LoMonte_01_ColpaMed

47
REATO COLPOSO - Colpa professionale Codice penale art. 40 -Codice penale art. 43 In materia di responsabilità per colpa medica omissiva, nella ricerca del nesso di causalità fra la condotta e l'evento, al criterio della certezza degli effetti è possibile sostituire quello della probabilità - anche limitata (nel caso di specie, il 30%) - e della idoneità a produrli. L'opera del sanitario è, quindi, causa del decesso allorché, se fosse stata tempestiva e correttamente svolta, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata con una certa probabilità salvata. Cassazione penale, sez. IV, 12 luglio 1991, Leone e altro, Giur. it. 1992, II,414 (nota). REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di) obbligo giuridico di impedire l'evento Codice penale art. 40 -Codice penale art. 41 -Codice penale art. 589 In materia di responsabilità del sanitario per morte del paziente, sussiste nesso causale tra evento ed omissione del medico, se si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato, in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva; e ciò in forza di un giudizio controfattuale eseguito in applicazione di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, integrata dalla verifica in concreto della validità del grado di probabilità espresso in astratto dalla legge statistica, condotta sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o di probabilità logica. Tribunale Palermo, 5 novembre 2002, Giur. merito 2004, 762 (s.m.) REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di) obbligo giuridico di impedire l'evento Codice penale art. 40 -Codice penale art. 41 -Codice penale art. 589 In tema di responsabilità per colpa medica, sussiste rapporto di causalità tra la condotta e l'evento allorquando la condotta colposa contestata costituisca di per sè, in termini di "alto grado di credibilità razionale", "condicio sine qua non" del verificarsi dell'evento che, con l'adozione di tecniche consigliate dalla letteratura medica, non si sarebbe verificato. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del medico anestesista che, nella fase preparatoria di un intervento chirurgico, aveva omesso di intervenire

description

responsabilità professionale

Transcript of LoMonte_01_ColpaMed

  • REATO COLPOSO - Colpa professionale

    Codice penale art. 40 -Codice penale art. 43

    In materia di responsabilit per colpa medica omissiva, nella ricerca del nesso di causalit fra la condotta e l'evento, al criterio della certezza degli effetti possibile sostituire quello della probabilit - anche limitata (nel caso di specie, il 30%) - e della idoneit a produrli. L'opera del sanitario , quindi, causa del decesso allorch, se fosse stata tempestiva e correttamente svolta, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilit di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata con una certa probabilit salvata. Cassazione penale, sez. IV, 12 luglio 1991, Leone e altro, Giur. it. 1992, II,414 (nota).

    REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di) obbligo giuridico di impedire l'evento

    Codice penale art. 40 -Codice penale art. 41 -Codice penale art. 589

    In materia di responsabilit del sanitario per morte del paziente, sussiste nesso causale tra evento ed omissione del medico, se si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato, in epoca significativamente posteriore o con minore intensit lesiva; e ci in forza di un giudizio controfattuale eseguito in applicazione di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, integrata dalla verifica in concreto della validit del grado di probabilit espresso in astratto dalla legge statistica, condotta sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, cos che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altres escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilit razionale o di probabilit logica. Tribunale Palermo, 5 novembre 2002, Giur. merito 2004, 762 (s.m.)

    REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di) obbligo giuridico di impedire l'evento Codice penale art. 40 -Codice penale art. 41 -Codice penale art. 589

    In tema di responsabilit per colpa medica, sussiste rapporto di causalit tra la condotta e l'evento allorquando la condotta colposa contestata costituisca di per s, in termini di "alto grado di credibilit razionale", "condicio sine qua non" del verificarsi dell'evento che, con l'adozione di tecniche consigliate dalla letteratura medica, non si sarebbe verificato. (Fattispecie nella quale stata ritenuta la responsabilit per omicidio colposo del medico anestesista che, nella fase preparatoria di un intervento chirurgico, aveva omesso di intervenire

  • tempestivamente procedendo ad intubazione del paziente). Cassazione penale, sez. IV, 21 dicembre 2004, n. 10212, M., Ced Cassazione 2005, RV231230

    PROFESSIONISTI - Medici - REATO IN GENERE Causalita' (rapporto di)

    Codice penale art. 40 - Codice penale art. 41

    Per stabilire se sussista un valido nesso causale tra la condotta del medico e la morte del paziente, occorre stabilire - mediante un'astrazione concettuale - se un diverso comportamento del medico avrebbe, con elevata credibilit razionale, potuto impedire l'evento letale; tale elevata credibilit razionale deve essere tuttavia accertata in base a deduzioni logiche fondate sulle prove raccolte, e non in base a criteri probabilistici. Cassazione penale, sez. IV, 28 maggio 2003, n. 35603, Palladino, D&G - Dir. e Giust. 2003, f. 35, 11 nota (IADECOLA)

    REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di)

    Il nesso causale pu essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica - si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento "hic et nunc", questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensit lesiva. Cassazione penale, sez. un., 11 settembre 2002, Resp. civ. e prev. 2003, 1104 nota (CIPRIANI)

    REATO COLPOSO - Colpa professionale

    In tanto il giudice pu affermare il rapporto di causalit, in quanto abbia accertato che, con probabilit vicina alla certezza, cio con probabilit vicina a cento, quella condotta, azione od omissione, stata causa necessaria dell'evento cosi come verificatosi "hic et nunc". Pertanto, in materia di responsabilit medica, il giudice pu ravvisare il nesso causale solamente se l'intervento sanitario, correttamente eseguito, avrebbe impedito l'evento, come verificatosi in concreto, con una probabilit vicina alla certezza, cio con una probabilit che si avvicina a cento. Cassazione penale, sez. IV, 28 settembre 2000, n. 1688, Baltrocchi, Studium Juris 2001, 956

  • REATO COLPOSO - Colpa professionale

    Codice penale art. 40 -Codice penale art. 589

    In tema di omicidio colposo per colpa medica, la verifica in ordine alla sussistenza del nesso di causalit fra l'accertata censurabilit della condotta ascritta al sanitario e l'evento morte va condotta secondo il canone generale della "conditio sine qua non" e deve mettere capo, in caso di esito positivo, ad un giudizio formulato in termini di certezza, secondo il soggettivo convincimento del giudice, sia pure basato su valutazioni di natura probabilistica (nel senso dell'esclusione di ogni ragionevole probabilit che quella condotta possa essere riguardata come indifferente rispetto al prodursi o all'accelerarsi dell'evento morte), dovendosi per converso escludere che sia sufficiente il puro e semplice riferimento ad un'astratta probabilit di successo della condotta assunta come doverosa, in alternativa a quella posta in essere dall'imputato, giacch in tal modo si finirebbe per far riposare l'affermazione di responsabilit, sotto il profilo del nesso causale, su un dato meramente statistico, inammissibilmente sostituito a quello della certezza giuridica. Cassazione penale, sez. IV, 1 ottobre 1998, n. 1957, Stanzione, Riv. pen. 1999, 270

    REATO COLPOSO - Colpa professionale - REATO IN GENERE

    Causalita' (rapporto di) Codice penale art. 40-Codice penale art. 41

    In tema di responsabilit medica, il rapporto di causalit deve essere accertato avvalendosi di una legge di copertura, scientifica o statistica, che consenta di ritenere che la condotta omissiva, con una probabilit vicina alla certezza, sia stata causa di un determinato evento. (Fattispecie nella quale si accertato che un tempestivo ricovero in ospedale di un paziente colpito da infarto acuto del miocardio avrebbe consentito un adeguato trattamento terapeutico che, con un alto grado di probabilit - in termini di elevati coefficienti percentualistici vicino a cento o quasi cento -, avrebbe migliorato notevolmente la prognosi del paziente ed evitato l'evento letale verificatosi solo dopo pochi giorni).Cassazione penale, sez. IV, 28 novembre 2000, n. 14006, Di Cintio, Ced Cassazione 2001, RV218727

    REATO COLPOSO - Colpa professionale - REATO IN GENERE - Reato omissivo -

    Codice penale art. 589 - Codice penale art. 40

    In tema di responsabilit per colpa medica, quando questa sia costituita dalla mancata attuazione di interventi diagnostici o terapeutici e si verta, quindi, in ambito di causalit omissiva, la ritenuta sussistenza del nesso causale tra condotta colposa ed evento non pu che fondarsi su di un criterio probabilistico, non essendo mai possibile, in questi casi, esprimere un giudizio

  • di certezza sull'esito positivo che i suddetti interventi avrebbero potuto avere. Ci significa che l'affermazione di responsabilit, per un verso, non pu basarsi su un mero giudizio di possibilit; per altro verso pu invece fondarsi sulla riconosciuta esistenza di quelle che, tradizionalmente, vengono definite come serie ed apprezzabili probabilit che la condotta omessa avrebbe evitato il prodursi dell'evento. Cassazione penale, sez. IV, 5 ottobre 2000, n. 13212, Brignoli e altro, Riv. pen. 2001, 452

    REATO IN GENERE - Causalita' (rapporto di) obbligo giuridico di impedire l'evento

    In tema di causalit cd. " omissiva " il rapporto eziologico tra condotta omissiva ed evento - di per s non suscettibile di essere basato sulla sola esistenza di una "posizione di garanzia" della quale l'imputato sia titolare - deve sempre avere carattere di certezza, potendo essere impostato in termini probabilistici il solo ragionamento ipotetico (cio quello che ipotizza la condotta in relazione al probabile non verificarsi di un determinato evento), mentre, una volta che si parta dall'evento realmente accaduto, queste deve necessariamente riconnettersi causalmente all'omissione (non pi ipotetica, tanto che dedotta in imputazione) con giudizio di certezza. Il giudice deve cio, nell'analizzare la causa dell'evento, individuarla con certezza nell'omissione, sia pure procedendo ad una valutazione probabilistica circa l'esito che l'omessa condotta assunta come doverosa avrebbe potuto avere (principio affermato, nella specie, con riguardo a responsabilit per colpa medica).Cassazione penale, sez. IV, 7 luglio 2000, Galelli, Riv. it. medicina legale 2002, 1270 (s.m.)

    REATO COLPOSO - Colpa professionale

    Codice penale art. 40 -Codice penale art. 43

    Qualora la colpa medica venga fatta consistere nell'omissione di determinati interventi diagnostici o terapeutici, improprio, ai fini dell'affermazione della penale responsabilit dell'imputato, il richiamo al disposto di cui all'art. 40 comma 2 c.p., secondo cui "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo", atteso che sul medico grava un'obbligazione soltanto di mezzi e non di risultato, per cui non pu dirsi che egli abbia l'"obbligo giuridico" di impedire l'evento morte e, d'altra parte, la citata disposizione normativa non appare dettata per i reati colposi, nei quali l'evento , per definizione, non voluto, quale che sia la natura (omissiva o commissiva) della condotta colposa, qualificabile come tale esclusivamente sulla base dei parametri fissati dall'art. 43 comma 1 terza parte c.p., Cassazione penale, sez. IV, 1 ottobre 1998, n. 1957. Stanzione., Riv. pen. 1999, 270

  • cd. sentenza Franzese

    Suprema Corte di Cassazione

    Sezioni Unite Penali

    Sentenza 10 luglio 2002 - 11 settembre 2002 n. 30328

    (Presidente N. Marvulli - Relatore G. Canzio)

    Ritenuto in fatto

    1.- Il Pretore di Napoli con sentenza del 28.4.1999 dichiarava il dott. S. F. colpevole del reato di omicidio colposo (per avere, in qualit di responsabile della XVI divisione di chirurgia dell'ospedale (omissis) - dove era stato ricoverato dal 9 al 17 aprile 1993 P. C., dopo avere subito il 5 aprile un intervento chirurgico d'urgenza per perforazione ileale -, determinato l'insorgere di una sepsi addominale da 'clostridium septicum' che cagionava il 22 aprile la morte del paziente) e, con le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione, oltre il risarcimento del danno a favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio, alla quale assegnava a titolo di provvisionale la somma di lire 70.000.000. Il giudice di primo grado, all'esito di un'attenta ricostruzione della storia clinica del C., riteneva fondata l'ipotesi accusatoria, secondo cui l'imputato non aveva compiuto durante il periodo di ricovero del paziente una corretta diagnosi n praticato appropriate cure, omettendo per negligenza e imperizia di valutare i risultati degli esami ematologici, che avevano evidenziato una marcata neutropenia ed un grave stato di immunodeficienza, e di curare l'allarmante granulocitopenia con terapie mirate alla copertura degli anaerobi a livello intestinale, autorizzando anzi l'ingiustificata dimissione del paziente giudicato 'in via di guarigione chirurgica'. Diagnosi e cura che, se doverosamente realizzate, sarebbero invece state, secondo i consulenti medico-legali e gli autorevoli pareri della letteratura scientifica in materia, idonee ad evitare la progressiva evoluzione della patologia infettiva letale 'con alto grado di probabilit logica o credibilit razionale'. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 14.6.2000 confermava quella di primo grado, ribadendo che il dott. F., in base ai dati scientifici acquisiti, si era reso responsabile di omissioni che "... sicuramente contribuirono a portare a morte il C. ...", sottolineando che "... se si fosse indagato sulle cause della neutropenia e provveduto a prescrivere adeguata terapia per far risalire i valori dei neutrofili, le probabilit di sopravvivenza del C. sarebbero certamente aumentate ..." ed aggiungendo che era comunque addebitabile allo stesso la decisione di dimettere un paziente che "... per le sue condizioni versava invece in quel momento in una situazione di notevole pericolo ...". 2.- Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori dell'imputato deducendo: - violazione di legge, in relazione agli artt. 135, 137, 138 e 142 c.p.p., per asserita nullit di alcuni verbali stenotipici di udienza privi di sottoscrizione del pubblico ufficiale che li aveva redatti; - violazione di legge, in relazione agli arti 192, 546, 530 c.p.p. e 40, 41, 589 c.p., e manifesta illogicit della motivazione quanto all'affermazione di responsabilit, poich non erano state dimostrate la direzione del reparto ospedaliero e la posizione di garante in capo all'imputato, n, in particolare, l'effettiva causalit delle addebitate omissioni di diagnosi e cura e della disposta dimissione del paziente rispetto alla morte di quest'ultimo, in difetto di reali complicanze del

  • decorso post-operatorio e in assenza di dati precisi sulla patologia di base della perforazione dell'ileo e sull'insorgere della sindrome infettiva da clostridium septicum , rilevandosi altres che, per il mancato esperimento dell'esame autoptico, non era certo n altamente probabile, alla stregua di criteri scientifici o statistici, che gli ipotetici interventi medici, asseritamente omessi, sarebbero stati idonei ad impedire lo sviluppo dell'infezione letale e ad assicurare la sopravvivenza del C., - violazione degli artt. 546 e 603 c.p.p. e mancanza di motivazione in ordine alla richiesta difensiva di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante perizia medico-legale sul nesso di causalit; - violazione degli artt. 546 c.p.p. e 133 c.p. per omesso esame del motivo di appello relativo alla richiesta riduzione della pena. Con successiva memoria difensiva il ricorrente ha dedotto altres la sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione. 3.- La Quarta Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza del 7.2.-16.4.2002, premesso che, nonostante l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione, permaneva l'attualit della decisione sul ricorso, agli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza di condanna concernenti gli interessi civili, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite sul rilievo dell'esistenza di un ormai radicale contrasto interpretativo, formatosi all'interno della stessa Sezione, in ordine alla ricostruzione del nesso causale tra condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilit professionale del medico-chirurgo. Al pi recente orientamento, secondo il quale richiesta la prova che un diverso comportamento dell'agente avrebbe impedito l'evento con un elevato grado di probabilit 'prossimo alla certezza', e cio in una percentuale di casi 'quasi prossima a cento', si contrappone l'indirizzo maggioritario, che ritiene sufficienti 'serie ed apprezzabili probabilit di successo' per l'impedimento dell'evento. Il Primo Presidente con decreto del 26.4.2002 ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite fissando per la trattazione l'odierna udienza pubblica. Considerato in diritto 1.- Il problema centrale del processo, sollevato sia dal ricorrente che dalla Sezione remittente, ha per oggetto l'esistenza del rapporto causale fra la condotta (prevalentemente omissiva) addebitata all'imputato e l'evento morte del paziente e, di conseguenza, la correttezza logico-giuridica della soluzione ad esso data dai giudici di merito. E' stata sottoposta all'esame delle Sezioni Unite la controversa questione se "in tema di reato colposo omissivo improprio, la sussistenza del nesso di causalit fra condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilit professionale del medicochirurgo, debba essere ricondotta all'accertamento che con il comportamento dovuto ed omesso l'evento sarebbe stato impedito con elevato grado di probabilit 'vicino alla certezza', e cio in una percentuale di casi 'quasi prossima a cento', ovvero siano sufficienti, a tal fine, soltanto 'serie ed apprezzabili probabilit di successo' della condotta che avrebbe potuto impedire l'evento". Sul tema si sono delineati due indirizzi interpretativi all'interno della Quarta Sezione della Corte di Cassazione: al primo orientamento, tradizionale e maggioritario (ex plurimis, Sez. IV, 7.1.1983, Melis, rv. 158947; 2.4.1987, Ziliotto, rv. 176402; 7.3.1989, Prinzivalli, rv. 181334; 23.1.1990, Pasolini, rv. 184561; 13.6.1990, D'Erme, rv. 185106; 18.10.1990, Oria, rv. 185858; 12.7.1991, Silvestri, rv. 188921; 23.3.1993, De Donato, rv. 195169; 30.4.1993, De Giovanni, rv. 195482; 11.11.1994, Presta, rv. 201554), che ritiene sufficienti 'serie ed apprezzabili probabilit di successo'

  • per l'azione impeditiva dell'evento, anche se limitate e con ridotti coefficienti di probabilit, talora indicati in misura addirittura inferiore al 50%, si contrappone l'altro, pi recente, per il quale richiesta la prova che il comportamento alternativo dell'agente avrebbe impedito l'evento lesivo con un elevato grado di probabilit 'prossimo alla certezza', e cio in una percentuale di casi 'quasi prossima a cento' (Sez. IV, 28.9.2000, Baltrocchi, rv. 218777; 29.9.2000, Musto; 25.9.2001, Covili, rv. 220953; 25.9.2001, Sgarbi, rv. 220982; 28.11.2000, Di Cintio, rv. 218727). Ritiene il Collegio che, per pervenire ad una soluzione equilibrata del quesito, sia necessario procedere, in via prioritaria, ad una ricognizione dello statuto della causalit penalmente rilevante, con particolare riguardo alla categoria dei reati omissivi impropri ed allo specifico settore dell'attivit medico-chirurgica. 2.- Nell'ambito della scienza giuridica penalistica pu dirsi assolutamente dominante l'interpretazione che, nella lettura degli artt. 40 e 41 del codice penale sul rapporto di causalit e sul concorso di cause, fa leva sulla 'teoria condizionalistica' o della 'equivalenza delle cause' (temperata, ma in realt ribadita mediante il riferimento, speculare e in negativo, alla 'causalit umana' quanto alle serie causali sopravvenute, autonome e indipendenti, da sole sufficienti a determinare l'evento: art. 41 comma 2). E' dunque causa penalmente rilevante (ma il principio stabilito dal codice penale si applica anche nel distinto settore della responsabilit civile, a differenza. di quanto avviene per il diritto anglosassone e nordamericano) la condotta umana, attiva o omissiva che si pone come condizione 'necessaria' - conditio sine qua non - nella catena degli antecedenti che hanno concorso a produrre il risultato, senza la quale l'evento da cui dipende l'esistenza del reato non si sarebbe verificato. La verifica della causalit postula il ricorso al 'giudizio controfattuale', articolato sul condizionale congiuntivo 'se ... allora ...' (nella forma di un periodo ipotetico dell'irrealt, in cui il fatto enunciato nella protasi contrario ad un fatto conosciuto come vero) e costruito secondo la tradizionale 'doppia formula', nel senso che: a) la condotta umana `' condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l'evento non si sarebbe verificato; b) la condotta umana 'non ' condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente mediante il medesimo procedimento, l'evento si sarebbe egualmente verificato. Ma, ferma restando la struttura ipotetica della spiegazione causale, secondo il paradigma condizionalistico e lo strumento logico dell'astrazione contro il fatto, sia in dottrina che nelle pi lucide e argomentate sentenze della giurisprudenza di legittimit, pronunciate in riferimento a fattispecie di notevole complessit per la pluralit e l'incertezza delle ipotesi esplicative dell'evento lesivo (Sez. IV, 24.6.1986, Ponte, rv. 174511-512; Sez. N, 6.12.1990, Bonetti, rv. 191788; Sez. IV, 31.10.1991, Rezza, rv. 191810; Sez. IV, 27.5.1993, Rech, rv. 196425; Sez. IV, 26.1.1998, P.G. in proc. Viviani, rv. 211847), si osservato che, in tanto pu affermarsi che, operata l'eliminazione mentale dell'antecedente costituito dalla condotta umana, il risultato non si sarebbe o si sarebbe comunque prodotto, in quanto si sappia, 'gi da prima', che da una determinata condotta scaturisca, o non, un determinato evento. E la spiegazione causale dell'evento verificatosi hic et nunc, nella sua unicit ed irripetibilit, pu essere dettata dall'esperienza tratta da attendibili risultati di generalizzazione del senso comune, ovvero facendo ricorso (non alla ricerca caso per caso, alimentata da opinabili certezze o da arbitrarie intuizioni individuali, bens) al modello generalizzante della sussunzione del singolo evento, opportunamente ri-descritto nelle sue modalit tipiche e ripetibili, sotto 'leggi scientifiche' esplicative dei fenomeni. Di talch, un antecedente pu essere configurato come condizione necessaria solo se esso rientri nel novero di quelli che, sulla base di una successione regolare conforme ad una generalizzata regola di esperienza o ad una legge dotata di validit scientifica -

  • 'legge di copertura' -, frutto della migliore scienza ed esperienza del momento storico, conducano ad eventi 'del tipo' di quello verificatosi in concreto. Il sapere scientifico accessibile al giudice costituito, a sua volta, sia da leggi `universali' (invero assai rare), che asseriscono nella successione di determinati eventi invariabili regolarit senza eccezioni, sia da leggi `statistiche' che si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento accompagnato dal verificarsi di un altro evento in una certa percentuale di casi e con una frequenza relativa, con la conseguenza che quest'ultime (ampiamente diffuse nei settori delle scienze naturali, quali la biologia, la medicina e la chimica) sono tanto pi dotate di 'alto grado di credibilit razionale' o 'probabilit logica', quanto pi trovano applicazione in un numero sufficientemente elevato di casi e ricevono conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali ed empiricamente controllabili. Si avverte infine che, per accertare l'esistenza della condizione necessaria secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, il giudice, dopo avere ri-descritto il singolo evento nelle modalit tipiche e ripetibili dell'accadimento lesivo, deve necessariamente ricorrere ad una serie di 'assunzioni tacite' e presupporre come presenti determinate 'condizioni iniziali', non conosciute o soltanto congetturate, sulla base delle quali, 'ceteris paribus', mantiene validit l'impiego della legge stessa. 3.- La definizione di causa penalmente rilevante ha trovato coerenti conferme anche nelle pi recenti acquisizioni giurisprudenziali (Sez. fer., 1.9.1998, Casaccio, rv. 211526; Sez. IV, 28.9.2000, Baltrocchi, cit.; 29.9.2000, Musto, cit.; 25.9.2001, Covili, cit.; 25.9.2001, Sgarbi, cit.; 20.11.2001, Turco; 28.11.2000, Di Cintio, cit.; 8.1.2002, Trunfio; 23.1.2002, Orlando), le quali, nel recepire l'enunciata struttura logica della spiegazione causale, ne hanno efficacemente valorizzato la natura di elemento costitutivo della fattispecie di reato e la funzione di criterio di imputazione dell'evento lesivo. Dello schema condizionalistico integrato dal criterio di sussunzione sotto leggi scientifiche sono state sottolineate, da un lato, la portata tipizzante, in ossequio alle garanzie costituzionali di legalit e tassativit delle fonti di responsabilit penale e di personalit della stessa (Cost., artt. 25, comma 2 e 27, comma 1), e dall'altro, nell'ambito delle fattispecie causalmente orientate, la funzione selettiva delle condotte rilevanti e per ci delimitativa dell'area dell'illecito penale. In questo senso, nonostante i limiti epistemologici dello statuto della causalit nel rapporto fra eventi svelati dalla fisica contemporanea e le critiche di avversa dottrina, la persistente fedelt della prevalente scienza giuridica penalistica al classico paradigma condizionalistico (v. lo Schema Pagliaro del 1992 di delega per un nuovo codice penale, sub art. 10, ma soprattutto l'articolata elaborazione del Progetto Grosso del 2001 di riforma della parte generale del codice penale, sub artt. 13 e 14) non solo appare coerente con l'assetto normativo dell'ordinamento positivo, ma rappresenta altres un momento irrinunciabile di garanzia per l'individuazione della responsabilit nelle fattispecie orientate verso la produzione di un evento lesivo. Il ricorso a generalizzazioni scientificamente valide consente infatti di ancorare il giudizio controfattuale, altrimenti insidiato da ampi margini di discrezionalit e di indeterminatezza, a parametri oggettivi in grado di esprimere effettive potenzialit esplicative della condizione necessaria, anche per i pi complessi sviluppi causali dei fenomeni naturali, fisici, chimici o biologici. E non privo di significato che dalla quasi generalit dei sistemi giuridici penali europei ('conditio sine qua non') e dei paesi anglosassoni ('causa but for') siano condivise le ragioni di determinatezza e legalit delle fattispecie di reato che il modello condizionalistico della spiegazione dell'evento garantisce, in considerazione della funzione ascrittiva dell'imputazione causale.

  • 4.- Nel prendere atto che nel caso in esame si verte in una fattispecie di causalit (prevalentemente) omissiva attinente all'attivit medico-chirurgica, da porre in evidenza innanzi tutto l'essenza normativa del concetto di `omissione', che postula una relazione con un modello alternativo di comportamento attivo, specifico e imposto dall'ordinamento. Il 'reato omissivo improprio' o 'commissivo mediante omissione', che realizzato da chi viola gli speciali doveri collegati alla posizione di garanzia non impedendo il verificarsi dell'evento, presenta una spiccata autonomia dogmatica, scaturendo esso dall'innesto della clausola generale di equivalenza causale stabilita dall'art. 40, comma 2, cod. pen. sulle disposizioni di parte speciale che prevedono le ipotesi-base di reato commissivo orientate verso la produzione di un evento lesivo, suscettive cos di essere convertite in corrispondenti ipotesi omissive: autonomia che, per l'effetto estensivo dell'area della punibilit, pone indubbi problemi di legalit e determinatezza della fattispecie criminosa. Ma la presenza nei reati omissivi impropri, accanto all'equivalente normativo della causalit, di un ulteriore, forte, nucleo normativo, relativo sia alla posizione di garanzia che agli specifici doveri di diligenza, la cui inosservanza fonda la colpa dell'agente, tende ad agevolare una prevaricazione di questi elementi rispetto all'ordinaria sequenza che deve muovere dalla spiegazione del nesso eziologico. Di talch, con particolare riferimento ai settori delle attivit medico-chirurgiche, delle malattie professionali, delle alterazioni ambientali e del danno da prodotto, dall'erosione del paradigma causale nell'omissione, asseritamente motivata con l'incertezza costitutiva e con i profili altamente ipotetici della condizionalit, a fronte della pluralit e inconoscibilit dei fattori interagenti, trae alimento la teoria della 'imputazione oggettiva dell'evento'. Questa caratterizzata dal riferimento alla sufficiente efficacia esplicativa del fenomeno offerta dalla mera 'possibilit' o anche da inadeguati coefficienti di probabilit salvifica del comportamento doveroso, espressa in termini di 'aumento - o mancata diminuzione - del rischio' di lesione del bene protetto o di diminuzione delle chances di salvezza del medesimo bene (vita, incolumit fisica, salute, ambiente), di cui si esalta lo spessore primario e rilevante. Pure in assenza, cio, dell'accertamento rigoroso che, qualora si fosse tenuta da parte dell'agente la condotta doverosa e diligente (ad esempio, in materia di responsabilit medica: diagnosi corretta, terapia adeguata e intervento tempestivo), il singolo evento di danno non si sarebbe verificato o si sarebbe comunque verificato, ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensit lesiva. Orbene, la pi recente e citata giurisprudenza di legittimit ha reagito a questa riduttiva lettura della causalit omissiva ed ha segnato una netta evoluzione interpretativa - che le Sezioni Unite condividono -, soprattutto nel settore dell'attivit medico-chirurgica (Sez. fer., Casaccio; Sez. IV, Baltrocchi, Musto, Di Cintio, Turco, Trunfio, Orlando), delle malattie professionali (Sez. IV, Covili) e degli infortuni sul lavoro (Sez. IV, Sgarbi), convenendo che anche per i reati omissivi impropri resta valido il descritto paradigma unitario di imputazione dell'evento. Pur dandosi atto della peculiarit concettuale dell'omissione ( tuttora controversa la natura reale o meramente normativa dell'efficienza condizionante di un fattore statico negli sviluppi della catena causale), si osserva che lo statuto logico del rapporto di causalit rimane sempre quello del 'condizionale controfattuale', la cui formula dovr rispondere al quesito se, mentalmente eliminato il mancato compimento dell'azione doverosa e sostituito alla componente statica un ipotetico processo dinamico corrispondente al comportamento doveroso, supposto come realizzato, il singolo evento lesivo, hic et nunc verificatosi, sarebbe, o non, venuto meno, mediante un enunciato esplicativo `coperto' dal sapere scientifico del tempo.

  • Considerato che anche la spiegazione della causalit attiva ricorre a controfattuali ipotetici, il citato indirizzo interpretativo ha dunque ridimensionato la tesi per la quale la verifica giudiziale della condizionalit necessaria dell'omissione pretenderebbe un grado di `certezza' meno rigoroso rispetto ai comuni canoni richiesti per la condotta propria dei reati commissivi, osservando anzi che l'affievolimento della nozione di causa penalmente rilevante finisce per l'accentuare nei reati omissivi impropri, pur positivamente costruiti in riferimento a ipotesi-base di reati di danno, il disvalore della condotta, rispetto alla quale l'evento degrada a mera condizione obiettiva di punibilit e il reato di danno a reato di pericolo. Con grave violazione dei principi di legalit, tassativit e tipicit della fattispecie criminosa e della garanzia di responsabilit personale (Cost., art. 25, comma 2 e 27, comma 1), per essere attribuito all'agente come fatto proprio un evento `forse', non `certamente', cagionato dal suo comportamento. 5.- Superato quell'orientamento che si sostanzia in pratica nella `volatilizzazione' del nesso eziologico, il contrasto giurisprudenziale segnalato dalla Sezione remittente verte, a ben vedere, sui criteri di determinazione e di apprezzamento del valore probabilistico della spiegazione causale, domandandosi, con particolare riferimento ai delitti omissivi impropri nell'esercizio dell'attivit medico-churgica, quale sia il grado di probabilit richiesto quanto all'efficacia impeditiva e salvifica del comportamento alternativo, omesso ma supposto come realizzato, rispetto al singolo evento lesivo. Non messo dunque in crisi lo statuto condizionalistico e nomologico della causalit, bens la sua concreta verificabilit processuale: ci in quanto i confini della 'elevata o alta credibilit razionale' del condizionamento necessario, postulata dal modello di sussunzione sotto leggi scientifiche, non sono affatto definiti dalla medesima legge di copertura. Dalle prassi giurisprudenziali nel settore indicato emerge che il giudice impiega largamente, spesso tacitamente, generalizzazioni del senso comune, massime d'esperienza, enunciati di leggi biologiche, chimiche o neurologiche di natura statistica ed anche la pi accreditata letteratura scientifica del momento storico. Di talch, secondo un primo indirizzo interpretativo, le accentuate difficolt probatorie, il valore meramente probabilistico della spiegazione e il paventato deficit di efficacia esplicativa del classico paradigma, quando si tratti di verificare profili omissivi e strettamente ipotetici del decorso causale, legittimerebbero un affievolimento dell'obbligo del giudice di pervenire ad un accertamento rigoroso della causalit. In considerazione del valore primario del bene giuridico protetto in materia di trattamenti terapeutici e chirurgici, dovrebbe pertanto riconoscersi appagante valenza persuasiva a 'serie ed apprezzabili probabilit di successo' (anche se `limitate' e con ridotti coefficienti, talora indicati in misura addirittura inferiore al 50%) dell'ipotetico comportamento doveroso, omesso ma supposto mentalmente come realizzato, sull'assunto che 'quando in gioco la vita umana anche poche probabilit di sopravvivenza rendono necessario l'interverto del medico'. Le Sezioni Unite non condividono questa. soluzione, pure rappresentativa del tradizionale, ormai ventennale e prevalente orientamento della Sezione Quarta (cfr. ex plurimis, almeno a partire da Sez. IV, 7.1.1983, Melis, le citate sentenze Ziliotto, Prinzivalli, Pasolini, D'Erme, Oria, Silvestri, De Donato, De Giovanni, Presta) poich, com' stato sottolineato dall'opposto, pi recente e menzionato indirizzo giurisprudenziale (Sez. fer., Casaccio; Sez. IV, Baltrocchi, Musto, Di Cintio, Covili, Sgarbi, Turco, Trunfio, Orlando), con la tralaticia formula delle 'serie ed apprezzabili probabilit di successo' dell'ipotetico intervento salvifico del medico si finisce per esprimere coefficienti di `probabilit' indeterminati, mutevoli, manipolabili dall'interprete, talora attestati su standard davvero esigui: cos sovrapponendosi aspetti deontologici e di colpa professionale per

  • violazione del principio di precauzione a scelte politico-legislative dettate in funzione degli scopi della repressione penale ed al problema, strutturalmente distinto, dell'accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa tipica. N va sottaciuto che dall'esame della giurisprudenza di settore emerge che in non pochi casi, sebbene qualificati in termini di causalit omissiva per mancato impedimento dell'evento, non si tuttavia in presenza di effettive, radicali, omissioni da parte del medico. Infatti, talora si verte in tema di condotte commissive colpose, connotate da gravi errori di diagnosi e terapia, produttive di per s dell'evento lesivo, che per ci sicuramente attribuibile al soggetto come fatto proprio; altre volte trattasi di condotte eterogenee e interagenti, in parte attive e in parte omissive per la mancata attivazione di condizioni negative o impeditive. Ipotesi queste per le quali, nella ricostruzione del fatto lesivo e nell'indagine controfattuale sull'evitabilit dell'evento, la giurisprudenza spesso confonde la componente omissiva dell'inosservanza delle regole cautelari, attinente ai profili di `colpa' del garante, rispetto all'ambito - invero prioritario della spiegazione e dell'imputazione causale. 6.- E' stato acutamente osservato in dottrina che il processo tende con le sue regole ad esercitare un potenziale dominio sulle categorie del diritto sostantivo e che la laboriosit del procedimento di ricostruzione probatoria della tipicit dell'elemento oggettivo del reato coinvolge la tenuta sostanziale dell'istituto, oggetto della prova, scardinandone le caratteristiche dogmatiche e insidiando la tipicit della fattispecie criminosa. Ma pretese difficolt di prova, ad avviso delle Sezioni Unite, non possono mai legittimare un'attenuazione del rigore nell'accertamento del nesso di condizionamento necessario e, con essa, una nozione `debole' della causalit che, collocandosi ancora sul terreno della teoria, ripudiata dal vigente sistema penale; dell' 'aumento del rischio', finirebbe per comportare un'abnorme espansione della responsabilit per omesso impedimento dell'evento, in violazione dei principi di legalit e tassativit della fattispecie e della garanzia di responsabilit per fatto proprio. Deve tuttavia riconoscersi che la definizione del concetto di causa penalmente rilevante si rivela significativamente debitrice nei confronti del momento di accertamento processuale, il quale resta decisivo per la decodificazione, nei termini effettuali, dei decorsi causali rispetto al singolo evento, soprattutto in presenza dei complessi fenomeni di 'causazione multipla' legati al moderno sviluppo delle attivit. Il processo penale, passaggio cruciale ed obbligato della conoscenza giudiziale del fatto di reato, appare invero sorretto da ragionamenti probatori di tipo prevalentemente inferenziale-induttivo che partono dal fatto storico copiosamente caratterizzato nel suo concreto verificarsi (e dalla formulazione della pi probabile ipotesi ricostruttiva di esso secondo lo schema argomentativo dell' 'abduzione'), rispetto ai quali i dati informativi e giustificativi della conclusione non sono contenuti per intero nelle premesse, dipendendo essi, a differenza dell'argomento `deduttivo', da ulteriori elementi conoscitivi estranei alle premesse stesse. D'altra parte, lo stesso modello condizionalistico orientato secondo leggi scientifiche sottintende il distacco da una spiegazione di tipo puramente deduttivo, che implicherebbe un'impossibile conoscenza di tutti gli antecedenti sinergicamente inseriti nella catena causale e di tutte le leggi pertinenti da parte del giudice, il quale ricorre invece, nella premessa minore del ragionamento, ad una serie di 'assunzioni tacite', presupponendo come presenti determinate 'condizioni iniziali' e 'di contorno', spazialmente contigue e temporalmente continue, non conosciute o soltanto congetturate, sulla base delle quali, 'ceteris paribus', mantiene validit l' impiego della legge stessa. E, poich il giudice non pu conoscere tutte le fasi intermedie attraverso le quali la causa produce il suo effetto,

  • n procedere ad una spiegazione fondata su una serie continua di eventi, l'ipotesi ricostruttiva formulata in partenza sul nesso di condizionamento tra condotta umana e singolo evento potr essere riconosciuta fondata soltanto con una quantit di precisazioni e purch sia ragionevolmente da escludere l'intervento di un diverso ed alternativo decorso causale. Di talch, ove si ripudiasse la natura preminentemente induttiva dell'accertamento in giudizio e si pretendesse comunque una spiegazione causale di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, secondo criteri di utopistica 'certezza assoluta', si finirebbe col frustrare gli scopi preventivo-repressivi del diritto e del processo penale in settori nevralgici per la tutela di beni primari. Tutto ci significa che il giudice, pur dovendo accertare ex post, inferendo dalle suddette generalizzazioni causali e sulla base dell'intera evidenza probatoria disponibile, che la condotta dell'agente '' (non 'pu essere') condizione necessaria del singolo evento lesivo, impegnato nell'operazione ermeneutica alla stregua dei comuni canoni di 'certezza processuale', conducenti conclusivamente, all'esito del ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo, ad un giudizio di responsabilit caratterizzato da 'alto grado di credibilit razionale' o 'conferma' dell'ipotesi formulata sullo specifico fatto da provare: giudizio enunciato dalla giurisprudenza anche in termini di 'elevata probabilit logica' o 'probabilit prossima alla - confinante con la certezza'. 7.- Orbene, il modello nomologico pu assolvere nel processo penale allo scopo esplicativo della causalit omissiva tanto meglio quanto pi alto il grado di probabilit di cui l'explanans portatore, ma non sostenibile che si elevino a schemi di spiegazione del condizionamento necessario solo le leggi scientifiche universali e quelle statistiche che esprimano un coefficiente probabilistico 'prossimo ad 1', cio alla 'certezza', quanto all'efficacia impeditiva della prestazione doverosa e omessa. rispetto al singolo evento. Soprattutto in contesti, come quello della medicina biologica e clinica, cui non appartengono per definizione parametri di correlazione dotati di tale valore per la complessa rete degli antecedenti gi in fieri, sui quali s'innesta la condotta omissiva del medico, per la dubbia decifrabilit di tutti gli anelli della catena ezio-patogenetica dei fenomeni morbosi e, di conseguenza, per le obiettive difficolt della diagnosi differenziale, che costruisce il nodo nevralgico della criteriologia medico-legale in tema di rapporto di causalit. E' indubbio che coefficienti medio-bassi di probabilit cal. frequentista per tipi di evento, rivelati dalla legge statistica (e ancor pi da generalizzazioni empiriche del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche), impongano verifiche attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilit nella fattispecie concreta. Ma nulla esclude che anch'essi, se corroborati dal positivo riscontro probatorio, condotto secondo le cadenze tipiche della pi aggiornata criteriologia medico-legale, circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa, possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento. Viceversa, livelli elevati di probabilit statistica o schemi interpretativi dedotti da leggi di carattere universale (invero assai rare nel settore in esame), pur configurando un rapporto di successione tra eventi rilevato con regolarit o in numero percentualmente alto di casi, pretendono sempre che il giudice ne accerti il valore eziologico effettivo, insieme con l' irrilevanza nel caso concreto di spiegazioni diverse, controllandone quindi 1' `attendibilit' in riferimento al singolo evento e all'evidenza disponibile. 8.- In definitiva, con il termine 'alta o elevata credibilit razionale' dell'accertamento giudiziale, non s'intende fare riferimento al parametro nomologico utilizzato per la copertura della spiegazione,

  • indicante una mera relazione quantitativa entro generi di eventi ripetibili e inerente come tale alla struttura interna del rapporto di causalit, bens ai profili inferenziali della verifica probatoria di quel nesso rispetto all'evidenza disponibile e alle circostanze del caso concreto: non essendo consentito dedurre automaticamente - e proporzionalmente - dal coefficiente di probabilit statistica espresso dalla legge la conferma dell'ipotesi sull'esistenza del rapporto di causalit. La moderna dottrina che ha approfondito la teoria della prova dei fatti giuridici ha infatti precisato che; mentre la 'probabilit statistica' attiene alla verifica empirica circa la misura della frequenza relativa nella successione degli eventi (strumento utile e talora decisivo ai fini dell'indagine causale), la 'probabilit logica', seguendo l'incedere induttivo del ragionamento probatorio per stabilire il grado di conferma dell'ipotesi formulata in ordine allo specifico fatto da provare, contiene la verifica aggiuntiva, sulla base dell'intera evidenza disponibile, dell'attendibilit dell'impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilit dell'accertamento giudiziale (in tal senso, cfr. anche Cass., Sez. IV, 5.10.1999, Hariolf, rv. 216219; 30.3.2000, Camposano, rv. 219426; 15.11.2001, Puddu; 23.1.2002, Orlando, cit.). Si osserva in proposito che, se nelle scienze naturali la spiegazione statistica presenta spesso un carattere quantitativo, per le scienze sociali come il diritto - ove il relatum costituito da un comportamento umano - appare, per contro, inadeguato esprimere il grado di corroborazione dell'explanandum e il risultato della stima probabilistica mediante cristallizzati coefficienti numerici, piuttosto che enunciare gli stessi in termini qualitativi. Partendo dunque dallo specifico punto di vista che interessa il giurista, le Sezioni Unite, nel condividere le argomentate riflessioni del P.G. requirente, ritengono, con particolare riguardo ai decorsi causali ipotetici, complessi o alternativi, che rimane compito ineludibile del diritto e della conoscenza giudiziale stabilire se la postulata connessione nomologica, che forma la base per il libero convincimento del giudice, ma non esaurisce di per se stessa la verifica esplicativa del fenomeno, sia effettivamente pertinente e debba considerarsi razionalmente credibile, s da attingere quel risultato di 'certezza processuale' che, all'esito del ragionamento probatorio, sia in grado di giustificare la logica conclusione che, tenendosi l'azione doverosa omessa, il singolo evento lesivo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe inevitabilmente verificato, ma (nel quando) in epoca significativamente posteriore o (per come) con minore intensit lesiva. D'altra parte, poich la condizione 'necessaria' si configura come requisito oggettivo della fattispecie criminosa, non possono non valere per essa gli identici criteri di accertamento e di rigore dimostrativo che il giudizio penale riserva a tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato. Il procedimento logico, invero non dissimile dalla sequenza del ragionamento inferenziale dettato in tema di prova indiziaria dall'art. 192 comma 2 c.p.p. (il cui nucleo essenziale gi racchiuso, peraltro, nella regola stabilita per la valutazione della prova in generale dal primo comma della medesima disposizione, nonch in quella della doverosa ponderazione delle ipotesi antagoniste prescritta dall'art. 546, comma 1 lett. e c.p.p.), deve condurre, perch sia valorizzata la funzione ascrittiva dell'imputazione causale, alla conclusione caratterizzata da un 'alto grado di credibilit razionale', quindi alla 'certezza processuale', che, esclusa l'interferenza di decorsi alternativi, la condotta omissiva dell'imputato, alla luce della cornice nomologica e dei dati ontologici, stata condizione 'necessaria' dell'evento, attribuibile per ci all'agente come fatto proprio. Ex adverso, l'insufficienza, la contraddittoriet e l'incertezza probatoria, quindi il plausibile e ragionevole dubbio, fondato su specifici elementi che in base all'evidenza disponibile lo avvalorino nel caso concreto, in ordine ai meccanismi sinergici dei plurimi antecedenti, per ci sulla reale efficacia condizionante della singola condotta omissiva all'interno della rete di causazione, non pu non comportare la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio stabilito

  • dall'art. 530 comma 2 c.p.p., secondo il canone di garanzia 'in dubio pro reo'. E non, viceversa, la disarticolazione del concetto di causa penalmente rilevante che, per tale via, finirebbe per regredire ad una contraddittoria nozione di `necessit' graduabile in coefficienti numerici. 9.- In ordine al problema dell'accertamento del rapporto di causalit, con particolare riguardo alla categoria dei reati omissivi impropri ed allo specifico settore dell'attivit medico-chirurgica, devono essere pertanto enunciati, ai sensi dell'art. 173.3 n. att. c.p.p., i seguenti principi di diritto. a) Il nesso causale pu essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica - universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell'evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensit lesiva. b) Non consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilit espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso causale, poich il giudice deve verificarne la validit nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, cos che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altres escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico stata condizione necessaria dell'evento lesivo con 'alto o elevato grado di credibilit razionale' o 'probabilit logica'. c) L'insufficienza, la contraddittoriet e l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio. Va infine ribadito che alla Corte di Cassazione, quale giudice di legittimit, assegnato il compito di controllare retrospettivamente la razionalit delle argomentazioni giustificative - la cd. giustificazione esterna - della decisione, inerenti ai dati empirici assunti dal giudice di merito come elementi di prova, alle inferenze formulate in base ad essi ed ai criteri che sostengono le conclusioni: non la decisione, dunque, bens il contesto giustificativo di essa, come esplicitato dal giudice di merito nel ragionamento probatorio che fonda il giudizio di conferma dell'ipotesi sullo specifico fatto da provare. 10.- Alla luce dei principi di diritto sopra affermati, occorre ora passare all'esame della fattispecie concreta sottoposta all'attenzione di questa Corte e valutare la correttezza logico-giuridica dell'apparato argomentativo dei giudici di merito a sostegno dell'affermazione di responsabilit dell'imputato. Premesso che la motivazione della sentenza impugnata s'integra con quella di condanna di - primo grado, siccome espressamente richiamata, rileva il Collegio che questa ha adeguatamente affrontato, sia in fatto che in diritto, il problema dell'esistenza del nesso di condizionamento risolvendolo in senso affermativo. Il dott. S. F. era stato chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo, in qualit di responsabile della XVI divisione di chirurgia dell'ospedale (omissis) - dove era stato ricoverato dal 9 al 17 aprile 1993 P. C., dopo avere subito il 5 aprile un intervento chirurgico d'urgenza per perforazione ileale -, per avere determinato l'insorgere di una sepsi addominale da 'clostridium septicum' che aveva cagionato il 22 aprile la morte del paziente. Si addebitava all'imputato di non avere compiuto

  • durante il periodo di ricovero una corretta diagnosi e quindi consentito un'appropriata terapia, omettendo per negligenza e imperizia di valutare i risultati degli esami ematologici che evidenziavano una persistente neutropenia e di sollecitare la consulenza internistica prescritta dopo l'intervento chirurgico per accertare l'eziologia della perforazione dell'ileo, anzi autorizzando, senza alcuna prescrizione, la dimissione del paziente, giudicato in via di guarigione chirurgica. La storia clinica del C. risulta esaurientemente e analiticamente ricostruita nei seguenti termini. Il C., ricoverato il 4 aprile 1993 presso il reparto di chirurgia d'urgenza dell'ospedale (omissis) per forti dolori addominali, venne operato il giorno successivo e l'intervento indic un'infezione in atto da 'perforazione dell'ileo lenticolare', suturata mediante corretta enterrorafia. Restando incerta la causa della non comune patologia e preoccupanti i risultati degli esami emocromocitometrici effettuati il 4 e il 6 aprile (i quali evidenziavano nella formula leucocitaria una marcata neutropenia e con essa una condizione di immunodepressione del paziente) furono disposti esame di Widal Wright (eseguito con esito negativo per l'indicazione tifoidea), consulenza internistica (mai eseguita) e terapia antibiotica a largo spettro. Trasferito il 9 aprile nella XVI divisione chirurgica diretta dal dott. F., il C. continu la terapia antibiotica e inizi a sfebbrare il 12 aprile, senza esser sottoposto ad ulteriori esami di alcun tipo. Il dott. F., rilevato che il paziente era apirettico, il 14 aprile sospese la terapia antibiotica e dispose un nuovo emocromo, che evidenzi il giorno successivo il persistere di una gravissima neutropenia, ma, ci nonostante, il 17 aprile dimise il C. giudicandolo 'in via di guarigione chirurgica' senza alcuna prescrizione. Il 19 aprile il C. accus forti dolori addominali e, ricoverato il 20 aprile, venne nuovamente operato il giorno successivo mediante laparatomia e drenaggio di microascessi multipli; il referto microbiologico indic esito positivo per 'anaerobi e sviluppo di clostridium septicum'. All'esito di un terzo intervento chirurgico eseguito il 22 aprile il C. mor a causa di 'sepsi addominale da clostridium septicum', un batterio anaerobico non particolarmente aggressivo, che si sviluppa e si propaga per, determinando anemia acuta ed emolisi, allorch l'organismo dell'uomo debilitato e immunodepresso per gravi forme di granulocitopenia. Il Pretore, con l'ausilio della prova testimoniale e medico-legale (richiamando altres autorevoli e concordi pareri della letteratura scientifica internazionale nel campo della medicina interna), identificava nella 'neutropenia' l'immediato antecedente causale dell'aggressione del 'clostridium' e del processo settico letale; escludeva, indipendentemente dall'origine della perforazione ileale, ogni correlazione fra l'intervento chirurgico e i fattori patogenetici dell'evento infausto; sottolineava come il paziente, dopo la chiusura dell'ulcera ileale, fosse stato sottoposto solo a terapia antibiotica a largo spettro, senza essere indagato sul piano internistico ed ematologico, bench la consulenza internistica fosse stata sollecitata e gli accertamenti ematologici avessero evidenziato l'insorgenza di una marcata neutropenia, con conseguente minorata difesa immunitaria. Rilevava pertanto che, se le cause della neutropenia e del conseguente, grave, stato anergico da immunodepressione fossero stati correttamente diagnosticati (unitamente alle indagini necessarie a chiarire l'eziologia della non comune perforazione ileale) e se l'allarmante granulocitopenia fosse stata curata con terapie mirate alla copertura degli anaerobi a livello intestinale, fino a far risalire i valori dei neutrofili al di sopra della soglia minima delle difese immunitarie, si sarebbe evitata la progressiva evoluzione della patologia infettiva letale da 'clostridium septicum' e si sarebbe pervenuti ad un esito favorevole 'con alto grado di probabilit logica o credibilit razionale'. Cos ricostruito il nesso causale secondo il modello condizionalistico integrato dalla sussunzione sotto leggi scientifiche, il Pretore, definita altres puntualmente la posizione apicale del dott. F. nell'ambito della divisione chirurgica ove il paziente era stato ricoverato nella fase post-operatoria e individuate precise note di negligenza e di imperizia nei menzionati comportamenti omissivi e nell'improvvida dimissione dello stesso, concludeva affermando la responsabilit dell'imputato per

  • la morte del C.. La Corte di appello di Napoli, pur argomentando impropriamente e contraddittoriamente in termini che sembrano pi coerenti con il lessico della disattesa teoria dell'aumento del rischio ("... se si fosse indagato sulle cause della neutropenia e provveduto a prescrivere adeguata terapia per far risalire i valori dei neutrofili, le probabilit di sopravvivenza del C. sarebbero certamente aumentate ..."), confermava la prima decisione, richiamandone i contenuti motivazionali e ribadendo che, in base ai dati scientifici acquisiti, all'imputato erano addebitabili, oltre l'ingiustificata dimissione del paziente, gravi omissioni sia di tipo diagnostico che terapeutico, le quali "... sicuramente contribuirono a portare a morte il C. ...". Pertanto, poich le statuizioni dei giudici di merito risultano sostanzialmente rispondenti alle linee interpretative sopra enunciate in tema di rapporto di causalit e trovano adeguata base giustificativa in una motivazione, in fatto, immune da vizi logici, il giudizio critico e valutativo circa il positivo accertamento, 'con alto grado di probabilit logica o credibilit razionale', dell'esistenza del nesso di condizionamento necessario fra la condotta (prevalentemente omissiva) del medico e la morte del paziente resta incensurabile nel giudizio di legittimit e i \A rilievi del ricorrente si palesano privi di fondamento. 11.- L'ordinanza della Sezione remittente d atto che il delitto di omicidio colposo per il quale si procede estinto per prescrizione, in quanto il decesso del C. risale al 22 aprile " 1993 ed quindi ampiamente trascorso il termine di sette anni e sei mesi. Da un lato, l'accertamento della causa estintiva del reato si palesa prioritario e immediatamente operativo rispetto alla questione in rito della nullit 'relativa' dei verbali stenotipici di udienza (Sez. Un., 28.11.2001, Cremonese, rv 22051 l; Sez. Un., 27.2.2002, Conti, rv. 221403), nonch rispetto alle invero generiche e subvalenti censure del ricorrente circa pretesi vizi motivazionali dell'impugnata sentenza, in punto di direzione della divisione ospedaliera e titolarit della posizione di garanzia, di colpa professionale e di dosimetria della pena. D'altra parte, la compiuta valutazione critica, con esito negativo, del pi serio e argomentato motivo di gravame, riguardante l'affermazione di responsabilit dell'imputato quanto alla prova dell'effettivo nesso di causalit fra le condotte - prevalentemente omissive - addebitategli e l'evento morte del paziente, consente a questa Corte, nell'annullare senza rinvio la sentenza impugnata in conseguenza dell'avvenuta estinzione del reato per prescrizione, di confermarne (ai sensi dell'art. 578 c.p.p. e secondo la consolidata giurisprudenza di legittimit) le statuizioni relative ai capi concernenti gli interessi civili: e cio, la condanna generica dell'imputato al risarcimento del danno, nonch al pagamento di una somma liquidata a titolo di provvisionale e delle spese di costituzione e difesa a favore della parte civile.

    P.Q.M.

    La Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite,

    annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione;

    conferma le statuizioni concernenti gli interessi civili.

  • In tema di colpa professionale medica, specie con riferimento ai comportamenti omissivi,

    nella giurisprudenza di legittimit si registrata una notevole evoluzione.

    In epoca meno recente stato talora affermato che a far ritenere la sussistenza del

    rapporto causale, "quando in gioco la vita umana anche solo poche probabilit di successo .... sono sufficienti" (Sez. 4, n. 4320/83); in altra occasione si specificato che, pur nel contesto di una "probabilit anche limitata", deve trattarsi di "serie ed

    apprezzabili possibilit di successo" (considerandosi rilevante, alla stregua di tale

    parametro, una possibilit di successo del 30%: Sez. 4, n. 371/92); altra volta, ancora, non aveva mancato la Suprema Corte di affermare che "in tema di responsabilit per colpa

    professionale del medico, se pu essere consentito il ricorso ad un giudizio di probabilit

    in ordine alla prognosi sugli effetti che avrebbe potuto avere, se tenuta, la condotta dovuta

    ..., necessario che l'esistenza del nesso causale venga riscontrata con sufficiente grado

    di certezza, se non assoluta ... almeno con un grado tale da fondare su basi solide

    un'affermazione di responsabilit, non essendo sufficiente a tal fine un giudizio di mera

    verosimiglianza" (Sez. 4, n. 10437/93). In epoca meno remota la prevalente

    giurisprudenza di questa Corte ha costantemente posto l'accento sulle "serie e rilevanti (o apprezzabili) possibilit di successo", sull'"alto grado di possibilit", ed espressioni simili (cos, Sez. 4, n. 1126/2000: nella circostanza stata apprezzata, a tali

    fini, una percentuale del 75% di probabilit di sopravvivenza della vittima, ove fossero

    intervenute una diagnosi corretta e cure tempestive).

    Alla fine dell'anno 2000 la Suprema Corte in due occasioni (Sez. 4, 28 settembre 2000,

    Musto, e Sez. 4, 29 novembre 2000, Baltrocchi) ha poi sostanzialmente rivisto "ex novo" la

    tematica in questione procedendo ad ulteriori puntualizzazioni. In tali occasioni stato

    invero rilevato che "il problema del significato da attribuire alla espressione ""con alto

    grado di probabilit"" ... non pu essere risolto se non attribuendo all'espressione il valore,

    il significato, appunto, che le attribuisce la scienza e, prima ancora, la logica cui la scienza

    si ispira, e che non pu non attribuirgli il diritto"; ed stato quindi affermato che "per la

    scienza non v' alcun dubbio che dire ""alto grado di probabilit"", ""altissima

    percentuale"", ""numero sufficientemente alto di casi"", voglia dire che, in tanto il giudice

    pu affermare che una azione o omissione sono state causa di un evento, in quanto possa

    effettuare il giudizio controfattuale avvalendosi di una legge o proposizione scientifica che

    ""enuncia una connessione tra eventi in una percentuale vicina a cento"" ....", questa in sostanza realizzando quella "probabilit vicina alla certezza".

  • Successivamente (Sez. 4, 23/1/2002, dep. 10/6/2002, Orlando) stata sottolineata e

    ribadita la necessaria distinzione tra la probabilit statistica e la probabilit logica, ed

    stato evidenziato come una percentuale statistica pur alta possa non avere alcun valore

    eziologico effettivo quando risulti che, in realt, un certo evento stato cagionato da una

    diversa condizione; e come, al contrario, una percentuale statistica medio-bassa potrebbe

    invece risultare positivamente suffragata in concreto dalla verifica della insussistenza di

    altre possibili cause esclusive dell'evento, di cui si sia potuto escludere l'interferenza.

    stato dunque richiesto l'intervento delle Sezioni Unite in presenza del radicale contrasto

    che nel tempo si era determinato all'interno della giurisprudenza di legittimit tra due

    contrapposti indirizzi interpretativi in ordine alla ricostruzione del nesso causale tra

    condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilit

    professionale del medico-chirurgo: secondo talune decisioni, che hanno dato vita

    all'orientamento delineatosi pi recentemente, sarebbe necessaria la prova che un diverso

    comportamento dell'agente avrebbe impedito l'evento con un elevato grado di probabilit

    "prossimo alla certezza", e cio in una percentuale di casi "quasi prossima a cento";

    secondo altre decisioni sarebbero invece sufficienti "serie ed apprezzabili probabilit di

    successo" per l'impedimento dell'evento.

    Le Sezioni Unite si sono quindi pronunciate con la sentenza Franzese, con la quale sono

    stati individuati i criteri da seguire perch possa dirsi sussistente il nesso causale tra la

    condotta omissiva e l'evento, e sono stati enunciati taluni principi che appare opportuno

    qui sinteticamente ricordare:

    1) il nesso causale pu essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica -

    universale o statistica - si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la

    condotta doverosa impeditiva dell'evento "hic et nunc", questo non si sarebbe verificato,

    ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore

    intensit lesiva;

    2) non consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilit espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell'ipotesi accusatoria sull'esistenza del nesso

    causale, poich il giudice deve verificarne la validit nel caso concreto, sulla base delle

    circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, cos che, all'esito del ragionamento

    probatorio che abbia altres escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e

    processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico stata

  • condizione necessaria dell'evento lesivo con "alto o elevato grado di credibilit razionale" o

    "probabilit logica";

    3) l'insufficienza, la contraddittoriet e l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all'evidenza

    disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto

    ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo, comportano la

    neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio;

    4) alla Corte di Cassazione, quale giudice di legittimit, assegnato il compito di controllare retrospettivamente la razionalit delle argomentazioni giustificative - la cd.

    giustificazione esterna - della decisione, inerenti ai dati empirici assunti dal giudice di

    merito come elementi di prova, alle inferenze formulate in base ad essi ed ai criteri che

    sostengono le conclusioni: non la decisione, dunque, bens il contesto giustificativo di

    essa, come esplicitato dal giudice di merito nel ragionamento probatorio che fonda il

    giudizio di conferma dell'ipotesi sullo specifico fatto da provare. Pu dunque affermarsi che

    le Sezioni Unite hanno ripudiato qualsiasi interpretazione che faccia leva, ai fini della

    individuazione del nesso causale quale elemento costitutivo del reato, esclusivamente o

    prevalentemente su dati statistici ovvero su criteri valutativi a struttura probabilistica, in tal

    modo mostrando di propendere, tra i due contrapposti indirizzi interpretativi sopra ricordati,

    maggiormente verso quello delineatosi in tempi pi recenti. Ma va subito detto che il

    percorso motivazionale seguito dalle Sezioni Unite e le espressioni letterali dalle stesse

    adoperate nel formulare i principi enunciati, non possono in alcun modo indurre, ad avviso

    di questo Collegio, alla conclusione - che magari potrebbe eventualmente scaturire da una

    lettura frettolosa della sentenza Franzese - della necessit della individuazione del nesso

    di causalit in termini di certezza oggettiva (storica e scientifica), risultante da elementi

    probatori di per s altrettanto inconfutabili sul piano della oggettivit. Ed invero se cos

    fosse, dovrebbe giungersi alla conclusione - volendo limitare l'analisi e le valutazioni alla

    materia della colpa per responsabilit omissiva dei medico che in questa sede

    concretamente interessa - che non sarebbe mai possibile pervenire all'affermazione di

    responsabilit, per condotta omissiva, nel caso di mancanza di autopsia, atteso che solo

    l'esame autoptico pu consentire di accertare in termini di oggettiva e scientifica certezza

    la causa del decesso di un soggetto: e non v' chi non veda che una siffatta conclusione

    sarebbe evidentemente inaccettabile perch contraria ai basilari princ pi che regolano la

    materia della prova nel processo penale, quali la non legalit della prova, il libero

    convincimento del giudice, la possibilit dell'affermazione di colpevolezza all'esito di un

  • processo indiziario, la necessit di motivazione logica ed adeguata. Quella certezza che le

    Sezioni Unite hanno individuato come indispensabile per poter affermare la sussistenza

    del nesso causale, quale "condicio sine qua non" di cui agli artt. 40 e 41 del codice penale,

    dunque una certezza tra virgolette, vale a dire la "certezza processuale" che, in quanto

    tale, non pu essere individuata se non con l'utilizzo degli strumenti di cui il giudice

    dispone per le sue valutazioni probatorie; "certezza" che deve essere pertanto desunta dal

    giudice valorizzando tutte le circostanze del caso concreto sottoposto al suo esame,

    secondo un procedimento logico - analogo a quello seguito allorquando si tratta di valutare

    la prova indiziaria, la cui disciplina dettata dal secondo comma dell'art. 192 del codice di

    procedura penale - che consenta di poter ricollegare un evento ad una condotta omissiva

    "al di l di ogni ragionevole dubbio" (vale a dire, con 'alto o elevato .grado di credibilita'

    razional o 'probabilita' logic). Non sembra che possa diversamente intendersi il pensiero

    che le Sezioni Unite hanno voluto esprimere allorquando hanno testualmente affermato

    che deve risultare "giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta

    omissiva del medico stata condizione necessaria dell'evento lesivo con 'alto o elevato

    grado di credibilita' razional, o 'probabilita' logic".

  • Responsabilit medica dequipe

    Cassazione Sezione quarta penale sentenza 12 luglio - 6 ottobre 2006, n. 33619 Presidente Coco Relatore Romis

    Ricorrente I.

    Svolgimento del processo

    Il Tribunale di Cosenza condannava B. R. e I. U. alla pena ritenuta di giustizia per aver colposamente cagionato, nella loro qualit di medici presso lospedale civile di S. Giovanni in Fiore, la morte di M. M. A., nel corso di un intervento di parto cesareo, in particolare per aver entrambi errato la manovra di intubazione a seguito di anestesia generale introducendo per due volte la cannula nellesofago invece che in trachea e determinando cos anossia prolungata con exitus (evento in S. Giovanni in Fiore il 6 febbraio 1998).

    A seguito di gravame ritualmente proposto nellinteresse di B.e I., la Ca di Catanzaro dichiarava inammissibile limpugnazione proposta dal B. . sullasserito rilievo dellinosservanza di talune formalit previste dal codice di rito a pena di inammissibilit . e, quanto a I., confermava limpugnata decisione, motivando il proprio convincimento con argomentazioni che possono cos riassumersi:

    a) era infondata leccezione di prescrizione del reato posto che il decorso del relativo termine aveva subito taluni periodi di sospensione, per un tempo complessivo di oltre 18 mesi, in conseguenza di rinvii disposti su richiesta della difesa di I. stesso per impedimento del difensore, nonch (dal 17 luglio 2003 al 19 febbraio 2004) per leventuale esercizio della facolt di avvalersi del patteggiamento allargato ai sensi della legge 134/03;

    b) alla visita anestesiologica cui la M. si era sottoposta in vista dellintervento, non erano emerse controindicazioni di sorta;

    c) in occasione dellintervento di parto cesareo la paziente aveva manifestato i primi sintomi di sofferenza da ipossigenazione dopo lintubazione necessaria a garantire lossigeno, tanto da indurre i sanitari ad una nuova introduzione del tubo nella trachea;

    d) nonostante il secondo tentativo la situazione era degenerata in arresto cardiaco che aveva portato al decesso della paziente;

    e) dalla consulenza tecnica disposta dal Pm e dalla perizia autoptica era emerso che il decesso era stato determinato da prolungata anossia conseguente a mancata intubazione: dato conforme alle risultanze della cartella clinica, dellesame istopatologico e degli elementi valutativi acquisiti in occasione delle deposizioni dei vari testimoni escussi (in particolare, tra i vari elementi, la presenza di sangue di colore scuro e quindi scarsamente ossigenato pochi minuti dopo la prima intubazione);

    f) lindividuazione della causa della morte nellerrato inserimento del tubo endotracheale poteva dirsi quale dato acquisito e non revocabile in dubbio;

    g) lo stato di salute del neonato appariva elemento poco probante per escludere il difetto di ossigenazione della madre posto che il chirurgo aveva provveduto pochissimi minuti dopo la prima intubazione allapertura della fascia addominale ed alla rapida estrazione del feto: dunque, stante la

  • rapidit del parto, il feto aveva potuto godere di autonomi meccanismi di compensazione idonei ad ovviare alle carenze improvvise della madre (mentre il bambino era stato portato alla luce in buona salute);

    h) appariva priva di pregio la tesi difensiva dello I., secondo cui questi avrebbe svolto un ruolo del tutto marginale nella vicenda mentre responsabile dellintervento sarebbe stato il B.; la Corte distrettuale evidenziava che secondo lindirizzo consolidato delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimit, nel caso di interventi in equipe ciascun sanitario responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle mansioni specificamente ed effettivamente svolte, ma deve costituire anche una sorta di garanzia per la condotta degli altri componenti e porre quindi rimedio agli eventuali errori altrui, purch siano evidenti per un professionista medio e non settoriali di una specifica disciplina estranea alle sue cognizioni;

    i) nella concreta fattispecie si era trattato di errori piuttosto banali e comunque relativi alla comune attivit di anestesista dei due imputati: in una prima fase, relativa allintubazione errata da parte del B., lo I., procedendo allauscultazione, con il fonendoscopio, del torace della paziente, non si era accorto dellerrore del collega ed aveva dato il proprio beneplacito allinizio dellintervento; nella seconda fase era stato personalmente lo I. a procedere allintubazione;

    l) lo I. aveva partecipato dunque attivamente alle due fasi dellanestesia, entrambe caratterizzate da manovre errate;

    m) risultava priva di fondamento leccezione di violazione del principio di correlazione tra la contestazione e la sentenza, avendo limputazione mossa allo I. fatto espresso riferimento alla errata manovra di intubazione costituita dallavere introdotto per due volte la cannula nellesofago invece che nella trachea;

    n) alcuna incidenza avevano avuto le condizioni fisiche della M., risultando dagli atti che la donna non presentava tracce di patologie preesistenti che potessero aver contributo per via organica alla ipossigenazione, ed aveva caratteristiche strutturati (conformazione del collo, diametro boccale, distanza delle corde vocali) del tutto normali ed idonee a consentire unagevole intubazione, come peraltro confermato anche dalla visita preanestesiologica che non aveva evidenziato alcuna anomalia.

    Hanno proposto ricorso per cassazione lo I. ed il B.. Alludienza del 2 febbraio 2006, essendo risultato deceduto lavvocato Giuseppe Mazzotta, difensore di fiducia e domiciliatario dello I., stato disposto lo stralcio degli atti relativi alla posizione di questultimo ed stato deciso il ricorso del solo B..

    Il procedimento relativo al ricorso dello I. stato quindi rinviato allodierna udienza, con avviso al difensore di ufficio avvocato Falcolini ed avviso per lo I., ai sensi dellarticolo 161, comma 4,Cpp, allo stesso avvocato Falcolini, non essendo pervenuta nomina di altro difensore di fiducia da parte dellimputato, in sostituzione dellavvocato Mazzotta deceduto, e nemmeno altra dichiarazione o elezione di domicilio (essendo divenuta impossibile la notifica presso il precedente domiciliatario, lo stesso avvocato Giuseppe Mazzotta, perch, appunto, deceduto).

    Le censure dedotte dallo I. possono cos sintetizzarsi:

    1) asserita violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza;

  • 2) la Ca avrebbe errato nel computo dei periodi di sospensione del decorso della prescrizione avendo calcolato anche il periodo relativo al rinvio richiesto dalla parte ai sensi della legge 134/03;

    3) vizio motivazionale in ordine alla ritenuta colpevolezza dello I. poich questi sarebbe intervenuto dopo la comparsa del sangue scuro segno di rilevante anossia e quindi allorquando la paziente doveva considerarsi gi deceduta..

    Motivi della decisione

    Il Collegio rileva linammissibilit del gravame per i motivi di seguito precisati.

    La doglianza relativa allomessa correlazione tra accusa contestata e sentenza manifestamente infondata, giacch, secondo giurisprudenza costante di questa Corte (Cassazione Su, 16/1996 rv.205619), per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad unincertezza sulloggetto dellimputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che lindagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza, perch, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione del tutto insussistente quando limputato, attraverso liter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine alloggetto dellimputazione: nel caso in esame laffermazione di responsabilit dello I. risulta basata sullimperita auscultazione polmonare nella prima intubazione eseguita dal B. e sullerrata intubazione effettuata una seconda volta dallo I. personalmente, sicch si tratta di operazioni concernenti la stessa attivit (intubazione), cui si riferisce il capo di imputazione.

    A ci aggiungasi che uniforme giurisprudenza di questa Corte (Cassazione sez. quarta, 27851/04 rv.229071, fra le pi recenti) afferma che nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo dimputazione sono stati contestati elementi generici e specifici di colpa, non sussiste violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa nel caso in cui il giudice abbia affermato la responsabilit dellimputato per unipotesi di colpa diversa da quella specifica contestata; infatti, il riferimento alla colpa generica (nella concreta fattispecie con lindicazione dellimperizia) evidenzia che la contestazione riguarda la condotta dellimputato globalmente considerata, sicch questi in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione dellevento di cui chiamato a rispondere.

    Parimenti destituita di qualsiasi fondamento risulta la censura relativa alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la declaratoria di prescrizione.

    Appare infatti esatto il computo delle sospensioni del termine prescrizionale, calcolate dalla Corte territoriale per un periodo complessivo di oltre 18 mesi (precisamente si tratta di 18 mesi e 16 giorni), anche con riferimento al rinvio richiesto in applicazione dellarticolo 5 della legge 134/03, giacch il secondo comma della citata disposizione espressamente prevede cheil dibattimento sospeso per un periodo non inferiore a quarantacinque giorni e durante tale periodo sono sospesi i termini di prescrizione: sicch la predetta causa estintiva maturer il 22 febbraio 2007.

    Con riferimento al vizio motivazionale, va ribadito che lindagine di legittimit sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato per espressa volont del legislatore a riscontrare lesistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilit di verificare ladeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si avvalso per sottolineare

  • il suo convincimento, o la foro rispondenza alle acquisizioni processuali (tranne che si verta nellipotesi introdotta con la legge 46/2006, estranea ai motivi enunciati con il ricorso).

    Lillogicit della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimit al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purch siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Cassazione Su 24/1999 rv.214794).

    La Corte territoriale ha dimostrato in maniera ineccepibile come la responsabilit del decesso sia ascrivibile allo I.. Infatti, i giudici di seconda istanza, rispondendo a tutte le doglianze mosse, hanno evidenziato che lannerimento del sangue, constatato subito dopo linizio dellintervento, fu il sintomo iniziale della sofferenza acuta da ipossigenazione; ed hanno altres sottolineato che, in materia di colpa professionale di quipe, ogni sanitario responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attivit degli altri componenti dell quipe in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purch siano evidenti per un professionista medio, giacch le varie operazioni effettuate convergono verso un unico risultato finale; la Ca non ha mancato infine di precisare che, nella concreta fattispecie, si trattato di errori piuttosto banali e comunque relativi proprio alla attivit di anestesista dello I.. Questi non si avveduto della prima manovra di intubazione eseguita dal Borselli, ed ha provveduto ad effettuare la seconda, erronea; sicch ha partecipato attivamente alle due fasi della anestesia, entrambe errate (per come si legge testualmente nellimpugnata sentenza); ci costituisce elemento tranciante rispetto allaffermazione dello I. secondo cui questi sarebbe intervenuto solo allorquando si era gi verificato il decesso della M. (affermazione peraltro priva di qualsiasi fondamento alla luce di quanto ritenuto accertato in sede di merito dalla Corte territoriale: questultima ha precisato, infatti, che la situazione degener in arresto cardiaco dopo la seconda introduzione del tubo nella trachea della M.).

    Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente (peraltro con argomentazioni generiche ed assertive), il convincimento espresso dalla Corte distrettuale si pone anche del tutto in sintonia con i principi enunciati in materia da questa Corte a Su (Su 10 luglio 2002, Franzese): si trattato infatti di un banalissimo intervento di taglio cesareo, eseguito su persona del tutto sana e priva di controindicazioni alla anestesia, deceduta soltanto a causa di unerrata manovra di intubazione, posta in essere dallo I. per le ragioni gi illustrate.

    Alla declaratoria di inammissibilit segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonch (trattandosi di causa di inammissibilit riconducibile alla volont, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte costituzionale, sentenza 186/00) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro mille.

    PQM

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorre e al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

  • 1 commento Con la Sentenza n. 33619/2006, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto da due medici avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza che aveva condannato i due medici alla pena ritenuta di giustizia per aver colposamente cagionato, nella loro qualit di medici presso lospedale civile di S. Giovanni in Fiore, la morte di una paziente nel corso di un intervento di parto cesareo. Questo il fatto. La paziente decedeva durante lintervento di parto cesareo a causa di due successive errate manovre di intubazione. La prima manovra veniva eseguita da uno dei due medici, il quale, anzich introdurre la cannula nella trachea della paziente la introduceva nellesofago. Laltro medico procedeva allauscultazione del torace della paziente senza accorgersi dellerrore del collega e dando cos il beneplacito allinizio dellintervento. Poich la paziente manifestava sintomi di sofferenza da ipossigenazione, veniva poi effettuata una seconda manovra di intubazione anche questa errata. Sopraggiungeva un arresto cardiaco che portava al decesso della paziente. Avverso la sentenza di condanna, i sanitari hanno promosso ricorso per Cassazione. In particolare, il medico che aveva proceduto allauscultazione si difeso dichiarando di aver svolto un ruolo del tutto marginale nella vicenda mentre responsabile dellintervento sarebbe stato il collega. Ma la Suprema Corte ha ribadito che nelle attivit dquipe, ogni sanitario responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attivit degli altri componenti dell quipe in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purch siano evidenti per un professionista medio, giacch le varie operazioni effettuate convergono verso un unico risultato finale.

    2 commento

    A. La responsabilit del medico nel lavoro d`equipe tra tutela dell`affidamento e doveri di controllo e/o sorveglianza

    di Lucrezia Fiandaca La responsabilit del medico nel lavoro dquipe tra tutela dellaffidamento e doveri di controllo e/ o sorveglianza Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 33619/2006, presidente: Coco, relatore: Romis. In materia di colpa professionale di quipe, ogni sanitario responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attivit degli altri componenti dell quipe in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purch siano evidenti per un professionista medio, giacch le varie operazioni effettuate convergono verso un unico risultato finale.

    di Lucrezia Fiandaca

    Sommario: 1. Premessa 2. Il nuovo volto della causalit medica dopo larresto del 2002; brevi riflessioni 3. La tutela dellaffidamento e limiti operativi 4. La sentenza n. 33619/2006 riafferma principi condivisi

    1. Premessa La sentenza in commento affronta il caso di un intervento di parto cesareo, in cui a seguito dellerrata manovra di intubazione posta in essere da due medici, consistente nellintrodurre per due volte la cannula nellesofago invece che in trachea, si determina unanossia prolungata con exitus della paziente.

  • Il dato fattuale offre ai giudici del Supremo Collegio unoccasione per un attento vaglio delle problematiche sottese agli interventi chirurgici svolti in cooperazione da pi sanitari, tematica vieppi attuale attesa la sempre pi capillare esigenza di specializzazione e di diversificazione dei ruoli, che ormai investe anche le operazioni di routine. Ed invero, la tutela dellautonomia e dellindipendenza di ogni singolo professionista si esplica attraverso la doverosit del rispetto di tre principi fondamentali, ovverosia la divisione degli obblighi tra componenti dellquipe, lautoresponsabilit, secondo cui ciascun componente dellquipe risponde delle inosservanze attinenti alla sua competenza specifica[1] e soprattutto, laffidamento, il quale postula che il singolo possa attendersi che coloro sui quali incombono determinati doveri di diligenza, in relazione alla prevenzione dei pericoli immanenti alle condotte suscettibili di interferire con le proprie, vi si uniformeranno ed a porre tale aspettativa al criterio uniformatore delle proprie[2]. I principi qui enucleati vanno nondimeno vagliati alla luce della clausola di equivalenza sancita dal capoverso dellart. 40 c.p., il quale dispone che non impedire un evento, che si ha lobbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo; i rischi congeniti ad uninterpretazione troppo lata del disposto sono sintetizzabili nella configurazione di una responsabilit da posizione[3], la quale prescinda da unefficacia causale eventualmente spiegata dal comportamento del medico, attivo od omissivo, con evidenti conseguenze in tema di personalit della responsabilit penale. Ne deriva la volatilizzazione del nesso causale, e dunque la sua duttilizzazione in funzione di esigenze di politica criminale spesso volte ad attribuire ad ogni evento infausto un colpevole pi che a ricondurre entro confini legali lascrizione del medesimo ad un consociato; tanto impone una riflessione pi ampia in merito alleventualit che un sanitario sia chiamato a rispondere per una condotta negligente altrui, dovendo tale evenienza appalesarsi quale eccezione operante nei limiti imposti dal principio di legalit. Il presente lavoro si propone allora di scandagliare, pur senza alcuna pretesa di completezza, lambito applicativo della teoria dellaffidamento negli interventi chirurgici che richiedono lapporto di pi medici in considerazione dei limiti che la giurisprudenza vi appone onde evitare un eccessivo ed ingiustificato smembramento delle responsabilit[4], nonch di vagliare la compatibilit dei medesimi con il dettato costituzionale e con la disciplina della causalit rinvenibile dagli artt. 40 e 41 c.p. 2. Il nuovo volto della causalit medica dopo larresto del 2002; brevi riflessioni La pronuncia in commento spende poche parole in tema di causalit, esplicitamente rinviando, e perci solo aderendo, allindirizzo giurisprudenziale inaugurato con l