Luci e Ombre deL LegnO filesovrappiù con sgorbie e lame taglienti, lascia in vista la forma...

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LUCI E OMBRE DEL LEGNO una mostra che viaggia... 2012 SESTA EDIZIONE

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Luci e Ombre deL LegnOuna mostra che viaggia... 2012

SESTA EDIZIONE

LUCI ED OMBRE DEL LEGNO...una mostra che viaggia 2012

SESTA EDIZIONE

LUCI ED OMBRE DEL LEGNO...una mostra che viaggia 2012

Ideazione e organizzazioneCentro di Documentazione del Lavoro nei Boschi

Progetto della mostraGabriele BertacchiniRemo Tomasetti

Catalogo a cura diGabriele BertacchiniAlessandra LanfrediRemo Tomasetti

Contributi critici diRenzo Francescotti

Fotografia diAlessandra Lanfredi

Foto allegate al testo diGabriele BertacchiniLuca Guerri

StampaTipografia - Litodelta s.a.s. - Scurelle (Tn)

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CON IL PATROCINIO DI:

CON IL SUPPORTO DI:

HANNO CONTRIBUITO:

PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO

ASSESSORATO ALLA CULTURA,RAPPORTI EUROPEI E COOPERAZIONE

COMUNE DI CINTE TESINO

COMUNE DI PIEVE TESINO

COMUNE DI CASTELLO TESINO

COMUNE DI BIENO

REGIONEEMILIA ROMAGNA

CONSORZIO DEI COMUNI COMPRESI NEL BACINO IMBRIFERO

MONTANO DEL FIUME BRENTA

AZIENDA PER IL TURISMO VALSUGANA

SISTEMA BIBLIOTECARIOINTERCOMUNALE

LAGORAI

PROVINCIADI RAVENNA

COMUNE DIBAGNARA DI ROMAGNA

COMUNE DITREIA

COMUNEDI FERRARA

PERCORSO ESPOSITIVO 2012

11 / 26 febbraio - BAGNARA DI ROMAGNA (RA) – Sala consiliare della Rocca sforzesca3 / 25 marzo - DOZZA CITTÀ D’ARTE (BO) – Galleria d’Arte Atrebtaes26 marzo / 10 aprile - PONTE SAN GIOVANNI DI PERUGIA (PG) – Sala della Pro Ponte Etrusca11 / 30 aprile - FERRARA - Centro di documentazione del mondo agricolo ferrarese5 / 23 maggio - TREIA (MC) - Pinacoteca comunale25 maggio / 9 giugno - BORGO VALSUGANA (TN) - Spazio Erika Klien1 / 30 luglio - GRIGNO (TN) - Antica Pieve SS. Giacomo e Cristoforo

CENTRO DI DOCUMENTAZIONEDEL LAVORO NEI BOSCHIVia Muncipio vecchio, 2 38053 Castello Tesino (TN)www.luciedombredellegno.it

Presidente Remo TomasettiVicepresidente Paolo Sordo

-

Si ringraziano gli artisti

e tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo

alla buona riuscita della manifestazione

È una materia “viva”, il legno, che mantiene la sua vitalità naturale anche dopo che l’artista, togliendone il

sovrappiù con sgorbie e lame taglienti, lascia in vista la forma desiderata, nella pienezza delle sue luci e delle

sue ombre. È una materia “profumata”, il legno, che conserva il suo fascino anche quando i torni e le raspe ne

hanno lisciato la superficie rendendola “pelle vegetale” da accarezzare.

Anche quest’anno ritorna quel “magico” Simposio internazionale di scultura “Luci ed Ombre del Legno”

promosso dal Centro di Documentazione del Lavoro nei Boschi, che richiama nelle piazze dei paesi del Tesino

artisti italiani ed europei, i migliori interpreti della scultura lignea. È, questo, un appuntamento ormai consueto,

entrato di diritto nel calendario delle manifestazioni culturali di grande richiamo della piana del Tesino, che

dal 2002 ad oggi ha interpellato i migliori interpreti di questa disciplina artistica. Un appuntamento che sa

coinvolgere istituzioni pubbliche trentine e non solo trentine, nel nome di una produzione sempre nuova,

sempre originale e di enorme richiamo che diventa anche mostra itinerante, “mostra che viaggia”...

Il legno, con le sue luci e le sue ombre, si fa evento, insomma: evento di cultura, ma anche evento di

quell’artigianalità manuale che sa ricavare emozioni profonde dalle losanghe e dai “nodi” di un tronco,

piegando le necessità artistiche alla forma primigenia del legno. Forse fu proprio un pezzo di abete o di faggio

a spingere l’uomo antico a impugnare una lama di selce e a intagliare le prime forme d’arte della nostra storia

su questa terra: da allora a oggi col legno l’uomo ha saputo realizzare ogni forma di comunicazione artistica,

dagli splendidi crocifissi lignei del Cinque-Seicento alle statue policrome dei molti altari che ornano le nostre

chiese. Perché il legno, in una terra ampiamente forestata qual è il Trentino, è materia presente in ogni luogo

nelle mille sfaccettature e dalle mille consistenze che vengono dalle essenze diverse; perché, come si diceva

all’inizio, il legno è materia “viva”, che dona vita ed eternità all’opera dell’artista.

La mia gratitudine va, quindi, agli amici del Centro di Documentazione del Lavoro nel Boschi; a quel Remo

Tomasetti che del Centro e del Simposio è l’ideatore e l’anima vera; infine ma non ultimi agli artisti selezionati,

le cui opere contenute in questo catalogo sono lì a dimostrarci che il legno può parlare, può raccontare, cantare,

urlare e piangere.

Franco PanizzaAssessore alla Cultura,

Rapporti europei e Cooperazione

della Provincia autonoma di Trento

Siamo già arrivati alla sesta edizione.

La formula è sempre la stessa di quando si è iniziato. Quattro artisti e le loro opere che, in un viaggio emozionale

per il Nord Italia, rappresentano l’espressione artistica legata ad uno dei prodotti che più squisitamente

caratterizzano l’areale alpino quale è il legno.

La mostra vuole rappresentare le differenti sfumature che la scultura lignea può assumere. Vuole richiamare

il forte legame esistente tra l’animo delle popolazioni alpine con il bosco. Vuole esportare e fare conoscere

un’arte antica che non si è mai perduta, che, nella tipicità delle differenti vallate, vive ancora con grande forza

e vivacità.

In questi anni, di strada, ne è stata fatta. La manifestazione è cresciuta sempre più di interesse e di respiro fino

ad affermarsi come un appuntamento fisso e ricercato.

Ogni anno si cercano nuove sedi che possano essere visitate il più possibile, anche dai non addetti ai lavori.

Si cercano così di integrare spazi artistici tipicamente istituzionali ad altri che non lo sono, perlomeno

nell’immaginario collettivo. L’obiettivo è andare incontro alla gente, prendere per mano il visitatore e alimentare

il desiderio di ricerca, per invitare a scoprire un territorio anche attraverso gli odori e le suggestioni rimaste

impresse nell’opera d’arte.

È questa una mostra che nasce per essere vista e vissuta, per rendere omaggio ai vincitori dell’omonimo

Simposio che, da ormai dieci anni, si tiene sull’altopiano del Tesino nell’ultima settimana di luglio; simposio

internazionale al quale partecipano ventisette scultori selezionati da differenti regioni e nazioni.

Come ormai tradizione, le opere dei tre vincitori, sono accompagnate dalle sculture di uno fra i più valenti e

rappresentativi nomi del Trentino quale è Simone Turra, che, gentilmente, si è prestato a fare da “padrino” ai

più giovani colleghi, quale sostegno ben augurante.

In tutto venti opere, racchiuse nelle pagine di questo catalogo, a disposizione per essere osservate dal vivo,

autentiche rappresentazioni che donano espressioni e significati aggiuntivi alla risorsa legno, rendendola

ancora più contemplabile, densa di significati allegorici ed emozionali.

Gabriele Bertacchini e Remo Tomasetticuratori del progetto e del catalogo

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PERCORSO ESPOSITIVO

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BAGNARA DI ROMAGNA (RA)SALA CONSILIARE - ROCCA SFORZESCA

11 - 26 febbraio 2012

Il Museo del Castello si dipana negli spazi e negli ambienti della

Rocca trecentesca, perno del sistema difensivo che ancora

connota il piccolo borgo, ubicato all’incrocio fra le direttrici che

da Bologna portano al mare e da Ravenna verso il bolognese.

All’interno della tipologia dei borghi fortificati - ovvero dei

castelli - sorti nella pianura romagnola e bolognese tra i secoli

X e XIV, Bagnara di Romagna costituisce uno degli esemplari

meglio leggibili nell’insieme.

Costruita probabilmente da Uguccione della Faggiola nel

1297, a metà del XIV secolo divenne possedimento dei

Bernabò Visconti, che avviarono importanti restauri con

l’implementazione e l’ammodernamento delle fortificazioni.

Nel corso del XV secolo conobbe numerose dominazioni:

Estensi, Veneziani, Manfredi si susseguirono rapidamente,

per lasciare poi il territorio alla Santa Sede. Nel 1479 Papa

Sisto IV concedette la Rocca al nipote Girolamo Riario che,

nell’ottica del rafforzamento dei confini della signoria imolese

da lui retta dal 1473, affrontò il problema della difesa del

contado di cui Bagnara era considerata un punto focale per la

vicinanza alla Romagna estense. Ascrivibile ai Riario-Sforza

- e principalmente alla figura di Caterina Sforza, moglie del

Riario - è dunque il restauro e l’ammodernamento di questo

importante complesso architettonico, nella sua veste ancora

oggi visibile, e l’erezione del mastio, bastione di dimensioni

maggiori rispetto agli altri, fulcro dell’apparato difensivo

dell’intera Rocca.

Restituita all’uso e alla fruizione pubblica con il recupero ai

fini museali e culturali, questa magnifica eredità storica del

passato è, dal giugno del 2008, sede di un Museo archeologico

che documenta il susseguirsi dell’antropizzazione nel territorio

bagnarese dall’epoca pre-protostorica a quella moderna.

Ampi spazi del complesso sforzesco sono inoltre dedicati ad

attività laboratoriali, rassegne espositive, convegni ed iniziative

temporanee, grazie ad un’articolazione e ad un’organizzazione

spaziale che aderisce ad una pluralità di funzioni nell’ottica

di una valorizzazione complessiva in cui il bene culturale

costituisce un sistema vitale ed aperto.

DOZZA CITTÀ D’ARTE (BO)GALLERIA D’ARTE ATREBTAES

3 - 25 marzo 2012

Atrebates, un nome celtico per una Galleria d’Arte situata

a Dozza (BO), piccolo borgo medievale ricco di arte e di

storia che la tradizionale Biennale del muro dipinto rende

autentico e particolare, vera pinacoteca a cielo aperto che

richiama la metafora di una fiaba estetica. Posta a 25 km.

da Bologna, Dozza, ricorda la tipicità di un paesaggio fatto

di colline dolci e spazi aperti, vigneti che si radicano nella

civiltà contadina della Romagna. Dagli anni cinquanta ad

oggi, Dozza, è stato il laboratorio di un esperimento che

la rende unica al mondo; i muri del paese sono diventati

i cavalletti e, insieme, le tele di un intervento che ha

ridisegnato, attraverso il suo volto, l’idea stessa della

cittadina. La Galleria d’Arte Atrebates ha entrata in Via de

Amicis 35/37, sotto i due imponenti affreschi di Riccardo

Schweizer: “L’uva e il vino”, del 1981, “Civiltà contadina”,

del 1983. Negli anni, la Galleria d’Arte Atrebates, ha

proposto importanti “nomi” del panorama artistico

nazionale, ha fatto conoscere giovani emergenti, studenti

ed artisti locali, ha appoggiato e si è fatta promotrice di

numerosi progetti internazionali di Mail-art, sempre con

uno spirito d’indipendenza che la resa libera da qualsiasi

vincolo. Al suo interno, un palinsesto animato e in continuo

sviluppo, opere di artisti italiani e internazionali, una

Galleria dentro una Galleria nella quale continua a pulsare

la quotidianità degli abitanti, in una specie di opera d’arte

vivente e vissuta.

www.atrebates.net

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Ponte San Giovanni è una frazione del Comune di Perugia e

conta oltre 15.000 abitanti distribuiti su una superficie di 18

km². Geograficamente situato al limite sud-est del territorio

di Perugia a circa 7 km dal centro cittadino, a 180 m s.l.m., il

fiume Tevere ne traccia il confine con il limitrofo comune di

Torgiano. Il territorio è suddiviso in una parte pianeggiante,

attorno all’alveo fluviale, e in una parte collinare, a segnare i

primi contrafforti del colle di Perugia. Da visitare è la tomba

ipogea di Arunte Volumnio (Arnth Veltimna Aules, in etrusco)

situata nella Necropoli del Palazzone (VI-V secolo a.C), vasta

area archeologica che presenta un gran numero di tombe

sotterranee e un museo che raccoglie urne e altre vestigia

reperite in loco. La zona di Ponte San Giovanni rappresentava,

infatti, il punto di contatto lungo il fiume Tevere tra i territori

degli Etruschi (a nord) e degli Umbri (a sud). Durante il periodo

romano la zona era nota a livello termale, mentre intorno

all’anno 1000 viene fondata la prima parrocchia cristiana, con

il nome di “Plebs Sancti Joannis Baptistae” in Campo (con

questo nome è citata in un diploma del Barbarossa nell’anno

1163), l’attuale Pieve di Campo.

Durante la guerra tra Perugia e Assisi, San Francesco fu fatto

prigioniero a “Borgo San Giovanni” nel 1202. Durante la II

guerra mondiale, i bombardamenti alleati distrussero gran

parte delle costruzioni del paese, alcune anche di notevole

interesse storico e logistico: tra di esse, il Ponte sul fiume

Tevere che portava al Borgo San Giovanni (di origine romana,

ricostruito nell’anno 2000 in legno), le antiche logge, la vecchia

chiesa di S. Bartolomeo, la stazione ferroviaria ottocentesca.

Ogni anno i primi di settembre si svolge in paese una

importante manifestazione organizzata dall’associazione “Pro

Ponte Etrusca Onlus” di Ponte San Giovanni, cioè “Velimna: gli

Etruschi del Fiume”; rievocazioni storiche, mostre, dibattiti e

visite guidate, attività che mirano a riportare alla ribalta l’antica

popolazione etrusca che qui viveva oltre duemilacinquecento

anni fa. La sfilata storica vede oltre 300 figuranti e oltre 10

scene rievocative che culminano con uno spettacolo sul tema

dell’anno.

www.proponte.it

PONTE SAN GIOVANNIDI PERUGIA (PG)SALA DELLA PRO PONTE ETRUSCA

26 marzo - 10 aprile 2012

FERRARACENTRO DI DOCUMENTAZIONE DEL MONDO

AGRICOLO FERRARESE

11 - 30 aprile 2012

Il M.A.F. è stato costruito all’inizio degli anni ’80 grazie

a decenni di ricerche e recuperi operati da Guido

Scaramagli, agricoltore e collezionista ferrarese.

Agisce in stretto rapporto di collaborazione con il Centro

Etnografico del Comune di Ferrara e conserva in ampi

locali appositamente ristrutturati oggetti, attrezzi e

macchine della realtà agricola ferrarese (e padana in

genere), in un arco temporale oscillante tra la fine dell’800

e gli anni cinquanta del ’900.

Un edificio ospita un’importante sezione dedicata alle

testimonianze tecniche dei processi di meccanizzazione in

alcuni fondamentali cicli produttivi; gran parte di questa

attrezzatura e strumentazione è stata recentemente

oggetto di un restauro atto a ripristinarne la funzionalità.

Nella stessa struttura si possono inoltre ammirare:

un’ampia esemplificazione dei mestieri ambulanti che un

tempo gravitavano intorno al mondo rurale; un esaustivo

itinerario tra i principali mezzi di trasporto, dai calessi

alle automobili degli anni venti del ’900; interessanti fasi

tecniche della frutticoltura nel ferrarese.

Un secondo edificio ricostruisce fin nei più minuziosi

particolari la casa rurale, il suo arredamento, nonché

le attività ed i modi esistenziali nel borgo contadino

(l’osteria, le botteghe del fabbro, del droghiere, del

falegname, del barbiere ecc..). All’interno troviamo anche

un’ampia selezione dei materiali dei burattinai Ettore

Forni e Pompeo Gandolfi (burattini, scenari ed oggetti

di scena, copioni ecc..) e una biblioteca specializzata in

storia dell’agricoltura. Una specifica sala può ospitare

studiosi e visitatori per incontri, convegni, stages ecc..

Il “Centro” si è recentemente arricchito con la

ricostruzione di un oratorio poderale (con importanti

testimonianze votive) e di una piccola stazione ferroviaria

d’epoca.

www.mondoagricoloferrarese.it

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BORGO VALSUGANA (TN)SPAZIO ERIKA KLIEN

25 maggio - 9 giugno 2012

Borgo Valsugana è una graziosa e accogliente borgata

situata al culmine dell’arco che la Valsugana compie

tra Levico e Primolano. Con la frazione di Olle,

è il centro più importante della Valsugana.

Il fiume Brenta, la Brènta, attraversa l’abitato

che è sorto e si è evoluto sul fondovalle

con una piacevole impronta veneta.

Anticamente denominato “Ausugum”, fu fondato intorno al

I secolo d.C. come stazione militare romana

sul percorso dell’antica via Claudia Augusta Altinate.

Grazie alla sua posizione di collegamento

tra la Valle dell’Adige e il Veneto, la Valsugana ha infatti

da sempre svolto un importante ruolo di passaggio.

Abitata fin dai tempi preistorici, come testimoniano

ritrovamenti a Strigno e Grigno appartenenti

all’Età del Bronzo e del Ferro.

Nel Medioevo, Borgo costituiva già il centro umano

e civile più importante di tutta la zona.

Nel 1796, la Valsugana, fu occupata dalle armate

francesi comandate da Napoleone, che lasciarono alcune

testimonianze nel centro storico di Borgo.

Dal 1805 al 1810 fece parte del regno di Baviera,

dal 1810 al 1814 del Regno italico e quindi di nuovo

dell’Austria. Durante il primo conflitto mondiale la valle

fu occupata dalle truppe italiane e, nel 1916, in parte

rioccupata dalla “Strafexpedition” austriaca.

Dal 1920, insieme al resto del Trentino,

venne definitivamente annessa all’Italia.

La guerra devastò in modo rovinoso il territorio,

in particolare l’abitato di Borgo, e gran parte

dei paesi dovettero essere in seguito ricostruiti.

TREIA (MC)PINACOTECA COMUNALE

5 -23 maggio

Mura turrite che evocano il Duecento, ma anche tanti palazzi

neoclassici che fanno di Treia un borgo, anzi una cittadina,

rigorosa ed elegante, arroccata su un colle ma razionale

nella struttura. L’incanto si dispiega già nella scenografica

piazza della Repubblica, che accoglie il visitatore con una

bianca balaustra a ferro di cavallo e le nobili geometrie su

cui si accende il colore del mattone. E questo ocra presente

in tutte le sfumature, dentro il mare di verde del morbido

paesaggio marchigiano, è un po’ la cifra del luogo. La piazza è

incorniciata su tre lati dalla palazzina dell’Accademia Georgica,

dal Palazzo Comunale (XVI-XVII sec.) che ospita il Museo Civico

e dalla Cattedrale (XVIII sec.), uno dei maggiori edifici religiosi

della regione. Da Porta Garibaldi ha inizio l’aspra salita per le

strade basse, un dedalo di viuzze parallele al corso principale

e collegate tra loro da vicoli e scalette. Qui un tempo avevano

bottega gli artigiani della ceramica.

L’estremo baluardo del paese verso sud è la Torre Onglavina,

parte dell’antico sistema fortificato, eretta nel XII secolo. Il

luogo è un balcone sulle Marche silenziose, che abbraccia in

lontananza il mare e i monti Sibillini.

Entrando per Porta Palestro si arriva in piazza Don Cervigni,

dove a sinistra risalta la chiesa di San Michele, romanica con

elementi gotici; e di fronte, la piccola chiesa barocca di Santa

Chiara con la statua della Madonna di Loreto: quella originale,

secondo la tradizione. Dalle vie Roma e Cavour, fiancheggiate

da palazzi eleganti che conservano sulle facciate evidenti tracce

dei periodi rinascimentale e tardo settecentesco, e denotano la

presenza di un ceto aristocratico e di una solida borghesia, si

diramano strade e scalinate.

Si può lasciare Treia uscendo dall’imponente Porta Vallesacco

del XIII secolo, uno dei sette antichi ingressi, per rituffarsi nel

verde. Resta da vedere, in località San Lorenzo, il Santuario del

Crocefisso dove, sul basamento del campanile e all’entrata del

convento, sono inglobati reperti della Trea romana. Il santuario

conserva un pregevole crocefisso quattrocentesco che la

tradizione vuole scolpito da un angelo e che, secondo alcuni,

rivela l’arte del grande Donatello. La Pinacoteca Comunale è

ospitata nella Sala del Consiglio, nella Sala degli Stemmi e negli

altri locali che costituiscono il Piano Nobile del Palazzo di Città.

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GRIGNO (TN)ANTICA PIEVE SS. GIACOMO E CRISTOFORO

1 - 30 luglio 2012

Collocato all’estremità orientale della Valsugana, tra

Trentino e Veneto, il piccolo borgo di Grigno con le sue

frazioni e il territorio che circostante conserva singolari e

preziosissime testimonianze di diversi periodi storici.

A nord della piana di Marcesina a 1240 metri di quota si

trova il Riparo Dalmeri, un riparo sottoroccia frequentato

da cacciatori preistorici e databile a circa 13.000 anni fa.

I reperti riportati alla luce durante gli oltre venti anni di

scavi (pietre dipinte, resti di attività di caccia e pesca) sono

tra i più antichi e significativi dell’intero arco alpino. Il sito

archeologico è visitabile in gran parte dell’anno e nell’estate

del 2011 è stato munito di un nuovo centro visitatori.

Al centro dell’abitato di Grigno si trova l’Antica Pieve dei

Santi Giacomo e Cristoforo risalente al XIII – XIV secolo.

La chiesa presenta al suo interno un connubio di stili non

comune e i due momenti principali della costruzione,

gotico e rococò, caratterizzano rispettivamente le navate

e il presbiterio. Gli affreschi e gli stucchi decorativi, gli

altari e i capitelli rendono l’Antica Pieve, oggi sconsacrata

e restaurata, lo spazio ideale per ospitare mostre d’arte e

concerti.

Il territorio che attualmente coincide con il Comune di

Grigno è stato a lungo e resta ancora oggi una zona di

confine: tra l’Impero Austroungarico e il Regno d’Italia in

passato, tra la Provincia Autonoma di Trento e la Regione

Veneto oggi. A indelebile testimonianza di questa condizione

resta il Trincerone, un’opera rara per imponenza e

architettura. Si tratta di un manufatto bellico in calcestruzzo

parzialmente armato realizzato dal genio militare italiano

nel 1915 con l’obiettivo di bloccare un’eventuale avanzata

dell’esercito austroungarico in Valsugana durante la Grande

Guerra. Costruito sbancando e rialzando l’argine sinistro

del torrente Grigno, il Trincerone è una postazione di difesa

coperta che si sviluppa, tagliando trasversalmente la valle,

per circa settecento metri.

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IL TESINO

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CASTELLO TESINO

Incastonato all’interno dell’omonimo altopiano tra i monti Picosta e Agaro, Castello Tesino è il maggiore dei tre

centri abitati della Valle del Tesino. Possiede numerose frazioni e le più vaste distese di boschi del Trentino,

da Celado al Passo del Brocon. Centro turistico estivo e invernale è da sempre uno dei luoghi turistici più

frequentati del Trentino.

Il paese offre la possibilità di piacevoli gite in mezzo alla natura, passeggiate con itinerari molto semplici,

possibilità di escursioni su sentieri attrezzati, gite con guide qualificate o con operatori ambientali, visite guidate

alle grotte e ai loro laghetti sotterranei. Utilizzando le pareti granitiche della vicina cima d’Asta (m. 2.847)

e i versanti rocciosi del Lagorai che chiudono la valle a nord è possibile effettuare scalate anche molto

impegnative. Il comune confina inoltre con Canal San Bovo a nord-est, Pieve Tesino a nord-ovest, con Cinte

Tesino, Grigno e la Valsugna a sud. Il comune, inoltre, per lungo tratto confina, ad est coi comuni di Lamon e

Arsiè del vicino Veneto.

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Castello Tesino ha degli insediamenti retici, ancora visibili sul colle di San Ippolito, precedenti all’epoca

romana e databili V-VI secolo a.C. Con l’espansione verso nord dell’impero romano, la zona costituiva un ottimo

avamposto per le legioni romane che transitavano sulla via Claudia Augusta (la famosa strada romana che da

Altino raggiungeva Augsburg e il Danubio). Sul colle di San Ippolito sorse così un fortilizio romano e attorno ad

esso il centro abitato da cui è derivato Castello Tesino.

Da vedere la chiesa medioevale di Sant’Ippolito con il suo prezioso ciclo di affreschi e con i vicini scavi archeologici,

la grotta di Castello Tesino, il parco La Cascatella, l’altopiano di Celado con le sue vaste praterie, le Marande e

suoi impianti di risalita, il Passo Brocon con il famoso “Trodo dei fiori”.

Il paese è dotato di scuole elementari e medie inferiori, servizio sanitario, farmacia, servizio d’emergenza 118,

vigili del fuoco, ufficio postale, banca con servizio bancomat, alberghi e campeggi, biblioteca pubblica, cinema-

teatro, campi da calcio, bocce e tennis, splendide piste da sci. A Castello Tesino, ha inoltre sede Palazzo Gallo,

sede del Centro di documentazione del lavoro nei boschi, dove è ospitata una mostra permanete sul lavoro dei

boschi.

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PIEVE TESINO

Pieve Tesino presenta un centro storico strettamente relazionato al terreno a ripiani rocciosi su cui poggia, dove

eleganti ed imponenti edifici, concorrono a formare un nucleo compatto che è arrivato pressoché immutato sino

ai giorni nostri. Di particolare interesse Piazza Maggiore, imponente ed armoniosa al tempo stesso, semplice

ed essenziale nelle forme, quanto elegante e ricca nei contrasti cromatici e chiaroscurali, evidenti soprattutto

laddove gli edifici sono messi in risalto dal grigio salesà, nel porticato quattrocentesco del vecchio Municipio,

sotto i quali si riunivano i capifamiglia (Vicini) per prendere le decisioni più importanti sulle sorti delle Comunità.

La piazza di Pieve è il cuore del paese, fulcro attorno a cui gravitano tutti gli edifici e le case padronali del XIII – XIX secolo.

In piazza Garibaldi è stata inaugurato nel 2006 il Museo Casa Alcide De Gasperi. Il museo sorge in centro paese,

all’inizio della via dedicata allo statista, nella casa dove è nato il 3 aprile 1881, ed ha lo scopo di far conoscere al

visitatore la vita e l’opera di un protagonista della storia sia italiana che europea del XX secolo.

Salendo lungo via Rovigo, strada che porta alla Chiesa, nell’ex edificio scolastico funziona ormai da anni il Centro

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Studi Alpino “Alcide De Gasperi” dell’Università degli Studi della Tuscia: un’appendice dell’Ateneo Viterbese.

Oltre agli edifici ad uso civile, il Tesino si distingue per l’elevato numero di chiese presenti su tutto il territorio.

La Pieve dell’Assunta di Pieve Tesino ne è un esempio rappresentativo, con il suo stile gotico ricco di volumi che

movimentano le facciate e slanciano l’edificio verso l’alto, soprattutto grazie all’imponente campanile.

Il grande parco dal quale si domina l’intera Conca del Tesino, ospita poi un’altra bella chiesa, in stile romanico

e risalente al 1400 eretta come ex voto in seguito alla peste del 1457: si tratta della Chiesa di San Sebastiano,

le cui caratteristiche evidenziano come spazi costruiti e naturali possano armoniosamente fondersi in un

complesso unico.

L’area è caratterizzata anche da un notevole numero di malghe, grandi edifici in pietra di proprietà quasi

esclusivamente pubblica, utilizzati per l’alpeggio del bestiame. Uno dei laghi più famosi della zona è quello

di Costabrunella: situato poco oltre i 2000 metri di quota, ha una superficie relativamente contenuta pari a

circa 110 mila mq, ma vanta una profondità da primato se si considerano la sua altitudine e la sua estensione,

addirittura 60 m. Queste caratteristiche lo fanno ritenere uno dei più profondi dell’intero arco alpino.

Nei prati del Coldanè, antistanti il paese di Pieve e nel cuore della Conca Tesina sono adagiati i green del campo

da golf La Farfalla, che offrono al principiante e al golfista esperto opportunità sportive adeguate. Il percorso è

inserito in un paesaggio verde, punteggiato dai tre paesi di Castello, Pieve e Cinte, e coronato dai contrafforti di

Cima d’Asta.

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CINTE TESINO

Villaggio adagiato sul vasto ripiano morenico, sulle pendici orientali del Monte Mezza, Cinte Tesino risale

probabilmente al I sec d.C., quando costituiva un vero e proprio centro da cui i soldati romani controllavano la

sottostante Via Claudia Altinate.

Completamente distrutto dal nefasto incendio del 1876 e dai successivi bombardamenti del nostro secolo, oggi,

Cinte Tesino appare come un centro composto da case in pietra recentemente dipinte a formare un mosaico

multicolore

L’area è caratterizzata anche da un notevole numero di malghe tra cui Arpaco, Tonarezza,Val Corbelle, Valarica e

Vallorsella.

Queste testimonianze materiali, unite a quelle orali di coloro che hanno vissuto gran parte dei secoli scorsi,

riportano alla mente i ritmi legati allo scorrere delle stagioni e alle attività agricole e ricordano il pendolarismo tra

i pascoli di mezza costa e il fondovalle.

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Oltre alle malghe presenti in paese, si segnala la Casa del moleta, in cui il Comune vuole creare un museo

dedicato all’opera degli arrotini e degli ambulanti. Di rilievo anche l’arboreto, un’area floristica, e l’area venatoria,

dove i responsabili del museo di Scienze naturali di Trento eseguono la cattura degli uccelli migratori e il loro

inanellamento per studi e ricerche scientifiche.

Dal punto di vista architettonico, di notevole rilievo risulta la Chiesa di S. Lorenzo. Risalente agli inizi del XV

secolo e ricostruita dopo l’incendio del 1876, si distingue per la luminosissima facciata in pietra bianca, marcata

profondamente dall’alto campanile, staccato di alcuni metri dal rimanente corpo di fabbrica. Internamente, l’unica

navata è decorata da stucchi di pregevole fattura ed è arricchita da un magnifico tabernacolo e dalle statue di S.

Lorenzo e S. Stefano.

Le strutture sportive, un vicino campo da golf, fanno poi del piccolo abitato una piacevole e sorridente alternativa

alle mete turistiche più tradizionali

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BIENO

Situato a pochi chilometri dalla vicina SS 47, l’abitato di Bieno, con meno di 500 abitanti, è una prima piccola

finestra del Tesino sulla Valsugana.

Posto a 815 m. di altitudine, con un’ottima esposizione, il paese, è un’antico borgo legato alla storia e alla

cultura dei girovaghi ed è famoso per i suoi esperti scalpellini che si dedicavano ad estrarre il granito dalle

vicine cave di Rava.

Bieno è stato infatti edificato a cavallo dell’estremità Sud del lungo promontorio morenico che separa il letto del

torrente Gallina da quello del rio Lusùmina.

È dominato dalle pareti dell’importante catena di montagne denominata Sottogruppo di Rava, certamente, una

delle più suggestive appendici che si dipartono dal nodo centrale del massiccio di Cima d’Asta.

Bieno, gode di un turismo stagionale ed è punto di partenza per numerose escursioni. Da segnalare quelle che,

passando attraverso le emozioni del Lago di Mezzo (2.030 m.) e del Lago Grande (2.125 m.), conducono a Cimon

23

Rava (2.436 m.) e quelle che portano sul Monte Lefre, dalla cui cima si gode una delle più belle viste su di un

tratto della Bassa Valsugana.

Per chi è di passaggio, un po’ di tempo si può dedicare alla vista della chiesa di San Biagio, ricordata già nel

1531 e ricostruita, su di un precedente edificio, nel 1606. Di particolare pregio sono alcune statue lignee del

Settecento e la fonte battesimale di fine Cinquecento.

Da segnalare anche il maestoso tiglio secolare di Maso Weiss, un monumento naturale sorto e cresciuto in

località Casetta, a pochi chilometri dall’abitato.

24

25

IL SIMPOSIO LA MOSTRA E I SUOI ARTISTI

26

Erano i primi mesi del 2002 quando l’amico dott. Remo Tomasetti mi venne a trovare a casa: voleva parlarmi del

suo progetto di creare a Castello Tesino un concorso di scultura in legno dal titolo “Luci ed ombre del legno”.

Ero d’accordo di presiedere la Giuria?

Pochi mesi prima, nell’agosto del 2001, dopo quattro anni di presidenza della Giuria, a conclusione del

XIII Concorso Internazionale di Scultura su Legno di Madonna di Campiglio, avevo rinunciato all’incarico di

presidente. A quell’incarico mi avevano chiamato gli organizzatori su iniziativa dell’amico scultore prof. Renato

Ischia.

Il concorso di Campiglio era rimasto interrotto per anni, andato in crisi dopo nove edizioni portate avanti con

varie formule. Con Ischia lo rilanciammo, rinnovandolo, facendolo diventare il più importante del Trentino.

Ma dopo quattro edizioni da me presiedute mi dimisi: in parte per divergenze di vedute con l’amico Ischia,

ma soprattutto con gli organizzatori. Sono abituato a lavorare sentendo e costruendo attorno a me un’aria di

collaborazione, di fiducia, di entusiasmo: se queste componenti si raffreddano, si incrinano, vengono meno,

lascio perdere. Mi sono sempre considerato un uomo libero, pagando dazio, in ogni caso “povero ma bello”.

Il Concorso di Campiglio andò avanti per tre anni e poi morì.

Quando il dott. Tomasetti mi venne a cercare ne fui contento: chissà che nel “povero” Castello Tesino non si

potesse realizzare ciò che nella ricca Madonna di Campiglio no nera stato possibile…

Così cominciammo da zero: e fu “buona la prima”.

Quindici partecipanti alla Prima edizione (2002) del Simposio “Luci ed ombre del legno”, internazionale:

presenti uno svizzero e un francese, tutti raccolti i un catalogo a colori, corredato da un curriculum, da una foto

dell’artista e da quella di un’opera. Un catalogo distribuito gratuitamente a tutti gli interessati, non lussuoso

ma importante, per creare un rapporto di conoscenza e simpatia tra l’operatore e il fruitore, ovvero (per dirla

in termini meno sociologistici) tra gli artisti e il pubblico. Nella ricca Madonna di Campiglio niente del genere

era stato fatto.

Quella Prima edizione (2002), sempre svoltasi come le altre nell’ultima settimana di luglio, vide il premio

della Giuria assegnato al vicentino di Villaga Lucino De Marchi con l’opera “La finestra sul cielo”. Il premio

del pubblico, assegnato mediante votazione per schede, andò al trentino di Ossana Giulio Taraboi, per la sua

scultura “Mutazione”.

IL PIÙ BEL SIMPOSIO DI SCULTURA IN LEGNO D’ITALIARENZO FRANCESCOTTI - SCRITTORE E CRITICO D’ARTE

27

Il successo della manifestazione, oltre che dalla bontà dell’organizzazione e dalla serietà della Giuria, arrivò

soprattutto dal rapporto di dialogo che si poté accendere tra i residenti e i turisti ospiti di Castello Tesino e gli

artisti, strategicamente dislocati negli spazi aperti del paese, posti nelle condizioni migliori per rapportarsi

con la popolazione e tra di loro (condizioni che erano fondamentalmente mancate, ad esempio, a Madonna di

Campiglio, che un paese, una comunità non è mai stata…).

La Seconda edizione (2003), vide la partecipazione di 15 artisti selezionati (tra i quali cinque stranieri),a cui

furono aggiunti due artisti locali, iscritti d’ufficio.

E fu proprio uno straniero, il francese Henri Patrick Stein, già vincitore di numerosi primi premi in vari paesi del

mondo, tra i quali Canada e Cina, ad aggiudicarsi il primo premio con l’opera “Piuma di poesia”, definita dalla

Giuria nella sua motivazione “all’insegna della leggerezza, della stilizzazione delle forme, sospesa tra realtà,

simbolo e sogno”. Il premio del pubblico andò al trentino di Viarago di Pergine Claudio Boneccher, per la sua

“Sintonia”.

Anche la Terza edizione (2004) di “Luci ed ombre del legno” vide la partecipazione di 15 scultori (tre gli stranieri)

più tre locali. Vinse il premio della Giuria il bellunese di Carve di Mel, Beppino Lorenzet , (anch’egli vincitore di

numerosi premi a vari Simposi), con la scultura “Deposizione”, definita nella motivazione della Giuria “un’opera

di intensa forza espressionistica che rinnova, con sensibilità moderna, il soggetto sacro delle Deposizioni”. Il

premio del pubblico andò al valdostano di Carema (Torino) Giuseppe Bettoni per l’opera “È arrivato nonno Pino”.

La Quarta edizione (2005) del Simposio di Castello Tesino confermò il numero di 15 partecipanti, oltre a tre

locali, con la partecipazione record di cinque artisti stranieri, vale a dire un terzo degli artisti selezionati.

Ed è proprio ad un artista straniero, lo svizzero Jean Paul Falcioni, nativo di Sion, ad aggiudicarsi il premio

della Giuria con la scultura “Poesia e mistero”. Falcioni si rivelò come un artista colto e raffinato, esprimendosi

attraverso una scultura di simboli, inusuale nella scultura in legno, (il tronco di cirmolo, ovvero di pino-cembro,

alto m. 1.80, che viene affidato a ogni concorrente). L’artista svizzero, frazionando la materia ne dilatò le

possibilità spaziali. Vincitore del premio del pubblico, per la prima volta un artista locale, Andrea Dietre” di

Torcegno, autodidatta, con l’opera “El kromero”, monumento al venditore ambulante di stampe del Tesino che

nei secoli arrivò con le sue stampe in tutta Europa.

Non bisogna tralasciare che anche questa edizione - come e più delle precedenti- è stata affiancata da una

serie di manifestazioni culturali uscite anche dal paese: come la rassegna cinematografica “Scultura Uomo

Territorio” realizzata in collaborazione con il Filmfestival Internazionale di Montagna Esplorazione Avventura

“Città di Trento”, in collaborazione con la sezione Sat del Tesino; oltre che dalla consueta serata in cui tutti gli

artisti si autopresentano, parlando del loro lavoro, della loro idea di arte.

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Poi ci fu il colpo d’ala.

Promossa dal Centro di Documentazione del lavoro nei Boschi presieduto dall’infaticabile dott. Remo Tomasetti,

con la collaborazione dell’Agenzia Provinciale dell’Ambiente, dell’APT per il Turismo Lagorai Valsugana orientale,

della Cassa Rurale del Tesino, del Consorzio dei Comuni BIM Brenta, col supporto di tutti i Comuni del Tesino

(Castello, Pieve, Cinte e Bieno), l’edizione del 2006, la quinta si decentrò su tutto l’altopiano. Il numero degli

artisti invitati (con un notevole accrescimento dell’impegno economico) si dilatò a 27, di cui tre locali, mantenendo

il nucleo più numeroso a Castello (comune che supporta il maggior onere finanziario), ma dislocandosi anche

nei centri di Pieve, Cinte e Bieno: un esempio raro di sinergie che vanno al di là dei campanilismi, guardano al

di là degli steccati degli orti del villaggio.

I premi in denaro furono portati a tre.

Questa la graduatoria finale della quinta edizione del Simposio, non più solo di Castello Tesino, ma più

ampiamente, del Tesino.

Il primo premio andò al giovane ladino di Campitello di Fassa Matthias Sieff, per la prima volta presente al

Simposio, per la scultura “Sguardo al futuro”; secondo premio a Giacomo Mezzomo di Mel (Belluno) per “No!

Non tagliare quell’albero. Lo hai abbattuto ma ti ha ucciso”. Terzo premio ad Aldo Pallaro di Piombino Dese

(Padova) per “Riflessioni sul cirmolo”.

Il premio del pubblico fu aggiudicato a Renato Borsato di Curtarolo (Padova) con l’opera “Per raggiungere il

traguardo”.

Altra novità della quinta edizione fu quella di proiettare fuori dei confini regionali, in una serie di mostre, i tre

artisti vincitori del premio della Giuria: cominciando dalla Galleria “Atrebates” di Dozza, la cittadina non distante

da Bologna, famosa per i suoi murali, (tra cui due del grande artista trentino Riccardo Schweizer, dipinti proprio

nei pressi della Galleria). Le mostre proseguirono, ancora in provincia di Bologna, a Zola Pedrosa e Argelato,

quindi a Riolo Terme (Ravenna) e Viterbo. Per concludere in Trentino, a Trento, Borgo Valsugana e Cinte Tesino.

Ognuno dei tre giovani scultori espose cinque opere. Assieme a loro fu scelto un “padrino”, vale a dire Livio

Conta, uno dei massimi scultori trentini, di notorietà internazionale, anche lui con cinque opere di scultura in

legno.

Complessivamente quindi, venti sculture lignee hanno viaggiato in otto centri d’Italia, corredate da un corposo,

apposito catalogo.

La Sesta edizione (2007) della manifestazione estesa a tutto l’altopiano del Tesino ha ribadito il guadagno di

quota. Questi gli artisti premiati tra i 27 selezionati.

Per la prima volta il primo premio venne assegnato ad una donna, la bolognese Daniela Romagnoli per l’opera

“Ispirazione all’eterno”. Il secondo premio andò al ladino Matthias Sieff (già vincitore l’anno precedente) con la

scultura “Prima del dunque”; il terzo premio se lo aggiudicò il giovane scultore trentino di Folgaria Alessandro

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Pavone (esordiente al Simposio del Tesino), con la scultura “ Salvan: l’uomo selvatico”. Il premio del pubblico

andò all’altoatesino di Bressanone Fabian Feichter con l’opera “No! Perché lo uccidi?”

Cinque opere di ciascuno dei tre premiati dalla Giuria più altre cinque sculture del “padrino” vennero esposte

in sei centri d’Italia: oltre che a Dozza, Borgo Vasugana e Pieve Tesino, a Forlì (nella sede dell’Oratorio San

Sebastiano), a Ravenna (nella sala dell’ex Tribunale) e a Ferrara, nel prestigiosissimo complesso del Palazzo

dei Diamanti. Migliaia furono i visitatori delle mostre, particolarmente interessati alle insolite sculture in legno.

Come “padrino” venne scelto il trentino Renato Ischia, formatosi in tredici anni di studio e lavoro a Parigi, con

al suo attivo opere pubbliche e private in Italia e all’estero, che nel legno ci ha regalato alcune delle sue opere

più eccezionali.

La Settima edizione (2008) si è quindi proposta con delle belle carte da giocare: 27 gli artisti selezionati, di

varie nazioni, dislocati nei quattro centri dell’altopiano, sempre seguiti da un pubblico molto interessato,

che nei sei giorni di realizzazione delle sculture dialogava con l’artista. A riprova che il Simposio di scultura

in legno del Tesino si è imposto come la maggior attrattiva culturale dell’altopiano ed è molto attesa da

residenti e ospiti.

Il vicentino Luciano De Marchi, vincitore della prima edizione, a sette anni di distanza ritorna ad aggiudicarsi

il primo premio con l’opera “Vita”, definita nella motivazione del verbale della Giuria “ un’opera elegante e

rigorosa”. Al secondo posto un bellunese, Paolo Schenal, con l’opera “Timidezza”. Al terzo posto un altro

bellunese, di Mel, Giovanni Mezzomo con l’opera “42° tiro Dolomiti. Mezzomo aveva già vinto il secondo

premio nella quinta edizione.

Il Trentino questa volta si dovette accontentare con il premio del pubblico aggiudicato a Romedio Leonardi,

di Preore in Val Giudicarie.

Questa settima edizione registrò un fatto nuovo, mai prima accaduto: vale a dire la partecipazione fuori

concorso di Matthias Sieff, già vincitore di un primo e di un secondo posto nelle due precedenti edizioni.

Qualcuno se n’era “lamentato”. Ma a norma di regolamento Sieff non poteva essere escluso dal Simposio:

così fu invitato a parteciparvi fuori concorso. Giusto però che avesse in qualche modo un compenso. Si pensò

ad un esposizione di sue opere a fianco di quelle dei tre vincitori e del “padrino”, riducendo (per ragioni

logistiche) a quattro per ciascuno degli scultori le opere esposte (sempre quindi complessivamente 20).

Altra novità: poiché non si è ritenuto che esistessero in Trentino - dopo Conta e Ischia - altri maestri di

scultura in legno di alta caratura (in attesa che se ne affermi qualcun altro) gli organizzatori hanno pensato

(rimanendo in regione) di attingere alla confinante provincia di Bolzano. La scelta del “padrino” è caduta sul

gardenese Adolf Vallazza, famoso scultore che ,utilizzando legni trovati carichi di storie e memorie, elabora

le sue sculture di simboli e archetipi alpini.

Nel 2009 quindi sono viaggiate per l’Italia, a Dozza, Ferrara (Palazzo, dei Diamanti), Bologna (Ospedale

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Malpighi), Cervia, Borgo Valsugana e Castello Tesino le opere di cinque scultori: Vallazza, Sieff, De Marchi,

Schenal e Mezzomo.

Il Simposio “Luci ed ombre del legno” è dunque una delle uniche manifestazioni artistiche trentine che, invece

di importare cultura, la esportano.

L’Ottava Edizione (2009) registrò una partecipazione record con artisti di ben otto nazioni. Tutti e tre i premiati

furono nomi nuovi: un trentino, un bellunese, un gardenese. Vincitrice (per la seconda volta nella storia del

Simposio) una donna, Lara Steffe nata a Cavalese e residente a Moena, in Val di Fassa, con l’opera “Nell’aria

libera”. Al secondo posto Mario Iral di Belluno con “Lo scultore e la sua opera”. Al terzo Vinzenz Senoner di

Santa Cristina in Val Gardena con l’opera “Il primo amore”. E’ da sottolinea il fatto, del tutto nuovo, che Senoner

vinse anche, alla grande, il premio del pubblico - uscito da ben 600 schede - a dimostrazione che il gusto del

pubblico con gli anni è maturato, venendo ad accostarsi a quello della giuria. I premiati, ognuno con cinque opere

sono girati per l’Italia, avendo come padrino un prestigioso scultore gardenese, Hermann Josef Runggaldier.

La Nona edizione (2010) ha registrato la partecipazione di artisti di sette nazioni con la novità di nove artisti

turchi dell’Università di Mimar Sinam Art di Istambul, ospiti del Simposio. Il pubblico premiò Lara Steffe, già

vincitrice del primo premio attribuito dalla Giuria l’anno precedente; una menzione speciale andò alle opere

di Alessandro Pagnoni di Gussago (BS) e Luciano De Marchi di Campiglia dei Berici (VI), Segnalati in ordine

di graduatoria Mario Iral di Padova con l’opera “Questione nodale”, Lara Steffe di Moena (TN) con “Ricùcimi

l’anima” e Gianluigi Zeni di Mezzano di Primiero (TN)con la scultura “Si sta come in primavera sugli alberi le

foglie”. Il primo posto venne aggiudicato al nome nuovo di Enrico Challier di Frossasco (TO) con “Volevo volare”.

Il secondo posto fu guadagnato da Vinzenz Senoner (già vincitore del terzo premio e di quello del pubblico

l’anno precedente), con la scultura “Ricordo del passato”. Il terzo premio venne vinto dal ceco Pavel Špelda

con la scultura “La primavera”. Anche quello di Špelda è un nome nuovo, così come è nuova e significativa la

partecipazione della Repubblica Ceca. Anche questi artisti vedranno nel 2011 le loro opere esposte nella mostra

itinerante per alcune regioni dell’Italia Settentrionale. Tornerà ad essere “padrino” l’artista trentino Livio Conta,

dopo che lo era già stato nella quinta edizione.

La decima edizione (2011) ha visto la partecipazione di 27 artisti su una ottantina di iscritti di otto nazioni: per

la prima volta sono arrivati dal Canada due concorrenti (donne) e un partecipante dalla Repubblica di Taiwan.

Il primo premio assegnato dalla Giuria è andato (per la terza volta) a una donna Isabella Corni di Strambino

(Torino), esordiente al Simposio, con l’opera “Tuffo nella poesia”. Il secondo premio se lo è aggiudicato Paolo

Moro di Trichiana (Belluno) con l’opera “L’attesa”; il terzo è andato a Fulvio Borgogno di San Germano Chisone

(Torino), (anche lui un nome nuovo) con l’opera “Fukushima”. Segnalati Enrico Challier di Frossasco (Torino),

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vincitore del’edizione precedente, per l’opera “Il mare bello è quello che non navigammo”; Marco Martello di

Velo d’Astico (Vicenza) con “Etnico abbraccio” e Gianluigi Zeni di Mezzano (Trento) con l’opera “Generazione

futura”. Il premio del pubblico è stato assegnato a Pavel Spelda,della Repubblica Ceca, già vincitore del terzo

premio nell’edizione precedente.

I tre artisti premiati, tenuti “sotto le ali” dal “padrino”, lo scultore trentino Simone Turra - ognuno con cinque

sculture - saranno esposti nel corso del 2012 in una mostra itinerante che toccherà varie città dell’Italia

settentrionale e centrale.

Un bilancio dopo dieci edizioni.

Quando abbiamo chiesto ai partecipanti di “Luci e ombre del legno” del Tesino una loro impressione, un loro

giudizio sulla manifestazione (e in molti casi non abbiamo avuto nemmeno avuto bisogno di chiedere), in molti

che avevano partecipato ad analoghi Simposi n Italia e all’estero ci hanno risposto: “È il più bel Simposio di

scultura in legno d’Italia!”

Impressioni e giudizi che sono supportati da concreti dati di fatto, che fanno del Concorso del Tesino quello che

è divenuto nell’arco di pochi anni, per quattro fondamentali caratteristiche, che solo esso - quanto meno in Italia

- possiede :

- dedica agli artisti ben due cataloghi. Se è già è eccezionale che i Simposi di scultura in legno siano supportati

da un catalogo in cui tutti i concorrenti selezionati siano illustrati da una scheda con i loro curriculum, una

foto dell’artista e un’immagine delle loro opere più rappresentative, la manifestazione del Tesino prevede

un secondo catalogo dedicato agli artisti vincitori e al loro “padrino”, catalogo che contiene scritti critici e

storici, oltre alle immagini delle opere più esemplari dei tre artisti premiati e del loro “padrino”;

- si disloca in ben quattro Comuni, ognuno con la presenza degli artisti che realizzano le loro opere a contatto

del pubblico;

- può vantare la partecipazione-record di quasi trenta artisti italiani e stranieri;

- si proietta fuori dei confini provinciali e regionali con un serie di mostre che fanno conoscere gli scultori in

legno sul territorio nazionale, anche in luoghi in cui la scultura in legno è poco nota o sconosciuta.

A tutto questo si è arrivati nell’arco di pochi anni, superando manifestazioni che hanno avuto a disposizione

decenni per crescere. È una bella soddisfazione per gli organizzatori, chiamati a consolidare i risultati, cercando

sempre di dare il meglio.

Ci sono, come dovunque, ulteriori margini di miglioramento. Per quanto riguarda la formula non pensiamo

che sia migliorabile più di tanto: è ormai una formula collaudata felicemente. Piuttosto, i pericoli vengono da

altre direzioni: quando il giocattolo è troppo bello, c’è sempre qualcuno che vuol rubartelo, magari solo per

spaccarlo…

32

SIMONE TURRA

Nato 43 anni fa nel Primiero a Transcaqua (a un tiro di

schioppo da Mezzano, il villaggio del grande Riccardo

Schweizer), Simone Turra è un ancor giovane ma già

affermato scultore. Ha studiato all’Istituto d’Arte di Pozza

di Fassa, completato i suoi studi a Milano, all’Accademia

di Brera che ha laureato tanti artisti trentini. Dalle sue

Dolomiti, dalle foreste della sua terra Turra non si è mai

voluto staccare (il suo laboratorio ricavato da una vecchia

falegnameria è a Tonadico, confinate col suo paese

natale). Così anche se si serve di altri materiali come

gli antichissimi bronzo, ceramica, marmo, o il moderno

litocemento, sono i materiali del suo territorio - il legno e

la pietra - quelli che più lo “intrigano”.

È attorno ai trent’anni, nel 2000, che con la sua scultura

“San Sebastiano” (alta solo 58 cm) questo artista varca

la soglia di una conquistata maturità. L’opera è in legno

policromo (Simone ama patinare i materiali di cui si

serve, sia il legno che la pietra), sotto l’insegna di certe

suggestioni martiniane, di stilizzazioni primitivistiche,

che sono la cifra del suo stile. Turra si è specializzato

come scultore più che di statue singole di gruppi

scultorei in cui le figure, gli elementi, recitano come

in tragedie greche la loro parte, sospese in un tempo

mitico, metastorico. Di litocemento è il gruppo plastico

“Melusina” (2006). In marmo è il gruppo scultoreo “Il

mercato” (2004), in cui un torso umano in orizzontale

ricorda i torsi classici marmorei (ma anche quelli lignei

di Augusto Murer, pure lui scultore dolomitico); mentre

i busti femminili maschili e femminili sembrano aver

la stessa carica realistica della ritrattistica romana. In

bronzo è il gruppo scultoreo, del 2001-2002, “Adamo ed

Eva” (un tema caro a Simone), in cui si alzano ad altezza

di poco meno di due metri tre figure plastiche misteriose

e potenti: un uomo, una donna, un tronco d’albero.

Infine, in marmo verdello, la sua opera più impegnativa

(2006-2008) , “Piazza San Marco”, nell’omonima piazza di

Transacqua, sulla riva sinistra del Cismon. Quattro statue

(due umane e due vegetali) recitano la loro parte su una

platea lunga sette metri: un uomo e una donna (Adamo

ed Eva?), un tronco e un ceppo. È un gruppo plastico che

esprime una forza serena, una vitalità composta, una

quotidianità che diventa mito.

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“NATURALE”Legno policromo

cm 47x59x28

Anno 2005

34

“OMAGGIO A PIERODELLA FRANCESCA”Legno policromo

cm 90x93x32

Anno 2001

35

“SAN SEBASTIANO” Legno policromo

cm 58x23x14

Anno 2000

36

37

A sinistra:

“NATURALE-INNATURALE” (particolare)Legno policromo

cm 50x55x38

Anno 2005

“PICCOLA FIGURA”Legno policromo

cm 65x35x14

Anno 1995

38

ISABELLA CORNI

Vincitrice alla sua prima partecipazione del Simposio

“luci ed ombre del legno” questa trentacinquenne artista

piemontese (nata a Rivoli e residente a Strambino in

quel di Torino) ha un bagaglio da professionista, eclettico

e completo. Se è eccezionale per un artista avere delle

lauree che non siano quelle dell’Accademia d’Arte, di

lauree non artistiche la nostra Isabella (dopo essersi

diplomata al Liceo Classico di Ivrea) ne ha addirittura

due: quella di Architettura (2003) presso il prestigioso

Politecnico di Torino (2003) e quella in Ingegneria Edile/

Architettura (2006) presso l’Accademia di Pavia. La sua

polivalenza è abbastanza impressionante: ha realizzato

progetti archittettonici e strutturali; ha decorato teatri,

eseguito affreschi soprattutto nelle scuole; creato opere

scultoree pubbliche come il monumento ai caduti in

bronzo del comune di San Benigno Canavese, vinto premi

di scultura. Essendo lei architetto e ingegnere c’era da

aspettarsi che anche le sue sculture fossero fortemente

progettate, strutturate; insomma che peccassero di

fantasia. Invece, sorprendentemente, non è così: la nostra

Isabella Corni si rivela straordinariamente fantasiosa, sia

nella rappresentazione delle sue immagini, che nell’uso

dei materiali. Inoltre si rivela una perfezionista, lavorando

a lungo sulle sue sculture (come la doppia data ci rivela).

In “La donna sul filo” (2010-2011) usa il legno di cirmolo

assieme alla foglia di rame e alla gommalacca (un

componente quest’ultima trasparente, leggera, colorata,

molto “femminile, che Isabella predilige). È la scultura

di un nudo femminile, serpeggiante, sensuale, d’un

eleganza perfino barocca. “Oltre” (2008-2011) è in rame,

plexiglass specchiante, gommalacca. In “L’uomo nuovo”

(2010-2011) usa il legno di tiglio, la foglia d’argento e,

addirittura, componenti elettroniche; scolpisce una figura

umana che si sta liberando da un guscio. Ma Isabella ci

sorprende ancora una volta in “Fame” (2010-2011), in cui

abbandona la sua consueta eleganza per scoprire (in legno

di tiglio, foglia di rame, gommalacca) una figura umana

drammaticamente espressionistica.

39

“TUFFO NELLA POESIA”Legno di larice

cm 184x53x34

Anno 2011“Opera vincitrice

del primo premio al simposio

luci ed ombredel legno”

“L’UOMO N’UOVO”Legno di tiglio

cm 55x40 Ø

Anno 2011

“LA DONNA SUL FILO”Legno di cirmolo

cm 145x40 Ø

Anno 2011

42

“OLTRE”Legno di noce

cm 60x60x50

Anno 2011

43

“FAME”Legno di tiglio

cm 40x60x25

Anno 2011

44

PAOLO MORO

Ha iniziato a scolpire come autodidatta nel 1993 Paolo

Moro, nato a Belluno nel 1964 . Nel 1997 ha partecipato

al suo primo simposio e da allora non si è più fermato,

partecipando a mostre, concorsi, simposi di scultura

in Italia e all’estero, conseguendo molti premi. Nel

2003 realizza diverse e sculture per Trichiana (centro

abitato in cui risiede). Esegue opere pubbliche in

Italia e Spagna. È anche attivo nell’organizzazione di

simposi, concorsi di scultura, laboratori artistici per

bambini. Dal 2004 tiene regolarmente corsi di scultura

in legno a Santa Giustina di Belluno, in collaborazione

con l’Amministrazione comunale. Nel suo laboratorio

di Trichiana esegue su commissione sculture a tutto

tondo, a basso, medio e alto rilievo, in vari materiali:

creta, gesso, pietra,bronzo, legno. Paolo Moro

scolpisce forme all’insegna della stilizzazione, della

semplicizzazione, di un candore che va alla riscoperta

della fanciullezza: fiabesche figurette femminili, angeli,

umani che ricordano uccelli. Ha scritto Gabriella Niero:

“Le figure in legno sono evocate con luminosa dolcezza,

che si dipana nell’aspetto plastico fino a trasfigurare

in poesia viva e pulsante, un’immagine materiale nello

spazio e tuttavia unitaria, tenera e enigmatica…”.

Prediligendo il legno di cirmolo (che a detta di tutti gli

scultori è il legno è il più gratificante da scolpire), quasi

sempre colorato, in cromie gialle, blu, rosso pompeiane.

Moro inscena il suo immaginario: una figura femminile

in giallo di cui non appaiono le braccia; un’altra in

un mantello color granata; una terza senza nessun

colore, con un mantello che non nasconde i minuscoli

seni; un angelo azzurro con le ali che compongono

una diagonale e pare una rondine sul punto si spiccare

il volo. Il massimo dell’economia del colore e della

materia per persguire un effetto poetico.

45

“L’ATTESA”Legno di larice

cm 184x53x34

Anno 2011“Opera vincitrice del secondo premio al simposio luci ed ombredel legno”

46

“IL VOLO”Legno di cirmolo colorato

cm 86x15x10

Anno 2011

47

“IN PASSERELLA”Legno di cirmolo colorato

cm 157x15x30

Anno 2011

48

“SOLA”Legno di cirmolo colorato

cm 60x13x8

Anno 2011

49

“MODELLA”Legno di cirmolo colorato

cm 155x20x20

Anno 2011

50

FULVIO BORGOGNO

Piemontese come Isabella Corni ed Enrico Challier -

vincitori delle due ultime edizioni del nostro Simposio (i

piemontesi, latitanti nelle edizioni precedenti, una volta

sbarcati hanno occupato il campo) - Fulvio Borgogno vive

ad Abbadia Alpina, in provincia di Torino. Ha appreso i

suoi primi rudimenti di scultura all’Istituto d’Arte Bertone

di Saluzzo, proseguendola sua formazione presso maestri

artigiani. Ha frequentato corsi di disegno, ornato e

scultura; ha partecipato a concorsi e simposi nazionali.

Attualmente affianca il suo lavoro in studio

all’insegnamento in corsi professionali di decoro artistico

e scultoreo e in corsi di design per un reinterpretazione

moderna ed espressiva del mobile. La sua tecnica

spazia dalla realizzazione di sculture figurative sacre e

profane, all’intaglio decorativo di mobili d’arte in stile

gotico e barocco, con progettazione e realizzazione di

mobili artistici personalizzati, nel rispetto delle più

nobili tradizioni, sino alla produzione di moderne opere

di design. Anche se la sua predilezione va al legno

ama confrontarsi con altri materiali, pregiati e poveri.

Sussisteva il pericolo che la sua attività artigianale-

artistica rivolta soprattutto alla realizzazione di mobili

in stile (legittima quanto necessaria a garantire la

sopravvivenza economica dell’operatore) potesse

fagocitare la vena più creativa; ma Borgogno ha saputo

reagire alla ricerca di una creatività più libera, più

originale. Sculture in legno come “Prometeo”, “La

profezia” , “Eleganza”, “Eva” sono lì a testimoniarlo. Le

prime due sculture (nudi maschili), oltre a una buona

conoscenza dell’anatomia rivelano una pregevole resa

dell’espressività. Nella prima la scultura maschile ha un

braccio innalzato; nella seconda le braccia alzate sono

due, con le mani riunite a coppia sopra la testa. Nelle

due figure femminili “Eleganza” scolpisce una raffinata

figura di profilo che volge la testa verso di noi; in “Eva”

ci mostra una donna nel “look”moderno di una corta

tunichetta color zafferano, le gambe calzate da stivali. In

questo caso c’è il parco uso di una velatura cromatica, di

un gusto verso la scultura policroma che sembra ormai

definitivamente essersi imposto tra i giovani scultori.

51

“FUKUSHIMA”Legno di larice

cm 180x37x41

Anno 2011“Opera vincitrice del terzo premio

al simposio luci ed ombre

del legno”

“EVA”Legno di noce,

coloritura a tempera

cm 112x14x18

Anno 2011

“LA PROFEZIA”Legno di tiglio patinato

e tracce di doratura

nella sfera

cm 190x24x15

Anno 2010

“ELEGANZA”Legno di cirmolo con velature di tempera

cm 130x26x28

Anno 2011

“PROMETEO”Legno di tiglio patinato

e doratura

cm 148x20x27

Anno 2011

SIMONE TURRA Via Rivetta al Pra,18

38054 Tonadico di Primiero (Trento)

cell. 348 3632697

[email protected]

ISABELLA CORNI Via Torino, 42

10019 STRAMBINO (TO)

cell. 340-3879015

[email protected]

PAOLO MORO Via Luigi Bernara, 7

32028 TRICHIANA (BL)

cell. 339-2515702

[email protected]

FULVIO BORGOGNOB.ta Combina, 6

10065 SAN GERMANO CHIOSONE (TO)

cell. 339-2968385

[email protected]

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LA CERTIFICAZIONE DEL LEGNO IN TRENTINO

Arte e legno, un connubio bello e sostenibile!

Il legno è il materiale più ecologico che si possa pensare: nasce dalla Natura con la fotosintesi degli alberi, è

un materiale composto esclusivamente da sostanza organica e una volta a fine ciclo di vita ritorna alla Natura.

Contemporaneamente è anche uno dei materiali più duttile e versatile a disposizione dell’uomo, che infatti

lo adopera per costruirci le proprie case, per fabbricarsi attrezzi e mobilio, giochi e estrarci la cellulosa per

produrre la carta e il cartone; ma anche per fare musica e arte, come pittori, scultori ed ebanisti sanno da

centinaia d’anni!

Facciamo l’esempio dei tronchi di larice e pino cembro che sono stati utilizzati per realizzare le statue e le opere

di questa mostra: sono il frutto di centinaia d’anni di crescita di alberi cresciuti nei boschi alpini del Trentino.

Per arrivare a noi sono stati accuratamente scelti da esperti dottori forestali, che li hanno fatti abbattere

ed esboscare da ditte di taglio boschivo, per far spazio alla crescita di piante più giovani, seguendo precise

indicazioni di pianificazione forestale. Questa buona gestione delle risorse forestali sono addirittura certificate,

secondo gli standard di gestione forestale sostenibile individuate dal PEFC.

Quindi possiamo avere la certezza che questo legno è ottenuto attraverso una corretta gestione dell’ambiente,

generando una economia di filiera per il territorio, dando quindi lavoro a professionisti e a ditte che lavorano

il legno. Questa riflessione è importante, perché spesso il legname che usiamo in Italia viene dall’estero, con

molti dubbi sulla provenienza e su come sia stato tagliato il bosco d’origine (il Parlamento Europeo stima che

nel 2010 il 25% del legname importato in Europa provenga da fonti illegali, cioè senza permessi di taglio del

bosco d’origine).

Ecco perché è importante scegliere il legname giusto ed ecco perché questa mostra oltre ad essere bella e

portatrice di emozioni si può considerare sostenibile: il legname proviene da boschi trentini certificati PEFC,

è tracciato e garantisce che le statue siano realizzate con materiale proveniente da foreste gestite in maniera

sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

Il sistema di certificazione forestale PEFC è il più diffuso al mondo e in Italia.

Per maggiori informazioni: www.pefc.it

Antonio Brunori

Segretario Generale PEFC Italia

Finito di stampare nel mese di gennaio 2012 da

LITODELTA sas – Scurelle (TN)