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A cura di Dott. FT Simone Molinelli 1 Lo Stroke Epidemiologia,Patofisiologia,Classificazione Molinelli Febbraio 2007 Introduzione Una patologia molto frequente nella popolazione geriatrica e che comporta una lunga e difficile riabilitazione è rappresentata dall’ICTUS. L’Ictus o Stroke è un accidente cerebrovascolare che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce come “un segno clinico a rapida evoluzione di un deficit focale della funzione cerebrale di probabile origine vascolare”. E’ di durata superiore alle 24 ore. Al di sotto delle 24 ore si parla di TIA (Attacco ischemico transitorio). Il TIA è comunque a sua volta un fattore prognostico negativo, dal momento che circa il 10% dei casi che sviluppano un TIA, andranno incontro ad uno stroke completo. Epidemiologia Le malattie cerebrovascolari costituiscono la terza principale causa di morte nei paesi sviluppati dopo le malattie di cuore e le neoplasie. Recenti dati fanno inoltre ritenere che l’ictus sia già diventato, addirittura, la seconda causa di decesso nel mondo. (Hachinski V.) Il 5% della popolazione sopra i 65 anni va incontro a un ictus una volta nella vita. L’esclusione di questi soggetti dalla forza lavorativa e le prolungate degenze a cui devono ricorrere, rendono le conseguenze economiche di questa malattia, tra le più gravi in medicina ed in riabilitazione. Secondo un recente studio Nazionale della SIRN la Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (VI Congresso della SIRN svoltosi a Venezia nel 2006), l'Ictus è la principale causa di neurodisabilità in Italia con una prevalenza di 200 emiplegici ogni centomila abitanti. Un altro studio della ILSA (Italian Longitudinal study on Ageing), mostra come nella fascia di età tra i 65 e 84 anni il Tasso di prevalenza nella popolazione italiana sia del 6,5%. Nello specifico, i soggetti maschi mostrano un tasso leggermente maggiore rispetto alle donne (M = 7,4% e F = 5,9%) I dati di ictus in Italia, di prevalenza generale, che si basano sui dati ILSA per le età comprese tra 65 e 84 anni, su altri studi di popolazione italiana per le altre fasce di età e sui dati di popolazione dell’ultimo censimento 2001 (dati ISTAT), sono riassunti nelle tabelle di seguito riportate.

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Lo Stroke Epidemiologia,Patofisiologia,Classificazione Molinelli Febbraio 2007 Introduzione Una patologia molto frequente nella popolazione geriatrica e che comporta una lunga e difficile riabilitazione è rappresentata dall’ICTUS. L’Ictus o Stroke è un accidente cerebrovascolare che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce come “un segno clinico a rapida evoluzione di un deficit focale della funzione cerebrale di probabile origine vascolare”. E’ di durata superiore alle 24 ore. Al di sotto delle 24 ore si parla di TIA (Attacco ischemico transitorio). Il TIA è comunque a sua volta un fattore prognostico negativo, dal momento che circa il 10% dei casi che sviluppano un TIA, andranno incontro ad uno stroke completo. Epidemiologia Le malattie cerebrovascolari costituiscono la terza principale causa di morte nei paesi sviluppati dopo le malattie di cuore e le neoplasie. Recenti dati fanno inoltre ritenere che l’ictus sia già diventato, addirittura, la seconda causa di decesso nel mondo. (Hachinski V.) Il 5% della popolazione sopra i 65 anni va incontro a un ictus una volta nella vita. L’esclusione di questi soggetti dalla forza lavorativa e le prolungate degenze a cui devono ricorrere, rendono le conseguenze economiche di questa malattia, tra le più gravi in medicina ed in riabilitazione. Secondo un recente studio Nazionale della SIRN la Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (VI Congresso della SIRN svoltosi a Venezia nel 2006), l'Ictus è la principale causa di neurodisabilità in Italia con una prevalenza di 200 emiplegici ogni centomila abitanti. Un altro studio della ILSA (Italian Longitudinal study on Ageing), mostra come nella fascia di età tra i 65 e 84 anni il Tasso di prevalenza nella popolazione italiana sia del 6,5%. Nello specifico, i soggetti maschi mostrano un tasso leggermente maggiore rispetto alle donne (M = 7,4% e F = 5,9%) I dati di ictus in Italia, di prevalenza generale, che si basano sui dati ILSA per le età comprese tra 65 e 84 anni, su altri studi di popolazione italiana per le altre fasce di età e sui dati di popolazione dell’ultimo censimento 2001 (dati ISTAT), sono riassunti nelle tabelle di seguito riportate.

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Età Popolazione Totale

% Prevalenza di ictus Valori percentuali

Soggetti con ictus

0-44 31.970.899 56,1 0,065 20.781 45-54 7.589.261 13,3 0,410 31.116 55-64 6.789.729 11,9 1,275 86.569 65-74 5.883.460 10,3 4,500 264.756 75-84 3.522.093 6,2 8,796 309.803 >85 1.240.321 2,2 16,185 2007.46 TOTALI 56.995.744 100% 1,603 913.771 Tabella 1 – Prevalenza di ictus in Italia Dati di popolazione basati sui risultati definitivi del censimento 2001(Studio ILSA) L’incidenza varia molto da studio a studio e comunque aumenta con l’età raggiungendo il massimo negli ultra ottantacinquenni. Eccetto che in questa ultima fascia d’età, l’incidenza è più alta nei maschi che nelle femmine. Risulta pertanto che il 75% degli ictus colpisce l’età geriatrica (dai 65 anni in poi) (Ricci S, Celani MG, et coll.) (D'Alessandro G, Bottacchi E et coll.). Negli anziani di 85 anni ed oltre l’incidenza è tra 20‰ e 35‰ circa, con alta preponderanza di ictus ischemici e prognosi peggiore in termini di mortalità rispetto ai malati più giovani. (Marini C, Baldassarre et coll.) Età(anni) 65-69 70-74 75-79 80-84 Totali* Uomini IC 95

4,54 1,39-7,68

9,53 4,86-14,20

20,0 12,59-27,41

15,27 8,41-22,14

11,67 8,59-14,38

Donne IC 95

4,58 1,41-7,75

8,10 3,52-12,69

12,72 6,67-18,76

13,46 6,87-20,06

9,21 6,73-11,69

Totale IC 95

4,56 2,32-6,79

8,86 5,58-12,14

16,44 11,64-21,25

14,39 9,62-19,16

10,47 8,63-12,32

* tassi sono standardizzati sulla popolazione del 1995 Tabella 2 – Studio ILSA - Incidenza di primo ictus in Italia nei soggetti di età compresa tra 65 e 84 anni in rapporto al sesso Facendo riferimento alla popolazione italiana del 2001 (censimento ISTAT 2001) è stata ipotizzata una distribuzione dell’incidenza per fasce di età, applicando i dati dello studio ILSA, per quanto riguarda i soggetti in età compresa tra i 65 e gli 84 anni ed i dati di altri studi per le altre classi di età, i cui valori sono espressi nella Tabella 3

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Ogni anno vi sarebbero quindi, circa 196.000 nuovi ictus in Italia, di cui una minoranza (circa il 20%) decede nel primo mese successivo all’evento e circa il 30% sopravvive con esiti gravemente invalidanti. Di questi 196.000 nuovi ictus, l’80% è rappresentato da primi episodi pari a circa 157.000 casi ed il 20% da recidive, pari a circa 39.000 casi. Età Popolazione

Totale % Incidenza di ictus

Valori percentuali Nuovi Ictus

0-44 31.970.899 56,1 0,013 4.156 45-54 7.589.261 13,3 0,082 6.223 55-64 6.789.729 11,9 0,255 17.314 65-74 5.883.460 10,3 0,845 49.715 75-84 3.522.093 6,2 2,224 78.331 >85 1.240.321 2,2 3,237 40.149 TOTALI 56.995.744 100% 0,344 913.771 Tabella 3 – Incidenza di ictus in Italia. Dati definitivi del censimento 2001 Altri dati importanti sono quelli riguardanti l’incidenza delle varie tipologie di ictus. Solo pochi studi epidemiologici forniscono dati dettagliati. Vari studi fatti in diverse città italiane mostra i seguenti dati riassunti nella tabella 4. Studio Ischemia

cerebraleEmorragia cerebrale

Emorragia subaracnoidea

Eventi non definiti

Trasimeno (Ricci S., Celani M.G.)

1,70 0.40 0,17 0,23

Aosta (D’Alessandro G., Di Giovanni)

1,50 0,30 0,05 0,40

Belluno (Lauria G., Gentile M. et coll.)

1,50 0,43 0,05 0,23

Aosta II (D'Alessandro G.,Bottacchi et coll)

2,38 0,30 0,12 0,08

L’Aquila (Carolei A., Marini C.)

2,21 0,41 0,08 0,05

Vibo Valentia (Di Carlo A., Inzitari D. et coll.)

1,31 0,35 0,06 0,07

Tabella 4 Da questi studi di popolazione, si può desumere che circa l’80% dei soggetti con ictus è affetto da forme di tipo ischemico, mentre le emorragie intraparenchimali rappresentano circa il 15% - 20% dei casi e le emorragie subaracnoidee non superano

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il 3% del totale. Un certo grado di incertezza deriva dal fatto che una quota non trascurabile di casi rientra nella categoria degli ictus non classificabili per mancanza di documentazione strumentale o autoptica. Altri studi di metanalisi, anche se meno recenti come quello Sudlow e Warlow del 1997, mostrano come la proporzione delle diverse tipologie di ictus varia dal 72% all’86% per gli ictus ischemici, tra l’8% ed il 15% per le emorragie intraparenchimali, e tra l’1% ed il 5% per le emorragie subaracnoidee. La percentuale di ictus non classificabili, varia negli 8 studi considerati da 0% al 15%. La mortalità in fase acuta è del 30% circa con invalidità grave residua nel 40% dei sopravvissuti In Italia il tasso di mortalità è pari a 100 casi per 100.000 abitanti. I dati relativi alla mortalità sono comunque un indice impreciso della realtà della malattia cerebrovascolare, dato che risentono molto del livello assistenziale, dell’affidabilità della certificazione di morte, della struttura della popolazione studiata. Entro l’anno 2020 la mortalità per ictus sarà raddoppiata a causa dell’aumento dei soggetti nelle classi più avanzate di età e della persistenza dell’abitudine al fumo nei paesi in via di sviluppo. (Warlow C., Sudlow C. et coll.) Cenni di anatomia: l’anatomia dell’encefalo L’encefalo è suddiviso in due emisferi connessi attraverso una commessura detta corpo calloso. Ogni emisfero è suddiviso da delle scissure principali in 6 lobi, a loro volta suddivisi da dei solchi secondari in molte circonvoluzioni. Tale forma deriva dalla particolare evoluzione del cervello dei primati, nel corso della quale il volume della corteccia cerebrale è aumentato più rapidamente del volume del cranio; quindi a causa di tale disparità di sviluppo sulla superficie della corteccia si sono formati moltissimi solchi suddividendola in circonvoluzioni e tutta la corteccia si è ripiegata su se stessa. La corteccia presenta moltissime aree che sono implicate in funzioni diverse. Molte di tali aree elaborano informazioni sensoriali oppure integrano i segnali afferenti per il controllo motorio; ma alcune di queste regioni sono più specializzate in queste funzioni e quindi vengono dette Aree sensoriali o Motorie primarie secondarie e terziarie o di ordine superiore. Queste ultime due, sono disposte attorno alle aree primarie corrispondenti e mentre le sensoriali di ordine superiore integrano le informazioni provenienti dalle primarie, le motorie di ordine superiore inviano alla corteccia primaria informazioni necessarie per l’esecuzione degli atti motori. Oltre alle aree sensoriali e motorie la corteccia cerebrale presenta tre vaste regioni dette aree associative che hanno la funzione di integrare informazioni di diversa natura, necessarie per l’esecuzione di azioni dirette verso scopi specifici. Esse partecipano alle tre principali funzioni del sistema nervoso: la percezione il movimento e la motivazione.

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La Vascolarizzazione dell’encefalo Il metabolismo cerebrale è aerobio, quindi i neuroni dipendono da un continuo apporto di sangue. Se l’encefalo viene privato di tale apporto si ha una rapida perdita di coscienza ed un danno permanente in pochi minuti. L’encefalo è altamente vascolarizzato ed il sangue vi arriva attraverso alcune arterie principali. Nel circolo cerebrale possiamo suddividere: Arterie portanti: carotidi interne, cerebrali anteriori, cerebrali medie, vertebrali, basilare, cerebrali posteriori, cerebellari. Arterie perforanti: arterie per le strutture mediane, arterie per la corteccia cerebrale, arterie per la sostanza bianca, le quali nascono dalle arterie portanti. Esiste un complesso sistema di anastomosi tra le arterie cerebrali (Fig. 1). Questo sistema salvaguarda il cervello dalle conseguenze delle stenosi e delle occlusioni arteriose delle arterie portanti. In condizioni di assoluta simmetria delle arterie e di perfetto funzionamento dell’apparato cardiovascolare, non vi sono circoli collaterali. Quando il lume di un’arteria si riduce o si chiude, si stabilisce, attraverso le anastomosi, un circolo collaterale. Quindi, si desume che l’infarto cerebrale non è dovuto tanto all’occlusione di un’arteria cerebrale, quanto al cattivo funzionamento dei circoli collaterali (es:malformazione congenita delle anastomosi, lesione acquisita delle arterie del circolo collaterale). Fig 1 L’encefalo: L’irrorazione e la suddivisione in Lobi.

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Le principali anastomosi sono: Poligono di Willis: costituito da comunicante anteriore che collega le arterie cerebrali anteriori e comunicanti posteriori che collegano le arterie cerebrali posteriori con l’arteria carotide interna; Anastomosi fra i rami dell’arteria oftalmica, collaterale della carotide interna ed i rami orbitotemporali e meningei della carotide esterna; Anastomosi fra la corioidea anteriore e la corioidea posteriore; Anastomosi fra le arterie cerebrali anteriori, medie, posteriori e cerebellari attraverso rami meningocorticali. La corteccia rolandica è irrorata dalla cerebrale media ed anteriore. La cerebrale media stacca un ramo per l’irrorazione dei due terzi inferiori della circonvoluzione rolandica (centri per i movimenti della faccia, della lingua e dell’arto superiore) la cui occlusione determina paralisi dei muscoli facio-linguali e dell’arto superiore. La cerebrale anteriore irrora la parte superiore della circonvoluzione rolandica e il lobulo paracentrale, la cui occlusione determina paralisi dell’arto inferiore. Il ginocchio e il braccio posteriore della capsula interna sono irrorati dalla arterie corioidea anteriore la cui occlusione determina emiplegia completa, e cerebrale media e posteriore. Tuttavia sia nelle lesioni corticali che in quelle capsulari c’è la costante incompletezza della paralisi facciale, che riguarda solo la sua metà inferiore. Anche i muscoli laringei e masticatori hanno doppia innervazione per cui non sono mai colpiti. Vediamo adesso il decorso ed i rami collaterali e terminali delle principali arterie che vascolarizzano l’encefalo:

• ARTERIE CAROTIDI INTERNE (2) Sono 2 dx e sx e provengono dalla arteria carotide comune; penetrano all’interno della scatola cranica attraverso il foro carotico interno. Presentano dei rami collaterali e dei rami terminali. I rami collaterali a sua volta si suddividono in:

Rami del canale carotico-timpanico

Rami della cavità cranica I rami terminali sono: ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE (2) ARTERIA CEREBRALE MEDIA (2) ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE (1) ARTERIA COMUNICANTE POSTERIORE (2)

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• ARTERIE VERTEBRALI (2)

Tali arterie originano dalla succlavia e passando attraverso il forame vertebrale delle vertebre cervicali si uniscono a livello del solco bulbo pontino a formare la ARTERIA BASILARE grosso vaso che a sua volta presenta dei rami collaterali e terminali.

I rami collaterali sono : ARTERIA CEREBELLARE ANTERIORE INFERIORE

ARTERIA UDITIVA INTERNA ARTERIA CEREBELLARE SUPERIORE I rami terminali sono: ARTERIE CEREBRALI POSTERIORI E’ possibile evidenziare come la circolazione cerebrale sia molto complessa ed ovviamente il deficit che consegue allo stroke, sia esso sensitivo, motorio o cognitivo sarà in funzione della sede della lesione; cioè da quale vaso è stato occluso (se si parla di stroke ischemico) o da quale vaso si è rotto (se si parla di stroke emorragico) ed ecco perché è importante che il neuroriabilitatore conosca molto bene l’anatomo-fisiologia dell’encefalo ed anche la sua vascolarizzazione. Vediamo nel dettaglio questa complessa vascolarizzazione: ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE: questa arteria nasce a livello della scissura laterale e si porta in avanti passando sopra al nervo ottico. I suoi rami collaterali sono: le arterie centrali che irrorano il corpo calloso il setto pellucido e lo striato; le arterie corticali che si suddividono in A. Interne Anteriori; A. Interne Inferiori; A. Interne Media. Questa arteria si distribuisce anche alla zona orbitaria superiore dei lobi frontali e temporali. Quindi questa arteria, irrorando la parte mesiale del lobo frontale ed una parte della corteccia parasagittale, occludendosi, potrà dar luogo ad una monoplegia crurale controlaterale, ad un deficit della sensibilità talvolta ad anomalie comportamentali associate al danno del lobo frontale. ARTERIA CEREBRALE MEDIA: decorre nella scissura laterale fino all’insula. I suoi rami sono: le arterie centrali che si distribuiscono ad i nuclei della base. le arterie corticali per gran parte delle circonvoluzioni pre e post centrali (area 4 e 1 di Brodmann) rispettivamente area motoria e sensitiva primaria.

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Questa arteria si distribuisce anche alle zone laterali dei lobi frontali parietali e metà dei temporali. Questa arteria irrora la maggior parte della convessità dell’emisfero cerebrale e di importanti strutture profonde; pertanto la sua occlusione potrà dar luogo ad una forte emiplegia controlaterale che interessa faccia arto superiore ed inferiore. Anche la radiazione ottica e spesso interessata determinando un’emianopsia laterale omonima, oltre ad un deficit sensitivo. ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE: si distribuisce al plesso corioideo dx, al ventricolo laterale, al diencefalo, alle vie ottiche, al talamo alla capsula interna e a parte dei nuclei della base. ARTERIA COMUNICANTE POSTERIORE: si distribuisce al chiasma ottico, all’ippocampo, al peduncolo cerebrale alla capsula interna ed al talamo. ARTERIA VERTEBRALI: si distribuisce al midollo cervicale al bulbo al cervelletto alla dura madre della fossa cerebellare. ARTERIA CEREBELLARE INFERIORE ANTERIORE: si distribuisce alla faccia inferiore degli emisferi cerebellari ed al 4° ventricolo ARTERIA UDITIVA INTERNA: si distribuisce all’orecchio interno ARTERIA CEREBELLARE SUPERIORE: si distribuisce alla faccia superiore del cervelletto ed al 3° ventricolo. RAMI PONTINI: per il ponte. ARTERIA CEREBRALE POSTERIORE: questa arteria termina nella regione del cuneo col nome di arteria calcarina. I suoi rami sono: le arterie centrali che si distribuiscono alle pareti del 3° ventricolo, al talamo all’ipotalamo ed al mesencefalo. le arterie corticali che si distribuiscono ad i lobi temporali ed occipitali. Un occlusione dall’arterie vertebrali o di quella basilare e delle sue branche, è potenzialmente molto pericolosa , poiché irrorano il tronco encefalico che contiene centri che controllano funzioni vitali come la respirazione e la pressione sanguigna. Inoltre il tronco encefalico raggruppa i nuclei dei nervi cranici ed è attraversato dai fasci cortico spinali motori e sensitivi. Quindi un danno a questi vasi può costituire un pericolo per la vita e se il pz sopravvive potrà avere una tetraplegia spastica deficit sensitivi nonché una paralisi dei nervi cranici.

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I rami terminali delle carotidi interne (arteria comunicante anteriore, le arterie cerebrali medie e le arterie comunicanti posteriori) ed i rami terminali della arteria basilare (arterie cerebrali posteriori) si anastomizzano a formare un poligono detto “poligono di Willis” (Fig 2).

Fig. 2 Il Poligono di Willis Attraverso questi rami anastomotici si attua il regolare passaggio del sangue in varie direzioni. Questo realizza un conguaglio di pressioni fra le carotidi interne e le vertebrali con una uniforme distribuzione di sangue a tutto l’encefalo. Sistema Cortico-Spinale Costituito da:

o fibre corticospinali che originano dall’area 4 di Brodman circonvoluzione frontale ascendente, discendono attraverso la corona radiata, convergono nei due terzi anteriori del braccio posteriore della capsula interna, passano attraverso il peduncolo cerebrale alla porzione basale del ponte ed alle piramidi bulbari ed è per tale motivo che il tratto cortico spinale viene chiamato anche tratto piramidale anche se tale definizione non è esatta. A livello delle piramidi la maggior parte delle fibre si incrocia (decussatio piramidum), e decorre nel cordone laterale del midollo spinato costituendo il fascio corticospinale crociato mentre solo una piccola parte continua invariata non incrociando e decorrendo nel cordone anteriore ipsilaterale costituendo il corticospinale diretto.

o fibre cortico-bulbari che discendono attraverso la corona radiata, passano nel ginocchio della capsula interna, giungono nel peduncolo cerebrale e terminano nei nuclei motori dei nervi cranici del tronco encefalico.

Il fascio cortico spinale è costituito da circa un milone di fibre. Circa 1/3 origina dalla corteccia motoria primaria (area 4 di Brodman) situata nella circonvoluzione

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precentrale del lobo frontale; 1/3 origina dalle aree premotorie (area 4 e 6) localizzate sempre nel lobo frontale dietro l’area 4; ed 1/3 origina dalle aree 3,2,1 della corteccia somatosensitiva localizzate nel lobo parietale. Il fascio cortico spinale è la via della motilità volontaria, somatica, cosciente, deputata ad inviare gli impulsi motori volontari a tutti i muscoli scheletrici e pellicciai del corpo, così da determinarne la contrazione volontaria. Come già detto circa 1/3 di tale fascio nasce dalla corteccia cerebrale della circonvoluzione frontale ascendente del lobo frontale dell’emisfero cerebrale; qui ha sede l’area motrice primaria o area 4, la quale è caratterizzata da una rappresentazione somatotopica, tale per cui la metà eterolaterale del corpo vi si proietta capovolta. Le cellule piramidali di tale corteccia, che rappresentano i protoneuroni motori della via piramidale, danno luogo a fibre nervose che formano il fascio cortico spinale. Questo discende nel centro semiovale dell’emisfero cerebrale ed entra poi nella capsula interna, occupandone il ginocchio e la metà anteriore del braccio posteriore. La sua parte che trovasi nel ginocchio della capsula interna, è il fascio genicolato. Questo fascio è destinato ai nuclei somatomotori dei nervi encefalici. Oltrepassata la capsula interna il fascio piramidale entra nel piede del peduncolo cerebrale. Il fascio piramidale prosegue in basso decorrendo il piede del ponte e poi nella piramide del midollo allungato. Nella parte inferiore del midollo allungato, in corrispondenza delle decussazioni delle piramidi, la maggior parte delle fibre del fascio piramidale si incrocia e prosegue poi nel cordone laterale eterolaterale del midollo spinale, costituendo il fascio piramidale crociato; le altre fibre del fascio piramidale proseguono invece dirette ed entrano nel cordone anteriore omolaterale del midollo spinale, formando il fascio piramidale diretto. Il fascio crociato discende per tutta la lunghezza del midollo spinale ed emette via via fibre che entrano nel corno anteriore del midollo spinale dal lato in cui il fascio sta decorrendo. Il fascio piramidale diretto che termina ai primi segmenti toracici del midollo spinale, emette fibre che si incrociano nella commessura bianca del midollo spinale e raggiungono così il corno anteriore eterolaterale del midollo spinale. Le fibre del fascio piramidale siano esse giunte ai nuclei somatomotori dei nervi encefalici o al corno anteriore del midollo spinale, terminando contraendo rapporti sinaptici con i motoneuroni, i quali rappresentano i secondi neuroni della via piramidale. Le fibre nervose nate dai motoneuroni escono dal nevrasse con i nervi encefalici o con le radici anteriori dei nervi spinali e vanno ai muscoli somatici, dove le loro ultime ramificazioni terminano con le placche motrici sulle fibre muscolari scheletriche. Come gia detto le aree della corteccia cerebrale molteplici e ciascuna assolve determinate funzioni. In questo articolo verrano trattate principalmente le aree deputate al controllo del moviemento poiché tale funzione è quella che più concerne la valutazione ed il trattamento fisioterapico. Aree Motorie Area 4 o Area Motoria Primaria Area 4 gamma: Area motoria primaria vera e propria; occupa la circonvoluzione frontale ascendente, inclusa la zona che sconfina nel lobulo paracentrale sulla faccia

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mediale dell’emisfero cerebrale. Da qui nascono impulsi motori volontari a tutti i muscoli della metà eterolaterale del corpo, fatta eccezione per i muscoli estrinseci dell’occhio. Nell’area 4 sono identificabili vari territori dai quali originano gli impulsi motori volontari per i diversi gruppi muscolari. Detti territori sono distribuiti in modo tale da aversi sull’area 4, una rappresentazione motrice somatotopica detta omuncolo motorio, la quale è tale per cui la metà eterolaterale del corpo si proietta capovolta sull’area medesima; infatti a cominciare dal basso si hanno dapprima i centri della motilità della testa, poi quelli del collo, poi quelli dell’arto superiore, indi quelli del tronco, quelli dell’arto inferiore, infine quelli della motilità dei muscoli del perineo che sono sulla faccia mediale dell’emisfero cerebrale. Le sue lesioni principalmente causano paresi. Area 4 alfa: Funzioni sconosciute. Area 4 s: Area soppressoria, sottile striscia che si estende longitudinalmente davanti all’area 4 gamma, effetto inibitorio sulle risposte motorie ottenute mediante stimolazione dell’area 4 gamma. Area 6 o area motrice supplementare Occupa la parte posteriore delle circonvoluzioni frontali inferiori (media, superiore, interna), trovandosi al davanti dell’area 4 s. Questa area non invia fibre al fascio corticospinale direttamente ma le sue connessioni avvengono attraverso strutture sottocorticali, come nuclei della base, sostanza nera, … La sua stimolazione provoca movimenti più grossolani e globali dell’emicorpo controlaterale. Da qui originano le vie extrapiramidali, vie che sono deputate al controllo ed alla regolazione dei movimenti volontari e che sono preposte al tono posturale ed ai movimenti semivolontari ed automatici che si associano ai movimenti volontari. Ma la sua funzione fondamentale è senza dubbio quella di programmare piuttosto che eseguire complesse sequenze di movimenti(Roland et coll.). E stato inoltre evidenziato come per evocare stimolazioni di questa area siano necessari treni di impulsi più intensi e di maggior durata rispetto alla stimolazione dell’area motrice primaria Le sue lesioni riducono la capacità di sviluppare strategie adeguate ai movimenti da eseguire.

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Le tipologie di stroke Lo stroke può essere suddiviso in tre grosse branche: ICTUS ISCHEMICO:è la causa più comune di stroke. Le arterie più colpite sono le tre cerebrali maggiori mentre le vertebrale e la basilare sono meno colpite. Recenti studi (2001) mostrano che l’ictus ischemico ha un’incidenza maggiore negli uomini e soprattutto dopo i 70 anni. L’80% degli stroke sono dovuti ad occlusioni (Bamford) e da embolizzazioni di placche ateromatose con partenza dai vasi del collo oppure dal cuore. Il paziente può non perdere conoscenza ma può lamentare cefalea, i sintomi della emiplegia evolvono velocemente. Lo stroke ischemico è una cerebrovasculopatia ischemiche definite anche come sindrome neurologica dovuta a riduzione del flusso ematico cerebrale con conseguenti alterazioni funzionali, biochimiche e strutturali del parenchima che possono condurre rapidamente alla morte neuronale. Il valore soglia del flusso al di sotto del quale il tessuto cerebrale è da considerare ischemico è attorno ai 20 ml/100 mg min. L’Ictus ischemico può essere altresì suddiviso sulla base:

A. della durata dei sintomi B. dell’eziopatogenesi C. della localizzazione

A . Sulla base della durata dei sintomi possiamo distinguere: TIA: (Transient Ischaemic Attack) improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale attribuibile ad insufficiente apporto di sangue completamente reversibili entro le 24 ore. Dal 50 al 90% dei casi un episodio di TIA è correlato ad Aterosclerosi della corrispondente arteria con una certa variabilità che dipende dalle caratteristiche cliniche e dal territorio arterioso interessato. Il TIA in un certo qual modo è “Utile” Permette di individuare stenosi arteriose sintomatiche e permette la prevenzione dello stroke. Il rischio di ictus in soggetti con TIA o minor stroke è di oltre 10 volte più alto rispetto alla popolazione generale di pari età e sesso nel primo anno seguente all’episodio iniziale (Koudstaal PJ; Dennis MS).

ICTUS EMORRAGICO intraparenchimale

ICTUS CON EMORRAGIA SUBARACNOIDEA

ICTUS ISCHEMICO

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È inoltre presente un aumentato rischio per eventi vascolari importanti anche in altri distretti vascolari (coronarie, arti inferiori, morte improvvisa, etc.). Il rischio assoluto di ictus nei soggetti con TIA o minor stroke varia da 7% a 12% il primo anno e da 4% a 7% per anno nei primi 5 anni dopo l’evento iniziale (Warlow CP). Ischemia cerebrale: comparsa acuta di segni e/o sintomi neurologici focali persistenti oltre le 24 ore con riscontro radiologico di lesioni ischemiche congrue con la sintomatologia. B. Si possono invece classificare 3 meccanismi eziopatogenetici: 1. Meccanismi steno-occlusivi: - tromboembolia atero-sclerotica dei grossi vasi - embolia cardiogena - trombosi di piccole arterie cerebrali - tromboembolia da altre malattie arteriose(es. arteriti) - malattie ematologiche Tra questi casi vediamo più nello specifico la tromboembolia atero-sclerotica (1) dei grossi vasi e le embolie cardiogene (2). (1) La progressiva riduzione del lume con conseguente compromissione del flusso distale. Distacco ed embolizzazione dei frammenti di un trombo localizzato sulla placca che si arrestano nei rami distali dell’arteria colpita. Si verifica una formazione IN SITU di un coagulo con occlusione totale dell’arteria interessata. La sede più frequente è rappresentata dalle arterie di grosso calibro, in corrispondenza delle biforcazioni. Nell’ictus ATS vi è una scarsità di sintomi clinici associati, all’esordio. Per esempio la cefalea e il vomito sono presenti solo nel 10% dei pazienti mentre le crisi epilettiche sono praticamente assenti. (2) Esistono molte affezioni cardiache potenzialmente embolizzanti che possono causare l’occlusione di un vaso cerebrale, con conseguente ictus ischemico.Qui di sotto elenco alcune fra le principali:

• FA non isolata • Protesi valvolare meccanica • Stenosi mitralica con FA • Trombosi dell’atrio e/o dell’auricola sn • Sindrome del nodo del seno • IMA recente (< 4 sett.)

• Trombo ventricolare sn. • Mixoma atriale • Endocardite infettiva • Cardiomiopatia dilatativa • Acinesia di parete ventricolo sn.

Una volta raggiunta la sede definitiva dell’occlusione il materiale embolico rimane instabile dal punto di vista meccanico e può andare incontro a frammentazione oppure a dissoluzione spontanea (sistema fibrinolitico) con ricanalizzazione parziale o totale. Le sedi più colpite sono tipicamente le arterie intracraniche: ramo prossimale del poligono di Willis e rami distali corticali. Le occlusioni dei rami intracranici sono virtualmente patognomoniche dell’embolia. Nell’ictus di origine embolia, invece abbiamo un improvviso deficit neurologico focale già di massima gravità all’esordio.

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Il paziente è tipicamente sveglio e attivo ed i sintomi associati frequenti sono la Cefalea oltre il 10% e le Crisi epilettiche 5-7% dei casi. 2. meccanismi emodinamici: - deficit di pompa cardiaca - “ furto” 3. Metaboliche: - crisi ipoglicemica C. Sede della Lesione (Bamford, Sandercock, Warlov e coll, Lancet 1991) Infarti lacunari (LACI): sono determinati dall’occlusione di una singola arteria perforante profonda (10–25%) con interessamento di braccio posteriore di capsula interna, di putamen, ponte. Clinicamente le sindromi lacunari (LACS) possono causare: un Ictus motorio puro, un Ictus sensitivo puro, una Emiparesi atassica oppure un Ictus sensitivo motorio. I soggetti che presentano un infarto lacunare, presentano una prognosi a lungo termine peggiore rispetto alla popolazione generale, anche se non più grave rispetto ai pazienti con TIA o altri tipi di ictus con lievi esiti. La mortalità acuta è d’altra parte molto bassa (Gandolfo C., Moretti C.). Infarti del circolo posteriore (POCI): sono determinati dall’occlusione delle arterie vertebrali e basilari con interessamento di lobo occipitale, talamo, cervelletto, tronco encefalo. Le sindromi del circolo posteriore (POCS) possono causare la paralisi di almeno un nervo cranico omolaterale con deficit motorio e/o sensitivo controlaterale. Oppure un deficit motorio e/o sensitivo bilaterale o un disturbo coniugato di sguardo o una disfunzione cerebellare (senza deficit delle vie lunghe) o una emianopsia isolata o cecità corticale. Infarti completi del circolo anteriore (TACI): coinvolgono l’arteria cerebrale media prossimalmente, prima della sua divisione con interessamento di strutture cerebrali profonde e superficiali. Le sindromi complete del circolo anteriore (TACS) causano: una emiplegia controlaterale alla lesione una emianopsia controlaterale alla lesione, un disturbo di una funzione corticale superiore (es. afasia o disturbi visuo-spaziali). Infarti parziali del circolo anteriore (PACI): coinvolgono la cerebrale media distalmente dopo la sua divisione, con l’interessamento di zone più circoscritte e corticali. Le sindromi parziali del circolo anteriore (PACS) possono causare uno dei seguenti deficit: sensitivo/motorio+emianopsia, sensitivo/motorio+compromissione di funzione corticale superiore, compromissione di una funzione corticale superiore + emianopsia, sensitivo/motorio puro meno esteso di una sindrome lacunare (es. monoparesi) oppure un deficit di funzione corticale superiore isolata. ICTUS EMORRAGICO: circa il 9% di tutti gli stroke è causato da una emorragia nei vasi profondi del cervello (Bamford 1988). Può anche essere definito come sindrome neurologica dovuta a rottura di un vaso arterioso, non traumatica, con conseguente stravaso di sangue nel parenchima cerebrale.

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Solitamente il paziente presenta un quadro di ipertensione; tale condizione causa una degenerazione delle arterie perforanti del cervello. Le pareti dei vasi si indeboliscono causando così lo sviluppo di piccole erniazioni o microaneurismi che possono andare incontro a rottura. L’esordio è drammatico, con severa cefalea vomito e circa nel 50% dei casi, perdita di coscienza. La normale autoregolazione viene persa in vicinanza dell’ematoma che causa anche un aumento repentino della pressione intracranica. Nel caso di un ictus emorragico la prognosi iniziale è molto grave, ma coloro che recuperano lo fanno in maniera ottimale via via che l’ematoma si riassorbe. Questo è dovuto al fatto che, presumibilmente, vengono distrutti molti meno neuroni. L’emorragia cerebrale si può localizzare in sede tipica: si localizza cioè a livello delle strutture profonde (nucleo lenticolare, talamo, capsula interna), e in genere si ha nei pazienti ipertesi.(Fig. 3-4) Oppure in sede atipica : si localizza a livello di lobo frontale, temporale, parietale od occipitale; in genere secondarie a rottura di aneurismi,malformazioni vascolari, sanguinamento di tumori cerebrali, trasformazione emorragica di ictus ischemico.

Fig. 5 - Localizzazione atipica della emorragia cerebrale

Fig. 4 – Sede tipica dell’emorragia cerebrale

Fig. 3 –Localizzazione tipica della emorragia cerebrale

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L’emorragia cerebrale parenchimale comporta una mortalità acuta (50% circa ad 1 mese) nettamente più alta rispetto alle forme ischemiche globalmente considerate, simile, peraltro, a quella che è presente negli infarti totali del circolo anteriore (39% a 30 giorni). La mortalità acuta è pertanto molto più precoce nelle forme emorragiche. Nella prima settimana, infatti, circa il 40% dei soggetti con emorragia cerebrale decede contro il 17% degli infarti totali anteriori (Dennis MS, Burn JP). ICTUS CON EMORRAGIA SUBARACNOIDEA: versamento di sangue nello spazio subaracnoideo in genere dovuta a rottura di aneurismi (85%), di malformazioni vascolari o a traumi (Fig. 6). Fig 6 - Emorragia subaracnoidea dovuta a rottura di un’ aneurisma della arteria cerebrale media La sede più comune è una regione dell’arteria comunicante anteriore, ma rotture delle arterie cerebrali posteriore e media sono altrettanto molto frequenti. Il paziente lamenta una violenta cefalea spesso associata a rigidità nucale e vomito.Si può avere perdita di coscienza. L’emorragia subaracnoidea, pur rappresentando solo il 3% di tutti gli ictus è responsabile del 5% degli esiti fatali. (Johnston SC, Selvin S) La mortalità acuta ad un mese è simile a quella dell’emorragia intraparenchimale, attestandosi a circa il 34%. (Hop JW, Rinkel GJ) Anche per le emorragie sub-aracnoidee, il tasso di fatalità acuta riguarda soprattutto la prima settimana, periodo in cui si verifica circa il 75% dei decessi del primo mese.

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Conclusioni Nel 35% dei pazienti colpiti da ictus, globalmente considerati, residua una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana (Di Carlo A., Baldereschi M. et coll.). Proporzioni analoghe di disabilità residua si riscontrano tra i soggetti sopravvissuti con lesioni emorragiche e con emorragia sub-aracnoidea. Vista l’elevata incidenza nonché l’altrettanto elevata disabilità residua è evidente che la riabilitazione post-ictus sia, senza togliere niente agli altri settori, sia una delle branche più importanti della fisioterapia Il trattamento riabilitativo del paziente ictato è forse uno dei più difficoltosi in cui si può trovare un fisioterapista, non solo per le mille problematiche correlate alla malattia stessa ma proprio anche per la scelta del tipo di trattamento. Negli ultimi anni si sono affermate alcune scuole di pensiero per il trattamento degli esiti delle patologie cerebrovascolari,ed anche se tutte valide allo stato attuale nessuna mostra,almeno allo stato attuale dei fatti, di avere evidenze scientifiche superiori delle altre. L’unica cosa certa è l’importanza della precocità dell’intervento riabilitativo poichè tutte le evidenze dimostrano che tutti i fenomeni di neuroplasticita dell’encefalo (strutturale e funzionale) sono maggiori nei primo 90-120 giorni post ictus. Glossario Tasso d’Incidenza:in statistica l’incidenza indica il rapporto fra il numero di nuovi casi di una data patologia insorti in un determinato periodo di tempo ed il numero totale delle persone presenti durante lo stesso periodo ,usualmente un anno. Tasso di Prevalenza: in statistica la prevalenza indica il rapporto fra il numero di casi di una data patologia in una data popolazione in determinato momento ed il numero totale delle persone di quella popolazione in quel momento. Prevalenza: In termini generali, la prevalenza misura la proporzione di "eventi" presenti in una popolazione in un dato momento. Incidenza: In termini generali, l'incidenza misura la proporzione di "nuovi eventi" che si verificano in una popolazione in un dato lasso di tempo. Anche in questo caso, per "evento" si può intendere la comparsa di un qualsiasi carattere. Tuttavia, quasi sempre l'incidenza si utilizza per misurare la comparsa di nuovi casi di malattia. Rischio Relativo:compara l’incidenza fra i gruppi di soggetti sottoposti ad esposizioni differenti. E’ la misura del ruolo eziologico di un fattore di rischio. In altre parole è il rapporto fra l’incidenza di una data patologia fra un gruppo esposto ad un dato fattore di rischio per la suddetta e l’incidenza di un altro gruppo di non esposti a quel fattore di rischio. Se è maggiore di uno allora il fattore di rischio aumenta la probabilità di sviluppare quella data patologia.

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