Louisiana chiama America. Ma l’America è in Iraq. · co in cui il croupier usa carte truccate,...

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Direttore editoriale Luigi Parrillo - Registrazione del Tribunale di Cosenza n. 751 del 19/05/2005 - Comitato di redazione: Giovanni Carlo Gallo, Romina Zavatta, Sabina Licursi, Paolo Chiaselotti, Domenico Formoso, Vito Argondizzo, Franco Castagnaro - Sede legale: San Marco Argentano (Cs), Via Vitt.Emanuele n.51 - http://www.partecipazioneedemocrazia.org/ E-mail: [email protected]/ Giornale periodico di informazione a distribuzione gratuita - Direttore responsabile Luigi Tucci NUMERO 9 SETTEMBRE 2005 Agosto, il mare malato e il Paese Il pensiero non va in vacanza e naufraga tra le chiazze galleggianti GIANCARLO GALLO Continua a pag.5 Continua a pag.2 Louisiana chiama America. Ma l’America è in Iraq. Lacrime, sofferenze e clima da Far West. Al posto della Colt, i micidiali M16 PAOLO CHIASELOTTI Alcune drammatiche immagini della tra- gedia che sta soffocando la città di New Orleans, in Louisiana. Violenze, razzie e stupri acuiscono le sofferenze e denun- ciano il degrado socio-culturale di alcuni quartieri della città devastata. Le immagini di quella che una volta era la città di New Orleans, oggi completamente disintegrata, sommersa dalle acque dove galleggiano indi- stinguibili cadaveri e ammas- si di detriti, sono più sconvol- genti di quelle che abbiamo visto in tanti film di fantascien- za. I terrificanti effetti speciali che ci inchiodano muti e an- gosciati davanti allo schermo diventano solo un gioco sa- dico fatto di esplosioni, fughe, finta disperazione, ma non raggiungono mai il livello di terrore che la “natura” è in gra- do di proporre a distanza di periodi più o meno brevi. Chi ha potuto osservare attraver- so un filmato televisivo o da un’immagine di giornale la potenza distruttiva dello Tsu- nami e, ora, quella ancor più devastante dell’uragano Ka- trina, non può fare a meno di collegare quelle scene alla vita quotidiana di se stesso, di parenti, di amici, di conoscen- ti, anche se nessuno di essi ne risulta colpito. È la solidarietà umana, diffici- le da spiegare e da capire in tempi di odio e di guerre, ma così naturale in tempo di pace. D’istinto ci chiediamo che cosa fare per soccorrere tutte quelle persone, addirittura come farle uscire dall’acqua, come portare loro cibo, dove Continua a pag.2 Politica, passato, presente e futuro LUIGI PARRILLO Pochi ricorderanno, or- mai, che chi scrive ha avu- to, nel bene e nel male, un passato di amministratore comunale nella città di San Marco Argentano. Sono stati tre lustri di movimenta- ta esperienza politico-ammi- nistrativa, l’ultimo dei quali ha determinato una svolta di massimo possibilismo poli- tico, quasi che si fosse letto nell’aria l’avvento di quella “142/90” che ha lastricato di buone intenzioni l’inferno nel quale si consumano tut- te le amministrazioni comu- nali dei piccoli centri, anco- rate, gioco forza, al macigno del maggioritario tout court. Ora, dal momento che l’avanzare negli anni deter- mina, è innegabile, una sor- ta di regressione storica nelle vicende significative dalla propria vita, è capitato che, nelle giornate di piacevole ozio estivo, ritrovandosi con alcuni compagni di cordata con i quali si salivano quoti- dianamente le restaurate rampe di scala del palazzo comunale, ci si è attardati ad improvvisare estemporane- amente un consuntivo men- tale della pregressa attività politica. Nelle note nostalgiche delle parole di alcuni, rimbalzava- no progetti, realizzazioni, in- terventi, contrasti, ingratitu- dini delle quali risuona pre- potente l’eco ancora oggi, entusiasmi, consigli comu- nali affollati e politicamente rilevanti, nottate animatissi- me nelle sedi di partito, trat- tative lunghe e difficili con i partner amministrativi, in- contri e scontri con i com- pagni di partito alla ricerca di obbligatorie convergen- ze operative, consultazioni frequenti fra assessori per scongiurare eventuali errori di individualismi esasperati (che non mancavano neppu- re allora); in uno, un incre- dibile continuo fermento che assimilava la vita amministra- tiva (e, prima ancora, politi- Quella fetida chiazza oleo- sa resa disomogenea da rifiuti di varia natura, che si lascia cullare dalle onde di un mare nel quale da bambino ero io a sguazzare, ma che ormai sen- to sempre più ostile e lonta- no, mi stimola a vagare col pensiero: unica risorsa di cui può disporre a proprio piacimento chi ancora vuol credersi libero. Ed ecco una serie di immagini relative ad eventi recenti en- trare ed uscire, affollarsi e dis- solversi nella mente, confusa- mente senza un senso appa- rente. Visioni di sassi che uc- cidono a caso, uomini che fan- no a pezzi altri uomini, città blin- date dalle forze dell’ordine, te- lefoni sotto controllo, tutti che guardano con sospetto tutti, santuari istituzionali che si trasformano in case da gio- co in cui il croupier usa carte truccate, un plotone di nani che ritengono che basti spe- culare sulle altrui disgrazie per diventare giganti. E sullo sfondo una umanità alla mercé della volontà di mi- noranze sempre più ristrette e attrezzate a danno di maggio- ranze sempre più ampie e con- fuse. In questo scenario un’Italia involuta ed incerta sui propri destini, affidati ad una classe dirigente di cui, giorno dopo giorno, si rivela- no limiti non altrimenti immaginabili. Ma le caratteristiche di una classe dirigente, nel bene e nel male, non si improvvisano: esse sono il frutto di un’azio- ne programmatoria a lungo termine che coinvolge la scuo- la, la formazione professiona- le, la ricerca, per finire ai crite- ri di reclutamento e quindi di selezione. Tutti passaggi sui quali, per quanto ci riguarda, ci sarebbe molto da discutere e che, co- munque, ci riportano all’epo- ca in cui, finita la fase costi- tuente e l’emergenza del dopo guerra, si sarebbe dovuto fare dell’Italia un paese moderno e, soprattutto, in grado di im- maginare il giusto governo del proprio futuro. Una occasio- ne perduta e difficilmente recuperabile. La colpa? Forse di una crescita economica troppo repentina, nutrice di ogni genere di rampantismo, in un clima di euforia genera- lizzata all’insegna di una esi- stenza fin troppo spensierata e, comunque, al disopra delle reali possibilità. Ed è in que- sta fase storica che inizia il len- to ma progressivo appanna- mento di quell’etica, oggetto di tanto dibattito, valore ap- parente mente ovviabile in tempi di vacche grasse, ma imprescindibile in tempi, come quelli attuali, in cui tutlogica di “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”. Ciardullo al Museo Civico a pag. 3 Sangue ed equilibri mondiali Giuseppe Terranova a pag. 4 Angela Rapanà è Madre Teresa la Redazione a pag. 3 “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” Paolo Chiaselotti a pag. 5 I due volti dello Stato laico Pino Tricanico a pag. 4

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Direttore editoriale Luigi Parrillo - Registrazione del Tribunale di Cosenza n. 751 del 19/05/2005 - Comitato di redazione: Giovanni CarloGallo, Romina Zavatta, Sabina Licursi, Paolo Chiaselotti, Domenico Formoso, Vito Argondizzo, Franco Castagnaro - Sede legale: San MarcoArgentano (Cs), Via Vitt.Emanuele n.51 - http://www.partecipazioneedemocrazia.org/ E-mail: [email protected]/

Giornale periodico di informazione a distribuzione gratuita - Direttore responsabile Luigi TucciNUMERO

9SETTEMBRE

2005

Agosto, il mare malato e il PaeseIl pensiero non va in vacanza e naufraga tra le chiazze galleggianti

GIANCARLO GALLO

Continua a pag.5Continua a pag.2

Louisiana chiama America.Ma l’America è in Iraq.

Lacrime, sofferenze e clima da Far West. Al posto della Colt, i micidiali M16

PAOLO CHIASELOTTI

Alcune drammatiche immagini della tra-gedia che sta soffocando la città di NewOrleans, in Louisiana. Violenze, razzie estupri acuiscono le sofferenze e denun-ciano il degrado socio-culturale di alcuniquartieri della città devastata.

Le immagini di quella cheuna volta era la città di NewOrleans, oggi completamentedisintegrata, sommersa dalleacque dove galleggiano indi-stinguibili cadaveri e ammas-si di detriti, sono più sconvol-genti di quelle che abbiamovisto in tanti film di fantascien-za. I terrificanti effetti specialiche ci inchiodano muti e an-gosciati davanti allo schermodiventano solo un gioco sa-dico fatto di esplosioni, fughe,finta disperazione, ma nonraggiungono mai il livello diterrore che la “natura” è in gra-do di proporre a distanza diperiodi più o meno brevi. Chiha potuto osservare attraver-so un filmato televisivo o daun’immagine di giornale lapotenza distruttiva dello Tsu-nami e, ora, quella ancor piùdevastante dell’uragano Ka-trina, non può fare a meno dicollegare quelle scene alla vitaquotidiana di se stesso, diparenti, di amici, di conoscen-ti, anche se nessuno di essine risulta colpito.È la solidarietà umana, diffici-le da spiegare e da capire intempi di odio e di guerre, macosì naturale in tempo di pace.D’istinto ci chiediamo checosa fare per soccorrere tuttequelle persone, addiritturacome farle uscire dall’acqua,come portare loro cibo, dove

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Politica,passato,

presente efuturo

LUIGI PARRILLO

Pochi ricorderanno, or-mai, che chi scrive ha avu-to, nel bene e nel male, unpassato di amministratorecomunale nella città di SanMarco Argentano. Sonostati tre lustri di movimenta-ta esperienza politico-ammi-nistrativa, l’ultimo dei qualiha determinato una svolta dimassimo possibilismo poli-tico, quasi che si fosse lettonell’aria l’avvento di quella“142/90” che ha lastricato dibuone intenzioni l’infernonel quale si consumano tut-te le amministrazioni comu-nali dei piccoli centri, anco-rate, gioco forza, al macignodel maggioritario tout court.Ora, dal momento chel’avanzare negli anni deter-mina, è innegabile, una sor-ta di regressione storica nellevicende significative dallapropria vita, è capitato che,nelle giornate di piacevoleozio estivo, ritrovandosi conalcuni compagni di cordatacon i quali si salivano quoti-dianamente le restauraterampe di scala del palazzocomunale, ci si è attardati adimprovvisare estemporane-amente un consuntivo men-tale della pregressa attivitàpolitica.Nelle note nostalgiche delleparole di alcuni, rimbalzava-no progetti, realizzazioni, in-terventi, contrasti, ingratitu-dini delle quali risuona pre-potente l’eco ancora oggi,entusiasmi, consigli comu-nali affollati e politicamenterilevanti, nottate animatissi-me nelle sedi di partito, trat-tative lunghe e difficili con ipartner amministrativi, in-contri e scontri con i com-pagni di partito alla ricercadi obbligatorie convergen-ze operative, consultazionifrequenti fra assessori perscongiurare eventuali erroridi individualismi esasperati(che non mancavano neppu-re allora); in uno, un incre-dibile continuo fermento cheassimilava la vita amministra-tiva (e, prima ancora, politi-

Quella fetida chiazza oleo-sa resa disomogenea da rifiutidi varia natura, che si lasciacullare dalle onde di un marenel quale da bambino ero io asguazzare, ma che ormai sen-to sempre più ostile e lonta-no, mi stimola a vagare colpensiero: unica risorsa di cuipuò disporre a propriopiacimento chi ancora vuolcredersi libero.Ed ecco una serie di immaginirelative ad eventi recenti en-trare ed uscire, affollarsi e dis-solversi nella mente, confusa-mente senza un senso appa-rente. Visioni di sassi che uc-cidono a caso, uomini che fan-no a pezzi altri uomini, città blin-date dalle forze dell’ordine, te-lefoni sotto controllo, tuttiche guardano con sospettotutti, santuari istituzionali chesi trasformano in case da gio-co in cui il croupier usa cartetruccate, un plotone di naniche ritengono che basti spe-

culare sulle altrui disgrazie perdiventare giganti.E sullo sfondo una umanitàalla mercé della volontà di mi-noranze sempre più ristrette eattrezzate a danno di maggio-ranze sempre più ampie e con-fuse. In questo scenarioun’Italia involuta ed incertasui propri destini, affidati aduna classe dirigente di cui,giorno dopo giorno, si rivela-no limiti non altrimentiimmaginabili.Ma le caratteristiche di unaclasse dirigente, nel bene e nelmale, non si improvvisano:esse sono il frutto di un’azio-ne programmatoria a lungotermine che coinvolge la scuo-la, la formazione professiona-le, la ricerca, per finire ai crite-ri di reclutamento e quindi diselezione.Tutti passaggi sui quali, perquanto ci riguarda, ci sarebbemolto da discutere e che, co-munque, ci riportano all’epo-

ca in cui, finita la fase costi-tuente e l’emergenza del dopoguerra, si sarebbe dovuto faredell’Italia un paese modernoe, soprattutto, in grado di im-maginare il giusto governo delproprio futuro. Una occasio-ne perduta e difficilmenterecuperabile. La colpa? Forsedi una crescita economicatroppo repentina, nutrice diogni genere di rampantismo,in un clima di euforia genera-lizzata all’insegna di una esi-stenza fin troppo spensieratae, comunque, al disopra dellereali possibilità. Ed è in que-sta fase storica che inizia il len-to ma progressivo appanna-mento di quell’etica, oggettodi tanto dibattito, valore ap-parente mente ovviabile intempi di vacche grasse, maimprescindibile in tempi,come quelli attuali, in cuitutlogica di “chi ha avuto haavuto e chi ha dato ha dato”.

Ciardullo alMuseo Civico

a pag. 3

Sangue edequilibrimondiali

Giuseppe Terranovaa pag. 4

Angela Rapanàè Madre Teresa

la Redazionea pag. 3

“Dacci oggi ilnostro panequotidiano”

Paolo Chiaselottia pag. 5

I due voltidello

Stato laico

Pino Tricanicoa pag. 4

Pag. 2 SETTEMBRE 2005

Politica, passato, presente e futuroÈ cambiato lo stile del fare politica in città. Cosa ci riserva il futuro?

LUIGI PARRILLOsistemarle, e se sono ferite omalate dove e come disporredi ricoveri e cure. Quali forzeorganizzate sono in grado diaffrontare questi problemi:volontari, polizia, vigili del fuo-co? E dove sono? Anche lorovittime della tragedia, sonouomini e donne qualunque,molti ormai cadaveri, non piùrisorse in grado di prestareaiuto. E i bisogni primari: nu-trirsi e proteggersi dall’acquae dal freddo, come e da chipossono essere soddisfatti?Arrangiarsi per sopravvivereè naturale ed è altrettanto na-turale essere uccisi perché sicostretti a rubare. I parametripiù elementari del vivere civi-le diventano essi stessi relittigalleggianti: la legge non è piùtale e i delitti non hanno testi-moni né giudici, perché tuttosoggiace alla “naturale” as-senza di regole.Questo è accaduto in un pic-colo Stato della maggiore po-tenza economica mondiale: laLouisiana negli Stati Unitid’America, quello conosciu-to per i neri, il jazz, i battellifluviali, i locali da gioco.Le immagini che la TV ci hamostrato sono eloquenti an-che sotto questo aspetto:una popolazione di neri, prividi tutto, tranne che dei pochiindumenti che avevano ad-dosso. Povera gente! In tutti isensi. Povera gente, quellamorta e quella uscita miraco-losamente da un cataclismasenza precedenti costretta asparare o ad essere sparata.Per fame.Il presidente degli Stati UnitiBush ha deplorato i ritardi el’inadeguatezzadei soccorsi.Quali potevanoessere? Solol’esercito, quel-l’organizzazioneefficientissima,che riesce a met-tere in piedi tra-sporti, comuni-cazioni, ospeda-li da campo, ac-campamenti, inpochi giorni.Che riesce ad or-ganizzare squa-dre speciali perper fronte ademergenze stra-ordinarie. Già, proprio così.Vorremmo sentire, come in unfilm, la musichetta di “Arriva-no i nostri” e vedere salvatemigliaia di persone. Invece no.Questo non avviene e nonpuò avvenire perché l’eserci-to, la marina e l’aviazione del-la più grande potenza mondia-le sono stati mandati in Iraqalla ricerca di armi di distru-zione di massa. Ironia dellasorte ha voluto che l’arma le-

tale fosse a due passi da casa,nel Golfo del Messico, nelleacque racchiuse tra questoStato, da cui entrano negliUSA migliaia di clandestini, ela ricca Florida. Povera gente!Mi chiedo quanti soldati inIraq hanno parenti che si tro-vano in quella spaventosacondizione di sfollati, senzatetto, disperati e quanti di lorovorrebbero essere lì per pre-stare soccorso e aiuto. Equanti di loro si chiederannoin questi giorni: quale ideale,quale amore di patria, qualebisogno di giustizia mi tratten-gono ancora qui, quando lamia terra, i miei fratelli, la mianazione hanno bisogno di me?E, talvolta, come si combina-no le forze della natura per di-struggere, allo stesso modoagiscono sentimenti diversi, adiverse latitudini, per imporrequelle regole che i “regnanti”hanno sovvertito. Non sonocredente e in ogni caso nonoserei pensare ad un dio ven-dicativo che punisce inesora-bilmente chi ha fatto del male,ma penso che spesso le azio-ni sconsiderate degli uominisi ritorcono contro se stessi.Nel caso di cui stiamo parlan-do è risaputo che la guerra inIraq fu motivata da false pro-ve di armi chimiche pronte adessere usate contro l’Occi-dente da Saddam Hussein. Laprosecuzione dell’occupazio-ne fu motivata dalla necessitàdi dare un governo democra-tico all’Iraq, iniziando con unprotettorato. La storia di que-sti giorni dai conflitti tra Sciiti,Curdi e Sunniti, alla collusio-ne tra attentatori di Al Qaeda

e fedeli dell’ex dittatore, ci dicequanta strada ci sia ancora dapercorrere perché quel popo-lo abbia uno stato e diventiuna nazione. Quanto ancorapotrà durare la presenza di for-ze militari straniere senza cheesse diventino un ostacolo alraggiungimento di difficiliequilibri interni? Ancora perpoco, non perché io sappiapresagire gli eventi, bensì per-ché i sentimenti degli uomini

comuni e con essi la culturasapranno fare sentire la lorovoce. È già accaduto. Con ilVietnam. E oggi c’è un’altragrande questione che bussaminacciosa alla porta dellaCasa Bianca: la maggiore ri-sorsa economica degli StatiUniti, il petrolio, comincia a co-stare troppo, mentre le econo-mie dei paesi consumatori en-trano in crisi. Quanti continue-ranno a considerare vantag-gioso l’impiego di risorse chetendono ad esaurirsi o, peg-gio, rischiano di essere intro-vabili per un breve o lungoperiodo? E sono proprio gliStati Uniti i maggiori consu-matori, con un appetito chenon conosce freni, e che erut-tano milioni di metri cubi di gasmettendo una seria ipotecasulla vivibilità del nostro pia-neta. All’indomani della cata-strofe prodotta dall’uraganoKatarina (ahi, nella terra deidiritti gli uragani sono sempredonne!) alcuni studiosi han-no affermato, con una tempe-stività che ha colto di sorpre-sa le stesse lobbies petrolife-re, che non sono provate leattribuzioni di queste cata-strofi all’immissione dei gasnell’atmosfera. Capita, invece,che la gente comune, quellache di solito si trova nei pianio nei quartieri bassi quandovi sono le inondazioni, siaconvinta che le cose stiano di-versamente e che se Dio hadeciso di spazzar via anche leraffinerie di petrolio, un moti-vo deve pur esserci. Non sose hanno proprio ragione, macredo che nei prossimi giornisentiremo levarsi sempre più

forti le voci di protesta controBush per la sua politica spre-giudicata estera e l’incapacitàdi gestire le emergenze inter-ne. Intanto, però, bisognapensare ad alleviare le pene ei bisogni di quella povera gen-te. L’Italia potrebbe inviare uncontingente per una reale mis-sione umanitaria, prima cheGeorge chieda a Silvio tiratoriscelti per sparare sulla popo-lazione affamata.

Dalla prima pagina

Louisiana chiama AmericaPAOLO CHIASELOTTI

ca) ad un complesso intrec-ciarsi di meccanismi la cui si-nergia era garante di stabilitàoperativa. Erano i tempi in cuiil territorio necessitava anco-ra di opere primarie quali l’ac-qua, la luce, le fogne, le stradee, paradossalmente, l’illumina-zione in alcune zone.Fatto ciò [e tutto ciò, allora, fufatto], sembravaesaurito, agli occhidi qualcuno, il ruolodi quella generazio-ne di amministrato-ri. I giovani, che adifferenza di oggipartecipavano allavita dei partiti, pre-mevano, giustamen-te e comprensibil-mente, alle porte delpalazzo sbandieran-do, in nome dellafede politica e dellavoglia di “moderni-tà” amministrativa,l’esigenza di render-si utili fautori dei de-stini e del futuro del-la città.Quei giovani oggisono diventati an-ziani - il tempo scor-re per tutti - ma il lorocurriculum appare discarso rilievo: è sfu-mata, o manca deltutto, l’identità poli-tica (per la corsa al-l’elezione, tutto fabrodo: dai disinvol-ti cambi di campoagli utili salti di cor-sia); la precarietà delle sceltemette continuamente in di-scussione la coesione deigruppi consiliari; l’individua-lismo prevarica la collettività;l’improvvisazione prevale sul-la progettualità; il pressappo-chismo espone a rischi conti-nui l’esito di ogni opera pub-blica - atteso che si realizzi perintero -; lo spessore dellecompetenze si assottiglia sem-pre più; qualcuno, con più didue decenni di consiliaturaalle spalle, non è ancora riu-scito a legare il proprio nomead una seppur insignificanteopera pubblica; la comunica-zione verbale, quando non èinesistente, necessita talvol-ta di traduttori simultanei; l’im-magine sfuma nelle nebbiedell’anonimato, il che determi-na il vuoto abituale nella salaconsiliare; le liti (diplomatica-mente, le divergenze) si pla-cano nell’interesse contingen-te; si vivacchia, si sopravvive(in attesa dell’evento cata-strofico?).Queste considerazioni indu-cevano i miei interlocutori esti-vi a slanci regressivi nel pas-sato. Volevano forse tornare

ad essere protagonisti direttidella vita amministrativa?Certo che no! La Storia, losanno benissimo tutti, nonprocede mai a ritroso. Aveva-no, però desiderio di tornare atracciare precisi ambiti politi-ci, confini politicamente bendefiniti, spazi ben connotatinei quali non fosse possibile

l’infiltrazione interessata econtingente, dove il bianco èveramente bianco e il rosso èveramente rosso, dove una fi-losofia politica ben determina-ta, metabolizzata e radicatanell’animo non possa esserecontaminata da attraversa-menti di storica memoria, chehanno portato alcuni giovani(e non solo) di quel periodo,sedicenti progressisti e di si-nistra, ad abbracciare il ruolodi stallieri nelle scuderie del“Cavaliere”.Responsabilità? «Chi è senzapeccato scagli la prima pie-tra!».Beh, proprio sul piano delleresponsabilità ho colto, consoddisfazione, il riconosci-mento, da parte di alcuni, direcenti errori di valutazionedovuti probabilmente ad im-pulsi di leggerezza estempo-ranea [o a contingenze nontrascurabili – n.d.A.]. L’impor-tante, comunque, è ricredersiproponendosi di mettere incampo i necessari correttiviperché non abbiano a ripeter-si quei fenomeni locali - cheio, per miei limiti, non sono mairiuscito a comprendere nella

loro essenza - forieri di nega-tività ad ogni livello, dall’im-magine alle azioni. Ciò detto,cosa ci riserva il futuro?Sarà certamente determinan-te la primavera del 2006, la qua-le sarà determinata [perdona-te il bisticcio] proprio dal com-portamento politico di chi do-vrà ritrovare, nella confusio-

ne abituale, unaprecisa identità po-litica. Il “sono e nonsono” farà il giocodei soliti pressap-pochisti. Né la sal-vezza di una (lascia-temelo dire) insigni-ficante amministra-zione locale potràmettere a rischio ilnecessario e dove-roso tentativo dicambiare la fisiono-mia del Governocentrale: sarebbe unpeccato gravissimoe non potrebbe giu-stificare la necessi-tà (?) di tenere inpiedi una giuntainutilmente e peri-colosamente conta-minata dal centro-destra. Siamo stati,in occasione dell’ul-tima competizioneelettorale per il rin-novo del consigliocomunale, testimo-ni di aggregazioni lepiù strane e incom-prensibili.

In nome di che? Ce ne saran-no ancora e quanto dureran-no? Mi sfugge - per incapaci-tà mentale mia - la caratteristi-ca del polo magnetico che letiene unite, ma non coese.La primavera del 2006 è vicinae le televisioni del Cavalierehanno già aperto la campagnaelettorale: è sottile, striscian-te, subliminale! Vogliamo es-serne bersagli inermi e vittimeconsapevoli? Parliamone!Questo giornale è disponibilead aprire un dialogo, un dibat-tito, un confronto pacato, mafranco, sui temi che riguarda-no le scelte per il futuro dellacittà e del Paese in generale.Da noi, nessuno pretende diimporre la propria opinione: siè sinceramente attenti versole opinioni di tutti, riconoscen-do ad ognuno le capacità e ildiritto di esporre e difendere ilproprio punto di vista, nellaconvinzione che il contributodel pensiero di ciascuno, nel-la condivisione generale (an-corché spesso sofferta), è la“conditio sine qua non” perla costruzione di un futuromigliore nelle intenzioni e, sispera, nei fatti.

Dalla prima pagina

Pag. 3SETTEMBRE 2005

Il maestro Ciardullo al Museo Civico di San Marco

Divertita ammirazione nel riscontro dei visitatori Spesso le immagini diconopiù delle parole, specialmen-te quando si tratta di com-mentare un fenomeno che siinserisce nella dimensionecreativa di ua artista che ce-lebra gli elementi di maggio-re caratterizzazione della pro-pria citta con quell’amore peril particolare che ci dà la mi-sura del suo attaccamento ailuoghi che ne hanno segna-to le fattezze interiori.In un simile contesto, è evi-dente e naturale la partecipa-

Angela Rapanà è Madre TeresaNel musical presentato al palatenda di San Marco Argentano

Circa settanta ragazzi, tutti apprezzabili, si sono esibiti per beneficenza

Apprezzato il musical suMadre Teresa di Calcutta,messo in scena al palatendadi San Marco. I giovani in-terpreti si sono espressi almeglio delle loro qualità in-terpretative che vanno con-siderate anche alla luce degliscopi benefici per i quali lamanifestazione era stata or-ganizzata.Non è d’uso, negli spettaco-li amatoriali, stilare graduato-rie di merito sui valori degliinterpreti, tutti bravi nella fat-tispecie.Va rimarcata, tuttavia, la figu-ra della giovanissima Ange-la Rapanà (Madre Teresa), laquale ha saputo sottolineareil ruolo di protagonista conqualità vocali ed interpreta-tive che meriterebbero collo-cazione in un contesto diver-so da quello dilettantistico.Abbiamo appreso, poi, cheAngela ha incominciato a“recitare” - proprio in unmusical scolastico - all’età disette anni dimostrando giàallora la sue buone doti arti-stiche.In ogni caso, alla luce delprincipio “non sappia lamano destra…”, associatoalla considerazione che lospettacolo, in fondo, era ilpretesto per devolvere l’in-casso in beneficenza, non ciattardiamo nei dettagli relati-vi ai singoli interpreti, rivol-gendo all’intero collettivo(una settantina di giovani, traattori, cantanti, coristi e tec-nici) il nostro plauso, che siaggiunge a quello dell’opi-nione pubblica, prodiga diconsensi verso un tentativoartisticamente difficile, mache ha saputo gratificare leattese di molti.L’episodio mette in luce, ovece ne fosse stato ulteriorebisogno, che esiste nel terri-torio un vivaio di giovani ta-lenti che va coltivato corret-tamente ed indirizzato nellegiuste direzioni per dare unsenso al tempo libero dellenuove generazioni, talvoltadeviato da colpevoli “distra-

zioni” familiari o “incanalati”in settori monotematici che

non sempre rispettano lemotivazioni e le tendenze deisingoli soggetti, traducendo-si, prima o poi, in noia (con leconseguenze pericolose chela noia può indurre).Da ciò scaturisce l’esigenzadi mettere in campo, da partedi chi ne ha capacità effetti-ve e possibilità di ogni gene-re, iniziative tendenti a valo-rizzare le caratteristiche deiragazzi, o almeno di quelli chesono effettivamente motiva-ti e appassionati tanto daevitare quelle interruzioni dipercorso che denunciano,purtroppo, il fallimento diqualsiasi progetto.

zione dei suoi concittadini enon solo; emotiva la prima,ammirata e divertita quella deivisitatori non sammarchesiper la meticolosità con laquale Antonio Ciardullo si èprodotto nella realizzazionedei suoi plastici che si pos-sono assimilare, addirittura,a dei cloni in scala ridotta del-le emergenze architettonichealle quali ha rivolto la propriaattenzione. E’ un fenomenosingolare da ammirare nellasua unicità.

Monumenti in miniatura

SCHERZIAMOCI SU

Immagine, economia, turismo e il ruolo dell’Amministrazione comunale

Il consuntivo di un’estate così cosìUna programmazione seria sarebbe stata la ricetta efficace contro la mediocrità

PAOLO CHIASELOTTI Quando i lettori avrannotra le mani questa edizione delgiornale, l’Agosto Sammar-chese avrà già chiuso i bat-tenti; turisti ed emigranti sa-ranno tornati nelle loro case enoi saremo sempre qui, pen-sando a qualche occasionemancata. Già, perché comesempre accade a chiusura diesercizio si fanno gli inventa-ri: entrate, uscite, investimen-ti, giacenze. E anche se stia-mo parlando di un genere diesercizio del tutto particolare,dobbiamo chiederci se siamoin attivo o in perdita, ancheperché come Pubblica Ammi-nistrazione abbiamo investitoi titoli che possedevamo inBorsa. Proprio così.Quest’inverno i nostri ammi-nistratori erano presenti conalcune aziende private allaBorsa Internazionale del Turi-smo (BIT) di Milano; i titoliinvestiti, di natura culturale ecommerciale, consistevano inimmagini, storia, tradizioni eproduzione locale. Se doves-simo giudicare “ad occhio”l’affluenza turistica e il rientrodi famiglie emigrate (quindi ilrisultato di quell’investimen-to), potremmo dire che in al-cuni giorni abbiamo avuto l’im-pressione di nuove presenzestabili; tuttavia, la misurazio-ne dei flussi in entrata e inuscita non può essere affida-ta ad “impressioni”, spessocollegate solo al ricordo divolti apparentemente scono-sciuti, ma probabilmente ap-partenenti alle stesse perso-ne un po’ cambiate nel fisico eper l’età. Per avere un bilan-cio attendibile dobbiamo affi-darci a parametri verificabili,quali ad esempio un rapportotra i residenti che si sono re-cati in vacanza e le personeche hanno risieduto per uncerto periodo a San Marco ead un confronto di questi daticon quelli dell’anno preceden-te. Non disponiamo, ahinoi, dimisuratori di tal genere, anchese abbiamo oltre l’ente comu-nale, una Pro-Loco, associa-zioni culturali, comitati vari,agenzie turistiche; né cono-sciamo gli utili commerciali dioggi rispetto alle precedentistagioni, per cui tutto diventaopinabile e un eventuale con-suntivo in sede consiliare, oin un qualsiasi confronto trasoggetti diversi, non portereb-be a nessun risultato, trannea quello che ciascuna parte incampo potrebbe dire la suaverità..Vediamo allora quali potreb-bero essere alcune rilevazionicerte. Una potrebbe scaturiredal numero di manifestazioniche si sono svolte nell’ago-

sto sammarchese 2005 e quel-le svoltesi nel 2004. I dati sonoconsultabili nei due program-mi che ognuno può trovare sulsito Internet del Comune: 31giornate quest’anno contro le23 dell’anno precedente. Unaltro misuratore potrebbe es-sere dato dal numero delle pre-senze negli spettacoli, da quel-li in cui si pagava l’ingresso, aquelli gratuiti con posti a se-dere. Andando avanti di que-sto passo, potremmo chiede-re quante sono state le pre-senze presso alberghi e azien-de agrituristiche e, avendo lafiducia degli esercenti, qualerapporto vi è stato tra le en-trate del mese di agosto 2005e quelle dell’anno 2004. E an-cora, quanti depliants sonostati distribuiti, quanti sonostati i partecipanti alla Gara diPittura Estemporanea, quantituristi hanno visitato la torree il museo, la loro provenien-za; tutti dati che dovrebberoessere facilmente reperibili vi-sto che li possiede direttamen-te la pubblica amministrazio-

ne. Potremmo continuare chie-dendoci se sono stati distri-buiti questionari agli operato-ri e ai visitatori e le conclusio-ni che ricaviamo dalle loro ri-sposte.Questi sono gli elementi in-controvertibili che ogni azien-da usa per valutare il ”trend”dei propri utili e che anche lapubblica amministrazione peravere quello che si chiama “ilpolso” della situazione devetenere nel dovuto conto, altri-menti parliamo di aria fritta.Vorremmo suggerire una so-luzione: le inutilissime commis-sioni consiliari che ci stannoa fare se non si preoccupanodi pianificare l’offerta cultura-le in maniera seria e di valuta-re costi e utili dei vari investi-menti? O è più utile affidaretutto allo spontaneismo e al-l’improvvisazione degli ultimigiorni? C’è un altro aspettodell’offerta turistica che vaconsiderato: è quello delle fe-ste religiose rionali. Se è veroche le iniziative promosse dai

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L’ha detto Ernesto

L’ha detto Ernesto! Ed ogni livellario,che vuole diventare, finalmente,ad ogni buon diritto proprietariodel suo terreno, meritatamente,

Ci vuol fortuna in questo strano ambiente:se presti aiuto che non ti è richiestote lo prendi in quel posto come niente.E il “Tante grazie”? Se lo prende Ernesto!

Avere cittadini con pendenzefa comodo ad un tipo di soggettoche deve soggiogare le coscienzee tutto questo Ernesto non l’ha detto.

Intanto il cittadino con le palle,che ha risolto il problema bene e presto,si è tolto un grosso peso dalle spalleanche se il come non lo ha detto Ernesto.

dovrebbe continuare, zitto e quieto,a dare retta a qualche manifestoche suggerisce il metodo consuetod’aspettare e tacer. L’ha detto Ernesto!

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La tragedia londinese, l’en-nesima di una lunga scia, hafatto ripiombare la coscienzadegli uomini, alle immagini eai fatti dell’11 settembre diqualche hanno fa.Le torri gemelle, Madrid, Iraq,Nassiriya e, più recentemen-te, Londra, simbolo della mul-ticulturalità e della conviven-za tra i popoli, sono gli anellidi una lunga e tragica collanache pesa nella mente dei de-mocratici e pone al mondo in-tero, interrogativi e questionidi enorme complessità e allostesso tempo estrema urgen-za di intervento. Londra, cuo-re economico dell’Europa, ca-pace di spinte innovative sultema dello stato sociale e de-gli assetti fondamentali dei di-ritti di cittadinanza, bandieradella tolleranza e dell’integra-zione, riceve l’offesa del ter-rorismo più feroce e fonda-mentalista. Muoiono inno-centi, uomini e donne che nel-la capitale britannica da sem-pre avevano trovato, condi-viso e vissuto la democrazia ela libertà più autentica. Allevittime si rivolge il nostro pen-siero più profondo e sincero,al popolo britannico la piùstretta vicinanza e solidarietà.Questi fatti ci collocano difronte ad uno scenario, dovesi intravede sempre più unoscontro o, peggio ancora, unaguerra di civiltà. L’Europa di-laniata e ferita non riesce inquesti anni, costellati da tra-gici eventi, a trovare la giustamisura per avviare una strate-gia capace di percorrere unavia che porti il pensiero occi-dentale, le istituzioni democra-tiche a capire i reali motivi ditutto ciò.Prevale la pratica della soladifesa, dell’arroccamento suposizioni continentali, che inquesti ultimi giorni, hanno as-sunto caratteri nazionali sepensiamo alla decisione delgoverno Francese di sospen-dere il trattato di Shenghen,cosa che anche l’Olanda siappresta a fare. Due paesi chedi recente hanno fatto regi-strare un esito referendariocontrario alla ratifica della Co-stituzione Europea.Da questo punto di vista, è daconsiderare responsabile laposizione assunta dal mini-stro dell’interno Italiano nelpresentare il piano antiterrori-smo al parlamento, portatricedi una cultura democratica elaica utile al nostro Paese nelclima odierno e futuro di dia-logo internazionale.Lo stesso Blair, seppure col-pito e addolorato per i tragicieventi, afferma con serenitàche L’Europa ha un bisogno

estremo di dialogare conl’Islam moderato, a differenzadi altri ministri italiani che inquesti giorni screditano il no-stro Paese sul piano interna-zionale, contestando aperta-mente nel Parlamento Euro-peo il nostro Presidente dellaRepubblica con lo sventoliodi bandiere e il pronunciamen-to di frasi che non trovano ilminimo riscontro nella lumi-nosa cultura e storia europei-sta dell’Italia.Avere abbattuto le barrieredoganali, adottato una mone-ta unica per molti stati dell’Eu-ropa, ha segnato positiva-mente la storia di almeno cin-quant’anni di lunghe e diffici-li vicende politiche, che han-no avuto nel superamento delnazionalismo il tratto e l’obiet-tivo principale da perseguire,sapendo che nuovi scenarisociali ed economici stavanoper aprirsi. Nel mondo oggi ledistanze si sono ridotte a di-smisura. Si sono delocalizzatele produzioni, sono cambiati ifondamenti principali e le re-gole dei mercati internaziona-li, si sono trasformati i luoghie i modi della produzioni dellemerci e dei beni di consumo.Negli ultimi anni, l’Europa halavorato con forte impegno arimodellare la propria econo-mia, per competere con altricontinenti, senza pensare inmodo adeguato che in zoneconsistenti del pianeta esisto-no e si ramificano costumi, re-ligioni, culture diverse dall’oc-cidente. Si è pensato di poteresportare la democrazia conl’uso della forza e delle armi,creando contrasti profondiche oggi abbiamo di fronte ainostri occhi e soprattutto da-vanti alle nostre coscienze didemocratici. La guerra in Iraq,paese dove è nata e cresciutala cellula del terrorismo di AlQaeda e di Bin Laden, ha in-debolito L’Europa, ha rappre-sentato il volto nitido di uncontinente dal ventre molle,diviso nel guardare il mondo,incapace di avere una politicaestera comune e credibile edessere terra di riferimento perquei popoli che vogliono avan-zare e crescere sul piano dellademocrazia e dei diritti. Francia e Germania non han-no condiviso l’iniziativa ame-ricana di occupare l’Iraq conil solo obiettivo di catturareSaddam Hussein, il dittatoreche da decenni trucidava fa-sce di popolazioni e non assi-curava prosperità economicae democratica. Berlino e Pari-gi hanno sostenuto una tesidiversa dalla Casa Bianca edegli altri paesi alleati. Si pen-sava che gli organismi inter-

nazionali dovevano adoperar-si con politiche efficaci, affin-chè l’intero occidente potes-se evitare la guerra, alimentan-do rapporti con i ceti moderatie democratici del mondo isla-mico, per emarginare e in buo-na parte depotenziare il fana-tismo e il fondamentalismo cheoggi cospargono sangue nelcuore dell’Europa e del mon-do intero. L’ONU poteva, do-veva e può trovare la forza po-litica ed istituzionale per faretutto ciò. Non è azzardato direche in molti paesi occidentalie europei l’economia ha pre-valso sulla politica, o peggioancora interessi economiciparticolari hanno prevalsosugli interessi politici colletti-vi. Dopo l’11 settembre la ci-viltà occidentale aveva l’oc-casione per affrontare in mododiverso la questione secolaredel medioriente, senza l’usodella forza, che ha mietuto emiete vittime, giovani italianiarruolati in missioni di pace inun paese dove invece hannotrovato la morte.Nassyriya è la pagina più chia-ra del nostro dolore.Di fronte a questo scenario,dove aumentano quotidiana-mente i ripensamenti governa-tivi, di quei Paesi che sonostati attori di guerra, sarebbeopportuno che anche il go-verno italiano, prima di porta-re all’approvazione del parla-mento il rifinanziamento dellanostra missione e presenza inIraq, pensasse ad un riposi-zionamento, ad una gradualeuscita dal teatro di guerra peravviare da subito, nelle istitu-zioni sopranazionali, politichedi confronto e rapporti diplo-matici con quella parte di mon-do Iracheno e musulmanoche, per cultura e convinzionireligiose, è moderato e forte-mente interessato alla coope-razione con l’occidente, rite-nuto e considerato luogo didemocrazia, benessere e civil-tà.C’e’ una parte di Islam che in-teressa l’Europa e l’occiden-te, che vuole essere aiutato,supportato, che già oggi èparte fondamentale del nostrovivere quotidiano, che è pre-sente nell’economia del no-stro continente, che si vuoleliberare dal sangue terroristi-co di questi anni. Un islam chevuole crescere con l’Europasul piano dei diritti civili, dellademocrazia, senza asseconda-re scontri religiosi, che vuolecoltivare il rispetto di tradizio-ni e costumi diversi. QuestoIslam, che non può essereconsiderato l’acqua sporca incui nuotano i pesci del fonda-

Sangue ed equilibri mondialiIl paradosso di una democrazia in armi tra due filosofie di vita

GIUSEPPE TERRANOVA

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L’OPINIONE

Recenti notizie di metàagosto ci informano che leadesioni degli studenti al-l’ora di religione sono cala-te, rispetto al 2001, dal 11,7%al 37,6%.Il preside del liceo Mamianidi Roma, nell’esprimere sod-disfazione per questi dati,dichiara che “ la religionenon può essere una materiada insegnare a scuola… ilcompito della scuola nonpuò e non deve essere quel-lo di educare a una qualsi-asi forma di spiritualità, inquanto, questi sono temi cherientrano nella sfera priva-ta dell’individuo…”.La revisione del ConcordatoStato/Chiesa cattolica, avve-nuta nel 1984, se da un latoha abolito l’obbligatorietàdella frequenza all’ora di reli-gione, il cui insegnamento,sino ad allora, era impartitosolo da prelati o suore, dal-l’altro ha attribuito ai Vesco-vi il potere di nomina e revo-ca dei docenti.Gli insegnanti di religione,sinora non di ruolo, spesatidallo Stato, sono circa venti-duemila; di questi, pocomeno della metà, entro set-tembre saranno assunti atempo indeterminato; in se-guito, in mancanza di classi,potranno anche transitarecomodamente su altri inse-gnamenti, in barba alle gra-duatorie cui devono sotto-stare gli altri docenti, magariprecari in attesa di un postofisso da una vita e padri difamiglia. Che ingiustizia!In alcune scuole private,gran parte delle quali sonodi matrice cattolica o gestiteda ecclesiastici, si verificano,invece, altre cose degne diessere segnalate. Facendoleva sulla notevole disoccu-pazione intellettuale e sullapossibilità di concedere pun-teggi, utili alla formazione digraduatorie, per consentirel’accesso ad un posto stabi-le, utilizzando le varie formedi impiego precario, qualicollaborazioni occasionali, aprogetto, possesso di parti-ta IVA, queste scuole, a fron-te delle rette incassate e deicospicui contributi ricevuti,elargiscono compensi che,spesso, coprono appena lespese di viaggio sostenutedai docenti.Le cronache agostane cihanno informato, inoltre, suun’altra vicenda, simile aquella che, tempo fa, videprotagonista Adel Smith e lascuola Ofena, scatenandouna violenta polemica sul-l’opportunità di esporre o

meno il Crocifisso nei luoghipubblici. Un giudice del Tri-bunale di Camerino, LuigiTosti, ateo ed ebreo, si rifiu-ta, da oltre tre mesi, di tenereudienze, perché il Ministerodi Grazia e Giustizia non ri-muove il Crocifisso dalle aulegiudiziarie. Ha respinto laproposta del Ministero disvolgere il suo mandato inun’aula allestita apposita-mente per lui, senza alcunsimbolo religioso, in quantoha ritenuto questa una ghet-tizzazione e spiega di “nonavere alcuna intenzione diessere confinato nell’aulache lo Stato italiano ha al-lestito con finalità di segre-gazione religiosa, uno Sta-to che ha l’impudenza di dir-si laico”.Queste notizie devono farciriflettere su due interrogati-vi: 1) Il nostro è uno Statorealmente laico? 2) Se lo è,esistono situazioni di privi-legio a favore della Chiesacattolica?Gli articoli costituzionali, cheregolano i rapporti Stato/Re-ligioni, sono il n.7 ed il n.8.L’art.7 recita: “ Lo Stato e laChiesa cattolica sono, cia-scuno nel proprio ordine,indipendenti e sovrani. Iloro rapporti sono regolatidai Patti Lateranensi. Lemodificazioni dei Patti, ac-cettate dalle due parti, nonrichiedono procedimento direvisione costituzionale”.L’art.8, invece, riguarda le al-tre religioni e recita: “Tutte leconfessioni sono egualmen-te libere davanti alla legge.Le confessioni religiose di-verse dalla cattolica hannodiritto di organizzarsi se-condo i propri statuti, inquanto non contrastino conl’ordinamento giuridicoitaliano. I loro rapporti conlo Stato sono regolati perlegge sulla base di intesecon le relative rappresen-tanze”.Nell’art.7 si nota chiaramen-te che lo Stato italiano affer-ma dapprima la propria so-vranità per quanto attiene aiprincipi politici e giuridici, madopo quasi la nega, in quan-to consente che nel proprioterritorio esista un altro Sta-to, “seppur nel proprio or-dine”, con pari sovranità: laChiesa cattolica.Per determinare i rapporti conlo Stato della Chiesa, l’Italiaha stipulato, nel 1929, i PattiLateranensi, che sostanzial-mente sono un compromes-so istituzionale.Nel 1984, con l’ultima revi-sione concordataria, l’Italia

ha formalmente rinunciato alcattolicesimo, quale religio-ne di Stato, assicurando,però, alla Chiesa particolariprivilegi taciti o sottoscritti.Basta ricordare che, mentre irapporti con la Chiesa catto-lica sono regolati dal “Con-cordato”, quelli con le altreConfessioni religiose sonoregolati da “intese”.Un grosso regalo per finan-ziarsi, ad esempio, la Chiesalo ha ricevuto con la legge222/1985, che prevede, al-l’art.46, le erogazioni liberaliin denaro a favore dell’Isti-tuto centrale per il sostenta-mento del clero; dato chefino a 1.033 Euro, questesomme sono deducibili dalreddito imponibile del contri-buente sottoscrittore, nescaturisce un minor introitoper le casse dell’Erario.Altro regalo é la legge, cheistituisce la destinazione del-l’otto per mille del gettitodell’IRPEF. Le disposizioni ditale norma sono riportatenelle istruzioni allegate alModello Unico.La Chiesa cattolica è l’Enteche raccoglie la gran parte diadesioni di sottoscrizione,anche grazie ad una martel-lante campagna pubblicitariaforse, un po’ imprecisa (!),perché, mentre negli spotviene lasciato intendere chele risorse ottenute sarannodevolute, principalmente, abisognosi, bambini del terzomondo, malati e soggetti in-digenti, all’atto della pubbli-cazione dei consuntivi, rela-tivi all’impiego delle sommeavute, si scopre che, in mas-sima parte, sono servite peril sostegno del clero e peredificare chiese e fabbricatireligiosi; solo una quota mar-ginale viene destinata ai finipropagandati.Come se tutto ciò non bastas-se, la legge ha previsto lamaniera di incrementare ulte-riormente le somme spettan-ti, sino a raddoppiarle, rispet-to alle indicazioni dei contri-buenti. Infatti, “ in caso discelta non espressa da par-te del contribuente, la desti-nazione si stabilisce in basealle scelte espresse”; ciò si-gnifica che i cittadini, che nonhanno inteso firmare alcunascelta, sono costretti a con-correre anch’essi al monte-premi da spartire. Scatta, inpratica, un meccanismo chetende a beneficiare prevalen-temente la Chiesa cattolica,in quanto destinataria dellemaggiori preferenze, seguitadallo Stato.

I due volti dello Stato laicoPINO TRICANICO

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Pag. 5SETTEMBRE 2005

Mi è sempre piaciutopensare che se durante unadelle adunate oceaniche delTerzo Reich, uno dei tantischerani presenti, in un mo-mento di ritrovata lucidità,come reazione al proferire ditante stronzate da parte delFührer, gli avesse “ammolla-to” (termine poco elegante,ma appropriato sotto il pro-filo onomatopeico) un solen-ne ceffone, facendogli fare,dinanzi all’orda selvaggia, laclassica figura di merda, neavrebbe, in un attimo, di-strutto il mito e il corso dellastoria sarebbe stato diverso,risparmiando all’umanitàtanta ignominia.Infatti che cosa è il mito senon la personificazione diun bisogno collettivo che sirealizza ogni volta in cui lapaura diventa fobia e l’an-sia si trasforma in angoscia?Non importa se tale entità sidefinisce dio o duce, se siareale o virtuale. Essenzialeche sia in grado di risolvereproblemi più grandi di noi:non importa come. Il mito,allora, è tanto più grandequanto più numerose e menoevolute sono le collettivitàche lo evocano. È tipico del-le società rimaste tribali nel-lo spirito, anche se tecnolo-gicamente avanzate.

È l’antitesi della guida o delmaestro: il mito pensa edagisce per conto nostro, ilmaestro ci aiuta a pensare ead agire. Coarta le coscien-ze, non le libera. Pianifica lanostra vita, non ci insegnaad affrontarla. Il suo obiet-tivo non è l’uomo, ma le mas-se. Indottrina, non persua-de. Nella nostra società mitice ne sono tanti ma, per for-tuna, non pericolosi. Para-dossalmente, in questocaso, la quantità è indice didebolezza. Ne troviamo intutti i settori: in politica, nel-lo sport, in economia, nel-l’arte. Molti più che mitisono sedicenti miti che ta-lora basta solo la minacciadi un ceffone a ridimensio-nare. Tuttavia è opportunostare sempre all’erta perchéil mito è camaleontico e puòannidarsi anche nelle visce-re di un, apparentemente in-nocuo, “meeting” di giova-ni socialmente impegnati.Un fenomeno che in questiultimi tempi mi rende inquie-to è il tentativo di rivisita-zione in chiave integralistadella figura di Cristo, laiciz-zandone quegli aspetti delsuo messaggio di cui la pe-rentorietà è ammissibilesolo come atto di fede stret-tamente personale.

Ne scaturisce l’immagine diun Cristo intransigente eguerrafondaio, dialogantesolo con chi, a priori, ne rico-nosce la supremazia.Non una persona - pur nellasua particolarissima essenza- ma una bandiera che qual-che “idiota erudito” si è mes-so a sventolare contro un re-lativismo non morale, né filo-sofico, ma sociale, economi-co, etnico. In altri termini è inatto un’operazione di mitiz-zazione di Cristo finalizzata aesorcizzare paure che ormaida tempo attanagliano unasocietà malata e decadentecome quella cosiddetta occi-dentale. Una società abitua-ta ad una opulenza “immora-le” che in un momento di cri-si economica e valoriale in-vece di cercare i mezzi e so-prattutto la forza, questa vol-ta morale, per venirne fuori,va alla ricerca di capri espia-tori tra società e civiltà al difuori del proprio ambito.Anche a me è dispiaciuto chenella costituzione europeanon si sia fatto cenno alle ori-gini cristiane della nostra so-cietà, ma non tanto per moti-vi fideistici, quanto perchéconvinto che la cristianità hasempre e comunque permea-to tutto lo sviluppo econo-mico e sociale di una società,quella appunto occidentale,che con tutte le distorsioni ei momenti di oscurantismo,ha esercitato la tolleranza ela solidarietà, valori questi ul-timi messi oggi fortemente indiscussione. Atteggiamentiantropologici assolutamentenon marginali se si pensa chea soli cento chilometri di di-stanza dai nostri confini vivo-no comunità in cui la legge èimposta a colpi di machete.Tutto questo perché Cristo,come figlio di Dio o come es-sere il più straordinario del sto-ria dell’umanità, nei panni dimaestro e non di mito, ha inse-gnato agli uomini a sentirsiuguali pur nelle disuguaglian-ze imposte dalla natura, a ri-solvere con l’amore e la com-prensione ogni sorta di con-flittualità, a manifestare semprecoerenza tra pensiero e azio-ne, sollecitandone il senso diresponsabilità nella cura delprossimo, soprattutto se diver-so, e l’esercizio all’ecumeni-smo, che in termini attuali è laglobalizzazione dello spirito,contro ogni forma di familismo,traducibile in termini di lobby,congrega, mafia, questo sìespressione di una società nonlaica, ma pagana in cui tutto siconsuma senza lasciare trac-cia nell’ambito dell’esistenzaindividuale.

Il mito, la Storia e la PoliticaGIOVANNI CARLO GALLO

Ha voluto festeggiare il 70° compleanno nella sua città natale Franco Picarelli,emigrato a Santo André in Brasile, negli anni Sessanta, con la moglie Angelina e ilpiccolo Brunello. Un festosa folla di amici, di San Marco e di Cosenza, ha accoltocon entusiasmo il suo invito per una cena conviviale a “L’Incontro”, dove traricordi, canzoni, musica, brindisi e buona tavola si sono fatte le ore piccole. Lapossibilità di mantenere vivi i legami con la propria terra è una delle cose che glistanno più a cuore, e infatti sia Lui che tutti i suoi cinque figli, Brunello, Ivete,William, Massimo, Fabio, alcuni già sposati con figli, e la moglie Angelina, hannomantenuto sempre la cittadinanza italiana. I sacrifici dei primi anni sono solo unricordo; oggi Franco ha una solida attività economica e i figli sono professionistiamati e apprezzati. Anche Brunello, cardiologo, è nato a San Marco, precisamentenel quartiere “storico” del Casalicchio, dove lo abbiamo incontrato mentre foto-grafava case, vicoli, balconi fioriti e la sovrastante torre. Franco Picarelli ha la-sciato la “sua” San Marco con nostalgia, ma anche con una grande speranza: diinstaurare rapporti proficui tra la città di nascita e quella di adozione. “Parabens!”

SAMMARCHESI NEL MONDO

Il pericolo della mitizzazione può annidarsi dovunque

Agosto, il mare malato e il PaeseGIANCARLO GALLO

Una sorta di paese dei baloc-chi in cui un popolo gratifica-to da un effimero benessereda anni, ormai, continua a vi-vacchiare in uno stato sem-pre più indebitato e disastra-to, facendo finta di niente. Unanazione in cui alle ville, agliyacht, alle automobili e agliabiti di lusso, ai beni privatiaccumulati, spesso illegittima-mente, negli anni ottanta enovanta, fa riscontro nel due-mila una sanità, una scuola,un sistema di trasporti e di al-tri servizi essenziali assoluta-mente inadeguati ad un pae-se civile e che per quel pocoche ancora reggono è solo invirtù di un continuo e perni-cioso indebitamento.Un paese in cui i politici piùche al bene comune pensanoa consolidare il consenso elet-torale a danno anche e soprat-tutto dei propri alleati; un pa-ese in cui la classe imprendi-trice avvilisce il sistema pro-duttivo a vantaggio di unaattività finanziaria che si limi-ta solo a trasferire ricchezzaanziché generarla; un paeseche non riesce ad investire suisaperi ed in cui la scienza ap-plicata è ancora una sorta ditabù per una sorta di incomu-nicabilità tra mondo scientifi-co e apparato produttivo; unpaese in cui la classe dirigen-te per decenni è stata selezio-nata su criteri di appartenen-za politica o di congrega piut-tosto che meritocratici.Se a questo paese come a qual-siasi cittadino privato si chie-desse di saldare i propri debitimateriali e soprattutto moralinon gli rimarrebbe altro che

dichiarare fallimento.Ed ecco che inizia a comparireil filo conduttore delle imma-gini, apparentemente confu-se, che in un giorno di un ago-sto tutto da dimenticare, in unmomento di relax, hanno af-follato la mia mente di quasisessantenne. Un filo condut-tore intriso di rimorsi e di pau-re. Rimorsi per non aver potu-to o saputo fare di meglio perconcorrere a cambiare lo sta-to delle cose, paure per le trop-pe incognite insolute chesono convinto di trasferire aimiei figli e a tutti i figli che inquesto momento sento comemiei. Ed ho paura soprattuttodelle loro paure, quelle che nonso quanto consciamente o in-consciamente sono alla basedi comportamenti non altri-menti spiegabili.Passivi come l’incapacità direagire, il rifiuto della realtà, ilrifugio in paradisi artificiali,l’ossessivo legame al nucleofamiliare d’origine; attivi comealcune forme di isteria, collet-tiva o individuale, che vanno,nella migliore delle ipotesi, daquelle non violente, ma privecapacità discriminante, tali damettere sullo stesso pianovaloriale l’ultima rock star e ilPapa, fino a quelle violente chespaziano dai disordini scate-nati per la retrocessione dellasquadra del cuore alla mattan-za di parenti per acquisirne ibeni. Ci sarà una via d’uscitaa tutto questo?Una via d’uscita c’è sempre,ci deve essere perché altri-menti sarebbe come negarel’istinto più forte dell’uomo:quello di sopravvivenza.

Le strade da percorrere pos-sono esse tante a tutte altret-tanto valide a patto che ab-biano come base di partenza ilrecupero di due comporta-menti da tempo negletti nelsentire collettivo: la modera-zione e il rispetto per il prossi-mo.

Dalla prima pagina

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”PAOLO CHIASELOTTI

L’uso del linguaggio dalla preghiera, alla quotidianità, alla politica

L’argomento che voglio af-frontare non ha a che fare conla religione, nonostante il ti-tolo induca a pensarlo, bensìcon il linguaggio. Il verbumdei latini è, in ogni caso, argo-mento di profonda riflessione.Riteniamo, di solito, che tuttociò che diciamo sia compresodal nostro ascoltatore, e sequesto non avviene lo attri-buiamo quasi sempre alla suaincapacità di comprendere.“Hai capito?” e “Allora, nonhai capito!” sono rispettiva-mente la domanda e la cate-gorica affermazione che usia-mo per affermare il nostro pri-mato linguistico ed espressi-vo.Più raramente e spesso confalsa modestia, ricorriamo alpiù educato: “Mi sono spie-

gato?”, che, di fatto, sottin-tende una certezza.Non necessariamente il lin-guaggio è o deve essere com-prensibile; esso è contortoquando non abbiamo le ideechiare, oppure sibillino ed er-metico quando non vogliamoo non sappiamo rispondere.Altre volte può mancare dilogica o avere una logica par-ticolare.Ritornando al nesso religioso,basta pensare alla preghierapiù conosciuta: il Padre No-stro. Se dicessimo al nostrofornitore di darci “oggi” il no-stro pane quotidiano, egli sor-riderebbe all’idea di essereparagonato a Dio. Difficilmen-te si attarderebbe ad una ana-lisi logica della richiesta, edaltrettanto fa un fedele quan-

do recita la preghiera cristia-na, nella quale a ben rifletterequell’oggi sembra del tuttofuori luogo: non potremmo,infatti, pensare ad una suppli-ca di pane quotidiano per ildomani.In sostanza “oggi” è pleona-stico, cioè è del tutto inutile,mentre nell’originaria formalatina, panem nostrum quoti-dianum da nobis hodie, erametricamente, stilisticamentee concettualmente necessario.A proposito di metrica e musi-calità, anche nel caso delle tan-te feste religiose, pagate fiordi milioni, offerte a Dio assie-me allo spezzatino mistico delcorpo del figlio, mi pare ci siaun pleonastico uso della co-municazione.

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Pag. 6 SETTEMBRE 2005

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mentalismo terroristico, può edeve essere alleato principalee privilegiato dell’Europa edell’occidente.La politica ha davanti a sé ilcompito epocale di generaresolidarietà internazionale,spegnere focolai di odio e in-tolleranza, far diventare il no-stro mondo più sicuro. L’Ita-lia ancor di più perché geo-graficamente è collocata comepunto di snodo e cerniera tral’occidente e l’oriente, con ilbacino del Mediterraneo cheè base naturale di incontro traculture e religioni diverse. Quisi incrociano costumi, tradi-zioni, visioni ed etiche pub-bliche, laicità, rapporto trafede e religione, cosi come trastati nazionali e vari localismi.Il Mediterraneo è lo specchiodove si riflettono le immaginidi due idee di Europa: la pri-ma in cui si esprime insicurez-za, fragilità, spavento, arroc-camento al passato, senso delcontare ed essere della quotanazionale; la seconda, dovestoria e futuro si congiungo-no, dotandosi di strumenti peruna prospettiva, come ap-punto la costituzione euro-pea. Un mare, il Mediterraneo,dove si affacciano Paesi dienormi potenzialità economi-che e di grandi civiltà storiche,ma anche Paesi e continentidove prevale la povertà, lamancanza dei minimi diritti ci-vili e prevalgono autoritarismiche soffocano persino le for-me minime di democrazia. Èemblematica l’Africa doveogni minuto muoiono miglia-ia di bambini a causa di malat-tie che l’occidente del benes-sere, potrebbe contribuire adebellare se destinasse unaminima parte della suo reddi-to interno. Convinciamoci chel’imposizione di valori noncondivisi diviene sempre unpericoloso moltiplicatore diconflitti.Allora diventa importante fareappello a chi possiede la levadelle decisioni e delle scelte: ènecessario riflettere e segna-re discontinuità rispetto a po-

litiche che, in questi anni, in-vece di combattere il terrori-smo nei suoi pilastri portanti,l’hanno fatto ramificare sem-pre di più.Invece di consentire la costru-zione del muro in Israele, chedivide e alimenta l’odio, cheamplifica a dismisura la seco-lare questione tra palestinesie israeliani, non sarebbe statopiù opportuno e più urgenteadoperarsi per il riconoscimen-to di un territorio e uno Statoagli stessi Palestinesi?Alla pari di ciò, non sarebbeimportante per l’Europa e perl’intero occidente attivarsiperché la Turchia, dove è ma-nifesta una cultura araba mo-derata, entri a far parte del-l’unione Europea?E sul campo finanziario nonsarebbe importante e neces-sario come occidentali e Ita-liani attivarsi per l’istituzionedella Banca Euromediterranea,concepito come strumentoreale ed efficace per le politi-che di cooperazione finanzia-ria atte a stimolare fattori dicrescita nei paesi dell’interobacino del Mediterraneo, ol-tre che come base di suppor-to all’area di libero scambioche il prossimo anno inizieràla sua attività?In questo contesto la Calabriaha un compito importante; èla Regione più vicina all’areache, nei prossimi anni, creerànuovi rapporti sociali e soprat-tutto nuovi scambi economi-ci con l’Europa e l’intero occi-dente. Gli studiosi prevedonoche la masse finanziarie e mo-netarie più consistenti nelprossimo quinquennio saran-no prodotte dalla Cina e dal-l’India, paesi che avranno l’in-teresse di dialogare, coopera-re con l’economia europea. LaCalabria è collocata dalla na-tura in una posizione di privi-legio. Toccherà alla politica,alle classi dirigenti sapercifare, essere in grado di coglie-re l’occasione.Per dirla con Giorgio Amen-dola, la politica che si libera divecchi steccati, può rinnovar-si ed essere utile al futuro.

Sangue ed equilibri mondialiGIUSEPPE TERRANOVA

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Dignitosamente, gli altri Entiammessi al riparto dell’ottoper mille (Avventisti, Valde-si, Luterani, Ebraici, Assem-blee di Dio), non hanno vo-luto partecipare a questa ul-teriore spartizione.Non sarebbe meglio che loStato gestisse in proprio lesomme derivanti dalle sceltenon espresse, impiegandolein finalità sociali, rispettan-do le intenzioni dei contri-buenti?Altra forma di privilegio de-riva dagli ampi spazi conces-si dalla RAI (finanziata con ilcanone degli utenti), la qua-le spesso e volentieri apre inotiziari con servizi ed avve-nimenti come convegni reli-giosi, meeting, sinodi, udien-ze vaticane, insediamenti etermini di mandati diocesanidi vescovi, ecc. Occorre direche questo fatto è più accen-tuato nelle trasmissioni regio-nali, almeno per quello sivede e sente in Calabria. Epensare che, soprattutto nel-la nostra regione, tenutoconto degli indicatori econo-mici, sociali ed ambientali,non mancherebbe certamen-te materiale, su cui costruiredei servizi e far dibatterel’opinione pubblica!E cosa dire del sostegno otacito assenso, accordato daalte cariche istituzionali del-lo Stato o da responsabili dipartiti politici nazionali (fi-nanziati in larga parte concontributi statali) all’auten-tica crociata, promossa dal-la Chiesa cattolica, a favoredell’astensionismo al refe-rendum sulla procreazione

assistita, determinando ilsuo fallimento ed ottenendol’unico scopo di sprecareingenti risorse per il suosvolgimento?È giusto che la Chiesa catto-lica svolga liberamente il suoministero, ma sarebbe altret-tanto giusto che non si oc-cupasse di questioni “terre-ne”, demandate unicamentealla sovranità statale; lo Sta-to italiano, da parte sua, do-vrebbe astenersi dal crearesituazioni di privilegio a fa-vore di Essa.Vista la non eccessiva chia-rezza delle norme che regola-no i rapporti Stato/Chiesa, perle quali vengono spesso chia-mate a pronunciarsi i Tribu-nali e le supreme Magistratu-re, sarebbe buona cosa farluce, in modo inequivocabile,per affermare se il nostro siauno Stato realmente laico omeno.Questa chiarezza sarebbe op-portuna, in quanto la nostrasocietà diventa sempre piùmultietnica, multirazziale emultireligiosa, per ridurre alminimo polemiche e conten-ziosi. Uno Stato modernocome l’Italia, che fa parte del-le più grandi Organizzazionimondiali, che è stato tra i fon-datori dell’Unione Europea,alla cui Costituzione laica do-vrà sottostare, ha l’obbligo dinon privilegiare alcuna con-fessione religiosa, ma appro-priarsi della sua laicità e mira-re unicamente al benessere ditutti i cittadini, “senza distin-zione di sesso, di razza, di lin-gua, di religione, di opinionipolitiche, di condizioni per-sonali e sociali”.

I due volti dello Stato laicoPINO TRICANICO

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NUCLEO EMERGENZE

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Per qualsiasi esigenza siamo reperbiliai seguenti recapiti :

vari “comitati festa” sonocompletamente autogestite, èsbagliato credere che essenon abbiano un costo per lacollettività, sia per i contributiin denaro versati e sia per iservizi che devono essere at-tivati dall’amministrazione(traffico, raccolta rifiuti, perso-nale, ecc.) i quali gravano sulbilancio dell’ente e quindi sututti i cittadini. Alcuni Comita-ti Festa fanno a gara per rac-cogliere il maggior numero difondi da destinare a questo oquel cantante, o gruppo difama nazionale, o internazio-nale, per le feste religiose; unesborso di quattrini non indif-ferente che in taluni casi rag-giunge cifre superiori ai ven-ticinquemila euro. La festa di-venta attrazione provinciale,e in alcuni casi, considerandoi fans di alcuni gruppi musica-

li, addirittura nazionale. Bene,considerato che non stiamoparlando di esultanze religio-se con relativo sbarco di pel-legrini, bensì di laicissimi spet-tacoli di puro, anche se estati-co, divertimento, non sareb-be il caso di chiederci se taliMegafeste ci arricchiscono inqualche modo o sono solotarde manifestazioni di provin-cia dei ben più noti spettacoliche i Cesari dell’antica Romapropinavano al popolino perdistoglierlo dalla naturale vo-glia di cacciarli in malo modo?Siamo sinceri, che ritorno hal’economia del territorio da si-mili investimenti? Guardiamoa chi di affari se ne intende - ciriferiamo alle grandi impresecommerciali - che sponsoriz-zano o promuovono iniziati-ve di forte richiamo (elezionimiss, presenza di personaggitelevisivi ecc.). Il ritorno è im-

mediato e appartiene al gene-re “vado, vedo, spendo”. Nelcaso delle feste paesane, no-nostante si parli di oltre quin-dicimila presenze (!), non sia-mo in grado di stabilire qualesia la quantità di denaro in cir-colazione e i benefici diretti eindiretti che ne ricavano glioperatori commerciali dellazona. Se teniamo conto delledimensioni e delle dotazioni,personale compreso, anche alivello familiare, delle nostrepiccole attività commerciali, inprimo luogo dei pubblici ser-vizi, includendo l’esborso dicontributi straordinari e le spe-se di una inutilissima pubbli-cità, credo che le entrate nonsi discosterebbero di molto seal posto di tali iniziative stra-ordinarie, se ne attuassero al-tre per favorire il piccolo com-mercio in maniera più costan-te e sicura.

Il consuntivo di un’estate così così

proposta democratica nonebbe seguito per il semplicefatto che sovvertiva l’ordinenaturale delle cose. È risapu-to, infatti, che il civico conses-so si trasforma in civico “con-senso” proprio in assenza diun linguaggio condiviso.Maggiore è la distanza tra ciòche viene detto e ciò che vie-ne compreso dagli altri - sianoessi il pubblico o i consiglieri- e maggiore è il consenso chene deriva.Ho sentito rivolgere ad alcuniscolari in visita di istruzionenella sala del consiglio auguridi avere tanti “suffragi”: pen-savo che si trattasse di un usoscriteriato della lingua, inve-ce era l’augurio sincero di po-ter occupare, un giorno, lapoltrona di pubblico ammini-stratore e di ricavarne tutti ibenefici possibili e i vantaggicorrelati.Un tempo, si diceva che il po-polo applaudisce tutto ciò chenon capisce. Anche in questalocuzione dobbiamo com-prendere l’evoluzione del lin-guaggio, dove non capire si-gnifica percepire, che è una li-mitata ma efficace forma dicomprensione. Oggi potrem-mo dire che il popolo applau-disce tutto ciò che percepisce.Ed è indubbio che vedere unatribuna oratoria affollata dipersone che ad ogni innalza-mento del tono della voce par-tono in una lunga e prolunga-ta ovazione, dà la misura dellavittoria elettorale, mentre, alcontrario, la pacatezza di unragionamento (si chiamanocosì i comizi che preannuncia-no una disfatta) dinanzi a po-che persone prelude a quelruolo di opposizione che, puravendo chiara la differenzalinguistica tra i suffragi e i nu-bifragi, spesso non riesce adistinguerli in tempo. Ahimè,so a mie spese quanto questapresbiopia può relegare a quelruolo che nessun politico vor-rebbe mai svolgere.A volte penso a ciò che miopadre, triestino con mogliecalabrese, ateo e tollerante,che aveva fatto della linguamotivo di comunicazione e disopravvivenza familiare, spes-so la sera, al ritorno da quellavoro ingrato, mi ripeteva:“Hai studiato?” Oggi mi ren-do conto che lui, ferrotran-viere iscritto al circolo sporti-vo dell’Edera - il vecchio par-tito repubblicano - in una cit-tà con forti nostalgie fasciste,ed io, il suo secondo figlio,comunista e non credente inun paese sedicente religioso,abbiamo qualcosa in comune:non aver capito un cazzo del-la vita.

So di sfiorare l’irriverenza, malo faccio avendo nelle orec-chie e nelle narici, i suoni disalsa [prima della contamina-zione linguistica sudamerica-na dovevamo parlare di odo-ri] confusi alle suppliche sin-cere rivolte alla Vergine Mariadi non guastare la festa con lasolita doccia celeste di mez-z’agosto e negli occhi la coro-na di sponsor cherubini chela circondavano nei manifesti.Torniamo, però, al linguaggiopiù terreno, quello che mettein comunicazione noi mortali.Spesso ripetiamo parole econcetti senza badare alle spe-se … della logica. Altre volte,addirittura, diciamo cose chein nessun modo sono colle-gabili a quanto stiamo espo-nendo, e altre volte ancorausiamo termini inappropriatise non completamente errati.Ripensando ai tanti consiglicomunali, ed alle competizio-ni politiche che li hanno pre-ceduti, mi sono chiesto, inquesti giorni di vacanza e diozio laico contrapposto al ne-gozio religioso, se il linguag-gio può aiutare a determinareuna maggioranza o a vincereuna competizione elettorale.Credo di no, per il semplicemotivo che esso non è stru-mento di dialogo o di persua-sione, ma solo un modo diostentare la propria cultura.Nonostante ci fosse stata inanni lontani una proposta diacquistare per ciascun consi-gliere un dizionario linguisti-co per eliminare quelle barrie-re culturali che volevano soc-combente sempre e solo laparte considerata più colta, la

Continua da pag.3PAOLO CHIASELOTTI

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”PAOLO CHIASELOTTI

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