitudinalmente risp-

etto alla navata illuminata dalla vetra-

ta nascosta: ombra su un fondale

chiaro.

Un altro paragone può realizzarsi per

quanto riguarda le modalità di utiliz-

casi i materiali utilizzati, seppur tanto

diversi, incidono in modo sapiente

Barragan utilizza un pavimento in leg-

no lucido e di una calda tonalità che

fa in modo che tutta la luce che entra

indirettamente nella cappella venga

volta, viene invece assorbita dalle pa-

reti opache che in questo modo si illu-

minano ma creano un ambiente poco

“luccicante” ma caldo.

Nel caso di Ando, invece, tutto

l’involucro è costituito da calcestruzzo

talmente liscio da diventare e assu-

mere quasi la funzione di uno spec-

chio: è così che la croce di luce si

specchia e allunga i suoi bracci lungo

ed illumina in modo leggero la stan-

za.

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista della croce che si staglia nel buio

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, immagine della croce proiettata come ombra sul muro

Tadao Ando, Chiesa della Luce, immagine lu-minosa della croce

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, evidenziata la croce e lla sua immagine sul muro

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6. COLORE E SUPERFICIE

Una delle differenze che appare mag-

giormente evidente nel confronto tra

i due architetti, e che forse a primo

acchito potrebbe far supporre che le

loro architetture non abbiano nulla in

comune, è la grande differenza cro-

Inoltre, a esaltare questa discordan-

za, assumono funzione fondamentale

i materiali utilizzati, da un lato gran-

ulosi e corposi per quanto riguarda

Barragan, dall’altro lisci e diafani per

quanto riguarda Ando.

Nella Cappella di Tlalpan, che a ques-

to punto può essere considerata un

esempio di “arte integrale”, la cromia

diventa una parte integrante del vol-

ume, giocando un ruolo vitale nella

percezione spaziale. La luce che en-

tra dalla vetrata, disegnata dall’artista

Mathias Goeritz, amico di Barragan, si

-

branti; la luce morbida crea durante le

-

enti tonalità di gialli rossi e arancioni,

che danno l’impressione di un luogo

sacro e nello stesso tempo sensuale.

-

mente alterata dal colore e ciò fa in

modo che il fulcro della chiesa diventi

la grande croce e l’altare dorato che

Il largo utilizzo che Barragan fa del

colore è un giusto connubio tra la tra-

dizione messicana e quella del movi-

mento moderno.

Nella chiesa di Ando, invece, vige

l’assenza di cromia: tutto è resto atem-

porale dalla monocromia e dall’utilizzo

alcun colore.

In questo caso la percezione dello

spazio che si ha è quella di un luogo

luci diafane mutevoli nel corso della

giornata solo per intensità e non per

cromia.

La luce è evocativa e, portata

all’interno dell’architettura, crea un

luogo senza tempo.

Luis Barragan, Tlalpan Chapel, viste degli interni

Tadao Ando, Chiesa della Luce, vista dell’interno

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BIBLIOGRAFIA

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Siza ; Saggi di Antonio Toca Fernández ... [et al.]. - Modena : Logos ; Sivi-

glia : Tanais, 1996

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Testo e immagine, 1997

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2001

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