L’Opinione di… - ambienteculturamediterranea.it · sarcofago di Giunius Paleuhodus (161-170...

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L’Opinione di… Italo Abate 1 , Studioso di Ambiente e Territorio, Presidente di Ambiente e Cultura Mediterranea I sarcofagi romani-Poesie sepolcrali per immagini 2 Alla fine dell’età repubblicana monumenti funerari di vario tipo furono disposti in prossimità delle strade a testimonianza del desiderio di conseguire un riconoscimento sociale e di essere ricordati dopo la morte. In tutte le città romane era diffusa quest’aspirazione, anche nelle classi meno agiate; essa diede luogo a monumenti che per dimensioni, forma, decorazioni figurative e posizionamento, attiravano l’attenzione dei passanti che transitavano lungo le strade prima dell’ingresso in Roma. È noto il mausoleo di Cecilia Metella 3 lungo l’Appia o la piramide di Caio Cestio 4 lungo la via Ostiense. Ognuno sentiva la necessità di farsi raffigurare su un monumento lungo le strade perché tale fatto esprimeva visivamente il bisogno di auto-rappresentazione, ma non tutti potevano permettersi sepolcri così imponenti; il cittadino meno abbiente, non potendo costruirsi un tempietto, doveva accontentarsi di una lapide funeraria in seconda fila. Ma dai primi anni del principato di Augusto ebbe inizio un lento e progressivo allontanamento delle sepolture lungo le strade sviluppandosi una forma di sepoltura in un ambito più ristretto, rivolta ad un piccolo settore della società. Era un processo di disgregazione della società urbana che si riarticolava in spazi più limitati ed ogni cittadino avvertiva il desiderio di essere ricordato, anche con la semplice iscrizione del suo nome 5 . Si sviluppa una sepoltura con nuovi monumenti funerari con i quali ci si rivolgeva non a tutti, ma soprattutto a quelli con i quali si era vissuti e da cui si voleva essere ricordati. Questo fenomeno coinvolge diversi strati sociali e determina il consolidamento del senso di appartenenza a una classe sociale con lo 1 [email protected] 2 I. ABATE,I marmi colorati del Mediterraneo Antico, Grafiche Iuorio,Benevento,2014. 3 Il mausoleo doveva rappresentare l’importanza della famiglia piuttosto che la memoria della dedicataria; fu realizzato nel 30 a.C., circa, ed era costituito da un edificio circolare che si ergeva su una base quadrangolare terminante con una piccola cupola su ispirazione dei modelli ellenistici o dei tholos etruschi. 4 Fu costruita tra il 18/12 a.C. su chiara ispirazione delle più note piramidi di Giza, subito dopo la conquista dell’Egitto del 30 a.C. È rivestita con lastre di marmor lunensis. Nel III secolo fu incorporata nelle Mura Aureliane. 5 P. ZANKER, Arte romana, Edizioni Laterza, 2008, p.153.

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L’Opinione di…

Italo Abate1, Studioso di Ambiente e Territorio, Presidente di Ambiente e Cultura Mediterranea

I sarcofagi romani-Poesie sepolcrali per immagini2

Alla fine dell’età repubblicana monumenti funerari di vario tipo furono disposti in prossimità delle strade a testimonianza del desiderio di conseguire un riconoscimento sociale e di essere ricordati dopo la morte. In tutte le città romane era diffusa quest’aspirazione, anche nelle classi meno agiate; essa diede luogo a monumenti che per dimensioni, forma, decorazioni figurative e posizionamento, attiravano l’attenzione dei passanti che transitavano lungo le strade prima dell’ingresso in

Roma. È noto il mausoleo di Cecilia Metella3 lungo l’Appia o la piramide di Caio Cestio4 lungo la via Ostiense. Ognuno sentiva la necessità di farsi raffigurare su un monumento lungo le strade perché tale fatto esprimeva visivamente il bisogno di auto-rappresentazione, ma non tutti potevano permettersi sepolcri così imponenti; il cittadino meno abbiente, non potendo costruirsi un tempietto, doveva accontentarsi di una lapide funeraria in seconda fila. Ma dai primi anni del principato di Augusto ebbe inizio un lento e progressivo allontanamento delle sepolture lungo le strade sviluppandosi una forma di sepoltura in un ambito più ristretto, rivolta ad un piccolo settore della società. Era un processo di disgregazione della società urbana che si riarticolava in spazi più limitati ed ogni cittadino avvertiva il desiderio di essere ricordato, anche con la semplice iscrizione del suo nome5. Si sviluppa una sepoltura con nuovi monumenti funerari con i quali ci si rivolgeva non a tutti, ma soprattutto a quelli con i quali si era vissuti e da cui si voleva essere ricordati. Questo fenomeno coinvolge diversi strati sociali e determina il consolidamento del senso di appartenenza a una classe sociale con lo

1 [email protected] 2 I. ABATE,I marmi colorati del Mediterraneo Antico, Grafiche Iuorio,Benevento,2014.

3 Il mausoleo doveva rappresentare l’importanza della famiglia piuttosto che la

memoria della dedicataria; fu realizzato nel 30 a.C., circa, ed era costituito da un edificio circolare che si ergeva su una base quadrangolare terminante con una piccola cupola su ispirazione dei modelli ellenistici o dei tholos etruschi. 4 Fu costruita tra il 18/12 a.C. su chiara ispirazione delle più note piramidi di Giza,

subito dopo la conquista dell’Egitto del 30 a.C. È rivestita con lastre di marmor lunensis. Nel III secolo fu incorporata nelle Mura Aureliane. 5 P. ZANKER, Arte romana, Edizioni Laterza, 2008, p.153.

sviluppo di un culto del sentimento che si esprime nelle scene di allegoria che sono rappresentate sulle pareti dei sarcofagi. La classe aristocratica, i legionari, i liberti6 (classe sociale con grandi ambizioni), ed artigiani e commercianti arricchitesi, furono quelli che più degli altri utilizzarono i sarcofagi7 con la rappresentazione del proprio ritratto e dei propri familiari. Le immagini su di essi scolpite rappresentavano gli uomini con la toga, mentre le donne vestivano nello stile delle signore della buona società con una veste e un mantello, o pettinature a trecce e capo coperto da un velo. Nelle rappresentazioni scultoree si cercava di comunicare una posizione dominante che il defunto aveva avuto nella società; alcuni degli onori pubblici non erano accessibili a tutti, ed il ritratto con la toga o la tenuta militare e la posizione che si occupava al centro della scena volevano veicolare proprio l’importanza del defunto. Ma sui sarcofagi erano rappresentate anche scene mitologiche, allegoriche, rappresentative del sentimento dell’amore, come quella di Admeto e Alcesti8, Venere e Adone, in rapporto al distacco ed alla morte. Le rappresentazioni della gioia del vivere e del piacere erano raffigurate con scene bucoliche o dionisiache9: satiri e menadi che danzano e ridono a figurare che la vita è bella e merita di essere vissuta, facendo di ogni giorno una piccola festa. Il linguaggio allegorico dei sarcofagi si esprimeva anche con scene che narravano le gesta degli eroi e degli dĕi cui si ricollegava il ritratto del defunto. Con questa cultura funeraria si cercò di conservare una forma di sopravvivenza nella memoria dei vivi, una specie di “poesia sepolcrale per immagini”. Ma sui sarcofagi del periodo imperiale venivano anche rappresentate scene di battaglia10(Fig.1) contro i barbari11 con tipi iconografici fissi delle virtù delle élites, come la pietas, virtūs, submissio e clementia.

6 Nelle rappresentazioni i liberti sono sempre rappresentati insieme alla consorte, ai

figli e ai parenti più stretti. La posizione centrale spettava al pater familias. 7 Gli esemplari esistenti costituiscono un gruppo molto numeroso: 12.000/15.000.

8 Il mito di Alcesti, sposa di Admeto, fu molto utilizzato nei sarcofagi destinati a

fanciulle morte prematuramente. Le scene mostrano Admeto con i genitori, la discesa di Alcesti nell’Ade e il suo ritorno sulla terra con l’aiuto di Eracle. Roma, Musei Vaticani sarcofago di Giunius Paleuhodus (161-170 d.C.). 9 Il tema del mito dionisiaco appare in diverse connotazioni: la scoperta di Arianna,

corteo di baccanti, lotta di Pan con il caprone, banchetto dionisiaco e le stagioni collegate al concetto di Dioniso quale dio garante dell’abbondanza e della sopravvivenza (II e III secolo d.C.). 10

Il quadro raffigurativo è sui tre lati del sarcofago con unico svolgimento dell’azione principale sul fronte della cassa con i generi dei trofei, prigionieri, Vittorie alate. Il motivo può essere continuo ove è inserita in posizione centrale una figura che si stacca dalle altre. Sono poi presenti i barbari e il combattimento a mischia.

Fig.1. Sarcofago Grande Ludovisi

È raffigurata una grandiosa scena di battaglia tra Romani e Goti.

In marmo del III secolo. Roma, Palazzo Altemps.

I sarcofagi sono quasi tutti in marmo; essi erano lavorati nelle officinae (Atene, Docimium) del distretto estrattivo e in forma sbozzata erano spediti al committente; gli ornamenti figurativi, tranne il volto dei soggetti da riprodurre, erano completati in ogni loro parte. Essi sono diversi in ragione della loro provenienza (a parte Roma) dalle diverse regioni dell’Impero: occidentali (Italia, Gallia, Germania, Britannia, Spagna), balcaniche (Grecia, Epiro, Macedonia, Dalmazia, Tracia,

Dacia, Mesia, Pannonia), Asia Minore, e altri territori come Siria, Palestina, Cipro, Egitto, Arabia, Cirenaica. In considerazione dell’ampia diffusione delle sepolture con sarcofagi, a prescindere dai rilievi per la storia dell’arte, emerge una notevole importanza degli stessi per l’economia dell’Impero, il commercio, le strutture sociali, e per le tradizioni religiose12. Le forme dei sarcofagi sono rettangolari o a vasca; in quelli rettangolari la parete lunga costituisce la facciata principale su cui sono scolpite le scene con una lavorazione minuziosa, mentre i lati brevi sono lasciati piatti. I coperchi erano realizzati piatti o, in casi singolari, a klìne, ovvero una copertura con figure intere distese su un materasso funebre su cui riposava il defunto.

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La rappresentazione dei barbari sottomessi è un tema ricorrente già dalla seconda metà del II secolo d.C. visto il rinnovarsi della minaccia barbarica. Questa iconografia è presente in tutte le forme di scultura romana del periodo. 12

P. SCHOLLMEYER, La scultura romana, Apeiron Editori, 2007, p. 107.

I sarcofagi a ghirlande13 furono quelli più diffusi soprattutto nel II e III secolo d.C.; sono decorati con putti e amorini che portano ghirlande, vittorie, satiri, fiaccole e delfini; nello spazio sottostante le ghirlande sono presenti volatili, lepri, pantere; i grifoni erano utilizzati per decorare le facce laterali. I sarcofagi strigilati14 si presentano in origine nella forma a vasca, anziché nella più comune forma parallelepipeda, ornati con strigilature a forma di "s" e di teste di leone. Il modello deriva dalle vasche per la fermentazione del vino, in cui le teste di leone erano utilizzate per spillarlo. Spesso sono presenti temi dionisiaci nella decorazione.

I sarcofagi con scene figurative riguardano la guerra, la caccia15, le nozze, i mestieri, i condottieri, magistrati, scene nuziali, sacrifici, scene bucoliche. I sarcofagi con temi mitici sono numerosi; i miti rappresentati sono di solito greci, raramente romani. I temi preferiti sono quelli di Achille, Enea, Venere, Apollo, Ercole, Prometeo, Romolo e Remo, il ratto delle sabine e scene degli inferi. I sarcofagi con temi dionisiaci rappresentano spesso il dio con Arianna con il seguito di satiri, menadi, amorini e Pan. Nei sarcofagi con muse16 (220-250 d.C.) vi sono scene di coppie di coniugi cui si rivolgono alcune muse; i temi svolti rappresentano defunti in veste di filosofi, saggi e poeti che reggono tra le mani un rotolo. Le rappresentazioni di filosofi trovano ampio sviluppo con Marco Aurelio, soprattutto dialoganti con le Muse, con la massima espansione nel III secolo d.C. Il filosofo, nella rappresentazione iconografica di tradizione ellenistica, appare con barba e capelli incisi, gli occhi rivolti al cielo. Alle Muse sono associati i vari attributi: Euterpe reca la tibia, rappresentazione della danza ritmica e del coro tragico, poesia cerimoniale; Tersicore, musa della poesia conviviale, è caratterizzata dalla lira; Erato, personificazione della poesia cerimoniale, porta con sé la cetra. La teoria delle Muse è anche associata alla figura di Apollo, posto in posizione centrale.

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Circa trecento esemplari noti. 14

Sono ca. ottocento. 15

Molto diffusa era la rappresentazione della caccia al cinghiale Calidonio in cui la figura di Meleagro, impegnato nella lotta contro il cinghiale, costituisce il fulcro della scena. L’eroe è accompagnato da figure giovanili in figurazioni eroiche. La caccia alludeva a una prova di virilità, forza e coraggio. Sono noti ca. trecento esemplari con scene di caccia. 16

Sono noti ca. trecento.

Fig. 2. Sarcofago paleocristiano con filosofo e orante

Roma, Santa Maria Antiqua.

Anche i sarcofagi con creature marine17 (centauri, nereidi, amorini) costituiscono un numero rilevante. Sui sarcofagi erano rappresentate anche le stagioni18: la Primavera che regge una ghirlanda fiorita o un cesto di fiori; l’Estate rappresentata da una falce e una spiga; l’Autunno con grappoli di uva e qualche lepre uccisa; l’Inverno dal gambo di una canna ed anatre uccise. I primi sarcofagi con le stagioni sono databili al periodo adrianeo. Dal III secolo l’importanza per i monumenti sepolcrali intesi come rappresentazione di sé è ormai completamente persa a favore della concezione di se stessi con l’utilizzo dei sarcofagi che erano disposti nelle camere sepolcrali. È evidente che ciò che interessava era una comunicazione entro la cerchia dei familiari e non più con il mondo esterno; questa forma d’intima comunicazione fece diminuire le scene mitologiche ampiamente utilizzate nel passato: non sono più rappresentate le immagini di cortei dionisiaci che alludono alla gioia del vivere.

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Su questi sarcofagi il tema del corteo marino è con le Nereidi, Tritoni o figurazioni di animali marini come i delfini, ma anche animali fantastici come pantere e caproni marini. Compare anche (dal II secolo d.C.) il ritratto del defunto sull’asse centrale della composizione, in una conchiglia, sorretto da Tritoni e Centauri marini. 18

Il tema è molto diffuso tra il II e III secolo d.C. e riconduce al significato simbolico dell’aldilà, dell’apoteosi del defunto, della sua vittoria sulla morte con le rappresentazioni delle Horai stagionali, dei prodotti della terra, con gruppi di Eroti

vendemmianti o mietitori o offerenti cesti d’uva alle Stagioni.

Fig. 3. Sarcofago di Giunio Basso del 359 d.C. circa. Roma, Museo del Tesoro di San Pietro, Città del Vaticano.

Sono invece raffigurate scene di pastori19 (Fig.2) con i loro greggi che simboleggiano l’idea di una vita appartata, immersa nella natura, da vivere con semplicità nell’uniforme trascorrere delle ore. I temi pastorali erano diventati la metafora della felicità unitamente alle immagini di cittadini in veste di lettori o donne che sono raffigurate come le Muse (o nella posa dell’orans); una scenografia connessa con la cultura e la religione. Ed è proprio il cristianesimo, prima tollerato, e poi privilegiato con l’Editto di Costantino del 313 d.C., che sostituisce alle scene mitologiche dei sarcofagi quelle dell’Antico e Nuovo Testamento20 (Figg.3, 4); immagini con cui si dichiarava la propria fede

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La figura del pastore allude alla felicità della vita solitaria, dedicata alla lettura, mentre le figure del filosofo e dell'orante, già presenti nel repertorio figurativo ellenistico-romano, personificanti la philantropia e la pietas, si associano in questo sarcofago a scene del Vecchio Testamento: a sinistra il profeta Giona che, salvo dalla balena, in un paesaggio di pace bucolica, dorme sotto un pergolato; a destra è rappresentata la figura del buon pastore ed una scena del battesimo nel Giordano; al centro l'orante con le braccia alzate in segno di preghiera, viene quindi a simboleggiare l'anima della defunta, mentre il filosofo è il simbolo dell'insegnamento cristiano, ovvero del Cristo docente. 20

Il fronte della cassa ha un ricco corredo scultoreo ad altorilievo, con dieci scene organizzate in nicchie poste su due ordini scanditi da colonnine. Le scene nelle nicchie raffigurano episodi del Vecchio e Nuovo Testamento e sono composte con due o tre personaggi ciascuna. Nel registro superiore le scene sono (da sinistra): Sacrificio di Abramo, Cattura di Pietro, Cristo in trono tra i due principi degli apostoli (ai suoi piedi vi

è una personificazione del cielo, forse Atlante e quindi la vittoria del Cristo sopra il paganesimo), Cattura di Cristo o Consegna a Pilato, Pilato meditabondo.

Fig. 4. Sarcofago a fregio continuo con scene bibliche

Da sinistra: Pietro battezza i carcerieri, Arresto di Pietro, Miracolo di Cana, Orante femminile, Guarigione del cieco, Moltiplicazione dei pani e dei pesci,

Risurrezione di Lazzaro. Roma, Musei Vaticani.

e s’invocava la salvezza di fronte alla morte. Erano preferiti i temi “neutri” religiosi rispetto alle allegoriche scene di felicità e di amore tratte dalla mitologia (Figg.5, 6). Si trattava cioè di un mutamento di mentalità di vari strati di popolazione nei propri atteggiamenti nei confronti della vita e della morte; quest’atteggiamento non coinvolge però tutti gli ambiti figurativi, ma persiste negli ambiti privati ove si preferisce ancora circondarsi di scene mitologiche con raffigurazioni nei mosaici di coppie mitiche, eroi omerici e satiri danzanti. Queste figurazioni, pur potendosi trovare in ogni abitazione, diventano sempre più elementi di una cultura conservatrice e di élites21.

Nel registro inferiore le scene sono (da sinistra): Giobbe sul letamaio, Adamo ed Eva presso l'albero del Peccato, Entrata di Cristo in Gerusalemme, Daniele tra i leoni (il personaggio principale è di restauro),San Paolo condotto al supplizio. 21

P. ZANCHER, op.cit. Arte romana, pp.197-198.

Fig. 6. Grande sarcofago a vasca

Decorazione con ovuli nel bordo superiore e scene dionisiache in continuum, di età severiana. Roma, Musei Vaticani.

Fig. 5. Sarcofago rettangolare, decorato con scene di amazzonomachia Roma, Musei Vaticani.

Come già in parte chiarito in narrativa, è importante il significato dei rilievi mitologici per il mondo romano, e, nel contempo, ci si interroga sul perché i sarcofagi erano decorati con scene erotiche e rigogliose di vita. È verosimile che non si trattasse meramente di uno stile di “alta retorica funeraria” quanto, piuttosto, di mettersi in rapporto con le storie antichissime di dĕi ed eroi come già avvenuto in passato ai tempi di Omero. Si potrebbe affermare che i romani “vivessero ancora con i miti”; pur tuttavia, vi erano notevoli differenze tra l’erudizione della massa e le più ampie e raffinate conoscenze delle persone colte e istruite. La familiarità con i miti svolgeva anche un ruolo di distinzione sociale; ed, infatti, a partire dalla tarda repubblica i miti erano inseparabili dalla poesia, dalla letteratura, dalla filosofia, dal teatro e dall’arte che la nobilitas romana era avida di assimilare come “cultura” greca; e, ciò, costituiva distinzione sociale. I miti erano come un universo di frammenti, personaggi, storie, racconti del mondo che rinascono con ogni uomo22; essi erano tramandati oralmente, di generazione in generazione, perduti ogni volta con la voce di chi li narrava e rinati ogni volta con altre voci che li ripetevano. Oggi ce ne rimangono tracce scritte, allusioni, immagini scolpite nel marmo, dipinti parietali, e, un infinito numero di varianti. Il mito sapeva dare risposte ai quesiti esistenziali23 e rappresentava, pertanto, molto di più della decorazione di un sarcofago.24 I rilievi mitologici scolpiti sui sarcofagi in porfido rosso, in marmo di Assos, tasio, Luni trasmettevano un messaggio iconico sui vivi e sulla vita piuttosto che sulla morte. Le immagini scolpite si riferiscono sostanzialmente a tre scene commemorative nell’ambito della retorica funeraria. Vi sono le immagini del “lamento funebre”, ove sono presenti figurazioni consolatorie riferite alla sorte degli eroi ed eroine che viene paragonata a quella del defunto; poi, quelle delle “visioni di felicità” con innamoramenti e raffigurazioni dionisiache con cui si celebrano le gioie della vita e si esortano i vivi a goderle, e, sono di buon augurio per i morti; indi, il terzo spazio figurativo è dedicato all’elogio delle virtù e meriti dei defunti (Fig.7).

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JEAN-PIERRE VERNANT, L’universo, gli dĕi, gli uomini, Einaudi, Torino, 2000. 23

JEAN-PIERRE VERNANT, L’individuo, la morte, l’amore, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000. 24

Vedi P.ZANCHER e BJÖRN CHRISTIAN EWALD, Vivere con i miti - Iconografia dei sarcofagi romani, Bollati Boringhieri, 2010.

Fig. 7. Sarcofago di generale romano, Mantova, Palazzo Ducale

Il personaggio è rappresentato in alcuni diversi episodi della sua vita: figura giovanile senza barba, nella parte centrale del sacrificio; in veste di generale romano (uomo con abbigliamento militare e con la barba nella parte sinistra che concede la pietas ai vinti); a destra, invece, è raffigurato nel momento del matrimonio: i due sposi sono uniti dal gesto dell’unione delle destre (dextrarum iunctio), che formalizzava l’unione. L’uomo indossa la toga e regge nella mano sinistra i documenti contenenti il contratto matrimoniale (tabulae nuptiales); la donna indossa una tunica sulla quale ha drappeggiato il mantello (palla) che le

vela anche il capo, che tiene pudicamente chinato. Lei è assistita e incoraggiata da una donna in funzione di pronuba. Alle spalle della coppia, una figura femminile con il capo cinto da un diadema pone le mani sulle spalle dei due coniugi con gesto protettivo: si tratta di Giunone Pronuba, la dea tutelare delle nozze, o, secondo altri, di Concordia, la divinità che impersona l’armonia coniugale. Ai piedi degli sposi Imeneo, il genio tutelare dell’amore coniugale, è raffigurato come un bambino che regge una torcia.

Apologia che riguarda non tanto il defunto con le sue qualità ed i suoi destini quanto i valori dominanti nella società; in tal modo il rilievo sepolcrale diviene un’occasione per riflettere sui principi della vita; il sarcofago diventa, pertanto, un’opera che, con le immagini ed il racconto mitologico, segna il confine tra la vita e la morte, su cui, quelli che sono rimasti in vita riaffermano i propri valori di riferimento; i miti sono, così, il sostegno per continuare a vivere, sono un “linguaggio” culturalmente ambizioso che tutti conoscevano e con il quale si comunicava all’intera società.

Ed il marmo dei sarcofagi, utilizzato per la narrazione del mito, custodirà nei secoli successivi il racconto della storia dell’uomo, degli dĕi, degli eroi, della vita e della morte.

Ambiente e Cultura Mediterranea, aprile 2015