Lucia Rizzi - I segreti delle famiglie felici

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I segreti delle famiglie felici è un libro indispensabile in ogni casa in cui nasca un figlio o in cui crescano bambini e ragazzi, per dimenticare ansie, stanchezza e preoccupazioni, e vivere in serenità gli anni più belli della vita.

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lucia rizzi

i segreti delle famiglie felici

Il grande libro del prodigioso metodo Fate i Bravi!

Rizzoli

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Proprietà letteraria riservata

© 2013 RCS Libri S.p.a., Milano

ISBN 978-88-17-06863-5

Prima edizione: novembre 2013

Progetto grafco degli interni: Silvia Zaccaria/theWordofDot

Impaginazione: Compos 90 srl

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i segreti delle famiglie felici

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Cari lettori,

già immagino i vostri sguardi perplessi o magari ironici mentre

leggete il titolo di questo libro: I segreti delle famiglie felici. Vi

domanderete: «Che cosa pretende Lucia Rizzi? Pensa di avere la

bacchetta magica? La felicità non esiste! E poi, cosa ne sa lei della

mia famiglia?».

Avete ragione: è un titolo un po’ roboante, ma forse è proprio

per questo che ha attirato la vostra attenzione. L’ho scelto perché

vorrei che questo libro mi consentisse di riprendere, collegare e

confermare le idee che vi propongo ormai da alcuni anni. Ho la

sensazione infatti che, al giorno d’oggi, molti “personaggi” (anch’io

posso essere defnita così!) cambino idea con la stessa facilità con

cui cambia il tempo. Be’, io invece penso di essere abbastanza

testarda e, con l’età e l’esperienza di vita, mi sembra di diventarlo

sempre di più... o, meglio, di rafforzarmi in quelle che erano le mie

opinioni già tanti anni fa.

Vi sembra un discorso contorto e diffcile? O forse fn troppo ov-

vio? A questa domanda risponderete voi. Però, prima che iniziate la

lettura, vi invito a porvi sempre con un atteggiamento estremamente

curioso e “critico” perché solo così potrete essere donne e uomini

davvero liberi di pensare e di essere voi stessi e potrete “testarda-

mente” costruirvi una vita come nei vostri desideri e nei vostri sogni.

E sul flo di queste rifessioni mi ritornano in mente le parole

che Walt Disney fa cantare alla sua Cenerentola:

I sogni son desideri,

chiusi in fondo al cuor.

introduzione

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Introduzione

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Nel sonno ci sembran veri

e tutto ci parla d’amor

se credi chissà che un giorno

non giunga la felicità…

non disperare nel presente

ma credi fermamente

e il sogno realtà diverrà!

Io me la canticchio spesso. Così come anche

Canta che ti passa la malinconia.

Evviva l’allegria, evviva il buon umor.

Una cantatina tutto fa scordare.

Mettiti a cantare... tutto passerà!

Mi trovate puerile?

Be’, questo libro parla proprio di bambini! E poi non lo si rimane

un po’ tutti, anche noi vecchietti?!

Ma c’è anche una ragione molto più pratica che mi ha spinto a

mettere insieme questo “volumone”. Sono convinta che sia impor-

tante ricordarsi sempre proprio il fatto che bambini e vecchietti

non sono poi così diversi: c’è una stretta connessione tra le diverse

tappe della vita.

In questo libro vi inviterò spesso a osservarlo: il vostro quattor-

dicenne saputello è la stessa persona che a 2 anni vi gridava: «IO!!!»

quando voleva prendersi il prosciutto da solo. La vostra bellissima

dodicenne che vuole mettersi lo smalto nero è la stessa bellissima

duenne cui avevate consentito di mettersi il vostro smalto rosso.

E vi ricordate quante notti avete passato insonni perché il vostro

piccolino se ne stava in piedi nel lettino a occhi sbarrati? Sono gli

stessi occhi che adesso vi guardano quando torna fuori orario dalla

serata con gli amici. Siamo tutti sempre le stesse persone: non

siamo cambiati, sono solo cambiate le circostanze e i comporta-

menti. Essere consapevoli di questo è estremamente importante

per vivere meglio e individuare le strategie giuste per condividere

più felicemente il nostro pezzo di strada insieme della vita!

Io – chi mi conosce lo sa – ho la casa strapiena di libri. E, come

forse voi, ne ho tanti proprio sui bambini, favole e racconti scritti

per loro. Conservo ancora quelli di quando ero piccola che anche

i miei fgli hanno letto e tenuto tra le mani, e che adesso concedo

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Introduzione

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con tanta felicità (e prudenza!) ai miei nipoti. Ancora dopo tanti e

tanti anni mi ritrovo a risfogliarli quasi fossero un vangelo.

In questi momenti mi appare chiaro che le persone non cam-

biano; che, così come ho sorriso quando per la prima volta mia

fglia di 8 mesi mi ha strappato di mano il cucchiaino rovesciando

il contenuto per terra, adesso devo sorridere se la vedo commettere

qualche banale errore. Anzi, l’esperienza mi dice che fra poco impa-

rerà a maneggiare meglio il cucchiaio della sua vita. Allora, perché

non “aiutarla” ad arrivarci prima, senza subissarla di suggerimenti

e invece magari chiedendole un consiglio per me?

Intuite, dunque, il perché di questo librone? Spazia sui tanti

momenti della vita familiare e spero che possa dare a tutti serenità,

incoraggiare la pazienza e la costanza nell’essere attori e spettatori

felici dello svolgersi della vita insieme.

Vorrei fare ancora una precisazione sulle “storie” che i nostri

bambini leggono e sulla “storia” che noi costruiamo come famiglia.

Poco sopra ho posto l’accento sulla pazienza e sulla costanza

necessarie per attuare un progetto educativo. Lo so, sono due

qualità tipiche dei “forti” e forse un po’ desuete nel mondo d’oggi

dove tutto gira vorticosamente e, soprattutto con i nostri fgli, ci

sembra spesso di non stare al passo dei cambiamenti continui.

Sono però convinta che non dobbiamo mai scoraggiarci e che

sia bene rinforzare positivamente in noi queste due qualità pro-

prio come lo facciamo con i successi anche minimi dei nostri fgli

quando acquisiscono comportamenti adeguati alle loro capacità.

A questo scopo, vi suggerisco di usare un grande mezzo di rin-

forzo: l’esame di coscienza giornaliero. Mi sembra già di sentire i

vostri commenti ironici. Be’, se ogni sera vi soffermaste a pensare

a una “regola” che vi siete posti (per esempio: al rientro dal lavoro

entro in casa e abbraccio tutti anche se nessuno lo fa mai con me)

e vi rendeste conto di averla messa in pratica con un sorriso, spe-

rimentereste automaticamente un ottimo rinforzo positivo. E poi,

sono sicura, almeno uno dei componenti della vostra famiglia avrà

ricambiato il sorriso magari proprio mentre vi respingeva perché

stava facendo qualcos’altro... e scommettiamo che domani sera i

sorrisi ricambiati saranno due?

“Non è mai così” rispondete voi.

Ma, in coscienza, ci avete mai provato regolarmente per almeno

una settimana?

Ora non voglio essere noiosa. Scappate via, raggiungete il vostro

bambino che vi chiama, sorprendete vostra moglie apparecchiando

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Introduzione

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la tavola, chiamate la primogenita a cena... In questo librone, trove-

rete quello che accade ogni giorno nelle famiglie come la vostra. E

allora perché leggerlo? Be’, a volte, viste da fuori, le cose sembrano

più semplici, divertenti, fattibili, persino più interessanti che nella

quotidianità reale. Pensateci, è quasi come leggere il racconto della

nostra vita: sta a noi inventare il lieto fne. Molto modestamente

io cerco di aiutarvi a scriverlo!

Un ultimo suggerimento. Lasciate pure in giro questo libro, non

abbiate paura che lo leggano anche i vostri fgli che sanno farlo.

Generalmente i ragazzini, soprattutto gli adolescenti, sono giusta-

mente curiosi di ciò che pensano i grandi. Sicuramente leggere le

opinioni espresse nel libro, i tanti esempi di famiglia, di scuola,

di tempo libero non potrà che stimolare in loro idee e forse anche

propositi per un positivo e più sereno rapporto familiare.

E, tenetelo sempre a mente, siete una squadra vincente!

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i presupposti

di una famiglia felice

Parte prima

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Famiglia = Felicità

Cari lettori, siete pronti per incominciare?

Nel primo capitolo di questo libro, che ci accompagnerà at-

traverso tutte le fasi della crescita di una famiglia, ci occupiamo

in generale del tema dell’educazione. Che cosa vuol dire essere

genitori? Quali impegni e responsabilità comporta nella vita di

un uomo o di una donna? Che punti di riferimento può darsi chi

ha “messo su” famiglia?

Sembrano domande semplici che, magari, vi ricordano i discorsi

che, da bambini, sentivate fare da un anziano zio oppure dalla

nonna. In realtà, non sono affatto desuete, ma ci portano a riper-

correre e ad analizzare un cammino personale importantissimo

che tutti noi facciamo, abbiamo fatto o dovremmo fare nel corso

della nostra vita emotiva: il passaggio dal pronome “IO” al suo

plurale “NOI”. Per alcuni è un’evoluzione naturale, facile e serena;

per altri un viaggio che si rivela avventuroso, a volte complicato,

e non privo di sorprese.

La creazione di una propria famiglia è un grande e prezioso

momento di crescita personale che, credo, ciascuno, più o meno

consciamente, desidera affrontare.

Il seme della famiglia corrisponde infatti alla necessità impellente

di ognuno di noi di “far parte di”, di essere riconosciuto e amato da

almeno un’altra persona con la quale si sente di avere un’affnità

emotiva.

Se poi la famiglia è composta da tre, cinque o nove persone, non

L’esigenza naturale di “fare

famiglia” nasce dal bisogno

dell’individuo di sentirsi

riconosciuto e amato.

essere famiglia

capitolo 1

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i presupposti di una famiglia felice

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cambia nulla: alla base c’è sempre (o dovrebbe esserci) l’aspirazio-

ne di ogni componente alla pace, alla felicità e alla soddisfazione

personale.

In quest’ottica, fare famiglia non è solo un passaggio, un’evolu-

zione momentanea – appunto quella dall’io al noi –, ma è anche

un’attitudine che si deve costantemente coltivare e mantenere negli

anni, quando i fgli attraversano le diverse fasi della crescita, al fne

di alimentare una serena e positiva vita comune con le persone

care. Che è poi il segreto della felicità.

Prima di partire, vorrei proporvi qui una breve poesia che leggevo ai

miei alunni della scuola elementare e che loro apprezzavano molto:

La famiglia

Basta un papà e una mamma

un fglio o una fglia

per fare una famiglia.

Solo chi è solo, poverino,

cerca una famiglia

in casa del vicino.

La famiglie formano un paese

e qualche volta persino una città

dove la gente è tanta

ma ci sta tutta quanta.

Al caldo o al gelo

nella capanna o dentro il grattacielo

nei paesi e nelle città

vive la grande umanità.

Chi è giallo, chi bianco, chi nero.

Ma se c’è la pace

una sola famiglia

è il mondo intero.

Mario Lodi (da In una nuvola)

In aggiunta vorrei citarvi – forse stupendovi – nientepopodimeno

che la ex frst lady Laura Bush, in un suo discorso ai neolaureati

del Wellesley College: «Per quanto importanti saranno le vostre

professioni come medici, avvocati, dirigenti..., ricordatevi sem-

pre che siete prima di tutto esseri umani e che i vostri rapporti

con le mogli, i mariti, i fgli, i genitori, gli amici sono e saranno

sempre gli investimenti più importanti che farete. Alla fne della

vostra vita, al di là dei successi che avrete ottenuto nella carriera

lavorativa, quello che rimpiangerete sarà il tempo che non avete

La famiglia va “coltivata”

sempre, in tutte le fasi

della sua evoluzione.

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Essere famiglia

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speso con i vostri cari. Il successo della società non dipende da

ciò che succede alla Casa Bianca, ma da ciò che succede nelle

nostre case!».

Al di là di ogni giudizio politico, religioso o economico, penso

che queste affermazioni siano profondamente vere. Lo dico alla

luce del fatto che ho conosciuto tante famiglie e ne ho vissute

due, alle quali faccio risalire la mia personale scelta di valori, quali

la libertà di coscienza, la fede in un buon Dio padre, l’apertura

mentale e la generosità verso il prossimo. Alludo alla mia famiglia

d’origine (costituita essenzialmente dalla mia mamma, dalle mie

sorelle e dai miei zii materni), che mi ha consentito di vivere con

coraggio e con serenità i momenti diffcili dell’esistenza, e alla

famiglia che mi sono creata sposandomi e mettendo al mondo

tre fgli meravigliosi.

È stato, come per tutti, un percorso accidentato durante il quale

ognuno di noi ha spesso dovuto rinunciare a un pezzetto di sé, a

un suo sogno personale; ha dovuto ascoltare e accettare, ha dovuto

rimpiangere o addirittura abbandonare intenti e proprie peculiarità.

Ma per tanti anni ce l’abbiamo fatta; inoltre il cammino è ancora

lungo, visto che ci sono i nipotini che avanzano e chiedono di noi

tanto quanto noi “vecchietti” abbiamo bisogno di loro.

Domandiamoci dunque che cosa vuol dire davvero essere madre

o padre, essere famiglia. Questo interrogativo impone di rifettere

profondamente sul proprio modo di essere come individui – uomo

e donna – e come coppia. Viviamo consapevolmente il nostro

ruolo di genitori?

Se le domande con cui ho aperto il capitolo potevano suona-

re un po’ “antiche”, quest’ultima al contrario non sarebbe mai

stata posta trenta o quarant’anni fa. Come mai? Semplicemente

perché la mentalità comune era diversa e il senso della fami-

glia veniva dato per scontato. Perciò se noi giovani “del secolo

scorso” avessimo detto ai nostri genitori di essere “in coppia”,

li avremmo magari un po’ sconvolti con quella che avrebbero

interpretato come una “brutta parola”. Ciò che oggi appare

semplicissimo – lo stare insieme – prevedeva allora una serie

ben precisa di tappe che i genitori stessi dovevano seguire e ap-

provare: si passava dall’amicizia al fidanzamento e, finalmente,

al matrimonio, cioè al metter su famiglia. E in tutto questo non

si parlava mai di coppia. Lo dimostra il fatto che si pensava fin

dall’inizio a costruire un nido non tanto per la coppia, quanto

per i figli che sarebbero arrivati.

Cosa vuol dire essere

famiglia?

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i presupposti di una famiglia felice

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Oggi, invece, i giovani e i giovanissimi si mettono quasi subito

insieme e formano una coppia, talvolta saltando pure una tappa

che io considero quasi obbligatoria per una sicura crescita per-

sonale: il gruppo.

Ebbene, la coppia è un’esperienza importantissima, ma presenta

sostanziali differenze rispetto all’amore tra due individui adulti

che hanno scelto di fare famiglia o che ogni giorno educano con-

sapevolmente i propri fgli.

L’amore tra genitori (o tra coloro che provano il desiderio di

diventarlo) presuppone infatti un dare reciproco e costante, un

impegno che va al di là del proprio comodo per costruire invece

un “comodo comune”, che addirittura scavalca la coppia per an-

dare oltre e chiamare altri a farne parte in un disegno continuo

di momenti felici.

Ho fatto tutto questo preambolo per arrivare a dire che, fntanto

che si è coppia, è bene darsi tempi e spazi... salvo poi accorgersi

a poco a poco che ognuno dei due è indispensabile per l’altro e

che lo stile di vita che si va via via delineando è talmente sereno

e accattivante da volerlo dividere con altri, con un’altra creatura.

Stiamo talmente bene insieme che quello che abbiamo straborda

e vogliamo condividere la nostra gioia con un fglio, il frutto del

nostro amore.

Ma qui mi fermo per non scivolare nel romanticismo più scon-

tato. Quello che invece vorrei sottolineare con voi lettori è il fatto

concreto che un uomo e una donna che vogliono fermamente

essere nel tempo genitori consapevoli e coerenti devono trovare

fra loro un solido accordo sui valori e sullo stile di vita. Solo così

possono essere completamente responsabili anche della vita di

altre persone: i loro fgli.

Ed eccoci giunti a un concetto fondamentale nelle relazioni

interpersonali: la responsabilità! Proviamo ad analizzarlo. Che

cosa signifca?

Essere responsabili vuol dire aver lavorato su se stessi in modo

da aver posto alcune pietre miliari su cui fondare la propria

vita, quali:

• Una corretta autostima che ci renda in grado di guardare al futuro

con serenità di intenti.

• Un bagaglio di valori fondamentali in cui credere fermamente che

non ci lasci in balia di ciò che ci accade intorno.

• La capacità di badare a se stessi in modo autonomo e costruttivo,

provvedendo al proprio benessere esistenziale e materiale.

L’amore tra genitori

scavalca la coppia e va a

estendersi ad altri in un

disegno di felicità comune.

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Essere famiglia

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• La piena fducia nella propria capacità e volontà di creare il buono

e il bene e di volerlo condividere con altri anche tramite il sacrifcio.

A questi punti, nell’ottica di diventare genitori bisogna anche

aggiungere:

• Capire e accettare a priori il fatto che i propri fgli sono persone

“altre da noi” e, come tali, hanno diritto a essere accettate e messe

in condizioni di vivere al meglio per ciò che sono.

Rivediamo a una a una queste pietre miliari, evidenziandone

l’importanza nell’opera educativa che ogni padre e ogni madre

deve compiere.

• L’autostima non è altro che la capacità di valutare con serenità

e senso della realtà ciò che si è effettivamente in grado di fare per

superare le problematiche esistenziali quotidiane: so lavorare? So

condividere?

• Quanto ai valori fondamentali, dovrei potermi dire: «Ho fatto delle

scelte di vita che mi corrispondono pienamente e sono felice del mio

modo di essere perché rispetto me stesso e gli altri intorno a me».

• Posso affermare di essere in grado di badare a me stesso e alla

mia salute fsica e mentale?

• Ho fducia nella vita e mi rendo conto di credere (come dice sempre

Lucia Rizzi) che la felicità sia solo una buona abitudine?

• Last but not least (ovvero ultimo ma non ultimo), credo fermamente

che allevare un fglio sia una realizzazione affascinante per la quale

ho intenzione di impegnarmi pienamente?

Stringi stringi, torniamo sempre a quelli che io considero i due

cardini della buona educazione: rispetto di noi stessi e degli altri

e piena responsabilità di noi stessi e di chi condivide la nostra vita.

L’emozione che accomuna chi prova il desiderio di famiglia e chi

coltiva la propria con amore giorno dopo giorno è sempre quella

di voler condividere e regalare gioia, e non certo di pensare di

comprarla per un godimento individuale fne a se stesso.

In altre parole, ognuno di noi è in qualsiasi momento artefce

della propria felicità, ma – se è un genitore consapevole – desidera

qualcosa in più: ha voglia di creare gioia e benessere per altri, per

chi gli è caro. Insomma, per la sua famiglia!

Vi dirò adesso qualche parola vecchia come il mondo. Ogni

essere vivente nasce per uno scopo: vegetali, animali e persino

Chi vive responsabilmente

il ruolo di genitore desidera

solo condividere e regalare

gioia.

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i presupposti di una famiglia felice

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minerali hanno non solo una loro ragion d’essere, ma anche una

fnalità. Al di là di qualsiasi concetto religioso, l’uomo, nella sua

esistenza, fa di questa ragion d’essere il proprio scopo, che è

raggiungere la felicità.

Avete mai osservato un bambino che sta imparando a cammi-

nare? È tutto concentrato nella sua avventura, le braccine protese,

il viso sorridente ma attentissimo, lo sguardo in avanti... avanti...

avanti fno a che il passo riesce. Niente altro occupa la sua mente

e il suo cuore fno a quando non si butta fra le braccia del papà e

della mamma che lo aspettano trionfanti. Lo stesso avviene spesso

per la prima parola, il primo cucchiaino di pappa, la prima risata,

la prima febbre che passa... Che magnifca avventura la vita!

Provate poi a pensare all’acqua del ruscello che scorre. Che

meraviglia incontrare i sassi colorati, i rametti secchi, la ranoc-

chia canterina... E quel flo d’erba che spunta tra il cemento del

marciapiede di città?

Quante cose entusiasmanti ci offre la vita. Basta saperle vedere

o addirittura incoraggiare.

Ebbene, è proprio questo che dovete fare con i vostri fgli: in-

coraggiare la felicità! Ma attenzione... in concreto incoraggiare la

felicità vuol dire anche porre la famiglia al di sopra di tutto, spes-

so al di sopra dei propri desideri egoistici o solo legittimamente

personali. I bambini piccoli possono rendere diffcile uscire per

una serata improvvisata; le vacanze avventurose o i safari in Africa

vanno dimenticati per qualche anno, così come le ore passate a fare

shopping in un outlet lontano da casa diventano possibili solo se

si hanno i soldi per la babysitter. E poi, invece che programmare

l’acquisto di un nuovo televisore, è forse più urgente pensare a un

letto a castello perché arriva il secondo fglio...

Vi siete già demoralizzati? Spero di no.

Vi invito a rileggere I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Pro-

prio alla fne di questo meraviglioso romanzo, Renzo e Lucia fanno

una sorta di riassunto di quanto hanno imparato dalla loro vita di

coppia. Lui, molto più pragmatico come di solito sono gli uomini,

fa riferimento soprattutto ai propri trascorsi avventurosi a Milano.

Lucia, invece, dice: «... cosa volete che abbia imparato? Io non sono

andata a cercare i guai: son loro che son venuti a cercar me. Quando

non voleste dire, – aggiunse, soavemente sorridendo, – che il mio

sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi».

Già, forse in alcuni momenti l’amore familiare può essere qua-

si considerato uno “sproposito”. Ma non vi fa sorridere questo

termine?

Con i vostri fgli dovete

incoraggiare la felicità.

Ogni giorno.

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Essere famiglia

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D’altro canto, poco più avanti Manzoni conclude: «Che i guai ven-

gono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta

più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando

vengono, o per colpa o senza colpa, la fducia in Dio li raddolcisce,

e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché

trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato

di metterla qui, come il sugo di tutta la storia».

E io, inchinandomi di fronte al genio manzoniano, mi trovo

pienamente d’accordo con lui!

A me piace pensare alla famiglia come a una squadra dove si gioca

tutti insieme per vincere. Che cosa? La felicità!

Proprio per questo motivo credo che in famiglia debbano esserci

regole del gioco molto chiare.

Cercate di recuperare un po’ di ricordi della vostra famiglia d’ori-

gine, belli o brutti che siano. Qui ve ne riporto alcuni, solo belli,

selezionati fra i miei personali e fra altri che mi sono stati riferiti:

• Il risveglio incantato della mattina di Natale.

• Comprare i quaderni nuovi all’inizio dell’anno scolastico.

• Prendere il treno per andare in montagna.

• Ascoltare la radio mentre si fanno le pulizie di casa.

• La mamma che ci faceva trovare sempre la tavola apparecchiata

e la minestra pronta.

• Il papà che ci aiutava a fare i compiti alla domenica mattina prima

della Messa.

• Dopo la Messa, la puntata in pasticceria per comprare qualche

pasticcino da mangiare con i nonni.

• E il giorno di Santo Stefano tutti al cinema!

Sono ricordi molto semplici. Eppure, considerati dopo tanti anni,

appaiono ancora come momenti eccezionalmente felici e indi-

menticabili di vita in famiglia.

Al giorno d’oggi le abitudini sono molto cambiate, non so dire

se in meglio o in peggio.

Mi limito a invitarvi a porvi una domanda: tra venti o trent’anni,

quali ricordi avranno i vostri fgli della loro vita in famiglia?

Tornando alla similitudine con la squadra, i vostri bambini e

ragazzi, una volta cresciuti, si saranno fssati nella memoria mo-

menti “vincenti” o... “perdenti”?

In questo libro cercherò di suggerirvi le solite regole di buon

senso che possono aiutarvi a essere una squadra vincente.

La famiglia è una squadra

che gioca insieme per

vincere la felicità.

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i presupposti di una famiglia felice

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Prima di lanciarsi in qualsiasi campionato a squadre, si conosce

l’obiettivo ma non si sa quali e come saranno le prove per rag-

giungerlo. Bisognerà mettere in conto che ci saranno vittorie e

sconftte; tuttavia, in ogni momento, ciascun componente della

squadra dovrà avere ben chiaro il traguardo.

Lo stesso vale per la famiglia. È la felicità l’obiettivo fnale e non

ci si deve spaventare se durante il percorso ci saranno spesso devia-

zioni o ostacoli da superare e vi sembrerà talvolta di essere usciti di

strada. È sempre possibile rimettersi in carreggiata. Basta volerlo!

Insomma, pensate alla vostra vita familiare come a una par-

tenza per un lungo viaggio in automobile: dovete preparare tutto

per bene, controllare che la macchina sia in perfette condizioni

meccaniche, fare rifornimento, sistemare i bagagli, imbarcare i

passeggeri, scegliere l’itinerario migliore, partire... Il viaggio ini-

zia. A un tratto, per una ragione imprevista, si buca una gomma e

dovete uscire dalla strada che stavate percorrendo per sostituirla.

Rientrati in carreggiata, i bambini dicono di avere sete e allora

vi tocca fare un’altra sosta. Trovate una strada chiusa per lavori.

Dovete imboccarne un’altra, quindi dovete modifcare l’itinerario

che avevate inizialmente previsto.

Queste sono cose che spesso accadono: avete un progetto per

raggiungere una meta, ma dovete cambiarlo e correggerlo nel

tempo. Ciò non toglie che continuiate a essere concentrati sulla

vostra meta.

L’importante è appunto che abbiate costantemente ben chiaro

dove volete arrivare e cerchiate il modo migliore per farlo. Così

deve essere ogni giorno il percorso della squadra famiglia: mirato

verso l’obiettivo.

Vorrei a questo punto mettere in luce che un buon clima familiare

si fonda su una scelta di valori che deve essere il più possibile

condivisa, ovvero su ciò che defnisco “stile familiare”.

Creare questo presupposto è meno diffcile di quanto possa sem-

brare. Basta costruire una solida intesa in ogni singolo momento,

anche in quelli che appaiono più banali. Per esempio quando si

sceglie qualche mobile nuovo per la propria casa.

Vogliamo un divano per tutti o tante poltroncine singole? Voglia-

mo piatti colorati o bianchi? Sembrano decisioni superfciali, ma

corrispondono a scelte di vita che caratterizzano ognuno di noi.

D’altro canto, curare la propria casa e adattarla ai propri gusti

è emotivamente coinvolgente e, se condite il tutto con un piz-

zico di umorismo, sicuramente divertente. Così, se anche avete

Un buon clima familiare

si fonda su scelte condivise

di valori e di stile.

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Essere famiglia

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a disposizione solo pochi metri quadri, potete costruirvi un

nido caldo e accogliente. Ricordate il vecchio proverbio: «Poco

posto si tiene quando ci si vuol bene»? Non dimenticatelo se vi

viene la tentazione di guardare l’erba del vicino: capirete che,

anziché invidiare gli altri, è molto meglio stringersi ad annusare

insieme il profumo del proprio vaso di basilico sul davanzale

della cucina.

Certo, può succedere che sembri impossibile mettersi d’accordo,

magari persino sulle tende per la fnestra del bagno! Però io sono

convinta che, se ci si vuole davvero bene, si riesce sempre a salvare

capra e cavoli, sedendosi tranquillamente a un tavolo e cercando

di risolvere i vari problemi che la quotidianità pone. Anni dopo,

quando ci si troverà ad affrontare magari un fglio adolescente, i

suoi malumori e le sue paure, saranno proprio la stessa serenità e

la stessa positività a venirci in soccorso.

La soluzione dei problemi in famiglia, grandi o piccoli che siano,

si basa sempre sul rispetto e sulla responsabilità. Inoltre va a co-

stituire un percorso di adattamento reciproco o, come preferisco

defnirlo, un cammino alla scoperta di sé e della persona amata.

Certo, è un vero peccato che al giorno d’oggi si badi di più al fatto

che ci piacciano gli stessi cibi, che si tif per la stessa squadra,

che si desiderino le stesse cose... Quasi sempre, insomma, ci si

interessa maggiormente ai beni materiali che al loro uso nella

vita in comune.

Secondo me, invece, i genitori dovrebbero sempre rifettere in-

sieme per stabilire quali siano i valori della loro relazione familiare

in modo da poterli automaticamente trasmettere ai fgli, anche

solo con il comportamento quotidiano.

Come esempio, vi elenco quelli che personalmente ritengo più

importanti. Tuttavia, tenete conto che dovrete essere voi a stilare

la vostra lista.

• Sensibilità.

• Sicurezza di sé e stima personale.

• Capacità di fare delle scelte sagge.

• Capacità di voler bene.

• Rispetto dell’autorità (basata sull’autorevolezza).

• Tecniche per risolvere i problemi.

• Senso dell’umorismo.

• Onestà e integrità.

• Senso di responsabilità.

• Curiosità e desiderio di imparare.

Per risolvere i problemi

in famiglia ci vogliono

rispetto e responsabilità.

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i presupposti di una famiglia felice

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L’essere famiglia implica dunque di condividere i valori che si

ritengono essenziali. Un tempo tutto ciò era dato per scontato e

veniva vissuto concretamente, giorno dopo giorno, anche a costo

di grandi sacrifci. Oggi, invece, per alcuni anche solo rifetterci

pare inutile: c’è chi vive alla giornata conformandosi a modelli

visti in tv e giustifcandosi con la flosofa del “così fan tutti”. Non

è però lo stesso per ognuno.

Che cosa fare se si desidera ancora coltivare la famiglia? Per il

momento, vi propongo di giocare con i vostri fgli, fratelli, genitori...

a questa versione di mosca cieca.

Essere famiglia implica

condividere i valori

essenziali.

Andate tutti insieme in una piazzetta, un prato, un cortile che cono-

scete, non allontanandovi però da casa più di duecento metri. Quindi

bendate un componente della famiglia e fatelo girare qualche volta su

se stesso. A questo punto ditegli di tornare a casa, sempre bendato.

Probabilmente si sentirà smarrito e allora domandategli se desidera

l’aiuto di qualcuno dei familiari. Questi gli potranno dare suggeri-

menti come: due passi a destra, vai avanti diritto, gira a sinistra,

c’è un gradino...

Quando sarete tutti tornati a casa, chiedete a chi è stato bendato

come si è sentito.

Date poi a tutti gli altri componenti della famiglia la possibilità di

fare questo stesso esperimento; con i bambini di 3-4 anni basterà

un tratto più breve, anche di pochi passi.

mosca cieca in Famiglia

A gioco terminato, fate osservare a tutti che nella vita reale, quando

non si conosce il futuro che ci aspetta, capita spesso di non sapere

in quale direzione andare e di avere quindi bisogno di aiuto da

parte di qualcun altro.

Così è la famiglia: a volte non si sa che direzione prendere e tutti

i componenti della squadra possono aiutarci.

Questo semplice esperimento del gioco può dare il via a una

serie di incontri a cadenza regolare che vengono a confgurarsi

come vere e proprie “riunioni di famiglia”, occasioni in cui tutti si

confrontano per programmare insieme eventi specifci.

• Vogliamo andare a festeggiare i nonni? Quando? A che ora? Che

cosa portiamo da mangiare? Da regalare?

• Vogliamo andare insieme al cinema? Quale film va bene per

Page 21: Lucia Rizzi - I segreti delle famiglie felici

Essere famiglia

23

tutti? A che ora comincia? In quale cinema? Quanto ci costa?

Chi paga?

• Questa settimana la mamma non riesce a stirare il bucato

per tutti. Chi l’aiuta? Per quanto tempo? Chi mette a posto la

biancheria?

Ma anche:

• Il nonno è ammalato. Bisogna darsi i turni per una settimana

per assisterlo. Chi può passare al mattino? Chi al pomeriggio? Chi

dormirà da lui?

• Dobbiamo cambiare l’automobile. Quale modello scegliamo? La

acquistiamo nuova a rate oppure usata?

In quasi tutte le famiglie c’è almeno un membro, grande o piccolo

che sia, dal carattere introverso o riservato che fa fatica a espri-

mere le proprie opinioni sugli argomenti affrontati. È importante

allora che, prima di lasciare la parola ai vari componenti, si de-

fnisca che tutti devono parlare e che nessuno può interrompere

con commenti o giudizi personali. Bisogna solo prendere nota di

quanto viene detto.

Questo approccio permette a ciascuno, adulto o bambino, di

parlare liberamente senza sentirsi giudicato o, peggio, criticato

o contestato.

Dopo il tempo passato insieme a giocare a mosca cieca, sarebbe

bene indire subito la prima di queste riunioni, proprio per mettere

in evidenza le ragioni principali dell’essere famiglia. Naturalmente

tutto questo è applicabile anche se siete (ancora) solo in due.

Vi suggerisco qui alcune domande che potrete porvi. Tenete conto

che è importante che ogni membro della famiglia dica la sua, ma

che nessuno commenti né in negativo né in positivo.

• Quali sono i momenti familiari in cui ci sentiamo davvero bene?

Quelli in cui avvertiamo che “l’auto è sulla strada giusta”?

(Possibili risposte: quando ci svegliamo alla domenica mattina,

quando andiamo a spasso insieme, quando facciamo la pizza in

casa, quando giochiamo a carte la sera...)

• Quando, invece, ci sembra che niente in famiglia funzioni? Quando

siamo “fuori strada”?

A questo proposito vediamo un altro gioco.

Page 22: Lucia Rizzi - I segreti delle famiglie felici

i presupposti di una famiglia felice

24

Se in casa ci sono bambini piccoli, con un pennarello a punta grossa

disegnate una pista su un foglio di giornale aperto. Poi prendete una

macchinina e fatela correre indicando magari la ragione per cui

va fuori strada, riferendovi a un fatto familiare. «Qui siamo andati

velocemente perché la strada era bellissima», «Qui siamo dovuti

uscire di strada perché faceva troppo caldo e Sandra aveva sete»,

«Qui Giorgio si è voluto fermare a mangiare un panino», «Qui la

mamma non si sentiva bene», «Qui il papà era troppo stanco per

guidare e la mamma ha preso il volante», «Qui abbiamo incontrato

una mucca sulla strada»...

macchinine Fuori e dentro la pista

Qual è lo scopo di tutto ciò? Ricordate il detto: «Se un uomo ha

fame non dargli un pesce ma insegnagli a pescare»? Ecco: im-

parate e insegnate ai vostri fgli a essere famiglia. E, aggiungo,

famiglia felice!

Nei capitoli che seguono mi soffermerò sull’approccio dei genitori

nelle due fasi “estreme”: i primissimi mesi e poi, molto più avanti,

l’adolescenza. Sono questi, infatti, i passaggi che molto spesso

padri e madri vivono con maggior fatica, emozione e talvolta

addirittura angoscia.

Coraggio! L’impresa di crescere i propri fgli va sempre affrontata

con spirito positivo ed è comunque una gioia, anche quando ci

costa fatica.

L’impresa di crescere i propri

fgli va affrontata con gioia.

Famiglia = Felicità

e adesso che vi siete soffermati a pensare al vostro ruolo di genitori... ponetevi qualche domanda.

Ci siamo parlati fra partner, papà e mamma? Quali sono i

valori che condividiamo?

In famiglia ci sentiamo come in una squadra?

Siamo sicuri che ognuno giochi per tutti, senza voler fare

il protagonista a ogni costo, ma nel costante rispetto degli

altri?

Page 23: Lucia Rizzi - I segreti delle famiglie felici

Essere famiglia

25

È nata! È nato!

Un bambino che nasce è sempre una gioia sconfnata, che ci

consente di realizzare ancor più concretamente quel progetto

comune e duraturo che ci eravamo proposti come coppia. È amore

disinteressato, puro e assoluto. Ripensarci nei momenti bui della

vita è una fonte di luce che ci permette di non abbatterci, di non

chinare il capo di fronte alle diffcoltà.

Per il genitore di un piccolino che ha appena terminato un “gran

capriccio”, cosa c’è di più gratifcante che vederlo tendere le manine

e cercare l’abbraccio? È puro amore incondizionato, quell’amore

di cui ciascuno di noi ha bisogno per sopravvivere e che, forse, si

può ricevere solo in questi momenti.

Nella vita di ogni giorno, infatti, le persone ci “amano” per un

motivo specifco: perché siamo belli, ricchi, intelligenti, simpatici...

Il piccolino, invece, non sa nulla di tutto ciò: ci ama perché siamo i

suoi genitori, siamo i suoi “miti” al di là delle nostre inadeguatezze.

Questo è un grande e insostituibile bagaglio d’amore per la nostra

intera esistenza!

Voglio ora ricordare i tre momenti più belli della mia vita (tre

quanti i miei fgli!): alludo ovviamente all’istante stesso della loro

nascita. Credo che anche voi, lettrici e lettori che avete messo al

mondo dei fgli, avrete vissuto la medesima emozione.

I miei tre parti sono stati abbastanza laboriosi e lunghi. Quando

fnalmente i piccoli venivano alla luce, io ero davvero provata. Certo,

nella mia mente e con ogni respiro “tifavo” per il mio bambino,

ma sentivo anche la paura tipica di chi non sa come andrà a fnire.

Tenete poi conto che negli anni Sessanta e nei primi Settanta non si

potevano fare ecografe né, tanto meno, l’epidurale... Eppure la na-

tura provvedeva e, nel caos della sala parto, tra gli incoraggiamenti

dell’ostetrica, le direttive del medico, il continuo movimento degli

infermieri... eccolo, il pianto del neonato! Con la mia prima fglia,

quel pianto ha fatto piangere di gioia anche me, mentre l’ostetrica

diceva: «Brava! È fortissima!»; e il medico: «Eccola! Che bellezza!».

A udire quel primo vagito, io mi sono rilassata e mi sono sentita

artefce di qualcosa di più grande di me: la vita!

Appena nato, il mio secondo fglio, invece, ha regalato subito

un sorriso a tutti. All’inizio, infatti, ha pianto a squarciagola (cosa

che ha fatto per tutte le trenta notti successive...) per poi smettere

all’improvviso, con mio grande spavento, e... fare pipì! Che mera-

viglia quel pianto e che risate ha provocato la sua pipì, persino da

parte del medico che ne è stato bagnato.

L’amore di un fglio è puro

amore incondizionato.

Page 24: Lucia Rizzi - I segreti delle famiglie felici

i presupposti di una famiglia felice

26

Nata con il cesareo, la mia terza bimba ha frignottato dolcemente

distendendo i lineamenti fn da subito in una specie di sorriso, da

quanto racconta il papà che l’ha vista per primo.

Perché vi ho raccontato tutto questo? Spesso le mamme mi

dicono: «Il mio bimbo è cattivo, piange sempre!». In questi casi

rispondo loro che certamente il piccolo non è cattivo: sì, piange,

ma ben venga, perché proprio questo è il primo segno della sua

vitalità.

Tutti noi genitori, al momento della nascita dei nostri bambini e

del loro primo pianto, abbiamo commentato: «BRAVO!». E, allora,

che dire...? Bravi si nasce: ovvero tutti i bambini nascono già bravi,

ricordiamocelo!

In ogni caso, nessuno conosce davvero il nostro neonato (per

brevità userò sempre i termini “neonato”, “bambino” o “piccolo”

al maschile, pur riferendomi indifferentemente a entrambi i sessi)

e nessuno al mondo potrà mai dirci se il modo che adottiamo per

allevarlo sia proprio quello giusto per lui. Questa idea mi ha sempre

affascinato e mi portava a chiedermi: «Che potere ho io su questo

piccolo essere e che potere ha lui su di me?».

Quando ho preso tra le braccia i miei fgli per la prima volta mi

sono subito sentita sorgere dentro queste domande: «Chi sei? Ce

la farò a farti crescere libero e felice proprio per quello che sei?

Che cosa ci regalerà la vita?». A quel punto l’emozione era tale che

cercavo con gli occhi il loro papà perché anche lui li prendesse

in braccio, per non sentirmi sola davanti a quegli esserini così

potenti nella dinamica del mondo pur nella loro fragilità. Per me,

credente, era inoltre un momento in cui desideravo ringraziare

Dio per avermi fatto partecipe della sua Creazione.

Una delle immagini che mi commuovono di più e che sono

sempre vivide nella mia mente è quella della nursery nel reparto

maternità di un ospedale: quelle culle trasparenti e quelle faccette

apparentemente così simili, ma molto diverse se le osserviamo

bene...

E poi le “smorfe” dei neonati e le loro minuscole manine che

all’improvviso si allungano in movimenti bruschi o si stringono a

pugno quasi a voler signifcare: «Adesso ti faccio vedere chi sono!»,

e i genitori, i parenti e gli amici di famiglia che ammirano la loro

creatura.

Tutti noi genitori abbiamo vissuto almeno una volta l’espe-

rienza di trovarci proprio lì, in un ospedale, al di là del vetro, in

un corridoio forse uguale a tanti altri dove, però, la vita è messa

in risalto nella sua migliore espressione. Quei bimbi, infatti,

Esistono tanti diversi modi

per allevare un bambino.

Ognuno, con il tempo, trova

quello ideale per sé e per il

proprio fglio.

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Essere famiglia

27

sono “la vita” e noi adulti non possiamo non sentirci orgogliosi

di esserne gli “artefci”.

Ma ora, care neomamme e cari neopapà, riduciamo il campo

dell’immagine.

Siete in ospedale, nella vostra camera, e avete in braccio quel

preziosissimo essere meraviglioso che vi è costato molta fatica e

dolore. La gioia è tale che avete quasi del tutto dimenticato ogni

pena. Eppure, già cominciate a preoccuparvi per lui. Nella mente

vi si affollano domande come:

• «Guarda come dorme... ma respira bene?»

• «Non lo sento!»

• «Sembra che abbia il raffreddore...»

• «Come urla! Sta diventando tutto rosso...»

• «Si muove convulsamente: perché non sta quieto?»

Eccomi a farvi la prima raccomandazione: se il neonatologo o il

personale addetto dell’ospedale vi hanno detto che vostro fglio

è sano e nella norma, tranquillizzatevi e godetevelo così com’è.

Mettetevelo bene in testa: è un’altra persona, distinta da voi, e fa

ciò che vuole in ogni momento. Inoltre, non paragonatelo mai al

neonato della vicina di letto (un angioletto che mangia e dorme)

né lasciatevi infuenzare dai ricordi evocati da nonni e parenti. È

fondamentale rispettare l’individualità del vostro cucciolo e la sua

libertà di manifestarsi come preferisce e si sente.

D’altro canto, è vostro fglio e voi l’amate così com’è, di un amore

incondizionato che prenderà sempre più piede con il passare del

tempo.

Già ora è importantissimo il rispetto che dovete portare al vostro

piccolino: è il primo passo del lungo cammino per consentirgli di

costruirsi la sua autostima e la sua indipendenza personale.

Rispettate l’identità

di vostro fglio: non fate

mai paragoni con altri!