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ne, il Ltc per gli anziani non autosufficienti com- prende un insieme di prestazioni monetarie e reali che non includono però la cura delle patologie acute e croniche. Le prestazioni reali di Ltc, che richiedo- no tipicamente un’interazione continua e coordinata tra servizi sanitari e socioassistenziali, si distinguo- no in tre tipologie a seconda che siano offerte al do- micilio dell’utente, presso strutture residenziali o presso strutture intermedie (centri diurni). L’assi- stenza a domicilio assume diverse forme (ospedaliz- zazione domiciliare, assistenza domiciliare integra- ta, interventi di tipo socioassistenziale) ed è caratte- rizzata dal coinvolgimento della famiglia che spesso rappresenta la principale fonte di sostegno per gli an- ziani non autosufficienti. Tutti gli analisti concordano sul fatto che i trend demografici ed epidemiologici in atto accentueranno la domanda di assistenza sociosanitaria, e soprattut- to di Ltc, ma quale sarà il probabile impatto dell’in- vecchiamento della popolazione sulla spesa sociosa- nitaria nel lungo periodo? Gli attuali sistemi pubbli- ci di assistenza sanitaria e sociale saranno sostenibi- li in futuro? Come si sta attrezzando l’Italia rispetto ai nuovi bisogni di Ltc? Come vedremo, non è age- vole rispondere a queste domande e anche le analisi più recenti, pur avendo portato apprezzabili avanza- menti sul piano metodologico, non sembrano offrire risposte definitive. Sembra quindi utile sviluppare ulteriormente la ricerca teorica ed empirica su queste complesse questioni. Trend demografici e spesa sociosanitaria Nei paesi Ocse, la spesa sanitaria per gli anziani (per la cura delle patologie acute e cronico-degene- rative) incide sul Pil in misura molto maggiore ri- spetto alla spesa pubblica per il Ltc (comprendente le prestazioni socioassistenziali e l’assistenza sanita- ria complementare per gli anziani non autosufficien- ti). Ad esempio, Anderson e Hussey (2000), conside- rando otto tra i principali paesi dell’Ocse (tra cui non era compresa l’Italia), hanno stimato per il periodo 1993-95 una spesa sanitaria per gli anziani variabile tra il 3 e il 5% del Pil e una spesa per Ltc variabile tra lo 0,9 e l’1,6% del Pil. Altri studi relativi ai paesi eu- ropei hanno evidenziato valori simili con una spesa Invecchiamento della popolazione e spesa per il long-term care Vincenzo Rebba Dipartimento di Scienze Economiche Università di Padova; AIES, Associazione Italiana di Economia Sanitaria Invecchiamento della popolazione e sviluppo del long-term care L’Ocse prevede che tra il 2000 e il 2040 nei paesi industrializzati la quota delle persone con più di 65 anni passerà dal 13,8% al 25,6% della popolazione (Oecd, 2005). Gli ultraottantenni passeranno nello stesso periodo dal 3,1% al 7,7%. In Italia la percen- tuale della popolazione anziana dovrebbe aumentare dal 18,1% al 33,7% (nel 2040 sarà inferiore solo al 35,3% del Giappone) mentre gli ultraottantenni pas- seranno dal 4% al 10% della popolazione totale (una percentuale inferiore solo a quella del Giappone, con il 14,1%, e della Svizzera, con l’11,1%). Il processo di invecchiamento della popolazione segue profili temporali differenziati (è iniziato più precocemente in Europa), ma sta investendo anche i paesi in via di sviluppo con tassi di crescita della popolazione an- ziana addirittura superiori a quelli dei paesi indu- strializzati (Anderson e Hussey, 2000; Shrestha, 2000). Tale processo è dovuto principalmente alla ri- duzione dei tassi di natalità registrato negli ultimi trent’anni e all’aumento dell’aspettativa di vita, a sua volta determinato dalle migliorate condizioni di vita, dai progressi in campo medico e dalla diffusio- ne dell’assistenza sanitaria pubblica. Il progressivo aumento della speranza di vita ha portato con sé un aumento della prevalenza delle malattie cronico-degenerative con una sostanziale modifica dei bisogni sanitari. È aumentata la doman- da di assistenza continuativa (long-term care, Ltc) allo scopo di prevenire o rallentare la disabilità e la perdita di autonomia che sono collegate alle patolo- gie tipiche dell’età anziana. Data la grande eteroge- neità dei sistemi sociosanitari, non esiste una defini- zione universalmente condivisa di Ltc che in alcuni casi viene inteso in senso ampio considerando anche la gestione delle patologie croniche (Norton, 2000). Adottiamo qui una definizione più circoscritta che considera il nucleo principale (presente in tutti i si- stemi) dell’assistenza continuativa agli anziani non autosufficienti: “tutte le forme di cura della persona o assistenza sanitaria, e gli interventi di cura dome- stica associati, che abbiano natura continuativa. Tali interventi sono forniti a domicilio, in centri diurni o in strutture residenziali ad individui non autosuffi- cienti” (Laing, 1993, p 18). In base a tale definizio- Vol. 6, N. 3, Luglio-Settembre 2005 Politiche sanitarie Editoriale

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ne, il Ltc per gli anziani non autosufficienti com-prende un insieme di prestazioni monetarie e realiche non includono però la cura delle patologie acutee croniche. Le prestazioni reali di Ltc, che richiedo-no tipicamente un’interazione continua e coordinatatra servizi sanitari e socioassistenziali, si distinguo-no in tre tipologie a seconda che siano offerte al do-micilio dell’utente, presso strutture residenziali opresso strutture intermedie (centri diurni). L’assi-stenza a domicilio assume diverse forme (ospedaliz-zazione domiciliare, assistenza domiciliare integra-ta, interventi di tipo socioassistenziale) ed è caratte-rizzata dal coinvolgimento della famiglia che spessorappresenta la principale fonte di sostegno per gli an-ziani non autosufficienti.

Tutti gli analisti concordano sul fatto che i trenddemografici ed epidemiologici in atto accentuerannola domanda di assistenza sociosanitaria, e soprattut-to di Ltc, ma quale sarà il probabile impatto dell’in-vecchiamento della popolazione sulla spesa sociosa-nitaria nel lungo periodo? Gli attuali sistemi pubbli-ci di assistenza sanitaria e sociale saranno sostenibi-li in futuro? Come si sta attrezzando l’Italia rispettoai nuovi bisogni di Ltc? Come vedremo, non è age-vole rispondere a queste domande e anche le analisipiù recenti, pur avendo portato apprezzabili avanza-menti sul piano metodologico, non sembrano offrirerisposte definitive. Sembra quindi utile sviluppareulteriormente la ricerca teorica ed empirica su questecomplesse questioni.

Trend demografici e spesa sociosanitaria

Nei paesi Ocse, la spesa sanitaria per gli anziani(per la cura delle patologie acute e cronico-degene-rative) incide sul Pil in misura molto maggiore ri-spetto alla spesa pubblica per il Ltc (comprendentele prestazioni socioassistenziali e l’assistenza sanita-ria complementare per gli anziani non autosufficien-ti). Ad esempio, Anderson e Hussey (2000), conside-rando otto tra i principali paesi dell’Ocse (tra cui nonera compresa l’Italia), hanno stimato per il periodo1993-95 una spesa sanitaria per gli anziani variabiletra il 3 e il 5% del Pil e una spesa per Ltc variabile tralo 0,9 e l’1,6% del Pil. Altri studi relativi ai paesi eu-ropei hanno evidenziato valori simili con una spesa

Invecchiamento della popolazione e spesa per il long-term care

Vincenzo Rebba

Dipartimento di Scienze Economiche Università di Padova; AIES, Associazione Italiana di Economia Sanitaria

Invecchiamento della popolazione e sviluppo del long-term care

L’Ocse prevede che tra il 2000 e il 2040 nei paesiindustrializzati la quota delle persone con più di 65anni passerà dal 13,8% al 25,6% della popolazione(Oecd, 2005). Gli ultraottantenni passeranno nellostesso periodo dal 3,1% al 7,7%. In Italia la percen-tuale della popolazione anziana dovrebbe aumentaredal 18,1% al 33,7% (nel 2040 sarà inferiore solo al35,3% del Giappone) mentre gli ultraottantenni pas-seranno dal 4% al 10% della popolazione totale (unapercentuale inferiore solo a quella del Giappone, conil 14,1%, e della Svizzera, con l’11,1%). Il processodi invecchiamento della popolazione segue profilitemporali differenziati (è iniziato più precocementein Europa), ma sta investendo anche i paesi in via disviluppo con tassi di crescita della popolazione an-ziana addirittura superiori a quelli dei paesi indu-strializzati (Anderson e Hussey, 2000; Shrestha,2000). Tale processo è dovuto principalmente alla ri-duzione dei tassi di natalità registrato negli ultimitrent’anni e all’aumento dell’aspettativa di vita, asua volta determinato dalle migliorate condizioni divita, dai progressi in campo medico e dalla diffusio-ne dell’assistenza sanitaria pubblica.

Il progressivo aumento della speranza di vita haportato con sé un aumento della prevalenza dellemalattie cronico-degenerative con una sostanzialemodifica dei bisogni sanitari. È aumentata la doman-da di assistenza continuativa (long-term care, Ltc)allo scopo di prevenire o rallentare la disabilità e laperdita di autonomia che sono collegate alle patolo-gie tipiche dell’età anziana. Data la grande eteroge-neità dei sistemi sociosanitari, non esiste una defini-zione universalmente condivisa di Ltc che in alcunicasi viene inteso in senso ampio considerando anchela gestione delle patologie croniche (Norton, 2000).Adottiamo qui una definizione più circoscritta checonsidera il nucleo principale (presente in tutti i si-stemi) dell’assistenza continuativa agli anziani nonautosufficienti: “tutte le forme di cura della personao assistenza sanitaria, e gli interventi di cura dome-stica associati, che abbiano natura continuativa. Taliinterventi sono forniti a domicilio, in centri diurni oin strutture residenziali ad individui non autosuffi-cienti” (Laing, 1993, p 18). In base a tale definizio-

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per il Ltc compresa mediamente tra lo 0,6 e l’1,7%del Pil, con i paesi scandinavi al di sopra del 2% e ipaesi dell’Europa meridionale al di sotto dello 0,5%(Jacobzone et al., 2000; Epc, 2001). Il processo diinvecchiamento della popolazione avrà effetti rile-vanti su entrambe le componenti di spesa e verosi-milmente dovrebbe aumentare il peso relativo dellacomponente Ltc. A tale riguardo negli ultimi anni so-no state proposte numerose analisi prospettiche suglieffetti complessivi che i trend demografici potrannoavere sulla spesa sociosanitaria nelle sue diversecomponenti.

La relazione tra invecchiamento e crescita della spesa sociosanitaria

In ragione della maggiore frequenza e severitàdelle patologie e delle condizioni di disabilità checaratterizzano la popolazione anziana, la spesa so-ciosanitaria aumenta con l’età secondo una curva aforma di J: dopo un massimo locale in corrisponden-za dei primi anni di vita, la spesa cresce progressiva-mente fino a raggiungere un massimo assoluto incorrispondenza della classe tra i 75 e gli 80 anni (Di-rindin, 1994; Taroni, 2003). L’osservazione di unaforte relazione positiva tra età e consumi sanitari po-trebbe indurre a ritenere che l’invecchiamento dellapopolazione rappresenti di per sé un importante fat-tore di crescita della spesa nel lungo periodo, conconseguenze estremamente pesanti sulla sostenibi-lità dei sistemi sanitari pubblici. Tale tesi è stata sup-portata per molti anni da modelli previsionali cheadottavano un approccio “meccanico” basato sullastima degli effetti sulla spesa della sola modifica del-la struttura demografica della popolazione, nell’ipo-tesi che i profili per età dei consumi sociosanitari ri-manessero costanti nel tempo. La tesi è stata peròconfutata da un buon numero di analisi econometri-che (ampie survey al riguardo si possono trovare inGray, 2005 e Westerhout e Pellikaan, 2005).

Molti studi recenti hanno evidenziato come i costisanitari siano molto più elevati in prossimità dellamorte a prescindere dall’età in cui avviene il deces-so (si parla a riguardo di mortality-related costs). Neconsegue che la forte relazione positiva osservata traetà e spesa sanitaria è determinata in misura rilevan-te dal fatto che al crescere dell’età aumenta anche iltasso di mortalità. Se si prevede un’ulteriore riduzio-ne dei tassi di mortalità (anche se probabilmente inmisura minore rispetto al passato), le stime tradizio-nali circa gli effetti dell’invecchiamento sulla cresci-ta della spesa sanitaria sarebbero quindi errate pereccesso in quanto l’aumento della speranza di vitasposterebbe in avanti nel tempo i mortality-relatedcosts (Zweifel et al., 1999; Bartolacci et al., 2001;Stearns e Norton, 2004).

Altre analisi hanno evidenziato come il problema

principale dei modelli previsionali tradizionali fossequello di non considerare importanti fattori non de-mografici che influiscono direttamente sulla dinami-ca della spesa sanitaria e che possono modificare iprofili per età dei consumi sociosanitari. La conside-razione di tali fattori è quindi essenziale per valutarecorrettamente gli effetti dell’invecchiamento sui si-stemi sanitari. In primo luogo, se, come molti riten-gono verosimile, anche in futuro si manifesterà perla popolazione anziana un trend di diminuzione deitassi di disabilità (misurati tipicamente in termini diincapacità di svolgere attività base o strumentali del-la vita quotidiana; cioè in termini di Adl o Iadl) si-mile a quello registrato negli ultimi decenni, si do-vrebbe attenuare l’impatto della transizione demo-grafica sulla spesa sociosanitaria (Manton et al.,1998; Cutler, 2001; Lubitz et al., 2003). Rimane tut-tavia ancora non del tutto chiaro quali siano stati ireali determinanti della minore prevalenza della di-sabilità nella popolazione anziana: la maggiore ac-cessibilità ai servizi resa possibile dalla crescita del-la sanità pubblica, la maggiore disponibilità di dia-gnostiche e terapie innovative, ma anche più costo-se, un benessere economico più diffuso, livelli discolarità più elevati, minori disparità socio-econo-miche, l’adozione di stili di vita più sani oppure, co-me sembra plausibile, una combinazione tra questevariabili? La difficoltà di assegnare un peso relativoa ciascuna di queste determinanti rende problemati-co utilizzare i trend favorevoli di disabilità osservatiper formulare previsioni future circa la spesa sanita-ria (Taroni, 2003; Spillman, 2004; Howse, 2005).

In secondo luogo, le variabili di offerta, in parti-colare l’innovazione tecnologica e i prezzi dei fat-tori, rivestono un ruolo fondamentale nel modifica-re costi e profili per età dell’assistenza sanitaria. I progressi in campo biomedico hanno dilatato inmisura rilevante le possibilità di intervento curati-vo e riabilitativo anche per gli anziani, riducendo irischi di limitazioni funzionali e di handicap asso-ciati a molte patologie croniche (si pensi, ad esem-pio, alle protesi d’anca e di ginocchio, agli inter-venti di bypass aortocoronarico e di angioplastica,ai nuovi farmaci più efficaci e con minori effetticollaterali per la cura dello scompenso cardiaco).Tali innovazioni migliorano la qualità della vita, ri-ducendo il numero di anni vissuti in condizioni didisabilità grave. Esse, però, come è ormai ampia-mente documentato, rappresentano il principalefattore autonomo di crescita della spesa che sembrapoter essere controllato solo parzialmente e tempo-raneamente dalle politiche sanitarie (Newhouse,1993; Jacobzone, 2003). Alcuni hanno parlato al ri-guardo di “sindrome di Sisifo” della medicina(Zweifel et al., 2005): da un lato il progresso medi-co aumenta il numero di anni di vita vissuti in as-

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senza di disabilità; dall’altro, proprio l’aumento delnumero di anziani in buone condizioni di salute de-termina un aumento della domanda di prestazionisanitarie un tempo non disponibili o non indicateper le persone in età avanzata. Per quanto riguardainfine i prezzi dei fattori in sanità, va ricordato cheessi manifestano una dinamica più accentuata ri-spetto al livello generale dei prezzi soprattutto inragione della fisiologica maggiore intensità (e mi-nore produttività) del lavoro che caratterizza il set-tore socio-sanitario. Anche in questo caso, nono-stante i controlli dal lato dell’offerta (prezzi ammi-nistrati, contrattazione collettiva, ecc.), l’evidenzaempirica mostra che il fenomeno della dinamicapositiva dei prezzi relativi è tuttora operante (Mu-raro e Rebba, 2001).

A prescindere dalle variabili di tipo istituzionale(che definiscono quantità, criteri di accesso e moda-lità di finanziamento delle prestazioni pubbliche, masulle quali risulta molto difficile effettuare previsio-ni di lungo periodo) qualora si tenga conto congiun-tamente di tutte le variabili di domanda e offerta ap-pena esaminate (mortality-related costs, trend delladisabilità, innovazione tecnologica e dinamica deiprezzi relativi) la relazione tra invecchiamento dellapopolazione e spesa sanitaria per patologie acute ecroniche si affievolisce notevolmente. Pertanto i mo-delli di previsione della spesa sanitaria non possonolimitarsi a considerare unicamente i trend demogra-fici, ma dovrebbero considerare tutti o almeno i prin-cipali fattori rilevanti. Ad esempio, Pellikaan e We-sterhout (2005), tenendo conto dei mortality-relatedcosts e formulando alcune ipotesi circa i trend decre-scenti della disabilità, hanno ottenuto stime di cre-scita del rapporto spesa sanitaria pubblica/Pil per ipaesi europei nel periodo 2002-2050 inferiori com-plessivamente di 0,3 punti percentuali rispetto aduno scenario base che considerava solo l’influenzadei trend demografici (la minore stima è la risultantedi una riduzione di 0,4% per la spesa sanitaria in sen-so stretto a fronte invece di un aumento dello 0,1%per la spesa Ltc; per l’insieme dei primi 15 paesi eu-ropei si prevede che la spesa sanitaria pubblica passidal 6,2% all’8,6% del Pil). Lo stesso studio eviden-zia però come, ipotizzando un aumento dello 0,25%dei costi annui (per tener conto dei maggiori costiunitari del settore sanitario), nel 2050 l’incidenzadella spesa sanitaria pubblica sul Pil sarebbe più ele-vata di 1,2 punti percentuali.

In conclusione va osservato che anche i più perfe-zionati modelli di previsione si basano sempre suscenari ipotetici e dovrebbero essere considerati uni-camente come utili esercizi per analizzare possibilidinamiche della spesa sanitaria in assenza di cam-biamenti strutturali nell’assetto dei sistemi sociosa-nitari. Come tali essi possono fornire suggerimenti

proprio per progettare possibili interventi di riforma.A questo riguardo va osservato che, benché l’invec-chiamento della popolazione non appaia un fattoreautonomo rilevante di crescita della spesa sanitaria,esso tuttavia potrà determinare effetti rilevanti suifuturi processi di scelta collettiva con una spinta ver-so l’adozione di politiche pubbliche tendenti a sod-disfare i bisogni di un elettorato sempre più anziano(Dirindin, 1994). Sembra quindi utile che anche suquesto nuovo filone di public choice si orienti la fu-tura analisi teorica ed empirica.

La dinamica della spesa per il long-term care

I fattori che influiscono sulla dinamica della spesaLtc sono in parte diversi da quelli che influenzano laspesa sanitaria per la cura delle patologie acute ecroniche. Infatti, l’evoluzione della spesa Ltc – oltreche dall’invecchiamento della popolazione, dai li-velli di disabilità, dalle caratteristiche e dai costi uni-tari dei servizi offerti – dipende anche dalla disponi-bilità di assistenza informale. Peraltro, la considera-zione dei diversi fattori non demografici non riducetroppo la significatività dell’invecchiamento comefattore esplicativo della crescita della spesa Ltc e inparticolare di quella di tipo socioassistenziale. Ciòdipende in parte dal fatto che in questo caso l’effettodei mortality-related costs è molto contenuto (Yanget al., 2003), ma soprattutto dal fatto che nel caso delLtc l’innovazione tecnologica ha un impatto (positi-vo) minore sulla dinamica della spesa: la differenzaprincipale è che la domanda di sanità risponde allacontinua espansione dell’offerta di nuove e più co-stose forme di assistenza mentre tale effetto non siha in ugual misura per il Ltc in cui prevale il lavorocome fattore di produzione e le nuove tecnologie disupporto (ausili meccanici e telematici, interventi diadattamento degli ambienti di vita) assumono un pe-so relativamente minore.

Un recente studio promosso dall’Unione Europeae coordinato da alcuni ricercatori della LondonSchool of Economics (Pssru, 2003) propone un mo-dello della dinamica della spesa Ltc più completo ri-spetto ad altri sviluppati in precedenza in quanto nonconsidera solo l’impatto dei trend demografici (co-me nel caso di Epc, 2001 e 2003) e dell’evoluzionedella disabilità nella popolazione anziana (come nelcaso di Jacobzone et al., 2000), ma anche altre varia-bili rilevanti quali la disponibilità di supporto infor-male, l’offerta di servizi e prestazioni e i loro costiunitari. Lo studio, considerando quattro paesi euro-pei (Germania, Spagna, Italia e Regno Unito) e assu-mendo come anno base il 2000, stima la crescita del-la spesa Ltc per gli anziani non autosufficienti nel2030 e 2050 secondo diversi scenari. Le stime che siottengono sono ovviamente molto sensibili rispettoalle diverse ipotesi prospettate.

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In generale, tutti gli studi riguardanti i paesi euro-pei e dell’area Ocse prevedono comunque incremen-ti particolarmente consistenti della spesa Ltc pubbli-ca e privata nei prossimi 50 anni in ragione dei solitrend demografici (incrementi per la maggior partevariabili tra il 70 e il 100%). Essi prevedono inoltreun aumento del peso della componente Ltc all’inter-no della spesa sociosanitaria complessiva (due studirecenti stimano che nel 2050 l’incidenza della spesaLtc sul Pil sarà compresa tra il 2 e il 2,3% per la me-dia dei paesi europei; Epc, 2003; Pellikaan e We-sterhout, 2005). Nel contempo però la riduzione del-la prevalenza e gravità della disabilità, secondo trendanaloghi a quelli manifestatisi nei paesi industrializ-zati nell’ultimo decennio, dovrebbe attenuare la cre-scita prevista della spesa Ltc in misura maggiore diquanto non riduca la spesa sanitaria generale (Jacob-zone et al., 2000; Howse, 2005). Nella misura in cuila minore frequenza della disabilità fosse determina-ta dal ricorso a terapie innovative un tempo non di-sponibili per la popolazione anziana, si avrebbe cosìuna sorta di effetto sostituzione tra assistenza sanita-ria in senso stretto e Ltc: un aumento della spesa sa-nitaria con finalità di prevenzione della disabilità po-trebbe consentire un’attenuazione della spesa Ltc,anche se non è agevole prevedere se la combinazio-ne dei due effetti comporterà una minore o maggiorespesa complessiva. Si prevede anche che la riduzio-ne della disabilità degli anziani determinerà un uti-lizzo maggiore dell’assistenza a domicilio e un mi-nore ricorso ai servizi di assistenza residenziale (chesaranno caratterizzati da una quota maggiore di ospi-ti con livelli più elevati di non autosufficienza), maanche in questo caso non è chiaro se ciò comporteràun contenimento della spesa (Jacobzone, 2000; Go-ri, 2000). Infine, non è facile prevedere se la crescitadella spesa Ltc riguarderà più la componente privatao quella pubblica. Da un lato, le trasformazioni so-ciali in atto – che vedono l’indebolimento delle retifamiliari, la maggiore partecipazione femminile sulmercato del lavoro e l’allungamento della vita lavo-rativa – determinando un minore sostegno informaleda parte delle famiglie (la componente ora prevalen-te del Ltc in quasi tutti i paesi) potrebbero far cre-scere la componente pubblica della spesa Ltc di tipodiretto (assistenza formale) e indiretto (assicurazio-ne sociale contro il rischio di non autosufficienza).D’altro lato, però, è stato osservato come l’aumentodella speranza di vita in assenza di disabilità possaaumentare la produttività delle persone anziane conpositive ricadute sulla disponibilità di cure informa-li erogate all’interno del nucleo familiare e un possi-bile effetto di contenimento della crescita della spe-sa pubblica (Lakdawalla e Philipson, 1998). Sullamaggiore disponibilità di cure informali influisconopositivamente anche l’aumento del numero degli an-

ziani che continuano a vivere in coppia (per effettodel recupero di longevità degli uomini sulle donne) eil maggiore ricorso a politiche volte a incentivareeconomicamente l’assistenza da parte di familiariche compensano solo in parte i maggiori costi priva-ti (assegni di cura, benefici fiscali e previdenziali,servizi di sollievo).

Il finanziamento del long-term care

I rischi della non autosufficienza, e quindi i costidel Ltc, sono sempre stati prevalentemente sopporta-ti dai privati (persone colpite e loro familiari) in viadiretta, utilizzando i risparmi accumulati nel mo-mento in cui si manifesti la situazione di bisogno,oppure facendo ricorso a forme di assicurazione pri-vata. L’incremento progressivo dei costi del Ltc hafatto sì che il rischio di non autosufficienza venissesempre più riconosciuto come un rischio sociale diparticolare rilevanza richiedente una copertura pub-blica. Il finanziamento del Ltc attraverso il ricorsoalla sola assicurazione privata volontaria viene gene-ralmente considerato impraticabile sotto il profilodell’equità e inefficiente per una serie di problemisia dal lato della domanda sia dell’offerta (per unasurvey al riguardo si rimanda a Rebba, 2005). Neipaesi in cui il mercato delle polizze assicurative Ltcappare piuttosto sviluppato (Stati Uniti, Germania,Francia, Giappone), si osserva come le assicurazioniprivate assumano i connotati di canale di finanzia-mento secondario rispetto ad altre fonti di finanzia-mento rappresentate da programmi pubblici e paga-menti diretti privati. Vi è però la crescente consape-volezza che le future dinamiche sociodemograficherenderanno necessario un potenziamento sia dell’in-tervento pubblico sia del ruolo assunto dalle assicu-razioni. Alcuni paesi (ad esempio, Olanda, Germa-nia e Giappone) si sono orientati verso la realizza-zione di un vero e proprio sistema di assicurazionesociale basato su un fondo pubblico per la non auto-sufficienza, mentre altri paesi (come Stati Uniti,Francia e Gran Bretagna) hanno puntato a riformaree/o potenziare l’intervento pubblico diretto incenti-vando nel contempo il ricorso all’assicurazione pri-vata. La soluzione che viene proposta nella maggiorparte dei casi (con l’importante eccezione degli Sta-ti Uniti) prevede un finanziamento pubblico di livel-li essenziali di assistenza per la non autosufficienzaa beneficio dell’intera popolazione, rispetto al qualel’assicurazione volontaria può assumere un ruolo in-tegrativo e non sostitutivo (Wittenberg et al., 2003).Questa è stata la scelta prevalente dei paesi che han-no cercato di affrontare organicamente il problemadella copertura del rischio di non autosufficienza,adottando soluzioni volte a realizzare il finanzia-mento del Ltc nel comparto sanitario congiuntamen-

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te a quello assistenziale (come, ad esempio, in Olan-da) o, molto più frequentemente, mirate esclusiva-mente a quest’ultimo (Germania, Giappone). Leprincipali esperienze internazionali evidenziano,inoltre, come l’avvio di un piano di intervento pub-blico sul Ltc (sotto forma di assicurazione sociale odi assistenza diretta) funzioni spesso da catalizzato-re dello sviluppo del mercato privato delle assicura-zioni Ltc. Infatti, sia per carenza di risorse finanzia-rie sia per obiettivi di controllo dei possibili effetti diazzardo morale (legati all’incentivo offerto dalla co-pertura pubblica a formulare una domanda di assi-stenza formale che non si sarebbe autonomamentemanifestata), lo schema pubblico universale copregeneralmente solo una parte degli oneri legati ai bi-sogni di assistenza continuativa.

La situazione italiana

Attualmente mancano valutazioni completamenteaffidabili dell’ammontare complessivo di risorse de-stinate al Ltc in Italia. Appare quindi utile perfezio-nare tali valutazioni, non solo per poter effettuareproficui confronti con le analisi già realizzate permolti paesi europei ed extraeuropei dall’Ocse e daaltri centri di ricerca, ma anche per poter fondare subasi consistenti la definizione delle strategie di fi-nanziamento del Ltc nel breve e lungo periodo. Mal-grado le accennate carenze conoscitive, recentemen-te sono state realizzate alcune analisi volte a stimare(sia pure in modo parziale) l’entità della spesa e ilfabbisogno di risorse per il Ltc.

La spesa per il long-term care in Italia

In base allo studio sul monitoraggio dei livelli es-senziali di assistenza realizzato dall’Agenzia per iservizi sanitari regionali (Assr, 2004), la spesa soste-nuta dal Ssn per l’assistenza territoriale ambulatoria-le e domiciliare, semiresidenziale e residenziale a fa-vore degli anziani non autosufficienti (cioè la com-ponente sanitaria della spesa per Ltc) sarebbe parinel 2002 a circa 2,9 miliardi di euro, equivalente al3,7% della spesa pubblica totale e allo 0,2% del Pil:buona parte (il 73%) è relativo all’assistenza in strut-ture residenziali ed è concentrato (per il 54%) in so-le tre regioni: Lombardia (28%), Veneto (14%) eEmilia-Romagna (11,5%). La Ragioneria Generaledello Stato (Ministero dell’economia e delle finanze,2004), aderendo in parte alle indicazioni dell’Econo-mic policy committee dell’Unione europea (Epc,2003), adotta una definizione molto più ampia di Ltcsia per quanto riguarda le prestazioni (assistenza in-tegrativa, protesica e termale) sia i soggetti (tossico-dipendenti, alcolisti, malati psichiatrici). In base atale definizione, la Rgs calcola una spesa Ltc pari

all’11,3% della spesa sanitaria totale e allo 0,7% delPil (in termini di spesa 2002 si tratterebbe di circa8,9 miliardi di euro), mentre l’incidenza della spesaper la sola assistenza sanitaria territoriale agli anzia-ni e disabili (domiciliare, semiresidenziale e residen-ziale) sarebbe pari al 6,2% della spesa totale e allo0,4% sul Pil (4,9 miliardi di euro nel 2002). Si trattaquindi di valutazioni molto diverse rispetto a quelledella Assr e che richiederebbero di essere perfezio-nate.

La Rgs effettua anche previsioni a medio e lungoperiodo della spesa sanitaria complessiva e di quellaper Ltc a favore di anziani e disabili (Ministero del-l’economia e delle finanze, 2004). Secondo tali pre-visioni, l’incidenza sul Pil della spesa sanitaria peracuti dovrebbe passare dal 5,5% del 2003 al 7,2%del 2050 con un incremento di 1,7 punti percentuali.La componente di spesa legata al Ltc (secondo la de-finizione ampia appena indicata) dovrebbe invececrescere, nello stesso periodo, dallo 0,7% all’1,2%con un aumento di 0,5 punti percentuali (un incre-mento più che doppio rispetto all’acute care). Com-plessivamente, il rapporto tra spesa sanitaria e Pildovrebbe aumentare di 2 punti percentuali tra il 2003e il 2050, passando dal 6,3% all’8,4% (7,2% spesaper acuti e 1,2% spesa Ltc). Tenendo conto dellamaggiore incidenza dei mortality-related costs nelleclassi d’età anziane, la Rgs stima tuttavia che l’inci-denza della spesa pubblica sul Pil nel 2050 possa es-sere più contenuta di mezzo punto percentuale ri-spetto alla previsione di base: 6,9% per acute care e1% per Ltc. Il differenziale di crescita tra le due prin-cipali componenti di spesa dovrebbe portare il pesodella componente Ltc dal 12% al 13% nel periodo2003-2050. Le stime della Rgs si riferiscono ad uno“scenario nazionale base” (corrispondente alle ipo-tesi demografiche della previsione centrale dell’I-stat) e sono state elaborate in base ai criteri dell’Eco-nomic policy committee-working group on ageingdell’Unione europea. Esse tengono conto della mag-giore incidenza per le classi di età più anziane dellespese sanitarie nell’ultimo periodo di vita, ma nonipotizzano alcuna modifica dei profili per età deiconsumi sanitari determinata da una variazione deilivelli di salute e di disabilità oltre a non considerarei possibili effetti dell’innovazione tecnologica.

Per quanto riguarda la componente più rilevantedella spesa Ltc, quella di tipo socioassistenziale, nonsolo le previsioni per il futuro ma anche le valutazio-ni dei livelli attuali sono molto carenti. Il Piano sani-tario nazionale 2003-2005 stima che l’impegno pub-blico di spesa attuale sia quantificabile in circa 6,5miliardi di euro. La stima comprende le risorse de-stinate all’indennità di accompagnamento e quelleimpegnate dagli enti locali. Non esistono dati affida-bili circa l’impegno finanziario diretto delle famiglie

V Rebba: Invecchiamento della popolazione e spesa per il long-term care 113

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anche se nel 1998 il Cnr aveva stimato in circa 2,5miliardi di euro la spesa privata per l’acquisto diret-to di servizi assistenziali e in circa 4,8 miliardi il va-lore dell’assistenza informale. Alcune recenti elabo-razioni effettuate da Mesini e Vanara (2005) arrivanoa stimare una spesa attuale su base annua compresatra un minimo di 8,5 e un massimo di 13,2 miliardidi euro (con una quota pubblica variabile tra 6 e 8,7miliardi), corrispondenti ad una incidenza sul Pil tralo 0,75 e l’1,17% (l’incidenza della spesa pubblicasul Pil sarebbe compresa tra 0,54 e 0,77%). Infine, ilgià citato studio europeo Pssru (2003) calcola per il2000 una spesa Ltc complessiva di circa 11,5 miliar-di (poco meno dell’1% del Pil) e stima che nello sce-nario di base (in cui si ipotizza che la prevalenza del-la disabilità, la percentuale di anziani che ricevonosostegno informale e le quantità delle prestazionipubbliche e private rimangano al livello attuale) laspesa Ltc aumenti a 32,1 miliardi (1,82% del Pil) nel2030 e a 55,2 miliardi (2,36% del Pil) nel 2050. Lestime di crescita risultano però molto sensibili ri-spetto alle diverse ipotesi formulate circa la dinami-ca dei tassi di disabilità, dei costi unitari e del pesodell’assistenza informale.

Il finanziamento del long-term care in Italia

La quasi totalità delle proposte formulate per l’I-talia prevede l’istituzione di un fondo pubblico in cuiconvogliare le risorse finanziarie necessarie per fi-nanziare livelli essenziali di servizi per la non auto-sufficienza. Le diverse proposte, pur essendo tutteconcordi rispetto alla necessità di uno schema pub-blico di garanzia della copertura base, si differenzia-no sia per quanto riguarda la quantificazione del-l’impegno di spesa pubblico, sia per quanto riguardale modalità di finanziamento di tale impegno. L’en-tità delle risorse da impegnare è variabile a secondadelle ipotesi adottate per quantificare il fabbisognoassistenziale attuale e prospettico e a seconda del ti-po e del grado di copertura che dovrebbe essere ga-rantito dallo schema pubblico. Le principali stimedel fabbisogno finanziario elaborate dal Ministerodella Salute e da diversi studi quantificano l’ammon-tare complessivo di un ipotetico fondo pubblico perla non autosufficienza (includendo anche le risorseattualmente impegnate) in un intervallo compresotra 11 e 15 miliardi di euro (cioè tra l’1% e l’1,3%del Pil), con un incremento potenziale nei prossimivent’anni compreso (a seconda delle ipotesi adotta-te) tra il 55 e il 100% (si veda al riguardo l’articolodi Rebba e Romanato in questo numero di Politichesanitarie). Per quanto riguarda le modalità di finan-ziamento della copertura base universale del rischiodi non autosufficienza, si possono individuare dueprincipali strategie (Gori, 2003): 1) redistribuzione ediverso utilizzo delle risorse economiche già dispo-

nibili nel bilancio pubblico (spostamento di risorseda altri settori di spesa pubblica e/o dalla previdenzapubblica e/o dalla sanità pubblica per acuti al Ltc);2) richiesta di ulteriori risorse ai cittadini, vincolan-do al Ltc risorse di provenienza fiscale o contributi-va. Le due strategie non sono necessariamente in al-ternativa (si potrebbe ricorrere ad un loro mix). Laseconda strategia appare più efficace in termini dicapacità di finanziamento del Ltc ma presenta, ri-spetto alla prima, maggiori problemi di accettabilitàpolitica, presupponendo un inasprimento della pres-sione fiscale. Il testo unificato del Ddl sul Fondo perla non autosufficienza elaborato da una Commissio-ne ristretta della Camera il 7 maggio 2003 (e appro-vato dalla Commissione affari sociali della Cameranell’ottobre 2003) proponeva una soluzione mistatra le due strategie, prevedendo l’istituzione di unfondo nazionale finanziato dal gettito di un’addizio-nale dello 0,75% su Irpef e Irpeg (ora Ire e Ires) edalle risorse destinate all’erogazione dell’indennitàdi accompagnamento, nonché un possibile finanzia-mento regionale integrativo attraverso un’addiziona-le aggiuntiva massima dello 0,5%. Alcuni studi rea-lizzati da diversi centri di ricerca hanno propostoinoltre un’integrazione della copertura pubblica conschemi assicurativi volontari di tipo collettivo e indi-viduale (per una rassegna si veda Rebba, 2005). So-no però quasi due anni che il progetto legislativo diun fondo nazionale per la non autosufficienza è ri-masto bloccato mentre nel frattempo l’ipotesi di isti-tuire un fondo regionale è stata considerata da alcu-ne regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana,Veneto, Province autonome di Trento e Bolzano),anche se solo Trento e Bolzano sembrano aver resoconcreta tale ipotesi sul piano legislativo. L’impres-sione che si ricava da questa situazione è che la re-sponsabilità dell’azione sia stata lasciata ai governidecentrati.

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