Lobbying 2.0 sb dotmedia210412

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Cosa fa il lobbista?

Il lobbista fornisce

Informazioniargomenti dati

Obiettivo: aiutare il decisore a scegliere in senso favorevole agli interessi tutelati.

Esercita cioè una pressione ‘tecnica’.

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That’s me!

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I decison makers istituzionali (parlamento, governo, istituzioni elettive) sono sempre più deboli.

La “rete di responsabilità” sempre più diffusa – ed irresponsabile! (Bce, rating agencies, Gazprom, Facebook…).

Il decision making è de-gerarchizzato.

E i cittadini connessi sono sempre più parte di questo processo.

From network power to social power

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I gruppi organizzati – sindacati, ordini professionali, associazioni di categoria, media…

L’opinione pubblica - che nella dimensione 2.0 è esogena, rarefatta, de-istituzionalizzata. E - almeno apparentemente - de-gerarchizzata.

I grassroots pressure groups – gruppo Facebookconsumatori vs Groupon

Chi fa pressione sul decisore?

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Nella rete, i singoli terminali/ricettori si fanno a loro volta emittenti/generatori.

Il tradizionale rapporto delegante/delegato viene sovvertito:il delegante acquisisce potere.

In Italia, gli iscritti a Facebook sono oltre 20 milioni.

Questi NON sono ricettori passivi di informazioni ma agenti attivi di divulgazione e consolidamento di opinioni.

Non agiscono per default: vanno dunque attivati. Come?

Decisore virtuale vs Decisore reale

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Who’s in power then?

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Quello che una volta si sarebbe chiamato “quarto potere” – i media - adesso è un potere socializzato, apparentemente senza padroni.

O con molti padroni.

Un potere in cui il padrone finisce addirittura con l’identificarsi con un popolo intero:il popolo della rete, appunto.

Come fa il lobbista a formare ed orientare l’opinione pubblica e dunque agire per orientare le scelte del decisore?

How to make lobbying work?

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La comunicazione social è la nuova weapon of mass instruction del lobbista.

La comunicazione socializzata enzima, e quindi catalizza, la pressione che, dall’opinione pubblica (sempre più entropizzata) si trasferisce al decisore finale.

Dai social network di massa (Facebook) l’azione di lobbying procederà per gradi successivi di influenza verso i gatekeeper dell’informazione (Twitter) e, attraverso questi, ai depositari della funzione decisionale.

I social media possono ribaltare (dal basso) le decisioni assunte in alto.

From top-down tosocial-oriented decision making

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Il Social Power è in grado di vanificare il risultato delle attività di lobby tradizionale. Come usarlo?

Con Twitter per:•comunicare con i decisori•conversare con gli stakeholders•Attivare i gatekeeper dell’informazione e gli influencer

Con Facebook per:•dare visibilità ai movimenti grassroots (capacità di influenzare il policy making)•diffondere idee•rendere trasparenti gli interessi rappresentati•dare paternità ai messaggi•engage effect - dare potere ai singoli ed alle organizzazioni

Con Pinterest per vendere sogni (e prodotti)

Fare lobbying in rete

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Sopa (Usa), Acta (Europa), Fava (Padania, Italia) nascono su pressione delle grandi corporations della proprietà intellettuale – produttori di cinema, musica, videogames, libri.

Facebook e Twitter sono stati i domini della offensiva contro-lobbistica - una lotta ai ‘nuovi censori’ in difesa della libertà di espressione e circolazione dei contenuti in rete.

Era davvero questa la posta in gioco? No. Ma non è questo il punto.

Il punto è che una campagna di social lobbying – sostanzialmente l’hashtag #stopsopa - è stata in grado in un paio di settimane di vanificare il lavoro di pressione compiuto in anni e con grande dispendio di risorse economiche dalle grandi lobby.

Il Congresso Usa ha bloccato la discussione sullo Stop on piracy act. Le lobby interessate sono state costrette alla difensiva. I politici hanno dovuto capitolare di fronte alla paventata minaccia di rappresentare un attentato, anche indiretto, agli inviolabili principi della Carta costituzionale.

Case 1 - Free Web vs Piracy

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Case 2 - Il referendum per l’acqua pubblica

Sappiamo tutti che oggetto della consultazione referendaria non era affatto la proprietà del bene, ma quella delle società di gestione. Il decreto Ronchi, recependo una direttiva europea, introduceva l’obbligo di indizione di una gara pubblica per l’affidamento della gestione – in via transitoria, naturalmente – dei servizi pubblici locali, tra cui le reti idriche.

Il referendum si è rivelato un plebiscito – e non c’è nulla di democraticamente virtuoso in un plebiscito, ancor più se fondato sulla mistificazione dell’oggetto della decisione.

E tuttavia, anche qui, è stata la potenza virale del messaggio, unita alla virulente penetranza del medium sociale, a determinare l’orientamento della decisione popolare.

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È la fine della lobbying tradizionale?

No!

E prova ne sia la pressione efficacemente esercitata sul Parlamento -attraverso, dunque, le tradizionali forme di confronto con i decisori -in occasione della recente approvazione del piano di liberalizzazioni redatto dal Governo Monti.

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Lobbying 2.0 free - Taxi & Farmacie

Tassisti e farmacisti sono riusciti a neutralizzare le intenzioni dell’esecutivo, e questo a dispetto della pessima reputazione e della scarsa incidenza delle loro istanze presso le opinioni pubbliche diffuse in rete.Hanno cioè agito esclusivamente sul piano tradizionale, non curandosi affatto della platea critica della rete.

Perché in questo caso i social network non sono stati decisivi?

Perché la ‘causa’ – la liberalizzazione delle licenze e l’aumento del numero di farmacie - non era una issue 2.0 sensitive, cioè forte abbastanza da innescare processi di mobilitazione virale in rete.

È stato saggio, dunque, da parte delle categorie interessate investire sul piano del Parlamento, ed esclusivamente su quello: la battaglia della comunicazione sarebbe stata persa comunque, ed in ogni caso non sarebbe stata quella a far vincere loro la guerra.

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Lobbying 2.0 engaged - Professional Day

Le professioni ordinistiche hanno giocato contemporaneamente sui due piani: istituzionale e mediatico.

Da una parte presentavano al decisore le proprie istanze corporative, dall’altra ‘lavoravano’ l’opinione pubblica sollevando argomenti razionali, innovativi, meritevoli cioè di attenzione mediatica, così contribuendo non solo ad alzare il proprio standing pubblico ma anche a facilitare la scelta del decisore in senso a loro più favorevole.

Emblematico, al riguardo, il Professional Day, un’iniziativa unica nel suo genere che, oltre a richiamare un’attenzione mediatica inconsueta per una manifestazione di categoria, ha contribuito a proiettare un’immagine positiva dei professionisti, come non più una lobby conservativa ma addirittura una sorta di avanguardia del cambiamento.

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Communication vs Information

La comunicazione, dunque, più che l’informazione, assume una rilevanza crescente nell’esercizio della attività di lobbying.

Se da una parte questo favorisce una maggiore partecipazione dei cittadini al processo decisionale (alla sua parte finale, quanto meno), dall’altra determina la semplificazione del processo istruttorio, ovvero la riduzione della talvolta elevatissima complessità tecnica in slogan non più lunghi di 140 caratteri – la lunghezza massima di un tweet.

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It’s all aboutConversation, not Negotiation

What is lobbying 2.0 about?

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Lobbying = Study + Create

Questo complica, o meglio arricchisce, l’esercizio della professione: il lobbista dovrà infatti essere in grado di elaborare dossier complessi, monitorare il processo di law e decision making, offrire al decisore attività di consulenza competente e puntuale ma anche padroneggiare i meccanismi di creazione e diffusione delle opinioni socializzate.

Oltre che un secchione, quindi, per fare bene il suo mestiere il lobbista dovrà essere anche – e sempre più – un creativo.

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credits

Presentation by simona bonfante@kuliscioff

@dotcafeFirenze, 21 aprile 2012