L'origine degli ominoidei e degli...

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I quattro crani fossili, qui di profilo, rappresentano momenti chiave nella divergenza degli ominoidei dal ceppo ancestrale costituito dalle scimmie del Vecchio Mondo e nella successiva divergenza degli ominidi dal ceppo ancestrale degli ominoidei. Quello in alto a sinistra appartie- ne alla più nota delle scimmie antropomorfe del primo Miocene, Pro- consul africanus, un primate delle dimensioni di un babbuino, proba- bilmente simile all'antenato comune a tutte le scimmie antropomorfe e all'uomo. In alto a destra è il cranio della scimmia antropomorfa del tardo Miocene Sivapithecus, nettamente più grossa e individuata per la prima volta attraverso i denti fossilizzati e i frammenti di mandibola, trovati nel primo decennio di questo secolo ai piedi dell'Himalaya. Questo primate potrebbe essere l'antenato dell'unico grosso ominoi- deo attuale asiatico, l'orango. In basso a sinistra si vede il cranio del primo ominide del Pliocene scoperto in Africa, Australopithecus afa- rensis, una specie a deambulazione eretta vissuta nel periodo compreso fra quattro e due milioni di anni fa. In basso a destra, infine, è rappre- sentato il cranio di un ominide con ben più elevata capacità cranica, Homo habilis, trovato per la prima volta in Kenya nel 1972. A iniziare da circa due milioni di anni fa, e per qualche centinaio di migliaia di anni, individui di questa specie si diffusero nell'Asia meridionale e orientale. si hanno nelle altre scienze naturali e che sono pertinenti al loro lavoro. Tendenze del genere hanno indotto questa discipli- na a una maggiore integrazione con il re- sto della comunità biologica. Nel contempo aumentano i dubbi: fino a che punto è possibile «far rivivere» que- sti racconti dell'evoluzione umana? In che misura queste ricostruzioni possono essere accurate e attendibili? Ardui pro- blemi sorgono quando gli ominidi del pas- sato vengono interpretati in termini di ominidi del presente. Dopotutto, i primi erano assai diversi dai secondi. Invece, in molti casi, queste differenze sono state ignorate, con il risultato di presentare un'immagine dei primi ominidi troppo simile a quella degli esseri umani attuali. Vorrei ora passare in rassegna alcuni di questi problemi iniziando con l'evoluzio- ne degli ominoidei, il gruppo da cui hanno avuto origine gli ominidi. L'evoluzione degli ominoidei L'annoso dibattito fra antropologi fisici e biologi molecolari sullo schem a e sui tempi a nostra conoscenza dell'evoluzione umana ha fatto grandi progressi sia nel corso della passata gene- razione sia durante gli ultimi cinque anni. Per esempio, a partire dagli anni sessanta, la paleoantropologia ha cessato di essere una disciplina riservata esclusivamente agli antropologi fisici e a pochi paleonto- logi interessati; essa si è trasformata in un ampio impegno di ricerca interdisci- plinare a cui collaborano esperti di geolo- gia storica, di ecologia, di biologia mole- colare, di zoologia, di etologia e anche di chimica e di fisica. Nella classificazione linneana del mon- do vivente, gli esseri umani appartengono all'ordine dei primati che comprende anche le scimmie antropomorfe, le ' scim- mie e le proscimmie (ad esempio, i lemu- ri); all'interno di quest'ordine vi è la su- perfamiglia degli ominoidei, costituita unicamente dagli esseri umani e dalle scimmie antropomorfe (antropomorfi o pongidi); di essa fa parte la famiglia degli ominidi, che comprende esclusivamente l'uomo e alcune specie estinte che gli sono affini, molto più affini che alle scimmie antropomorfe. Mi si consenta di riassumere brevemen- te in che modo era interpretata cinque anni fa l'evoluzione degli ominoidei e degli ominidi da un eminente studioso di antropologia fisica, Sherwood L. Wash- burn, dell'Università della California a Berkeley, e di mettere a confronto le con- clusioni di allora con quelle a cui si è giunti attualmente. In quel periodo i pro- gressi rivoluzionari della geologia e della biologia molecolare avevano già posto in discussione le risultanze precedenti in materia di geografia e di cronologia del- l'evoluzione degli ominidi, come pure le affinità biologiche fra l'uomo e gli altri primati superiori. Per esempio. i dati della biologia molecolare hanno semplificato la ricostruzione dell'origine dei primati, anche se gli antropologi fisici sono stati riluttanti ad accogliere ipotesi secondo le quali le scimmie antropomorfe africane (scimpanzé e gorilla), a differenza di quel- le asiatiche (oranghi e gibboni), sarebbe- ro strettamente imparentate con l'uomo. L'ipotesi avanzata dai biologi molecolari, di una possibile differenziazione dell'uo- mo dalla linea africana delle scimmie an- tropomorfe risalente a molto meno di 10 milioni di anni or sono, era ritenuta parti- colarmente ardita. La sintesi di Washburn ipotizzava an- che che Ramapithecus, un ominoideo del Miocene diffuso in vaste aree del Vecchio Mondo, sarebbe potuto essere il precur- sore di tutte le scimmie antropomorfe attuali e del genere umano. Inoltre, le scoperte in Etiopia di Australopithecus afarensis (noto al grande pubblico per lo scheletro parziale soprannominato «Lucy») e in Tanzania delle famose im- pronte di Laetoli hanno dimostrato che già più di tre milioni e mezzo di anni or sono si erano evoluti in Africa degli omi- nidi primitivi, primati con un cervello di piccole dimensioni, che vivevano sul ter- reno, che deambulavano su due gambe e avevano denti canini relativamente picco- li e non prominenti. Queste scoperte han- no confermato anche che la locomozione bipede è stata il primo e fondamentale adattamento evolutivo degli ominidi. Analogamente agli scimpanzé, i primi ominidi impiegavano come utensili pezzi di legno e altri materiali presenti in natu- ra. Il contrasto fra i piccoli canini degli ominidi e quelli prominenti degli scim- panzé ha fatto ritenere, in realtà, che la funzione offensiva di questi denti fosse già stata soppiantata negli ominidi dal- l'impiego degli utensili. Riferendosi sempre al lavoro di Wash- burn, dopo un altro milione di anni si erano evoluti in Africa ominidi con un cervello più sviluppato, che fabbricavano utensili di pietra e che convivevano con una specie robusta di Australopithecus (che si differenziava quindi per le ossa pesanti e i grossi denti), estintasi poi nel corso del successivo milione di anni. An- che prima di allora, diciamo circa un mi- lione e mezzo di anni fa, aveva fatto la sua comparsa un ominide più progredito: Homo erectus. La presenza dei suoi uten- sili litici frammisti a ossa di animali è stata interpretata come una chiara prova che il comportamento venatorio era divenuto una caratteristica degli ominidi molto prima che il loro cervello si sviluppasse nelle dimensioni attuali. Da allora le dimensioni cerebrali e la complessità dei manufatti si sono svilup- pate molto lentamente fino a circa 100 000 anni or sono quando ha avuto origine un ominide ancora più progredi- to: Homo sapiens. Questi sviluppi costi- tuiscono comunque una prova indiretta della riorganizzazione del cervello degli ominidi. Con l'avvento di Homo sapiens si intensifica il ritmo di modificazione ti- pologica degli utensili litici e le variazioni sul piano anatomico si riscontrano princi- palmente nel cranio. In seguito, circa 40 000 anni fa, sono comparsi uomini con caratteristiche anatomiche moderne, che si sono diffusi rapidamente per tutto il Vecchio Mondo. Contemporaneamente, il tasso di mutamento comportamentale, come è attestato dai cambiamenti appor- tati agli utensili lirici e ad altri manufatti umani, si è avvicinato a quello che ci si attende oggi dal «normale» comporta- mento culturale dell'uomo. Washburn ha concluso la sua discussione ipotizzando che il linguaggio umano compiutamente moderno, che probabilmente non esiste- va prima della comparsa dell'uomo ana- tomicamente progredito, abbia catalizza- to questo progresso comportamentale, anche se una simile ipotesi non è verifica- bile con prove anatomiche dirette. Nel corso dei cinque anni posteriori alla sintesi di Washburn, vi sono state nuove importanti scoperte di fossili, non tutte sul campo. e sono state pubblicate descri- zioni più complete dei fossili precedenti. I paleoantropologi possono ora interpreta- re meglio i loro dati grazie agli apporti degli studiosi del comportamento e sono sempre più consapevoli degli sviluppi che L'origine degli ominoidei e degli ominidi Le scoperte degli ultimi cinque anni hanno consentito di determinare con maggiore sicurezza quando le scimmie antropomorfe si sono separate dalle scimmie del Vecchio Mondo e quando l'uomo si è evoluto da esse di David Pilbeam 84 85

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I quattro crani fossili, qui di profilo, rappresentano momenti chiavenella divergenza degli ominoidei dal ceppo ancestrale costituito dallescimmie del Vecchio Mondo e nella successiva divergenza degli ominididal ceppo ancestrale degli ominoidei. Quello in alto a sinistra appartie-ne alla più nota delle scimmie antropomorfe del primo Miocene, Pro-consul africanus, un primate delle dimensioni di un babbuino, proba-bilmente simile all'antenato comune a tutte le scimmie antropomorfe eall'uomo. In alto a destra è il cranio della scimmia antropomorfa deltardo Miocene Sivapithecus, nettamente più grossa e individuata per laprima volta attraverso i denti fossilizzati e i frammenti di mandibola,

trovati nel primo decennio di questo secolo ai piedi dell'Himalaya.Questo primate potrebbe essere l'antenato dell'unico grosso ominoi-deo attuale asiatico, l'orango. In basso a sinistra si vede il cranio delprimo ominide del Pliocene scoperto in Africa, Australopithecus afa-rensis, una specie a deambulazione eretta vissuta nel periodo compresofra quattro e due milioni di anni fa. In basso a destra, infine, è rappre-sentato il cranio di un ominide con ben più elevata capacità cranica,Homo habilis, trovato per la prima volta in Kenya nel 1972. A iniziareda circa due milioni di anni fa, e per qualche centinaio di migliaia di anni,individui di questa specie si diffusero nell'Asia meridionale e orientale.

si hanno nelle altre scienze naturali e chesono pertinenti al loro lavoro. Tendenzedel genere hanno indotto questa discipli-na a una maggiore integrazione con il re-sto della comunità biologica.

Nel contempo aumentano i dubbi: finoa che punto è possibile «far rivivere» que-sti racconti dell'evoluzione umana? Inche misura queste ricostruzioni possono

essere accurate e attendibili? Ardui pro-blemi sorgono quando gli ominidi del pas-sato vengono interpretati in termini diominidi del presente. Dopotutto, i primierano assai diversi dai secondi. Invece, inmolti casi, queste differenze sono stateignorate, con il risultato di presentareun'immagine dei primi ominidi tropposimile a quella degli esseri umani attuali.

Vorrei ora passare in rassegna alcuni diquesti problemi iniziando con l'evoluzio-ne degli ominoidei, il gruppo da cui hannoavuto origine gli ominidi.

L'evoluzione degli ominoidei

L'annoso dibattito fra antropologi fisicie biologi molecolari sullo schem a e sui tempi

a nostra conoscenza dell'evoluzioneumana ha fatto grandi progressisia nel corso della passata gene-

razione sia durante gli ultimi cinque anni.Per esempio, a partire dagli anni sessanta,la paleoantropologia ha cessato di essereuna disciplina riservata esclusivamenteagli antropologi fisici e a pochi paleonto-logi interessati; essa si è trasformata inun ampio impegno di ricerca interdisci-plinare a cui collaborano esperti di geolo-gia storica, di ecologia, di biologia mole-colare, di zoologia, di etologia e anche dichimica e di fisica.

Nella classificazione linneana del mon-do vivente, gli esseri umani appartengonoall'ordine dei primati che comprendeanche le scimmie antropomorfe, le 'scim-mie e le proscimmie (ad esempio, i lemu-ri); all'interno di quest'ordine vi è la su-perfamiglia degli ominoidei, costituitaunicamente dagli esseri umani e dallescimmie antropomorfe (antropomorfi opongidi); di essa fa parte la famiglia degliominidi, che comprende esclusivamentel'uomo e alcune specie estinte che gli sonoaffini, molto più affini che alle scimmieantropomorfe.

Mi si consenta di riassumere brevemen-te in che modo era interpretata cinqueanni fa l'evoluzione degli ominoidei edegli ominidi da un eminente studioso diantropologia fisica, Sherwood L. Wash-burn, dell'Università della California aBerkeley, e di mettere a confronto le con-clusioni di allora con quelle a cui si ègiunti attualmente. In quel periodo i pro-gressi rivoluzionari della geologia e dellabiologia molecolare avevano già posto indiscussione le risultanze precedenti inmateria di geografia e di cronologia del-l'evoluzione degli ominidi, come pure leaffinità biologiche fra l'uomo e gli altriprimati superiori. Per esempio. i dati dellabiologia molecolare hanno semplificato laricostruzione dell'origine dei primati,anche se gli antropologi fisici sono statiriluttanti ad accogliere ipotesi secondo lequali le scimmie antropomorfe africane

(scimpanzé e gorilla), a differenza di quel-le asiatiche (oranghi e gibboni), sarebbe-ro strettamente imparentate con l'uomo.L'ipotesi avanzata dai biologi molecolari,di una possibile differenziazione dell'uo-mo dalla linea africana delle scimmie an-tropomorfe risalente a molto meno di 10milioni di anni or sono, era ritenuta parti-colarmente ardita.

La sintesi di Washburn ipotizzava an-che che Ramapithecus, un ominoideo delMiocene diffuso in vaste aree del VecchioMondo, sarebbe potuto essere il precur-sore di tutte le scimmie antropomorfeattuali e del genere umano. Inoltre, lescoperte in Etiopia di Australopithecusafarensis (noto al grande pubblico perlo scheletro parziale soprannominato«Lucy») e in Tanzania delle famose im-pronte di Laetoli hanno dimostrato chegià più di tre milioni e mezzo di anni orsono si erano evoluti in Africa degli omi-nidi primitivi, primati con un cervello dipiccole dimensioni, che vivevano sul ter-reno, che deambulavano su due gambe eavevano denti canini relativamente picco-li e non prominenti. Queste scoperte han-no confermato anche che la locomozionebipede è stata il primo e fondamentaleadattamento evolutivo degli ominidi.Analogamente agli scimpanzé, i primiominidi impiegavano come utensili pezzidi legno e altri materiali presenti in natu-ra. Il contrasto fra i piccoli canini degliominidi e quelli prominenti degli scim-panzé ha fatto ritenere, in realtà, che lafunzione offensiva di questi denti fossegià stata soppiantata negli ominidi dal-l'impiego degli utensili.

Riferendosi sempre al lavoro di Wash-burn, dopo un altro milione di anni sierano evoluti in Africa ominidi con uncervello più sviluppato, che fabbricavanoutensili di pietra e che convivevano conuna specie robusta di Australopithecus(che si differenziava quindi per le ossapesanti e i grossi denti), estintasi poi nelcorso del successivo milione di anni. An-che prima di allora, diciamo circa un mi-

lione e mezzo di anni fa, aveva fatto la suacomparsa un ominide più progredito:Homo erectus. La presenza dei suoi uten-sili litici frammisti a ossa di animali è statainterpretata come una chiara prova che ilcomportamento venatorio era divenutouna caratteristica degli ominidi moltoprima che il loro cervello si sviluppassenelle dimensioni attuali.

Da allora le dimensioni cerebrali e lacomplessità dei manufatti si sono svilup-pate molto lentamente fino a circa100 000 anni or sono quando ha avutoorigine un ominide ancora più progredi-to: Homo sapiens. Questi sviluppi costi-tuiscono comunque una prova indirettadella riorganizzazione del cervello degliominidi. Con l'avvento di Homo sapienssi intensifica il ritmo di modificazione ti-pologica degli utensili litici e le variazionisul piano anatomico si riscontrano princi-palmente nel cranio. In seguito, circa40 000 anni fa, sono comparsi uomini concaratteristiche anatomiche moderne, chesi sono diffusi rapidamente per tutto ilVecchio Mondo. Contemporaneamente,il tasso di mutamento comportamentale,come è attestato dai cambiamenti appor-tati agli utensili lirici e ad altri manufattiumani, si è avvicinato a quello che ci siattende oggi dal «normale» comporta-mento culturale dell'uomo. Washburn haconcluso la sua discussione ipotizzandoche il linguaggio umano compiutamentemoderno, che probabilmente non esiste-va prima della comparsa dell'uomo ana-tomicamente progredito, abbia catalizza-to questo progresso comportamentale,anche se una simile ipotesi non è verifica-bile con prove anatomiche dirette.

Nel corso dei cinque anni posteriori allasintesi di Washburn, vi sono state nuoveimportanti scoperte di fossili, non tuttesul campo. e sono state pubblicate descri-zioni più complete dei fossili precedenti. Ipaleoantropologi possono ora interpreta-re meglio i loro dati grazie agli apportidegli studiosi del comportamento e sonosempre più consapevoli degli sviluppi che

L'origine degli ominoideie degli ominidi

Le scoperte degli ultimi cinque anni hanno consentito di determinarecon maggiore sicurezza quando le scimmie antropomorfe si sono separatedalle scimmie del Vecchio Mondo e quando l'uomo si è evoluto da esse

di David Pilbeam

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dell'evoluzione degli ominoidei è ora pra-ticamente composto. Gran parte dei pa-leontologi (e degli specialisti di anatomiacomparata) concorda sul fatto che il qua-dro molecolare, in base al quale le scim-mie antropomorfe africane presentanopochissime differenze genetiche conl'uomo, mentre quelle asiatiche ne con-servano in proporzione quasi doppia, ri-

flette la circostanza che l'antenato comu-ne agli ominidi, agli scimpanzé e ai gorillasia vissuto in un tempo che era appena lametà circa di quello che ci separa dall'ul-timo antenato comune degli ominoidei dipiù grosse dimensioni.

Gli studi particolareggiati di anato-mia comparata mostrano che il quadrodelle somiglianze morfologiche fra orni-

noidei viventi conferma le scoperte del-la biologia molecolare. I grandi antro-pomorfi e gli ominidi non formano ungruppo monofiletico, ossia essi nonhanno avuto un precursore comunedopo la divergenza della linea che haportato all'uomo. Invece le scimmieantropomorfe africane e l'uomo forma-no un gruppo monofiletico rispetto agli

antropomorfi asiatici (ipotesi già avan-zata da alcuni anatomisti del passato).

Ciò significa che determinati carattericomuni a tutti gli antropomorfi, ad esem-pio l'assenza della coda, devono esserestati ereditati dall'ultimo antenato di tuttii grossi ominoidei oppure essersi evolutiseparatamente nelle singole specie. Gra-zie alle scoperte in biologia molecolare, i

morfologi stanno ora riesaminando lecaratteristiche anatomiche e le somiglian-ze fra ominoidei e stanno analizzando piùattentamente i processi dello sviluppoembrionale e i loro controlli genetici.

Questi «nuovi» schemi di ramificazio-ne a livello molecolare non sono incom-patibili con le testimonianze fossili degliominoidei. Sono passati i tempi in cui

molti paleontologi situavano l'originedegli ominidi a metà del Miocene, 16 o 15milioni di anni or sono, e molti biologimolecolari sostenevano che l'intera ra-diazione degli ominoidei si sarebbe svoltanel corso degli ultimi dieci milioni di annie che gli ominidi si sarebbero separatisolamente quattro milioni di anni fa. Oggisi tende piuttosto a collocare la radiazione

PLATIRRINE

CATARRINE(

CERCOPITECOIDEI

OMINOIDEI

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AOTUS CALLICEBUS PITHECIA ALOUATTA LAGOTHRIX ATELES PA PIO MACACA CERCOPITHECUS PRESBYTIS HYLOBATES PAN HOMOo

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t NEOSAIMIR1 (SAIMIRI)2. DOLICHOCEBUS (CEBINI)3. BRANISELLA (PLATIRRINE)4. TREMACEBUS (AOUTS)5. CEBUP1THECIA (P1THECIA)6. STIRTONIA (ALOUATTA)

7. PARAPAPIO (PAPIO)8. MACACA (MACACA)9. MESOP1THECUS (COLOBINI ASIATICI)

10. «VICTORIAPITHECUS» (CERCOPITECOIDEI)11. VICTORIAPITHECUS (CERCOPITECOIDED12. PROHYLOBATES (CERCOPITECOIDEI)13. OL1GOPITHECUS (CATARRINE)14. MICROPITHECUS (HYLOBATES)15. PROCONSUL (OMINOIDEI)16. SIVAP1THECUS (PONGO)17. AUSTRALOP1THECUS (HOMO)

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40

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L'albero genealogico dei primati superiori, che si estende da 45 milionidi anni fa a oggi, si può ripartire in due grandi settori: le platirrine, oscimmie del Nuovo Mondo, a sinistra e le catarrine, o scimmie del

Vecchio Mondo, a destra. Le ramificazioni corrispondenti agli ominoi-dei e agli ominidi appaiono in colore all'estrema destra. Le variesuccessioni di divergenze si sono potute definire in base a dati biochimi-

ci come quelli relativi a piccole differenze nella sequenza degli ammi-noacidi di una stessa proteina in specie viventi diverse. La datazionespecifica delle diramazioni si basa sull'età dei fossili e su altri tipi di dati

geocronologici. Le cartine a sinistra e a destra indicano il luogo nel quale èstato trovato il fossile più antico che rappresenta il genere. Il nome adestra di ciascun genere fossile indica la sua relazione con forme viventi.

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In questa ricostruzione di Proconsul, un ominoideo quadrupede, le parti anatomiche rinvenutenel 1951 da Tom Whitvvorth sono rappresentate in grigio. Le parti dello scheletro riprodotte incolore sono quelle trovate di recente in raccolte di museo da Alan Walker e Martin Pickford, gliautori di questa ricostruzione. Le parti di cui si nota solo il contorno, ad esempio il bacino, granparte della colonna vertebrale e parti del cranio e della mandibola, non sono state ritrovate.

Il congiungimento dell'Africa con l'Eurasia è posteriore a 20 milioni dianni fa, quando la Tetide (in colore) separò le due masse continentali,come viene rappresentato a sinistra. Nel primo Miocene, cioè circa 17

milioni di anni fa, il mare si ritirò, come è indicato a destra, lasciando unistmo che permise agli animali di migrare fra l'Africa e l'Eurasia. Fra imigratori in direzione dell'Eurasia vi furono alcuni ominoidei africani.

PARATET1DE PARATET1DE

di tutti i grandi antropomorfi da un ceppoancestrale verso la metà del Miocene e ladivergenza degli ominidi da una linea diantropomorfi africani verso il tardo Mio-cene, forse otto o sette milioni di anni fa.

Per quale motivo la documentazionefossile degli ominoidei è stata male inter-pietata da modesti paleontologi come ilsottoscritto? Per una serie di ragioni. Perprima cosa si è prestata eccessiva atten-zione alle testimonianze fossili come fontid'informazione sulle sequenze evolutiveche hanno portato alla ramificazione,mentre oggi è chiaro che la documenta-zione di tipo molecolare può dirci moltodi più sullo stesso argomento. (Ad ognimodo le testimonianze fossili rimangonol'unica fonte di conoscenza diretta deglistati evolutivi del passato.) Gli equivociinterpretativi vanno anche imputati al fat-to che i reperti fossili degli ominoidei,risalenti a prima degli ultimi quattro mi-lioni di anni dell'evoluzione degli omini-di, sono nel contempo frammentari e in-sufficientemente datati. Essi consistonoquasi interamente di denti e di frammentidi mandibole, parti anatomiche che rara-mente forniscono informazioni utili ai finitassonomici. Per esempio, le parti equiva-lenti del corpo dei mammiferi viventigeneralmente non sono molto utili persuddividere gli individui in specie o per

riunire le specie in gruppi tassonomicisuperiori.

Una terza causa di malintesi sta proprionella diversità fra ominoidei del medio edel tardo Miocene. I grossi ominoidei vi-venti non presentano una notevole diver-sificazione: solo cinque loro generi sonosopravvissuti. Quando si considera l'in-sieme delle testimonianze fossili degliominoidei del passato, ne emerge, invece,un gruppo molto eterogeneo; sotto moltiaspetti ogni specie è unica. Questi fattorihanno ostacolato la ricostruzione attra-verso i fossili delle sequenze che hannoportato alla ramificazione degli ominoi-dei e agli ominoidei viventi. Risulta persi-no complicato collegare determinate spe-cie fossili con singole specie viventi.

Nuovi, importanti fossili di ominoideidel Miocene hanno però modificato lasituazione precedente. Parti scheletriche- della faccia, del cranio", degli arti - erro-neamente interpretate in passato o sco-perte solo di recente stanno fornendo unquadro più chiaro e spesso sorprendentesia dei rapporti evolutivi sia della naturadei primi ominoidei. È persino possibileintuire i loro modi di vita e le loro relazio-ni ecologiche.

Nel contempo, le analisi molecolari piùrecenti stanno chiarendo e sviluppandonuove idee sul quadro generale e sui tem-

pi dell'evoluzione degli ominoidei: bastiricordare il lavoro di Charles G. Sibley edi Jon Ahlquist della Yale University sul-l'ibridazione del DNA di specie diverse diprimati allo scopo di stabilire le differenzee le somiglianze delle loro sequenze nu-cleotidiche. La paleoantropologia, daitempi in cui le testimonianze fossili nonportavano alcun contributo alla cono-scenza degli schemi filogenetici, si avvialentamente verso un tempo in cui essecostituiranno una componente della sin-tesi che rende compatibili fra loro dati diogni tipo: fossili, anatomici, molecolari eriguardanti lo sviluppo.

La radiazione degli ominoidei

La versione generalmente accettataoggi della radiazione degli ominoidei puòessere riassunta come segue. In primoluogo, non è chiaro quando le grandiscimmie antropomorfe si sono diversifica-te dai loro affini, le scimmie del VecchioMondo. (Le scimmie del Nuovo Mondonon hanno avuto alcun ruolo nell'evolu-zione degli ominoidei). Sembra però qua-si certo che la divergenza si sia manifesta-ta dopo l'Oligocene medio (circa 30 mi-lioni di anni fa) e anteriormente agli inizidel Miocene (circa 20 milioni di anni orsono). Comunque sia, la radiazione degliominoidei era in corso durante il primo omedio Miocene (da 20 a 15 milioni di anniaddietro) e alcune linee di questo gruppo,che ebbe moderatamente successo, non sisono estinte che nel tardo Miocene (daotto a sei milioni di anni fa).

Allo stesso modo, non è chiaro quandoi piccoli ominoidei, i gibboni dell'Asia, sisono distaccati dai più grossi. Probabil-mente la prova di questa scissione va ri-cercata in alcuni fossili di primati del pri-mo Miocene, ma si tratta di una questionecontroversa. Esiste, invece, una miglioredocumentazione della divergenza dellegrosse scimmie antropomorfe in specieasiatiche e africane, verificatasi verso lametà del Miocene, all'incirca 16 milioni dianni fa. L'orango è l'unico e anomalo so-pravvissuto di un gruppo di scimmie an-tropomorfe asiatiche del medio e del tar-do Miocene, che in tempi precedenti erapiù diversificato e più diffuso.

Non esistono purtroppo, in pratica, te-stimonianze fossili del ramo degli orni-noidei africani per la maggior parte delMiocene. Però, in base ai risultati delleindagini molecolari, è possibile collocarenel corso del tardo Miocene la divergenzadei primi gorilla, seguita da quelle degliscimpanzé e degli ominidi (fra 10 e seimilioni di anni fa). È anche noto che,almeno da quattro a tre milioni e mezzo dianni fa, ominidi bipedi erano presenti inAfrica orientale. Finché non sarà possibi-le disporre di testimonianze fossili africa-ne più complete (particolarmente perquanto riguarda le scimmie antropomor-fe) si potranno fare solo supposizioni suitempi e sulla precisa sequenza che ha por-tato alla ramificazione di queste linee ol-tre che sulla natura dei loro primi rappre-sentanti, compresi i primissimi ominidi.

Se si risale all'Oligocene, le testimo-

nianze fossili dei primati africani sonorelativamente abbondanti. Elwyn L.Simons della Duke University ha condot-to saltuariamente, dal 1961, ricerche difossili di primati nella regione di el--Fayyùm. in Egitto. A partire dal 1977, luie i suoi collaboratori, John G. Fleagledella State University di New York a Sto-ny Brook e Richard F. Kay della DukeUniversity, hanno scoperto materialeveramente importante. Sono così dispo-nibili oggi parti considerevoli di alcunischeletri di Aegyptopithecus, una speciefinora nota solo per un cranio rinvenutoin precedenza dallo stesso Simons, e diApidium. Anche Parapithecus e Proplio-pithecus, rappresentati molto disorgani-camente, si possono ora caratterizzarecon relativa facilità.

Questi fossili rappresentano un gruppodiversificato di primati arboricoli nonspecializzati che avevano già raggiunto lostato biologico di scimmie durante il me-dio Oligocene, almeno 30 milioni di annior sono; non erano però primati primitivicome i lemuri, ma assomigliavano in lineagenerale alle scimmie attuali del NuovoMondo. Erano comunque troppo primiti-vi e troppo diversi dagli attuali primatisuperiori del Vecchio Mondo perché siapossibile determinare se siano caratteri-stici di un periodo anteriore alla diver-genza degli ominoidei dalle scimmie delVecchio Mondo, o posteriore a esso.

Se la documentazione fossile africanaè nel suo complesso scarsa, gli strati delprimo Miocene nell'Africa orientalecostituiscono una felice eccezione. Gliultimi 50 anni di ricerche in Kenya e inUganda hanno portato alla luce circa

1000 fossili di primati superiori, che ri-salgono a un periodo compreso tra 17 e12 milioni di anni fa e che quasi certa-mente rappresentano linee di ominoideidi un periodo posteriore alla loro diver-genza dalle scimmie del Vecchio Mon-do. La paleoecologia di quel periodo èoggi ben conosciuta, grazie principal-mente al lavoro di Peter Andrews dellasezione di storia naturale del BritishMuseum. Il paesaggio era costituito daun insieme di foresta, bosco rado e pra-teria, con prevalenza della foresta che,al pari della boscaglia, era abitata daalmeno sei specie di ominoidei. Una diqueste, Proconsul africanus, è stata perqualche tempo la scimmia antropomor-fa meglio conosciuta del Miocene; leconoscenze sul suo conto si sono oggiancora più approfondite.

Proconsul, un piccolo animale delledimensioni di un babbuino, ha avuto unaparte preminente nello sviluppo del pen-siero sull'evoluzione degli ominoidei.Fino a tempi recenti, di esso si conosceva-no unicamente un arto anteriore quasicompleto, una mandibola, frammenti delcranio e poche ossa del piede, apparte-nenti tutte allo stesso individuo, il cranioquasi completo di un altro individuo eresti disparati di arti, denti e mandibole.In un secondo tempo, Alan C. Walkerdella Johns Hopkins University e MartinPickford dei Musei nazionali del Kenyahanno scoperto - nelle raccolte dei museie dei laboratori - molti altri pezzi appar-tenenti al primo dei suddetti individui, delquale è stato possibile ricostruire granparte dello scheletro.

Fino a oggi Proconsul era stato in-

terpretato in molti modi contradditori. Aun estremo si sosteneva che la sua formaera troppo specializzata perché potessetrattarsi dell'antenato di un qualsiasiominide vivente e probabilmente non eranemmeno un ominoideo. Altri lo consi-deravano un ominoideo primitivo nonspecializzato e altri ancora ipotizzavanoche potesse essere un antenato delloscimpanzé. La disponibilità di nuovomateriale ha contribuito a chiarire inqualche misura il problema e oggi tutticoncordano nel definire Proconsul unominoideo, anche se primitivo e dotatodi scarsissi ma specializzazione. Si tratta-va di una «scimmia antropomorfa informazione», arboricola, frugivora e condistinta differenziazione dimensionalefra i due sessi. Le sue caratteristichecomplessive non hanno alcuna somi-glianza con quelle di qualsiasi primatesuperiore attuale. Le articolazioni delgomito e della spalla, come pure il piede,sono simili a quelle dello scimpanzé, ilpolso ricorda quello di una scimmia e levertebre lombari potrebbero appartene-re a un gibbone. Molti altri suoi caratteri,come la configurazione generale, sonoinvece unici. Proconsul fornisce una salu-tare lezione agli studiosi dell'evoluzione:le affinità ipotizzate per questo animaledipendevano di volta in volta dalla parteanatomica che veniva studiata. Quandoun animale fossile viene rinvenuto sottoforma di frammenti raccolti nel corso diun determinato arco di tempo, l'ordinestesso dei ritrovamenti influisce sulle in-terpretazioni filogenetiche, e in modoparticolare nel caso di specie «a mosai-co» come Proconsul.

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Il mutamento di opinioni sull'evoluzione degli ominoidei e degli omini-di risulta evidente da questa tabella che si estende dall'Oligocene,basso, al più recente Pleistocene, in alto. 1 numeri inseriti fra le suddivi-sioni geologiche indicano gli estremi temporali di ogni suddivisione, in

milioni di anni, prima del presente. A sinistra sono riportate le opinionigeneralmente accettate nel 1978 dagli studiosi su questo argomento,unitamente a prove di carattere fossile o archeologico addotte a soste-gno delle stesse. A destra sono riportate invece le opinioni attuali.

EPOCA OPINIONI DEL 1978 OPINIONI DEL 1984

PLEISTOCENEFINALE

TARDOPLEISTOCENE

PLEISTOCENEMEDIO

PRIMOPLEISTOCENE

PLIOCENE

_

TARDOMIOCENE

_

MIOCENEMEDIO

PRIMOMIOCENE

-. OLIGOCENE

Comparsa di un H. sapiensanatomicamente moderno.

Comparsa di H. sapiens.

Graduale progresso evolutivodegli ominidi.

Comparsa di H. erectus; estinzionedi Australopithecus robustus.

Presenza di ominidi graciliin Tanzania e in Etiopia(compreso A. afarensis)

Divergenza tra le scimmie antropomorfeafricane e i protominidi africani.

Affermazione di Ramapithecuscome protominoideo.

Gli ominoidei divergono dallescimmie del Vecchio Mondo.

Minimevariazionirispettoalle fasiprecedenti

e bipedi

_

Comparsa di un H. sapiens anatomicamente moderno (chiaramentediverso dall'H. sapiens arcaico sotto l'aspetto sia cranico sia subcranico).

— Abbondanza di utensili di pietra e d'osso e di altri manufatti.

Nuovi tipi di utensili e di tecniche; significativa elaborazione— del comportamento.

Utensili litici di maggiore complessità. Comparsa dell'H. sapiens arcaico(leggermente diverso da H. erectus).

— Uso del fuoco?

Utensili litici un poco più complessi.

_ Presenza di H. erectus. Estinzione di H. habilis e poi di A. boisei e A. robustus.

Primi utensili litici; presenza nell'Africa meridionale di A. africanus eA. robustus. Diversificazione degli ominidi; A. boisei e H. habilis coesistono.

Impronte di Laetoli. Presenza nell'Africa orientale di un Australopithecusbipede.

7,5-4,5 milioni di anni fa: sostanziali mutamenti climatico-faunistici;diversificazione degli ominoidei africani (deduzione basata su datimolecolari).

Divergenza fra ominoidei africani e ominoidei asiatici: Sivapithecus(Ramapithecus) imparentato con Pongo?

Inizio della radiazione degli ominoidei.

Inizio della radiazione delle catarrine.

0,045

0,125

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I driomorfi e i ramamorfi

La fine del primo Miocene, circa 17milioni di anni or sono, è stata contraddi-stinta da un eventò geologico altamentesignificativo, ossia la deriva dei continen-ti, che ha congiunto l'Africa e l'Arabiacon l'Eurasia. consentendo così la migra-zione di ominoidei africani (e di altrimammiferi) nel resto del Vecchio Mon-do. Questo congiungimento ha dato ori-gine a importanti processi orogenetici: inEuropa si sono formate le Alpi, in Tur-chia la catena del Tauro e in Iran i montiZagros; è scomparsa la Tetide e tanto lacircolazione oceanica quanto quella at-mosferica si sono modificate provocandovariazioni di grande scala nel clima e neglihabitat.

Durante il medio e tardo Miocene, da17 a cinque milioni di anni fa, il climaeurasiatico era stagionale, ma con inver-ni più miti di quelli attuali. Territori cheattualmente si presentano come praterieo addirittura come deserti erano ricoper-ti da boschi e le foreste erano molto piùdiffuse. La fauna costituita dai mammife-ri rifletteva queste condizioni; gli animalida pascolo nelle praterie erano scarsi,mentre erano più abbondanti gli animaliche si nutrivano di ramoscelli, germogli efoglie di alberi e arbusti nella boscaglia enella foresta.

I reperti fossili degli ominoidei di que-sto periodo in Eurasia consistono princi-palmente di mascelle o di denti e, di con-seguenza, è difficile precisare le relazionifilogenetiche. Comunque, a grandi linee,gli ominoidei possono essere suddivisi indue grandi gruppi, uno dei quali può esse-re definito in modo approssimativo ilgruppo dei driomorfi, rifacendosi alle va-rie specie europee del genere Dryopithe-cus, un primate con molte caratteristicheprimitive da ominoide, mentre l'altro sipuò chiamare il gruppo dei ramamorfi,con riferimento a Ramapithecus e ai gene-ri affini. Per quanto riguarda la distribu-zione, i ramamorfi erano principalmenteasiatici e differivano dagli altri ominoideidel Miocene per determinate caratteristi-che, che ricordano quelle degli ominoideiposteriori.

Edward Lewis, un ricercatore laureato-si a Yale e che ha fatto parte in seguitodell'US Geological Survey, ha dato ilnome Ramapithecus al frammento fossi-lizzato di una mascella di primate, cheaveva trovato in India nel 1932. Oggi si sache quel fossile è databile a poco più disette milioni di anni fa. Negli anni sessan-ta sono stati trovati denti e altre mascelledi primati in India, in Pakistan e in altreregioni del Vecchio Mondo; essi sono sta-ti attribuiti allo stesso genere. Questoanimale appariva diverso dai suoi con-temporanei Dryopithecus e Sivapithecus,un altro fossile di origine indiana. che sipresumevano più simili alle scimmie an-tropomorfe. I suoi vari resti mostrano cheaveva mascelle robuste e grossi molaricon corone rivestite di uno spesso stratodi smalto. Questi e alcuni altri caratteriassomigliano a quelli degli ominidi afri-cani posteriori del genere Australopithe-

cus. Tali somiglianze hanno indotto mol-ti, compreso chi scrive, a sostenere cheRamapithecus sarebbe, di fatto, uno deiprimi ominidi, che questi ultimi si sareb-bero distaccati dagli ominoidei africanialmeno 15 milioni di anni fa e che. diconseguenza, era assolutamente erroneofar risalire questa divergenza a quattromilioni di anni addietro, come portavanoa concludere le indagini condotte a livel-lo molecolare.

Nel 1973 ebbe inizio la mia collabora-zione a un progetto di ricerca del Serviziogeologico del Pakistan, inteso a ritrovareulteriori fossili di Ramapithecus. Gli stratiricchi di fossili su cui stiamo ancora lavo-rando sono il prodotto dell'erosione in-dotta dal sollevamento della catena del-l'Himalaya e prendono il nome di «seriedei Siwalik». La loro età varia da uno a 17milioni di anni ed essi formano uno spessocuneo che si estende lungo il fianco meri-dionale della grande catena montuosa tral'Afghanistan e la Birmania. Nella sezio-ne pakistana di tale formazione abbiamoavuto la fortuna di trovare molti nuovifossili di ominoidei, compresi esemplarisia di Ramapithecus sia del suo affineSivapithecus, oltre a migliaia di altri fossilidi mammiferi.

Il nostro numeroso gruppo interdisci-plinare ha ora completato una sequenzacronologica delle variazioni faunisticheche si sono verificate durante la sedimen-tazione protrattasi in questa zona per 16milioni di anni, e ha fatto considerevoliprogressi nella ricostruzione delle comu-nità animali locali del passato. Lo studiodi questo nuovo materiale mi ha convintoche Ramapithecus e Sivapithecus sianomolto più simili tra loro di quanto pensas-si prima e potrebbero persino appartene-re allo stesso genere.

A ogni modo i nuovi fossili di Sivapi-thecus, costituiti da una porzione di cranioe da parti isolate di arti, presentano unaserie di caratteristiche, particolarmenteper quanto riguarda la faccia e il palato,che assomigliano a quelle dell'unicagrande scimmia antropomorfa asiaticaoggi vivente, l'orango (Pongo pygmaeus),e non, come ci si aspettava, a quelle diAustralopithecus. Le somiglianze con lamandibola e i denti di Australopithecusesistono, ma non implicano alcun signifi-cato filogenetico. Si tratta probabilmentedi esempi di evoluzione parallela o di ca-ratteri assunti dall'ultimo antenato co-mune di tutti gli ominoidei attuali. Questaè perlomeno l'opinione mia e del mio col-lega Steven Ward dalla Kent State Uni-versity. Alcuni fossili di ominoidei delPakistan, che hanno almeno 12 milioni dianni, presentano caratteristiche simili; sela nostra interpretazione è corretta, laseparazione fra ominoidei africani e asia-tici va sicuramente situata in quel perio-do, se non oltre. Forse essa ha coincisoapprossimativamente con il congiungi-mento fra Africa e Asia, prodotto dalladeriva dei continenti e con il conseguenterimescolamento delle faune, avvenuto 17o 16 milioni di anni fa. Attualmente misentirei di collocare questa separazione acirca 16 milioni di anni or sono.

I primi ominidi

I primi autentici ominidi fanno la lorocomparsa forse tra 4 e 3,75 milioni di annifa, in Tanzania e in Etiopia. La loro pre-cedente evoluzione è ancora avvolta nel-l'oscurità. Le modifiche verificatesi nellafauna e negli habitat nell'arco di tempocompreso fra 7,5 e 4,5 milioni di anniaddietro rispecchiano un certo numero diavvenimenti di ordine climatico e geogra-fico, il più spettacolare dei quali è stato ilripetuto prosciugamento del Mediterra-neo, circa 5,5 milioni di anni fa. Non èperò chiaro il legame fra questi eventi el'evoluzione degli ominoidei africani.Comunque le impronte di ominidi checamminavano in posizione eretta, scoper-te da Mary Leakey e dai suoi collaborato-ri a Laetoli in Tanzania, sono state sicu-ramente datate a 3,75 milioni di anni fa elo scheletro per metà completo di «Lucy»assieme ad altri reperti di Australopithe-cus afarensis, trovati da Donald Johansone collaboratori a Hadar. in Etiopia, lo èstato ma con minore certezza fra quattro etre milioni di anni fa. Esistono alcune di-vergenze sulla tassonomia di Lucy e deiresti di ominidi a essa associati, rinvenutia Hadar. Rappresentano forse essi unanuova singola specie, Australopithecusafarensis? Oppure una sottospecie setten-trionale di A. africanus? O due o più spe-cie? Lasciando da parte questi interroga-tivi, considererò una sola versione, purammettendo che il problema non è bendefinito.

A. afarensis presenta caratteristicheche sono per la maggior parte primitive.Le dimensioni dei maschi adulti supera-vano dal 50 al 100 per cento quelle dellefemmine e i singoli individui pesavano da25 a 50 chilogrammi o più. Il volume delcervello corrispondeva a quello di unagrossa scimmia antropomorfa africanama, in presenza di una così ampia gammadi pesi per gli adulti, non è possibile stabi-lire se il volume cerebrale fosse propor-zionalmente più piccolo o più grande ri-spetto al peso corporeo. Per alcune carat-teristiche delle ossa facciali e del palatoquesti primi ominidi assomigliavano agliscimpanzé, ma complessivamente il cra-nio, così come è stato ricostruito, ha piùl'aspetto di quello di una femmina di go-rilla: A. afarensis ha denti più grossi ed èpiù robusto di uno scimpanzé.

La dentatura presenta alcune caratteri-stiche che si possono definire primitive,anche se i canini di entrambi i sessi pre-sentano una corona bassa e non sono piùproiettati in avanti come nelle scimmie; imolari sono relativamente grossi e rico-perti da uno smalto spesso, probabilmen-te per adattamento alla masticazione digrandi quantità di frutti, semi, baccelli,radici e tuberi, alcuni dei quali potevanoanche essere molto resistenti.

È impossibile provare che le improntetrovate in Tanzania siano state prodotteda ominidi simili a quelli rappresentati daifossili di Hadar, ma la morfologia dellearticolazioni dell'anca, del ginocchio edalla caviglia di Lucy e dei suoi compagnirivela che la popolazione di Hadar era

chiaramente bipede. Le ossa del piedemostrano il medesimo adattamento allalocomozione bipede e un'ulteriore inte-ressante caratteristica: le ossa dell'allucee i metatarsi sono lunghi e ricurvi. Rispet-to agli individui del genere H o mo , A. a fa-rensis aveva braccia lunghe e gambe cortee le sue mani avevano una forte presa.Giudicando dalle proporzioni delle loroossa e dalla morfologia delle loro artico-lazioni, esse erano in grado di operare conmaggior precisione di quelle degli attualiscimpanzé.

Gli ominidi di Hadar vivevano in unaregione di boschi e di savane lontanodalle foreste del Pliocene e facevanoparte di una comunità di mammiferiassai simili sotto il profilo strutturalealle successive comunità del Pleistocene.Queste comunità avevano cominciato asvilupparsi nell'Africa orientale nel tar-do Miocene ed è possibile che compren-dessero ominidi che non ci sono ancoranoti. Per analogia con i mammiferi at-tuali è poco probabile che gli ominidi diHadar fossero monogami.

A questi ominidi non sono state asso-ciate pietre lavorate per la fabbricazionedi utensili, ma questo rilievo potrebbenon essere del tutto pertinente. Suppo-niamo cheA. afarensis impiegasse lo stes-so tipo di utensili degli attuali scimpanzé:

fusti, foglie, pezzi di legno o pietre che siprestavano casualmente a raccogliere e alavorare il cibo o a comportamenti dimo-strativi. E supponiamo anche che questoimpiego fosse più intenso di quello prati-cato oggi dagli scimpanzé. Sarebbe im-possibile riconoscere oggi, a quattro mi-lioni di anni di distanza, questi utensili,anche se si fossero conservati per circo-stanze quasi miracolose.

Un'utilizzazione di questo tipo, sefosse possibile postularlo, potrebbe es-sere stata una componente importantedi quei comportamenti che hanno sti-molato la deambulazione bipede e lariduzione dei canini. Concetti di questogenere sono molto dibattuti. Gli omini-di di Hadar erano protocacciatori e as-sassini, spazzini opportunisti o miti ve-getariani? La monogamia si è evolutacon la condizione bipede? I maschi conlegame di coppia portavano il cibo allaloro compagna in un sito che fungevaloro da domicilio? Il cibo raccolto, ani-male o vegetale, veniva condiviso oppu-re gli ominidi di Laetoli e di Hadar se loprocuravano individualmente? Ciascu-no di questi punti di vista, per non par-lare di altri, ha i propri sostenitori. Per ilmomento, comunque, qualsiasi rappre-sentazione di questi primi ominidi comeesseri viventi deve essere rimandata a

quando vi sarà maggiore consenso sullanatura dei loro adattamenti essenziali.Soprattutto dobbiamo resistere alla ten-tazione di vederli come esseri umanimoderni separati da noi solo da un de-terminato periodo di tempo.

Avvicinandosi all'uomo

In un momento non precisato, fra 2,5 edue milioni di anni fa, gli ominidi africanihanno dato origine a una modesta radia-zione adattativa. Circa due milioni di annifa erano presenti almeno due, probabil-mente tre, e forse anche più specie diominidi, anche se in qualsiasi parte del-l'Africa non sono state trovate prove chene esistessero più di tre. Nell'Africaorientale, A. boisei, una specie di Austra-lopithecus, robusta e con denti moltogrossi, viveva contemporaneamente a unominide con cervello più sviluppato, il cuicranio fossile tipo è catalogato in Kenyacon la sigla ER-1470. Questa specie èoggi universalmente nota sotto la deno-minazione Homo habilis, coniata nel1964 da L.S.B. Leakey, da Philip V. To-bias e da John R. Napier e applicata aER-1470 dai suoi scopritori, RichardLeakey e collaboratori. Probabilmentecoesisteva nell'Africa orientale una terzaspecie di ominidi con denti e cervello di

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Il prosciugamento del bacino del Mediterraneo dovuto alla sua separa-zione dall'Atlantico a causa della formazione di montagne deve averavuto conseguenze catastrofiche sul clima e sull'ecologia dell'Africa.

Questo episodio è avvenuto nel tardo Miocene circa 5,5 milioni di annifa. Non sono chiari i suoi effetti sui mammiferi. ominoidei compresi,ma gli ominidi sono comparsi forse un milione e mezzo di anni dopo.

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ASTRONOMIA DI BASE

piccole dimensioni. Inoltre, nell'Africameridionale vivevano un'altra specie diAustralopithecus, A. robustus, e forseanche H. habilis. Già 1,75 milioni di annifa, comunque, H. habilis era scomparsodall'Africa ed era stato sostituito daHomo erectus, un ominide con un cervellodi dimensioni ancora maggiori. Si sta cosìlentamente delineando un'immagine piùchiara di questi animali, ma è ovvio cheessa non può essere autenticamente defi-nita e che bisogna evitare di scrutarlatroppo da vicino per non correre il rischioche si dissolva in una miriade di puntisenza significato.

Si consideri A. boisei. Questa specie,più grossa sia di A. afarensis sia della spe-cie sudafricana di Australopithecus , avevaun cervello piccolo e il maschio era ditaglia nettamente più grossa di quella del-la femmina. Essa è comparsa più di duemilioni di anni fa e si è conservata, a quan-to sembra con scarse modifiche morfolo-giche, per un milione di anni. E possibileche A. boisei abbia utilizzato rami perscavare e pietre per martellare, ma non visono indicazioni che usasse frequente-mente utensili.

Pur essendo di taglia superiore rispettoad altre specie di Australopithecus, A.boisei potrebbe avere avuto lo stessocomportamento. Gli studi condotti sulle ,superfici masticatorie dei denti di variespecie di Australopithecus da Alan Wal-ker e Frederick Grine della State Univer-sity di New York a Stony Brook fannopensare che esse fossero tutte vegetarianee piuttosto simili alle scimmie antropo-morfe e che le loro diete, per molti versisimili, richiedessero una masticazione

lunga e ripetitiva. Probabilmente, a diffe-renza delle scimmie antropomorfe chevivevano nelle foreste, si nutrivano più diradici e di tuberi e meno di frutti.

Perché si è evoluto A. boisei e da checosa? La sua evoluzione è stata il risultatodi una variazione del clima o dell'habitato forse di una modificazione nella dispo-nibilità di certi tipi di piante di cui si nutri-va? Perché si è estinto A. boisei dopo unmilione di anni di apparente stabilità?Non si può ancora rispondere a questiinterrogativi; comunque, nell'Africa o-rientale, la ricerca di fossili è molto inten-sa e si può sperare in una migliore com-prensione futura sia di A. boisei sia deisuoi predecessori e delle loro forme ditransizione.

Una questione completamente diversaè, invece, capire il processo che, da unpredecessore (che potrebbe anche esserelo stesso di A.boisei), ha portato a Homohabilis. È difficile «immaginarsi» le variespecie di Australopithecus , cioè ricostruir-le come se fossero animali ancora viventi,poiché oggi non esiste nulla di simile almondo. Eppure le si possono intuire con-fusamente come particolari specie discimmie antropomorfe. Ancor più diffici-le è formarsi un'idea di H. habilis, per variaspetti alquanto simile ad Australopithe,cus (per esempio nelle ossa facciali e deidenti), ma con un cervello nettamente piùgrosso: mediamente attorno ai 700 cen-timetri cubi. Non vi sono precise correla-zioni fra i crani di H.habilis e le altre ossache caratterizzano questa specie. Ma leossa degli arti che si ritiene lo rappresen-tino, a differenza di quelle di Australopit-hecus, assomigliano a quelle di specie po-

steriori del genere Homo (con l'eccezionedell'Homo sapiens attuale). È stato ipo-tizzato che tale rassomiglianza riflettamodificazioni nel modo di camminare enelle dimensioni della pelvi femminile,dettate dal volume del piccolo al momen-to della nascita.

Quasi contemporanei alla comparsa inAfrica di A. boisei e di H. habilis sono iloro primi siti archeologici: ammassi dipietre utilizzate o lavorate, spesso portateda luoghi distanti, frammiste a resti dianimali. Si è concordi nel ritenere chequesti siti indichino un cambiamento nel-la dieta, con inclusione di una maggioreproporzione di cibo di origine animale.Questo fatto riguarda più H. habilis cheA. boisei. Vi è poi una correlazione causa-le anche fra il mutamento di dieta e losviluppo delle dimensioni cerebrali. Al dilà di questo le opinioni divergono. H. ha-bilis era forse un cacciatore-raccoglitoreche trasportava il cibo verso basi fisse perpoi distribuirlo e che praticava una suddi-visione dei compiti, per cui la caccia erariservata ai membri di sesso maschile e laraccolta a quelli di sesso femminile? Ilsignificato dell'interrogativo è questo: H.habilis aveva un comportamento «mo-derno» oppure era ancora essenzialmentevegetariano, con eventuali integrazionialla dieta di carne ottenuta principalmen-te da carogne?

Le stesse testimonianze archeologichesono ambigue: le medesime distribuzionidi utensili e di ossa potrebbero significareun'attività opportunistica di sfruttamentodelle carogne per consumo individuale,con trasporto e condivisione ridotti alminimo o nulli, oppure potrebbero rap-

presentare basi di insediamento, punti diintensa interazione sociale. Per conclude-re, l'immagine di H. habilis rimane pocochiara. Si rendono necessari ulteriori ri-trovamenti di materiali fossili e di siti ar-cheologici, ma è comunque probabile chela transizione da Australopithecus aHomo rimanga oscura, poiché entrambigli animali sono troppo diversi da quellioggi esistenti. Che cosa è accaduto aHomo habilis? È sopravvissuto per qual-che centinaio di migliaia d'anni per esserepoi sostituito da una specie molto piùduratura, H. erectus. H. habilis era il pre-decessore di H. erectus? Anche se molticoncordano con questa ipotesi, essa po-trebbe non essere corretta.

Il disegno si precisa

Homo erectus è la prima specie di orni-nidi a vasta diffusione. Per quanto si sa, ècomparsa molto presto in Africa e, di fat-to, potrebbe avere avuto origine in quellaregione 1,6 milioni di anni or sono. Co-munque sia, un milione di anni fa essa eragià presente nell'Asia sudorientale eorientale, dove è sopravvissuta almenofino a 300 000 anni fa. In quest'arco ditempo, che supera abbondantemente ilmilione di anni, la documentazione fisicadi H. erectus dimostra una sua prolungatastabilità morfologica.

H. erectus assomigliava a specie piùtardive di Homo (eccettuato il modernoH. sapiens) sia per dimensioni corporeesia per robustezza. Aveva un cervello piùsviluppato di H. habilis (più di 800 centi-metri cubi), i suoi incisivi erano grossicome quelli dei primi ominidi, mentre imolari e le ossa facciali erano più piccoli.La documentazione archeologica indicache alcune popolazioni di H. erectus fab-bricavano utensili litici più grossi, scheg-giati simmetricamente: bifacciali o «ascea mano». È inoltre possibile che altreconoscessero l'uso del fuoco. Alcunepopolazioni posteriori potrebbero essersii mpadronite di tecniche più sofisticate perprodurre e modificare utensili litici, mal'impressione generale è quella di unaprolungata stabilità comportamentale emorfologica. Arthur Jelinek dell'Univer-sità dell'Arizona ha proposto che la defi-nizione più appropriata di questo com-portamento sia quella di comportamento«paleoculturale», per differenziarlo dairapidi mutamenti che siamo abituati gdassociare al comportamento «culturale»degli uomini contemporanei.

I paleoantropologi si collocano in unaprospettiva diversa, spesso senza render-sene conto, quando considerano l'evolu-zione umana al di là dell'ultimo milione emezzo di anni. I problemi inerenti all'evo-luzione degli ominoidei e ominidi che hofinora esposto riguardano questioni ma-croevolutive: adattamenti a grandi linee,tendenze evolutive e speciazione. Gliominidi denominati H. erectus, gli H. sa-piens «arcaici» (compresi gli uomini diNeandertal) e gli H. sapiens moderni pro-babilmente rappresentano un continuummentre i cambiamenti all'interno di que-ste linee sono di natura microevolutiva.

Uno dei più interessanti lavori paleoan-tropologici riguarda nondimeno l'ultimogrande scalino dell'evoluzione umana: ilpassaggio, verificatosi 45 000 o 40 000anni fa, dall'Homo sapiens arcaico a quel-lo moderno.

Erik Trinkaus, dell'Università del NewMexico, ha dimostrato che i neanderta-liani (e probabilmente anche i loro con-temporanei di altre zone del VecchioMondo) erano diversi da noi non soloper il comportamento, ma anche fisica-mente. Gli scheletri degli uomini diNeandertal erano molto più robusti e leinserzioni dei muscoli sulle ossa rivelanoche essi erano anche molto più forti dinoi. I denti erano più grossi e quelli ri-trovati sono molto logorati, probabil-mente perché (come è il caso degli attualieschimesi) venivano usati per vari scopiestranei alla nutrizione (ad esempio permasticare le pelli allo scopo di ammorbi-dirle). La transizione a Homo sapiens ècontraddistinta dalla perdita della robu-stezza neandertaliana nello scheletro,nelle ossa facciali e nei denti. C'eranoanche modifiche nella morfologia delbacino della fem mina, attribuibili forse alfatto che i parti erano divenuti più diffi-coltosi che in precedenza, o addiritturache il periodo di gestazione si stava ridu-cendo verso gli attuali nove mesi, daiprobabili 11 primitivi (un periodo che siaccorda con le conclusioni tratte dallecorrelazioni generali fra volume corpo-reo materno, dimensioni fetali e duratadella gestazione nei mammiferi).

Le testimonianze archeologiche regi-strano anche mutamenti comportamen-tali importanti, fra cui una proliferazio-ne di utensili litici e ossei più avanzati.cambiamenti negli schemi venatori, nel-l'impiego e nel controllo del fuoco, nel-l'uso degli indumenti, nelle modalitàd'insediamento, nelle dimensioni dellepopolazioni, negli ambiti ecologici, nel-l'arte e in altre manifestazioni di attivitàrituale. Tutto questo punta alla compar-sa di una specie in possesso di capacità(e di un potenziale) comportamentalimoderne. a partire da una specie ance-strale che, almeno in base ai canonimoderni, mancava di alcune caratteri-stiche umane significative.

Una breve rassegna come questa nonpuò rendere appieno la ricchezza e lacomplessità delle informazioni disponibi-li per lo studio di questa recentissimatransizione, anche se di tipo microevolu-tivo. Comunque, fra tutte le transizionidegli ultimi 30 milioni di anni, essa èancora la meglio documentata e poten-zialmente la più comprensibile. Comestudioso che lavora in un campo diverso.su un arco di tempo che può anche, in unqualsiasi periodo di 100 000 anni, noncontenere fossili di rilievo, provo unacerta invidia per coloro che lavorano suquesto periodo molto recente, che rap-presenta lo smalto finale della storia evo-lutiva dell'uomo. Bisogna però tenerepresente che si tratta solo dello smalto: ilcorpo sottostante - i molti stadi prece-denti di questa storia - richiede ancoraun lungo e difficile lavoro d'indagine.

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idio per l'apprendimento de'ano-

mia nelle scuole medie

ineriori e superiori adat-

*te anche per le persone interessate senza un

a

conoscenza specitica della materia.

l 9 sets sono così suddivisi

CMIS 0 241 - ll.. S1S1EgA SOLARE (36 dia)

CN1lS 02 - kl_ SOl..£ ( dia) NCMIS 03 - 1,,IlRellP,l0 E \IE£RE. (24 dia)

MIS 04 - LA rigiRA (36 dia)

CMIS 05 - MARIE (24 diaC

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CM6 - GIOVE\S 0 24 dia

(36 dia)

CIV11S 07 - SAltiRNO (36 dia)CNIIS 0e) - l_A NOSTRA GALASSlA ()

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