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Lo stile, la parte, l’intreccio. La poetica del comportamento quotidiano nella cultura russa del XVIII secolo 1 Jurij M. Lotman Il titolo di questo lavoro ha bisogno di una spiegazio- ne. Definire il comportamento quotidiano come un si- stema semiotico di tipo particolare vuol dire dare al pro- blema un’impostazione che può suscitare obiezioni. Par- lare della poetica del comportamento quotidiano signifi- ca infatti affermare che nel periodo culturale, cronologi- co e nazionale indicato, determinate forme di attività quotidiana erano coscientemente orientale secondo le norme e le leggi dei testi artistici e vissute in modo im- mediatamente estetico. Se riusciremo a dimostrare questa tesi, essa potrebbe diventare una delle caratteristiche tipologiche più im- portanti della cultura del periodo studiato. Non si può dire che il comportamento quotidiano co- me tale non abbia richiamato l’attenzione dei ricercatori. Nell’ambito etnografico esso è considerato un naturale oggetto di descrizione e di studio. Questo tema è tradizio- nale inoltre per gli studiosi che si occupano di epoche culturali abbastanza lontane: l’antichità, il Rinascimento, il barocco. Anche la storia della cultura russa può richia- marsi a una serie di lavori che conservano importanza, dalla Rassegna della vita domestica e dei costumi del popo- lo granderusso nel XVI e XVII secolo di Kostomarov, al libro di Romanov Uomini e costumi dell’antica Russia (1966 2 ). Ciò che abbiamo detto ci porta a fare un’osservazio- ne: quanto più una cultura è storicamente, geografica-

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Lo stile, la parte, l’intreccio.La poetica del comportamento quotidiano nellacultura russa del XVIII secolo1

Jurij M. Lotman

Il titolo di questo lavoro ha bisogno di una spiegazio-ne. Definire il comportamento quotidiano come un si-stema semiotico di tipo particolare vuol dire dare al pro-blema un’impostazione che può suscitare obiezioni. Par-lare della poetica del comportamento quotidiano signifi-ca infatti affermare che nel periodo culturale, cronologi-co e nazionale indicato, determinate forme di attivitàquotidiana erano coscientemente orientale secondo lenorme e le leggi dei testi artistici e vissute in modo im-mediatamente estetico.

Se riusciremo a dimostrare questa tesi, essa potrebbediventare una delle caratteristiche tipologiche più im-portanti della cultura del periodo studiato.

Non si può dire che il comportamento quotidiano co-me tale non abbia richiamato l’attenzione dei ricercatori.Nell’ambito etnografico esso è considerato un naturaleoggetto di descrizione e di studio. Questo tema è tradizio-nale inoltre per gli studiosi che si occupano di epocheculturali abbastanza lontane: l’antichità, il Rinascimento,il barocco. Anche la storia della cultura russa può richia-marsi a una serie di lavori che conservano importanza,dalla Rassegna della vita domestica e dei costumi del popo-lo granderusso nel XVI e XVII secolo di Kostomarov, al librodi Romanov Uomini e costumi dell’antica Russia (19662).

Ciò che abbiamo detto ci porta a fare un’osservazio-ne: quanto più una cultura è storicamente, geografica-

mente e culturalmente lontana da noi, tanto più il com-portamento quotidiano che le è proprio sarà oggettospecifico dell’attenzione scientifica. A questo è legato ilfatto che i documenti che stabiliscono le norme delcomportamento quotidiano di un determinato intellettosociale di solito sono fatti da stranieri o scritti per stra-nieri e comportano un osservatore esterno rispetto al-l’intelletto sociale dato.

Una situazione analoga si ha anche per quanto ri-guarda il linguaggio quotidiano, la cui descrizione nelleprime tappe di fissazione e di studio è di solito orientataverso un osservatore esterno. Questo parallelo, come sivede, non è casuale: sia il comportamento quotidianoche la lingua madre appartengono a sistemi semioticiconsiderati dai portatori immediati “naturali”, dipen-denti cioè dalla natura e non dalla cultura. Il loro carat-tere segnico e convenzionale appare evidente solo a unosservatore esterno.

Quello che abbiamo detto finora sembra essere incontraddizione col titolo del presente lavoro, in quanto lapercezione estetica del comportamento quotidiano è pos-sibile solo all’osservatore che lo considera nell’ambito deifenomeni segnici della cultura. Lo straniero, che avvertecome esotica la vita quotidiana diversa dalla sua, può per-cepirla esteticamente, mentre il portatore immediato diquella cultura di solito non si accorge della sua specificità.Tuttavia nel mondo della cultura nobiliare russa del XVIII

secolo la trasformazione della natura del comportamentoquotidiano fu di tale portata che acquistò tratti che di so-lito non erano propri di questo fenomeno culturale.

In ogni collettività che abbia una cultura abbastanzasviluppata, il comportamento degli uomini si organizzain base a un’opposizione fondamentale:

1) il comportamento abituale, quotidiano, che glistessi membri della collettività considerano “naturale”,il solo possibile, normale;

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2) tutti i tipi di comportamento solenne, rituale, aldi fuori della pratica quotidiana: quello statale, quellodel culto, quello delle cerimonie, che hanno per glistessi portatori di una determinata cultura un significa-to indipendente.

I portatori di una cultura studiano il primo tipo dicomportamento come la lingua madre, preoccupandosidel suo uso immediato, senza fare attenzione a quando,dove e come hanno acquistato la pratica dell’uso di que-sto sistema. Possederlo sembra loro tanto naturale darendere un problema di questo tipo privo di senso. Èancora più difficile che venga in mente a qualcuno dielaborare per questo pubblico grammatiche della linguadel comportamento quotidiano, metatesti che descriva-no le sue norme “corrette”. Il secondo tipo di compor-tamento si studia invece come una lingua straniera, se-guendo le regole e la grammatica: prima apprendendonele norme e costruendo poi in base a esse “i testi di com-portamento”. Il primo tipo di comportamento si ap-prende spontaneamente e senza rifletterci, il secondocoscientemente e con l’aiuto di insegnanti e il suo pos-sesso appare di solito come un atto di iniziazione.

Dopo Pietro I la nobiltà russa non si limitò a cambia-re il proprio modo di vivere, ma subì un mutamentomolto più profondo. Quello che si considera di solito uncomportamento “naturale” e istintivo divenne oggettodi apprendimento. Nacquero insegnamenti che riguar-davano le norme del comportamento quotidiano. Il mo-do in cui ci si era comportati fino ad allora venne rifiuta-to come scorretto, e sostituito da quello europeo ritenu-to “corretto”. Il nobile russo dell’epoca di Pietro I e diquelle successive si trovò così in patria nelle condizionidi uno straniero, di un uomo che, già adulto, dovevastudiare con metodi artificiali ciò che di solito si imparanella prima infanzia con l’esperienza immediata. Ciò cheera straniero, estraneo, acquistava carattere di norma.

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Comportarsi correttamente voleva dire comportarsi co-me uno straniero, cioè in modo non naturale, secondo lenorme di una vita straniera. Ricordare queste norme eratanto necessario come conoscere le regole di una linguache non è la propria per un corretto uso di essa. Junosticestnoe zercalo [L’onesto specchio della gioventù], volen-do rappresentare un ideale di garbato comportamentopropone di considerarsi in una società di stranieri(“Chiedere un favore dignitosamente, con parole cortesie garbate, come se ci si dovesse rivolgere a uno stranie-ro, per abituarsi a comportarsi così”)2.

Un’inversione culturale di questo tipo non determinòperò l’“europeizzazione” della vita nel senso letteraledell’espressione, perché le forme di comportamentoquotidiano e le leggi straniere prese dall’Occidente, chenell’ambiente russo nobiliare divennero il mezzo norma-le per regolare i rapporti quotidiani, trapiantate in Rus-sia cambiarono funzione. In Occidente erano forme na-turali e dunque non avvertite soggettivamente. Saperparlare olandese non accresceva naturalmente in Olandail prestigio di una persona. Le norme di comportamentoeuropeo trapiantate in Russia acquistarono valore, comela conoscenza delle lingue straniere faceva salire lo sta-tus sociale di una persona. Sempre nell’Onesto specchiodella gioventù leggiamo:

Gli adolescenti che sono venuti da altri paesi e hanno im-parato le lingue con grande fatica, possono fare sforzi pernon dimenticarle, ma le apprendono meglio con lo studiodi libri utili, attraverso i rapporti con gli altri e anche com-ponendo qualcosa in queste lingue per non dimenticarle.Quelli che non sono stati in paesi stranieri e sono stati pre-si a corte o dalla scuola o da qualche altro posto, si com-portano in modo umile e modesto perché vogliono impa-rare dagli altri e non tenere alto lo sguardo con atteggia-mento sfrontato e tenere il cappello appiccicato sulla testasenza toglierlo davanti a nessuno3.

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Questo rende evidente che, nonostante l’opinionediffusa, l’“europeizzazione” ha accentuato e non cancel-lato i tratti non europei della vita quotidiana. Per avver-tire costantemente il proprio comportamento come stra-niero infatti bisognava non essere stranieri (allo stranie-ro il comportamento straniero non appare straniero): bi-sognava assimilare cioè forme della vita quotidiana euro-pea mantenendo rispetto a esse una visione esterna,“estranea”, russa. Bisognava non diventare stranieri macomportarsi come stranieri. È caratteristico in questosenso il fatto che l’assimilazione di usi stranieri non fecediminuire ma anzi spesso portò a una crescita dell’anta-gonismo nei confronti degli stranieri.

Un risultato immediato dei mutamenti del comporta-mento quotidiano fu il ritualizzarsi e semiotizzarsi diquelle sfere della vita che in una cultura che non ha su-bito inversioni appaiono “naturali” e insignificanti. Il ri-sultato fu di carattere opposto a quel “senso del priva-to” che saltava agli occhi dei russi che osservavano la vi-ta europea (cfr. le parole di P. Tolstoj su Venezia: “Nonsparlano l’uno dell’altro. Nessuno ha paura di un altro.Ognuno fa ciò che vuole secondo la sua volontà”, 1888,p. 547). L’immagine della vita europea si duplicò nelgioco ritualizzato del vivere all’europea. Il comporta-mento quotidiano divenne segno del comportamentoquotidiano. Il grado di semiotizzazione, di percezionecosciente, soggettiva, della vita quotidiana come segno,aumentò nettamente. La vita quotidiana acquistò così lecaratteristiche del teatro.

Fra i tratti fondamentali della vita russa del XVIII se-colo è caratteristico il fatto che il mondo nobiliare guidila vita-gioco sentendosi sempre sulla scena, mentre ilpopolo è indotto a osservare i nobili come se fosseromaschere, e a guardare la loro vita dalla platea. Lo testi-monia ad esempio l’uso degli abiti europei (nobiliari) in-dossati come maschere nel tempo delle feste natalizie.

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Selivanov ricorda che all’inizio del XIX secolo, durante lefeste di Natale, folle mascherate di contadini di campa-gna e domestici della casa andavano nel palazzo padro-nale che in quel periodo era aperto per loro. Come co-stumi venivano usate pellicce contadine di pelle di peco-ra rovesciate o abiti buffoneschi che non si indossavanoabitualmente (berretti di fibra di corteccia di tiglio ecc.).Si usavano inoltre normali abiti signorili che la dispen-siera forniva di nascosto (“vecchie uniformi signorili ealtri abiti per uomo e per donna conservati nei magazzi-ni”, Selivanovskij 1881, p. 115).

È significativo che nei quadretti popolari del XVIII se-colo (lubok), – orientati verso il teatro come è dimostratodalle tende, dai frontoni, dalla ribalta e dalla cornice4 –, ipersonaggi popolari appaiano, in quanto attori, con vesti-ti signorili. Così nel noto quadretto Pozaluj podi proc’ otmenja [Per favore allontanati da me] la ragazza che fa lefrittelle ha nei posticci sul viso e il suo corteggiatore in-dossa una parrucca con la treccia, un abito signorile e ilcappello a tre punte5.

La possibilità di avvertire l’alta semiotizzazione del-la vita quotidiana nobiliare non era dovuta solo al fattoche il nobile russo del periodo successivo al regno diPietro, pur avendo fatto proprio questo comportamen-to, continuava a sentirlo come straniero. Questo dop-pio modo di intendere il proprio comportamento lotrasformava in un gioco, e questa sensazione era deter-minata dal fatto che molte caratteristiche della vita rus-sa conservavano ancora un carattere nazionale. Nonsolo il piccolo proprietario che viveva in provincia, maanche il nobile importante, lo stesso Pietro I o Elisa-betta, tornavano spesso alle norme di vita e di compor-tamento tradizionali e nazionali. Si poteva scegliere fraun comportamento neutro, “naturale” e uno accentua-tamente nobiliare e nello stesso tempo coscientementeteatrale. Pietro I ad esempio preferiva per se stesso il

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primo tipo e anche quando prendeva parte alle azionirituali, si attribuiva il ruolo di regista, della personacioè che organizza il gioco, che richiede agli altri di ri-spettarne le regole, ma non vi partecipa personalmen-te. L’amore per “la semplicità” tuttavia non avvicinavail suo comportamento a quello popolare ma aveva piut-tosto un significato opposto. Per il contadino il riposoe la festa comportavano il passaggio a una sfera dicomportamento più ritualizzato di quello consueto: ilservizio religioso, segno consueto della festa, il matri-monio o anche semplicemente il far baldoria nella bet-tola, significava entrare in un rito con regole stabiliteche determinavano anche il tempo, le azioni e le paroledei partecipanti. Per Pietro invece il riposo era il mo-mento del passaggio a un comportamento “particola-re”, fuori del rituale. Quello che per i contadini avevaun carattere pubblico (intorno alla casa in cui si svolge-va il matrimonio si affollavano ad esempio le personenon invitate venute a vedere), per Pietro avveniva die-tro una porta chiusa, nella ristretta cerchia dei propri“intimi”. Questa opposizione è propria del rituale pa-rodistico, che come antirituale tende a svolgersi nell’i-solamento e in ambienti chiusi, ma, come rituale, ben-ché rovesciato, tende a compiersi in pubblico e in unluogo aperto. Il mescolarsi nell’epoca di Pietro dellepiù diverse forme di semiotica del comportamento (dalrituale ecclesiastico ufficiale alla parodia del rituale ec-clesiastico nei riti sacrileghi di Pietro e dei suoi intimi,dal comportarsi come stranieri nella vita quotidiana alcomportamento “particolare” da tenere in privato con-sapevolmente contrapposto al rituale)6 rendeva perce-pibile la categoria dello stile di comportamento. Pro-prio il variegato disordine dei mezzi lessicali della lin-gua dell’inizio del XVIII secolo accentuava il senso del-l’importanza stilistica non solo degli strati della lingua,ma di ogni parola presa separatamente (non solo del

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comportamento ma anche di ogni singola azione), pre-parando gli ordinamenti rigidamente classificatori del-la metà del secolo XVIII.

Così al primo passo, cioè alla semiotizzazione delcomportamento quotidiano, seguì il secondo, cioè lacreazione degli stili nell’ambito delle norme della vitaquotidiana. Spostandosi da Pietroburgo a Mosca, dalleproprietà nei dintorni di Mosca a zone lontane, dallaRussia all’Europa, il nobile russo finiva col cambiare lostile del suo comportamento, spesso anche senza ren-dersene conto. Il processo di formazione di uno stile inuna data sfera si svolgeva anche in un’altra direzione,cioè in quella sociale. Si determinò una differenza nellostile di comportamento fra chi prestava servizio e chinon lo prestava, fra il militare e il civile, fra il nobile del-la capitale (cortigiano) e quello che viveva fuori. Il mododi parlare, di camminare, di vestirsi indicava senza pos-sibilità di errore il posto occupato dalle persone nellapolifonia stilistica della vita quotidiana. Gogol’, citandonelle lettere, e poi in I giocatori, l’espressione: Rute,resitel’no rute! prosto karta-foska! [“Ruté, proprio ruté!È una scartina”] (Gogol’ 1951, p. 267), riteneva che fos-se una frase tipica dell’esercito e nel suo genere “nonpriva di decoro”. Egli metteva in evidenza, cioè, che néun funzionario civile né un ufficiale della Guardia l’a-vrebbero pronunciata.

Il colorito stilistico era sottolineato dal fatto che larealizzazione dei vari comportamenti era il risultato diuna scelta. La possibilità di scegliere, di cambiare ilproprio comportamento, era alla base del modo di vi-vere nobiliare. Il sistema di vita nel nobile russo era co-struito come un albero. Nella seconda metà del XVIII

secolo i nobili, dopo aver ottenuto la libertà di esserein servizio o di rinunciarvi, di vivere in Russia o all’e-stero, continuavano a lottare per aumentare “i rami” diquesto albero.

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Il governo, soprattutto all’epoca di Paolo I e di Nico-la I, cercava invece di annullare la possibilità di compor-tamento individuale e di scelta di un proprio stile daparte del singolo, tentando di trasformare la vita in ser-vizio e gli abiti in uniformi.

Le principali possibilità di comportamento dei nobilisono elencate nello schema precedente7.

(Sono presi in considerazione soltanto i tipi fonda-mentali di comportamento della nobiltà russa del XVIII

secolo, che sono il frutto della scelta fra possibilità alter-native. Non sono prese in considerazione le modificazio-ni nella tipologia del comportamento dovute all’età).

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comportamento dei nobili

vita laica

all’estero in Russia

in servizio

serviziomilitare

guardia

differenzea secondadell’arma

differenzea secondadell’arma

serviziodiplomatico

altri tipidi attività

da funzionari

grandiproprietari

piccoliproprietari

rurali

esercito nellacapitale

in provincia signorimoscoviti

stile dicomportamentodel proprietario

servizio civile

fuori servizio

clero regolare

clero non regolare

vita ecclesiastica

La possibilità di scegliere distingueva nettamente ilcomportamento dei nobili da quello dei contadini, rego-lato dal calendario agricolo e unico nell’ambito di ognitappa. È curioso che sotto questo aspetto il comporta-mento delle donne appartenenti alla nobiltà fosse in li-nea di principio più vicino a quello dei contadini che aquello degli uomini del loro stesso rango. Non includevainfatti momenti di scelta individuale ed era determinatodall’età.

L’origine degli stili di comportamento avvicinava na-turalmente quest’ultimo a fenomeni analoghi vissutiesteticamente, fatto che a sua volta spingeva a cercaremodelli di comportamento quotidiano nelle sfere del-l’arte. Per chi non aveva ancora assimilato le forme eu-ropeizzate di arte, potevano essere modelli solo i tipi dirappresentazioni abituali per un russo: la liturgia eccle-siastica e il teatro dei saltimbanchi. La prima tuttavia erainvestita di un’autorità tale che l’usarla nella vita assu-meva un carattere parodistico-sacrilego. Un esempio si-gnificativo dell’uso della forma del teatro popolare nel-l’organizzazione della vita quotidiana dei nobili si trovanel raro libretto Rodoslovnaja Golovinych, vladel’cev selaNovospaskago, sobrannaja Bakkalavrom M. D. AkademiiPetrom Kazanskim [Genealogia dei Golovin, proprietaridel villaggio di Novospaskoe compilata dal Baccelliere M.D. A. Pëtr Kazanskij (Kazanskij 1847)]. In questa singo-lare pubblicazione, che si basa sull’archivio domesticodei Golovin, che include le fonti che ricordano quelliche erano al seguito di Ivan Petrovic Belkin quando simise a scrivere Istorija sela Gorjuchina [La storia del vil-laggio di Gorjuchin], è contenuta in particolare la bio-grafia di Vasilji Vasil’evic Golovin (1696-1781), compo-sta in base ai suoi scritti e alle leggende familiari. Latempestosa vita di Golovin, che studiò in Olanda, cono-sceva quattro lingue europee oltre al latino, fu maestrodi camera di Caterina I, soffrì a causa di Mons, subì poi

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la camera di tortura sotto il ministro Biron8 e uscito di lìgrazie a una grossa somma di denaro si stabilì in campa-gna, ci interessa per la mescolanza di teatro da fiera,scongiuri, formule magiche popolari e cerimonie conta-dine in cui egli trasformò la sua vita quotidiana. Ripor-tiamo un’ampia citazione:

Si alzava presto, prima del sorgere del sole, e recitava lepreghiere con l’amato sagrestano Jakovij Dmitriev. Alla fi-ne delle regole mattutine andavano da lui con i rapporti ele relazioni il maggiordomo, il dispensiere, il fiduciario el’anziano. Entravano e uscivano al comando della camerie-ra di provata onestà Pelageja Petrovnaja Vorob’eva. Primadi tutto essa diceva: “In nome del Padre, del Figlio e delloSpirito Santo”, e quelli, che stavano per entrare, risponde-vano: “Amen!”. Poi essa diceva: “Entrate dunque quieti edeferenti, con discrezione, purezza e devozione. Venite alrapporto e ascoltate i comandi del nobile signore nostro.Inchinatevi profondamente di fronte a sua grazia e badatedi serbare tutto fermamente nella memoria!”. Ad una solavoce rispondevano: “Ascoltiamo, madre!”. Dopo essereentrati nella stanza del Signore, si inchinavano fino a terrae dicevano: “Signore nostro, vi salutiamo”. “Salve amicimiei, non tormentati e non straziati dalla disgrazia, nonprovati e non puniti”, rispondeva lui. Egli ripeteva ognivolta: “Allora, va tutto bene?”. A questa domanda rispon-deva prima di tutti gli altri il maggiordomo, facendo un in-chino riverente: “Nella santa chiesa, nelle oneste sagrestie,in casa, nelle stalle e nelle scuderie e per grazia di Dio dap-pertutto, nel chiuso dei pavoni e delle gru, nei giardini, ne-gli stagni degli uccelli, tutto, signore nostro, va bene ed èconservato da Dio sano e salvo”. Dopo il maggiordomocominciava il suo resoconto il dispensiere: “Nelle vostrecantine, nei granai e nelle dispense, nelle legnaie e nei sec-catoi per covoni, nei pollai e nelle gabbie per gli uccelli,per grazia di Dio tutto, signore, è sano e salvo. L’acqua fre-sca di sorgente presa dal pozzo di San Gregorio per ordinevostro è stata portata da un cavallo pezzato, è stata versatain una bottiglia di vetro, messa in un tino di legno, circon-

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data di ghiaccio, chiusa con un coperchio rotondo e vi èstata messa sopra una pietra”. Il fiduciario faceva questorapporto: “Per tutta la notte, Signore mio, le guardie han-no girato intorno al vostro palazzo, hanno battuto con lamazza, hanno fatto crepitare le raganelle, hanno suonato lenacchere e il corno a turno, signore mio. E tutte e quattroparlavano fra loro a voce alta. Gli uccelli notturni non vo-lavano, non gridavano con strana voce, non spaventavano igiovani signori e non beccavano gli stucchi della casa, nonstavano sul tetto, né nel solaio”. Alla fine faceva rapportol’anziano: “In tutte e quattro le campagne per grazia diDio tutto va bene: i vostri contadini si arricchiscono, il be-stiame è sano, i quadrupedi pascolano, gli uccelli domesti-ci fanno le uova, non si sono sentiti terremoti e non si sonovisti fenomeni celesti. Il gatto Van’ka9 e la vecchiaZazigalka10 vivono a Rtiscev e ricevono ogni mese per or-dine vostro il loro pane. Sospirano ogni giorno per la lorocolpa e piangendo vi pregano, signore, che deponiate lavostra collera e perdoniate i vostri servi colpevoli”. Trala-sciamo la descrizione dell’elaboratissimo cerimoniale diogni giorno, che consisteva nelle preghiere domestiche,nella liturgia ecclesiastica e nei riti della colazione, delpranzo e della cena, ognuno dei quali si ripeteva regolar-mente. La preparazione al sonno cominciava [alle 4 delpomeriggio – nota di Lotman] con l’ordine di chiudere leimposte. All’interno recitavano le preghiere a Gesù: “Si-gnore Gesù Cristo, figlio di Dio, proteggici”. “Amen!”, ri-spondevano alcune voci dall’esterno, e al suono di questeparole con terribile rumore chiudevano le imposte e met-tevano sbarre di ferro. Arrivavano poi il maggiordomo, ildispensiere, il fiduciario e l’anziano. Nella stanza del si-gnore entrava solo il maggiordomo e dava agli altri le di-sposizioni. L’ordine per il fiduciario era questo: “Ascoltatel’ordine del padrone: state in guardia. Non dormite pertutta la notte. Fate giri intorno alla casa, battete forte conla mazza, suonate il corno e la raganella. State attenti e ri-cordate: che gli uccelli non volino, che non gridino constrana voce, che non spaventino i bambini, che non bec-chino gli stucchi, che non stiano sul tetto e nel solaio. Stateattenti e ricordate!”. “Ascoltiamo”, era la risposta. All’an-

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ziano veniva ordinato: “Dite ai sotski e ai desjatski [agentidi polizia – N.d.T.] che tutti loro custodiscano gli abitantidal più piccolo al più grande, che tengano gli occhi beneaperti, preservino dal fuoco i borghesi e li proteggano.Stiano attenti a che non ci siano turbamenti nelle campa-gne di Celev, Medvedko e Goljavin, né agitazioni sui fiumiIksa, Jakrom e Volgusa, che non si vedano strani fenomeninei cieli e che non si sentano terremoti. Se qualcosa di si-mile accade o capitano fatti straordinari, non faccianocommenti, vengano subito dal loro signore e glielo faccia-no sapere in tempo. Tengano tutto questo bene a mente”.Al dispensiere dava gli ordini la Vorob’eva: “Il Signore haordinato che tu ti occupi dei viveri, che mandi il cavallo aSan Gregorio a prendere l’acqua santa. Mettetela nel tino,circondatela di ghiaccio, chiudetela con un coperchio ro-tondo e metteteci sopra una pietra con riverenza e con pu-rezza. Abbiate cura degli uomini e del bestiame. Tenetetutto bene a mente”. Con questo si chiudevano gli ordini.La Vorob’eva di solito apriva e chiudeva le porte dellastanza, dava la chiave al padrone e, mettendogliela sotto ilguanciale, diceva: “Signore, riposate con Cristo, dormitesotto la protezione della Santa Vergine, l’angelo custodevegli su di voi Signore mio”. Poi dava ordine alle camerie-re di turno: “Abbiate cura dei gatti11, non fate rumore,non parlate forte, non dormite durante la notte, sorveglia-te quelli che stanno a origliare, spegnete il fuoco e tenetetutto bene a mente”.Dopo aver letto le preghiere della sera, Vasilij Vasilievic simetteva a letto e, facendosi il segno della croce, diceva:“Il servo di Dio va a dormire. Su di lui sia il suggello diCristo e il suo sostegno, la Madonna sia inviolabile mura-glia e difesa, e con lei la destra benedetta, la croce onni-potente e vivificatrice del mio angelo custode, le immagi-ni delle forze incorporee e le preghiere di tutti i santi. So-no protetto da Cristo. Scaccio il demonio e lo sterminoora e sempre nei secoli dei secoli. Amen”. Di notte a No-vospaskoe echeggiavano rumori, tintinnii, sibili, baccano,grida, lo scalpitio e le corse delle quattro guardie e dellesentinelle. Se qualcosa impediva al signore di dormire su-bito, egli non restava a letto e perdeva il buonumore per

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tutta la notte. In questo caso o cominciava a leggere ad al-ta voce il suo libro preferito La vita di Alessandro il Mace-done di Quinto Curzio o sedeva su una grande poltrona(...) e recitava questa preghiera abbassando e alzando rit-micamente la voce: “Nemico Satana, vattene da me in unposto deserto, nei boschi folti e negli abissi della terra do-ve non splende la luce di Dio! Nemico Satana, vattene dame in posti oscuri, in mari senza fondo, in monti senza ca-se, senza uomini e dove non splende la luce del Signore.Muso dannato, vattene da me nell’Inferno! Vattene dame, muso dannato! Vattene nel fuoco dell’Inferno e nontornare. Amen, amen, amen. Ti faccio un anatema, bruttopagano! Sputo su di te!”.Finiti gli scongiuri, si alzava dalla sedia e cominciava adandare avanti e indietro per le sue sette stanze, battendocon la mazza. Queste stranezze naturalmente accendevanola curiosità e molti guardavano dalle fessure che cosa face-va il padrone. Ma in questo caso venivano prese delle mi-sure. Le cameriere cominciavano a gridare motti arguti eproverbi, versavano acqua fredda da finestrini alti su quelliche stavano ad origliare e il signore approvava queste azio-ni dicendo: “Tu meriti la tortura, pagano, ripugnante, im-punito” scalpitando con le gambe e ripetendo più volte lastessa frase (Kazanskij 1847, pp. 60-70).

Questo è un vero e proprio teatro con spettacoli e te-sti che si ripetono regolarmente. Si tratta tuttavia ancoradi un teatro popolare con monologhi rimati da raëk12 econ un finale caratteristico del teatro dei saltimbanchi,durante il quale dal palcoscenico si annaffiava il pubbli-co. Sulla scena “il Signore”, personaggio ben noto nelteatro popolare e nei lubok, parzialmente “negroman-te”, recita scongiuri e legge a voce alta, alternando il lati-no con versi in russo da raëk. È tipico in questo spetta-colo l’accostamento di elementi comici e tragici.

Oltre che attore, il signore è anche spettatore che os-serva il rituale da carnevale nel quale ha trasformato lasua vita quotidiana. Egli recita volentieri il suo ruolo

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buffo-tragico e si preoccupa che anche gli altri non esca-no dallo stile del gioco. È ben difficile che un uomoistruito da un astronomo, geografo, che aveva viaggiatoper tutta l’Europa e conversato con Pietro I, nipote delfavorito di Sofia V. V. Golicyn, credesse al di fuori delgioco che l’amato gatto Van’ka continuasse a vivere dadieci anni in esilio e che “ogni giorno sospirasse per lesue colpe”. Ma egli preferiva vivere in questo mondoconvenzionale con le caratteristiche di un gioco, piutto-sto che in quello in cui, come aveva annotato nel calen-dario, “avevano torturato lui, povero colpevole, detur-pandogli le unghie” (Kazanskij 1847, pp. 58)13.

Il sistema di generi, che si era venuto a creare nellasfera della coscienza estetica dell’alta cultura del XVIII

secolo, cominciava ad agire attivamente sul comporta-mento del nobile russo, creando un sistema ramificatodi generi di comportamento. È indicativa di questo pro-cesso la tendenza a scomporre lo spazio abitabile in pal-coscenici. Il passaggio da un ambiente all’altro si ac-compagnava al cambiamento del tipo di comportamen-to. Fino al tempo di Pietro la Russia conosceva l’oppo-sizione binaria fra uno spazio rituale e uno fuori del ri-tuale. Questa opposizione si realizzava a diversi livellicome casa-chiesa, spazio esterno all’altare-altare, angolonero-angolo rosso nell’isba14, e continuava anche nellavilla signorile dove esisteva una divisione fra le stanzeper vivere e le stanze di gala. In seguito però si manife-stò la tendenza a trasformare le stanze di gala in stanzeper vivere, e a introdurre una distinzione nello spazioper vivere. Il passaggio dalla residenza invernale a quel-la estiva, lo spostarsi per alcune ore dalle sale antiche obarocche del palazzo alla “capanna”, al “rudere medie-vale”, alla campagna cinese o al chiosco turco, il trasfe-rirsi a Kuskov dalla casetta “olandese” a quella “italia-na”, comportavano un cambiamento nel modo di com-portarsi e di parlare.

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Non solo i palazzi degli zar o le ville degli alti digni-tari, ma anche le dimore molto più modeste dei sempli-ci gentiluomini erano piene di chioschi da giardino, digrotte, di tempietti, di luoghi per meditazioni solitarie,di rifugi d’amore ecc. L’ambiente diventava decorazio-ne. Costituiva un elemento in comune col teatro anchela tendenza ad accompagnare il mutamento di spaziocon musiche diverse. In caso di necessità la decorazionepoteva essere semplificata e ridotta fino a trasformarsida costruzione (come erano gli imponenti insiemi archi-tettonici) in segno di tale costruzione, accessibile ancheal semplice proprietario.

Lo sviluppo successivo della poetica del comporta-mento portò all’elaborazione della categoria della parteteatrale. L’uomo del XVIII secolo sceglieva per sé comese fosse stata una parte teatrale – invariante di ruoli tipi-ci – un determinato tipo di comportamento, che sempli-ficava la sua vita quotidiana e la elevava verso un qual-che ideale. Si sceglieva di solito la parte rifacendosi a unpersonaggio storico, a un uomo di Stato, a un letterato,al protagonista di un poema o di una tragedia. Il perso-naggio scelto diventava il doppio idealizzato della perso-na reale, il suo santo. Orientarsi secondo il personaggioscelto diventava un programma di comportamento. At-tributi come “il Pindaro russo”, “il Voltaire del Nord”,“il nostro La Fontane”, “il nuovo Sterne” o “Minerva”,“Astrea”, “il Cesare russo”, “il Fabio dei nostri giorni”diventavano nomi propri supplementari (Minerva peresempio divenne il nome letterario di Caterina II). Que-sto modo di vedere – che organizzava il comportamentodell’individuo, determinava la valutazione soggettiva chela persona dava di sé e nello stesso tempo il modo in cuiveniva considerata dai contemporanei –, creò un pro-gramma di comportamento individuale che in un certosenso determinava già il carattere delle azioni future e ilmodo in cui sarebbero state considerate. Venne così da-

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to impulso alla nascita di un’epica aneddotica basata sulprincipio di accumulazione. La maschera-parte teatraleera il cardine intorno al quale si organizzavano i nuoviepisodi della biografia aneddotica. Questo testo di com-portamento era in linea di principio aperto e si potevaaccrescere senza limiti, includendovi casi sempre nuovi.È significativo che il numero di parti possibili non fosseillimitato, ma abbastanza ristretto e ricordasse sottomolti aspetti personaggi di testi letterari di diverso tipoe protagonisti di varie opere teatrali.

Si hanno in primo luogo parti elaborate partendo dalnormale comportamento neutro, di cui si accresconoquantitativamente tutte le caratteristiche. Fra le masche-re di questo tipo si può indicare la variante del bogatyr[eroe epico russo – N.d.T.], tipica del XVIII secolo, che siforma in base all’accrescimento puramente quantitativodi alcune proprietà normali e neutre dell’uomo. Il Sette-cento brulica di titani. La caratteristica di Pietro I di es-sere un “titano-taumaturgo” (Puskin) risale appunto alXVIII secolo e negli aneddoti su Lomonosov è sempremessa in evidenza la sua forza fisica superiore a quelladegli uomini normali, i suoi svaghi da bogatyr ecc. Aquesto sono legati anche i “cudo-bogatyri” [eroi checompiono in guerra miracoli di coraggio ed eroismo –N.d.T.] (cfr. “E tu hai raddoppiato il passo da bogatyr”[c.vo di Lotman], cioè raddoppiato rispetto al norma-le)15. La più perfetta incarnazione di questa tendenza èl’epica aneddotica su Potëmkin, che creava l’immagineperfetta di un uomo con capacità naturali superiori allanorma. Fiorivano racconti sul suo eccezionale appetito ele sue capacità digestive nel più perfetto spirito di Rabe-lais e del lubok russo (“Ho mangiato magnificamente ebevuto allegramente”, che nella variante russa ha persodel tutto il carattere di caricatura politica dell’originalefrancese e ha ripristinato il sottofondo rabelaisiano-far-sesco). Citiamo uno di questi racconti:

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Nel secolo passato, nel palazzo Tavriceskij, il principePotëmkin, accompagnando Lavasev e il principe Dolgo-rukov, passa attraverso un gabinetto accanto ad un magni-fico bagno d’argento. Lavasev: “Che magnifico bagno!”. Ilprincipe Potëmkin: “Se ti impegni a riempirlo – (questonella tradizione scritta ma nel testo orale risulta un’altraparola) – te lo regalo” (Vjazemskij 1929, p. 194).

Gli ascoltatori potevano valutare la ricchezza di im-maginazione di Potëmkin e pensare che lui stesso, legit-timo proprietario del magnifico bagno, poteva compiereuna simile impresa senza difficoltà. La leggendaria “epi-cità da bogatyr” di Potëmkin aveva anche un altro aspet-to. Non è casuale che Puskin, quando seppe che aveva-no sottoposto un articolo di Davydov alla censura di Mi-chajlivskij-Danilevskij, abbia detto: “Sarebbe comemandare il principe Potëmkin dagli eunuchi per impara-re da loro il modo di comportarsi con le donne”16. Inquesto ambito si può distinguere fra la grandiosità neidisegni politici, nei banchetti e nelle feste, quella nelloscialacquare, nel fare baldoria, nella concussione, e infi-ne la grandiosità nella generosità, nella liberalità, nel pa-triottismo. Ogni racconto che metta in evidenza tratti dacriminale o da eroe può far parte degli aneddoti epici suPotëmkin, a condizione che queste caratteristiche sianoelevate a un grado superlativo.

Un’altra parte tipica, che organizza una serie di leg-gende biografiche e di reali biografie, è quella del perso-naggio arguto, dello spirito ameno, del buffone. Anchequesta è legata al mondo del teatro da fiera e dei lubok.

È ad esempio di questo tipo la biografia di Kop’ev, icui episodi ripetuti dai contemporanei sono di solitoaneddoti vaganti su un personaggio arguto che riesce auscire da situazioni difficili grazie a risposte audaci. Vja-zemskij, narrando alcuni episodi della “biografia” diKop’ev, ha dimostrato che queste stesse azioni e rispostesi attribuivano anche ad altri personaggi (Golicyn) o

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erano note come aneddoti francesi. La parte-mascheraesercita un’azione di attrazione e la biografia leggenda-ria diventa un testo che tende ad autoespandersi assor-bendo aneddoti diversi sui personaggi arguti. Molto si-gnificativo sotto questo aspetto è il destino di Marin. Sitratta di un personaggio che ricevette ad Austerlitz quat-tro colpi di mitraglia (uno in testa, uno in un braccio edue al petto), la spada d’oro per il suo valore e il gradodi tenente, che ebbe a Friedland una scheggia di granatanella testa, la croce di Vladimiro e la cordellina di aiu-tante di campo, che fu nel 1812 generale responsabile aBargation e che morì alla fine di una campagna per unaferita, una malattia e per l’eccessiva fatica. Fu inoltre unattivo politico: prese parte agli avvenimenti del 12 mar-zo 1801 e portò a Napoleone una lettera dell’imperatorerusso. Fu infine poeta satirico. Tutte queste qualità furo-no però oscurate agli occhi dei contemporanei dalla ma-schera di spirito arguto. Con quest’immagine Marin èentrato nella storia della cultura russa del XIX secolo.

Era diffuso anche il tipo del “Diogene russo”, del“nuovo cinico”, che univa il filosofico disprezzo per la ric-chezza alla miseria, che infrangeva le norme della decenzae aveva come attributo indispensabile quello di essere ungrande ubriacone. Questo stereotipo fu creato da Barkove in seguito organizzò l’immagine e il comportamento diKostrov, di Milionov e di decine di altri letterati.

La persona che orientava il suo comportamento rifa-cendosi a una parte, rendeva la sua vita simile a unospettacolo basato sull’improvvisazione, nel quale era sta-bilito solo il tipo di comportamento del singolo ma nonle situazioni prodotte dagli scontri fra i personaggi. L’a-zione era aperta e poteva essere continuata inserendo al-tri episodi all’infinito. Questa costruzione della vitaorientata verso il teatro popolare era poco adatta per gliscontri tragici. Ne è un esempio indicativo la biografiamitologizzata di Suvorov [maresciallo russo (1729-1800)

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(N.d.T.)]. Nel costruire un mito idealizzato di se stesso,Suvorov si orientò prima di tutto sull’immagine di Plu-tarco e poi su quella di Cesare. Quest’alta immagine tut-tavia poteva trasformarsi – nelle lettere alla figlia oquando si occupava dei soldati – nella figura del bogatyrrusso. (Nelle lettere alla figlia, la nota Suvorocka, le de-scrizioni stilizzate delle azioni militari ricordano in mo-do sorprendente le trasformazioni fiabesche delle azionimilitari nella coscienza del capitano Tusin di Guerra epace, cosa che fa supporre che Tolstoj conoscesse questafonte). Il comportamento di Suvorov era però regolatonon da una sola norma ma da due. La seconda eraorientata verso la parte del burlone. A questa mascherasono legati gli innumerevoli aneddoti sulle stravaganzedi Suvorov, il suo grido da galletto, le sue uscite buffo-nesche. La presenza nel comportamento della stessapersona di due ruoli che dovrebbero escludersi a vicen-da è in rapporto col significato del contrasto nella poeti-ca del preromanticismo (cfr. la frase: “Da poco mi è ca-pitato di fare conoscenza con uno strano personaggio.Quanti ce ne sono!”, tratta dal taccuino di Batjuskov(1934, pp. 378-380); Charakter moego diadi [Il caratteredi mio zio] di Griboedov (1956, pp. 414-415), o un pas-so del diario di Puskin liceale del 17 dicembre 1815:“Volete vedere una strana persona, un bislacco?”,Puskin 1949, pp. 301-302).

L’imprevedibilità del comportamento della personadipendeva in questo caso dal fatto che i suoi interlocuto-ri non potevano mai sapere in anticipo quale dei duepossibili ruoli sarebbe stato utilizzato. Se l’effetto esteti-co del comportamento orientato sempre verso la stessamaschera dipende dal fatto che in situazioni diverse agi-sce una sola maschera, qui è legato alla continua meravi-glia del pubblico. Così ad esempio il principe Estergazi,che era stato mandato dal palazzo di Vienna a parlarecon Suvorov, si lamentava con Komarovskij: “Come si

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può parlare con una persona da cui non si può ottenereniente?”. E ancora di più egli fu colpito nell’incontrosuccessivo: “C’est un diable d’homme. Il a autant d’e-sprit, que de connaissance”17.

La tattica successiva nell’evoluzione della poetica delcomportamento è caratterizzata dal passaggio dalla parteall’intreccio. L’intreccio non è affatto una componentecasuale del comportamento quotidiano. Anzi, la sua ap-parizione come categoria, che organizza i testi narrativinell’arte, si può spiegare in ultima analisi con la necessitàdi scegliere una strategia di comportamento per la realtàextraletteraria. Il comportamento quotidiano acquistauna piena intelligibilità soltanto nella misura in cui unasingola catena di avvenimenti a livello della realtà può es-sere confrontata con un susseguirsi di azioni che ha ununico significato e compiutezza e che funziona a livellodi codificazione come un segno tipizzato delle situazioni,del susseguirsi dei fatti e dei loro risultati, cioè dell’in-treccio. La presenza nella coscienza di una data colletti-vità di un certo numero di intrecci permette di codificareil comportamento reale, riportandolo a un comporta-mento significativo o a uno non significativo e attribuen-dogli questo o quel significato. Le unità di segno di com-portamento inferiori, il gesto e l’azione, ricevono di soli-to la loro semantica e stilistica non isolatamente, ma inrapporto a categorie che si trovano a un livello più alto:l’intreccio, lo stile, il genere di comportamento. L’insie-me degli intrecci che codificano il comportamento del-l’uomo nelle varie epoche può essere definito mitologiadel comportamento quotidiano e sociale.

Nell’ultima parte del XVIII secolo – periodo in cui siforma nella cultura russa una mitologia di questo genere– la fonte principale degli intrecci di comportamento èla letteratura alta, al di sopra del piano della vita quoti-diana: gli storici antichi, le tragedie del classicismo, incerti casi le vite dei santi. Il fatto di considerare la pro-

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pria vita come un testo organizzato secondo le leggi diun certo intreccio metteva in evidenza l’unità di azione,il tendere verso uno scopo. Particolarmente significativadiventava la categoria teatrale della “fine”, del quinto at-to. La costruzione della vita come uno spettacolo basatosull’improvvisazione in cui l’attore deve restare nell’am-bito del suo ruolo, creava un testo senza fine nel qualescene sempre nuove potevano venire a riempire e a va-riare il corso degli avvenimenti. L’inserimento dell’in-treccio introduceva invece l’idea della conclusione e in-sieme dava a essa un particolare significato. La morte, ladisgrazia, divenivano oggetto di continue meditazioni eapparivano come coronamento della vita. Questo porta-va naturalmente ad attivizzare modelli di comportamen-to eroici e tragici. L’identificazione con l’eroe di una tra-gedia determinava non solo il tipo di comportamentoma anche il tipo di morte. Preoccuparsi del “quinto at-to” diventava un tratto distintivo del comportamento“eroico” della fine del XVIII secolo e dell’inizio del XIX.

Ja rozden, ctob celyj mir byl zritel’Torzestva il’ gibeli moej (...).(Lermontov 1954, p. 38, vol. II)

[Sono nato perché tutto il mondo / Fosse spettatore delmio trionfo o della mia rovina (...)].

In questi versi Lermontov avanza con straordinariachiarezza l’idea dell’uomo come attore, che recita ildramma della sua vita davanti a un pubblico di spettato-ri (il titanismo romantico si esprime nel fatto che il pub-blico qui è “tutto il mondo”), e quella di collegare il mo-mento culminante della vita al quinto atto teatrale(“trionfo o rovina”). Derivano di qui anche le continuemeditazioni di Lermontov sulla fine della vita: “Fine, co-me è sonora questa parola”.

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I ne zabyt’ umru Ja. Smert’ mojamojaUzasna budet: cuzdye krajaEj udivjatsja, a v rodnoj straVse prokljanut i pamjat’ obomne.(p. 185, vol. I)

[E non dimenticare che morirò. / E la mia morte / Saràterribile: paesi stranieri / Ne saranno colpiti, / mentre in /patria / Tutti malediranno anche la mia / memoria.]

Quando all’alba del 14 dicembre 1825 i decabristiuscirono nella piazza del Senato, Odoevskij esclamò:“Moriamo, fratelli, ah come moriamo gloriosamente!”.La rivolta non era ancora cominciata e si poteva sperarenel successo dell’impresa, ma proprio la morte eroicadava all’avvenimento il carattere di alta tragedia, innal-zando i partecipanti di fronte ai posteri e ai loro stessiocchi al livello di personaggi di un intreccio teatrale.

È molto significativo sotto questo aspetto il destinodi Radiscev. Le circostanze della sua morte sono tuttoraoscure. Non meritano fede i racconti più volte ripetutidalla letteratura scientifica sulle minacce formulate con-tro di lui da Zavadovskij o anche da Voroncov,Radiscev poteva naturalmente provocare scontento conazioni o parole incaute. Tuttavia chiunque conosca an-che solo un poco il clima politico dei “giorni del magni-fico inizio di Alessandro” sa benissimo che non era unperiodo in cui un progetto audace, scritto per ordinegovernativo, – e non ci furono altre azioni pericolose daparte di Radiscev in quei mesi – potesse suscitare seriatti di repressione. La versione che dei fatti dà Puskin èchiaramente tendenziosa. In essa traspare un’aperta iro-nia, creata dalla sproporzione fra le parole di Zavadov-skij (“Gli disse con tono di amichevole rimprovero”), ela reazione di Radiscev (“Radiscev vide la minaccia

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[c.vo mio – Ju. L.] e tornò a casa amareggiato e spaven-tato”). L’articolo di Puskin non ha ancora avuto un’in-terpretazione che abbia riscosso generali consensi. Fin-ché questa non ci sarà e non sarà spiegato nel modo do-vuto lo scopo che esso si proponeva, utilizzarne dei bra-ni è molto rischioso. È chiara solo una cosa: Radiscevera una persona coraggiosa e non è possibile che avessepaura dell’ombra di un pericolo, di una ambigua mi-naccia. Il suo suicidio non fu determinato dalla paura.È difficile prendere sul serio i ragionamenti aneddoticidi Storm (1968, p. 439)18 sul fatto che nel suicidio diRadiscev “tutto ha avuto un significato, anche il peggio-ramento del tempo, registrato dal bollettino meteorolo-gico dei ‘Peterburskie vedomosti’ [Notiziario di Pietro-burgo] dell’11 e del 12 settembre”. Secondo Storm nonsolo le condizioni del tempo hanno avuto un ruolo in-fausto sul destino di Radiscev insieme alla delusionedella speranza di migliorare le condizioni dei contadini,ma anche fatti personali. Uno di questi sarebbe“senz’altro” secondo Storm la condanna di un suo lon-tano parente accusato di truffa (p. 383). Tutti i tentatividi trovare nell’autunno del 1802 nella biografia di Ra-discev un motivo concreto per il suo tragico gesto nonportano a niente.

Questo atto, che non trova appigli nelle vicende degliultimi mesi di vita dello scrittore, risulta però conformealla lunga serie di riflessioni fatte da Radiscev su questotema. In Zitie Fëdora Vasil’evica Usakova [La vita di Fë-dor Vasil’evic Usakov], in Putesestvie iz Peterburga v Mo-skvu [Viaggio da Pietroburgo a Mosca], nel trattato Oceloveke, ego smertnosti i bessmertii [L’uomo, la morte,l’immortalità] e in altre opere Radiscev torna insistente-mente sul problema del suicidio. Queste riflessioni sonolegate all’etica dei materialisti del XVIII secolo e sosten-gono in netto contrasto con la morale della Chiesa il di-ritto dell’uomo a essere padrone della propria vita. Ol-

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tre all’aspetto filosofico viene sottolineato anche quellopolitico del problema: il diritto al suicidio e la liberazio-ne dell’uomo dal timore della morte mettono un limitealla sua rassegnazione e limitano anche il potere dei ti-ranni. Sollevato dall’obbligo di vivere in qualunque con-dizione, l’uomo diventa assolutamente libero e annulla ilpotere del dispotismo.

Questo pensiero aveva un posto molto importante nelsistema politico di Radiscev, ed egli vi tornava spesso:

O miei amati, siate lieti della mia morte! Essa sarà la finedegli affanni e dei tormenti. Liberati19 dal giogo dei pre-giudizi, ricordate che la sventura non è la sorte di chi muo-re (Radiscev 1941, p. 101, vol. II)20.

Non si tratta di un pensiero originale di Radiscev. InVadim Novgorodskij di Knjaznin (1914, p. 63) l’ultimabattuta di Vadim rivolta a Rjurik è questa:

V sredine tvoego pobedonosna vojskaV vence moguscij vse u nog tvoich ty zret’,Cto ty protiv togo, kto smeet umeret’?(ib.)21

[In mezzo al tuo esercito trionfante / Tu che puoi averetutti ai tuoi piedi / Cosa puoi fare a chi ha il coraggio dimorire?].

Anche alla fine di Marfa Posadnica di Ivanov (1824,p. 89):

Marfa: (...) Nello zar devi vedere un tiranno, in me unesempio: vivi senza vigliaccheria e senza vigliaccheriamuori [si uccide].

L’essere pronto a morire è, secondo Radiscev (1941, p.351, vol. I), ciò che differenzia l’uomo dallo schiavo. Nel

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capitolo Mednoe, rivolgendosi a un servitore della fortez-za, complice e vittima del corrotto signore, l’autore scrive:

Il tuo intelletto è privo di nobili pensieri. Tu non sei capacedi morire [c.vo di Lotman]. Ti pieghi e sarai servo nellospirito come nella tua condizione (materiale).

La morte di Fëdor Usakov ricordava a Radiscev “gliuomini che da se stessi coraggiosamente si allontananodalla vita”. E l’ultima battuta che l’autore ha messo sullabocca di Usakov ricordava che “deve essere fissa nellamente l’idea di morire coraggiosamente” (p. 184, vol. I).

Radiscev dava un enorme significato al comporta-mento eroico del singolo e agli spettacoli educativi per iconcittadini, perché ripeteva spesso che l’uomo è unanimale imitativo. Questa natura spettacolare, dimostra-tiva, del comportamento personale attualizzava il mo-mento teatrale nella vita dell’uomo che aspirava al ruolodi “insegnante (...) di saldezza d’animo” e a “dare unesempio di coraggio” (p. 155, vol. I).

L’uomo nato con sentimenti gentili, ricco di immaginazio-ne, spinto all’onestà, è strappato dall’ambiente dove è na-to. In qualsiasi posto vada, tutti gli sguardi si fissano su dilui, tutti aspettano con impazienza la sua parola. Lo aspet-ta l’applauso o lo scherno più amaro della stessa morte (p.387, vol. I).

La combinazione del momento teatrale con le ideesulla morte eroica di cui abbiamo parlato prima, deter-minò il particolare significato che Radiscev dava al Ca-tone Uticense dell’Addison. Proprio il protagonista dellatragedia di Addison divenne per Radiscev il suo codicedi comportamento.

Nel capitolo Krest’cy del Viaggio da Pietroburgo aMosca Radiscev mise in bocca al padre virtuoso questeparole:

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Ecco il mio testamento: se un odioso destino scaglia su dite tutte le sue frecce, se non resta un rifugio sulla terra al-la tua virtù; se non c’è per te riparo dall’apprensione, allo-ra ricorda che sei un uomo, ricorda la tua grandezza,prenditi la corona della felicità, vogliono portartela via.Muori. Vi lascio in eredità le parole di Catone morente(p. 295, vol. I).

A quali parole di “Catone morente” si riferivaRadiscev? Il commentatore dell’edizione accademica(Barskov) ritiene che “lo scrittore parli del racconto fat-to da Plutarco del discorso pronunciato da Catone pri-ma di morire” (p. 485, vol. I). Questa è anche l’opinionedei nuovi commentatori (Kulakova, Zapadov, Radiscev1974, p. 157). Ma è evidente che qui si parla del mono-logo finale della tragedia dell’Addison, lo stesso a cuiavrebbe fatto riferimento più tardi Radiscev quando inSiberia scriveva:

Ho sempre letto con enorme piacere le riflessioni di colo-ro che stanno sull’orlo della tomba, sulla soglia dell’eter-nità e che, comprendendo le cause della loro fine, ne rica-vano molte cose che in un’altra situazione non sarebberoriusciti a trovare. (...) Voi conoscete il monologo di Amletodi Shakespeare o quello del Catone Uticense dell’Addi-son? (Radiscev 1941, pp. 97-98, vol. II).

Radiscev riporta questo monologo alla fine del capi-tolo Bronnicy, in una traduzione fatta da lui stesso: “Unavoce segreta mi preannuncia che ci sarà qualcosa di vivonel secolo”:

S teceniem vremen, vse zvezdy pomracatsja, pomerknetsolnca blesk; priroda obvetsavlet drjachlost’ju, padet.No Ty, vo junosti bezsmertnoj procvetes, nezyblimyj, sredi srazenija stichiev,razvalin vescestva, mirov vsech pazrusen’ja.

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[Col passare del tempo tutte le stelle si offuscano / si oscu-ra lo splendore del sole; la natura, diventata / vetusta e de-crepita, è in declino. / Ma tu fiorisci di una giovinezza im-mortale / salda in mezzo alla lotta delle forze della natura,/ alla rovina della natura, alla distruzione di tutti i mondi].

Radiscev accompagnò questo passo con una nota(Morte di Catone, tragedia di Addison, atto V, scena I)(p. 269, vol. I). Il rapporto fra le parole del nobile e que-sto passo è evidente e saldo per Radiscev: l’essere prontial suicidio è solo una variante del tema dell’impresaeroica e quest’ultima è legata alla fede nell’anima im-mortale.

Accade, e ne abbiamo molti esempi nelle narrazioni, chel’uomo a cui annunciano che deve morire contempli lamorte che sta per venire con disprezzo e senza ansia. Ab-biamo visto e vediamo molti uomini che coraggiosamentesi sono staccati dalla vita da soli. E in verità è necessarionon essere timidi e avere una salda forza d’animo perguardare con occhio fermo il proprio annientamento. (...)Non è raro che questo individuo guardi dalla soglia dellatomba e speri di rinascere (pp. 183-184, vol. I).

Così il suicidio di Radiscev non è stato un atto di di-sperazione, un riconoscimento della propria sconfitta,ma un’azione di lotta meditata a lungo, una lezione difermezza patriottica e di un amore per la libertà che nonpoteva essere piegato. È difficile oggi ricostruire nei det-tagli l’atteggiamento di Radiscev nei confronti della si-tuazione politica creatasi all’inizio del regno di Alessan-dro I. Nell’autunno del 1802 egli giunse evidentementealla conclusione di dover compiere un’impresa eroica,volta a risvegliare e a mobilitare i patrioti russi. Leggia-mo nelle memorie dei figli che negli ultimi giorni egli erain uno stato di eccitazione e che una volta disse loro:“Ebbene, bambini, e se mi mandassero di nuovo in Si-

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beria?”. Tenendo conto del fatto che Radiscev pronun-ciò queste parole all’inizio del regno di Alessandro I, lasua supposizione era tanto infondata che appare natura-le la conclusione di suo figlio Pavel: “La malattia dellasua anima cresceva e cresceva” (Radiscev 1959, p. 95)22.Pavel Radiscev era giovane quando il padre morì equando scrisse le sue memorie, per l’ammirazione in-condizionata e commovente verso di lui, era lontanissi-mo dal comprendere la natura del suo pensiero. Si fissa-rono nella sua memoria parole che naturalmente nonerano determinate da una malattia dello spirito. La cosapiù probabile è che Radiscev fosse in uno stato di eccita-zione perché aveva deciso che era venuto il momentodell’impresa definitiva, del “quinto atto della vita”. Tut-tavia allora non aveva ancora deciso la natura di questoatto di protesta e se sarebbe stato legato alla morte op-pure no. La forza di inerzia dell’atto a lungo meditatoevidentemente prevalse. Puskin aveva ragione di affer-mare che anche nelle conversazioni fra Radis cev eUsakov nel periodo precedente alla morte di questi “ilsuicidio era uno degli argomenti preferiti delle sue ri-flessioni” (Puskin 1949, p. 31). Si può supporre che lavalutazione che Radiscev dava di se stesso come “Cato-ne russo” abbia determinato il suo comportamento e in-sieme il modo di intendere le sue azioni da parte deicontemporanei. La tragedia di Addison era ben nota allettore russo. Il libro VIII del giornale «Ippokrena» del1801 conteneva ad esempio una scelta di materiali abba-stanza caratteristica: oltre alla completa traduzione inprosa (di Gart) della tragedia di Addison intitolata Mor-te di Catone ovvero la nascita dell’impero romano, trage-dia composta dal famoso Addison, c’erano passi dalBruto e Le riflessioni sulla morte di Amleto. È interessan-te l’accostamento del monologo di Catone a quello diAmleto, a noi già noto attraverso il testo di Radiscev. DiBruto scrivono:

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Alcuni dalle tue severe regole traggono la conclusione chetu hai peccato nel sangue di Cesare. Ma questi uominionesti si sbagliano. Quale grazia deve meritare la vita del la-dro di un potere eccessivo da parte di chi si è ucciso? (c.vo diLotman)23.

Il protagonista del racconto di Susskov RossijskijVerter [Il Werther russo] si uccide lasciando sul tavolo ilCatone di Addison aperto alla pagina citata nel capitoloBronnicy. L’ammiratore di Radiscev Glinka (il figlio del-lo scrittore, suo amico, definiva Glinka “uno dei piùgrandi seguaci di Radiscev”) nel periodo in cui era ungiovane cadetto e aveva come unica proprietà tre libri,Viaggio da Pietroburgo a Mosca, Vadim Novgorodskij eViaggio sentimentale si imbatté nel corpo di guardia:“L’impresa di Catone che si era trafitto con un pugnalequando Giulio Cesare lo aveva fatto incatenare – scrive– mi ronzava nella testa ed ero pronto a sfasciarmela sul-la parete” (Glinka 1895, p. 103).

L’immagine di Catone e l’interpretazione datane daAddison attrassero sempre l’attenzione di Karamzin.Nella recensione a Emilia Maletti pubblicata sul «Mo-skovskij zurnal» Karamzin definì Emilia un’eroina cheparla della libertà dell’uomo “con la lingua di Catone”.(Più tardi Karamzin definirà Marfa Posadnica “Catonedella sua repubblica”). “Emilia ha bisogno di un pugna-le, pensando nel suo fanatismo che un tale suicidio siasanto”24. In Pis’ma russkogo putesestvennika [Lettere diun viaggiatore russo], Karamzin citava i versi di Voltairericordati più tardi dal figlio di Radiscev, in rapporto allaspiegazione dei motivi della morte del padre:

Quand on n’est rien et qu’on est sans espoirLe vie est un opprobre et la mort un devoir (...).

“La famosa tragedia di Addison è buona là dove Ca-tone parla o agisce”, scriveva ancora Karamzin (1964, p.

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573, vol. I). “Il suicida Catone” fu posto da Karamzin(1848, p. 312, vol. I) fra gli antichi eroi in Istoriceskoepochval’noe slovo Ekaterine II [Discorso storico in lode diCaterina II], e nel 1811 egli annota nell’album della prin-cipessa Caterina Pavlovna una citazione da Rousseau,nella quale Catone era definito “dio fra i morti”25.

È particolarmente significativo a questo riguardo chein un articolo pubblicato da Karamzin sul «VestnikEvropy» [Messaggero d’Europa], risposta cifrata al suici-dio di Radiscev 26, ci sia una polemica non con Radiscev,ma con una erronea interpretazione delle idee e delle im-magini della Morte di Catone di Addison.

Bodcell, augusto scrittore inglese, era parente del celebreAddison. Insieme a lui aveva fondato lo «Spectator» e altrigiornali. Tutti gli articoli siglati dalla lettera X apparsi sul-lo «Spectator» erano suoi. Addison cercò di far diventarericco Bodcell, ma egli scialacquò il suo denaro, cadde inmiseria dopo la morte di Addison e si gettò alla fine nelTamigi, lasciando nella sua camera queste righe: “WhatCato did and Addison approved, cannot be wrong!”(Cioè: “Quello che è stato fatto da Catone e approvato daAddison non può essere sbagliato”). È noto che Addisonha composto la tragedia La morte di Catone. Autore edifi-cante, egli non avrebbe approvato il suicidio in un cristia-no, ma si concesse di elogiarlo in Catone e lo splendidomonologo “It must be so... Plato, thou reasonft well” salvòl’infelice Bodcell dai rimorsi di coscienza, che avrebberopotuto salvarlo dal suicidio. Grandi autori! pensate alleconseguenze di quello che scrivete27.

Karamzin mise in discussione il principio stesso dellacostruzione teatrale a intreccio della biografia e nellostesso tempo dimostrò chiaramente che per lui non eradifficile decifrare il suicidio di Radiscev.

L’introduzione dell’intreccio significò la trasforma-zione della poetica del comportamento da opera sponta-nea in attività coscientemente regolata. Il passo successi-

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vo fu il tentativo, proprio dell’epoca romantica, di fon-dere testi artistici e testi di vita. I versi cominciarono aunirsi in cicli lirici che venivano a formare “diari poeti-ci” o “romanzi della propria vita”, mentre la leggendabiografica diveniva una condizione imprescindibile dellapercezione di un testo come artistico. È già stata notatada tempo la tendenza alla frammentarietà dei testi ro-mantici. Bisogna però sottolineare che questa frammen-tarietà veniva eliminata immergendo il testo fissato grafi-camente (stampato o manoscritto) nel contesto della leg-genda orale sulla personalità dell’autore. Questa leggen-da era il fattore più importante che regolava sia il com-portamento reale del poeta, sia la percezione che il pub-blico aveva del suo comportamento e della sua opera.

Al massimo sviluppo della poetica del comportamen-to, proprio dell’epoca del romanticismo, seguì l’ostenta-ta esclusione di questa categoria da parte degli scrittorirealisti. La vita del poeta esce dalla sfera dei fatti artisti-camente significativi (la migliore testimonianza di que-sto sono le pseudobiografie parodistiche del tipo diquelle di Koz’ma Prutkov). L’arte, perdendo in notevolemisura l’elemento del gioco, non passa attraverso la ri-balta e non scende dalle pagine dei romanzi nella regio-ne del comportamento reale dell’autore e del lettore.

L’assenza della poetica del comportamento non du-rerà però a lungo. Sparita con gli ultimi romantici nel1840, risorge nel 1890-1900 nella biografia dei simboli-sti, nel “costruttivismo”, nel “teatro per un solo attore”,nel “teatro della vita” e in altri fenomeni culturali del XXsecolo.

1 Ed. or.: 1977. “Poetica bytvogo povedenija v russkoj kul’ture XVIII veka”,in Trudy po znakovym sistemam, Tartu, pp. 65-89; trad. it. “La poetica delcomportamento quotidiano nella cultura russa del XVIII secolo”, in Testo e con-testo. Semiotica dell’arte e della cultura, a cura di S. Salvestroni, Roma-Bari,Laterza, pp. 201-230.

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2 Junosti cestnoe zercalo ili pokazanie k zitejskomu obchozdeniju, sobran-noe ot raznych avtorov povelenem ego imperatorskogo velicestva gosudara PëtraVelikogo (…) pjatym tisneniem napecatannoe v SPB, pri imp. Akademii Nauk[L’onesto specchio della gioventù o indicazioni sul modo di vivere raccolte davari autori per ordine di sua altezza l’imperatore Pietro il Grande, stampato aPietroburgo dall’Accademia delle scienze] ,1767, p. 29.

3 Cfr. pp. 41-42.4 Per i rapporti fra il lubok e il teatro cfr. “La natura artistica dei quadretti

popolari russi”, in Testo e contesto. Semiotica dell’arte e della cultura, Roma-Bari, Laterza, 1980 (N.d.T.).

5 Che gli abiti nobiliari siano paramenti teatrali e non il vestito quotidia-no è confermato dal fatto che nel teatro popolare russo anche nel XX secologli attori recitavano indossando giacche normali sulle quali, come segni delcostume teatrale, mettevano decorazioni, fasce, spalline. Nella descrizione deicostumi del teatro popolare fatta da Bogatyrëv non solo lo zar Maksimil’jan oil re Mamaj ma anche Anika voin, Zmejulan ecc. hanno fasce e spalline, per-ché “il personaggio sulla scena non assomigliasse al pubblico” – nota Bo-gatyrëv (1923, pp. 83-84). È interessante confrontare questa affermazione conun’altra dello stesso autore, secondo la quale nel teatro ceco dei burattini ilburattinaio rende scorretto di proposito il modo di parlare delle persone im-portanti (p. 71). È evidente che anche gli abiti teatrali appaiono “scorretti” ri-spetto a quelli della vita quotidiana. Sono fatti di un materiale che ha solo l’a-spetto di essere vero e che ricorda in questo senso gli abiti dei defunti (peresempio i bosovki, scarpe senza suole) fatti appositamente per i funerali, che– come gli abiti teatrali – raffiguravano vestiti di buona qualità. Per una co-scienza ancora strettamente legata alla tradizione precedente al periodo diPietro, il teatro restò una festa popolare, una mascherata e un carnevale carat-terizzato in particolare dal segno obbligatorio del travestimento. Se si ricordache, secondo la concezione popolare (cioè tradizionalmente fino al periodo diPietro), il momento del travestimento era sempre diabolico ed era permessosolo in determinati periodi dell’anno (durante le feste natalizie) e unicamentecome gioco magico con le forze malefiche, non stupisce che la teatralizzazio-ne della vita nobiliare e la percezione di essa come di un continuo carnevale(eterna festa ed eterna mascherata) si accompagnasse a una particolare valuta-zione etico-religiosa. È inoltre caratteristica la tendenza della vita nobiliare adattrarre nella propria orbita anche quella rurale che comincia a essere consi-derata secondo l’ottica dell’intermezzo idillico. Sono caratteristici in questosenso i tentativi di creare immagini teatralizzate della campagna russa nella vi-ta stessa (nell’ambito della campagna reale e in contrasto con essa). Tali eranoi girotondi di giovani contadine vestite di sarafani di seta [costumi nazionalirussi (N.d.T.)], che danzavano sulle rive del Volga durante il viaggio di Cate-rina II, la campagna teatrale di Seremet’evo o il fatto che i membri della fami-glia dei Klejnmicheli, travestiti da contadini georgiani, ringraziassero in modocommovente Arakceev per la sua premura. Un chiaro esempio dello scompa-rire delle differenze fra il teatro e la vita, fenomeno che si accompagna al tra-vestimento, allo scambio delle parti dell’età e del sesso, si ha al tempo dell’in-coronazione di Elisabetta Petrovna. La festa dell’incoronazione fu caratteriz-zata da sfarzose mascherate e da spettacoli. Il 29 maggio 1742 fu messa in sce-

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na l’opera La clemenza di Tito. Poiché nella figura di Tito si doveva vedereun’allusione a Elisabetta, interpretava questo ruolo una donna travestita, la si-gnora Giorgi. Il pubblico in sala era mascherato, perché per caso veniva dauno spettacolo in maschera. Se si ricorda che nel giorno del colpo di StatoElisabetta indossava l’uniforme della Guardia e che abitualmente alla sua cor-te gli uomini (soprattutto i cadetti) indossavano abiti femminili e le donne ve-stiti maschili, è facile immaginare la valutazione che di questo mondo poteva-no dare osservatori come i contadini, i subalterni, la folla della strada (cfr.Arapov 1861, p. 44).

6 Se il comportamento borghese europeo, una volta trapiantato in Rus-sia, subisce un processo di trasformazione nel senso di un netto aumentodella semioticità, non meno interessanti sono le trasformazioni nel compor-tamento dei russi dell’epoca che visitavano l’Europa. In certi casi – comenel perpetuarsi delle tradizioni precedenti al periodo di Pietro – la semioti-cità del comportamento aumenta nettamente. Il preoccuparsi del significatodel gesto, del rituale, il percepire ogni dettaglio del comportamento comesegno sono compresi in questi casi: la persona si considera un personaggioaccreditato e trasferisce al suo comportamento abituale le regole del proto-collo diplomatico. Gli osservatori europei ritenevano che questo fosse ilnormale comportamento dei russi. Era possibile tuttavia anche una trasfor-mazione in senso inverso: il comportamento si deritualizzava e nell’ambitoeuropeo appariva come più naturale. Così Pietro I, che conosceva perfetta-mente le scomode norme del rituale diplomatico, durante i viaggi all’esteropreferiva stupire gli europei con l’inattesa semplicità del suo comportamen-to, più spontaneo non solo di quello di un re ma anche di un borghese. Du-rante la sua visita a Parigi del 1716, ad esempio, Pietro ostentò la sua cono-scenza delle regole del rituale: pur ardendo dall’impazienza di vedere Pari-gi, non uscì di casa fino alla visita del re. Durante la visita che gli fece il reg-gente, lo invitò nel suo gabinetto, varcò la soglia per primo e per primo se-dette sulla poltrona (il reggente conversò con lui stando seduto su una pol-trona, mentre il principe Kurakin traduceva stando in piedi). Ma quando ri-cambiò la visita a Ludovico XV che aveva allora 7 anni, vedendolo che scen-deva le scale per venire incontro alla carrozza, “Pietro scese, corse a incon-trare il re, lo prese in braccio e lo portò nella sala” (S. M. Solov’ev, IstorijaRossii s drevneisich vremen [Storia della Russia dei tempi antichi], libro 4,Sankt Peterburg, p. 365, 1851-79, t. 1-29).

7 Nello schema è contemplata la possibilità della carriera ecclesiastica,che non è caratteristica del nobiluomo, ma tuttavia non è esclusa. Si trovanonobiluomini nel clero regolare e in quello non regolare del secolo XVIII-iniziodel XIX. Manca nello schema una caratteristica fondamentale del XVIII secolo:nel periodo successivo al regno di Pietro cambiò decisamente in Russia il mo-do di considerare il suicidio. Alla fine del secolo i giovani nobili furono presidal desiderio di uccidersi. Radiscev vedeva nel diritto dell’uomo alla liberascelta di vivere o rinunciare a vivere un pegno da pagare alla liberazione dallatirannide politica. Questo tema fu discusso attivamente nella pubblicistica enella letteratura (Karamzin, gli epigoni russi del Werther). Si aggiungeva cosìanche un’altra alternativa e lo stesso fatto di esistere diventava il risultato diuna scelta personale.

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8 “Fu tenuto in prigione per circa due anni fino al 3 marzo 1758, sop-portò terribili torture e fu sottoposto a indicibili supplizi. Fu issato su un ca-valletto, gli slogarono le scapole, gli passarono un ferro da stiro caldissimosulla schiena, lo punsero sotto le unghie con aghi arroventati, lo frustarono e,dopo averlo tormentato ben bene, lo restituirono alla famiglia”. “Con rincre-scimento dei posteri, è ignota la causa del suo vero fallo”, nota malinconica-mente il baccelliere Pëtr Kazanskij (1847).

9 “Era il gatto preferito dal signore. Una volta si era arrampicato su unanassa e aveva mangiato il pesce freschissimo preparato per la tavola del pa-drone. Rimasto impigliato, era morto strangolato. I servi non dissero nientedella morte del gatto. Parlarono solo della sua colpa e il padrone lo mandò inesilio” (nota del baccelliere Kazanskij 1847).

10 Così si chiamava la donna per la cui disattenzione nel 1775 era brucia-to Novospaskoe. Vasilij Vasilievic fu così spaventato da questo incendio chemandò tutti i servi a cucinare in una sola stanza (e ne aveva più di 300). Natu-ralmente il castigo non fu mai eseguito (Kazanskij 1847).

11 Nella stanza di Vasilij Vasilievic c’erano 7 gatti che di giorno andavanoin giro dappertutto mentre di notte erano legati a un tavolo. Ogni gatto eraaffidato a una delle donne. Se capitava che uno di essi scendesse dal tavolo eandasse dal signore, il gatto e la cameriera venivano puniti (Kazanskij 1847).

12 II raëk era una scatola con quadretti mobili che venivano presentatinelle fiere e nelle feste popolari, accompagnati con motti arguti (N.d.T.).

13 Cfr. anche Pyljaev (18972, p. 88): “II ricco e famoso conte P. M. Ska-vronskij si circondò di cantanti e musicanti. Conversava coi suoi domesticicantando. Il maggiordomo annunciava con vellutata voce di baritono che ilpranzo era servito. Il cocchiere si spiegava con lui in ottave con voce di bas-so profondo, i battistrada con voci bianche e contralti, i lacché con voci datenori, ecc. Durante i balli e i pranzi di gala i suoi domestici, mentre servi-vano, facevano trii, duetti, cori e lo stesso signore rispondeva loro in formamusicale”.

14 Nell’angolo nero dell’isba stava abitualmente la stufa, in quello rossol’icona (N.d.T.).

15 Istruzioni di Suvorov a Miloradovic (in Miljutin 1852, p. 588). Sullatendenza dei testi medievali a costruire caratteri insigni attribuendo a essi lestesse proprietà degli altri uomini ma a un grado superiore, cfr. Birge Vitz1975. Questa costruzione si basa sulla fede nell’immutabilità della parte terre-na data all’uomo dall’alto. Tuttavia la tradizione dell’immagine del bogatyr daessi creata esercita un’influenza sul comportamento degli uomini anche quan-do la parte è il risultato di una scelta attiva dell’uomo stesso.

16 Archivio russo, 1880, III, libro 2, p. 228.17 Appunti del conte Komarovskij, Sankt Peterburg 1914, p. 90.18 Si tratta della seconda edizione corretta e accresciuta del libro di Storm

[Radiscev segreto. Seconda vita del “Viaggio da Pietroburgo a Mosca”]. Cfr. lanostra recensione alla prima edizione (Lotman 1966). La “seconda edizionecorretta” ha ammassato nuovi lapsus. Notiamo solo che l’autore ha ritenutoopportuno terminare il libro “con versi non pubblicati che sono nello spiritodella tradizione di Radiscev” ripresi dalla poesia di un autore ignoto di cui silascia intendere che forse si tratta di Puskin. Purtroppo i versi riportati fanno

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parte di un noto testo antologico e sono un brano della poesia di VjazemskijNegodovanie [Sdegno]. Si possono ritenere “inediti” nella misura in cui sono“ignoti” all’autore del libro. Non si tratta solo di un errore casuale, ma di unachiara forma di dilettantismo, che corona degnamente il libro di Storm.

19 Nel testo stampato c’è erroneamente “istorgnutyj” (cioè il singolare in-vece del plurale).

20 Cfr. C. L. Montesquieu, L’esprit des lois, libro I, cap.VIII.21 Vadim Novgorodskij, tragedia di J. Knjaznin con introduzione di V. Sa-

vodnik.22 Si tratta della Biografia di Radiscev scritta dai suoi figli. Radiscev fu ef-

fettivamente malato nel 1802 (cfr. la sua lettera ai genitori del 18 agosto in Ra-discev 1941, p. 535, vol. III). Tuttavia non ci sono basi per ritenere che si trat-tasse di una malattia dello spirito. Si tratta di un eufemismo, come il ricordarela morte per tisi nelle carte ufficiali.

23 «Ippokrena», VIII, 1801, pp. 52-53.24 «Moskovskoj zurnal» [Giornale moscovita], I, 1791, p. 67.25 Letopis’ russkoj literatury i drevnosti [Cronaca della letteratura e dell’an-

tichità russa], 1859, libro 2, p. 167.26 Per la motivazione di questa affermazione e il testo della nota cfr. Lot-

man (1962, pp. 53-60) [Fonti delle informazioni di Puskin su Radiscev(1819-22). Puskin e il suo tempo].

27 «Vestnik Evropy» [Messaggero d’Europa], 1802, n. 19, p. 209.

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