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Luigi Russo Psicologo, Psicoterapeuta Dottore di Ricerca in Pedagogia e Scienze dell’Educazione Diocesi Nardò Gallipoli IRC L'educazione emozionale per favorire la crescita.

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Luigi RussoPsicologo, PsicoterapeutaDottore di Ricerca in Pedagogia e Scienze dell’Educazione

Diocesi Nardò Gallipoli

IRC

L'educazione emozionale per favorire la crescita.

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“Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.

Quali sono le variabili che rendono infelice o disgraziate (come altre traduzioni) alcune esistenze e specialmente in che modo e quanto e come potremmo prendercene cura noi che viviamo in contesti lavorativi o di ricerca che si occupano esistenze difficili?

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Le variabili

•Il ragazzo

•L’educatore

•La relazione

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Il punto di partenza

“L'educatore porta in se stesso e semina nel terreno sociale, che funziona come cassa di risonanza per gli altri, l'interrogativo che o assilla: che cosa significa essere uomini? chi è l'uomo? interrogativo che, in lui, non è mera speculazione ma

responsabilità. È attraverso l'esigenza essenziale di un costante lavoro su se stesso che un educatore può impegnarsi in quest'opera vitale.

Le questioni del che cosa siamo  e del chi siamo sono inseparabili. in ognuna vi è un cammino di conoscenza, ma al cuore di entrambe c'è il mistero di un incontro”.

Pierre Durrande L'arte di educare alla vita Edizioni Qiqajon 

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Ingredienti: il temperamento

Genetica del comportamento: (R. PLOMIN, G.E.McCLEARN, J.C.DeFRIES, P.McGUFFIN)

L’ambiente

Genetica del comportamento: polimorfismi e loro espressione fenotipica (Nobile M, Battaglia M, Molteni M.)

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• Il comportamento può essere influenzato dai geni, ma non è determinato da essi

• La suscettibilità all’influenza dei geni non implica la non modificabilità

• Il ruolo dell’ambiente e delle esperienze è fondamentale per l’espressione dei geni predisponenti.

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Ingredienti: la relazione di accudimento

La “regolazione emotiva”:

… la capacità di mantenere l’organizzazione comportamentale di fronte a elevati stati di tensione, concepita in una successione temporale ben definita in cui è centrale il ruolo svolto del caregiver.

Sroufe (1995)

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Gli stili educativi

• “non puoi vivere situazioni emotive negative”

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Le relazioni allargate

• Che cosa insegniamo attraverso la scuola, la tv, i pc, gli i-pod?

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Il Paradigma Pedagogico

IL RAGAZZO/A DIFFICILEPiero Bertolini (1998)

L’utilizzo di questa definizione, delinea uno schema diriferimento che sposta l’attenzionedall’espressione comportamentale

(oppositività, aggressività, devianza, antisocialità, isolamento, diversità)

al nucleo che muove le diverse espressioni comportamentali ovvero

alla visione del mondo che le regola

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La persona ospitata è…

Un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza che ha alle spalle esperienze formative gravemente insufficienti e deludenti che hanno determinato la formazione di schemi interpretativi di sé, degli altri, del mondo, che inficiano il benessere personale, l’adattamento e la partecipazione sociale.

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L’obiettivo del lavoro educativo

Il fine ultimo di un lavoro ri-educativo è quello di mettere il ragazzo nelle condizioni di rivedere lo schema cognitivo che regola il suo funzionamento emozionale e la sua espressione comportamentale. Posso occuparmi del pugno che Marco ha sferrato a Luca; posso punire e/o strutturare un apprezzabile percorso di rinforzo di abilità sociali e comunicative. Potrò parlare di un intervento educativo nel momento in cui ho messo il ragazzo nelle condizioni di rivedere lo schema che ha supportato e determinato quel pugno. La prossima volta potrà (ahimè!) risferrarlo. Forse però avrà scelto di farlo: se prima la sua modalità era una strada obbligata, oggi può assumersi la responsabilità di una scelta;

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Gli strumenti

“dipende tutto dalla qualità degli educatori”

(15 agosto 1921, lettera 284, al direttore del “l’orfano” milano);

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Gli strumenti

L’educatore è un perturbatore strategicamente orientato

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Gli Strumenti

Innanzitutto la figura dell’educatore (insegnante, genitore, operatore sociale). Piero Bertolini lo definisce come “perturbatore strategicamente orientato che offrendo informazioni e provocazioni faccia leva sui processi autogenerativi di rinnovamento dello stesso ragazzo”[1]. Già non un contenitore, un airbag che montato sul ragazzo si apre per prevenire o attutire scontri, conflitti, difficoltà. Un perturbatore. Consapevole dei suoi processi emozionali, innanzitutto. Bravo esploratore di quello degli altri, dopo. Facilitatore di esperienze emozionali nuove, creative, diverse. Capace di ampliare il repertorio cognitivo, comportamentale, espressivo del ragazzo. Sfruttando la quotidianità. Che è quella dalla quale i ragazzi vengono. Che è quella alla quale i ragazzi verranno lasciati.

[1] cfr. P. Bertolini, L. Baronia (1993) Ragazzi Difficili Firenze, La Nuova Italia

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Gli Strumenti

La ricchezza della quotidianità.

Potremmo pensare, a questo punto, che tutto quanto esposto finora abbisogni di chissà quali programmi, strutture, strumenti, materiale. In una comunità (famiglia, scuola, casa-famiglia, centro educativo) la vita si svolge rotolandosi in minuti di esperienze piccole, di relazioni ripetitive, di ritmi, sequenze, rituali. Non serve nient’altro. Se, come educatori, avremo maturato uno schema che ci consente di vedere in tutto questo l’opportunità di stimolare conoscenza, di promuovere cambiamento, di favorire la crescita, seguendo il percorso pensieri-emozioni-azioni, tutto questo diventa quotidiano, fluido, prezioso.

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Passare da un

ATTEGGIAMENTO ESPLICATIVO[adesso ti spiego io, adesso ti dico come devi

fare, adesso ti do la soluzione]

Ad un

ATTEGGIAMENTO ESPLORATIVO[ti aiuto a ricercare significati, a pensare

alternative, a provarle]

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Esperienza Emozionale

Correttiva Franz

Alexander

“Era certo, non metteva in dubbio che non era più lo stesso uomo, che tutto era cambiato in lui e non era in suo potere d'impedire che il vescovo gli avesse parlato e lo avesse toccato”

I Miserabili

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I risultati

Le due fotografie.

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I risultati

• I risultati di questo lavoro non sono immediatamente valutabili. L’occhio vigile e curioso dell’educatore potrà verificare la capacità del ragazzo di considerare molteplici possibilità, di scegliere tra diverse alternative, di percorrere vie diverse non sensi obbligati. Sarà bello, a quel punto, tirare un bel respiro di soddisfazione…

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Conseguenze…

La disillusione del cambiamento.

Il lavoro con i ragazzi difficili dovrebbe insegnarci che “benché questa sia l’aspettativa di tutti (gestire e ristrutturare il ragazzo n.d.r.), noi educatori non possiamo accettare la delega da parte di chi sta all’esterno delle nostre mura. Non dobbiamo mai considerarci come tecnici addetti alla riparazione della personalità: se così fosse, che operatori sociali saremmo? (…) La goccia che ha pazientemente scavato il suo passato ha lasciato sul terreno ciò che egli è, qui e ora”[1]

[1] F. Folgheraiter (1999). Ragazzi “a rischio”: ecologie educative dentro e fuori dalla scuola. In: L. Tuffanelli (a cura di). Intelligenze, emozioni e apprendimenti. Trento, Erickson